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TIPOLOGIE DI CONFEZIONAMENTO PRIMARIO

UTILIZZATE PER LE DIVERSE FORME


FARMACEUTICHE
- Forme farmaceutiche Liquide.
Per quanto riguarda le forme farmaceutiche liquide, soprattutto quelle per uso orale o cutaneo,
vengono utilizzati principalmente i flaconi, che possono essere costituiti da vetro o da plastica. Il
vetro può essere chiaro o ambrato e possono essere trasparenti e, nel caso della plastica, opaco. I
flaconi possono avere il tappo con la chiusura a vite o può essere anche una chiusura inviolabile
oppure a prova di bambino. Anche per i flaconcini, che altro non sono che dei flaconi di più piccola
capacità, i tappi possono essere di diverso materiale: in materiale plastico o in alluminio, possono
possedere o no un sottotappo, che garantisce una maggiore chiusura del contenitore. Oltre al
classico tappo a vite, possono essere utilizzati, come chiusure dei flaconi, anche: i cosiddetti disk
top, utilizzati per le forme farmaceutiche liquide per applicazione cutanea; i tappi dispenser,
sempre per forme farmaceutiche liquide sempre ad uso orale; possono essere utilizzato anche dei
tappi spray oppure contagocce, qualora sia necessario un dosaggio della forma farmaceutica
liquida utilizzabile per l'applicazione all’interno della cavità nasale o della cavità auricolare.
I flaconcini possono essere chiusi anche con la combinazione del tappo in gomma più la ghiera in
alluminio, che ritroviamo nel confezionamento di forme farmaceutiche liquide ad uso parenterale
o per il confezionamento di una polvere liofilizzata che deve essere ricostituita dall’origine ad una
soluzione per la somministrazione parenterale. Il vantaggio di questo tipo di sistema, utilizzato per
il confezionamento di polveri liofilizzate, è che questo tipo di flacone particolare può essere
posizionato all'interno di un liofilizzatore permettendone la preparazione direttamente al suo
interno. Al termine della liofilizzazione il sistema viene chiuso con l'elastomero e l’elastomero
bloccato con la ghiera in alluminio. Un tipo di confezionamento del genere viene utilizzato anche
per il confezionamento di alcuni tipi di vitamine, ormai abbandonato e sostituito da dei tappi a vite
con chiusura inviolabile. La farmacopea, nell'ambito delle chiusure in elastomero, fornisce alcune
specifiche che devono essere rispettate e che il farmacista deve conoscere sempre all'atto
dell'acquisto di questo tipo di chiusura. La farmacopea distingue le chiusure in elastomero in due
tipi: in gomma o in silicone. Le chiusure in gomma sono classificate in: chiusura di tipo 1, che sono
quelle più rigorose, da preferire, perché questo tipo di materiale è stato testato e non ha quelle
caratteristiche chimiche tali per cui non rilasciano alcuna sostanza utilizzata per la loro produzione,
quindi sia monomeri che additivi; vi sono poi le chiusure di tipo 2, che sono delle chiusure
particolari utilizzate per la chiusura di flaconi multidose, perché sono quelle che consentono
perforazioni multiple, come quella del flacone di soluzione fisiologica. Le chiusure di tipo 1 sono
quelle che sono presenti come chiusura di flaconi monodose per somministrazione parenterale,
quelle di tipo 2 sono invece quelle presenti nei flaconi multidose, perché questo tipo di chiusura
permette perforazioni multiple, ossia ogni volta che viene forata ha la capacità di richiudersi in
seguito all'estrazione della siringa e quindi garantisce che il flacone sia di nuovo completamente
sigillato.

Un classico tipo di confezionamento per le soluzioni o sospensioni per uso parenterale sono le
fiale, che possono essere sia di vetro incolore o ambrato. Devono essere generalmente
confezionate in contenitori trasparenti in modo tale che l’utilizzatore, come l'infermiere o il
medico, possono vedere l'aspetto della formulazione posizionata all'interno. Le fiale in vetro
vengono prodotte con la parte in alto aperta, per cui nell’ambito industriale vi sono delle siringhe
che permettono il riempimento di queste fiale che poi vengono chiuse a caldo per azione di una
fiamma sull'estremità della fiala. Per il prelievo del contenuto della fiala, la fiala deve essere rotta
in corrispondenza di questo punto che è il punto di frattura, un tempo le fiale venivano fornite con
un apposito taglierino, ormai quasi del tutto scomparso. La particolarità di questa fiala è che
spesso all'atto dell'apertura l'operatore può tagliarsi, perché con questa operazione spesso, il
vetro, soprattutto della punta, può tagliare l'operatore. La FUXII prevede che le soluzioni per
utilizzo parenterale possono, soprattutto quelle per infusione, essere confezionate anche in
contenitori di plastica, per cui sono previsti diversi tipi di contenitori per soluzioni acquose per
infusione, generalmente delle sacche delle bottigliette. La farmacopea prevede che questo tipo di
contenitore debba possedere sempre un sito adatto all'attacco di un apparato tubolare per
infusione, quindi che permette l'introduzione del sistema, un sistema che permette anche di fare
l'iniezione al momento dell'utilizzo e poi un dispositivo, quindi una parte di materiale plastico, che
funga da anello per permettere che queste sacche possano essere attaccate ad un opportuno
supporto. La farmacopea prevede, inoltre, che le soluzioni per uso parenterale, soprattutto
sottocutaneo o intramuscolare, possono essere anche direttamente dispensate in siringhe pre-
riempite, che troviamo in commercio come confezionamento per soluzioni di NaCl, ma anche
contenenti acido ialuronico per l’utilizzo intrarticolare, soprattutto nelle articolazioni del ginocchio.
Esistono anche delle penne pre-riempite di materiale plastico destinate alla somministrazione
sottocutanea dei diversi tipi di insulina. La farmacopea prevede anche altri contenitori in plastica
quali, ad esempio, quelli sterili per sangue umano e sue frazioni; contenitori, sempre sterili,
contenenti sangue umano e sempre frazione o soluzione anticoagulante; tutti gli apparati tubolari
per la trasfusione nonché le siringhe di plastica monouso sterili, considerate dalla farmacopea
come contenitori. Le siringhe di plastica monouso sono considerate dei dispositivi medici destinati
all’utilizzo per la somministrazione di preparazioni iniettabili, poiché devono contenere delle
preparazioni iniettabili, esse stesse devono essere sterili e apirogene, motivo per il quale non
devono essere mai riutilizzate. Sono costituite da un corpo cilindrico e da uno stantuffo, possono
avere ago fisso, come nel caso delle siringhe per insulina, oppure possono avere un ago staccabile
che deve essere inserito al momento dell’uso. La stringa viene confezionata in bustine monouso
individuali e la particolarità prevista dalla farmacopea è che il materiale plastico di cui è costituita
la siringa deve avere una buona trasparenza in modo tale da permettere di visualizzare la
preparazione che è all'interno, visualizzare l'eventuale presenza di bolle aria e per essere in grado
di leggere adeguatamente il volume presente all'interno, nonché poter visualizzare la presenza
eventuale di particelle estranee che determinerebbe un NON utilizzo di quel tipo di preparazione.
Sono generalmente costituite di polipropilene e polietilene e spesso lo statuto viene lubrificato
con del silicone, ma questo lubrificante non deve in nessun modo entrare a far parte e poi nella
formulazione che deve essere iniettata. Sono sempre presenti delle marcature di volume ma,
anche in questo caso, viene appositamente controllato che l'inchiostro non migri dalla superficie
esterna della siringa verso la parte interna della stessa. Sul confezionamento primario deve essere
sempre riportato il numero di lotto, una descrizione del tipo di siringa e sempre l'indicazione che la
siringa non è riutilizzabile. Le diverse siringhe, confezionate singolarmente, vengono poi poste
all'interno del confezionamento secondario dove deve essere obbligatoriamente sempre riportato
il metodo di sterilizzazione, il nome del prodotto e l’avvertenza che la stringa non deve essere
utilizzata qualora l'imballaggio sia danneggiato, perché in quel caso si è persa la sterilità nella
siringa.

- Forme farmaceutiche Solide a dose unica.


Le forme farmaceutiche solide a dose unica possono essere confezionate in blister, costituiti da un
film plastico che contiene gli alloggiamenti per le capsule o per le complesse che vengono poi
termosaldati da un foglio di alluminio, un'altra possibilità di confezionamento è l’utilizzo degli
strip, costituito da due fogli di alluminio termosaldati. Le polveri, come ad esempio i granulati,
possono essere ripartite in bustine, sacchetti o, in ambito galenico, in cartine. Considerando questi
due tipi di confezionamento, il blister e lo strip, i secondi vengono utilizzati per il confezionamento
di compresse effervescenti perché il foglio di alluminio è un foglio assolutamente impermeabile
all'aria, all'umidità e alla luce, per cui rappresenta un ottimo barriera al passaggio dell'umidità che
potrebbe determinare instabilità nella complessa effervescente, in quanto potrebbe portarla allo
sviluppo di effervescenza all'interno del suo contenitore; ha però lo svantaggio essere difficilmente
apribile, soprattutto spesso capita che nell’aprire lo strip si ha anche la rottura della compressa
effervescente al suo interno.
Nei multidose si utilizzano, per il confezionamento delle nostre capsule, le pilloliere che possono
essere sia in plastica che in vetro, incolori o ambrati e trasparenti o opachi. In questo caso c'è sia
una scelta estetica del produttore che una scelta relativa alla stabilità, quindi compresse e capsule
possono essere confezionate in pilloliere qualora il principio attivo, in esso contenuto, sia
abbastanza stabile all'umidità e all'ossidazione. Si sceglierà un materiale plastico, come quando
ricerco l'opacità, quindi non si è interessati a far vedere al paziente qual è il contenuto, mentre, se
ho delle capsule “carine da vedere”, in termini di colorazione o delle compresse di aspetto
gradevole, si può scegliere una pilloliera in vetro, in modo tale che possa osservare cosa c'è
all'interno. Questo viene fatto generalmente con delle capsule trasparenti che contengono, ad
esempio, al loro interno di pellets, che sembrano delle sfere di diversa colorazione per cui il
formulatore sceglie da quel punto di vista un confezionamento che possa stimolare e indurre
l'utilizzo di quel preparato piuttosto che non chiuderlo in un confezionamento opaco. L'aspetto di
marketing deve venire dopo quello riguardante la stabilità del preparato. Le polveri e i granulati
possono essere anche dispensati in contenitori multidose e generalmente si utilizzano dei flaconi
con la bocca larga e devono essere sempre forniti insieme ad un misurino per consentire al
paziente il corretto prelievo della dose. La farmacopea prevede che, per polvere granulata
dispensati in contenitori multidose, il test dell'uniformità della dose prelevata, se la polvere è
destinata all’applicazione cutanea, come nel caso del talco mentolato, il flacone può presentare
come chiusura un tappo spargi talco, che evita una possibile contaminazione da parte del paziente
per il prelievo del talco e ne facilita la somministrazione sulla cute.
Un altro tipo di confezionamento può essere rappresentato dai tubi, come nel caso delle
compresse effervescenti di grande diametro. Possono essere tubi in plastica o in alluminio
verniciato al suo interno e presentare un diverso tipo di chiusura, come i tappi a vita oppure i tappi
a pressione o i tappi con l’essiccante. Qualora si debba confezionare una compressa effervescente
è preferibile il tacco a pressione con l'essiccante perché, la presenza dell’essiccante nel tappo,
permette di mantenere all'interno del tubo, una volta aperto, un basso contenuto in umidità che
rappresenta il primo fattore di instabilità della compressa effervescente.

- Forma farmaceutica Semisolida.


I principali tipi di confezionamento per le forme farmaceutiche semisolide possono essere: i
flaconi, utilizzando quelle chiusure viste precedentemente come il distap, il dispenser oppure lo
spray; invece, le creme, con una maggiore viscosità, vengono confezionato in vasetti che possono
essere in vetro o in plastica, opachi oppure trasparente, possono avere una chiusura con tappo a
vite o a pressione e possono presentare un piattello che garantisce un ulteriore chiusura e
protezione alla crema. Possono, inoltre, essere utilizzati dei tubetti, costituiti da alluminio con un
rivestimento plastico all'interno oppure in materia plastico, il rivestimento interno di materiale
plastico del tubetto in alluminio è fondamentale per evitare che si formino degli ossidi di alluminio
che vadano a contaminare la formulazione semisolida all'interno. La scelta, fra i vari tipi di
confezionamento, va fatta in base alla forma semisolida da confezionare, se si ha una crema che
deve essere utilizzata più volte su cute infetta si andrà a scegliere il tubetto in modo tale che il
paziente non possa contaminare l'intero preparato. Per quanto riguarda il materiale, tra alluminio
e plastica, i vantaggi sono che in quello di alluminio rimarrà sicuramente meno prodotto
inutilizzato perché quando premi si deformato e poi rimane così per cui iniziando dalla parte più
esterna premi e la preparazione viene utilizzata completamente, mentre il materiale plastico, al
contrario, torna alla sua forma originale. Il problema attribuibile a questa deformazione o no è
legato al fatto che quello in plastica si deforma per far uscire la preparazione, permettendone
l'utilizzo, ma poi tornando alla sua forma originale quello spazio verrà occupato da dell’aria che
verrà richiamata all'interno. Quindi se prendiamo, per esempio, una crema del tipo acqua in olio,
con un elevato contenuto in sostanze grasse che sono esterne, andrò a scegliere più un tubetto in
alluminio piuttosto che in plastica perché potrà entrare, via via con gli utilizzi, sempre maggior
contenuto in aria all'interno del tubetto che può essere un fattore di instabilità per la crema
lipofila. I tubetti in alluminio vengono commercializzati direttamente con un aspetto di tubo aperto
nella parte esterna che con una pinza possono essere chiusi, quelli di materiale plastico, per la
galenica, vengono venduti già chiusi sulla parte esterna, quindi per riempirli bisogna forzare il
prodotto all’interno del contenitore rappresentando un grosso problema. Possono essere venduti
anche non chiusi ma, in quel caso, la farmacia deve possedere una particolare termosaldatrice, che
acquisterà solo se avrà una grande richiesta, per piccole produzioni vengono vendute già
termosaldati.

STABILITA’ E STABILIZZAZIONE
Il farmacista è un attore nella garanzia della stabilità del preparato, in quanto è presente sia
all’atto della produzione che in ogni step che porta il medicinale dalla produzione al consumatore
finale. Il farmacista è presente all'interno dell’industria farmaceutica nella preparazione e controllo
qualità del medicinale, è una figura che garantisce il rispetto delle buone norme di distribuzione
del medicinale ed è, inoltre, responsabile nella dispensazione di quelle medicine e lo consegna al
paziente per l'utilizzo. Il farmacista è farmacista preparatore che allestisce, all'interno della sua
farmacia, dei medicinali siamo essi galenici, magistrali e officinali. È necessario sapere e garantire
che il medicinale rimanga stabile dal momento della produzione al momento in cui avviene la sua
somministrazione. Per la stabilità del preparato entrano in gioco diversi fattori perché il principio
attivo rimane stabile se sono stati scelti i giusti eccipienti e il giusto contenitore che evitino le
eventuali contaminazioni da parte dell'ambiente esterno, sia contaminazioni microbiche ma anche
da parte dell'aria esterna oltre che, fattore determinante della stabilità, la temperatura.
La stabilità viene definita come quella misura in cui una sostanza o un prodotto farmaceutico
conserva, entro determinati limiti e per tutto il periodo di conservazione utilizzo, le stesse
proprietà e caratteristiche che aveva al momento della sua a fabbricazione.
Quindi indica la capacità della forma farmaceutica di mantenere le proprie proprietà fisiche,
chimiche, terapeutiche e microbiologiche per tutto il periodo di conservazione e utilizzo da parte
del paziente. La stabilità del medicinale porta al concetto di validità.
La validità è l'intervallo di tempo durante il quale il prodotto mantiene le medesime proprietà e
caratteristiche che possedeva al momento della produzione, quindi quel periodo di tempo in cui
il medicinale mantiene le stesse proprietà fisiche, chimiche, microbiologiche e terapeutiche.
Quando si parla di stabilità ci si riferisce alla stabilità fisica, chimica, microbiologiche e terapeutica.
La stabilità fisica può essere sia del principio attivo ma anche dalla forma farmaceutica. Riferendoci
alle caratteristiche fisiche del principio attivo, il principio attivo deve mantenere durante tutto il
periodo le stesse caratteristiche di solubilità, stesse dimensioni, le stesse proprietà cristalline e
anche lo stesso contenuto di umidità. La solubilità è fondamentale in quanto il principio attivo
deve solubilizzarsi nei fluidi biologici per poter essere assorbito; il particle size condiziona
fortemente la velocità di risoluzione per cui se il principio attivo tende ad aggregare vi sarà una
riduzione dell’area superficiale, esposta al solvente, e quindi riduzione della velocità di
solubilizzazione che porta a una riduzione della velocità di assorbimento. Inoltre, il principio attivo,
può essere cristallino o amorfo, se nel corso della stabilità il principio attivo cambia le sue
proprietà cristalline viene ad essere modificata anche la sua assorbilità, perché i principi attivi nella
forma amorfa sono più solubili nelle forme cristalline. Quindi se dovesse cambiare da cristallino ad
amorfo si avrebbe un incremento della solubilità, se da amorfo a cristallino una riduzione della
solubilità. Anche il contenuto di umidità del principio attivo va a condizionatore la solubilità ma
può anche determinare poi una varianza della stabilità chimica del principio attivo. Questo
discorso è valido anche per gli eccipienti. Per quanto riguarda la forma farmaceutica, ovviamente,
anche questa deve mantenere durante il periodo di validità le stesse caratteristiche fisiche, primo
fra tutti l’aspetto. La prima cosa che il farmacista deve fare è osservare la forma farmaceutica, se è
cambiato l’aspetto per cui, ad esempio, le capsule non hanno più l’opercolo di dimensioni e forma
perfettamente cilindrica, significa che magari hanno assorbito umidità per cui l'opercolo sta
collassando, uno dei principali segnali di una instabilità del preparato. Deve mantenere intatte
tutte le caratteristiche organolettiche: colore, odore, sapore perché se all'interno della forma
farmaceutica è avvenuta una qualche reazione la prima cosa che cambia è l’odore e il gusto. Deve
mantenere inalterate le sue caratteristiche e principalmente l'uniformità di massa e di contento e
anche il tempo di disaggregazione e di dissoluzione, perché dal tempo di disaggregazione dipende
la rottura della forma farmaceutica e la possibilità che il principio attivo ha di entrare a contatto
con i fluidi biologici e di solubilizzarsi. Altri fattori che possono essere tipici, ad esempio, di una
instabilità fisica nel caso delle creme, può esserci una rottura dell'emersione oppure la
separazione-conformazione del “creaming”. Nel caso degli unguenti potremmo vedere una
separazione, cioè la formazione di un liquido al di sopra della superficie; nel caso delle sospensioni
potremo avere sia la formazione del cosiddetto “cake”(permanente), quindi della sedimentazione
lenta delle particelle in sospensione sul fondo del recipiente, che va a determinare una variazione
del contenuto di principio attivo nella sospensione; oppure la formazione di un sedimento
voluminoso, cioè un sistema flocculato che è un instabilità temporaneo perché in seguito ad
agitazione riformano rapidamente una sospensione stabili. Le soluzioni possono andare a
mostrare segni di instabilità se, ad esempio, si ha la comparsa di particelle visibili, per cui non
rispettano più la definizione da farmacopea. All'interno del preparato, il principio attivo, deve
mantenere la sua stabilità chimica, per cui all'interno della preparazione non deve andare incontro
a diversi tipi di reazione, principalmente quelle che avvengono a carico dei principi attivi sono
reazioni di: idrolisi, ossidazione, fotolisi, racemizzazione oppure di polimerizzazione. Le reazioni di
idrolisi sono le reazioni in cui vanno incontro molecole che hanno gruppi esterei o eterei e che è
ovviamente indotta dalla presenza di acqua o di umidità nelle soluzioni acquose oppure nelle
forme farmaceutiche solide quando aumenta il contenuto di umidità nell’aria. Le reazioni di
ossidazione sono quelle a cui vanno incontro molecole che hanno gruppi alcolici, amminici o
fenolici oppure steroidi, antibiotici e anche vitamine, portano alla formazione di specie radicaliche.
Le reazioni di ossidazione sono generalmente delle reazioni catena in cui si ha la formazione di
radicali che portano alla formazione di composti che danno origine a dei composti caratterizzati da
un cattivo odore, per cui se all'interno di una preparazione sono venute delle reazioni di
ossidazione la principale cosa che cambia è l'odore, nel caso di sostanze grasse anche il colore. Le
reazioni di fotolisi sono quelle reazioni indotte dalla luce. Le reazioni di racemizzazione, in quanto
generalmente soltanto un isomero ha un’attività, quindi non sempre entrambi gli isomeri ottici
hanno attività terapeutica per cui la modifica dell'isomero può determinare una inattività o
tossicità del preparto. Il principio attivo può andare incontro anche a reazioni di polimerizzazione,
analoga alle reazioni dei materiali plastici, ossia possono reagire come se fossero dei monomeri
dando origine a delle macromolecole. Nell'ambito della stabilità, il preparato farmaceutico, deve
mantenere anche inalterata la sua stabilità microbiologica. I preparati farmaceutici possono essere
obbligatoriamente sterili o non obbligatoriamente sterili, se obbligatoriamente sterili i preparati
devono mantenere la stabilità per tutto il periodo di validità, se non obbligatoriamente sterili deve
essere mantenuta costante la carica microbica prevista dalla FUXII, che stabilisce per ciascun
piccolo organismo quale può essere il numero massimo di colonie ammesse e afferma che non
devono essere presenti alcuni microrganismi altamente patogeni, tra cui lo staphylococcus aureus
e l’escherichia coli. Non poteva mancare, quando si parla di stabilità di un preparato farmaceutico,
la stabilità terapeutica, per cui in quel periodo di validità il principio attivo deve mantenere lo
stesso effetto terapeutico, per cui il medicinale deve essere un medicinale di qualità, che deve
mantenere per tutto il periodo di validità, in quanto la qualità è sinonimo di efficacia e sicurezza di
quel preparato. Se non vengono mantenute le stabilità fisiche, chimiche e microbiologica, in
automatico non viene garantita neanche la stabilità terapeutica e quindi l'efficacia e sicurezza del
preparato.

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