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ABC 1

PERSONE, ATTIVITÀ ECONOMICA, ECONOMIA


AZIENDALE
A cura di:
Matteo Sturla
Mario Russo
Erica Mucci
Giulia Gargiulo
Gianluca Segreto

1.1 L’ATTIVITÀ ECONOMICA

ECONOMIA: dal greco οἶκος (casa)+ νόμος (norma), è la scienza che studia le modalità di
allocazione di risorse limitate tra usi alternativi, al fine di massimizzare la soddisfazione dei
consumatori.
ECONOMIA AZIENDALE: è la branca dell’economia che studia le tecniche, i processi di
produzione e consumo dell’azienda, nonché l’aspetto scientifico della gestione aziendale.

Le persone, in quanto diverse tra loro, perseguono un insieme eterogeneo di fini. Tali fini si
esprimono sotto forma di bisogni, che trovano la propria soddisfazione nell’ATTIVITÀ
ECONOMICA, ovvero la produzione e il consumo di beni economici. Ogni individuo umano è al
centro degli studi economici, dal momento che l’attività economica è fatta dalle persone per le
persone.

I BISOGNI E I BENI
Ogni persona svolge un’attività economica dedita al soddisfacimento di determinati bisogni che
è così schematizzabile:
PERSONE à FINI à BISOGNI à BENI à ATTIVITA’ ECONOMICA

I bisogni sono innanzitutto dovuti ad un senso di mancanza è sono distinguibili in:


1)BISOGNI NATURALI, suscitati dalla componente biologica delle persone;
2)BISOGNI SOCIALI, comprendenti i bisogni etici, sociali, estetici e religiosi.
Entrambe le categorie sono a loro volta divisibili in:
1)BISOGNI ESSENZIALI (o PRIMARI)
2)BISOGNI VOLUTTUARI (o SECONDARI), ovvero quei bisogni derivanti da processi imitativi
come la
moda. Sono i bisogni più facilmente suscitabili e modificabili.

A. Maslow, nel 1954, ha formulato una gerarchia piramidale dei vari bisogni. Solo soddisfacendo
le categorie alla base si può assistere all’emergere di nuovi bisogni di livello successivo.

L’elemento di soddisfazione del bisogno, come abbiamo detto, è definito bene.


La prima grande distinzione di categoria di beni consiste nella differenza tra BENI ECONOMICI,
ovvero le merci e i servizi scarsi rispetto alle esigenze delle persone, e BENI LIBERI, ovvero
quei beni non soggetti al limite di scarsità.
Nel complesso, ogni bene è identificabile in ognuna di queste 7 categorie:
• Economici (scarsi) vs Liberi (non scarsi)
• Primari (bisogni primari) vs Voluttuari (bisogni secondari)
• Complementari vs Fungibili (stessa funzione) rispetto a un altro bene
• Differenziabili (qualità differenzianti) vs Commodities (non migliorabile)
• Di Consumo (prodotto finale) vs Strumentali (per produrre altri beni)
• Ad Utilizzo Singolo vs Durevoli (plurimi utilizzi)
• Privati e Pubblici
ES: una panchina in uno spazio pubblico sarà un bene libero, primario (soddisfa il bisogno
primario di riposo), fungibile rispetto a una sedia, di commodity (non esistono panchine migliori
di altre), di consumo, durevole e pubblico.

LE ATTIVITÀ ECONOMICHE DI PRODUZIONE E CONSUMO


L’attività economica consiste, secondo definizione, in tutte le operazioni di produzione
(trasformazione), negoziazione e consumo dei beni economici;
1)TRASFORMAZIONE, tra cui spicca quella tecnica (fisica, spaziale e logica);
2)NEGOZIAZIONE, sono operazioni strettamente complementari alle attività di trasformazione
tecnica, e
hanno generalmente beni privati/mezzi monetari come oggetto;
2)CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE, ORGANIZZAZIONE, RILEVAZIONE
(trattati nel cap. 3).

LA PRODUZIONE ECONOMICA, DI BENI E DI REDDITI


Tutte le imprese svolgono attività di PRODUZIONE ECONOMICA, ovvero l’insieme delle attività
svolte all’interno dell’azienda (approvvigionamento, marketing, vendita…).
Non tutte le imprese attuano PRODUZIONE DI BENI (merci o servizi): le aziende commerciali,
di credito e assicurazione si limitano alla NEGOZIAZIONE, rispettivamente, di beni, crediti, e
rischi.

La produzione economica non è il fine dell’impresa, bensì la FUNZIONE CARATTERISTICA che


essa svolge nelle economie di mercato; il vero fine dell’impresa è la PRODUZIONE DI
RIMUNERAZIONI E DI REDDITI, e la produzione economica il mezzo per pervenirvi.
Il capitale può essere di due tipi: “di rischio” quando si parla dell’investimento degli azionisti, “di
prestito” quando si parla di un investimento ricevuto in prestito da istituti di credito (es. banche)

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LE CONDIZIONI DI PRODUZIONE
L’attività economica si attua con l’impiego delle CONDIZIONI DI PRODUZIONE, ovvero l’insieme
di tutti quegli elementi che, direttamente o indirettamente, contribuiscono in favore o ostacolo
alla produzione economica dell’impresa (es. materie prime, impianti). Le condizioni primarie di
produzione per un’impresa sono:
• Il lavoratore che offre lavoro all’impresa in maniera continuativa;
• Il capitale risparmio conferito a titolo di rischio.

1.2 LE PERSONE E I GRUPPI DI PERSONE

LA PERSONA UMANA E L’”HOMO OECONOMICUS”


Per svolgere studi economici gli economisti basano le loro ipotesi su due modelli di uomo:
1) HOMO OECONOMICUS. Egoista, autonomo, motivato dal reddito e razionale. Esso
agisce secondo il modello di razionalità assoluta:
• Problema e obiettivi perfettamente chiari
• Tutte le informazioni disponibili nell’immediato
• Scenari futuri perfettamente noti
• Alternative perfettamente confrontabili
• Decisore unico e isolato
2) PERSONA UMANA. È la trasposizione realistica dell’homo oeconomicus: fa parte di
società umane, concepisce l’attività economica come mezzo, non come fine e dà grande
importanza a solidarietà e lealtà. Egli opera secondo il modello di razionalità limitata:
• Attese iniziali
• Ricerca esplorativa e prime soluzioni
• Valutazione
• Aggiustamento delle attese
• Ulteriore valutazione
• Scelta

LA MASSIMIZZAZIONE DEL BENESSERE INDIVIDUALE


Le persone, attraverso le loro azioni, cercano di massimizzare il benessere proprio e della
società. Queste azioni, anche dette scelte, sono prevedibili e influenze da fattori esterni o
interni ben definiti che modificano le preferenze dei singoli. Questi sono:
1) Bisogni umani fondamentali
2) Caratteristiche dei beni fruibili in quel periodo
3) CAPITALE PERSONALE (esperienze passate)
4) CAPITALE SOCIALE (valori comuni alla società)
L’unione del capitale personale e del capitale sociale forma il CAPITALE UMANO
COMPLESSIVO che è quel tipo di capitale favorevole al progresso economico e sociale.

LA RAZIONALITÀ ASSOLUTA E LIMITATA


Per svolgere attività economica ogni individuo è posto di fronte a scelte e decisioni. Nel caso
delle scelte individuali abbiamo due modelli diversi:
1) Modello secondo RAZIONALITÀ ASSOLUTA: l’individuo sa cosa fare, ha tutte le
informazioni, conosce tutti i possibili scenari futuri e riesce a confrontare in
contemporanea tutte le alternative. E’ impossibile riscontrare questo modello nella realtà
in quanto non si può mai disporre di tutte queste caratteristiche allo stesso tempo.

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2) Modello secondo RAZIONALITÀ LIMITATA (Herbert Simon): l’individuo ha delle
aspettative iniziali quindi inizia una prima ricerca seguita da una valutazione delle varie
opzioni e da una rivalutazione delle attese iniziali che sono modificate. Questa ricerca si
concluderà con una scelta, dovuta a fattori esterni tali la mancanza di tempo o altre risorse,
che è detta scelta soddisfacente.

I GRUPPI SOCIALI, LE NORME, I RUOLI


Spesso gli individui non scelgono singolarmente e si uniscono in società umane dette
GRUPPI SOCIALI (composti da 3 a 7 persone). Essi sono caratterizzati da:
• Una formazione spontanea tra persone che interagiscono tra loro;
• Una composizione fatta da persone con uguali valori di fondo;
• Degli obiettivi comuni a tutti i membri;
• Una struttura sociale interna propria;
• Delle norme rispettate da tutto il gruppo;
• Dalla coesione e dalla durevolezza data da un equilibrio nel gruppo (nel caso venisse a
mancare questo equilibrio il gruppo si scioglierebbe).

Nonostante i membri del gruppo siano tutti pari tra di loro c’è bisogno di un leader che guidi
il gruppo. Questa carica porta alla formazione di aspettative nei confronti di quella persona
e del ruolo che ricopre (il ruolo è il sistema delle attese che convergono su una persona).
Dato che la maggior parte delle persone fa parte di più gruppi sociali il loro comportamento
sarà influenzato in modi diversi e ci possono essere spesso tensioni di ruolo tra i vari gruppi.

PROCESSI DECISIONALI COLLETTIVI


Spesso quando ci si trova in un determinato gruppo sociale si devono affrontare problemi
che vengono risolti attraverso l’utilizzo di risorse (come tempo e denaro) da più persone
contemporaneamente. Per capire meglio questo processo decisionale Cohen, March e
Olsen hanno ideato il GARBAGE CAN MODEL, ovvero quel modello secondo il quale tutti i
membri del gruppo si riuniscono in occasioni di decisione dove vengono esposti i
problemi e le soluzioni i quali vengono poi classificati in ordine di rilevanza e
successivamente risolti.
Dato che tutte le decisioni individuali devono essere coerenti (avere lo stesso scopo) si
seguono delle regole organizzative, dette anche ROUTINE, che portano alla circoscrizione
e alla semplificazione del problema.

COOPERAZIONE, OPPORTUNISMO, FIDUCIA, ALTRUISMO


Ogni persona tende a collaborare con le altre del suo gruppo sociale in modo da
massimizzare i profitti e il benessere generale; purtroppo nella società odierna ci sono molte
possibilità di avere comportamenti opportunistici. I due tipi di comportamenti sopracitati
sono alla base delle due teorie autoverificanti di McGregor. Queste due teorie affermano
che:
•TEORIA X: a seguito di comportamenti opportunistici si adotteranno misure restrittive nei
confronti dell’individuo che non lo inciteranno a modificare i suoi atteggiamenti e quindi non
si arriverà ad un miglioramento;
•TEORIA Y: a seguito di comportamenti scorretti l’individuo in questione sarà
responsabilizzato fino ad un suo cambio di atteggiamento nei confronti dell’impresa e
quindi si arriverà ad un miglioramento.

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1.3. L’ECONOMIA AZIENDALE

PRINCIPI GENERALI
Come già detto, l’economia aziendale è la branca dell’economia che studia le tecniche, i
processi di produzione e consumo dell’azienda, nonché l’aspetto scientifico della gestione
aziendale.
L’oggetto proprio dell’economia aziendale si identifica assumendo come centro di
riferimento le attività economiche svolte dalle aziende, ovvero l’ORDINE ECONOMICO delle
imprese, che rappresenta il sistema degli accadimenti economici all’interno di esse.

L’economia aziendale studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita di


un’impresa. Queste sono classificabili in 3 macrotemi:
1)Gestione: tratta problematiche di processi e operazioni economiche;
2)Organizzazione: tutto ciò che riguarda problematiche amministrative nelle imprese;
3)Rilevazione: tutto ciò che è inerente all’aspetto quantitativo dei fenomeni aziendali.

La GESTIONE AZIENDALE è invece l’insieme di tutte le decisioni fatte per raggiungere un


obiettivo prefissato, e si compone di tre tipologie decisionali:
Decisioni strategiche, generalmente di lungo termine;
Decisioni tattiche, focalizzate sul breve termine (es. Marketing);
Decisioni operative volte al brevissimo termine.

INNOVAZIONE ECONOMICA E TECNOLOGICA


Il principio fondamentale dell’economia, come già detto, è quello di “utilizzare al massimo
dell’efficienza risorse scarse”. Secondo un’interpretazione statica ed erronea, questo vorrebbe
dire “dati beni scarsi, si tratta di ottimizzarne le combinazioni nella produzione e nel consumo”;
ma ciò che in realtà si intende è che “si tratta di massimizzare la disponibilità dei beni”.
Questo obiettivo è raggiungibile grazie all’innovazione, ovvero alla ricerca continua di modalità
di produzione più convenienti.
Si noti che l’innovazione economica differisce dall’innovazione tecnologica: benché esse
tendano a manifestarsi congiuntamente, la prima comporta un miglioramento logico, l’altro un
miglioramento tecnico.

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ABC 2 ISTITUTI, AZIENDE, SPECIALIZZAZIONE
2.1 GLI ISTITUTI

SOCIETÀ UMANE, BENE COMUNE, ISTITUZIONI E ISTITUTI


Per natura propria gli esseri umani tendono ad organizzarsi in gruppi e società umane in
modo da:
1) Produrre risultati non attuabili individualmente;
2) Soddisfare i bisogni di socialità attraverso le relazioni;
3) Perseguire il bene comune, inteso come agevolatore dell’attività dei membri.
La vita delle persone all’interno della società è caratterizzata dal sorgere ed evolversi di
ISTITUZIONI, ovvero norme di comportamento relativamente stabili. Le società umane che
assumono caratteri di istituzioni, ossia norme di comportamento relativamente stabili, si
dicono ISTITUTI.

Gli istituti sono produttori di RENDITA ORGANIZZATIVA (cooperazione per produrre un


vantaggio economico) e RISULTATO RESIDUALE (parte delle remunerazioni che vengono
divise tra i vari membri), positivo o negativo.

Schematicamente si può dire che gli istituti:


• Sono organizzati da particolari regole, uguali per tutti i membri;
• Sono duraturi nel tempo;
• Hanno un permanere dinamico;
• Sono basati sulla cooperazione;
• Hanno un fine comune;
• Sono autonomi.

In ultima istanza, si possono individuare quattro tipologie d’istituto, contrapposti tra loro due
a due, come nel seguente schema:

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GLI ISTITUTI, LE AZIENDE, GLI AGGREGATI DI AZIENDE
Tutti gli istituti sono caratterizzati dal fine generale che è la produzione di remunerazioni;
quando si parla di AZIENDA si parla dell’ordine strettamente economico di un istituto.
Le principali tipologie d’azienda sono 4 -ognuna corrispondente a uno degli istituti prima
descritti- e si distinguono per assetto e fine immediato:
1) L’azienda familiare di consumo e di gestione patrimoniale ha come fine immediato il
soddisfacimento dei bisogni dei membri della famiglia;
2) L’azienda di produzione ha come fine immediato la produzione di rimunerazioni;
3) L’azienda composta pubblica ha come fine la produzione ed il consumo di beni
pubblici;
4) L’azienda non-profit ha come fine la produzione di remunerazioni e consumo dei beni
privati.

2.2. LE AZIENDE, ORDINE ECONOMICO DEGLI ISTITUTI

AZIENDE FAMILIARI DI CONSUMO E GESTIONE PATRIMONIALE


La famiglia è un istituto che ha finalità di ordine sociale, etico e religioso; il fine economico,
in particolare, è l’appagamento dei bisogni propri dei suoi componenti.
• Il fine economico istituzionale è invece il soddisfacimento dei bisogni attuali o futuri dei
membri della famiglia. Tra i fini economici non istituzionali rientra invece la rimunerazione di
tutti i suoi collaboratori esterni (servizi di pulizia domestica, parenti…)
• Il sistema degli accadimenti nell’azienda familiare si compone di processi di consumo e
gestione patrimoniale, da cui la dizione utilizzata come titolo di questo capitolo.
• Il patrimonio si compone dei beni conferiti al momento della costituzione della famiglia,
delle eredità e dei risparmi.
• Il reddito dell’azienda familiare è in gran parte di derivazione dal lavoro prestato in aziende,
istituti pubblici o svolto in autonomia.
• La partecipazione all’attività economica degli istituti pubblici avviene tramite il pagamento
di tributi.

AZIENDE DI PRODUZIONE
Si definisce IMPRESA un istituto nel quale, alla produzione economica, corrisponde il
formarsi di costi e ricavi unitari di mercato.
L’impresa è un istituto con dominanti caratteri e finalità di tipo economico, che partecipa al
raggiungimento del bene comune della società umana, e in essa gioca un ruolo
fondamentale

• Il fine economico immediato è generalmente da identificarsi con la produzione di


rimunerazioni.
•Gli interessi economici istituzionali fanno generalmente capo ai prestatori di lavoro e ai
conferenti capitale di rischio: ad essi sono destinate le rimunerazioni prodotte
dall’impresa. Anche gli interessi economici non istituzionali giocano un ruolo fondamentale,
si veda ad esempio il caso dei fornitori o dei clienti.

AZIENDE COMPOSTE PUBBLICHE


Le famiglie e le altre società di persone si compongono a sistema in comunità politiche
nazionali. La finalità di una comunità politica nazionale è la realizzazione del progresso
sociale e spirituale dei suoi membri.
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Ogni stato si articola in varie amministrazioni, tra cui grande importanza assumono gli
istituti pubblici territoriali (che, per convenzione, si assumono come sintesi della vasta
gamma di istituti pubblici).
• I fini economici immediati sono la rimunerazione dei prestatori di lavoro e l’appagamento
dei bisogni pubblici, mediante sia la produzione di beni pubblici -tra cui servizi-, sia il loro
consumo (da qui la dizione di aziende composte).
• I portatori di interessi economici istituzionali sono tutti i membri delle corrispondenti unità
politiche e i prestatori di lavoro; inoltre non si configurano conferimenti di capitale di rischio,
ma solo di prestito.
• I portatori di interessi economici non istituzionali assumono anche qui grande importanza:
i più importanti sono i fornitori e i conferenti capitale di prestito.

LE COMBINAZIONI ECONOMICHE DI ISTITUTO


IL SISTEMA DEGLI ACCADIMENTI E LE COMBINAZIONI ECONOMICHE
L’economia aziendale studia le attività economiche che si svolgono negli istituti: possiamo
definire una unità elementare per analizzare le aziende che prende il nome di “operazione”
(es: operazione di acquisto, operazione di vendita…). L’insieme delle operazioni
economiche svolte in un istituto costituisce le combinazioni economiche generali dell’istituto.
Le operazioni che hanno lo stesso “oggetto”, dove per oggetto intendiamo la finalità,
vengono aggregate in processi.
Tutto il discorso riguardante le combinazioni economiche è inserito all’interno del sistema
degli accadimenti, cioè all’insieme di tutte le azioni, di natura sia economica che non
economica, che avvengono nell’azienda.
Definiamo come sistema delle operazioni l’insieme delle attività svolte dalle persone che
fanno parte del personale dell’azienda, finalizzate ad uno specifico scopo che può essere
di natura produttiva o di consumo.
3.2 L’articolazione delle combinazioni economiche delle imprese
3.2.1 Le coordinazioni economiche parziali e le negoziazioni: il quadro di insieme
Possiamo aggregare i processi in coordinazioni parziali e in combinazioni parziali.
Per coordinazioni parziali intendiamo l’insieme dei processi che un azienda può svolgere
finalizzati alla stessa area, che prende il nome di “funzione”: funzione di ricerca e sviluppo,
funzione di produzione e funzione commerciale sono alcuni esempi di operazioni diverse
accomunate da competenze specialistiche.
Possiamo classificare le coordinazioni economiche in sottoinsiemi di operazioni:
• Operazioni di configurazione dell’assetto istituzionale: sono le operazioni che
determinano la nascita, il disegno di base, le trasformazioni e la cessazione
dell’istituto. Per assetto istituzionale intendiamo quindi tutte quelle scelte relative
all’organizzazione del capitale, dei soci, della vita e dei soggetti di interesse di
un’impresa
• Operazioni di gestione: operazioni finalizzate alla produzione economica
o La gestione caratteristica: insieme delle operazioni che identificano la funzione
tipica economica e tecnica che contraddistingue un’azienda: se parliamo di
un’impresa agricola, la gestione caratteristica è l’insieme dei processi che
portano l’impresa a produrre e a vendere il prodotto della terra.

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o La gestione finanziaria: insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno
finanziario. Per sostenere l’impresa e soprattutto per avviarla è necessario il
capitale “proprio” e il capitale di “prestito”. Si occupa principalmente di
sostenere i costi dell’impresa.
o La gestione patrimoniale: insieme delle operazioni di investimento di risorse
monetarie che sono “eccedenti” rispetto alla gestione caratteristica, parliamo
quindi di liquidità connessa a investimenti per l’impresa.
o La gestione assicurativa: si occupa di coprire dei rischi particolari che possono
essere presenti in un’impresa.
o La gestione tributaria: operazioni volte al pagamento dei tributi nei confronti
dello Stato
• Operazioni di organizzazione: è la base dell’efficienza aziendale composta da due
punti fondamentali
o Progettazione dell’assetto organizzativo: chi deve fare cosa, chi dipende da
chi, è la struttura organizzativa dettagliata dell’azienda.
o Gestione dei prestatori di lavoro: Gestione dei costi, della selezione, della
carriera ecc. relativa al personale dell’impresa.
• Operazioni di rilevazione: Attività di raccolta, elaborazione, conservazione e
diffusione dei dati e delle informazioni necessarie a compiere delle scelte sia
all’interno dell’azienda sia nei confronti dell’esterno (contabilità dell’impresa, valida
non solo per scelte interne ma anche per chi, da fuori, vorrebbe investire)
Coordinazioni in dettaglio: il profilo reddituale e monetario
Tutte le gestioni che sono state elencate presentano certamente costi e ricavi e insieme
concorrono a determinale il risultato reddituale di un’impresa e possono pesare in maniera
diversa sugli utili e sulle perdite.
Classifichiamo quindi le gestioni come attive, (caratteristica e patrimoniale), se
contribuiscono a generare introiti, passive (finanziaria, assicurativa, tributaria) se invece
assorbono parte del reddito.
Il profilo reddituale è definito come il formarsi dei costi e dei ricavi, risultato appunto delle
gestioni; Il profilo monetario, strettamente connesso al precedente ma non coincidente, è
invece l’insieme dei flussi di entrate e uscite, risultato dei pagamenti o delle riscossioni avute
grazie alle negoziazioni.
Tutte le classi di attività comportano lo svolgimento di attività interne e attività esterne
(relazioni con altri istituti economici). Le negoziazioni servono per acquisire le condizioni di
produzione e per cedere i prodotti (e le correlate condizioni di produzione). Vi sono diversi
tipi di negoziazioni che riguardano: beni privati, beni pubblici, lavoro, capitale di rischio,
capitale di prestito, rischi “particolari”.
I mercati sono imperfetti e la razionalità degli individui è comunque limitata e ciò non
permette alle negoziazioni di essere svolte in condizione di perfetta trasparenza ed equilibrio
tra le parti, ma i concetti essenziali da valutare per una visione non troppo “ingenua”,
intendiamo quindi una negoziazione il più possibile bilanciata tra le parti, sono: costi di
transizione, asimmetria informativa, investimenti specifici e forza contrattuale.

LE COMBINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI


Le combinazioni economiche parziali sono definite come insieme di processi di specie
diversa, relative però ad un’area d’affari comune: un’impresa che opera in più business,
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appunto in più aree d’affari, ha la necessità di gestire in maniera separata i processi relativi
a prodotti distinti attraverso combinazioni economiche parziali.

LE VARIANTI PER DIFFERENTI CLASSI DI IMPRESE


Le combinazioni economiche delle imprese sono riconducibili a: operazioni che servono per
acquisire gli input necessari per la produzione, operazioni che servono per trasformare gli
input in output cedibili ai clienti, operazioni che servono per cedere ai clienti i beni offerti
dall’impresa e operazioni di impostazioni e di governo della complessiva attività aziendale.

COMBINAZIONI ECONOMICHE NELLO STATO


3.3.1. IL RUOLO DELLO STATO
Lo Stato svolge un ruolo essenziale nei sistemi economici intervenendo secondo più
modalità: producendo direttamente o indirettamente beni pubblici o privati, regolamentando
la produzione o il consumo di altri beni, imponendo tributi e ridistribuendo la ricchezza. Esso
interviene quando: un bene economico e considerato politicamente critico e quando
lasciando la sua produzione a imprese private si otterrebbero esiti negativi dal punto di vista
politico.
Lo Stato interviene se il mercato è inefficiente e quindi perché:

1. esistono beni pubblici puri: sono beni senza rivalità nei consumi e non escludibili (difesa
nazionale).

2. si formano mercati non concorrenziali: in particolare i monopoli naturali, infatti senza
controlli le imprese private ne trarrebbero vantaggi indebiti, perciò interviene lo Stato come
produttore o come regolatore.

3. esistono esternalità positive/negative: quando un soggetto compie un’azione che ha
effetti positivi o negativi su un altro soggetto senza che quest’ultimo paghi per tale effetto o
riceva un indennizzo.
Le imprese private tendono ad appropriarsi di esternalità positive e a
scaricare esternalità negative, lo Stato interviene come produttore o come regolatore.

4. esistono mercati incompleti: quando spazi di mercato sono lasciati vuoti dalle imprese
che li giudicano non attraenti (troppo piccoli o rischiosi) e che invece secondo lo Stato sono
critici.

5. esistono asimmetrie informative: quando i beni sono complessi e difficili da giudicare ex-
ante (sanità, istruzione), il consumatore può preferire un fornitore pubblico.
 Oppure anche
se esistono mercati perfetti per:

6. ridistribuire il reddito: se la distribuzione dei redditi è giudicata politicamente non valida
dallo Stato, questo può rendere accessibili beni critici a prezzi non di mercato, o
producendoli direttamente o distribuendo sussidi o incentivi.

7. imporre il consumo di beni di merito: lo Stato incentiva il consumo di beni giudicati
politicamente importanti ma che i cittadini non percepiscono come tali.
8. garantire uno Stato
di diritto: in generale, lo Stato interviene con le leggi per far sì che l’attività economica si
svolga correttamente.

3.3.1. COMBINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI


La struttura delle combinazioni economiche può essere rappresentata attraverso l’incrocio
di due dimensioni: - le aree di intervento: combinazioni parziali corrispondenti ad insiemi di
bisogni pubblici, definibili anche come finalità o prodotti dello Stato.
- le aree di gestione:
insieme delle attività di varia natura svolte dallo Stato per il perseguimento delle finalità.
Le tipiche aree di intervento dello Stato sono: difesa nazionale, giustizia, sicurezza pubblica,

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relazioni internazionali, istruzione e cultura, assistenza e previdenza, sanità, trasporti e
comunicazioni, sviluppo economico. In ciascuna di queste interviene offrendo una pluralità
di prodotti destinati a varie categorie di cittadini (prodotti, destinatari, aree geografiche).
3.3.2. COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI
Le coordinazioni economiche parziali dello Stato sono riconducibili a:

- CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE: il suo assetto istituzionale si
evolve ogni volta che cambiano le aree nelle quali deve intervenire, i rapporti da configurare
con i prestatori di lavoro, le forme dirette e indirette con cui realizzare la produzione e
l’erogazione dei beni pubblici, l’interazione con altre pubbliche amministrazioni,
l’impostazione del sistema fiscale, le relazioni con i cittadini attraverso gli organi elettivi ed
amministrativi.

- GESTIONE:

a. gestione caratteristica: la gestione caratteristica dello Stato si svolge in tre classi di
operazioni:
- produzione diretta o indiretta di beni: può decidere di produrre sia beni pubblici
puri, sia beni privati o misti, sia in maniera diretta (proprio lo Stato) sia in maniera indiretta
(attraverso imprese che possiede). I costi possono essere coperti attraverso tasse o tariffe
correlate all’utilizzo del bene, imposte non correlate o tariffe proporzionate ai costi.
-
emanazione di leggi e regolamenti: in generale può essere considerata come l’attività
essenziale degli istituti pubblici ed influenza il soddisfacimento dei bisogni pubblici, si
distinguono le norme che impongono divieti, autorizzazioni, e regole di comportamento e le
norme che impongono la produzione di beni pubblici da parte di soggetti privati.
-
trasferimenti di mezzi monetari: assegnazione di una parte di mezzi monetari raccolti dallo
Stato ad istituti che non fanno parte della pubblica amministrazione, sia volti ad attuare
ridistribuzioni di ricchezza sia volti a finanziare attività o ad adottare comportamenti giudicati
di interesse pubblico.

b. gestione finanziaria: è molto rilevante, spesso lo Stato e gli istituti pubblici non riescono
a coprire i loro costi con le entrate tributarie e devono coprire i loro deficit ricorrendo
all’indebitamento. Il fabbisogno finanziario dello Stato può essere soddisfatto con varie
forme di debiti di finanziamento (emissione di titoli di debito pubblico).

c. gestione patrimoniale: si compone di operazioni di investimento e di disinvestimento in
beni da reddito e rivalutazione finalizzate alla produzione di ricavi addizionali a quelli della
gestione caratteristica. Di solito lo Stato e gli altri istituti pubblici sono in deficit, ossia non
dispongono di risorse da dedicare alla gestione patrimoniale.

d. gestione assicurativa: si svolge con modalità analoghe a quelle delle imprese dovendo
coprire numerose classi di rischi particolari. In alcuni casi lo Stato diviene anche
l’assicuratore a favore di famiglie, imprese, istituti non-profit a fronte di particolari eventi
dannosi quali le calamità naturali.

e. gestione tributaria: svolge due gestioni tributarie: una gestione tributaria passiva, nella
quale lo Stato paga varie categorie di tributi, e una gestione tributaria attiva. Questa si
compone dei processi di definizione delle caratteristiche e dei livelli dei tributi, di
accertamento, di prevenzione e repressione dell’evasione fiscale, di riscossione. Può anche
essere vista come parte della gestione caratteristica, costituendo il corrispettivo (nelle
diverse forme nelle quali si possono classificare i tributi: prezzi, tariffe, imposte) della
produzione ed erogazione dei servizi pubblici.
- ORGANIZZAZIONE: queste operazioni sono simili a quelle delle imprese, si tratta di
impostare la struttura organizzativa e i sistemi operativi in modo da assicurare efficienza,
motivazione e flessibilità. Due importanti differenze rispetto alle imprese sono: il delicato
rapporto tra organi politici eletti dai cittadini e gli organi amministrativi formati da tecnici, il
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prevalere del principio della legalità (applicazione uniforme della legge) rispetto a quello
dell’imprenditorialità (soluzioni varie e sempre nuove).
- RILEVAZIONE: sono più complesse rispetto a quelle delle imprese in quando devono
rappresentare anche le dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati dello Stato.

3.4. COMBINAZIONI ECONOMICHE NELLA FAMIGLIA

3.4.1. IL RUOLO DELLA FAMIGLIA


Le famiglie sono i protagonisti essenziali dell’attività economica, sono gli istituti nei quali si
compie la gran parte dell’attività economica di consumo, inoltre è l’istituto nel cui ambito si
svolgono alcune parti essenziali della produzione economica, e dove si predispongono le
condizioni necessarie per il soddisfacimento dei bisogni delle persone.
Nei sistemi economici evoluti, le famiglie esternalizzano molte attività di produzione
precedentemente svolte dai propri membri, mentre si svolgono all’interno della famiglia le
attività che dal punto di vista morale ed etico sono considerate critiche (educazione,
assistenza), dal punto di vista tecnico non comportano rilevanti diseconomie di
specializzazione e di dimensione.

3.4.2. COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI


Le coordinazioni economiche parziali delle famiglie sono riconducibili a:
-
CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE: in quanto istituto sociale e primario,
la famiglia non comporta fondamentali scelte di configurazione dell’assetto istituzionale;
tuttavia, alcune scelte critiche riguardano il regime patrimoniale tra i coniugi, le relazioni
economiche con le famiglie di parenti e affini, eventuali affidamenti e adozioni, la
suddivisione del lavoro interno ed esterno, le relazioni con coloro che prestano lavoro
domestico.

- GESTIONE:

a. gestione caratteristica: è composta essenzialmente da:
- attività di produzione di redditi
mediante il lavoro esterno
- attività di lavoro interno alla famiglia
- attività di consumo:
comprende un complesso insieme di operazioni di produzione a cui si applicano grandi
volumi di lavoro interno: negoziazioni di acquisto di beni, operazioni di trasformazione
tecnica dei beni di consumo, negoziazioni di beni pubblici e operazioni di pagamento.

b. gestione finanziaria: è formata dalle operazioni di negoziazione di credito di prestito
(mutui, credito al consumo) che fanno sorgere i debiti di finanziamento e dai connessi
pagamenti di quote capitale ed interessi.

c. gestione patrimoniale: consiste nell’impiego di risparmio in investimenti (titoli, immobili
da reddito) destinati a produrre redditi addizionali rispetto a quelli derivanti dal lavoro
esterno, dipende fortemente dalle scelte di consumo e risparmio (in questo caso può essere
considerata come parte della gestione caratteristica). Si attua come combinazione di una
vasta gamma di operazioni: operazioni di investimento di mezzi monetari, acquisti di beni di
uso durevole da reddito e da rivalutazione, operazioni di negoziazioni di rischi particolari
connessi agli investimenti, operazioni di pagamento e riscossione, operazioni di impiego e
amministrazione degli investimenti e operazioni di fruizione dei beni pubblici.

d. gestione assicurativa: sia sulla vita dei singoli membri sia a copertura di danni
particolare alle cose (abitazione, furti, responsabilità civile) è spesso presente nella gestione
familiare.

e. gestione tributaria: consiste nelle operazioni di accertamento, di liquidazione e di

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pagamento di vari tipi di tributi (imposte, tasse e contributi a fronte del diritto di accedere ai
beni prodotti dallo Stato).
- ORGANIZZAZIONE: dato in numero di persone componenti la famiglia non si presentano
particolari problemi di progettazione organizzativa.

- RILEVAZIONE: possono essere utili dei sistemi elementari atti a supportare alcune scelte
di gestione familiare.

3.5. COMBINAZIONI ECONOMICHE NEGLI ISTITUTI NON-PROFIT

3.5.1. IL RUOLO DEGLI ISTITUTI NON-PROFIT


Nei sistemi economici evoluti una parte rilevante dell’attività economica si svolge in istituti
non-profit. Questi sono istituti privati (anche se spesso finanziati anche dallo Stato) nei
quali è vietata la ridistribuzione dei risultati reddituali e del patrimonio a favore dei soggetti
che li controllano.
Quando nasce un istituto non-profit?
Un istituto non-profit nasce quando
uno o più soggetti privati ritengono che sia utile o doveroso che certi insiemi di persone (loro
stessi o categorie disagiate o l’intera collettività) dispongano di beni che gli altri tipi di istituti
(famiglie, imprese, Stato) non offrono nei modi (qualità e prezzi) ritenuti opportuni.
Questi
agiscono come produttori privati di beni pubblici per soddisfare la domanda che non viene
coperta dallo Stato, intervengono in situazioni di forte asimmetria informativa, inoltre godono
di taluni vantaggi normativi e fiscali (lo Stato favorisce il formarsi di istituti non profit che con
risorse prevalentemente private offrono beni pubblici).

3.5.2. COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI


Le coordinazioni economiche parziali degli istituti non-profit sono riconducibili a:

- CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE: è rilevante soprattutto nei casi nei
quali coloro che forniscono contributi non usufruiscono dei servizi erogati. In questo caso
nasce l’esigenza da parte dei primi di controllare il buon uso delle risorse e diventano
problematiche anche le scelte collettive di governo economico. La progettazione degli
assetti istituzionali deve tenere presente due finalità: costruire e proteggere l’immagine di
affidabilità dell’istituto e garantire elevati livelli autonomia.

- GESTIONE:

a. gestione caratteristica: è molto eterogenea perché sono di natura molto varia, si
possono distinguere i seguenti casi:
- INP assimilabili a istituti di produzione (sanità,
istruzione) nei quali avvengono processi di acquisto, trasformazione e cessione a clienti che
pagano corrispettivi assimilabili ai prezzi. Il carattere non-profit deriva dalla destinazione del
risultato reddituale.
- INP assimilabili a istituti di produzione e consumo nei quali i destinatari
della produzione sono i membri stessi dell’istituto.
- INP di pura erogazione (enti di
beneficenza) in cui prevalgono i processi di trasferimento delle disponibilità finanziarie
raccolte rispetto ai processi di trasformazione tecnica.
Molti INP sono accumunati da uno
stesso nucleo di attività che consiste nella raccolta dei contributi, delle donazioni e delle
agevolazioni necessari a coprire il disequilibrio tra i costi sostenuti e i ricavi ottenuti a fronte
delle singole prestazioni (contributi, lavoro volontario, donazioni, condizioni favorevoli di
prestito, contributi statali, agevolazioni fiscali e amministrative). Questo argomento è critico
perché è indispensabile per la durabilità dell’istituto, ma allo stesso tempo ne determina
l’assetto istituzionale (contributo = governo).

b. gestione finanziaria: assume caratteri particolari in questi istituti, l’incertezza di redditi
costanti infatti limita di molto la loro capacità di assumere debiti di finanziamento che

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richiedono rimborsi tempificati, inoltre è strettamente connessa a quella parte della gestione
caratteristica che consiste nel fundraising, ossia nella raccolta di contributi non
corrispondenti a specifiche prestazioni dell’INP.

c. gestione patrimoniale: può essere del tutto trascurabile in diversi INP in quanto
difficilmente generano risparmio, tuttavia alcuni godono di importanti patrimoni sia finanziari
sia immobiliari; in questi casi la gestione patrimoniale assume grande rilevanza in quanto
capace, se ben gestita, di produrre redditi importanti per l’equilibrio economico dell’INP.

d. gestione assicurativa: assume varia rilevanza in relazione all’attività svolta dagli INP.
Nel caso di INP che svolgono attività in settori rischiosi quali quello sanitario o ospedaliero,
della protezione civile, oppure agli INP proprietari di patrimoni immobiliari di elevato valore
artistico.

e. gestione tributaria: è strettamente connessa alla gestione caratteristica. Lo Stato, infatti,
accorda agli INP agevolazioni fiscali sia in termini di minori o nulli carichi fiscali sia in termini
di contributi pubblici. La presenza di INP riduce l’intervento diretto da parte dello Stato e
quindi le agevolazioni fiscali vanno a compensare i costi che altrimenti lo Stato dovrebbe
sostenere per la propria presenza diretta.

- ORGANIZZAZIONE: deve realizzare buoni risultati di efficienza basati anche su alti livelli
di motivazione del personale e deve tenere conto di due fattori: bisogna tenere alta la
tensione rispetto all’efficienza, poiché negli INP mancano forti attese di produzione di
risultati reddituali e bisogna garantire correttezza nei comportamenti al fine di salvaguardare
l’immagine di affidabilità; se l’immagine dell’INP si degrada, il fundraising diventa
problematico.

- RILEVAZIONE: sono più complesse rispetto a quelle delle imprese in quando devono
rappresentare anche la dimensione sociale degli obiettivi e dei risultati raggiunti e rafforzare
l’affidabilità e l’accountability dell’istituto.

3.6. RELAZIONI ECONOMICHE TRA ISTITUTI: LO SCAMBIO


Le aziende in quanto ordine economico di istituti sono tra loro legate da molteplici relazioni
di varia natura. L’ambiente economico nel quale un’azienda opera è in larga parte definito
dall’insieme delle aziende con cui essa interagisce e delle relazioni che si instaurano.
Tra
tutte le classi di aziende si da una generale relazione di complementarietà per il comune
concorso all’attuazione dei complessivi processi economici di produzione e consumo
(necessaria a realizzare il bene comune). Le relazioni tra insiemi di aziende sono poi
determinate della partecipazione contemporanea di ciascuna persona alle aziende di più
istituti.
Le aziende si riuniscono in aggregati variamente formalizzati (varie relazioni interaziendali).
Lo scambio origina vaste classi di relazioni interaziendali, permette di effettuare
trasferimenti di beni privati a titolo oneroso e origina relazioni di credito, di prestito e di
assicurazione. Forme differenti di scambio sono le negoziazioni istituzionali comprendenti i
trasferimenti di capitale di rischio, di lavoro e di beni pubblici, dei trasferimenti di beni privati
a titolo non oneroso e dei trasferimenti impliciti.
Lo scambio monetario caratterizza le economie di mercato fondate sulla specializzazione
economica e sula proprietà privata e pubblica (il suo corrispettivo è moneta o credito
monetario).
Gli scambi vengono attuati tra aziende e fanno parte delle combinazioni
economiche delle stesse.
Il prezzo è il valore monetario attribuito a alle condizioni di
produzione e di consumo acquisite da un’azienda compratrice da una venditrice: si parla di
prezzo unitario se si considera l’unità di misura delle condizioni di produzione e di consumo

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acquistate (prezzo-costo o prezzo-ricavo), mentre si parla di prezzo complessivo se si
considera la quantità di moneta.
I valori numerari sono tutti i valori d’azienda che esprimono strumenti di regolamento degli
scambi, mezzi cioè che caratteristicamente sorgono per la funzione tipica della moneta,
assumono appunto l’attributo numerario (crediti o debiti di regolamento, disponibilità di
cassa).
I valori non numerari sono tutti i valori che, al contrario, non ineriscono a strumenti
di regolamento (costi e ricavi, crediti o debiti di prestito).
Le operazioni di scambio originano varie forme di credito, ovvero quando le prestazioni
fondamentali dell’azienda compratrice e dell’azienda venditrice non sono eseguite
contestualmente (se la prestazione differita ha per oggetto un bene = credito in natura, se
ha per oggetto il pagamento della quantità di moneta corrispondente a un prezzo = credito
monetario).

Quando il credito monetario è mezzo temporaneo di regolamento dello scambio si dice


credito di regolamento (v.n.), si parla invece di credito di prestito quando sorge come
corrispettivo della disponibilità di una data quantità di moneta per un certo periodo di tempo
(v.n.n.)

GLI ASSETTI ISTITUZIONALI


4.1. UN MODELLO GENERALE
Secondo uno schema di analisi generale, ogni istituto è visto come un insieme di soggetti
che offrono contributi, e che per tale motivo ricevono ricompense o traggono benefici: tali
soggetti configurano i portatori di interessi.
L’analisi dell’assetto istituzionale è importante
per valutare la capacità di un istituto di perdurare nel tempo. Per la vita duratura di un istituto
è essenziale che si abbia un governo unitario, ovvero deve rispettare due condizioni: i
contributi di tutti i soggetti devono essere combinati secondo un disegno unitario (che
assicuri la complementarietà delle risorse e dei comportamenti, e l’efficace perseguimento
del bene comune) e la responsabilità delle decisioni ultime deve essere attribuita ad uno ed
un solo organo, secondo un principio di unità di comando.
Per realizzare un efficace governo di un istituto occorre operare tre insiemi di scelte
fondamentali:
- occorre decidere il soggetto d’istituto, ovvero a quali insiemi di soggetti
assegnare il diritto e il dovere di governare, direttamente o tramite propri rappresentanti.
-
occorre esplicitare i fini istituzionali, ovvero a quali finalità e obiettivi debba ispirarsi l’azione
del soggetto d’istituto.
- occorre configurare la struttura di governo, ovvero gli organi e i
meccanismi di governo che consentano un’efficace azione dei soggetti deputati a
governare.
L’assetto istituzionale è la configurazione dei portatori di interessi nei confronti dell’istituto,
dei contributi che tali soggetti forniscono all’azienda, delle ricompense e dei benefici che ne
ottengono, del soggetto d’istituto, dei fini istituzionali e delle strutture di governo che
regolano in equilibrio dinamico di lungo periodo, le relazioni tra i portatori di interessi, i
contributi e le ricompense. Questo è l’elemento sovraordinato della struttura dell’azienda.


4.2. I SISTEMI DI INTERESSI CONVERGENTI NEGLI ISTITUTI

4.2.1. SCHEMA GENERALE


Bisogna innanzitutto individuare i portatori di interessi e individuare i rapporti che ciascuna
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categoria instaura con l’istituto.
- attorno a ciascun istituto si configura sempre una vasta
gamma di interessi di varia natura: interessi economici, sociali, morali.
- i vari insiemi di interessi sono parzialmente in competizione tra di loro.
- i contributi
provenienti dai vari soggetti sono complementari, ma si possono manifestare anche parziali
fungibilità.
- le condizioni di scambio non sono sempre simmetriche, in alcuni casi si ha una
strutturale asimmetria tra ciò che il soggetto da e ciò che il soggetto riceve.
- le varie relazioni sono caratterizzate dai rapporti di forza contrattuale che dipendono dal
grado di concentrazione della domanda e dell’offerta, dagli investimenti specifici
eventualmente in atto, dall’asimmetria informativa tra le parti.
- molte delle attese dei soggetti
in gioco sono implicite e non dichiarate, ma sottintese ai valori e alle consuetudini in essere.

4.2.2. SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NELL’IMPRESA


- prestatori di lavoro: conferiscono il loro lavoro qualificabile in termini di tempo, competenze,
impegno, imprenditorialità, creatività e risultati. In cambio si aspettano dall’impresa una
rimunerazione periodica, stabilità, prospettive di carriera e buone condizioni di
lavoro.
L’impresa si aspetta lealtà, obbedienza, impegno, disponibilità e rispetto delle leggi.
I contratti assicurano al lavoratore ampi diritti e tutela, ma allo stesso tempo è possibile che
possa perdere il posto, la loro retribuzione è legata al contenuto della mansione svolta, che
può variare nel tempo.
I rapporti di lavoro sono regolati da vari insiemi di norme di leggi,
regolamenti, contratti aziendali, contratti collettivi e contratti individuali; tali contratti regolano
numerosi aspetti del rapporto di lavoro, definendo gli standard minimi di riferimento e le
integrazioni particolari.
- conferenti di capitale di rischio: conferiscono mezzi monetari a titolo di capitale proprio
soggetto al rischio generale di impresa. Essi hanno diritto agli utili prodotti dall’impresa e
possono cedere liberamente i loro diritti vendendo le proprie quote del capitale di rischio
(guadagno in conto capitale); se l’impresa cessa l’attività ciascuno di loro ha diritto a una
quota del patrimonio che residua dopo aver soddisfatto tutti gli obblighi nei confronti delle
altre parti (guadagno in conto capitale). Ovviamente la rimunerazione è incerta e può
configurarsi anche sotto forma di perdita. Essi hanno anche il diritto-dovere di esercitare il
governo economico dell’impresa.
- fornitori: apportano all’impresa condizioni di produzione di varia natura secondo una
pluralità di condizioni di scambio (qualità, prezzi, volumi, tempi). Le relazioni tra clienti e
fornitori assumono caratteri particolari quando i rapporti di forza sono particolarmente
sbilanciati in favore di una o dell’altra parte.
- conferenti capitale di prestito: apportano mezzi
monetari che sono messi a disposizione dell’impresa per un dato periodo di tempo a fronte
dell’impegno di rimborso del capitale e del pagamento di interessi nella misura e nei tempi
stabiliti.
- imprese di assicurazione: coprono rischi particolari delle imprese clienti a fronte di premi.
Il rapporto tra assicuratore e assicurato varia notevolmente in relazione al grado di
prevedibilità dei sinistri.
- clienti: acquistano i beni prodotti dall’impresa e gestiscono il loro
rapporto secondo le molteplici condizioni di scambio. La numerosità, l’intensità e la stabilità
dei rapporti con i clienti rappresenta parte fondamentale del patrimonio di tutte le imprese.
-
alleati istituzionali: sono imprese partner in aggregati quali i gruppi di imprese, i consorzi, le
joint venture. I flussi di contributi e di ricompense variano a seconda del tipo di alleanza.
-
concorrenti: sono le imprese che offrono prodotti analoghi a quelli di una certa impresa nello
stesso mercato.
- Stato: è legato alle imprese da molteplici relazioni che danno luogo a
differenti insiemi di contributi, di ricompense e di attese. Lo Stato può essere sia produttore
ed erogatore di beni pubblici.
- collettività locali: instaurano relazioni particolarmente
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significative.

4.2.3. SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NELLA FAMIGLIA


I primari portatori di interesse in una famiglia sono i membri della famiglia stessa.
Per quanto
riguarda le attese economiche, queste consistono nell’attuazione di consumi di beni privati
e pubblici; il fine immediato dei consumi è direttamente connesso a quello del
conseguimento di redditi di lavoro e di gestione patrimoniale atti a coprire i consumi e i tributi
e tali da consentire un risparmio da destinare alla conservazione e all’incremento del
patrimonio da reddito e da rivalutazione (formazione risparmio è indice di soddisfacimento
dei bisogni economici).

4.2.4. SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NELLO STATO
I primari portatori di attese


nei confronti dello Stato sono i cittadini, che si aspettano di poter disporre di
beni pubblici atti, per volume e qualità, a soddisfare i loro bisogni. Per contro lo Stato si
aspetta che tutti i cittadini contribuiscano alla copertura dei costi di produzione dei beni
pubblici attraverso il pagamento dei tributi.
La gestione di questi sistemi da parte dello Stato
è problematica perché: differenti categorie di cittadini hanno differenti attese non sempre
compatibili, i vari servizi pubblici sono in competizione tra loro (risorse investite) e per la
propensione dei cittadini all’evasione fiscale.
Tra Stato e cittadini si instaurano importanti relazioni economiche per ciò che riguarda il
capitale di prestito; inoltre lo Stato impiega numerosi prestatori di lavoro. Un sistema di
attese lega anche Stato ed entità parziali e locali in cui esso stesso si articola, e anche
numerose organizzazioni politiche sopranazionali.
Infine lo Stato può decidere di produrre
beni privati attraverso imprese di cui detiene la totalità o la maggioranza del capitale di
rischio.

4.2.5. SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NEGLI ISTITUTI NON-PROFIT


Se l’istituto non-profit è impegnato nella valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale,
fondatori e finanziatori sentono la necessità di tutelarne una determinata parte, conferendo
mezzi monetari ed energie personali. Si aspettano che l’istituto riesca a compiere interventi
importanti per la tutela di tale patrimonio e che questi risultino visibili e siano apprezzati.
La collettività e lo Stato, in quanto fornitori di contributi, si aspettano che le risorse fornite
siano utilizzate per le finalità dichiarate e con la massima trasparenza ed efficienza.

4.3. L’INTEGRAZIONE DEI CONTRIBUTI: IL SOGGETTO ECONOMICO

4.3.1. L’INTEGRAZIONE DINAMICA DEI CONTRIBUTI


L’integrazione tra i diversi portatori di interessi, ovvero l’instaurazione di relazioni di relazioni
di cooperazione tra tutti i soggetti, è condizione necessaria per garantire agli istituti una vita
economica duratura. L’integrazione dinamica dei contributi è una condizione di
economicità.
La cooperazione, l’integrazione armonica dei soggetti, dei contributi e delle
ricompense sono condizioni essenziali di efficienza.
L’integrazione dinamica dei contributi dei vari soggetti si caratterizza per alcuni vantaggi:
- bassi costi di transazione con i soggetti esterni
- bassi costi di coordinamento interno
- bassi
prezzi-costo degli input
- migliore qualità, personalizzazione e flessibilità degli input - elevato impegno di tutti i
soggetti
- maggiore soddisfazione dei bisogni di socialità
- processi di apprendimento
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collettivo
L’integrazione tra i soggetti presenta anche ostacoli:
- obiettivi differenti in merito alla
combinazione ottimale di risorse, competenze e attività
- i soggetti sono in competizione per
ottenere le rimunerazioni;
- l’adesione dei soggetti al disegno complessivo è subordinata alle
condizioni di informazione incompleta e incertezza
- molti dei risultati ottenuti sono frutto di
un lavoro congiunto, per cui è difficile decidere a chi attribuire i risultati residuali
- i vari
soggetti hanno diverse propensioni al rischio
Perciò, per cercare di realizzare l’obiettivo dell’integrazione si agisce su vari insiemi di leve:
- definizione degli organi massimi di governo
- definizione dei soggetti cui attribuire i risultati
residuali (sia positivi che negativi)
- progettazione attenta dell’assetto organizzativo (definire e condividere fini, strategie e
politiche d’istituto, progettare la struttura organizzativa, mettere in atto un sistema
retributivo, favorire la socializzazione)
- messa in atto di meccanismi di integrazione con
soggetti esterni (contratti, sistemi di comunicazione e di controllo, stipulazione di alleanze).
Tutto ciò presupponendo l’analisi dei potenziali contributi e delle attese di tutti i soggetti
messi a confronto con le alternative strategiche dell’istituto e la formulazione di strategie
integrate che configurano le soluzioni più sinergiche di soggetti contributi e ricompense.

4.3.2. IL SOGGETTO D’ISTITUTO, IL SOGGETTO ECONOMICO E I FINI ISTITUZIONALI


Le scelte che definiscono l’assetto di istituto sono: l’identificazione del soggetto d’istituto e
la definizione dell’assetto di governo.
In linea di principio, tutti i portatori di interessi
dovrebbero partecipare al governo dell’istituto, tuttavia ciò determinerebbe elevati costi di
governo e complessità organizzativa, qualità e tempi delle decisioni inadeguati alla vita
dell’istituto e il mancato riconoscimento della maggiore criticità di alcuni contributi. Per tale
motivo, una o poche categorie di portatori di interessi partecipano direttamente al governo
di istituto, andando a formare il soggetto di istituto, mentre le altre categorie partecipano
attraverso meccanismi indiretti di rappresentanza o di controllo.
Al soggetto d’istituto fanno capo due insiemi fondamentali di diritti-doveri: il diritto-dovere di
governare, ossia di guidare l’istituto e di prendere le decisioni ultime e il diritto di godere di
risultati residuali positivi o di farsi carico degli eventuali risultati residuali negativi.
Il soggetto di istituto è quindi colui che decide e che si assume il rischio generale connesso
all’attività dell’istituto. Egli deve essere scelto in modo tale da massimizzare la probabilità
che l’istituto perduri nel tempo in condizioni di autonomia.
a. per la famiglia il soggetto di
istituto è sempre l’insieme di tutti i membri della famiglia stessa.
b. per le imprese il soggetto di istituto sono i conferenti capitale di rischio e dei prestatori di
lavoro.
c. per lo Stato il soggetto di istituto è l’insieme di tutti i cittadini più i prestatori di
lavoro
d. per le imprese non-profit il soggetto di istituto è l’insieme degli associati e dai
soggetti che forniscono contributi all’istituto.
I fini istituzionali coincidono con le attese primarie delle persone che compongono il
soggetto d’istituto; si denominano anche interessi istituzionali, mentre gli interessi degli altri
soggetti sono interessi non istituzionali.
In tutti gli istituti convergono interessi sia economici
sia non economici, si configurano pertanto quattro classi di interessi convergenti negli istituti:
- interessi istituzionali economici
- interessi istituzionali non economici
- interessi non
istituzionali economici
- interessi non istituzionali non economici
L’insieme dei portatori di interessi istituzionali (economici e non) forma il soggetto d’istituto,
mentre l’insieme dei portatori di interessi istituzionali economici forma il soggetto
economico.

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4.3.3. LE PREROGATIVE, I PRINCIPI E LE STRUTTURE DI GOVERNO ECONOMICO
Il soggetto economico (che di regola coincide con il soggetto d’istituto) esercita le
prerogative di governo economico (parte del governo d’istituto), che essenzialmente
consistono nel diritto-dovere di:
- fissare gli obiettivi, le strategie e le politiche dell’istituto
-
scegliere i soggetti che contribuiranno alla vita economica dell’istituto e stipulare con questi
patti e contratti
- progettare e mettere in atto le strutture di governo e di controllo - sorvegliare il
funzionamento dell’istituto
Quando il soggetto di istituto e il soggetto economico sono formati da molte persone, si
rende necessario configurare strutture e meccanismi che rappresentino adeguatamente tutti
gli interessi e diano luogo a processi decisionali efficienti. Nell’ipotesi che il soggetto
economico coincida con una sola categoria di portatori di interessi si avrà una struttura di
governo economico basata essenzialmente su tre organi:
- un’assemblea dei membri del
soggetto economico, quale organo supremo di indirizzo generale e di nomina sia dei membri
dell’organo decisionale di governo economico, sia dell’organo di controllo;
- un organo
decisionale di governo economico, composto da una o poche persone con specifiche
competenze tecniche e manageriali che configura e indirizza l’attività della struttura
organizzativa;
- un organo di controllo che verifica l’operato dell’organo decisionale.
Il governo economico deve ispirarsi ad alcuni principi generali tra cui vi sono:
- il principio di
economicità (o vita duratura economica), ossia la capacità dell’istituto di svolgersi in
autonomia economica, senza il ricorso sistematico a coperture di perdite da parte di altre
economie.
- il principio del contemperamento degli interessi, ossia l’adozione di strutture e
processi, e soprattutto di atteggiamenti e comportamenti, ispirati alla logica della
partecipazione e del confronto.

4.4. GLI ASSETTI DI GOVERNO DEGLI ISTITUTI

4.4.1. L’ASSETTO DI GOVERNO DELLE FAMIGLIE


Sono membri del soggetto d’istituto della famiglia (che equivale al soggetto economico) tutte
le persone che la compongono. Gli interessi economici di persone di altre famiglie (con
rapporti di parentela) devono considerarsi non istituzionali, a meno che non si configuri un
gruppo economico di aziende familiari.
Il governo economico dell’azienda familiare comporta
un articolato insieme di decisioni complesse poiché implicano significati non solo economici
(ripartizione del lavoro tra soggetti, lavoro interno e esterno, livelli di consumo e di risparmio,
modalità di impiego del risparmio, eredità e donazioni).
Le prerogative di governo economico spettano a tutte le persone della famiglia in funzione
di età, esperienza e competenza, anche se spesso il governo economico è delegato al
capofamiglia, mentre molte decisioni avvengono in forma collegiale. Non sempre il
contemperamento degli interessi risulta agevole.

4.4.2. L’ASSETTO DI GOVERNO DELLE IMPRESE


Differenti imprese richiedono differenti assetti di governo (una o più categorie di portatori di
interessi), e differenti assetti di governo attribuiscono rilevanza a differenti categorie di
portatori di interessi.
Si prende come riferimento un’impresa nella quale il soggetto d’istituto
ed il soggetto economico sono formati dall’insieme dei conferenti di capitale di rischio e dei
prestatori di lavoro.
Qualunque sia la scelta sulla struttura di governo, alcuni temi hanno svolgimento uniforme

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in tutte le imprese:
- il fine immediato delle imprese è rappresentato dalla produzione di
rimunerazioni e di altre connesse condizioni per i membri del soggetto economico.
- le
prerogative di governo economico nelle imprese riguardano: le scelte di assetto istituzionale
(organi di governo e loro struttura, scelte di fusioni, scorpori, concentrazioni, accordi,
relazioni interaziendali), le scelte di configurazione delle combinazioni produttive (oggetto
sociale, dimensione, diversificazione, integrazione, internazionalizzazione) e le scelte di
assetto tecnico, assetto organizzativo e organismo personale.
- il soggetto economico è
unico e unitario.
- il principio generale di governo è quello del contemperamento degli
interessi, infatti chi governa l’impresa deve sempre tenere conto delle attese di tutti i portatori
di interessi e deve ricercare soluzioni adeguate.
Nella realtà accade spesso che, l’insieme delle persone che dovrebbero esercitare il
governo economico (il soggetto economico), non coincida con l’insieme di persone che, di
fatto, esercitano il governo economico, si parla in questo caso di soggetto economico
improprio. I casi più frequenti nelle imprese sono quando:
- il governo è esercitato da insiemi di persone che non rappresentano l’intero soggetto
economico, ma solo una parte di esso (azionisti di controllo trascurando quelli di
minoranza);
- il governo è esercitato da insiemi di persone che non fanno parte del soggetto
economico (esponenti politici che vogliono interferire nelle strategie di un’impresa).

4.4.3. L’ASSETTO DI GOVERNO DELLO STATO


Lo Stato si articola in complesse strutture di istituti pubblici, tra cui hanno particolare rilievo
le articolazioni territoriali: Stato, regioni, province e comuni. L’ordine economico di tali istituti
è definito azienda composta pubblica.
Sono membri dell’istituto e portatori di interessi
istituzionali tutti i cittadini membri dello Stato, sono membri del soggetto economico tutti i
membri della collettività e coloro che prestano lavoro nelle aziende composte pubbliche.
I fini economici istituzionali delle aziende composte pubbliche sono: il soddisfacimento dei
bisogni pubblici di tutti i membri della collettività e la rimunerazione del lavoro dei prestatori
di lavoro.
Il governo economico si esercita in via indiretta per mezzo di organi collegiali i cui
membri sono scelti tramite elezione (ruolo politico). La distinzione e l’integrazione di ruoli
politici e ruoli economici si attua sia a livello di una struttura complessiva
dell’amministrazione pubblica sia a livello di singoli istituti dell’amministrazione pubblica.

4.4.4. L’ASSETTO DI GOVERNO DEGLI ISTITUTI NON-PROFIT


Negli istituti non-profit il soggetto d’istituto può far capo a tre categorie di soggetti: gli
associati delle associazioni chiuse ed aperte, i donatori privati e pubblici e i prestatori di
lavoro.
Sono interessi istituzionali economici sia le attese di soddisfacimento dei bisogni
comuni degli associati sia le attese di rimunerazione dei prestatori di lavoro non volontario,
mentre sono interessi istituzionali non economici quelli dei donatori.
In definitiva, negli istituti
non-profit, l’insieme delle persone che compone il soggetto d’istituto può essere
notevolmente diverso, ovvero molto più ampio, rispetto a quello che compone il soggetto
economico.

L’ECONOMICITÀ
5.1. L’ECONOMICITÀ COME PRINCIPIO E OBIETTIVO
5.1.1. L’EQUILIBRIO ISTITUZIONALE E L’EQUILIBRIO ECONOMICO
L’economicità o equilibrio economico di un istituto è una delle condizioni fondamentali
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dell’equilibrio istituzionale.
Si ha equilibrio istituzionale quando tutti i membri del soggetto
di istituto:
- condividono i valori e gli obiettivi che ispirano la vita dell’istituto, le sue strutture,
le modalità di governo e le logiche organizzative.
- ricevono ricompense e benefici giudicati equi rispetto ai contributi forniti.
L’equilibrio
istituzionale è un equilibrio di lungo periodo ed è caratterizzato da:
- durabilità: le persone
che partecipano alla vita degli istituti si attendono che l’istituto perduri nel tempo e gli istituti
nel tempo accumulano patrimoni di relazioni e di competenze che sono relativamente
indipendenti dalle persone.
- autonomia: la libertà di scegliere i propri fini e le proprie
modalità di governo, senza sottostare alla volontà di altri istituti fatte salve le norme di legge
e le gerarchie interaziendali concordate al momento della formazione di un aggregato
interaziendale.

Si ha equilibrio economico, ossia economicità, quando l’istituto nel suo insieme è in grado
di attrarre risorse sufficienti per remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo
utilizzate per svolgere le proprie combinazioni economiche (operare senza produrre
perdite).
L’equilibrio istituzionale e l’equilibrio economico sono interconnessi, ma non
sincroni.
In quanto condizione di vita degli istituti di ogni ordine, l’economicità è contemporaneamente
un principio e un obiettivo fondamentale di buon governo degli istituti.

5.1.2. DURABILITÀ E AUTONOMIA


I caratteri di durabilità e autonomia degli istituti si riflettono sul concetto di azienda e
sull’economicità. L’azienda, ordine economico di istituto, deve svolgersi secondo condizioni
di vita e di funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente mutevole.
L’azienda, infatti, essendo rivolta a soddisfare le finalità economiche, strumentali per il
perseguimento dei fini generali di istituto, le può considerare solo in un’ottica di lungo
periodo.
La continuità e lo sviluppo di un istituto hanno un valore non solo per i suoi membri attuali,
ma anche per i suoi membri potenziali futuri e per la collettività generale.
Per quanto riguarda
l’autonomia, si verifica quando un’azienda non ricorre sistematicamente a interventi di
sostegno o di copertura delle perdite da parte di altri istituti.
Le coperture di perdite e gli interventi di sostegno realizzati anche per via indiretta
(esenzione fiscale, manovre di debito pubblico, protezioni), sono tutte soluzioni precarie,
provvisorie.

5.1.3. I FINI E LE CONDIZIONI DI SVOLGIMENTO DELLE AZIENDE


Il principio di economicità si declina in due forme complementari: a. come perseguimento di
fini economici istituzionali:
- imprese: rimunerazioni monetarie e di altra specie per i prestatori di lavoro e per i conferenti
di capitale di rischio.
- famiglie: appagamento dei bisogni delle persone che le compongono.
-
Stato: appagamento dei bisogni di beni pubblici dei cittadini e remunerazione dei prestatori
di lavoro.
- istituti non-profit: appagamento dei bisogni di varie categorie di associati e fruitori e
remunerazione dei prestatori di lavoro.
b. come rispetto simultaneo di un insieme di condizioni di svolgimento dell’attività
economica: nelle imprese tale principio si declina in quattro condizioni fondamentali da
rispettare: l’equilibrio reddituale, l’efficienza e la flessibilità, la congruità delle remunerazioni
e l’equilibrio monetario.
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INDICI DI BILANCIO E COMMENTO


Introduzione
Immaginiamo di voler effettuare investimenti su un numero molto limitato di aziende, avendo
a disposizione una vasta gamma da cui scegliere; poiché l’investimento deve rendere al
massimo secondo quelli che definiamo come obiettivi, è necessario selezionare con cura
dove collocare il nostro patrimonio.
Leggere attentamente i vari bilanci è sicuramente un ottimo modo di procedere, ma su
grandi numeri si rischia di compiere un’azione molto dispendiosa in termini di tempo e,
soprattutto, non è sempre semplice effettuare un confronto tra le varie aziende poiché i
volumi, ad esempio, potrebbero essere molto diversi. Gli indici di bilancio servono quindi a
rappresentare in modo sintetico lo stato di salute di un’azienda; confrontati con quelli delle
altre possibilità d’investimento, offrono un’idea di massima sulla salute delle stesse.
Il commento al bilancio rappresenta invece un’interpretazione degli indici, per capire sia
come interagiscono tra di loro, sia come si posizionano all’interno del settore di
appartenenza all’azienda.

Indici Liquidità
Gli indici relativi alla liquidità dicono quanto l’azienda è in grado di far fronte ai pagamenti a
breve (e a medio) termine. Utilizzano solo indicatori di Stato Patrimoniale.

QL = (liquidità immediate + liquidità differite) / Passivo Corrente


In linea generale, questo indice è positivo quando è maggiore o uguale a 1; non sempre
però valori troppo elevati sono positivi dal punto di vista della liquidità (ad esempio, quando
le scadenze dei crediti sono posteriori a quelle dei debiti); questo indice, quindi, va
considerato in modo attento poiché valori eccessivamente alti potrebbero indicare un
impiego non ottimale del capitale.

CCN = (Liquidità Immediate + Liquidità Differite) – Passivo Corrente


Poiché tratta degli stessi valori, questo indice è da rapportare al Quoziente di Liquidità (QL)
ed evidenzia l’equilibrio tra attività e passività a breve termine. L’interpretazione quindi è
legata all’indice precedente: se il Capitale Circolante Netto (CCN) è positivo (e quindi QL >
1) si dice che si ha un equilibrio finanziario, mentre in caso contrario un disequilibrio.

QD = (Attivo Corrente) / Passivo Corrente


Come regola generale, un valore ideale dovrebbe essere maggiore di uno (tendente al 2);
tuttavia, è importante che questo valore non sia troppo diverso dal QL poiché implicherebbe
troppe rimanenze.

Solidità
Gli indici di solidità sono rilevanti per determinare quanto un’impresa è capace di far fronte
agli impegni di medio-lungo termine, oppure di affrontare in modo proficuo shock esterni
(es. calo della domanda). Utilizzano solo indicatori di SP.
RI (Rapporto di Indebitamento)
Ci sono 3 Rapporti di Indebitamento:
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1. Redditi di terzi / Mezzi propri - (Passivo Corrente + Passivo Consolidato) / Capitale


Netto 

2. Attivo Netto / Capitale Netto 

3. Debiti finanziari (breve + medio-lungo termine) / Capitale Netto 

L’interpretazione dei tre RI è molto simile, e va sempre rapportata al rischio (che include il
rischio di settore, cioè se è un settore molto stabile e quindi poco rischioso oppure molto
dinamico e tendenzialmente più rischioso, e un rischio collegato all’indebitamento, cioè
quanto è mediamente necessario indebitarsi per riuscire a produrre i propri beni). Questi
due tipi di rischio vanno bilanciati, poiché in un settore tranquillo e che richiede grossi capitali
è normale che gli indici RI presentino valori elevati, mentre in settori rischiosi e che
mediamente non hanno grosse barriere all’entrata a livello di capitale indici molto alti non
sono sinonimi di stabilità. Per stabilire il significato di “alto” e “basso”, è necessario
confrontare gli indici con le aziende dello stesso settore.

CI (Copertura Immobilizzazioni) = Capitale Netto / Immobilizzazioni


Questo indice, in modo molto intuitivo, ci indica in che misura le immobilizzazioni sono
coperte con capitale proprio (e quindi, per proprietà transitiva, quanto si è dovuti ricorrere
all’indebitamento per acquistarle). Un valore ideale è superiore all’1; se l’indice è molto alto,
significa nella maggior parte dei casi che l’azienda è poco immobilizzata (che di per sé non
è né un bene, né un male, ma come sempre con la solidità va rapportato alle medie di
settore).

Redditività
Gli indici di redditività si riferiscono alla capacità dell’impresa di generare ricchezza;
utilizzano anche indicatori di Conto Economico.

ROA (1) = Reddito Operativo / Attivo Netto
ROA (2) = Reddito Operativo Gestione
Caratteristica / Attivo Netto
Il Return On Asset, indice che per antonomasia indica la bravura dei manager, indica in
percentuale quale è stato il reddito prodotto in rapporto alle Attività Nette dell’azienda.
Un
valore ideale è possibile stabilirlo solo dopo il confronto con le medie di settore, poiché
strutturalmente alcuni settori sono più redditizi di altri. Se (1) e (2) sono molto diversi significa
che c’è stata molta gestione patrimoniale.

È possibile scomporre il ROA in due indici: il ROS (Return On Sales) e il TR (Tasso di


Rotazione) semplicemente moltiplicando e dividendo per le vendite.

ROS = Reddito Operativo / Vendite TR = Vendite / Attivo Netto


Il primo Indica quanto sono state redditizie le vendite, cioè quale è stata la redditività in
rapporto alle vendite, mentre il secondo indica quante volte “gira” l’attivo per effetto delle
vendite, cioè idealmente quante volte (o in che misura) l’attivo viene rinnovato dai cicli delle
vendite.

ROE (Return On Equity) = Reddito Netto / Capitale Netto


Questo indice, in percentuale, è molto importante poiché misura la soddisfazione degli
azionisti, che secondo le moderne teorie è il fine ultimo dell’impresa. Va confrontato con il

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costo opportunità del capitale di rischio, ovvero con investimenti alternativi di pari livello di
rischio, poiché gli azionisti potrebbero spingersi verso forme diverse di allocazione delle
proprie risorse.

Leva Finanziaria
Detto anche Rapporto di Indebitamento, è un indice che serve a misurare il livello di
indebitamento di un’azienda.

Leva = Capitale Proprio + Capitale di terzi / Capitale Proprio -> Fonti di finanziamento /
Capitale Proprio.
Se il valore è 1, l’azienda ha utilizzato solo capitale di rischio; se è compreso tra 1 e 2, il
capitale proprio è maggiore del capitale di terzi; se l’indice è maggiore di 2, il capitale di terzi
è maggiore dal capitale proprio.
In linea generale, più il valore dell’indice è alto, più l’azienda
è da considerarsi rischiosa; come visto in precedenza, l’aumento del livello di rischio spinge
i conferenti capitale di rischio ad aspettarsi remunerazioni maggiori. È abbastanza logico
pensare quindi che il debito non sia da considerare solo come aspetto negativo, ma anzi
come opportunità per aumentare il risultato d’esercizio. Valori troppo elevati tuttavia
espongono troppo l’azienda al rischio, rendendo concreta l’opportunità di fallimento.

IL SISTEMA DI SCELTE E LA STRUTTURA DELLE


AZIENDE

9.1.1. L’AZIENZA COME SISTEMA DECISIONALE


L’azienda può essere osservata come un sistema decisionale (quali decisioni vengono
prese, da chi, quali tempi e sequenze, quali logiche e procedure).
L’esigenza di decidere è
dettata dal continuo dinamismo interno ed esterno all’impresa; infatti condizioni sempre
nuove mettono in crisi o in discussione gli equilibri in atto al suo interno, perciò i tempi di
decisione e il contenuto più o meno originale ne qualificano i processi decisionali.

Le decisioni in campo economico:
- sono sempre soggette al vincolo di scarsità delle risorse
(l’innovazione rimuove questo vincolo infatti una nuova idea può produrre o migliori risultati
a parità di risorse o pari risultati con minor risorse);
- impongono attente e rigorose analisi di
convenienza economica comparata che possono essere svolte ricorrendo a modelli di
analisi economica per le decisioni;
- si svolgono in condizioni di incertezza e, dunque,
comportano rischi (l’innovazione può produrre sia vantaggi che danni);
- si svolgono in
condizioni di razionalità limitata, anche se sono intenzionalmente razionali, inoltre sono
soggetti a rischi di ritualizzazione;
- producono conseguenze più o meno ampie e stabili sulle
condizioni di futuro svolgimento dell’impresa.
L’impresa si ispira a due principi: compiere scelte decise ma che consentano adeguati gradi
di flessibilità e rinnovare le basi per il futuro sviluppo.

9.1.2. LA STRUTTURA DELL’AZIENDA COME FRUTTO DI SCELTE AZIENDALI


Il sistema di governo strategico delle imprese da un lato determina i componenti del
reddito di esercizio (performance corrente dell’azienda), dall’altro determina la struttura
dell’azienda (configurazione delle variabili fondamentali che sono le basi per la performance
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futura dell’azienda e che la compongono).
È articolato in grandi classi di scelte di:
- configurazione del sistema prodotto: attraverso cui ci si presenta nei mercati per sollecitare
la domanda e per far fronte alla concorrenza.
- dimensionamento della capacità produttiva
-
estensione interfunzionale ed estensione verticale: l’azienda decide quali attività svolgere
al proprio interno e quali invece far svolgere ad altri soggetti.
- estensione orizzontale: l’azienda decide se attivare una o più combinazioni economiche
parziali.

- gestione patrimoniale, gestione finanziaria e gestione tributaria

- formazione e sviluppo del patrimonio: riguardanti il patrimonio materiale e immateriale
dell’azienda e la sua configurazione fisica e spaziale.

- relative all’assetto organizzativo e all’organismo personale

- assetto istituzionale
La struttura dell’azienda si compone di 5 macrovariabili tra loro interconnesse e immerse
nell’ambiente:

- assetto istituzionale: è la configurazione generale delle relazioni con le varie classi di
portatori di interessi, si scelgono i vari insiemi di soggetti chiamati a comporre l’istituto e a
interagire con esso.
Comprende inoltre la distribuzione dei diritti di proprietà e la forma
giuridica, la partecipazione ad aggregati interaziendali e al loro governo e le strutture di
governo e di controllo aziendali, la loro composizione e le modalità di funzionamento.

- configurazione delle combinazioni economiche: è l’assetto complessivo delle attività svolte
dall’azienda attraverso i suoi membri o prestatori di lavoro (sistemi di prodotto, dimensioni
delle capacità produttive, estensione verticale e orizzontale, il ruolo delle varie gestioni).

- patrimonio: è formato dalle varie classi di condizioni produttive materiali e immateriali
utilizzate dall’istituto per svolgere la propria attività economica (importante è la collocazione
geografica). Queste devono essere oggetto di specifiche decisioni o indirizzi strategici.

- organismo personale: è l’insieme delle persone che prestano il loro lavoro nell’istituto.
Comprende la dimensione e l’articolazione del personale, le variabili individuali (valori,
bisogni) le variabili sociali (cultura, clima organizzativo).

- assetto organizzativo: definisce la struttura interna e le modalità di svolgimento dei
processi aziendali. Risulta dalla configurazione della struttura organizzativa, della
distribuzione del potere e dei sistemi operativi, ciascuna delle quali frutto di complesse
decisioni aziendali.
Queste macrovariabili sono collegate tra loro da forti relazioni di complementarietà e
interdipendenza (coerenza interna):

- ogni configurazione complessiva ha una propria coerenza interna;
- la variazione di una
macrovariabile produce effetti sulle altre componenti del modello;
- ogni intervento di riprogettazione di una macrovariabile può richiedere adattamenti nelle
altre componenti per assicurare nuova coerenza.
Inoltre le cinque macrovariabili sono
fortemente influenzate dall’ambiente nel quale l’azienda opera (coerenza esterna).

9.1.3. L’UNITARIETÀ DEGLI ISTITUTI E DEL LORO GOVERNO


Ogni istituto è una realtà unitaria e unitario deve essere il suo governo economico (principio
della unitarietà del governo economico) e tutte le sue decisioni devono far parte di un
disegno unitario e coerente. L’unitarietà del governo economico è realizzata con la
formulazione e la realizzazione di una strategia aziendale (unifica le politiche delle singole
aree funzionali e collega le competenze distintive dell’impresa con le caratteristiche del suo
ambiente di riferimento).
La strategia aziendale si compone di due elementi fondamentali:
- l’orientamento
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strategico di fondo (OSF): è l’insieme di idee-guida, di valori e di atteggiamenti che
definiscono l’identità, effettiva o ricercata, dell’impresa e che riguardano che cosa questa
fa, perché lo fa e come lo fa.
- gli indirizzi strategici in cui l’OSF si concretizza: sono
rappresentati da scelte strategiche che definiscono in quali arene competitive l’azienda
intende operare e in che modo intende affrontare la concorrenza, come intende gestire gli
attori istituzionali, quali decisioni strategiche prenderà a livello finanziario, tecnologico, di
marketing...

9.1.4. L’UNITARIETÀ DELLE COMBINAZIONI ECONOMICHE


I caratteri di unitarietà delle combinazioni economiche sono:
- complementarietà: è il fattore
di unitarietà più diffuso e si manifesta tra i fattori produttivi e tra gli insiemi di operazioni.
Queste relazioni devono essere gestite in modo tale da garantire che i vari elementi
comlementari si presentino nei tempi, nei volumi e nelle quantità adeguate ad attuare le
combinazioni economiche dell’istituto.

- fungibilità: si manifesta tra differenti fattori produttivi e differenti classi di operazioni.
-
comunanza: uno stesso fattore di produzione o un insieme di operazioni può concorrere ad
ottenere più risultati. Alle risorse e ai processi comuni corripondono costi comuni da
attribuire per quote ai risultati a cui contribuiscono.

- congiunzione: quando da uno stesso processo produttivo escono contemporaneamente
e necessariamente più risultati, detti risultati congiunti.

- uniformità: si parla di uniformità dei fattori di produzione, dei processi produttivi e dei
prodotti. Si manifesta nei fenomeni di:
a. standardizzazione: è l’elemento più evidente della
produzione di massa e lo snodo principale del passaggio dalle produzioni artigianali a quelle
industriali.
b. uniformazione: quando la standardizzazione non riguarda più una singola
azienda, ma tutte le aziende che adottano quindi standard comuni per svolgere certe
attività.
c. modularità: è la progettazione di componenti (moduli) che possono concorre alla
produzione di differenti prodotti complessi.

- interdipendenza: si verifica tra le unità che compongono l’azienda (organi e persone).
Analizza in termini organizzativi i precedenti caratteri di unitarietà delle combinazioni
economiche.
Tanto più forti sono questi caratteri, tanto più elevata sarà l’interdipendenza tra
unità, ossia l’esigenza che ciascuna unità adatti i propri comportamenti a quelli delle altre
unità.

LE SCELTE DI CONFIGURAZIONE DEL SISTEMA DI


PRODOTTO E DELLA FORMULA COMPETITIVA

10.1. IL SISTEMA DI PRODOTTO E LA FORMULA COMPETITIVA


Ogni impresa si presenta ai propri potenziali clienti offrendo uno o più SISTEMI DI
PRODOTTO, ovvero insiemi unitari di beni e condizioni di scambio legati insieme da
relazioni di dipendenza e complementarietà. Ne fanno parte le caratteristiche fisiche dei
prodotti, l’ampiezza della gamma dei prodotti sostituti e complementari, il prezzo, le
condizioni di pagamento ecc. Ognuno di questi elementi è essenziale per determinare la
conclusione positiva dello scambio.

Da una parte, il sistema di prodotto è il complesso oggetto tramite cui l’azienda ricerca il
consenso dei clienti; dall’altro, esso è l’arma usata per sfidare la concorrenza. Ogni
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elemento può essere essenziale nel confronto competitivo e dar luogo a una combinazione
vincente.
La progettazione del sistema di prodotto è essenziale, perché da essa dipendono
principalmente le componenti positive e negative di reddito. A seconda di com’è configurato
il sistema di prodotto, i clienti percepiscono l’utilità dello stesso, cioè gli attribuiscono un
dato valore. Per massimizzare le vendite, quindi, un’impresa deve arricchire il suo prodotto,
ma un prodotto più ricco richiede maggiori costi. Dei costi maggiori impongono prezzi più
alti, i quali possono comportare una riduzione della domanda. Bisogna quindi trovare la
giusta combinazione tra queste variabili.
Per impostare il processo decisionale che conduce alle scelte di configurazione del sistema
di prodotto, si fa riferimento al modello della FORMULA COMPETITIVA.
Esso pone in correlazione 3 micro variabili:
• Il sistema di prodotto
• Il sistema competitivo, ovvero lo spazio abitato dai clienti e dai concorrenti
• La struttura e le risorse aziendali,ovvero l’insieme delle condizioni fisiche,
patrimoniali, relazionali e organizzative che consentono di elaborare un sistema di
prodotto originale e competitivo.
Infatti, il successo della strategia competitiva dipende dalla consonanza tra queste 3
microvariabili: L’impresa deve capire quali sono le attese decisive per i clienti, ovvero i
fattori critici di successo e qual è l’attuale offerta dei concorrenti. Quindi, deve configurare
un sistema di prodotto che possegga dei vantaggi competitivi rispetto a quelli dei
concorrenti e sviluppare delle risorse e delle strutture che contengano delle competenze
distintive, in modo che per i concorrenti sia difficile imitarle.

10.2 IL SISTEMA COMPETITIVO E I FATTORI CRITICI DI SUCCESSO


Le tre macrovariabili sono legate da una relazione di interdipendenza circolare: nessuna
delle tre è indipendente.
Per indirizzare le scelte che ogni impresa deve compiere, occorre:
• Costruire un inventario delle attese dei clienti attuali e potenziali
• Individuare quali sono le attese più critiche
I principali FATTORI CRITICI DI SUCCESSO sono:
• La funzionalità continua e duratura
• L’economicità d’acquisto e d’uso
• La flessibilità d’uso, ovvero la possibilità di usare il prodotto per svolgere più
funzioni, di modificarlo e di aggiornarlo
• Il soddisfacimento di bisogni di status
• Il soddisfacimento di bisogni estetici
• Il soddisfacimento di bisogni di solidarietà e salvaguardia dell’ambiente
• L’accessibilità del prodotto e la sua confrontabilità con prodotti simili
I fattori critici possono differire profondamente e combinarsi in modo diverso a seconda del
mercato e del settore in cui si opera. Essi si evolvono nel tempo, al mutare dei bisogni, del
contesto sociale e delle strategie competitive messe in atto dalle aziende.
Qualsiasi sistema di prodotto può essere ritenuto superiore a quello della concorrenza se e
solo se il suo vantaggio competitivo è riconosciuto e accettato come tale dal mercato.

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Un rischio è quello di concentrarsi troppo sui fattori critici e trascurare gli altri fattori, per i
quali il cliente si aspetta comunque un livello minimo di prestazione.
Parlando di fattori critici e vantaggio competitivo, è indispensabile un continuo riferimento ai
clienti intermedi e soprattutto finali. Bisogna quindi conoscere approfonditamente il proprio
mercato di sbocco, e per farlo può convenire individuare degli insiemi omogenei di clienti
(segmenti) in base all’ambito geografico o ad altre caratteristiche comuni.

10.3 IL SISTEMA DI PRODOTTO E IL VANTAGGIO COMPETITIVO

LE VARIABILI COMPONENTI IL SISTEMA PRODUTTIVO


Il sistema di prodotto si compone di 4 elementi:
• Le caratteristiche materiali e la gamma di beni offerti. Esse si possono suddividere a
loro volta in attributi:
- Fisici: elementi immediatamente percepibili da un punto di vista sensoriale)
- Tecnico – funzionali: proprietà tecnologiche e di lavorazione che consentono al
sistema di prodotto di svolgere determinate funzioni d’uso
- Estetici
Le caratteristiche materiali di un sistema di prodotto non riguardano quasi mai un unico
bene. Infatti da un lato, i sistemi di prodotto sono spesso composti da più beni. Dall’altro,
spesso le aziende offrono una gamma, ovvero un assortimento di prodotti fra i quali il cliente
sceglie. Una gamma può essere considerata come un unico prodotto e ovviamente il cliente
può non acquistare una gamma completa. La gamma può costituire un elemento di
articolazione del sistema di prodotto in più sotto-sistemi, e in questo caso si può parlare di
sistema di prodotto multiplo.
• I servizi collegati ai beni offerti. Essi si distinguono in:
- Servizi pre-vendita: informazioni di supporto alla scelta, consulenza in fase di
selezione, possibilità di richieste personalizzate).
- Servizi post-vendita: consegna, installazione, addestramento all’uso assistenza
in caso di guasti, manutenzione, riparazioni, aggiornamenti sui nuovi prodotti.
• Le caratteristiche immateriali: comprendono immagine e reputazione, le quali possono
dare origine ad un altro fondamentale elemento immateriale del sistema di prodotto e
dell’impresa in generale, ovvero la marca.
• Le condizioni dello scambio: esse comprendono prezzo, sconti, modalità di
pagamento, modalità e tempi di consegna, garanzie, penali ecc.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO: LA DIFFERENZIAZIONE E IL COSTO


Il vantaggio competitivo è l’insieme dei tratti (elementi) che distinguono il sistema di prodotto
di una determinata azienda da quello dei concorrenti. Ne esistono due tipi:
• Il vantaggio di differenziazione consiste nell’offerta di un sistema di prodotto diverso
da quello della concorrenza (o migliore) in uno o più aspetti. Si ha un vantaggio di
differenziazione anche quando il prodotto ha caratteristiche che mancano ai concorrenti
o è del tutto unico. Il vantaggio si può ritenere realizzato quando si traduce in un PREMIO
DI PREZZO, che deve mantenersi superiore ai maggiori costi che l’azienda deve
sostenere per poter offrire un prodotto differenziato. Spesso, la differenziazione viene
conseguita mediante sforzi di innovazione e, quando gli elementi innovativi incontrano
l’interesse della clientela, altre aziende sono indotte a seguire lo stesso sentiero.
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Il vantaggio di differenziazione può manifestarsi come:
- Eccellenza delle componenti materiali
- Efficienza dei consumi di input (volumi e prezzi)
- Alta meccanizzazione
- Robustezza e scarsa necessità di manutenzione
- Versatilità
- Ampia gamma di beni fungibili con cui confrontare il bene
- Ampia gamma di beni complementari offerti dalla stessa impresa
- Servizi qualificati di assistenza pre/post-vendita
- Griffes
- Alto livello stilistico
- Contenuto etico o ecologico
- Esclusività ottenuta tramite limitazione delle vendite

• Il vantaggio di costo si ha quando il sistema di prodotto è ottenuto mediante costi unitari


molto bassi, che consentono di offrirlo a un prezzo decisamente più basso rispetto ai
concorrenti. Ciò presuppone strutture produttive molto efficienti e riduzioni dei costi
ottenuti “sottraendo” valenze al sistema di prodotto.
Le aziende possono indirizzare il proprio sistema di prodotto a mercati di varia dimensione.
Alcune scelgono strategie di focalizzazione su segmenti di mercato ristretti, mentre altre
scelgono di rivolgersi a mercati o segmenti di mercato ampi, con esigenze almeno in
parte comuni.

Si hanno quindi diversi tipi di strategie competitive:


• Le strategie di leadership di costo
• Le strategie di differenziazione, che in un mercato molto ampio possono essere
perseguite anche da più aziende
• Le strategie di focalizzazione orientate ai bassi costi o alla differenziazione
(perseguite da aziende che dominano mercati di dimensioni ridotte)
10.4 LE STRUTTURE E LE RISORSE AZIENDALI: LE COMPETENZE DISTINTIVE
Per poter offrire un sistema di prodotto con un vantaggio competitivo coerente con i fattori
critici di successo nel mercato di sbocco occorre poter disporre di strutture e di risorse
adeguate. Molte di queste condizioni possono essere simili a quelle dei concorrenti e non
possono dare luogo a vantaggi competitivi; altre invece possono essere peculiari della
nostra azienda. Queste condizioni sono denominate competenze distintive. Può trattarsi
di:
• Buone capacità di progettazione dei prodotti;
• Strutture produttive che consentano elevate economie di scala e di
apprendimento;
• Capacità di accumulo della conoscenza;
• Patrimonio di relazioni di cooperazione e collaborazione interna;
• Patrimonio di rapporti di fiducia con clienti, reti distributive, e professionisti di vario
genere;
• Patrimonio di immagine e reputazione;

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• Estese strutture per l’assistenza tecnica pre e post-vendita: (personale tecnico,
servizi on-line ecc);
• Cooperazione con i “subcontractors” e capacità di project management.
10.5 IL SISTEMA DI PRODOTTO E LA FORMULA COMPETITIVA: SINTESI ED ESEMPI
In sintesi, nelle aziende di successo, a formula competitiva presenta una serie di
caratteristiche:
• Un sistema di prodotto dotato di un vantaggio concorrenziale di costo o
differenziazione;
• Un mercato di cui sono stati compresi a fondo i fattori critici di successo;
• Una struttura dotata di competenze distintive;
• Una relazione di coerenza fra le tre caratteristiche precedenti.
Le manifestazioni del successo in questione sono i risultati reddituali e i risultati competitivi,
ossia la dominanza di mercato misurabile in termini di quota di mercato, livello della clientela
servita ecc.

ABC CAPITOLO 11
11.1 Standardizzazione, uniformazione e modularità
In questa sezione analizziamo i motivi economici che spingono le imprese a standardizzare
la produzione e ad assumere grandi dimensioni. La STANDARDIZZAZIONE rende possibile
la produzione di massa ed è alla base delle economie di scala, di saturazione e di
apprendimento.
La standardizzazione si manifesta in varie forme, alcune sono note come uniformazione e
modularità. Standardizzare i prodotti conviene perché consente di standardizzare anche i
processi di produzione di tali prodotti consentendo in questo modo di ridurre i costi.
Si ha risparmio perché il prodotto e il processo standardizzati sono progettati una sola volta
e perché producendo ripetutamente pezzi uguali si hanno benefici relativi all’apprendimento.
Molti prodotti sono formati da una pluralità di componenti che devono essere standardizzati
anch’essi. Standardizzare i componenti comporta: riduzione della tolleranza di fabbricazione
(per far si che gli stessi componenti si adattino perfettamente gli uni agli altri senza doverli
modificare volta per volta); uniformazione dei componenti (uno stesso componente può
essere utilizzato per realizzare prodotti differenti o comunque per differenti applicazioni).
Gli standard facilitano la cooperazione e il coordinamento in scala globale creando similarità
e omogeneità anche tra popoli che sono tra loro differenti.
Ci può essere uniformità anche tra beni complementari, si pensi ad i carburanti per i veicoli:
ciascun produttore di automobili potrebbe prevedere un tipo di carburante specifico per
ciascun motore ma ciò creerebbe alti costi di produzione e di distribuzione.
Di grande rilievo è anche il fenomeno degli standard di fatto ossia dei prodotti che diventano
dominanti e che costringono tutti i produttori di beni complementari ad adattarsi ad essi
sistema. Quando i componenti di un bene assumono un significativo livello di complessità
si tende a denominarli ‘moduli’, ossia articolazioni più semplici di un bene complesso che
possono essere prodotti e progettati indipendentemente ma che poi devono poter
funzionare assieme formando un bene complesso. I moduli devono essere quindi
compatibili e devono poter interagire tra loro. Le regole per la standardizzazione possono
essere decise a livello della singola impresa o a livello sovra-aziendale. La modulazione di
un bene comporta diversi vantaggi: i diversi moduli possono essere prodotti indipendente

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l’uno dall’altro e la loro progettazione può avvenire in parallelo accorciando i tempi necessari
per portare il prodotto sul mercato. La produzione in modulo consente a diversi attori di
focalizzarsi sulla loro singola produzione e ciò riduce la complessità delle attività di
produzione e progettazione.
La produzione in modulo si accompagna a fenomeni di specializzazione delle aziende e di
articolazioni della filiera in diversi attori economici. La standardizzazione può produrre però
anche svantaggi perché i prodotti non soddisfano le attese di una varietà di clienti o ancora
perché scatenano guerre di prezzo o riducono gli incentivi all’innovazione perché gli
standard si modificano in tempi lunghi.
Le strategie d’impresa studiano come sfruttare i vantaggi della standardizzazione ma nel
contempo come godere delle libertà sufficienti ad attuare combinazioni economiche flessibili
ed originali.
Esistono molti prodotti la cui utilità è legata al numero di clienti che utilizzano lo stesso bene
o beni complementi, si parla in questo caso di esternalità di rete. Le fonti di esternalità sono
diverse: possono essere generate dal numero di utenti che ne fanno uso (es telefonia), o
possono essere relative alla presenza di prodotti complementari che per essere compatibili
devono condividere gli stessi standard o ancora perché per un bene è rilevante che ci sia
una rete di assistenza sul territorio.

11.2 Le scelte di dimensionamento della capacità produttiva: economie di scala e


saturazione
La capacità produttiva è il numero massimo di unità di output producibili in un certo intervallo
di tempo e date certe condizioni operative. Non è sempre detto che i programmi di utilizzo
aziendale prevedano l’uso di tutta a capacità disponibile, la produzione effettiva infatti può
essere inferiore alla capacità produttività massima dell’impianto.
Numerose sono le attività aziendali coinvolte nella realizzazione di un certo prodotto
commercializzato da un’azienda ed ognuna di esse produce un proprio output ed ha una
propria capacità produttiva. Pertanto una delle principali competenze richieste a chi deve
gestire l’azienda è proprio la capacità di saper coordinare e bilanciare le diverse capacità
produttive delle attività in modo da ridurre al minimo gli sprechi. Se un’attività ha capacità
produttiva inferiore rispetto alle altre si va in contro al fenomeno del collo di bottiglia che
rappresenta un vincolo allo sviluppo delle potenzialità degli altri reparti o attività.
ECONOMIE DI SCALA: sono la riduzione dei costi unitari che si ottengono istallando
capacità produttive maggiori, consentendo costi unitari minori.
Le condizioni che le rendono possibili dei vantaggi dell’ economia scala sono:
• Indivisibilità di alcuni componenti: alcuni fattori della produzione non possono essere
ridotte come dimensioni al di sotto di una scala minima
• Maggiore produttività degli input per effetto della specializzazione: risorse
specializzate svolgono la loro specifica produzione in maniera più efficiente e con
risultati più qualitativi
• Proprietà geometrica dei contenitori: laddove la capacità è legata al volume dei
contenitori nei quali la produzione avviene, l’aumento della capacità si sviluppa in
potenza 3 mentre i costi legati alla superficie quadrata si sviluppano con potenza 2.
• Maggiore efficienza degli impianti di maggiori dimensioni: gli impianti migliorano di
efficienza all’aumentare della potenza installata
• Minori costi unitari d’acquisto legato all’aumento del potere contrattuale

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ECONOMIE DI SATURAZIONE. I costi di un’azienda sono suddivisi in due categorie: i costi
che variano proporzionalmente ai volumi prodotti (costi variabili) e costi che non variano
(costi fissi).
I costi fissi sono costi collegati ad una data capacità produttiva, all’aumentare dello
sfruttamento della capacità produttiva il costo fisso è ripartito su un numero maggiore di
output prodotti e questo determina una riduzione del costo unitario.

11.3 Le scelte di durata delle produzioni: le economie di apprendimento


Le economie di saturazione sono la riduzione del costo unitario dovuto ad un aumento
dell’esperienza dei lavoratori dovuto alla produzione di quantità addizionali dei beni. Si
misurano in termini di volume di produzione accumulata sino ad un certo tempo. Man mano
che si replica l’attività di produzione il tempo impiegato infatti si riduce perché si “impara a
farla meglio” quindi si ha una riduzione di costo a parità di qualità e miglioramenti quantitativi
del prodotto.
Le economie di esperienza sono riduzioni regolari e prevedibili dei costi unitari che si
realizzano al crescere del volume di produzione cumulato.
Tale fenomeno venne misurato nel 1925 da Patterson che riuscì a capire che questa
riduzione era regolare: i tempi diminuivano nella stessa percentuale ad ogni raddoppio di
produzione. La costanza e la prevedibilità permettono di rappresentare tale relazione in una
curva denominata appunto curva d’esperienza, l’inclinazione della curva dipende dalla
velocità di apprendimento.
Sostanzialmente le economie di esperienza sono dovute a:
• Crescente abilità nello svolgimento delle attività dovuto alla capacità delle persone di
imparare
• Migliorare la selezione delle risorse produttive l’esperienza infatti fa si che si
comprenda meglio quali risorse produttive sono più opportune e convenienti
• Coordinamento più efficiente con l’esperienza infatti le persone imparano a
conoscersi e a lavorare in gruppo vi è inoltre un miglioramento nel layout cioè
nell’organizzazione fisica dello spazio interno
• elevata programmabilità delle attività l’esperienza accresce la prevedibilità degli
accadimenti e fa si che vengano date risposte più rapide
• Semplificazione dei prodotti e dei processi con il crescere dell’esperienza si riesce a
comprendere se esistono possibilità per semplificare i processi e i prodotti in modo
tale da ottenere costi più bassi
L’apprendimento da dunque luogo a: minori costi, miglioramenti qualitativi, migliore
sfruttamento delle risorse. Questo fa si che si possa comprendere l’andamento dei costi
dell’azienda, decidere le politiche di prezzo, assumere decisioni sulla divisione aziendale
interna del lavoro.

11.4 Le scelte di replicazione


Le strategie di replicazione si ispirano all’obiettivo di sfruttare competenze e routine presenti
nel patrimonio aziendale applicandole ad un grande numero di combinazioni economiche
parziali tra loro uniformi. Un esempio in questo senso è quello delle reti franchising

11.5 Le scelte di struttura dei costi


Il modello che utilizziamo per indagare le relazioni fra volumi effettivi, costi e risultato
economico è noto come “modello costi-volumi-risultati”. Questo modello consente di
illustrare e di modellizzare le relazioni che esistono fra i volumi effettivamente prodotti e
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venduti da un’impresa e i risultati operativi da questa conseguiti.
Come già detto in precedenza esistono due diverse categorie di costi: costi fissi, ovvero
costi non correlati al volume e costi variabili, strettamente collegati al volume di produzione.
I costi totali risultano essere la somma tra costi fissi e costi variabili. Analizzando la
composizione dei costi totali e unitari è possibile capire come: all’aumentare dei volumi i
costi variabili totali aumentano mentre i costi fissi restano invariati e all’aumentare dei volumi
i costi variabili unitari restano invariati mentre diminuisce la quota unitaria di costi fissi e di
conseguenza diminuisce il costo totale unitario.
Il punto di pareggio è l’ammontare di vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali,
può essere inteso come: numero di pezzi da produrre e vendere per andare a pareggio o
come fatturato da conseguire per arrivare al pareggio.
Il rischio operativo di un’azienda è la probabilità più o meno elevata di subire risultati
reddituali particolarmente negativi o positivi in relazione al fluttuare dei volumi di produzione
e di vendita. Esso è legato al punto di pareggio e all’elasticità operativa. L’elasticità operativa
è l’ampiezza della forbice fra ricavi e costi totali prima e dopo il punto di pareggio, essa è
legata all’incidenza dei costi variabili sui ricavi.

ABC CAPITOLO 12
12.1 Le scelte di estensione delle combinazioni economiche
Le imprese tendono a istallare grandi impianti produttivi per sfruttare le economie di scala e
di apprendimento, ma in generale le dimensioni di un’impresa sono determinate dalle scelte
di estensione delle combinazioni economiche. Un’impresa è tanto più grande quanto
maggiori sono le capacità produttive istallate, quanto numerose sono le funzioni e quante
più numerose sono le aree strategiche d’affari. Le combinazioni economiche di un impresa
si articolano in combinazioni parziali quali ricerca e sviluppo, produzione, logistica,
marketing, vendite, acquisti, contabilità, finanza etc. Ciascuna impresa deve quindi decidere
quante risorse investire in ciascuna funzione e quali funzioni svolgere all’interno dell’impresa
e quali svolgere all’esterno.
L’ESTENSIONE ORIZZONTALE è il numero e la disomogeneità di aree d’affari nelle quali
l’azienda opera ossia il suo grado di diversificazione.
Le strategie di diversificazione sono denominate anche strategie di portafoglio, con tale
espressione si evoca l’esigenza che l’impresa ha in ogni momento di disporre di un
portafoglio equilibrato di aree strategiche d’affari. Affinché la diversificazione porti ad un
aumento del valore dell’impresa la strategia di portafoglio deve mirare ad accrescere il
vantaggio competitivo delle singole attività mediante l’individuazione ed il perseguimento
delle sinergie tra diversi business. I criteri da considerare per capire cosa influisce sul
successo delle strategie di portafoglio sono:

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o attitudine a generare o assorbire mezzi monetari: cercare di combinare asa che
assorbono risorse finanziarie con asa che generano risorse finanziarie
o fase del ciclo di vita del prodotto: una strategia di portafoglio dovrebbe cercare di
combinare asa che si trovano in diverse fasi del ciclo di vita in modo da favorire uno
sviluppo dimensionale graduale e continuo.
o attrattività del mercato: la strategia di portafoglio dovrebbe favorire le asa che
presentano una struttura del sistema competitivo più favorevole e che consentono
più alti tassi di crescita del fatturato
o posizione competitiva dell’impresa nell’asa: la strategia di portafoglio dovrebbe
essere volta a consolidare le asa con buone posizioni competitive e a selezionare le
asa con posizioni competitive deboli, rafforzare la posizione richiede investimenti
rilevanti sia in termini finanziari sia in termini organizzativi
o sinergie non finanziarie
o attitudine a generare know-how strategico la gestione di una certa asa pur
sembrando apparentemente non conveniente dal punto di vista economico consente
di sviluppare esperienze e conoscenze utili ad altre asa
L’ESTENSIONE VERTICALE esprime il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera
produttiva svolte al proprio interno. E’ scarsamente integrata verticalmente un azienda che
svolge una sola specifica fase, al contrario fortemente integrata verticalmente un’impresa
che svolge tutte le fasi.
Le imprese tendono ad integrarsi a monte e a valle per:
o economizzare in termini di costi di transazione
o interiorizzare competenze o risorse strategiche
o ridurre l’accesso di concorrenti a risorse strategiche
I freni all’integrazione verticale sono:
o alti investimenti finanziari
o disomogeneità di dimensione minima economica e le diseconomie di scale o
saturazione ad esso legate
o rigidità strategica e la concentrazione del rischio

12.2 Le scelte di diversificazione e le economie di raggio d’azione


Produrre bene tra loro diversi può condurre a vantaggi economici per il fatto che le risorse
impiegate possono essere condivise, incrementate e sfruttate più efficientemente. Le
economie ottenibili grazie all’ampiamento della varietà dei prodotti vengono dette economie
di raggio d’azione o economie di scopo o sinergie. Si hanno tali economie quando
producendo unitariamente due o più beni diversi si realizzano vantaggi economici rispetto
al caso di loro produzione disgiunta in quanto si utilizzano risorse comuni ai due o più beni.
Le strategie di ampliamento della gamma di prodotti e servizi offerti si chiamano strategie
di diversificazione, per poter ottenere dei vantaggi da queste strategie è necessario che le
risorse (materiale e immateriali) vengano condivise e gestite unitariamente.
Le risorse materiali presentano il vincolo della capacità produttiva, affinché si realizzino
vantaggi economici per l’azienda è necessario che le risorse stesse abbiano ancora
capacità produttiva disponibili non utilizzata (insatura).
Le risorse immateriali possono essere l’immagine dell’azienda, la creatività e le competenze
del personale, il know-how tecnologico, la conoscenza dei clienti etc. Esse on presentano
limiti fisici di capacità produttiva ma possono essere sfruttate potenzialmente all’infinito. Le
risorse immateriali presentano però un vincolo di coerenza.

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Le economie di raggio d’azione si misurano confrontando i costi di realizzazione di due o
più beni condividendo le risorse rispetto ai costi sostenuti per produzioni autonome ossia in
assenza di condivisione delle risorse. Si ottengono economie di raggio d’azione se i costi di
produzione integrata sono inferiori alla somma dei costi della produzione disgiunta.
Le economie di raggio d’azione sono dovute a:
o condivisione di elementi materiali di struttura produttiva: impianti e attrezzature
(esempio la Ferrero soffriva la stagionalità dei propri prodotti ha inserito nella propria
gamma i prodotti freschi da conservare in frigo)
o condivisione di elementi materiali della struttura di vendita: canali e reti distributive
(esempio la Lavazza ha iniziato a produrre cialde monouso per l’utilizzo in macchine
da caffè localizzate negli uffici, per assicurarsi che venissero acquistate sempre le
proprie cialde lascia le macchinette in uso gratuito)
o condivisione di risorse immateriali: immagine, know-how, competenze manageriali.
(esempio la Procter &Gamble Italia ha sfruttato il proprio marchio per lanciare nuovi
prodotti in nuovi settori diversi da quelli inizialmente venduti)
Le economie di scopo possono essere raggiunte anche mediante accordi fra imprese
differenti ossia nell’ambito di aggregati interaziendali. Un esempio è quello delle campagne
pubblicitarie congiunte: aziende di abbigliamento raccomando l’uso di determinati detergenti
o aziende di elettrodomestici che consigliano l’uso di determinati prodotti anticalcare. In tutti
questi casi le aziende condividono le spese pubblicitarie e cercano di rafforzare la propria
immagine associandosi ad un partener di successo.

12.3 Le scelte di internazionalizzazione e di estensione e le economie di transazione


L’integrazione verticale di un’azienda rappresenta le decisioni riguardanti le attività da
svolgere all’interno dell’azienda. Decidere quali attività svolgere internamente è complesso
in quanto sono molti gli elementi che entrano in gioco: economie di scala, raggio d’azione
ed esperienza, le competenze e capacità delle quali le imprese possono disporre,
l’attrattività strategica dell’attività considerata, la disponibilità di mezzi finanziari. Molte scelte
non possono essere comprese se non si prendono in considerazione anche i costi che
occorre sostenere per effettuare le transazioni esterne e i costi che si sostengono nel
coordinamento e nella gestione dell’attività esternalizzate.
Una transazione si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso
un’interfaccia tecnologicamente separabile: una fase di attività termina ed un’altra inizia. Il
problema consiste nel decidere dunque quali transazioni internalizzare e per quali ricorrere
ad altri operatori e in che modo.
Esternalizzando le attività, diminuiscono i costi di coordinamento ma occorre sostenere costi
delle transazioni esterne:
o occorre raccogliere informazioni necessarie sui fornitori e gli acquirenti
o occorre negoziare e predisporre un contratto
o occorre premunirsi per prevenire comportamenti indesiderati da parte degli altri
contraenti
Nel caso di transazioni complesse bisogna tener conto di costi ex post, ossia
o si possono verificare disallineamenti fra le esigenze dei diversi contraenti
o nel tentare di eliminare questi disallineamenti si sostengono ulteriori costi di
negoziazione
o occorre disporre delle strutture di gestione delle transazioni ed elle dispute che da
queste possono scaturire
Gli elementi che influenzano i costi di transazione sono:
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o complessità informativa: i costi di transazione sono legati alla complessità informativa
della transazione stessa. All’aumentare della complessità informativa il mercato
diventa meno trasparente.
o specificità delle risorse: quando uno o più contraenti in una transazione devono
sostenere costi più o meno rilevanti per cambiare interlocutore. In mancanza di
specificità non vi è alcun vincolo all’interruzione della relazione.
o possibilità di comportamenti opportunistici o inadeguati: se non ci fosse
comportamento opportunistico non sarebbe necessario premunirsi con complesse
clausole contrattuali e nessuno approfitterebbe della specificità delle risorse.

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