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ECONOMIA: dal greco οἶκος (casa)+ νόμος (norma), è la scienza che studia le modalità di
allocazione di risorse limitate tra usi alternativi, al fine di massimizzare la soddisfazione dei
consumatori.
ECONOMIA AZIENDALE: è la branca dell’economia che studia le tecniche, i processi di
produzione e consumo dell’azienda, nonché l’aspetto scientifico della gestione aziendale.
Le persone, in quanto diverse tra loro, perseguono un insieme eterogeneo di fini. Tali fini si
esprimono sotto forma di bisogni, che trovano la propria soddisfazione nell’ATTIVITÀ
ECONOMICA, ovvero la produzione e il consumo di beni economici. Ogni individuo umano è al
centro degli studi economici, dal momento che l’attività economica è fatta dalle persone per le
persone.
I BISOGNI E I BENI
Ogni persona svolge un’attività economica dedita al soddisfacimento di determinati bisogni che
è così schematizzabile:
PERSONE à FINI à BISOGNI à BENI à ATTIVITA’ ECONOMICA
A. Maslow, nel 1954, ha formulato una gerarchia piramidale dei vari bisogni. Solo soddisfacendo
le categorie alla base si può assistere all’emergere di nuovi bisogni di livello successivo.
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LE CONDIZIONI DI PRODUZIONE
L’attività economica si attua con l’impiego delle CONDIZIONI DI PRODUZIONE, ovvero l’insieme
di tutti quegli elementi che, direttamente o indirettamente, contribuiscono in favore o ostacolo
alla produzione economica dell’impresa (es. materie prime, impianti). Le condizioni primarie di
produzione per un’impresa sono:
• Il lavoratore che offre lavoro all’impresa in maniera continuativa;
• Il capitale risparmio conferito a titolo di rischio.
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2) Modello secondo RAZIONALITÀ LIMITATA (Herbert Simon): l’individuo ha delle
aspettative iniziali quindi inizia una prima ricerca seguita da una valutazione delle varie
opzioni e da una rivalutazione delle attese iniziali che sono modificate. Questa ricerca si
concluderà con una scelta, dovuta a fattori esterni tali la mancanza di tempo o altre risorse,
che è detta scelta soddisfacente.
Nonostante i membri del gruppo siano tutti pari tra di loro c’è bisogno di un leader che guidi
il gruppo. Questa carica porta alla formazione di aspettative nei confronti di quella persona
e del ruolo che ricopre (il ruolo è il sistema delle attese che convergono su una persona).
Dato che la maggior parte delle persone fa parte di più gruppi sociali il loro comportamento
sarà influenzato in modi diversi e ci possono essere spesso tensioni di ruolo tra i vari gruppi.
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1.3. L’ECONOMIA AZIENDALE
PRINCIPI GENERALI
Come già detto, l’economia aziendale è la branca dell’economia che studia le tecniche, i
processi di produzione e consumo dell’azienda, nonché l’aspetto scientifico della gestione
aziendale.
L’oggetto proprio dell’economia aziendale si identifica assumendo come centro di
riferimento le attività economiche svolte dalle aziende, ovvero l’ORDINE ECONOMICO delle
imprese, che rappresenta il sistema degli accadimenti economici all’interno di esse.
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ABC 2 ISTITUTI, AZIENDE, SPECIALIZZAZIONE
2.1 GLI ISTITUTI
In ultima istanza, si possono individuare quattro tipologie d’istituto, contrapposti tra loro due
a due, come nel seguente schema:
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GLI ISTITUTI, LE AZIENDE, GLI AGGREGATI DI AZIENDE
Tutti gli istituti sono caratterizzati dal fine generale che è la produzione di remunerazioni;
quando si parla di AZIENDA si parla dell’ordine strettamente economico di un istituto.
Le principali tipologie d’azienda sono 4 -ognuna corrispondente a uno degli istituti prima
descritti- e si distinguono per assetto e fine immediato:
1) L’azienda familiare di consumo e di gestione patrimoniale ha come fine immediato il
soddisfacimento dei bisogni dei membri della famiglia;
2) L’azienda di produzione ha come fine immediato la produzione di rimunerazioni;
3) L’azienda composta pubblica ha come fine la produzione ed il consumo di beni
pubblici;
4) L’azienda non-profit ha come fine la produzione di remunerazioni e consumo dei beni
privati.
AZIENDE DI PRODUZIONE
Si definisce IMPRESA un istituto nel quale, alla produzione economica, corrisponde il
formarsi di costi e ricavi unitari di mercato.
L’impresa è un istituto con dominanti caratteri e finalità di tipo economico, che partecipa al
raggiungimento del bene comune della società umana, e in essa gioca un ruolo
fondamentale
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o La gestione finanziaria: insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno
finanziario. Per sostenere l’impresa e soprattutto per avviarla è necessario il
capitale “proprio” e il capitale di “prestito”. Si occupa principalmente di
sostenere i costi dell’impresa.
o La gestione patrimoniale: insieme delle operazioni di investimento di risorse
monetarie che sono “eccedenti” rispetto alla gestione caratteristica, parliamo
quindi di liquidità connessa a investimenti per l’impresa.
o La gestione assicurativa: si occupa di coprire dei rischi particolari che possono
essere presenti in un’impresa.
o La gestione tributaria: operazioni volte al pagamento dei tributi nei confronti
dello Stato
• Operazioni di organizzazione: è la base dell’efficienza aziendale composta da due
punti fondamentali
o Progettazione dell’assetto organizzativo: chi deve fare cosa, chi dipende da
chi, è la struttura organizzativa dettagliata dell’azienda.
o Gestione dei prestatori di lavoro: Gestione dei costi, della selezione, della
carriera ecc. relativa al personale dell’impresa.
• Operazioni di rilevazione: Attività di raccolta, elaborazione, conservazione e
diffusione dei dati e delle informazioni necessarie a compiere delle scelte sia
all’interno dell’azienda sia nei confronti dell’esterno (contabilità dell’impresa, valida
non solo per scelte interne ma anche per chi, da fuori, vorrebbe investire)
Coordinazioni in dettaglio: il profilo reddituale e monetario
Tutte le gestioni che sono state elencate presentano certamente costi e ricavi e insieme
concorrono a determinale il risultato reddituale di un’impresa e possono pesare in maniera
diversa sugli utili e sulle perdite.
Classifichiamo quindi le gestioni come attive, (caratteristica e patrimoniale), se
contribuiscono a generare introiti, passive (finanziaria, assicurativa, tributaria) se invece
assorbono parte del reddito.
Il profilo reddituale è definito come il formarsi dei costi e dei ricavi, risultato appunto delle
gestioni; Il profilo monetario, strettamente connesso al precedente ma non coincidente, è
invece l’insieme dei flussi di entrate e uscite, risultato dei pagamenti o delle riscossioni avute
grazie alle negoziazioni.
Tutte le classi di attività comportano lo svolgimento di attività interne e attività esterne
(relazioni con altri istituti economici). Le negoziazioni servono per acquisire le condizioni di
produzione e per cedere i prodotti (e le correlate condizioni di produzione). Vi sono diversi
tipi di negoziazioni che riguardano: beni privati, beni pubblici, lavoro, capitale di rischio,
capitale di prestito, rischi “particolari”.
I mercati sono imperfetti e la razionalità degli individui è comunque limitata e ciò non
permette alle negoziazioni di essere svolte in condizione di perfetta trasparenza ed equilibrio
tra le parti, ma i concetti essenziali da valutare per una visione non troppo “ingenua”,
intendiamo quindi una negoziazione il più possibile bilanciata tra le parti, sono: costi di
transizione, asimmetria informativa, investimenti specifici e forza contrattuale.
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relazioni internazionali, istruzione e cultura, assistenza e previdenza, sanità, trasporti e
comunicazioni, sviluppo economico. In ciascuna di queste interviene offrendo una pluralità
di prodotti destinati a varie categorie di cittadini (prodotti, destinatari, aree geografiche).
3.3.2. COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI
Le coordinazioni economiche parziali dello Stato sono riconducibili a:
- CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE: il suo assetto istituzionale si
evolve ogni volta che cambiano le aree nelle quali deve intervenire, i rapporti da configurare
con i prestatori di lavoro, le forme dirette e indirette con cui realizzare la produzione e
l’erogazione dei beni pubblici, l’interazione con altre pubbliche amministrazioni,
l’impostazione del sistema fiscale, le relazioni con i cittadini attraverso gli organi elettivi ed
amministrativi.
- GESTIONE:
a. gestione caratteristica: la gestione caratteristica dello Stato si svolge in tre classi di
operazioni:
- produzione diretta o indiretta di beni: può decidere di produrre sia beni pubblici
puri, sia beni privati o misti, sia in maniera diretta (proprio lo Stato) sia in maniera indiretta
(attraverso imprese che possiede). I costi possono essere coperti attraverso tasse o tariffe
correlate all’utilizzo del bene, imposte non correlate o tariffe proporzionate ai costi.
-
emanazione di leggi e regolamenti: in generale può essere considerata come l’attività
essenziale degli istituti pubblici ed influenza il soddisfacimento dei bisogni pubblici, si
distinguono le norme che impongono divieti, autorizzazioni, e regole di comportamento e le
norme che impongono la produzione di beni pubblici da parte di soggetti privati.
-
trasferimenti di mezzi monetari: assegnazione di una parte di mezzi monetari raccolti dallo
Stato ad istituti che non fanno parte della pubblica amministrazione, sia volti ad attuare
ridistribuzioni di ricchezza sia volti a finanziare attività o ad adottare comportamenti giudicati
di interesse pubblico.
b. gestione finanziaria: è molto rilevante, spesso lo Stato e gli istituti pubblici non riescono
a coprire i loro costi con le entrate tributarie e devono coprire i loro deficit ricorrendo
all’indebitamento. Il fabbisogno finanziario dello Stato può essere soddisfatto con varie
forme di debiti di finanziamento (emissione di titoli di debito pubblico).
c. gestione patrimoniale: si compone di operazioni di investimento e di disinvestimento in
beni da reddito e rivalutazione finalizzate alla produzione di ricavi addizionali a quelli della
gestione caratteristica. Di solito lo Stato e gli altri istituti pubblici sono in deficit, ossia non
dispongono di risorse da dedicare alla gestione patrimoniale.
d. gestione assicurativa: si svolge con modalità analoghe a quelle delle imprese dovendo
coprire numerose classi di rischi particolari. In alcuni casi lo Stato diviene anche
l’assicuratore a favore di famiglie, imprese, istituti non-profit a fronte di particolari eventi
dannosi quali le calamità naturali.
e. gestione tributaria: svolge due gestioni tributarie: una gestione tributaria passiva, nella
quale lo Stato paga varie categorie di tributi, e una gestione tributaria attiva. Questa si
compone dei processi di definizione delle caratteristiche e dei livelli dei tributi, di
accertamento, di prevenzione e repressione dell’evasione fiscale, di riscossione. Può anche
essere vista come parte della gestione caratteristica, costituendo il corrispettivo (nelle
diverse forme nelle quali si possono classificare i tributi: prezzi, tariffe, imposte) della
produzione ed erogazione dei servizi pubblici.
- ORGANIZZAZIONE: queste operazioni sono simili a quelle delle imprese, si tratta di
impostare la struttura organizzativa e i sistemi operativi in modo da assicurare efficienza,
motivazione e flessibilità. Due importanti differenze rispetto alle imprese sono: il delicato
rapporto tra organi politici eletti dai cittadini e gli organi amministrativi formati da tecnici, il
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prevalere del principio della legalità (applicazione uniforme della legge) rispetto a quello
dell’imprenditorialità (soluzioni varie e sempre nuove).
- RILEVAZIONE: sono più complesse rispetto a quelle delle imprese in quando devono
rappresentare anche le dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati dello Stato.
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pagamento di vari tipi di tributi (imposte, tasse e contributi a fronte del diritto di accedere ai
beni prodotti dallo Stato).
- ORGANIZZAZIONE: dato in numero di persone componenti la famiglia non si presentano
particolari problemi di progettazione organizzativa.
- RILEVAZIONE: possono essere utili dei sistemi elementari atti a supportare alcune scelte
di gestione familiare.
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richiedono rimborsi tempificati, inoltre è strettamente connessa a quella parte della gestione
caratteristica che consiste nel fundraising, ossia nella raccolta di contributi non
corrispondenti a specifiche prestazioni dell’INP.
c. gestione patrimoniale: può essere del tutto trascurabile in diversi INP in quanto
difficilmente generano risparmio, tuttavia alcuni godono di importanti patrimoni sia finanziari
sia immobiliari; in questi casi la gestione patrimoniale assume grande rilevanza in quanto
capace, se ben gestita, di produrre redditi importanti per l’equilibrio economico dell’INP.
d. gestione assicurativa: assume varia rilevanza in relazione all’attività svolta dagli INP.
Nel caso di INP che svolgono attività in settori rischiosi quali quello sanitario o ospedaliero,
della protezione civile, oppure agli INP proprietari di patrimoni immobiliari di elevato valore
artistico.
e. gestione tributaria: è strettamente connessa alla gestione caratteristica. Lo Stato, infatti,
accorda agli INP agevolazioni fiscali sia in termini di minori o nulli carichi fiscali sia in termini
di contributi pubblici. La presenza di INP riduce l’intervento diretto da parte dello Stato e
quindi le agevolazioni fiscali vanno a compensare i costi che altrimenti lo Stato dovrebbe
sostenere per la propria presenza diretta.
- ORGANIZZAZIONE: deve realizzare buoni risultati di efficienza basati anche su alti livelli
di motivazione del personale e deve tenere conto di due fattori: bisogna tenere alta la
tensione rispetto all’efficienza, poiché negli INP mancano forti attese di produzione di
risultati reddituali e bisogna garantire correttezza nei comportamenti al fine di salvaguardare
l’immagine di affidabilità; se l’immagine dell’INP si degrada, il fundraising diventa
problematico.
- RILEVAZIONE: sono più complesse rispetto a quelle delle imprese in quando devono
rappresentare anche la dimensione sociale degli obiettivi e dei risultati raggiunti e rafforzare
l’affidabilità e l’accountability dell’istituto.
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acquistate (prezzo-costo o prezzo-ricavo), mentre si parla di prezzo complessivo se si
considera la quantità di moneta.
I valori numerari sono tutti i valori d’azienda che esprimono strumenti di regolamento degli
scambi, mezzi cioè che caratteristicamente sorgono per la funzione tipica della moneta,
assumono appunto l’attributo numerario (crediti o debiti di regolamento, disponibilità di
cassa).
I valori non numerari sono tutti i valori che, al contrario, non ineriscono a strumenti
di regolamento (costi e ricavi, crediti o debiti di prestito).
Le operazioni di scambio originano varie forme di credito, ovvero quando le prestazioni
fondamentali dell’azienda compratrice e dell’azienda venditrice non sono eseguite
contestualmente (se la prestazione differita ha per oggetto un bene = credito in natura, se
ha per oggetto il pagamento della quantità di moneta corrispondente a un prezzo = credito
monetario).
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4.3.3. LE PREROGATIVE, I PRINCIPI E LE STRUTTURE DI GOVERNO ECONOMICO
Il soggetto economico (che di regola coincide con il soggetto d’istituto) esercita le
prerogative di governo economico (parte del governo d’istituto), che essenzialmente
consistono nel diritto-dovere di:
- fissare gli obiettivi, le strategie e le politiche dell’istituto
-
scegliere i soggetti che contribuiranno alla vita economica dell’istituto e stipulare con questi
patti e contratti
- progettare e mettere in atto le strutture di governo e di controllo - sorvegliare il
funzionamento dell’istituto
Quando il soggetto di istituto e il soggetto economico sono formati da molte persone, si
rende necessario configurare strutture e meccanismi che rappresentino adeguatamente tutti
gli interessi e diano luogo a processi decisionali efficienti. Nell’ipotesi che il soggetto
economico coincida con una sola categoria di portatori di interessi si avrà una struttura di
governo economico basata essenzialmente su tre organi:
- un’assemblea dei membri del
soggetto economico, quale organo supremo di indirizzo generale e di nomina sia dei membri
dell’organo decisionale di governo economico, sia dell’organo di controllo;
- un organo
decisionale di governo economico, composto da una o poche persone con specifiche
competenze tecniche e manageriali che configura e indirizza l’attività della struttura
organizzativa;
- un organo di controllo che verifica l’operato dell’organo decisionale.
Il governo economico deve ispirarsi ad alcuni principi generali tra cui vi sono:
- il principio di
economicità (o vita duratura economica), ossia la capacità dell’istituto di svolgersi in
autonomia economica, senza il ricorso sistematico a coperture di perdite da parte di altre
economie.
- il principio del contemperamento degli interessi, ossia l’adozione di strutture e
processi, e soprattutto di atteggiamenti e comportamenti, ispirati alla logica della
partecipazione e del confronto.
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in tutte le imprese:
- il fine immediato delle imprese è rappresentato dalla produzione di
rimunerazioni e di altre connesse condizioni per i membri del soggetto economico.
- le
prerogative di governo economico nelle imprese riguardano: le scelte di assetto istituzionale
(organi di governo e loro struttura, scelte di fusioni, scorpori, concentrazioni, accordi,
relazioni interaziendali), le scelte di configurazione delle combinazioni produttive (oggetto
sociale, dimensione, diversificazione, integrazione, internazionalizzazione) e le scelte di
assetto tecnico, assetto organizzativo e organismo personale.
- il soggetto economico è
unico e unitario.
- il principio generale di governo è quello del contemperamento degli
interessi, infatti chi governa l’impresa deve sempre tenere conto delle attese di tutti i portatori
di interessi e deve ricercare soluzioni adeguate.
Nella realtà accade spesso che, l’insieme delle persone che dovrebbero esercitare il
governo economico (il soggetto economico), non coincida con l’insieme di persone che, di
fatto, esercitano il governo economico, si parla in questo caso di soggetto economico
improprio. I casi più frequenti nelle imprese sono quando:
- il governo è esercitato da insiemi di persone che non rappresentano l’intero soggetto
economico, ma solo una parte di esso (azionisti di controllo trascurando quelli di
minoranza);
- il governo è esercitato da insiemi di persone che non fanno parte del soggetto
economico (esponenti politici che vogliono interferire nelle strategie di un’impresa).
L’ECONOMICITÀ
5.1. L’ECONOMICITÀ COME PRINCIPIO E OBIETTIVO
5.1.1. L’EQUILIBRIO ISTITUZIONALE E L’EQUILIBRIO ECONOMICO
L’economicità o equilibrio economico di un istituto è una delle condizioni fondamentali
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dell’equilibrio istituzionale.
Si ha equilibrio istituzionale quando tutti i membri del soggetto
di istituto:
- condividono i valori e gli obiettivi che ispirano la vita dell’istituto, le sue strutture,
le modalità di governo e le logiche organizzative.
- ricevono ricompense e benefici giudicati equi rispetto ai contributi forniti.
L’equilibrio
istituzionale è un equilibrio di lungo periodo ed è caratterizzato da:
- durabilità: le persone
che partecipano alla vita degli istituti si attendono che l’istituto perduri nel tempo e gli istituti
nel tempo accumulano patrimoni di relazioni e di competenze che sono relativamente
indipendenti dalle persone.
- autonomia: la libertà di scegliere i propri fini e le proprie
modalità di governo, senza sottostare alla volontà di altri istituti fatte salve le norme di legge
e le gerarchie interaziendali concordate al momento della formazione di un aggregato
interaziendale.
Si ha equilibrio economico, ossia economicità, quando l’istituto nel suo insieme è in grado
di attrarre risorse sufficienti per remunerare tutte le condizioni di produzione e di consumo
utilizzate per svolgere le proprie combinazioni economiche (operare senza produrre
perdite).
L’equilibrio istituzionale e l’equilibrio economico sono interconnessi, ma non
sincroni.
In quanto condizione di vita degli istituti di ogni ordine, l’economicità è contemporaneamente
un principio e un obiettivo fondamentale di buon governo degli istituti.
Indici Liquidità
Gli indici relativi alla liquidità dicono quanto l’azienda è in grado di far fronte ai pagamenti a
breve (e a medio) termine. Utilizzano solo indicatori di Stato Patrimoniale.
Solidità
Gli indici di solidità sono rilevanti per determinare quanto un’impresa è capace di far fronte
agli impegni di medio-lungo termine, oppure di affrontare in modo proficuo shock esterni
(es. calo della domanda). Utilizzano solo indicatori di SP.
RI (Rapporto di Indebitamento)
Ci sono 3 Rapporti di Indebitamento:
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Redditività
Gli indici di redditività si riferiscono alla capacità dell’impresa di generare ricchezza;
utilizzano anche indicatori di Conto Economico.
ROA (1) = Reddito Operativo / Attivo Netto
ROA (2) = Reddito Operativo Gestione
Caratteristica / Attivo Netto
Il Return On Asset, indice che per antonomasia indica la bravura dei manager, indica in
percentuale quale è stato il reddito prodotto in rapporto alle Attività Nette dell’azienda.
Un
valore ideale è possibile stabilirlo solo dopo il confronto con le medie di settore, poiché
strutturalmente alcuni settori sono più redditizi di altri. Se (1) e (2) sono molto diversi significa
che c’è stata molta gestione patrimoniale.
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costo opportunità del capitale di rischio, ovvero con investimenti alternativi di pari livello di
rischio, poiché gli azionisti potrebbero spingersi verso forme diverse di allocazione delle
proprie risorse.
Leva Finanziaria
Detto anche Rapporto di Indebitamento, è un indice che serve a misurare il livello di
indebitamento di un’azienda.
Leva = Capitale Proprio + Capitale di terzi / Capitale Proprio -> Fonti di finanziamento /
Capitale Proprio.
Se il valore è 1, l’azienda ha utilizzato solo capitale di rischio; se è compreso tra 1 e 2, il
capitale proprio è maggiore del capitale di terzi; se l’indice è maggiore di 2, il capitale di terzi
è maggiore dal capitale proprio.
In linea generale, più il valore dell’indice è alto, più l’azienda
è da considerarsi rischiosa; come visto in precedenza, l’aumento del livello di rischio spinge
i conferenti capitale di rischio ad aspettarsi remunerazioni maggiori. È abbastanza logico
pensare quindi che il debito non sia da considerare solo come aspetto negativo, ma anzi
come opportunità per aumentare il risultato d’esercizio. Valori troppo elevati tuttavia
espongono troppo l’azienda al rischio, rendendo concreta l’opportunità di fallimento.
Le decisioni in campo economico:
- sono sempre soggette al vincolo di scarsità delle risorse
(l’innovazione rimuove questo vincolo infatti una nuova idea può produrre o migliori risultati
a parità di risorse o pari risultati con minor risorse);
- impongono attente e rigorose analisi di
convenienza economica comparata che possono essere svolte ricorrendo a modelli di
analisi economica per le decisioni;
- si svolgono in condizioni di incertezza e, dunque,
comportano rischi (l’innovazione può produrre sia vantaggi che danni);
- si svolgono in
condizioni di razionalità limitata, anche se sono intenzionalmente razionali, inoltre sono
soggetti a rischi di ritualizzazione;
- producono conseguenze più o meno ampie e stabili sulle
condizioni di futuro svolgimento dell’impresa.
L’impresa si ispira a due principi: compiere scelte decise ma che consentano adeguati gradi
di flessibilità e rinnovare le basi per il futuro sviluppo.
Da una parte, il sistema di prodotto è il complesso oggetto tramite cui l’azienda ricerca il
consenso dei clienti; dall’altro, esso è l’arma usata per sfidare la concorrenza. Ogni
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elemento può essere essenziale nel confronto competitivo e dar luogo a una combinazione
vincente.
La progettazione del sistema di prodotto è essenziale, perché da essa dipendono
principalmente le componenti positive e negative di reddito. A seconda di com’è configurato
il sistema di prodotto, i clienti percepiscono l’utilità dello stesso, cioè gli attribuiscono un
dato valore. Per massimizzare le vendite, quindi, un’impresa deve arricchire il suo prodotto,
ma un prodotto più ricco richiede maggiori costi. Dei costi maggiori impongono prezzi più
alti, i quali possono comportare una riduzione della domanda. Bisogna quindi trovare la
giusta combinazione tra queste variabili.
Per impostare il processo decisionale che conduce alle scelte di configurazione del sistema
di prodotto, si fa riferimento al modello della FORMULA COMPETITIVA.
Esso pone in correlazione 3 micro variabili:
• Il sistema di prodotto
• Il sistema competitivo, ovvero lo spazio abitato dai clienti e dai concorrenti
• La struttura e le risorse aziendali,ovvero l’insieme delle condizioni fisiche,
patrimoniali, relazionali e organizzative che consentono di elaborare un sistema di
prodotto originale e competitivo.
Infatti, il successo della strategia competitiva dipende dalla consonanza tra queste 3
microvariabili: L’impresa deve capire quali sono le attese decisive per i clienti, ovvero i
fattori critici di successo e qual è l’attuale offerta dei concorrenti. Quindi, deve configurare
un sistema di prodotto che possegga dei vantaggi competitivi rispetto a quelli dei
concorrenti e sviluppare delle risorse e delle strutture che contengano delle competenze
distintive, in modo che per i concorrenti sia difficile imitarle.
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Un rischio è quello di concentrarsi troppo sui fattori critici e trascurare gli altri fattori, per i
quali il cliente si aspetta comunque un livello minimo di prestazione.
Parlando di fattori critici e vantaggio competitivo, è indispensabile un continuo riferimento ai
clienti intermedi e soprattutto finali. Bisogna quindi conoscere approfonditamente il proprio
mercato di sbocco, e per farlo può convenire individuare degli insiemi omogenei di clienti
(segmenti) in base all’ambito geografico o ad altre caratteristiche comuni.
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• Estese strutture per l’assistenza tecnica pre e post-vendita: (personale tecnico,
servizi on-line ecc);
• Cooperazione con i “subcontractors” e capacità di project management.
10.5 IL SISTEMA DI PRODOTTO E LA FORMULA COMPETITIVA: SINTESI ED ESEMPI
In sintesi, nelle aziende di successo, a formula competitiva presenta una serie di
caratteristiche:
• Un sistema di prodotto dotato di un vantaggio concorrenziale di costo o
differenziazione;
• Un mercato di cui sono stati compresi a fondo i fattori critici di successo;
• Una struttura dotata di competenze distintive;
• Una relazione di coerenza fra le tre caratteristiche precedenti.
Le manifestazioni del successo in questione sono i risultati reddituali e i risultati competitivi,
ossia la dominanza di mercato misurabile in termini di quota di mercato, livello della clientela
servita ecc.
ABC CAPITOLO 11
11.1 Standardizzazione, uniformazione e modularità
In questa sezione analizziamo i motivi economici che spingono le imprese a standardizzare
la produzione e ad assumere grandi dimensioni. La STANDARDIZZAZIONE rende possibile
la produzione di massa ed è alla base delle economie di scala, di saturazione e di
apprendimento.
La standardizzazione si manifesta in varie forme, alcune sono note come uniformazione e
modularità. Standardizzare i prodotti conviene perché consente di standardizzare anche i
processi di produzione di tali prodotti consentendo in questo modo di ridurre i costi.
Si ha risparmio perché il prodotto e il processo standardizzati sono progettati una sola volta
e perché producendo ripetutamente pezzi uguali si hanno benefici relativi all’apprendimento.
Molti prodotti sono formati da una pluralità di componenti che devono essere standardizzati
anch’essi. Standardizzare i componenti comporta: riduzione della tolleranza di fabbricazione
(per far si che gli stessi componenti si adattino perfettamente gli uni agli altri senza doverli
modificare volta per volta); uniformazione dei componenti (uno stesso componente può
essere utilizzato per realizzare prodotti differenti o comunque per differenti applicazioni).
Gli standard facilitano la cooperazione e il coordinamento in scala globale creando similarità
e omogeneità anche tra popoli che sono tra loro differenti.
Ci può essere uniformità anche tra beni complementari, si pensi ad i carburanti per i veicoli:
ciascun produttore di automobili potrebbe prevedere un tipo di carburante specifico per
ciascun motore ma ciò creerebbe alti costi di produzione e di distribuzione.
Di grande rilievo è anche il fenomeno degli standard di fatto ossia dei prodotti che diventano
dominanti e che costringono tutti i produttori di beni complementari ad adattarsi ad essi
sistema. Quando i componenti di un bene assumono un significativo livello di complessità
si tende a denominarli ‘moduli’, ossia articolazioni più semplici di un bene complesso che
possono essere prodotti e progettati indipendentemente ma che poi devono poter
funzionare assieme formando un bene complesso. I moduli devono essere quindi
compatibili e devono poter interagire tra loro. Le regole per la standardizzazione possono
essere decise a livello della singola impresa o a livello sovra-aziendale. La modulazione di
un bene comporta diversi vantaggi: i diversi moduli possono essere prodotti indipendente
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l’uno dall’altro e la loro progettazione può avvenire in parallelo accorciando i tempi necessari
per portare il prodotto sul mercato. La produzione in modulo consente a diversi attori di
focalizzarsi sulla loro singola produzione e ciò riduce la complessità delle attività di
produzione e progettazione.
La produzione in modulo si accompagna a fenomeni di specializzazione delle aziende e di
articolazioni della filiera in diversi attori economici. La standardizzazione può produrre però
anche svantaggi perché i prodotti non soddisfano le attese di una varietà di clienti o ancora
perché scatenano guerre di prezzo o riducono gli incentivi all’innovazione perché gli
standard si modificano in tempi lunghi.
Le strategie d’impresa studiano come sfruttare i vantaggi della standardizzazione ma nel
contempo come godere delle libertà sufficienti ad attuare combinazioni economiche flessibili
ed originali.
Esistono molti prodotti la cui utilità è legata al numero di clienti che utilizzano lo stesso bene
o beni complementi, si parla in questo caso di esternalità di rete. Le fonti di esternalità sono
diverse: possono essere generate dal numero di utenti che ne fanno uso (es telefonia), o
possono essere relative alla presenza di prodotti complementari che per essere compatibili
devono condividere gli stessi standard o ancora perché per un bene è rilevante che ci sia
una rete di assistenza sul territorio.
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ECONOMIE DI SATURAZIONE. I costi di un’azienda sono suddivisi in due categorie: i costi
che variano proporzionalmente ai volumi prodotti (costi variabili) e costi che non variano
(costi fissi).
I costi fissi sono costi collegati ad una data capacità produttiva, all’aumentare dello
sfruttamento della capacità produttiva il costo fisso è ripartito su un numero maggiore di
output prodotti e questo determina una riduzione del costo unitario.
ABC CAPITOLO 12
12.1 Le scelte di estensione delle combinazioni economiche
Le imprese tendono a istallare grandi impianti produttivi per sfruttare le economie di scala e
di apprendimento, ma in generale le dimensioni di un’impresa sono determinate dalle scelte
di estensione delle combinazioni economiche. Un’impresa è tanto più grande quanto
maggiori sono le capacità produttive istallate, quanto numerose sono le funzioni e quante
più numerose sono le aree strategiche d’affari. Le combinazioni economiche di un impresa
si articolano in combinazioni parziali quali ricerca e sviluppo, produzione, logistica,
marketing, vendite, acquisti, contabilità, finanza etc. Ciascuna impresa deve quindi decidere
quante risorse investire in ciascuna funzione e quali funzioni svolgere all’interno dell’impresa
e quali svolgere all’esterno.
L’ESTENSIONE ORIZZONTALE è il numero e la disomogeneità di aree d’affari nelle quali
l’azienda opera ossia il suo grado di diversificazione.
Le strategie di diversificazione sono denominate anche strategie di portafoglio, con tale
espressione si evoca l’esigenza che l’impresa ha in ogni momento di disporre di un
portafoglio equilibrato di aree strategiche d’affari. Affinché la diversificazione porti ad un
aumento del valore dell’impresa la strategia di portafoglio deve mirare ad accrescere il
vantaggio competitivo delle singole attività mediante l’individuazione ed il perseguimento
delle sinergie tra diversi business. I criteri da considerare per capire cosa influisce sul
successo delle strategie di portafoglio sono:
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o attitudine a generare o assorbire mezzi monetari: cercare di combinare asa che
assorbono risorse finanziarie con asa che generano risorse finanziarie
o fase del ciclo di vita del prodotto: una strategia di portafoglio dovrebbe cercare di
combinare asa che si trovano in diverse fasi del ciclo di vita in modo da favorire uno
sviluppo dimensionale graduale e continuo.
o attrattività del mercato: la strategia di portafoglio dovrebbe favorire le asa che
presentano una struttura del sistema competitivo più favorevole e che consentono
più alti tassi di crescita del fatturato
o posizione competitiva dell’impresa nell’asa: la strategia di portafoglio dovrebbe
essere volta a consolidare le asa con buone posizioni competitive e a selezionare le
asa con posizioni competitive deboli, rafforzare la posizione richiede investimenti
rilevanti sia in termini finanziari sia in termini organizzativi
o sinergie non finanziarie
o attitudine a generare know-how strategico la gestione di una certa asa pur
sembrando apparentemente non conveniente dal punto di vista economico consente
di sviluppare esperienze e conoscenze utili ad altre asa
L’ESTENSIONE VERTICALE esprime il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera
produttiva svolte al proprio interno. E’ scarsamente integrata verticalmente un azienda che
svolge una sola specifica fase, al contrario fortemente integrata verticalmente un’impresa
che svolge tutte le fasi.
Le imprese tendono ad integrarsi a monte e a valle per:
o economizzare in termini di costi di transazione
o interiorizzare competenze o risorse strategiche
o ridurre l’accesso di concorrenti a risorse strategiche
I freni all’integrazione verticale sono:
o alti investimenti finanziari
o disomogeneità di dimensione minima economica e le diseconomie di scale o
saturazione ad esso legate
o rigidità strategica e la concentrazione del rischio
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Le economie di raggio d’azione si misurano confrontando i costi di realizzazione di due o
più beni condividendo le risorse rispetto ai costi sostenuti per produzioni autonome ossia in
assenza di condivisione delle risorse. Si ottengono economie di raggio d’azione se i costi di
produzione integrata sono inferiori alla somma dei costi della produzione disgiunta.
Le economie di raggio d’azione sono dovute a:
o condivisione di elementi materiali di struttura produttiva: impianti e attrezzature
(esempio la Ferrero soffriva la stagionalità dei propri prodotti ha inserito nella propria
gamma i prodotti freschi da conservare in frigo)
o condivisione di elementi materiali della struttura di vendita: canali e reti distributive
(esempio la Lavazza ha iniziato a produrre cialde monouso per l’utilizzo in macchine
da caffè localizzate negli uffici, per assicurarsi che venissero acquistate sempre le
proprie cialde lascia le macchinette in uso gratuito)
o condivisione di risorse immateriali: immagine, know-how, competenze manageriali.
(esempio la Procter &Gamble Italia ha sfruttato il proprio marchio per lanciare nuovi
prodotti in nuovi settori diversi da quelli inizialmente venduti)
Le economie di scopo possono essere raggiunte anche mediante accordi fra imprese
differenti ossia nell’ambito di aggregati interaziendali. Un esempio è quello delle campagne
pubblicitarie congiunte: aziende di abbigliamento raccomando l’uso di determinati detergenti
o aziende di elettrodomestici che consigliano l’uso di determinati prodotti anticalcare. In tutti
questi casi le aziende condividono le spese pubblicitarie e cercano di rafforzare la propria
immagine associandosi ad un partener di successo.
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