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Il rischio vulcanico

Il rischio vulcanico, cioè la probabilità che in una determinata zona si possa verificare


un'eruzione in rapporto ai danni che essa può provocare, non si deve pensare legato a un
evento eccezionale: infatti, molti vulcani, anche se inattivi da decine o centinaia di anni,
possono riprendere la loro attività, come si è già verificato in diversi casi.
Tuttavia, poiché la localizzazione dei vulcani è ben nota, gli interventi di previsione e di
prevenzione possono essere più efficaci che nel caso dei sismi.
La pericolosità di un vulcano dipende dal tipo di eruzione a cui esso dà luogo.
Le eruzioni di tipo effusivo, a causa della limitata velocità di flusso delle colate laviche,
sono generalmente le meno pericolose per la vita delle persone: si ha, infatti, tutto il tempo
necessario per evacuare la zona, mentre si possono comunque avere effetti distruttivi
sulle zone edificate, industriali e agricole. Tipico esempio di questa situazione per l'Italia è
rappresentato dall'attività dell'Etna, quasi mai pericolosa per la popolazione per le colate
laviche, ma che può provocare danni alle abitazioni e alle colture specie per l'apertura di
bocche vulcaniche a bassa quota.
Nelle eruzioni di tipo esplosivo la situazione è ben più grave, in quanto sono
caratterizzate dall'emissione di grandi quantità di piroclasti, i materiali solidi eiettati dal
vulcano, e di gas: in questo caso risulta chiaro quanto il costo in vite umane sia maggiore
e quanto siano pericolosi gli insediamenti sulle pendici vulcaniche.
Il Vesuvio, per esempio, è un vulcano molto pericoloso e perciò costantemente monitorato
dall'Osservatorio Vesuviano. La sua ultima eruzione è avvenuta nel 1944 e ancora si
ricorda il disastro di Pompei ed Ercolano nel 79 d.C. Il rischio vulcanico in tutta l'area è
elevatissimo: ecco perché è pericoloso continuare a costruire altre abitazioni attorno al
Vesuvio.
Diverse sono le misure di previsione e di prevenzione che si possono mettere in atto per
ridurre i danni provocati dalle eruzioni.
La previsione di un'eruzione si basa su:
● studi statistici, riferiti alla periodicità storica dei fenomeni eruttivi della zona in questione;

● misurazione del grado di attività di un determinato momento attraverso segni premonitori


(per esempio, l'aumento dell'attività sismica con ipocentri poco profondi, i sollevamenti del
suolo, gli aumenti di temperatura e le variazioni nella composizione dei gas emessi dal
vulcano).
Gli studi statistici, insieme a conoscenze sulla morfologia dei siti, sulla meteorologia ecc.,
permettono di elaborare carte del rischio vulcanico, nelle quali vengono delimitate le
aree con diverso grado di pericolosità e dalle quali è quindi possibile ricavare importanti
indicazioni sugli interventi di prevenzione e sulle zone in cui essi diventano prioritari.
Tra le più importanti misure di prevenzione ricordiamo:
● il divieto di costruire in zone a rischio vulcanico;

● la progressiva riduzione degli insediamenti nelle zone che siano già occupate dalla
popolazione;

● la predisposizione di piani di evacuazione, da attuare quando i segni premonitori indicano


che la ripresa dell'attività vulcanica è imminente;

● interventi di informazione e di educazione alla popolazione delle zone a rischio.


Questi interventi sono molto importanti, poiché la previsione, per quanto accurata, non può
indicare con precisione il momento in cui si verificherà un'eruzione. Gli sforzi degli studiosi
si sono concentrati su quei complessi che possono essere meglio analizzati e in cui le
informazioni vanno più indietro nel tempo. Migliorare la previsione consentirà a quel 10%
circa della popolazione mondiale che occupa aree pericolose di convivere meglio con il
rischio vulcanico.

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