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Un’analisi comparativa.
Alessia Della Rocca
Università degli Studi Internazionali di Roma
Abstract
Il presente articolo analizza il ruolo della fraseologia all’interno della lingua italiana e spagnola,
nonché la loro correlazione con la cultura, quale substrato d’origine. Il loro legame con il passato, la
loro attinenza e il loro uso contemporaneo sono elementi di riflessione in maniera contrastiva.
La questione di genere nella paremia assume un aspetto rilevante in due lingue prevalentemente
androcentriche quando queste presentano espressioni, desuete e non, che tutt’oggi formano parte della
comunicazione e che veicolano stereotipi di genere. Si propone una riflessione per una modifica
dell’atteggiamento verso certe categorie paremiche, per considerare un rispetto sempre crescente
della componente di genere, quale elemento imprescindibile all’interno di una società in ogni sua
sfaccettatura.
This article’s aim is to analyse the role of phraseology within Italian and Spanish languages, and their
correlation with culture, as their substrate. Their link with the past, their relevancy with it and their
contemporary use serve as a basis for further contrastive reflection. Gender in phraseology also
constitutes an important aspect in two mainly androcentric languages, when they present idiomatic
expressions, both obsolete and modern, that are still part of today’s communication and that convey
social and gender stereotypes. The article also offers a reflection for a change in the attitude towards
some phraseological categories, in order to consider an increasing awareness of gender-based issues,
as a key element within a society in all its various forms.
Introduzione
Il patrimonio linguistico che ogni lingua presenta comprende, in vasta scala, un’ampia porzione di
fraseologia. La fraseologia, intesa come “insieme delle frasi (nel senso di locuzioni o espressioni
caratteristiche, idiomatiche) proprie di una determinata lingua o di una determinata sezione del
lessico, relativa a una particolare attività umana”1, rappresenta un patrimonio linguistico inestimabile
che riflette la storia della comunità linguistica, nonché il suo estro, la sua cultura, gli usi e costumi e
le credenze e leggende che da sempre la forgiano.
Una parte imprescindibile del patrimonio linguistico è costituito da tutti i detti, le frasi fatte e i
proverbi che compongono una fitta trama riflettente le abitudini di una determinata società. A seconda
del paese in cui ci si trova, dalla sua cultura, dalla sua storia e dalle sue origini, è possibile notare una
presenza più o meno spiccata di elementi di fraseologia. L’Italia e la cultura italiana, senz’altro, molto
5 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 9. (“es un grupo de palabras que
forman una expresión cuyo significado no siempre se deduce de las palabras que la forman”).
6 M. de Cervantes, L’ingegnoso idalgo Don Chisciotte della Mancia, Andrea Ubicini, Milano, 1841, Volume secondo,
Capitolo LXVII, pag.599 [trad. it. Bartolommeo Gamba]. (“[…] sentencias breves, sacadas de la experiencia y
especulación de nuestros antiguos sabios […]”)
7 G. Nencioni, Tra grammatica e retorica, Einaudi, Torino, 1983, p.106.
8 M. García-Page Sánchez, Problemas en el empleo de la fraseología española por hablantes extranjeros – la violación
A tale proposito, è interessante effettuare una distinzione tra le caratteristiche culturali che permeano
la società spagnola, la sua lingua e, di conseguenza, le sue unità fraseologiche e quelle invece che
qualificano la lingua italiana. Si noterà che nelle unità fraseologiche di una determinata lingua è
possibile reperire caratteristiche culturali tipiche di una società che, nell’unità fraseologica
corrispondente nell’altra lingua, risultano del tutto appiattite, poiché non presenti nella cultura, o
presenti in misura molto minore, e viceversa. Altre caratteristiche invece, come prima accennato,
oltrepassano i confini geografici e culturali della lingua, poiché custodiscono il centro del loro
significato nell’immagine che si vuole veicolare, che è possibile adattare a svariati contesti, che ogni
lingua o comunità possiede al suo interno e che, quindi, può essere applicabile a qualsiasi unità
fraseologica.
Iniziando con la lingua spagnola, è inevitabile notare come tale lingua sia pervasa da unità
fraseologiche che rimandano alla sfera religiosa; se consideriamo la lingua un chiaro fattore di
identificazione della forma mentis e della visione del mondo circostante della popolazione da cui è
parlata, è evidente che il riferimento a fattori riguardanti la sfera del divino, Dio stesso, l’aldilà e tutti
i rituali del culto (la messa, le esequie ecc.) sia decisamente frequente. Per quanto riguarda l’italiano,
invece, è possibile affermare che, nonostante esistano vari elementi fraseologici e idiomatici con
chiari riferimenti alla religione, alla Chiesa e a tutti gli elementi sopraccitati, “[…] Il processo di
9“Cucire e cantare”.
10S. Bralić, Sulla motivazione e sulla grammatica dei modi di dire in italiano, Filozofski fakultet Sveučilišta u Splitu,
Spalato, 2011 pag. 171
laicizzazione della scuola11 e della società italiana hanno fatto sì che questi scomparissero dalla lingua
quotidiana, entrando in disuso”.12
Diventa così possibile effettuare la seguente distinzione, che si pone come esempio pratico di quanto
precedentemente illustrato, a riprova del fatto che un grande numero di elementi fraseologici e
idiomatici più che frequenti nella lingua spagnola, e con rimandi più o meno profani alla sfera
religiosa, sono altrettanto frequenti e utilizzati in Italia senza però mantenere l’accezione che li
caratterizza, si deve infatti sempre tenere a mente che: “La familiarità degli spagnoli con la religione
lascia attoniti molti stranieri. Per iniziare, il secondo comandamento ‘non userai il nome di Dio
invano’ sembra del tutto inutile allo spagnolo cattolico, che quasi mai lo usa in altre forme. […] Ma
la fiducia si spinge ancora oltre e gli spagnoli utilizzano la nomenclatura religiosa per le situazioni
più profane”13
11 Laicizzazione intesa come sottrazione dell’istituzione scolastica al controllo della gerarchia ecclesiastica. “[...] nei primi
secoli del secondo millennio, nascono molte scuole di iniziativa privata, dapprima autorizzate dalla Chiesa e
successivamente, nel periodo dei Comuni, sempre più laiche e non bisognose di alcuna autorizzazione”. “Questo fiorire
di scuole si rafforza nel periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento, arricchendosi nelle sue basi culturali e nelle sue
forme di specializzazione: un processo che per molti aspetti si può definire di laicizzazione della scuola e che si sviluppa
soprattutto nei paesi dove forte è l’influenza della Riforma protestante e quindi minore il legame con la cultura della
Chiesa di Roma [...] Diversa è la situazione [...] soprattutto in Italia, dove l’indirizzo delle scuole si mantiene
fondamentalmente umanistico e, soprattutto, più forte si mantiene il ruolo esercitato dalla Chiesa e dai suoi ordini religiosi.
Si dovrà attendere il XIX secolo per avere in Italia un primo complessivo disegno del sistema scolastico e l’inserimento
di insegnamenti ‘realistici’ al suo interno”.
http://www.treccani.it/enciclopedia/scuola_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/ M.
Palma, Enciclopedia Treccani dei ragazzi, 2006. Consultato il 15/07/2017
12 D. Soler-Espiauba, 2001, Impacto del fenómeno religioso en el español coloquial, pag. 3, (“[…] el proceso de
laicización12 de la escuela y de la sociedad italianas hicieron que desaparecieran de la lengua de todos los días, quedando
en desuso”).
13 F. Díaz Plaja, Los españoles y los siete pecados capitales, Editor digital Hechadelluvia ePub base r1.0, 1966, pp. 109-
111. (“la familiaridad de los españoles con la religión deja estupefactos a muchos extranjeros. Para empezar, el segundo
mandamiento ‘no emplearas en nombre de Dios en vano’ parece totalmente inútil al católico español, que casi nunca lo
emplea de otra forma. […] Pero la confianza llega a más y los españoles usan la nomenclatura de la religión para las
más profanas de las situaciones”).
14 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 380.
pronunciate al momento del segno della croce, alla fine di una preghiera o direttamente dal sacerdote
che, in latino, recitava “In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, Amén. Come si può notare, è
proprio la parte finale dell’orazione recitata dal sacerdote che va a comporre l’unità fraseologica
spagnola. Ancora una volta, in italiano il significato si concentra su un altro aspetto dell’azione svolta
“in un batter d’occhio”: la rapidità del movimento involontario del corpo umano. Lo spirito dell’unità
fraseologica resta il medesimo tuttavia, ancora una volta, si perde quel riferimento al mondo delle
funzioni religiose, in questo caso, che è evidente anche nelle varianti esistenti nella cultura spagnola
(“en menos que se reza un credo”, “en un decir Jesús”, “decir a todo amén”).
“Desnudar a un santo para vestir a otro” “Tirare una coperta troppo corta”
Anche in questo frangente, la lingua spagnola fa riferimento a un santo per esprimere il concetto di
non avere sufficienti mezzi, sufficienti possibilità per attuare più cose alla volta, tutte importanti, per
cui si rende inevitabile una scelta. Nell’immagine veicolata dalla lingua italiana, si evidenzia il fatto
che, se una coperta è troppo corta, non è possibile coprire tutto il corpo, qualcosa resta fuori. Ci si
concentra metaforicamente ancora una volta sull’azione, sulla fisicità che comporta la metafora
dell’azione presente nel modo di dire. Lo spagnolo, invece, rimanda alla tradizione secondo la quale,
al momento della processione, il sacerdote o altre persone vestissero il santo con gli abiti di altri santi
che, in quell’occasione, non sarebbero stati esposti durante la processione, così come nel caso della
variante prevista per tale detto: “Quedarse para vestir santos”16.
“Si sale con barbas, San Antón y, si no, la Purísima Concepción” “Chi vivrà, vedrà”
Nella presente unità fraseologica è possibile individuare un esempio pratico delle parole di Fernando
Díaz Plaja precedentemente citate con riferimento alla profanità con la quale a volte gli spagnoli si
15 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 372.
16 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 209.
servono della religione per esprimere concetti e situazioni del quotidiano. Nella fattispecie, si rimanda
tale espressione a un pittore spagnolo, Orbaneja. Egli stava abbozzando l’inizio di un quadro che
avrebbe dipinto quando ricevette la visita di una persona che gli chiese cosa stesse dipingendo. La
risposta dell’artista che, evidentemente, non aveva molta fiducia nel proprio operato e nelle proprie
capacità, rispose proprio tramite questa frase ironica che, se avesse avuto la barba sarebbe stato San
Antón e, se non l’avesse portata sarebbe stata invece la Purissima Concezione. Da quel momento,
l’espressione entrò a far parte della componente proverbiale del linguaggio popolare, per indicare il
momento in cui si svolge un’attività senza grandi pretese di successo o quando si è consapevoli delle
proprie scarse capacità, per cui ci si affida al caso e si vedrà. Si vedrà proprio come nell’espressione
italiana, che nulla presenta di profano o di irriverente, come nel caso dello spagnolo. L’unità
fraseologica italiana è decisamente più esplicita, evidenziando proprio il fatto di affidarsi alla sorte,
di aspettare un’evoluzione dei fatti e di comportarsi poi di conseguenza.
Un altro frequente riferimento che è possibile individuare nella lingua spagnola, e che proviene
direttamente dalla sua cultura, è quello alla tauromachia. Il mondo dei tori e delle corride è già di per
sé ricco di detti e proverbi, ciononostante tali proverbi sono entrati a far parte del linguaggio
quotidiano e sono stati elevati a metafora per descrivere varie situazioni della vita, anche al di fuori,
appunto, della plaza de toros e dell’universo che le orbita attorno. In questo caso è possibile fare
riferimenti anche alla lingua italiana, poiché anch’essa possiede detti e modi di dire contenenti un
rimando alla tauromachia. Tuttavia, è evidente che in italiano abbiano acquisito significato grazie alla
loro sfera metaforica ma che, nel concreto, non rimandino a nessuna situazione tipica della cultura
e/o degli usi e costumi del paese.
17 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 28.
corrispondente italiano ha origini nella letteratura, in particolare nell’opera manzoniana “I promessi
sposi”: “E quante volte, tornandoci sopra, e rimettendosi col pensiero in quella circostanza, gli
venivano in mente, quasi per dispetto, parole che tutte sarebbero state meglio di quell’insulso si
figuri! Ma, come dice un antico proverbio, del senno di poi ne son piene le fosse”.18
La lingua italiana che si è evoluta dopo Alessandro Manzoni, infatti, “è ricca di espressioni dei
Promessi sposi, alcune già attestate in precedenza, altre diffuse dopo Manzoni. Guardando all’uso dei
giorni nostri, è possibile distinguerle in diversi livelli e tipi. Partendo, per così dire, dal basso, si
individua una serie di locuzioni che fanno parte del patrimonio comune, anche senza che il parlante,
soprattutto se di livello culturale non elevato, sia sempre consapevole della loro ricorrenza nel
romanzo manzoniano”19. Questo detto è infatti solo uno dei tanti che, a partire dall’opera del celebre
autore, sono entrati a far parte della cultura sociolinguistica italiana.
Entrambe le unità fraseologiche presentano, volendo, un’ampliazione, anche se spesso si lascia la
frase incompiuta, poiché già chiaro riferimento alla situazione: “A toro pasado, valientes todos” o
“Del senno di poi sono piene le fosse”. L’ampliazione che entrambe presentano pone l’accento
sull’inutilità assoluta di parlare, esprimere giudizi o agire una volta terminata l’azione cui si fa
riferimento.
“Estar entre los cuernos del toro” “Essere tra due fuochi”
Il presente detto spagnolo ripropone la metafora risalente alla tauromachia presentando una situazione
in cui entrambe le parti, siano esse persone in conflitto tra cui dover scegliere, con l’inevitabile rischio
di inimicarsene una, o decisioni da prendere, sono pericolose, comportano un rischio. Il trovarsi tra
le corna del toro rimanda direttamente alla condizione del torero nello svolgimento della sua attività.
La versione italiana, invece, si serve della metafora costituita dal pericolo a cui si rimanda per
antonomasia il fuoco, deducendo così che la persona interessata si trova tra due pericoli, di eguale
gravità, tra cui deve scegliere.
18 A. Manzoni, I promessi sposi, Mondadori, Milano, 1985. Capitolo XXIV, pag 442.
19 http://www.treccani.it/enciclopedia/manzonismi_(Enciclopedia-dell%27Italiano)/ - AA. VV. Enciclopedia
dell’italiano Treccani. Consultato il 13/07/2017.
20 http://dle.rae.es/?id=a6ZyZYZ|a6aLYnG - RAE, Diccionario de la lengua española (“presenciar algo o tratar de ello
sin correr el peligro a que se exponen quienes en ello intervienen”). Consultato il 13/07/2017.
21 M. Moliner, Diccionario de uso del español, 3°edición, Gredos, Madrid, 2007 (“observar cierto acontecimiento con la
Per quanto riguarda le connotazioni tipiche della lingua italiana, invece, è possibile notare come alla
pari della tauromachia e dell’evidente presenza della religione nella lingua spagnola, la lingua italiana
possiede elementi tipici e determinanti nella cultura e nella società talmente radicati che hanno dato
vita a modi di dire che da essi prendono forma. Primo su tutti, è importante citare il bagaglio culturale
e l’eredità lasciati dalla lingua latina. Se è vero che tanto la lingua italiana quanto quella spagnola
siano neolatine o romanze, e quindi “[…] svolte da un comune fondamentale strato latino, nelle
regioni più profondamente latinizzate dell’impero romano […]”22 è altresì vero che l’italiano presenta
molte più parole, espressioni, frasi fatte ed elementi fraseologici che sono rimasti invariati negli anni
e che sono da secoli parte integrante delle nostre espressioni quotidiane, talvolta anche all’insaputa
del parlante, che le impiega senza sapere la loro reale provenienza o anche in maniera errata,
riconducendole alle volte a lingue straniere moderne (basti pensare alla scrittura, frequentemente
incontrata “out out”, per indicare “aut aut”, nel momento in cui si vuole “porre a qualcuno
un’alternativa […] obbligandolo a scegliere”23). La lingua italiana, insomma, presenta varie unità
idiomatiche invariate dal latino che le altre lingue, come lo spagnolo, hanno perso nel tempo o che,
semplicemente, hanno “tradotto”, abbandonando l’originario latino.
22 http://www.treccani.it/vocabolario/neolatino/ - AA. VV. Vocabolario Treccani della lingua italiana online. Consultato
il 13/07/2017.
23http://www.treccani.it/vocabolario/aut-aut/ - AA. VV. Vocabolario Treccani della lingua italiana online. Consultato il
14/07/2017.
Una delle espressioni fraseologiche tipiche italiane è proprio questa, che si utilizza per indicare “il
colmo”, come suggerisce il corrispondente spagnolo, un ulteriore elemento negativo che si aggiunge
a una serie di eventi già capitati in precedenza. Il suo significato letterale rimanda all’omonimo
proverbio latino volgare che spesso veniva citato per indicare che il dolce (viene) in fondo e che,
quindi, le cose migliori arrivano sempre alla fine. Tuttavia, nonostante il suo impiego per riferirsi a
qualcosa di bello, nella maggior parte dei casi il presente detto è impiegato antifrasticamente, in
maniera ironica, per indicare appunto il colmo della sventura, proprio come esplicitato dal detto
spagnolo che, come è evidente, nulla ha mantenuto dell’accezione latina da cui tuttavia deriva.
28 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 306.
29 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 36.
con la prossemica che può accompagnare il modo di dire; si fa invece riferimento ai “catenacci con
cui si chiudono le porte”30 quale livello limite. È uno dei casi di cui si è parlato in precedenza, in cui
non è assolutamente possibile risalire al significato del detto partendo dal significato dei singoli
termini che lo compongono.
È chiaro che le due lingue, oltre a presentare numerose differenze in quanto a paremia, presentano
anche alcune somiglianze. Possono esistere corrispondenze perfette (“avere le spalle larghe”/”tener
las espaldas anchas”, uno su tutti) ma esistono anche casi di adattamento dello stesso modo di dire
alla propria nazione, soprattutto per quanto riguarda i riferimenti geografici o toponomastici, un
addomesticamento che è possibile riscontrare in detti quali “quien se fue de Sevilla perdió su silla”,
il cui corrispondente in italiano è il famoso “chi va a Roma perde la poltrona”, o ancora “no se ganó
Zamora en una hora”, che proviene dall’antico avvenimento nel quale la città di Zamora subì “un
lungo assedio, durato sette mesi, da parte di Sancho el Bravo nel 1702, che voleva strapparla al
possesso di sua sorella, doña Urraca”32 il cui significato è possibile reperire in italiano nel detto
“Roma non fu costruita in un giorno”.
30 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 355.
31 https://dizionario.internazionale.it/parola/togliersi-un-peso-dallo-stomaco - Il nuovo De Mauro, dizionario
Internazionale online. Consultato il 15/07/2017.
32 http://cvc.cervantes.es/lengua/refranero/ficha.aspx?Par=59227&Lng=0 - AA. VV. Centro Virtual Cervantes, refranero
33 D. Cameron, Feminist and Linguistic Theory, Palgrave Macmillan, London and Basingstoke, 1985.
34 http://www.treccani.it/enciclopedia/concordanza_(La-grammatica-italiana)/ - AA. VV. Enciclopedia della lingua
italiana Treccani. Consultato il 18/07/2017.
sentimento che si accentua ulteriormente se nel gruppo di persone citate è da includersi anche il
soggetto parlante. In Spagna come in Italia sono state proposte varie guide per un linguaggio più
corretto e soprattutto più rispettoso delle questioni di genere. Tuttavia, è interessante notare come
sovente le soluzioni proposte siano state prese senza la consultazione di linguisti o di esperti del
mestiere. Inoltre, dette guide sono state oggetto di numerose critiche poiché si pensa che
l’incompatibilità delle soluzioni proposte non sia tanto riguardante il genere quanto di carattere
grammaticale. Il professor Ignacio Bosque, sul quotidiano El País, riporta l’esempio seguente:
Qualche settimana fa chiesi alle mie alunne di sintassi dell’Università Complutense se avrebbero accettato la frase
“Nessuno era contenta”. Nessuna di loro rispose affermativamente. […] una opzione è pensare che la RAE
dovrebbe proporla come corretta, promuovere il suo uso e contribuire in tal modo alla visibilità della donna nel
linguaggio. Un’altra opzione che alcuni, io compreso, consideriamo preferibile, consisterebbe nel comprendere
che l’irregolarità di questa frase non risiede nella società, bensì nella sintassi. Effettivamente, non sembra naturale,
‘chi era contenta?’ poiché consideriamo un complemento partitivo tacito (chi di loro? – riferito a donne), mentre
rifiutiamo “Nessuno era contenta” perché questo complemento viene rifiutato allo stesso modo in quel caso (ossia,
non diciamo Nessuna di loro – se ci riferiamo a un gruppo misto).35
Per quanto si possa pensare che tale premessa non abbia nulla a che fare con le abitudini socioculturali
di un paese, che inevitabilmente includono la sfera della paremia, è opportuno ricordare che “il
linguaggio non riflette il genere, ma è uno degli strumenti utilizzati nella creazione del genere”36. Il
genere si pone quindi come elemento fondamentale nella costruzione di una lingua e delle tradizioni
e abitudini che, durante tutta la storia, si rifletteranno nella comunicazione espressa dai parlanti di
tale lingua e ha quindi molto a che fare riguardo all’espressività di un gruppo di parlanti e, di
conseguenza, rispetto alle abitudini linguistiche di un popolo in una determinata lingua. Il celebre
linguista svizzero Ferdinand de Saussure asseriva che il genere non è altro che un fenomeno
esclusivamente formale e privo di contenuto. Tuttavia la consuetudine e gli esempi quotidiani che si
presentano in numerosissimi frangenti ci rivelano che il genere costituisce molto più di una semplice
categoria sintattica atta a definire le regole per un corretto accordo tra gli elementi interni ed esterni
a un sintagma. In sostanza, è possibile affermare che “Il genere non è soltanto una categoria
grammaticale che regola fatti puramente meccanici di concordanza, ma è al contrario una categoria
semantica che manifesta entro la lingua un profondo simbolismo”.37
Essendo un elemento che costituisce parte integrante della lingua, è dunque impensabile che la
questione di genere non incida anche sulla paremia di una determinata lingua; è possibile individuare
35 “Hace unas semanas pregunté a mis alumnas de sintaxis de la Universidad Complutense si aceptaban la
oración “Nadie estaba contenta”. Ninguna contestó afirmativamente. […] una opción es pensar que la RAE debería
darla por buena, fomentar su uso y contribuir con ello a la visibilidad de la mujer en el lenguaje. Otra opción, que
algunos consideramos preferible, sería entender que la irregularidad de esta frase no está en la sociedad, sino en la
sintaxis. Nos parece natural, en efecto, ¿Quién estaba contenta? porque interpretamos un complemento partitivo
tácito (¿Quién de ellas?), mientras que rechazamos “Nadie estaba contenta” porque este complemento se rechaza
igualmente en ese caso (es decir, no decimos “Nadie de ellas)”.
36 G. Saldanha, 2003, Investigating gender-related linguistic features in translation, in J. Santaemilia, “Género, lenguaje
R. Carloni, Note sulla questione del genere nella lingua italiana. Voyages, Journal of Contemporary Humanism, 2017,
38
39 R. Carloni, Note sulla questione del genere nella lingua italiana. Voyages, Journal of Contemporary Humanism, 2017,
Vol. 6, pag. 12.
40 J. Santaemilia, “Género, lenguaje y traducción”, Universitat de València/Dirección General de la Mujer, Valencia,
Passando a tempi più contemporanei, si propongono di seguito due spunti per la riflessione sulla
componente che inevitabilmente presenta il mancato rispetto della questione di genere in entrambe le
lingue:
Veramente gli applausi non furono generali a questo passo, e anzi qualche colpo di tosse partito da un angolo
fece voltare molte teste. «Voi mi direte,» proseguiva però l'oratore, «che questo programma è troppo vasto ed
eclettico; perché, secondo un proverbio, è impossibile avere ad un tempo la botte piena e la moglie ubriaca
(Ilarità). La botte piena, senza poterne spillare l'inebbriante liquore, rappresenterebbe una ricchezza inutile, e
tanto varrebbe che contenesse acqua o un altro fluido qualunque; ma quanto ad avere anche la moglie ubriaca,
sarebbe in verità troppa grazia: me ne appello a tutti i mariti. (Scoppio d'ilarità clamorosa, battimani vivi e
replicati.).42
Detta espressione viene utilizzata quando si vuole riferirsi a chi vorrebbe trarre profitto da due
situazioni all’opposto e, pertanto, incompatibili o altresì “cercare l’utilità senza spesa, [...] voler
conseguire due vantaggi tra loro contrastanti”43. Il significato letterale di tale espressione riporta al
doppio profitto tratto dall’uomo da una situazione che prevede la moglie ubriaca e, quindi, meno
incline al disturbo del marito riguardo alle sue azioni e ai suoi spostamenti e, al contempo, più incline
ad attività di compiacimento dello stesso, nonché al fattore positivo dell’avere ancora tutte le riserve
di vino senza che esse siano intaccate. È inevitabile la presenza della componente sessista e, se prima
si citava il Prof. Bosque che illustrava la scarsa correttezza sintattica al riportare al femminile ciò che
la consuetudine e le regole grammaticali vogliono al maschile, in questo specifico frangente non è in
19/07/2017.
nessun modo plausibile l’uso del detto in maniera “opposta”; il marito ubriaco non è in nessun
frangente sinonimo di quiete, di eliminazione di disturbi come lo è per la moglie e non è in alcun
modo garanzia di atteggiamenti di compiacimento di qualsivoglia natura, come invece lo si propone
per il caso del genere femminile.
[…] la frase proviene dai ricordi dei balli di paese o dalle festicciole private: il ragazzo carino e il ragazzo meno
carino vanno alla festa del paese limitrofo in cerca di conquiste. Arrivano alla piazza. La ragazza carina e la ragazza
meno carina aspettano. O ballano entrambe o non balla nessuna, ovviamente. Il ragazzo carino inizia a ballare con
la ragazza carina e, già si sa, all’altro tocca, per così dire, il ‘lavoro sporco’: ballare con la più brutta.45
Oltre al fatto di non poter essere impiegato nei confronti della donna così come nei confronti
dell’uomo, è interessante notare come, così come esistono due ragazze, una bella e una meno bella,
anche nel caso degli uomini uno dei due è bello mentre l’altro è meno bello. Il paragone viene sempre
ed esclusivamente fatto nei confronti dell’uomo meno bello a cui tocca il lavoro sporco, il compito
ingrato: “sorbirsi” la ragazza meno bella ed essere costretto a ballare con lei. È interessante proprio
perché nulla si sa dell’opinione o del sentimento positivo o negativo di detta ragazza nei confronti
del ragazzo più brutto, del “más feo” anzi, si potrebbe addirittura pensare che la ragazza non abbia
nessun diritto di lamentarsi della sua cattiva sorte, per così dire, ma debba al contrario ritenersi
fortunata poiché è stata comunque scelta.
Donna al volante pericolo costante
Mujer al volante peligro constante
Un ultimo esempio di unità fraseologica quanto mai sessista può essere reperita ancora oggi per
quanto riguarda il mondo dei motori. È interessante notare la perfetta corrispondenza dei due proverbi
nella lingua italiana e in quella spagnola. D’altronde, da sempre è risaputo che le auto, la guida e tutto
44 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 67. “La tarea más ingrata, la misión
que nadie quiere. Tocarle a alguien la peor parte”.
45 A. Buitrago, Diccionario de dichos y frases hechas, Espasa, Barcelona, 2015, pag. 67. “[…] la frase trae recuerdos de
bailes de pueblo y de guateques: chico guapo y chico menos guapo van a las fiestas del pueblo de al lado en busca de
ligues. Llegan a la plaza. Chica guapa y chica menos guapa esperan. O bailan las dos o no baila ninguna, claro. Chico
guapo se pone a bailar con chica guapa e, ya se sabe, al otro le corresponde el, por llamarlo de alguna forma, ‘trabajo
sucio’: bailar con la más fea”.
ciò che attorno a questo mondo ruota, siano appannaggio del genere maschile… tuttavia, senza
inoltrarsi in casi limite e portare a esempio nazioni e culture che vietano la guida alle donne, permane
inalterata la convinzione che le donne non siano capaci di guidare correttamente, men che meno di
parcheggiare o di compiere tutte quelle manovre di cui, si sa, l’esperto è l’uomo... Si veda come
questa convinzione e, di conseguenza, il relativo proverbio, siano più che mai attuali, nonostante varie
statistiche abbiano dimostrato negli anni che la percentuale maggiore di incidenti è causata da uomini
e varie società assicurative propongano alle donne premi inferiori nei loro contratti grazie proprio a
dette statistiche. Si tratta di un’ennesima convinzione assolutamente attuale, che non è stata persa nel
tempo come nel caso degli esempi precedenti e che, anzi, mantiene un alto consenso nel mondo
maschile contemporaneo.
Infine, dopo aver analizzato la questione di genere in unità fraseologiche ormai desuete e poi in unità
fraseologiche ancora di grande attualità, si propone uno spunto per la riflessione sull’uso di unità
fraseologiche attuali con una accezione anche per il genere femminile:
46 Tanto va el cántaro a la fuente que… ci lascia lo zampino! Frases hechas, modismos, dichos, refranes tradotti in lingua
italiana (a cura di Filippo Giuseppe di Bennardo). Ed. in stampa, Pag. 75. [trad. it. S. Bracchi, E. Gasparotto, S. Guatta]
di genere e si dimostra che la nostra abitudine a generalizzare e accordare tutto secondo il genere
maschile non è altro che una consuetudine perpetrata senza fermarsi a riflettere sulla visualizzazione
del genere femminile, una consuetudine che non è data che dalla nostra tradizione, dalla
sociolinguistica e da tutte le evoluzioni della lingua i cui principali responsabili, tuttavia, non sono
altro che i parlanti, una consuetudine che può essere soverchiata senza nulla modificare del senso e
dello spirito che le parole che diciamo e le frasi fatte che esse compongono vanno a veicolare,
soprattutto laddove non esistano vincoli grammaticali e di sintassi.
Conclusioni
Gli esempi potrebbero essere infiniti, così come le discussioni sull’importanza delle questioni di
genere all’interno di una lingua che già in partenza prevede che sia il genere maschile a fungere da
riferimento. Tuttavia, gli elementi analizzati permettono di trarre alcune conclusioni: la lingua italiana
e la lingua spagnola presentano un livello di impiego delle unità fraseologiche intese come modi di
dire, proverbi, frasi fatte e detti molto diverso; se l’apprendimento della lingua italiana da parte di un
apprendente straniero può prescindere, almeno nei primi passi, dalla conoscenza di tali locuzioni,
riservandole per un apprendimento successivo, l’apprendente straniero che si trova a imparare la
lingua spagnola deve imprescindibilmente combinare lo studio della parte più “classica” della lingua
con quello delle unità fraseologiche, alle quali si dovrà confrontare sin da subito, poiché esse
consistono in un vero e proprio fondamento della lingua, ancor più se parlata, essendo usate per
descrivere ogni tipo di situazione, come interiezioni e come vere e proprie sostitute di frasi intere, di
concetti e di interi significanti.
Nell’ottica di apprendere quante più unità fraseologiche, nel caso di una loro traduzione e, in ogni
caso, quali parti integranti della lingua spagnola, è quanto mai importante poter determinare la loro
provenienza, in base alle caratteristiche che più contraddistinguono un paese e le abitudini, le
tradizioni e le pratiche sociolinguistiche che definiscono il popolo che lo abita, poiché è proprio il
popolo di ieri e di oggi che con la sua storia ha creato, plasmato, veicolato e tramandato i messaggi
contenuti nelle unità fraseologiche, veri e propri spaccati della vita che permettono di riassumere un
concetto intero in un numero esiguo di parole, spesso anche in maniera molto migliore di quanto
possa essere fatto da una perifrasi appositamente costruita.
Si può inoltre affermare che le unità fraseologiche molto contengono e veicolano anche di tutto quanto
concerne i pensieri, i sentimenti e la visibilità che riguardano il genere e tutte le problematiche a lui
correlate. Spesso e volentieri, tradizione e rispetto in misura minore o maggiore della visibilità del
genere femminile coincidono, così come l’impostazione che ha ricevuto una società e tutte le
caratteristiche sociolinguistiche in essa insite che le hanno dato forma, sin dai primi sviluppi.
Molti passi avanti sono stati fatti per quanto riguarda il genere e la sua presenza all’interno dei costumi
sociolinguistici e, nella fattispecie, fraseologici. Tuttavia, si ritiene che possano essere presi in
considerazione i presenti spunti per una riflessione di portata maggiore al riguardo affinché, evitando
insulsi paragoni tra il genere maschile e quello femminile, si possa arrivare alla compresenza di essi
nell’immaginario collettivo, alla equa visibilità di due componenti inestimabili di una società e di una
nazione senza la cui coesistenza si perderebbe un patrimonio, linguistico e non, di inestimabile valore.
Bibliografia
Sitografia