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Notazioni (§1.1)
Simboli usati in matematica, per semplificare la scrittura di equazioni e teoremi.
S IMBOLO S IGNIFICATO
∀ “per ogni” (detto quantificatore universale)
∃ “esiste” (detto quantificatore esistenziale)
∃! “esiste ed è unico”
=⇒ implicazione logica
⇐⇒ “se e solo se”
:= definizione (a := b si legge “a per definizione è uguale a b”)
: “tale che”
| “tale che”
∧ “e” (detto congiunzione logica)
∨ “o” (detto disgiunzione logica)
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lezione 01
Insiemi (§1.1)
Un insieme può essere definito elencando i suoi elementi, ad esempio
A := 0, 1, 2, 3, −1, −2 ,
Evidentemente A = B.
Gli insiemi verranno indicati con lettere maiuscole (A, B, C, . . .), i loro elementi con
lettere minuscole (a, b, c, . . .). L’ espressione “a ∈ A” si legge “a appartiene ad A”.
Gli elementi di un insieme possono avere natura arbitraria (insieme dei punti di una
retta, insieme dei giocatori di una squadra di calcio, l’insieme dei caratteri di un
alfabeto, etc.). Possono anche essere essi stessi degli insiemi. Ad esempio, dati
C := {1, 2} e D := {1, 4}, possiamo formare l’insieme:
E := {C, D} = {1, 2}, {1, 4} .
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lezione 01
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lezione 01
Fissare un verso vuol dire scegliere una semiretta fra le due uscenti da O.
Per convenzione se P 6= O appartiene a tale semiretta, diremo che O precede P.
In caso contrario diremo che P precede O.
O P
| {z }
x
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lezione 01
x2 = −1
I numeri complessi si ottengono dai reali aggiungendo ad essi una radice del numero
√
reale −1, detta unità immaginaria ed indicata con il simbolo “i” o “ −1”.
Un numero complesso è un numero della forma
√
z=x+ −1 y x, y ∈ R .
√
Sia z 0 = x 0 + −1 y 0 (con x 0 , y 0 ∈ R). I numeri complessi si sommano e moltiplicano
secondo la regola
√ √
z + z 0 = (x + x 0 ) + −1 (y + y 0 ) , z · z 0 = xx 0 − yy 0 + −1 (xy 0 + x 0 y) .
Un’equazione polinomiale (di grado > 1) ammette sempre soluzioni in campo complesso!
(Torneremo sull’argomento più avanti. . . )
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lezione 01
Definizione 1.2.2
Intersezione, unione e differenza:
A ∩ B := x : x ∈ A ∧ x ∈ B ,
A ∪ B := x : x ∈ A ∨ x ∈ B ,
A r B := x : x ∈ A ∧ x ∈
/B .
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lezione 01
Diagrammi di Venn
Un insieme può essere visualizzato graficamente utilizzando un diagramma di Venn,
che consiste nel rappresentare gli elementi di un insieme finito con dei punti racchiusi
da una curva (tipicamente un cerchio o un ellisse). Ad esempio,
√
A := 7, Paolo, 2
Paolo
√
2
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lezione 01
A∩B A∪B
A B A B
ArB BrA
A B A B
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lezione 01
A ⊆ B ∧ B ⊆ A =⇒ A = B
A∩A=A∪A=A
A∩∅=∅
A∪∅=A
A∩B=B∩A (proprietà commutativa di ∩)
(A ∩ B) ∩ C = A ∩ (B ∩ C) (proprietà associativa di ∩)
(A ∪ B) ∪ C = A ∪ (B ∪ C) (proprietà associativa di ∪)
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lezione 01
Definizione 1.2.3
Il prodotto cartesiano di due insiemi A e B, indicato con A × B, è l’insieme delle coppie
ordinate aventi il primo elemento in A ed il secondo in B. Quindi:
A × B := (a, b) : a ∈ A ∧ b ∈ B .
Esempio
Il prodotto cartesiano di A = {0, 1, 5} e B = {0, 1, 2} è l’insieme
A×B= (0, 0) , (0, 1) , (0, 2) , (1, 0) , (1, 1) , (1, 2) , (5, 0) , (5, 1) , (5, 2)
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lezione 01
n-uple (§3.1)
(a1 , a2 , a3 , . . . , an ) ∈ An .
Esempi:
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lezione 01
Fissato un sistema di
P(x, y) riferimento, ogni punto
y
P della retta è indivi-
duato da un una coppia
ordinata di numeri reali
α
(x, y) ∈ R2 , detti ascissa
O x e ordinata del punto P.
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lezione 01
Funzioni/applicazioni (§1.3)
Definizione 1.3.4
Una applicazione (o funzione) f da A in B è una legge che associa ad ogni elemento
x di A un elemento y = f(x) in B, detto immagine di x tramite f. L’ insieme A si dice
dominio e l’insieme B si dice codominio di f.
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lezione 01
Funzioni/applicazioni (§1.3)
Una applicazione f : A → B si dice
Esempi:
Sia A l’insieme dei giocatori di Napoli, Lazio e Inter, B l’insieme delle tre squadre di
calcio citate, ed f : A → B la funzione che associa ad ogni giocatore la squadra a cui
appartiene. Tale funzione è suriettiva, ma non è iniettiva.
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lezione 01
Esempi:
p p
a a
q q
b b
r r
c s s c
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lezione 01
idA : A → A
x 7→ idA (x) = x
Definizione 1.3.9
Date due applicazioni
f g
A −−−−→ B −−−−→ C
la loro composizione, indicata con g ◦ f, è quella applicazione h : A → C definita da
h(x) := g f(x)
per ogni x ∈ A.
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lezione 01
Composizione di applicazioni
a p p α
q q
b β
r r
c s s γ
f:A→B g:B→C
a α
b β
c γ
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lezione 01
vale l’uguaglianza h ◦ (g ◦ f) = (h ◦ g) ◦ f.
f◦g=g◦f
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lezione 01
a a a a
b b b b
c c c c
f:A→A g:A→A
Allora:
a a a a
b b b b
c c c c
g◦f:A→A f◦g:A→A
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lezione 01
Esempio
L’ inversa della funzione
f : R+ → R+ , f(x) := x2
è la funzione
√
g : R+ → R+ , g(y) := y
a p p a
b q q b
c r r c
f:A→B f−1 : B → A
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lezione 01
Matrici (§3 e 4)
Una matrice di tipo m × n è una tabella di elementi disposti in m righe e n colonne:
a11 a12 ... a1n
a a22 ... a2n
21
A :=
.. .. ..
. . .
am1 am2 ... amn
lezione 02
Date due matrici A = (aij ) ∈ Rm,n e B = (bij ) ∈ Rm,n , indicando con Ri il vettore
riga formato dalla i-esima riga di A e con Cj il vettore colonna formato dalla j-esima
colonna di B (per ogni i = 1, . . . , m e j = 1, . . . , n), si ha:
b1j
b
2j
Ri = ai1 , ai2 , . . . , ain Cj =
..
.
bmj
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lezione 02
v + w := (v1 + w1 , v2 + w2 , . . . , vn + wn ) ,
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lezione 02
Esempi
Ricordiamo che per definizione:
v + w = (v1 + w1 , v2 + w2 , . . . , vn + wn ) ,
Esempio in R2
√
Sia v = (1, 2) e w = (π, −7). Allora
√ √
v + w = (1 + π, 2 − 7) w + v = (π + 1, −7 + 2)
Esempio in R3
√ √
(2, 0, − 5) + (3, 12, π) = (5, 12, π − 5)
√ √ √
3 · (5, 2, 7) = (3 · 5, 3 · 2, 3 · 7) = (15, 3 2, 21)
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lezione 02
Proposizione 4.1.1
Somma e moltiplicazione per uno scalare soddisfano le seguenti proprietà:
i) ∀ u, v, w ∈ Rn si ha
1. v + w = w + v (proprietà commutativa di +)
2. (u + v) + w = u + (v + w) (proprietà associativa di +)
3. v + 0Rn = v (0Rn è elemento neutro)
4. v + (−v) = 0Rn (esistenza dell’opposto)
ii) ∀ k, k 0 ∈ R e ∀ v, w ∈ Rn si ha
5. (k + k 0 )v = kv + k 0 v (proprietà distributiva I)
6. k(v + w) = kv + kw (proprietà distributiva II)
7. k(k 0 v) = (kk 0 )v
8. 1 · v = v
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lezione 02
Verifica (Dimostrazione).
v + w = (v1 + w1 , v2 + w2 , . . . , vn + wn )
= (w1 + v1 , w2 + v2 , . . . , wn + vn ) = w + v
(u + v) + w = (u1 + v1 , u2 + v2 , . . . , un + vn ) + (w1 , w2 , . . . , wn )
= (u1 + v1 ) + w1 , (u2 + v2 ) + w2 , . . . , (un + vn ) + wn
= u1 + (v1 + w1 ), u2 + (v2 + w2 ), . . . , un + (vn + wn )
= (u1 , u2 , . . . , un ) + (v1 + w1 , v2 + w2 , . . . , vn + wn )
= u + (v + w)
3. v + 0Rn = (v1 + 0, v2 + 0, . . . , vn + 0)
= (v1 , v2 , . . . , vn ) = v
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lezione 02
5. (k + k 0 )v = (k + k 0 )v1 , (k + k 0 )v2 , . . . , (k + k 0 )vn
= (kv1 + k 0 v1 , kv2 + k 0 v2 , . . . , kvn + k 0 vn )
= (kv1 , kv2 , . . . , kvn ) + (k 0 v1 , k 0 v2 , . . . , k 0 vn )
= kv + k 0 v
6. k(v + w) = k(v1 + w1 ), k(v2 + w2 ), . . . , k(vn + wn )
= (kv1 + kw1 , kv2 + kw2 , . . . , kvn + kwn )
= (kv1 , kv2 , . . . , kvn ) + (kw1 , kw2 , . . . , kwn )
= kv + kw
7. k(k 0 v) = k(k 0 v1 ), k(k 0 v2 ), . . . , k(k 0 vn )
= (kk 0 )v1 , (kk 0 )v2 , . . . , (kk 0 )vn
= (kk 0 )v
8. 1v = (1 · v1 , 1 · v2 , . . . , 1 · vn )
= (v1 , v2 , . . . , vn ) = v
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lezione 02
Esempio
" # " # " # " #
"√ √ #
1 7 12 0 13 7 √ 1 1
4
3 4
3
+ √ = √ 3· = √ √
2 π 3 −5 2+ 3 π−5 2 π 2 3 π 3
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lezione 02
i) ∀ A, B, C ∈ Rm,n si ha
1. A + B = B + A (proprietà commutativa di +)
2. (A + B) + C = A + (B + C) (proprietà associativa di +)
3. A + 0Rm,n = A (0Rn è elemento neutro)
4. A + (−A) = 0Rm,n (esistenza dell’opposto)
ii) ∀ k, k 0 ∈ R e ∀ A, B ∈ Rm,n si ha
5. (k + k 0 )A = kA + k 0 A (proprietà distributiva I)
6. k(A + B) = kA + kB (proprietà distributiva II)
7. k(k 0 A) = (kk 0 )A
8. 1 · A = A
( . . . analogue a quelle dei vettori riga, che si riottengono come caso particolare per m = 1)
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lezione 02
A · B := a1 b1 + a2 b2 + . . . + an bn
Esempio
Se A = (−1, 7, 3) e B = t (9, 2, 5) si ha
A · B = −1 · 9 + 7 · 2 + 3 · 5 = −9 + 14 + 15 = 20 .
Più in generale date due matrici A = (aij ) ∈ Rm,n e B = (bij ) ∈ Rn,p , il loro prodotto
C = A · B è la matrice che in posizione (i, k) ha l’elemento
Xn
cik = Ri · Sk = aij bjk
j=1
lezione 02
B : n righe, p colonne
b11 ... b1k ... b1p
.. .. .. .. ..
. . . . .
bj1 ... bjk ... bjp
1k
·b
1
ai
.. .. .. .. ..
+
..
. . . . .
.+
jk
·b
+
..
.+
k
·b
n
n
ai
a11 ... a1j ... a1n c11 ... c1k ... c1p
.. .. .. .. .. .. .. .. .. ..
. .
. . . . . . . .
ai1 ... aij ... ain ci1 ... cik ... cip
.. .. .. .. .. .. .. .. .. ..
. . . . . . . . . .
am1 ... amj ... amn cn1 ... cnk ... cnp
Esercizio 10.1.2
Date
" # 1 2
1 2 −1
A= , B = 3 1 ,
3 0 1
2 4
calcolare le matrice A · B.
Soluzione.
" # " #
1·1+2·3−1·2 1·2+2·1−1·4 5 0
A·B= =
3·1+0·3+1·2 3·2+0·1+1·4 5 10
X
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lezione 02
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lezione 02
Esercizio
Data la matrice " #
2 4
A=
−1 −2
calcolare A2 = A · A.
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lezione 02
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lezione 02
calcolare A · I4 .
calcolare A · t B.
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lezione 03
lezione 03
i) (A + A 0 )B = AB + A 0 B;
ii) A(B + B 0 ) = AB + AB 0 ;
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lezione 03
i) t
(A + A 0 ) = t A + t A 0 ;
ii) t
(AB) = ( t B) · ( t A) ;
iii) t
(λA) = λ( t A) .
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lezione 03
Definizione
Elementi di Rn,n si dicono matrici quadrate. Notazione alternativa: Mn (R).
Se A = (aij ) ∈ Mn (R) è una matrice quadrata, gli elementi aii (1 6 i 6 n) si dice
che formano la diagonale principale di A.
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lezione 03
Proposizione 10.2.2
Per ogni A ∈ Rm,n si ha
Im A = AIn = A .
Diciamo che In è elemento neutro rispetto al prodotto di matrici.
Esercizio
Date " # " #
3 1 2 −1
A= , B= ,
5 2 −5 3
calcolare i prodotti AB e BA.
Definizione (§10.3)
Una matrice A ∈ Mn (R) si dice invertibile se esiste B ∈ Mn (R) tale che
A · B = B · A = In .
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lezione 03
0x = 2 3x + 0y = 7
Alcune applicazioni:
Circuiti elettrici. Leggi di Kirkoff (e Ohm: V = RI):
X X
Ie − Iu = 0 (la somma algebrica delle correnti in un nodo è zero)
X
Vi = 0 (la somma algebrica delle tensioni lungo una linea chiusa è zero)
Una n-upla
v = (v1 , . . . , vn ) ∈ Rn
Esempio 3.2.1
(4, 1, 6) ∈ R3 è una soluzione dell’equazione 3x1 + x2 − 2x3 = 1.
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lezione 03
Esercizio 3.2.2
Si verifichi che le triple
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lezione 03
Esempio 3.2.3
Si considerino i tre sistemi
x1 + 3x2 = 0 x1 − x2 = 0 x1 + x2 = 0
x1 + 3x2 = 1 x1 + x2 = 2 2x1 + 2x2 = 0
Dato un sistema Σ, possono verificarsi solo tre casi (come dimostreremo più avanti):
1. non esistono soluzioni;
2. una soluzione esiste ed è unica;
3. esistono infinite soluzioni.
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lezione 03
con aij ∈ R.
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lezione 03
A è detta matrice dei coefficienti, B è detta colonna dei termini noti, (A|B) è detta
matrice completa del sistema.
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lezione 03
Esercizio 3.3.1
Si scriva la matrice completa del sistema:
x1 − 2x2 + x3 = 1
2x1 − 4x2 = 2
Esercizio 3.3.2
Scrivere il sistema di equazioni lineari la cui matrice completa è:
1 1 2 4
(A|B) =
0 1 −2 −3
0 0 1 2
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lezione 03
X = t (x1 , x2 , . . . , xn )
Infatti:
a11 a12 ... a1n x1 a11 x1 + a12 x2 + . . . + a1n xn
a a22 ... a2n
21 x2 a21 x1 + a22 x2 + . . . + a2n xn
A·X=
.. .. ..
.. =
. . . . ...
am1 am2 ... amn xn am1 x1 + am2 x2 + . . . + amn xn
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lezione 03
SΣ è un insieme convesso
Nelle notazioni della slide precedente, siano v = (v1 , . . . , vn ) e w = (w1 , . . . , wn ) due
soluzioni distinte ( v 6= w ) del sistema
A·X=B, (†)
ovvero due n-uple di numeri reali tali che valgano le identità fra vettori colonna
A · tv = B , A · tw = B .
λv + (1 − λ)w (∗)
(1) se a 6= 0 la soluzione esite, è unica ed è data da x = a−1 b.
(2 0 ) se b 6= 0 il sistema è incompatibile
ax = b =⇒
(2) se a = 0 allora
(2 00 ) se b = 0, l’equazione è 0x = 0 e am-
mette infinite soluzioni: x = t è soluzione
per ogni t ∈ R.
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lezione 03
2x + 3y = 8
y = − 23 x + 8
3
= − 23 t + 8
3
(−2, 4)
(1, 2)
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lezione 03
a1 x1 + a2 x2 + . . . + an xn = b .
x1 = a−1 −1
1 b − a1 (a2 t2 + a3 t3 + . . . + an tn ) .
(1) se (a1 , . . . , an ) 6= (0, . . . , 0) le soluzioni in corrispondenza biunivoca con Rn−1 .
(2 0 ) se b 6= 0 il sistema è incompatibile.
(2) se (a1 , . . . , an ) = (0, . . . , 0) allora (2 00 ) se b = 0 ogni n-upla (t , . . . , t ) di
1 n
R è una soluzione.
n
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lezione 03
Esercizi (§3.6)
Esercizio 3.6.1
Scrivere l’equazione 1 − x = 3x + x nella “forma normale” ax = b .
Esercizio 3.6.2
Si scriva in forma normale l’equazione x + 2x = 3x .
Esercizio
√
Si scriva in forma normale l’equazione x + 7y = 2y + π x − 2.
Esercizio
Si consideri la matrice completa:
6 −4 0 3 2
(A|B) =
0 0 0 0 2
1 0 1 2 11
Soluzione. Dalla prima equazione si ricava x1 = 2. Sostituendo questo valore nella seconda
equazione si elimina l’incognita x1 e l’equazione si riduce a 6 + x2 = 5, ovvero x2 = −1.
Sostituendo nell’ultima equazione i valori trovati, si ottiene infine −2 − (−1) + x3 = 2, ovvero
x3 = 3. La soluzione del sistema esiste, è unica e data dalla terna (x1 , x2 , x3 ) = (2, −1, 3). X
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lezione 03
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lezione 04
Se n = 3,
|A| := a11 a22 a33 + a13 a21 a32 + a12 a23 a31 − a13 a22 a31 − a11 a23 a32 − a12 a21 a33
|A| := (a11 a22 a33 a44 · · · ann ) − (a12 a21 a33 a44 · · · ann ) + (a12 a23 a31 a44 · · · ann ) + . . .
lezione 04
Esempio 3.5.1
+ − 1 7
= 5 − (−14) = 19
−2 5
a11 a12
= a11 a22 − a12 a21 0 4
= 0 · 3 − 4 · 1 = −4
a21 a22 1 3
2 3
=6−3=3
1 3
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lezione 04
Esercizio 5.2.1
Calcolare il determinante delle matrici:
2 1 5 5
A= , B= .
4 7 2 4
Esercizio 10.2.7
Siano
2 7 5 3
A= , B= .
−1 4 2 1
Verificare che |AB| = |A| · |B|.
Teorema di Binet
Il determinante di un prodotto è il prodotto dei determinanti:
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lezione 04
+ + + − − −
a11 a12 a13 a11 a12
Esercizio 5.3.1
Si calcoli il determinante delle seguenti matrici:
1 2 1 1 2 3 3 0 0
A= 3 1 4 , B = 3 1 3 , C = 0 2 0 .
−3 5 −1 1 2 3 0 0 −7
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lezione 04
Definizione
La matrice Ahk si dice minore complementare dell’elemento ahk , e lo scalare
Slide 5/10
lezione 04
Esercizio 5.4.3
Calcolare il determinante della matrice
0 1 2 0
4 0 1 2
A=
3 1 1 0
0 2 1 4
Definizione 10.3.2
Sia A = (aij ) ∈ Mn (R). Chiamiamo matrice dei cofattori di A, indicata con A∗ , la
matrice n × n che si ottiene da A sostituendo l’elemento aij con il suo complemento
algebrico Γij :
A∗ := (Γij )
Slide 7/10
lezione 04
Esercizio 10.3.4
Calcolare la matrice dei cofattori di
3 1 5
A = 0 4 1
2 3 1
Soluzione.
4 1 0 1 0 4
+ − +
3 1 2 1 2 3
1 2 −8
1 5 3 5 3
1
A∗ =
− 3 + − = 14 −7 −7
1 2 1 2 3
−19 −3 12
1 5 3 5 3 1
+ − +
4 1 0 1 0 4
X
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lezione 04
1 t ∗
−1 1 Xn
X=A B= (A )B ovvero xi = Γji bj
|A| |A| j=1
lezione 04
Esercizio 14.3.3
Risolvere il sistema:
x1 + x3 = 3
2x1 + x2 − x3 = 0
−x1 + x2 =3
La soluzione è quindi x1 = 0, x2 = 3, x3 = 3 .
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lezione 05
Definizione 3.4.1
Due sistemi Σ e Σ 0 si dicono equivalenti, e si indica con Σ ∼ Σ 0 , se hanno le stesse
soluzioni. Quindi:
Σ ∼ Σ 0 ⇐⇒ SΣ = SΣ 0 .
Esempio
I due sistemi seguenti sono equivalenti:
x+y=0 x−y=1
x−y=1 x+y=0
Esempio
I due sistemi seguenti sono equivalenti:
x+y=1 2x + 2y = 2
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lezione 05
Ei ↔ Ej Ri ↔ Rj
Ei −→ λEi Ri −→ λRi
(III 0 ) Sostituire un’equazione Ei con quel- Sostituire una riga Ri con quella otte-
la ottenuta sommando ad essa un nuta sommando ad essa un multiplo di
multiplo di un’altra equazione Ej : un’altra riga Rj :
Ei −→ Ei + λEj Ri −→ Ri + λRj
Slide 2/16
lezione 05
lezione 05
Slide 4/16
lezione 05
Ri ←→ Rj Ri −→ Ri + λRj (i 6= j)
Slide 5/16
lezione 05
Primo passo:
Risultato:
a11 a12 a13 ... a1n 0
a11 0
a12 0
a13 ... 0
a1n
a21 a22 a23 ... a2n 0 0 0
0 a22 a23 ... a2n
a
A= 31 a32 a33 ... a3n
−−−−→ 0
A = 0 0
a23 0
a33 0
. . . a3n
. .. .. .. .. .. .. ..
. . . . .
. . . .
0 0 0
am1 am2 am3 ... amn 0 am2 am3 . . . amn
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lezione 05
Secondo passo:
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lezione 05
Esercizio
Usando il metodo di Gauss calcolare il determinante della matrice:
0 3 −3
A = 2 8 2
3 9 6
Secondo passo:
3 9 6 3 9 6
R3 →R3 − 32 R2
0 2 −2 −−−−−−−−→ 0 2 −2 =: B
0 3 −3 0 0 0
Esercizio 11.2.3
Usando il metodo di Gauss calcolare il determinante della matrice:
1 2 4
A = 2 2 5
4 3 8
Secondo passo:
1 2 4 1 2 4 1 2 4
R3 →R3 − 25 R2
0 −2 −3 −−−−−−−−→ 0 −2 −3 = 0 −2 −3 =: B
0 −5 −8 0 −5 − 52 (−2) −8 − 52 (−3) 0 0 − 12
lezione 05
Esercizio 11.2.5
Calcolare il determinante della matrice dipendente da tre parametri reali a, b, c ∈ R:
1 a a2
A = 1 b b2 .
1 c c2
Soluzione.
1 a a2 1 a a2
R2 →R2 −R1
A −−−−−−−→ 0 b−a b2 − a2 = 0 b−a (b − a)(b + a)
R3 →R3 −R1
0 c−a c2 − a2 0 c−a (c − a)(c + a)
Usando la proprietà 2 della proposizione 5.4.4, si trova:
1 a a2 1 a a2
|A| = (c − a) 0 b−a (b − a)(b + a) = (c − a)(b − a) 0 1 b + a
0 1 c+a 0 1 c + a
Facciamo ora lo sviluppo di Laplace rispetto alla prima colonna, e otteniamo:
1 b + a
|A| = (c − a)(b − a) = (c − a)(b − a)(c − b)
1 c+a
Notiamo che |A| = 0 se e solo se almeno due dei tre parametri a, b, c sono uguali. X
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lezione 05
Definizione 11.3.1
• Data una riga di una matrice ridotta, chiamiamo elemento speciale o pivot il
primo elemento non nullo (da sinistra) sotto il quale ci sono solo zeri.
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lezione 05
Osservazione 11.3.2
Una matrice è ridotta per righe se e solo se eliminando le righe nulle e riordinando
opportunamente le colonne si ottiene una matrice triangolare superiore completa.
Esempio:
0 7 5 0 0 3
1 3 2 4 0 0
A=
0 0 0 0 0 0
0 4 11 13 0 0
0 0 0 1 0 0
Eliminando le righe nulle (3a riga) e riordinando le colonne in modo che i pivot vadano
a finire sulla diagonale principale, si ottiene:
0 7 5 0 0 3 3 0 7 0 5 0
1 3 2 4 0 0 0 1 3 4 2 0
0
A −→ −→ A =
0 4 11 13 0 0 0 0 4 13 11 0
0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0
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lezione 05
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lezione 05
1. m 6 n.
2. m > n e bn+1 = bn+2 = . . . = bm = 0.
3. m > n ed i coefficienti bn+1 , bn+2 , . . . , bm non sono tutti nulli: in questo caso il
sistema è incompatibile in quanto almeno una equazione è del tipo 0x = bi 6= 0.
Nei primi due casi il sistema è compatibile. A meno di eliminare equazioni del tipo
0 = 0, possiamo assumere che sia m 6 n. Il sistema ha quindi la forma:
a11 x1 + a12 x2 + a13 x3 + . . . + a1m xm + . . . + a1n xn = b1
a22 x2 + a23 x3 + . . . + a2m xm + . . . + a2n xn = b2
a33 x3 + . . . + a3m xm + . . . + a3n xn = b3
.. .. .. ..
. . . .
amm xm + . . . + amn xn = bn
con aii 6= 0 ∀ i = 1, . . . , m. Si risolve per sostituzione dal basso verso l’alto, con
xm+1 , xm+2 , . . . , xn variabili libere.
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lezione 05
Soluzione. Risolviamo dal basso verso l’alto rispetto all’incognita che moltiplica il pivot.
Si ha x1 = −x3 (3a eq.) che sostito nelle rimanenti due dà:
−2x3 + x2 + 2x3 + 1x4 = 1 x2 + 1x4 = 1
⇐⇒
−2x3 + 3x2 − x3 = 3 3x2 − 3x3 = 3
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lezione 05
Poiché un sistema ridotto differisce da uno a scala solo per l’ordinamento delle
colonne, possiamo affermare che:
I Le incognite che non moltiplicano (in nessuna delle righe) un pivot sono libere.
I Un sistema ridotto si può risolvere per sostituzione dal basso verso l’alto rispetto
alle incognite che moltiplicano i pivot.
I Sia n il numero di incognite e k il numero di righe non nulle della matrice dei
coefficienti (che è anche il numero di pivot). Se il sistema è compatibile, la
soluzione generale dipenderà da n − k parametri.
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lezione 06
I Per ottenere una matrice ridotta, si parte dalla prima riga non nulla di A, sia essa
la j-esima, e si sceglie un qualunque elemento ajk diverso da zero. Quindi si usa
(III 0 ) sulle righe successive, e si somma ad esse un multiplo opportuno di Rj ,
scelto in modo tale da ottenere tutti zeri sotto ajk . In formule:
aik
∀ i > j, Ri → Ri − Rj
ajk
I Si ripete il procedimento per tutte le righe non nulle, fino a che in ogni riga non
nulla non ci sia un pivot.
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lezione 06
Esercizio 12.1.2
Ridurre per righe la matrice
0 1 −2 1
3 −1 1 −9
A=
0 4 −8 7
4 −3 6 5
Soluzione. Il primo elemento non nullo nella prima riga è quello in posizione (1, 2).
Usiamo (III 0 ) per ottenere tutti zeri sotto di esso:
0 1 −2 1
R2 →R2 + R1
3 0 −1 −8
R3 →R3 −4R1
A −−− −−−−−−→ A 0 :=
R4 →R4 +3R1 0 0 0 3
4 0 0 8
Possiamo saltare la 2a riga. Usiamo (III 0 ) per ottenere zero sotto a34
0
:
0 1 −2 1
0 −1 −8
R4 →R4 − 38 R3 3
A 0 −−−−−−−− −→ A 00 :=
0 0 0 3
4 0 0 0 X
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lezione 06
Osservazione 12.2.1
Attenzione: è la matrice A 0 che deve essere ridotta per righe, non (A 0 |B 0 ).
Se (A 0 |B 0 ) è ridotta per righe, A 0 non è necessariamente ridotta per righe. Esempio:
" # " #
0 1 1 0 1
(A 0 |B 0 ) = A0 =
1 1 0 1 1
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lezione 06
Esempio 12.2.2
Ridurre il sistema di matrice completa:
0 1 −2 1
3 −1 1 −9
(A|B) =
0
4 −8 7
4 −3 6 5
Soluzione.
0 1 −2 1
R2 →R2 + R1
R3 →R3 −4R13 0 −1 −8
(A|B) −−−−−−−−→ =: (A 0 |B 0 )
R4 →R4 +3R1 0 0 0 3
4 0 0 8
X
Osservazioni:
I la matrice è la stessa dell’esercizio 12.1.2, ma stavolta ci siamo fermati al primo passo
perché interessati a ridurre solo la matrice dei coefficienti, e non la quella completa;
I notiamo che A 0 è ridotta, ma (A 0 |B 0 ) non lo è.
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lezione 06
Esercizio
Risolvere il sistema
x1 − x3 = −1
2x1 + x2 + 2x3 = 3
x2 + 3x3 = 3
Soluzione.
1 0 −1 −1 1 0 −1 −1
R2 →R2 −2R1
(A|B) = 2 1 2 3 −−−−−−−−→ 0 1 4 5
0 1 3 3 0 1 3 3
1 0 −1 −1
R →R −R2
−−3−−−3−−→ 0 1 4 5 =: (A 0 |B 0 )
0 0 −1 −2
Il sistema di matrice completa (A |B ) è:
0 0
x1 − x3 = −1
x1 = −1 + x3 = −1 + 2 = 1
x2 + 4x3 = 5 =⇒ x2 = 5 − 4x3 = 5 − 8 = −3
−x3 = −2 x3 = 2
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lezione 06
Soluzione.
1 2 3 4 1 2 3 4
R2 →R2 −λR1
(A|B) = λ −2 −3 −4 −−−−−−−−→ 0 −2(λ + 1) −3(λ + 1) −4(λ + 1)
R3 →R3 −R1
1 −2λ 3 4 0 −2(λ + 1) 0 0
Se λ 6= −1, dividendo la seconda riga per −(λ + 1) e la terza per −2(λ + 1) si ha:
x1 + 2x2 + 3x3 = 4
x1 = 0
2x2 + 3x3 = 4 =⇒ x2 = 0
x2 = 0 x3 = 34
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lezione 06
Esercizio
Si consideri il sistema di equazioni lineari dipendente da un parametro λ ∈ R:
x1 + x2 + x3 = 0
2x1 + x2 + x3 = 1
x1 + 2x2 + 2x3 = λ
Soluzione.
1 1 1 0 1 1 1 0 1 1 1 0
R2 →R2 −2R1 R3 →R3 +R2
(A|B) = 2 1 1 1 −−−−−−−→ 0 −1 −1 1 −−−−−−−→ 0 −1 −1 1
R3 →R3 −R1
1 2 2 λ 0 1 1 λ 0 0 0 λ+1
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lezione 06
Esempio
La prima matrice è ridotta ma non fortemente ridotta, la seconda è fortemente ridotta:
1 7 9 −1 9 0 0 9 1 9
A = 3 2 4 0 3 B = 1 0 4 0 3
0 5 5 0 1 0 1 5 0 1
Esempio
Applichiamo il metodo di Gauss-Jordan alla matrice
1 1 1 0
A = 2 2 0 −4
1 2 −1 −1
Soluzione. Riduzione:
1 1 1 0 1 1 1 0
R3 →R3 +R1 3 3 2
R →R −R
A −−−−−−−→ 2 2 0 −4 −−−−−−−→ 2 2 0 −4
2 3 0 −1 0 1 0 3
Pivot uguali ad 1:
1 1 1 0 1 1 1 0
R2 → 12 R2
2 2 0 −4 −−−−−−→ 1 1 0 −2
0 1 0 3 0 1 0 3
Tutti zeri sopra i pivot:
1 1 1 0 0 0 1 2 0 0 1 2
R1 →R1 −R2 R2 →R2 −R3
1 1 0 −2 −−−−−−−→ 1 1 0 −2 −−−−−−−→ 1 0 0 −5
0 1 0 3 0 1 0 3 0 1 0 3
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lezione 06
Esercizio
Usando il metodo di Gauss-Jordan risolvere il sistema:
x1 + x2 + x3 = 0
2x1 + 2x2 = −4
x1 + 2x2 − x3 = − 1
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lezione 06
AX = In
(n2 equazioni in n2 incognite)
Possiamo trasformare la matrice completa del sistema (A|In ) in una matrice della
forma (In |B). Il nuovo sistema, equivalente a quello di partenza, sarà:
In X = B
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lezione 06
Esercizio
Usando il metodo di Gauss-Jordan invertire la matrice:
1 0 2
A = 2 3 6
2 2 5
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lezione 06
Slide 13/16
lezione 06
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lezione 06
Se λ ∈
/ {0, 3} la matrice A 0 è ridotta per righe (per definizione, un pivot è un elemento
non nullo). Poiché non contiene equazioni del tipo 0 = b 6= 0, il sistema è compatibile.
Risolvendo per sostituzione si ottiene
1x1 + x3 = 0
1 3 1
x2 + (λ − 3)x3 = 1 ⇐⇒ (x1 , x2 , x3 ) = − , ,
λ λ λ
λx2 = 3
lezione 06
e non è ridotta per righe (nella seconda riga non c’è nessun pivot). Possiamo ridurla
come segue:
1 0 1 0
0 0
R3 →R3 −3R2
(A |B ) −−−−−−−→ 0 1 0 1
0 0 0 0
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lezione 07
Definizione 2.2.1
Una operazione interna (binaria) di un insieme S è una legge che associa ad ogni coppia
di elementi di S un terzo elemento di S che chiameremo “risultato dell’operazione”.
Osservazioni:
I Una operazione interna di S è una applicazione con dominio S × S e codominio S.
I Le operazioni tipicamente si indicano non con delle lettere ma con dei simboli:
∗, +, ·, ×, ÷, ∩, ∪, r etc.
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lezione 07
Esempi
Operazioni aritmetiche:
I Somma e prodotto fra numeri naturali, interi, razionali, reali, complessi sono
operazioni interne rispettivamente di N, Z, Q, R, C.
I La sottrazione è una operazione interna di Z, Q, R, ma non è una operazione
interna di N, poiché la differenza fra due numeri naturali non è sempre un numero
naturale (esempio: 2 − 7 = −5 è un intero negativo).
I La divisione non è una operazione interna di N o di Z (il rapporto fra due numeri
naturali/interi non è sempre un numero naturale/intero), né di Q o R (non si può
dividere per 0). E’ una operazione, ad esempio, di Q r {0} ed R r {0}.
Operazioni insiemistiche:
I Sia S un insieme e indichiamo con P(S) la collezione dei sottoinsiemi di S, detto
insieme delle parti di S; intersezione e unione sono operazioni interne di P(S).
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lezione 07
Tavole di Cayley
Dato un insieme S con un numero finito n di elementi (n > 2), possiamo definire una
operazione interna ∗ di S elencando per ogni coppia di elementi a, b ∈ S il risultato
a ∗ b dell’operazione. Graficamente, si può usare una tavola di Cayley.
∗ s1 s2 ... sn
s1 s1 ∗ s1 s1 ∗ s2 ... s 1 ∗ sn
s2 s2 ∗ s1 s2 ∗ s2 ... s 2 ∗ sn
.. .. .. ..
. . . .
sn sn ∗ s1 sn ∗ s2 ... s n ∗ sn
I In alto a sinistra scriviamo il simbolo scelto per indicare l’operazione (∗, +, ÷, etc.).
I Nella prima riga e nella prima colonna elenchiamo gli elementi di S.
I Il risultato x ∗ y dell’operazione fra due elementi x e y di S si ricava dalla tabella
selezionando x nella prima colonna, y nella prima riga, ed andando a leggere nella tabella
l’elemento nell’intersezione fra la riga di x e la colonna di y.
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lezione 07
Definizione 2.1.5
Siano K e S due insiemi. Una operazione esterna di S ad operatori in K è una
applicazione
K×S→S.
Esempio:
I Il prodotto di una matrice reale m × n per uno scalare λ ∈ R è una operazione
esterna di Rm,n ad operatori in R.
Definizione
Un insieme con delle operazioni (interne o esterne) è detto struttura algebrica.
Esempi:
I (N, +, · ) è una struttura algebrica con due operazioni (entrambe interne).
I L’insieme {FALSO, V ERO} con le operazioni O R e A ND è una struttura algebrica detta
algebra di Boole (alla base, fra le altre cose, del funzionamento dei computer).
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lezione 07
a∗b=b∗a,
a ∗ (b ∗ c) = (a ∗ b) ∗ c .
Esempi:
Commutativa Associativa
Somma di due numeri / n-uple / matrici X X
Unione e intersezione X X
Prodotto di due numeri X X
Prodotto fra matrici × X
Differenza fra insiemi × ×
Divisione × ×
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lezione 07
Esempi:
I il numero intero 0 è elemento neutro rispetto alla somma di due numeri;
I il numero intero 1 è elemento neutro rispetto al prodotto di due numeri;
I la matrice nulla 0Rm,n è elemento neutro rispetto alla somma di matrici m × n;
I la matrice identica In è elemento neutro rispetto al prodotto di matrici n × n.
Proposizione 2.1.8
Se (G, ∗) ha un elemento neutro, questo è unico. [. . . corollari]
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lezione 07
Definizione 2.1.9
Un elemento a ∈ G si dice simmetrizzabile (o invertibile) in (G, ∗, e) se esiste un
elemento b ∈ G tale che
a∗b=b∗a=e.
In tal caso b si dice simmetrico (o inverso) di a.
Esempi:
I Ogni elemento n di (Z, +, 0) è simmetrizzabile, ed il simmetrico è il suo opposto −n .
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lezione 07
Definizione
Sia (G, ∗, e) un insieme con una operazione associativa ed un elemento neutro. Una
struttura algebrica di questo tipo è detta monoide.
a∗b=e b0 ∗ a = e
b 0 ∗ (a ∗ b) = b 0 ∗ e = b 0 (b 0 ∗ a) ∗ b = e ∗ b = b
b 0 = b 0 ∗ (a ∗ b) = (b 0 ∗ a) ∗ b = b ,
lezione 07
Gruppi (§2.2)
Definizione 2.2.1
Un insieme G con una operazione interna ∗ ed elemento neutro e si dice gruppo se:
i) l’operazione ∗ è associativa;
Esempi:
I (Z, +, 0) e (Q r {0}, · , 1) sono gruppi commutativi.
I (Rm,n , +, 0Rm,n ) è un gruppo commutativo.
I L’insieme delle matrici reali n × n invertibili, con operazione data dal prodotto
righe per colonne, è un gruppo indicato con GL(n, R). E’ non commutativo se
n > 2. L’elemento neutro è In .
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lezione 07
Anelli (§2.2)
Definizione 2.2.3
Sia A un insieme dotato di due operazioni interne, che chiameremo “somma” (indicata
con +) e “prodotto” (indicato con · ), e di due elementi 0A e 1A . La struttura algebrica
(A, +, 0A , · , 1A ) si dice anello (con unità) se le seguenti proprietà sono soddisfatte:
1. (A, +, 0A ) è un gruppo commutativo;
2. il prodotto è associativo;
a · (b + c) = a · b + a · c (a + b) · c = a · c + b · c
Esempi:
I (Z, +, 0, · , 1) è un anello commutativo;
I per n > 2, le matrici n × n formano un anello non commutativo.
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lezione 07
Campi (§2.2)
Definizione 2.2.4
Un anello commutativo (con unità) K si dice campo se ogni elemento diverso da zero è
invertibile rispetto al prodotto.
Osservazione
Si possono considerare matrici con elementi in un campo K qualsiasi, e sistemi di equa-
zioni lineari con coefficienti in un campo K arbitrario. I teoremi enunciati sono validi nel
caso in cui invece di R si consideri un campo K arbitrario (ad esempio K = C o K = Q).
Slide 12/18
lezione 07
Definizione
Un polinomio di grado n > 0 in una variabile x e a coefficienti in un campo K è una
espressione del tipo
Slide 13/18
lezione 07
Un polinomio reale può non avere radici reali. Esempio: P(x) = x2 + 1 non ha radici
reali; ammette però due radici complesse. Diciamo che C è algebricamente chiuso,
poiché ogni equazione algebrica in C (di grado n > 1) ammette soluzioni.
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lezione 07
Per le equazioni di 3◦ e 4◦ grado esiste una formula risolutiva (vedere §A.5 e §A.6).
Per equazioni di grado superiore al quarto è noto che non esistono formule risolutive
esprimibili tramite radicali (Teorema di Abel-Ruffini).
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lezione 07
Esempio
Sia P(x) = x3 − 2x2 − 5x + 6 .
I divisori di a0 = 6 sono ±1, ±2, ±3, ±6; i divisori di a3 = 1 sono ±1; quindi
P(x) = (x − r)Q(x) + R
in cui
Q(x) = bn−1 xn−1 + . . . + b1 x + b0
è il quoziente della divisione ed R è una costante, detta resto. Si procede come segue:
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lezione 07
Usando il teorema delle radici razionali, Usando il teorema delle radici razionali,
scopriamo che una radice è r = − 12 . scopriamo che una radice è r = 1 .
Dividendo P(x) per x − r si ottiene: Dividendo P(x) per x − r si ottiene:
2 1 −4 −2 2 2 −1 −3
− 21 −1 0 2 1 2 4 3
2 0 −4 0 2 4 3 0
= b2 = b1 = b0 =R = b2 = b1 = b0 =R
Quindi: Quindi:
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lezione 08
Definizione 4.1.2
Un insieme non vuoto V è detto spazio vettoriale (reale) se in V sono definite una
operazione interna di “somma”:
s:V ×V →V , s(v, v 0 ) = v + v 0 ,
ed una operazione esterna di “prodotto per uno scalare”:
p:R×V →V , p(k, v) = kv ,
soddisfacenti le seguenti proprietà:
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lezione 08
v − v 0 = v + (−v 0 )
Esempi:
• le n-uple reali formano uno spazio vettoriale (reale), indicato con Rn ;
• le matrici reali m × n formano uno spazio vettoriale (reale), indicato con Rm,n ;
• i polinomi in x a coefficienti in R formano uno spazio vettoriale, indicato con R[x].
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lezione 08
Proposizione 4.2.1
Per ogni v, v 0 , v 00 ∈ V si ha
(i) v + v 0 = v + v 00 ⇐⇒ (ii) v 0 = v 00 .
0 + v 0 = 0 + v 00
lezione 08
0v = (0 + 0)v = 0v + 0v .
Aggiungendo 0 (elemento neutro) al primo membro, si ottiene 0v + 0 = 0v + 0v .
Dalla legge di semplificazione della somma segue che 0 = 0v .
2 k0 = 0 ∀ k ∈ R,
3 {k 6= 0} ∧ {v 6= 0} ⇒ kv 6= 0 . (ossia: ∀ k 6= 0, kv = 0 ⇒ v = 0)
b) ∀ k ∈ R e ∀ w, w 0 ∈ W si ha
c) ∀ k, k 0 ∈ R e ∀ w, w 0 ∈ W si ha kw + k 0 w 0 ∈ W .
Slide 5/12
lezione 08
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lezione 08
Osservazione
Uno spazio vettoriale V possiede sempre almeno due sottospazi: il primo è V stesso
(V ⊆ V ), il secondo è dato dal sottoinsieme { 0V } .
Proposizione 4.3.6
Sia SΣ ⊆ Rn l’insieme delle soluzioni di un sistema lineare Σ di matrice completa
(A|B) ∈ Rm,n+1 . SΣ è un sottospazio di Rn ⇐⇒ il sistema è omogeneo.
lezione 08
Sottospazi di R2
E’ un utile esercizio studiare i sottospazi di R2 , che possono essere visualizzati
graficamente usando un sistema di riferimento cartesiano.
ax + by = 0
è un sottospazio di R2 (prop. 4.3.6). Se (a, b) 6= (0, 0), l’equazione descrive una retta
passante per l’origine degli assi.
Vedremo più avanti che sono sottospazi di R2 solamente R2 stesso (l’intero piano),
{0R2 } (l’origine), e le rette passanti per l’origine del sistema di riferimento.
Sottospazi dello spazio tridimensionale sono quelli banali (l’origine e tutto lo spazio), e
rette e piani contenenti l’origine degli assi.
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lezione 08
Esercizi
Esercizio 5.1.1
Dire quali dei seguenti insiemi sono sottospazi di R2 :
I W1 = (x, y) ∈ R2 | x + y = 0
I W2 = (x, y) ∈ R2 | y = 4
I W3 = (x, y) ∈ R2 | x2 − y = 0
I W4 = (x, y) ∈ R2 | x − y = 0
I W5 = (x, y) ∈ R2 | x ∈ Z
lezione 08
∗∗∗
Slide 10/12
lezione 08
Esercizio
Dire quali dei seguenti sottoinsiemi di M2 (R) sono sottospazi vettoriali:
" #
a11 a12
W1 := : a11 , a12 , a22 ∈ R
0 a22
" #
a11 a12
W2 := ∈ M2 (R) : a21 = 0
a21 a22
" #
a11 a12
W3 := : a11 , a12 , a22 ∈ R
5 a22
" #
a11 a12
W4 := ∈ M2 (R) : a21 = 5
a21 a22
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lezione 08
Esercizio
In R2 si considerino i sottospazi vettoriali
U = (x, y) ∈ R2 : x = 0 , W = (x, y) ∈ R2 : y = 0 .
Esercizio
Sia V uno spazio vettoriale. Dimostrare che (−1)v = −v per ogni v ∈ V .
Soluzione. Sia w = (−1)v. Per l’unicità dell’opposto, basta provare che v + w = 0. Dalle
proprietà 5 e 8 della definizione di spazio vettoriale, e dalla legge di annullamento del prodotto,
segue la tesi:
v + w = 1v + (−1)v = (1 − 1)v = 0v = 0 X
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lezione 09
Esercizi
Esercizio
In R2 si considerino i sottospazi vettoriali
U = (x, y) ∈ R2 : x = 0 , W = (x, y) ∈ R2 : y = 0 .
Esercizio
In R3 si considerino i sottospazi vettoriali
U = (x, y, z) ∈ R3 : x + y = 4z , W = (a, 2b, 0) ∈ R3 : a, b ∈ R .
lezione 09
1 W1 ∩ W2 è un sottospazio di V .
2 W1 + W2 := v = w 1 + w 2 : w 1 ∈ W1 , w 2 ∈ W2 è un sottospazio di V .
Esempio 4.4.3
Siano V = R2 , W1 = {(x, y) ∈ R2 : y = 0}, W2 = {(x, y) ∈ R2 : x = 0}.
W1 e W2 sono sottospazi di R2 (asse orizzontale ed asse verticale).
W1 ∩ W2 = {(0, 0)} è l’origine degli assi. Dall’identità:
w = a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n , ai ∈ R.
Esempi
I In R2 , le coppia (2, 5) è combinazione lineare dei vettori (0, 1) e (1, 1). Infatti:
(2, 5) = 3(0, 1) + 2(1, 1) .
I Lo stesso vettore (2, 5) è anche combinazione lineare di (1, 1) e (1, −2). Infatti:
(2, 5) = 3(1, 1) − (1, −2) .
I Siano A, B, C ∈ R2,3 le matrici
" # " # " #
6 0 −12 4 2 −7 0 6 3
A= , B= , C= .
4 8 −5 3 5 −2 1 −1 4
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lezione 09
Esercizio
Dire se il vettore w = (1, 2, 3) di R3 è combinazione lineare dei vettori
v 1 = (1, 1, 1) v 2 = (3, 2, 1)
Esercizio 7.2.3
Dire se
1 (3, 2) ∈ L (0, 0), (2, 2) 3 (0, 0) ∈ L (1, −1), (2, 2)
2 (3, 2) ∈ L (1, −1), (2, 2) 4 (3, 2) ∈ L (1, 1), (2, 2)
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lezione 09
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lezione 09
Proposizione 6.1.1
Sia I = {v 1 , v 2 , . . . , v n } ⊂ V . L’insieme L(I) è un sottospazio di V , e si dice “spa-
zio generato dai vettori v 1 , . . . , v n ”, ovvero “spazio generato dall’insieme I”. I vettori
v 1 , . . . , v n si diranno suoi generatori.
Esercizio 6.1.2
Siano v 1 = (1, 0, −1) e v 2 = (2, 0, 0). Provare che L(v 1 , v 2 ) ( R3 .
Esempio
Sia V = R[x] e sia I = {1, x, x2 , x3 , . . . , xn } l’insieme dei monomi di grado 6 n in x.
Allora:
L(I) = a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 + . . . + an xn : a0 , a1 , . . . , an ∈ R
L(v 1 , . . . , v n ) = V .
Dimostrazione. Per assurdo, sia I = {P1 (x), P2 (x) . . . , Pn (x)} un insieme finito di generatori,
e sia d il grado del polinomio Pi (x) di grado più alto, per 1 6 i 6 n. Allora xd+1 ∈
/ L(I) ed
L(I) è un sottoinsieme proprio di R[x], contraddicendo l’ipotesi che I generi R[x].
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lezione 09
Definizione 6.1.5
Un insieme I = {v 1 , . . . , v n } ⊂ V si dice libero, ed i suoi vettori si dicono linearmente
indipendenti, se
a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n = 0 ⇐⇒ a1 = a2 = . . . = an = 0 ,
ovvero se l’unica loro combinazione lineare che dà il vettore nullo è quella banale, con
tutti i coefficienti uguali a zero. In caso contrario, l’insieme I si dirà legato ed i sui vettori
si diranno linearmente dipendenti.
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lezione 09
Esempio
In R3 , siano
Esempio
In R2,3 , consideriamo matrici:
" # " # " #
6 0 −12 4 2 −7 0 6 3
A= , B= , C= .
4 8 −5 3 5 −2 1 −1 4
Esempio
In R[x], consideriamo i polinomi:
L’insieme I = {P1 (x), P2 (x), P3 (x)} è legato, in quanto: 2P1 (x) − 11P2 (x) + 7P3 (x) = 0 .
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lezione 09
Osservazioni 6.1.6
I se 0 ∈ I, allora I è legato (infatti a1 0 + 0v 1 + 0v 2 + . . . + 0v n = 0 anche se a1 6= 0);
I se I è libero e I 0 ⊆ I, allora I 0 è libero;
I se I è legato e I 0 ⊇ I, allora I 0 è legato.
I = {v 1 } è legato se e solo se v 1 = 0 .
Definizione/Osservazione.
Due vettori v, w ∈ V si dicono proporzionali se esiste k ∈ R tale che v = kw oppure
w = kv . Il vettore nullo è proporzionale ad ogni altro vettore ( 0 = 0v ∀ v ∈ V ).
Proposizione 6.1.7
Sia n > 2. Un insieme I = {v 1 , . . . , v n } è libero se e solo se nessun suo elemento si
può scrivere come combinazione lineare dei rimanenti vettori di I.
v 1 = b2 v 2 + b3 v 3 + . . . + bn v n , con b2 , . . . , bn ∈ R .
a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n = 0 .
lezione 09
Esercizio
Dire se i seguenti vettori di R3 sono linearmente indipendenti:
In caso negativo, esprimere uno di essi come combinazione lineare degli altri due.
Esercizio
Studiare la dipendenza/indipendenza lineare dei seguenti vettori di R2 :
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lezione 09
Teorema 6.1.8
I = {v 1 , . . . , v n } è libero ⇐⇒ v 1 6= 0 e, ∀ 2 6 i 6 n, si ha v i ∈
/ L(v 1 , v 2 , . . . , v i−1 ) .
a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n = 0 . (?)
a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an−1 v n−1 = 0 .
a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an−2 v n−2 = 0 .
lezione 09
Esercizi
Esercizio
Siano " # " # " #
0 1 1 2 2 3
A= , B= , C= .
2 3 3 4 4 5
Dire se A ∈ L(B, C) (“A è combinazione lineare di B e C”).
Esercizio
Siano A e B le matrici
" # 0 1 1
1 2 3
A= B = 2 0 −3
0 4 6
2 3 0
a) Dire se le righe di A sono vettori linearmente indipendenti di R3 .
b) Dire se le colonne di A sono vettori linearmente indipendenti di R2 .
c) Dire se le righe di B sono vettori linearmente indipendenti di R3 .
d) Dire se le colonne di B sono vettori linearmente indipendenti di R3 .
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lezione 10
Esempio 6.2.2
Per ogni 1 6 i 6 n, sia i−1 volte n−i volte
z }| { z }| {
e i = ( 0, . . . , 0 , 1, 0, . . . , 0 )
la n-upla con i-esima componente uguale a 1 e tutte le altre uguali a zero. Per ogni
v = (v1 , . . . , vn ) ∈ Rn vale l’identità
Xn
v= vi e i . (?)
i=1
Questo prova che i vettori e i sono generatori di Rn . Inoltre la combinazione lineare (?)
è nulla solo se v1 = v2 = . . . = vn = 0, quindi i vettori formano una base
B = (e 1 , e 2 , . . . , e n )
lezione 10
Osservazione: lo spazio V = {0} che ha come unico elemento il vettore nullo non
possiede nessuna base (ogni sottoinsieme non vuoto di V è legato).
Esempio 6.2.3
Per ogni 1 6 i 6 m e 1 6 j 6 n, sia
Eij ∈ Rm,n
la matrice che ha 1 in posizione (i, j) e tutti gli altri elementi uguali a zero. Per ogni
A = (aij ) ∈ Rm,n vale l’identità
X
A= aij Eij . (??)
i=1,...,m
j=1,...,n
Questo prova che le matrici Eij sono generatori di Rm,n . Inoltre la combinazione
lineare (??) è nulla solo se aij = 0 per ogni i, j. Quindi le matrici Eij formano una base
Esempio 6.2.4
L’insieme
B = (1, x, x2 , . . . , xn )
è una base per lo spazio dei polinomi in x di grado non superiore ad n.
Esempio 6.2.6
Siano v 1 = (1, 1), v 2 = (1, 0) e v 3 = (0, 1). L’insieme (v 1 , v 2 , v 3 ) contiene la base
canonica, quindi genera R2 . Non è però una base, in quanto v 1 = v 2 + v 3 ed i vettori
non sono linearmente indipendenti.
Esempio
Abbiamo visto che i vettori v 1 = (1, 1) e v 2 = (1, −1) generano R2 . Siccome nessuno
dei due è proporzionale all’altro, l’insieme
B = v1, v2
è una base di R2 .
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lezione 10
Teorema 6.2.7
B = (v 1 , . . . , v n ) è una base di V se e solo se ogni v ∈ V si può scrivere in un unico
modo come combinazione lineare
v = a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n (†)
dei vettori di B.
Definizione/Osservazione
Il coefficiente ai in (†) si dice componente i-esima di v nella base B.
Fissata una base ogni vettore è univocamente determinato dalle sue componenti.
Esempio 6.2.8
Siano
v = (v1 , . . . , vn ) ∈ Rn , A = (aij ) ∈ Rm,n .
Allora vi è la è la i-esima componente di v nella base canonica di Rn , mentre aij sono
le componenti di A nella base canonica di Rm,n .
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lezione 10
v = a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n
= a10 v 1 + a20 v 2 + . . . + an0 v n ,
allora
(a1 − a10 )v 1 + (a2 − a20 )v 2 + . . . + (an − an0 )v n = v − v = 0 .
“⇐” Supponiamo che ogni v ∈ V si possa scrivere in uno e un solo modo come
combinazione lineare dei vettori v 1 , . . . , v n . Allora B genera V . Inoltre
b1 v 1 + b2 v 2 + . . . + bn v n = 0
lezione 10
Esercizio
In R2 , detti
v 1 = (1, 1) , v 2 = (1, −1) ,
determinare le componenti del vettore u = (2, 1) nella base B = (v 1 , v 2 ).
u = a1 v 1 + a2 v 2
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lezione 10
Lemma di Steinitz
Sia A = {v 1 , v 2 , . . . , v n } un insieme di generatori di V e B = {w 1 , w 2 , . . . , w k } un
insieme libero. Allora k 6 n.
w 1 = a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + an v n
v 1 = a−1
1 (w 1 − a2 v 2 − . . . − an v n ) .
w 2 = b1 w 1 + b2 v 2 + b3 v 3 + . . . + bn v n
lezione 10
Lemma di Steinitz
Sia A = {v 1 , v 2 , . . . , v n } un insieme di generatori di V e B = {w 1 , w 2 , . . . , w k } un
insieme libero. Allora k 6 n.
v 2 = b−1
2 (w 2 − b1 w 1 − b3 v 3 − . . . − bn v n ) .
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lezione 10
Quindi k = n.
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lezione 10
I ⊇ I 1 ⊇ I 2 ⊇ . . . ⊇ Ih
Ih genera V ed è un insieme libero per il teorema 6.1.8, i suoi vettori formano quindi una base.
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lezione 10
Esempio 7.1.3
Sia
I = v 1 = (1, 1) , v 2 = (1, 0) , v 3 = (0, 1)
Abbiamo visto (esempio 6.2.6) che I genera R2 ma non è libero. Applicando il metodo
degli scarti successivi si vede che v 1 6= 0 e v 2 ∈
/ L(v 1 ), quindi I2 = I1 = I. Poiché
v 3 = v 1 − v 2 , allora I3 = I r {v 3 } ed una base estratta da I è B = (v 1 , v 2 ).
Osservazione
Notiamo che cambiando l’ordine dei vettori dell’insieme I di partenza, cambia la ba-
se estratta. Nel precedente esempio, applicando il metodo degli scarti successivi
all’insieme (v 2 , v 3 , v 1 ) la base estratta è quella canonica B = (v 2 , v 3 ).
Esercizio
Sia W = L(v 1 , v 2 , v 3 ) il sottospazio di R3 generato dai vettori
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lezione 10
I 0 = (u 1 , . . . , u k , v 1 , . . . , v n )
Esercizio
Completare ad una base di R2 l’insieme I = u 1 = (3, 5) .
Esercizio
Completare ad una base di R3 l’insieme I = u 1 = (1, 1, 1) , u 2 = (0, 1, 1) .
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lezione 10
Osservazione 7.1.6
Sia V uno spazio di dimensione n. Una conseguenza del corollario 7.1.5 è che:
• ogni insieme libero di n elementi è una base di V ;
• ogni insieme di n generatori è una base di V .
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lezione 10
Esercizio
Dall’insieme
I = v 1 = (0, 0, 0), v 2 = (0, 1, 1), v 3 = (−1, −1, 1), v 4 = (0, 0, 1), v 5 = (1, 0, 0) .
Esercizio
Dati (a, b) 6= (0, 0), si consideri il sottospazio di R2 :
W = (x, y) ∈ R2 ax + by = 0 .
Quale è la dimensione di W ?
Suggerimento: si può verificare che W = L (b, −a) . Quindi dim(W) = 1 .
Esercizio
Sia V uno spazio vettoriale di dimensione 1. Elencare tutti i sottospazi di V .
Dimostrazione.
I Sia A ∈ Rk,n ridotta per righe. E’ sufficiente dare la dimostrazione quando tutte le
righe di A sono non nulle. Siano v 1 , v 2 , . . . , v k ∈ Rn le righe di A numerate dal
basso verso l’alto: v k la prima, v k−1 la seconda, etc.
I Per assurdo, immaginiamo che
Sia a1p il pivot della prima riga (1 6 p 6 n). Allora la componente p-esima di v k è
a1p , e la componente p-esima di v i è zero ∀ 1 6 i 6 k − 1. Da (?) segue che
a1p = b1 0 + b2 0 + . . . + bk−1 0 = 0
contraddicendo l’ipotesi che a1p fosse un pivot. Quindi v k ∈
/ L(v 1 , . . . , v k−1 ).
I Poichè eliminando la riga v k da A si ottiene una matrice ancora ridotta per righe,
con righe v 1 , v 2 , . . . , v k−1 tutte non nulle. Per induzione si prova che, ∀ 2 6 i 6 k,
si ha v i ∈
/ L(v 1 , . . . , v i−1 ). Quindi l’insieme I = {v 1 , v 2 , . . . , v k } è libero.
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lezione 11
Il metodo di riduzione di una matrice può essere usato per trovare una base a partire
da un insieme di generatori:
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lezione 11
Esercizio 12.4.3
Determinare una base del sottospazio W ⊆ R3 generato dai vettori
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lezione 11
Esercizio d’esame
Nello spazio vettoriale R4 si considerino i seguenti sottospazi:
V := L (1, 1, 3, −1) , (3, 2, 6, 0) , (6, 2, 6, 6) , (5, 2, 6, 4) ,
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x2 − x3 = x1 − x3 + x4 = 0 .
Si determini una base per ciascuno dei sottospazi: V , W , V + W , V ∩ W .
Le righe non nulle della matrice trovata formano una base di V , che conviene però
semplificare ulteriormente usando le tre operazioni elementari (questo faciliterà la
soluzione dell’ultimo quesito, base di V ∩ W ).
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lezione 11
Esercizio d’esame
Nello spazio vettoriale R4 si considerino i seguenti sottospazi:
V := L (1, 1, 3, −1) , (3, 2, 6, 0) , (6, 2, 6, 6) , (5, 2, 6, 4) ,
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x2 − x3 = x1 − x3 + x4 = 0 .
Si determini una base per ciascuno dei sottospazi: V , W , V + W , V ∩ W .
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lezione 11
Esercizio d’esame
Nello spazio vettoriale R4 si considerino i seguenti sottospazi:
V := L (1, 1, 3, −1) , (3, 2, 6, 0) , (6, 2, 6, 6) , (5, 2, 6, 4) ,
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x2 − x3 = x1 − x3 + x4 = 0 .
Si determini una base per ciascuno dei sottospazi: V , W , V + W , V ∩ W .
I due vettori (ottenuti scegliendo rispettivamente (t1 , t2 ) = (1, 0) e (t1 , t2 ) = (0, 1)):
w 1 = (1, 0, 1, 0) , w 2 = (0, 1, 1, 1) ,
Esercizio d’esame
Nello spazio vettoriale R4 si considerino i seguenti sottospazi:
V := L (1, 1, 3, −1) , (3, 2, 6, 0) , (6, 2, 6, 6) , (5, 2, 6, 4) ,
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x2 − x3 = x1 − x3 + x4 = 0 .
Si determini una base per ciascuno dei sottospazi: V , W , V + W , V ∩ W .
lezione 11
Esercizio d’esame
Nello spazio vettoriale R4 si considerino i seguenti sottospazi:
V := L (1, 1, 3, −1) , (3, 2, 6, 0) , (6, 2, 6, 6) , (5, 2, 6, 4) ,
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x2 − x3 = x1 − x3 + x4 = 0 .
Si determini una base per ciascuno dei sottospazi: V , W , V + W , V ∩ W .
I Due rette del piano si dicono parallele se non hanno punti in comune. Due rette
dello spazio tridimensionale si dicono parallele se sono contenute in un piano e
non hanno punti in comune.
I Dati due punti A e B distinti (del piano o dello spazio), orientare il segmento AB
vuol dire scegliere quale dei due estremi precede l’altro nel segmento. Il primo
estremo verrà detto punto di applicazione, il secondo verrà detto estremo libero.
I
# »
Esistono esattamente due segmenti orientati di estremi A e B, indicati con AB (A
# »
precede B) e BA (B precede A) rispettivamente. Un segmento orientato è anche
detto vettore geometrico applicato.
I
# » # »
Diciamo che due vettori AB e CD hanno la stessa direzione se giacciono sulla
# » # »
stessa retta oppure in rette parallele (AB e BA hanno la stessa direzione).
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lezione 11
Orientamento
I
# » # »
Siano AB e CD giacenti in rette parallele (distinte). La retta r passante per A e C
# » # »
divide il piano che contiene i vettori in due semipiani. Si dice che AB e CD hanno
lo stesso verso se gli estremi liberi B e D appartengono entrambi allo stesso
semipiano. Altrimenti si dice che i vettori hanno verso opposto.
A A
# » # »
AB AB
r r D
B # » C B
CD # »
CD
C
D
# » # »
# » # »
AB e CD hanno lo stesso verso. AB e CD hanno verso opposto.
I
# » # »
Siano AB e CD due vettori che giacciono sulla stessa retta. Sia s la semiretta
uscente da A e contenente B, ed s 0 la semiretta uscente da C e contenente D.
Se s ⊆ s 0 oppure s 0 ⊆ s diciamo che i due vettori hanno lo stesso verso, altrimenti
diciamo che hanno verso opposto.
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lezione 11
Vettori liberi
I E’ utile considerare anche vettori di lunghezza nulla, i cui estremi coincidono. Un
# »
vettore nullo AA è caratterizzato dal solo punto di applicazione A.
I
# » # »
Due vettori AB e CD (del piano o dello spazio) si dicono equipollenti se sono
entrambi nulli oppure hanno uguale direzione, modulo e verso.
I
# » # »
Dato AB, l’insieme v di tutti i vettori applicati equipollenti ad AB è detto vettore
# »
libero rappresentato da AB, e viene indicato con v := B − A .
Se A = B si ottiene il vettore libero nullo, v = 0 .
( L’equipollenza è una relazione di equivalenza, e v := B − A è la classe di
# »
equivalenza di tutti i vettori equipollenti ad AB. )
I Un vettore libero non nullo è univocamente determinato da modulo, direzione e
verso. Il vettore nullo ha modulo zero, e direzione e verso indefiniti.
I [Partendo dagli assiomi della geometria euclidea, si dimostra che. . . ]
dato un vettore libero v ed un punto A qualsiasi, esiste uno ed un solo punto B
tale che v = B − A (cioè: ogni vettore libero v si può rappresentare con un
vettore applicato in un punto scelto a piacere).
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lezione 11
Indichiamo con V2 l’insieme di tutti i vettori liberi del piano, e con V3 l’insieme di tutti i
vettori liberi dello spazio tridimensionale.
D
Definizione (regola del parallelogramma)
In V2 (risp. V3 ) è definita una operazione interna
come segue. Dati due vettori liberi u = B − A e C v
u+v
v = D − B (scegliamo due rappresentanti in modo
B
che il punto di applicazione del primo sia l’estremo
libero del secondo), la loro “somma” è data da: u
A
u + v := D − A
(Notiamo che v = C − A )
Si dimostra usando gli assiomi della geometria euclidea che la definizione è ben posta
(il risultato non dipende dai segmenti orientati scelti come rappresentanti dei vettori).
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lezione 11
Teorema
V2 e V3 sono spazi vettoriali reali.
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lezione 11
Identificazione fra V2 ed R2
Dato un sistema di riferimento bidimensionale (che, per semplicità, assumiamo sia
ortogonale), ogni coppia (x, y) ∈ R2 si può identificare con un punto P del piano di cui
x è l’ascissa e y l’ordinata. In particolare, 0 R2 = (0, 0) corrisponde all’origine O.
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lezione 11
Identificazione fra V2 ed R2
Come già notato, esiste una corrispondenza biunivoca fra V2 ed R2 che associa ad
ogni vettore libero v = P − O la coppia (x, y) di coordinate del punto P. Scriveremo
semplicemente v = (x, y) identificanto vettori liberi e coppie di numeri reali.
v + v 0 = (x + x 0 , y + y 0 )
v = (x, y)
y
−x
v 0 = (x 0 , y 0 )
y0
x x0
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lezione 11
Identificazione fra V2 ed R2
(kx, ky)
(x, y)
(−x, −y)
Slide 16/16
lezione 12
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lezione 12
Consideriamo ora due vettori non nulli x = (x1 , x2 ) e y = (y1 , y2 ). L’angolo ϑ in figura
è detto angolo convesso fra x e y (scegliamo
0 6 ϑ 6 180◦ ). Dalle formule di addizione x = (x1 , x2 )
di seno e coseno ricaviamo:
y = (y1 , y2 )
cos ϑ = cos(α − β)
= cos α cos β + sin α sin β ϑ
x1 y1 + x2 y2 α β
= ,
kxk kyk
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lezione 12
Dati due vettori x, y ∈ R2 arbitrari, il loro prodotto scalare canonico, indicato con
hx, yi, è la grandezza:
hx, yi := x1 y1 + x2 y2 ≡ x · t y .
Notiamo che hx, yi è il prodotto righe per colonne del vettore riga x per il vettore
colonna t y . La norma è legata al prodotto scalare dalla formula:
p
kxk = hx, xi .
Se x e y sono entrambi non nulli, l’angolo convesso fra i due vettori è dato da:
hx, yi
cos ϑ = .
kxk kyk
Esercizio 8.1.1
Provare che x è ortogonale ad y 6= 0 se e solo se x = k(y2 , −y1 ) per qualche k ∈ R.
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lezione 12
Quindi:
kxk hx, yi kxk hx, yi
k = cos ϑ · = = .
kyk kxk kyk kyk kyk2
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lezione 12
Disuguaglianza triangolare
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lezione 12
V ×V →R
che associa ad ogni coppia di vettori v e w un numero reale, che indichiamo con hv, wi,
è detta un prodotto scalare o prodotto interno di V se è:
i) simmetrica, ovvero ∀ v, w ∈ V ,
hv, wi = hw, vi .
Definizione
Due vettori v e w di uno spazio metrico V si dicono ortogonali se
hv, wi = 0 .
Proposizione 8.3.2
Un prodotto scalare di V soddisfa:
iv) h0, vi = 0 ∀ v ∈ V ;
v) hw, au + bvi = a hw, ui + b hw, vi ∀ a, b ∈ R , u, v, w ∈ V .
lezione 12
Definizione 8.3.3
Chiamiamo norma di v ∈ V la grandezza
p
kvk := hv, vi .
hv, wi := v1 w1 + v2 w2 + . . . + vn wn = v · t w ,
Esercizio
Dire quali delle seguenti applicazioni sono prodotti scalari di R2 :
1 hv, wi = v21 + w21 + v1 w1 + v2 w2 , 4 hv, wi = 3v1 w1 ,
2 hv, wi = 3v1 w1 + 7v2 w2 , 5 hv, wi = 3v1 w1 + 7,
3 hv, wi = 3v1 w1 − 7v2 w2 , 6 hv, wi = v1 w31 + v2 w32 .
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lezione 12
2. kvk = 0 ⇐⇒ v = 0 ;
lezione 12
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lezione 12
lezione 12
Nota: quando non è specificato il prodotto scalare, si intende sempre quello canonico.
Esercizio d’esame
Si consideri il seguente sistema lineare dipendente da un parametro λ ∈ R:
x1 − x2 + 2x3 + x4 =0
x1 − x2 − 2λx3 − λx4 = −λ − 1
x1 + λx2 + 2x3 − λx4 =0
(λ + 1)x1 − x2 + 2x3 + x4 =0
lezione 12
se in aggiunta
Esempi
I Sia V = R2 con prodotto scalare canonico. Se u 1 = (1, 1) e u 2 = (1, −1), l’insieme
{u 1 , u 2 } è ortogonale. Quindi B = (u 1 , u 2 ) è una base ortogonale di R2 .
I Sia V = R3 con prodotto scalare canonico. Se u 1 = (1, 0, 1) e u 2 = (1, 0, −1),
l’insieme {u 1 , u 2 } è ortogonale (non è una base, poiché R3 ha dimensione 3).
I La base canonica di Rn è ortonormale rispetto al prodotto scalare canonico.
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lezione 13
Proposizione 8.4.3
Un insieme I = {v 1 , . . . , v m } ⊂ V ortogonale è libero se e solo se 0 ∈
/ I.
u := a1 v 1 + a2 v 2 + . . . + am v m .
hu, v i i = a1 hv 1 , v i i + a2 hv 2 , v i i + . . . + am hv m , v i i .
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lezione 13
Osservazione 9.1.1
In uno spazio vettoriale di dimensione n, n vettori non nulli e ortogonali fra loro formano
una base (sono linearmente indipendenti e, per l’osservazione 7.1.6, in uno spazio di
dimensione n, n vettori linearmente indipendenti formano una base).
Definizione
In analogia con l’esempio di R2 (con prodotto scalare canonico), dati due vettori v e w
di uno spazio metrico V , il vettore
hw, vi
w
kwk2
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lezione 13
w 1 := v 1
e per ogni i = 2, . . . , n:
Xi−1 hv i , w j i Xi−1
w i := v i − wj = vi − pr w j (v i )
j=1 kw j k2 j=1
Dimostrazione del Lemma 9.2.1. Per l’osservazione 9.1.1, è sufficiente dimostrare che
i vettori di B sono non nulli e ortogonali fra di loro.
hv i , w k i
hw k , w i i = hw k , v i i − hw k , w k i = 0
kw k k2
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lezione 13
Esercizio
Determinare una base ortonormale del sottospazio V ⊂ R4 generato dai tre vettori
(linearmente indipendenti) v 1 = (1, 1, 1, 0), v 2 = (0, 1, 2, 0) e v 3 = (5, 3, −5, 3).
w 1 = v 1 = (1, 1, 1, 0) ,
h(1,1,1,0),(0,1,2,0)i
w 2 = v 2 − pr w 1 (v 2 ) = (0, 1, 2, 0) − k(1,1,1,0)k2
(1, 1, 1, 0)
w3
u3 = = √1 (−1, 2, −1, 3) .
kw 3 k 15
X
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lezione 13
hv, u i i .
Ovvero:
v = hv, u 1 i u 1 + hv, u 2 i u 2 + . . . + hv, u n i u n
= pr u 1 (v) + pr u 2 (v) + . . . + pr u n (v) .
v = a1 u 1 + . . . + an u n .
Da (i) e (ii) della definizione 9.1.2 e dalla linearità del prodotto scalare segue che
X X
hv, u i i = ai hu i , u i i + aj hu j , u i i = ai ku i k2 + aj · 0 = ai
j6=i j6=i
lezione 13
Esercizio
Nello spazio vettoriale R2 con prodotto scalare canonico, si consideri la base
ortonormale formata dai vettori
v = (8, −1)
nella base B = (u 1 , u 2 ).
a1 = hv, u 1 i = v · t u 1 = 15 (8 · 3 − 1 · 4) = 4
a2 = hv, u 2 i = v · t u 2 = 15 (8 · 4 + 1 · 3) = 7
X
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lezione 13
Definizione 9.3.2
Sia V uno spazio metrico e W ⊆ V un sottospazio. L’insieme
W ⊥ := v ∈ V : hv, wi = 0 ∀ w ∈ W
Proposizione 9.3.3
W ⊥ è un sottospazio vettoriale di V .
ha1 v 1 + a2 v 2 , wi = a1 hv 1 , wi + a2 hv 2 , wi = 0
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lezione 13
Lemma 9.3.1
Siano v, w 1 , w 2 , . . . , w k vettori di uno spazio metrico V . Se v è ortogonale a ciascuno
dei vettori w 1 , w 2 , . . . , w k , allora è ortogonale ad ogni loro combinazione lineare.
per ogni a1 , . . . , ak ∈ R.
Esercizio
Sia W = L (1, 0, 1) , (1, 1, 1) ⊂ R3 . Determinare il complemento ortogonale W ⊥ .
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lezione 13
1. {0}⊥ = V e V ⊥ = {0};
(ogni vettore è ortogonale a 0 , e 0 è l’unico vettore ortogonale a tutti i vettori di V )
2. W ∩ W ⊥ = {0}; W + W ⊥ = V ;
4. se U = W ⊥ , allora U⊥ = W .
(la relazione “essere il complemento ortogonale di” è simmetrica)
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lezione 13
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lezione 13
Esempio
Sia
W = {(x, y) ∈ R2 : 2x + y = 0}
W
W⊥
u
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lezione 13
b) Si ha:
hv 1 , wi = 2 · 1 + 1 · (−2) + 0 · 0 + 0 · 1 = 2−2=0
hv 2 , wi = −1 · 1 + 0 · (−2) + 0 · 0 + 1 · 1 = −1 + 1 = 0
hv 3 , wi = −3 · 1 + 0 · (−2) + 5 · 0 + 0 · 1 = −3 6= 0 =⇒ / V⊥
w∈ X
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lezione 13
λ = ±3 .
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lezione 13
I due vettori sono linearmente indipendenti (verificare), quindi formano una base.
(x1 , x2 , x3 ) = (t, 13 t, t) ∀ t ∈ R .
Una base di W−3 è data da una qualsiasi soluzione non nulla, ad esempio scegliendo
t = 3 si ottiene il vettore (3, 1, 3). X
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lezione 14
Osservazione
Una applicazione f : V → W è lineare se e solo se è:
Esempi
1 f : R → R, f(x) = x è lineare. 3 f : R2 → R, f(x, y) = x + 2y è lineare.
2 f : R → R, f(x) = x2 non è lineare. 4 f : R → R2 , f(x) = (3x, x) è lineare.
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lezione 14
Proposizione
Per ogni A ∈ Rk,n , l’applicazione LA è lineare.
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lezione 14
Proposizione 13.1.9
Sia f : V → W una applicazione lineare. Allora:
1. f(0 V ) = 0 W .
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lezione 14
Proposizione 13.1.9
Sia f : V → W una applicazione lineare. Allora:
1. f(0 V ) = 0 W .
= f(v 0 ) + λn+1 f(v n+1 ) = λ1 f(v 1 ) + λ2 f(v 2 ) + . . . + λn f(v n ) + λn+1 f(v n+1 ) ,
Proposizione
Per ogni app. lineare f : Rn → Rk esiste una (e una sola) matrice A ∈ Rk,n , detta
matrice rappresentativa di f rispetto alle basi canoniche di Rn ed Rk , tale che f = LA .
lezione 14
Definizione
Siano V e W due spazi vettoriali, B = (v 1 , . . . , v n ) una base di V e B 0 = (w 1 , . . . , w k )
una base di W . Data una app. lineare f : V → W , chiamiamo matrice rappresentativa
di f rispetto alle basi B e B 0 la matrice A = (aij ) ∈ Rk,n determinata da
La j-esima colonna di A ha per elementi le componenti del vettore f(v j ) nella base B 0 .
Per definizione di base, la matrice rappresentativa di f è univocamente determinata.
Usando la linearità di f, si verifica facilmente che le componenti di un vettore
u = x1 v 1 + x2 v 2 + . . . + xn v n
f(u) = y1 w 1 + y2 w 2 + . . . + yk w k
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lezione 14
Esercizio
Siano B = (v 1 , v 2 ) e B 0 = (w 1 , w 2 ) le basi di R2 formate dai vettori seguenti, ed
f = LA : R2 → R2 l’applicazione lineare associata alla matrice seguente:
" # " # " #
1 1 1 2
v1 = w1 = , v2 = w2 = , A= .
1 −1 3 4
lezione 14
Esercizi
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lezione 14
Esempio
Sia f : R2 → R2 l’applicazione f(x, y) := (x + y, x + y) .
Il nucleo di f è l’insieme delle coppie (x, y) che risolvono l’equazione x + y = 0. Quindi:
N(f) = (t, −t) : t ∈ R = L (1, −1)
L’immagine di f è l’insieme dei vettori di R2 che hanno la prima componente uguale alla
seconda. Quindi:
Im(f) = (t, t) : t ∈ R = L (1, 1)
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lezione 14
Proposizione 13.2.1
Sia f : V → W una applicazione lineare. Allora:
1. N(f) è un sottospazio di V ;
2. se S ⊆ V è un sottospazio, allora anche f(S) ⊆ W è un sottospazio;
(f trasforma sottospazi in sottospazi; in particolare f(V) è un sottospazio di W )
3. se I è un insieme di generatori di S, allora f(I) è un insieme di generatori di f(S).
(f trasforma insiemi di generatori in insiemi di generatori)
ovvero
λ1 v 1 + λ2 v 2 ∈ N(f) .
Per il criterio c) della proposizione 4.3.3, N(f) è un sottospazio di V .
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lezione 14
Proposizione 13.2.1
Sia f : V → W una applicazione lineare. Allora:
1. N(f) è un sottospazio di V ;
2. se S ⊆ V è un sottospazio, allora anche f(S) ⊆ W è un sottospazio;
(f trasforma sottospazi in sottospazi; in particolare f(V) è un sottospazio di W )
3. se I è un insieme di generatori di S, allora f(I) è un insieme di generatori di f(S).
(f trasforma insiemi di generatori in insiemi di generatori)
w 1 = f(v 1 ) w 2 = f(v 2 )
lezione 14
Proposizione 13.2.1
Sia f : V → W una applicazione lineare. Allora:
1. N(f) è un sottospazio di V ;
2. se S ⊆ V è un sottospazio, allora anche f(S) ⊆ W è un sottospazio;
(f trasforma sottospazi in sottospazi; in particolare f(V) è un sottospazio di W )
3. se I è un insieme di generatori di S, allora f(I) è un insieme di generatori di f(S).
(f trasforma insiemi di generatori in insiemi di generatori)
Siccome questo vale per ogni w ∈ f(S), i vettori f(v 1 ), . . . , f(v n ) sono un insieme di
generatori di f(S).
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lezione 14
Proposizione 13.2.2
Una applicazione lineare f : V → W è iniettiva se e solo se N(f) = {0 V }.
è nullo se e solo se
v − v 0 = 0V ,
ovvero v = v 0 . Questo prova l’iniettività di f.
Esempio
L’applicazione
f : R2 → R , f(x, y) = x + y
non è inettiva. Infatti il nucleo contiene vettori non nulli, come il vettore (1, −1).
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lezione 14
Proposizione 13.2.3
Sia f : V → W applicazione lineare iniettiva. Se I = {v 1 , v 2 , . . . , v n } è un insieme
di vettori di V linearmente indipendenti, allora f(I) = f(v 1 ), f(v 2 ), . . . , f(v n ) è un
insieme di vettori di W linearmente indipendenti.
(una applicazione lineare iniettiva trasforma insiemi liberi in insiemi liberi)
w i = f(v i )
a1 v 1 + . . . + an v n = 0 V
Corollario
Se f : V → W applicazione lineare iniettiva e B = (v 1 , v 2 , . . . , v n ) è una base di V ,
allora f(B) = f(v 1 ), f(v 2 ), . . . , f(v n ) è una base di Im(f) ⊆ W .
(una applicazione lineare iniettiva trasforma basi di V in basi di f(V))
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lezione 14
(v 1 , . . . , v k , v k+1 , . . . , v n )
sono generatori di Im(f). Facciamo ora vedere che sono linearmente indipendenti, da
cui segue che sono una base di Im(f), e quindi la tesi
a1 = a2 = . . . = an−k = b1 = b2 = . . . = bk = 0
lezione 14
Corollari
Sia f : V → W una applicazione lineare fra due spazi finitamente generati. Allora:
Dimostrazione.
1. Se f è suriettiva (quindi Im(f) = W ), dal teorema della dimensione segue che
2. Se f è iniettiva (quindi N(f) = 0), dal teorema della dimensione segue che
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lezione 15
LA (x) := Ax ∀ x = t (x1 , . . . , xn ) ∈ Rn
Ax = B (?)
Quindi:
I B ∈ Im(LA ) ⇐⇒ il sistema di matrice completa (A|B) è compatibile.
I La soluzione generale di (?) è data dall’insieme di tutti i vettori di Rn che hanno
per immagine la colonna dei termini noti B.
Il nucleo di LA è l’insieme dei vettori x che hanno per immagine il vettore nullo:
Ax = 0
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lezione 15
Proposizione 14.1.1
Data una soluzione u di un sistema compatibile
Ax = B , (†)
ogni altra soluzione di (†) si può ottenere aggiungendo ad u una soluzione del sistema
omogeneo associato Ax = 0 (ovvero un vettore di N(LA )).
Dimostrazione. Sia v un’altra soluzione del sistema. Dalla linearità del prodotto righe
per colonne segue che
A(v − u) = Av − Au = B − B = 0
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lezione 15
Indichiamo con ρcolonne (A) , detto rango per colonne di A, la dimensione dello spazio
generato dalle colonne di A; ovvero la dimensione dell’immagine di LA .
Indichiamo con ρrighe (A) = ρcolonne (tA) , detto rango per righe di A, la dimensione
dello spazio generato dalle righe di A; ovvero la dimensione dell’immagine di LtA .
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lezione 15
Teorema 14.2.1
Il rango per righe è uguale al rango per colonne:
per ogni A ∈ Rk,n . Tale numero sarà chiamato rango di A ed indicato con ρ(A).
Dimostrazione (1a parte). La dimensione dello spazio generato dalle righe di A si può
calcolare riducendo la matrice e contando le righe non nulle della matrice ridotta
ottenuta, sia essa A 0 e sia r il numero di righe non nulle. Quindi
ρrighe (A) = r .
. . . continua.
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lezione 15
Teorema 14.2.1
Il rango per righe è uguale al rango per colonne:
per ogni A ∈ Rk,n . Tale numero sarà chiamato rango di A ed indicato con ρ(A).
dim N(LA ) = n − r .
lezione 15
Corollario 14.2.2
Sia A ∈ Rm,n . La dimensione dello spazio delle soluzioni del sistema di equazioni
lineari omogeneo Ax = 0 è n − ρ(A).
Corollario 14.2.3
La soluzione generale di un sistema compatibile di matrice completa (A|B) ∈ Rm,n+1
si può scrivere nella forma
x = v 0 + t1 v 1 + t2 v 2 + . . . + tk v k
dove:
• k = n − ρ(A),
• v 0 è una soluzione particolare del sistema,
• (v 1 , . . . , v k ) è una base dello spazio delle soluzioni del sistema omogeneo Ax = 0 ,
• t1 , t2 , . . . , tk sono parametri reali.
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lezione 15
ρ(A|B) = ρ(A) .
Poiché la matrice (A|B) si ottiene da A aggiungendo una colonna. Si hanno due casi:
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lezione 15
Osservazioni.
• Siccome ρrighe (A) = ρcolonne (tA) ed il rango per righe coincide con quello per
colonne, si ha ρ(A) = ρ(tA) per ogni matrice A.
• Se A è ridotta per righe, ρ(A) è dato dal numero di righe non nulle di A.
• Se A ∈ Rk,n è triangolare superiore completa, allora ρ(A) = min(k, n).
Proposizione 14.3.1
Se A ∈ Rk,n , allora
ρ(A) 6 min(k, n) .
Diremo che A ha rango massimo se ρ(A) = min(k, n).
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lezione 15
Esercizio 14.4.2
Determinare il rango della matrice:
0 1 2 1
0 1 1 1
A= .
0 2 3 2
1 2 2 1
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lezione 15
Definizione 14.3.4
Data una matrice A ∈ Rk,n , una matrice quadrata M ottenuta da A eliminando k − p
righe e n − p colonne si dirà minore di ordine p di A.
Teorema 14.3.5
A ∈ Rk,n ha rango p se e solo se esiste un minore M di ordine p il cui determinante è
non nullo, e tutti i minori di ordine p + 1 contenenti M hanno determinante nullo.
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lezione 15
Esercizio
Determinare il rango della matrice
1 3 0 1
0 1 1 0
1 0 −3 1
2 1 −5 2
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lezione 15
Esercizio
Dire se i seguenti vettori di R4 sono linearmente indipendenti
v = (2, 1, −3, 5) , w = (6, 3, −6, 10) .
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lezione 15
Esercizio
Dire se il vettore
u = (3, 3, 0)
di R3 è combinazione lineare dei vettori
lezione 15
f(x1 , x2 , x3 ) := ( x1 + x2 , x1 + 2x2 + x3 , x2 + x3 )
f(v) = λv ,
Esempi
I In R2 , v = (3, 1) è autovettore dell’applicazione f(x, y) := (2x, x − y). Infatti:
f(v) = (6, 2) = 2v
L’autovalore associato è λ = 2.
I In R3 , v = (1, −1, 1) è autovettore di f(x, y, z) := (x + y, x − z, y + z). Infatti:
f(v) = (0, 0, 0) = 0v
L’autovalore associato è λ = 0.
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lezione 16
Esempio 16.2.7
L’endomorfismo f : R2 → R2 dato da
f(x, y) := (−y, x)
non possiede autovettori: non esiste nessun vettore v = (x, y) non nullo e nessuno
scalare λ ∈ R soddisfacenti la condizione f(v) = λv , ovvero soluzione di
−y = λx
x = λy
Qualunque sia λ ∈ R, l’unica soluzione del sistema è quella nulla.
L’applicazione
(−y, x)
f(x, y) := (−y, x)
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lezione 16
Definizione 17.1.3
Data A ∈ Mn (R), diremo che v ∈ Rn (vettore colonna) è un autovettore di A di
autovalore λ se v è autovettore di LA di autovalore λ, ovvero è non nullo e soddisfa:
Av = λv .
Esempio
Sia
" #
3 2
A= .
0 1
Ae 1 = 3e 1 .
Av = v .
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lezione 16
Definizione 17.1.8
Se λ è un autovalore di f, chiameremo autospazio di f associato a λ l’insieme:
Vλ = v ∈ V : f(v) = λv .
Proposizione 17.1.9
Vλ è un sottospazio vettoriale di V .
Esempio 17.1.10
• Sia f : R2 → R2 data da f(x, y) := (3x + 2y, y). Sono autospazi di f gli insiemi:
V1 = (t, −t) : t ∈ R , V3 = (t, 0) : t ∈ R .
Proposizione 17.1.12
Sia f : V → V una applicazione lineare e siano v 1 , v 2 , . . . , v k degli autovettori di f
associati ad autovalori λ1 , λ2 , . . . , λk distinti (cioè λi 6= λj ∀ i 6= j). Allora l’insieme
{v 1 , v 2 , . . . , v k } è libero.
Esempio
Sia f(x, y) = (3x + 2y, y). Gli autovettori (1, −1) e (1, 0), associati agli autovalori
λ = 1 e λ = 3 rispettivamente, sono linearmente indipendenti. Gli autovettori (1, −1) e
(2, −2), associati allo stesso autovalore λ = 1, non sono linearmente indipendenti.
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lezione 16
Proposizione 17.1.11
Sia f : V → V una applicazione lineare e siano v 1 , v 2 due autovettori di f associati ad
autovalori λ1 , λ2 distinti (cioè λ1 6= λ2 ). Allora l’insieme {v 1 , v 2 } è libero.
Quindi
(λ1 − λ2 )v 2 = 0 .
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lezione 16
Ricordiamo che, in uno spazio di dimensione n, un insieme libero può avere al più n
elementi. Un’immediata conseguenza è la seguente:
Corollario 17.1.13
• Se V è uno spazio vettoriale di dimensione n, un endomorfismo f : V → V ha al
più n autovalori distinti.
• Una matrice A ∈ Mn (R) ha al più n autovalori distinti.
Esempi
• Abbiamo visto che l’applicazione f(x, y) = (2x, 3y) ha autovalori λ1 = 2 e λ2 = 3.
Segue dal corollario precedente che questi sono gli unici suoi autovalori.
lezione 16
Ax = λx (∗)
Ax = λx
(A − λIn )x = 0 . (†)
Per il teorema di Cramer, l’equazione (†) ammette soluzioni non nulle se e solo se il
determinante della matrice dei coefficienti è zero. Il determinante
a11 − λ a12 ... a1n
a a22 − λ ... a2n
21
|A − λIn | = .. .. ..
. . .
a an2 ... ann − λ
n1
lezione 16
Esempio
Sia
" # " #
1 1 1−λ 1
A= =⇒ A − λI2 =
1 1 1 1−λ
Il polinomio caratteristico è
Esempio 17.2.5
Sia
" # " #
0 −1 −λ −1
A= =⇒ A − λI2 =
1 0 1 −λ
Il polinomio caratteristico è
pA (λ) = λ2 + 1 .
Tale polinomio non ammette radici reali. Quindi A non possiede autovalori.
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lezione 16
Esempio 17.2.6
Sia
3 1 1
A = 1 0 2 .
1 2 0
= (3 − λ)(λ2 − 4) − (−λ − 2) + (2 + λ)
= −λ3 + 3λ2 + 6λ − 8 .
Slide 11/16
lezione 16
Esempio 17.2.10
Sia A la matrice
1 2 3
A = 0 1 5
0 0 1
Siccome A − λI3 è triangolare, il determinante è il prodotto degli elementi sulla
diagonale:
pA (λ) = |A − λI3 | = (1 − λ)3 .
Quindi λ = 1 è autovalore di molteplicità algebrica pari a m1 = 3, ed A non possiede
altri autovalori. L’autospazio associato V1 si ottiene risolvendo il sistema
2x2 + 3x3 = 0
(A − I3 )x = 0 ⇐⇒
5x3 = 0
lezione 16
allora A−λIn è una matrice triangolare, ed il suo determinante è dato dal prodotto degli
elementi sulla diagonale:
Tutte e sole le radici del polinomio caratteristico (ovvero gli autovalori di A) sono date
dagli elementi a11 , a22 , . . . , ann .
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lezione 16
Matrici simmetriche 2 × 2
Definizione
Una matrice A ∈ Mn (R) si dice simmetrica se t A = A.
Teorema
Se A ∈ M2 (R) è una matrice simmetrica, allora esiste una base ortonormale di R2 i cui
elementi sono autovettori di A.
Ae 1 = ae 1 Ae 2 = ce 2
lezione 16
v 1 := t (b, λ1 − a) v 2 := t (b, λ2 − a)
sono non nulli. Usando le identità λ1 λ2 = ac − b2 e λ1 + λ2 = a + c si verifica che
hv 1 , v 2 i = b2 + (λ1 − a)(λ2 − a) = 0
e
Av 1 = λ1 v 1 Av 2 = λ2 v 2
L’insieme B = (v 1 , v 2 ) è quindi una base ortogonale formata da autovettori di A. Da
questa si ricava una base ortonormale dividendo ciascun vettore per la sua norma.
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lezione 17
Il gruppo GL(n, R)
Proposizione
GL(n, R) è un gruppo, con elemento neutro In , detto gruppo generale lineare.
Per ogni A, B ∈ GL(n, R), la matrice C := AB è invertibile ed ha inversa
lezione 17
B = P−1 AP
Proposizione 16.2.3
La relazione di “coniugio” è una relazione di equivalenza.
A ∈ Mn (R). Vale quindi la proprietà riflessiva: ogni matrice è coniugata a sé stessa.
Se B = P−1 AP, detta P 0 = P−1 allora A = P 0−1 BP 0 , cioè vale la proprietà simmetrica.
Se A e B sono coniugate, cioè B = P1−1 AP1 con P1 ∈ GL(n, R), e B e C sono
coniugate, cioè C = P2−1 BP2 con P2 ∈ GL(n, R), allora
in cui abbiamo chiamato P3 = P1 P2 e notato che P2−1 P1−1 = P3−1 . Quindi anche A e C
sono coniugate, e vale la proprietà transitiva.
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lezione 17
cn = pA (0) = |A|
è il determinante e (−1)n−1 c1 è la somma degli elementi sulla diagonale,
Esercizio
Calcolare la traccia delle matrici
" # " # 2 3 1
1 4 2 3
A= B= C = 1 0 −2
3 5 1 −2
4 1 7
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lezione 17
Proposizione
Due matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico, la stessa traccia e lo
stesso determinante.
da cui segue |P−1 | = |P|−1 . Sempre per il teorema di Binet, se B = P−1 AP allora
e
pB (λ) = |B − λIn | = |P|−1 · |A − λIn | · |P| = |A − λIn | = pA (λ) ,
ovvero matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico.
Siccome traccia e determinante sono il primo e l’ultimo coefficiente del polinomio
caratteristico, da questo segue |B| = |A| e tr(B) = tr(A).
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lezione 17
Definizione
Chiamiamo matrice del cambiamento di base da B a B 0 la matrice che ha come j-esima
colonna l’n-upla di componenti di v j0 nella base B (per ogni 1 6 j 6 n).
Indicando con A = (aij ) tale matrice, per definizione (per ogni 1 6 j 6 n):
La formula è più semplice da ricordare scrivendo gli scalari a destra dei vettori.
Nel membro di destra di (?) riconosciamo infatti il prodotto righe per colonne fra la
n-upla B e la j-esima colonna di A. Possiamo riscrivere (?) nella forma compatta
B0 = B · A .
lezione 17
B = B0 · A0 .
Proposizione 16.1.1
La matrice A del cambiamento di base da B a B 0 è invertibile, e la sua inversa è la
matrice A 0 del cambiamento di base da B 0 a B.
Dimostrazione. Evidentemente:
B = B 0 · A 0 = (B · A) · A 0 = B · (A · A 0 ) ,
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lezione 17
Proposizione 16.1.2
Le matrici rappresentative C e C 0 sono legate dalla relazione (di coniugio):
C 0 = A−1 · C · A .
in cui A è la matrice del cambiamento di base da B a B 0 .
f(v j0 ) = f(a1j v 1 + a2j v 2 + . . . + anj v n ) = a1j f(v 1 ) + a2j f(v 2 ) + . . . + anj f(v n )
B0 · C0 = B · C · A .
B 0 · C 0 = B 0 · A−1 · C · A
che può essere riscritta nella forma B 0 · (C 0 − A−1 CA) = 0. Come nella prova della
Prop. 16.1.1, dall’indipendenza lineare dei vettori di B 0 segue
C 0 − A−1 CA = 0 ,
che è proprio la tesi.
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lezione 17
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lezione 17
Endomorfismi semplici
Nell’esercizio precedente, la base B 0 era formata da autovettori dell’endomorfismo f. . .
Definizione
Un endomorfismo f di uno spazio finitamente generato V si dice semplice se esiste una
base di V formata da suoi autovettori.
Esempi
I L’endomorfimo f di R2 dato da f(x, y) := (−y, −x) è semplice.
Una base di autovettori è data da B = v 1 = (1, 1), v 2 = (−1, 1) .
h(v 1 ) = 4v 1 h(v 2 ) = −v 2
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lezione 17
Definizione
Una matrice A = (aij ) ∈ Mn (R) si dice diagonale se aij = 0 ∀ i 6= j.
Definizione
Una matrice A ∈ Mn (R) si dice diagonalizzabile se è coniugata ad una matrice diago-
nale, ovvero se esiste una matrice P ∈ GL(n, R), detta matrice diagonalizzante di A,
tale che P−1 AP è diagonale.
Esempio Esempio
La matrice Siano
6 0 0 1 2 1 1 3 0
A= P= =⇒ P−1 AP =
A = 0 1 0 2 1 1 −1 0 −1
0 0 −2 P−1 AP è diagonal-e. La matrice A è quindi diagonal-izzabile e P
è diagonale. è una matrice diagonal-izzante di A.
I Ogni matrice diagonale è diagonalizzabile, essendo coniugata a sé stessa (in questo caso,
una matrice diagonalizzante è la matrice identica In ).
I Se P è una matrice diagonalizzante di A, anche kP lo è (per ogni k 6= 0). Le matrici
diagonalizzanti di A, se esistono, sono quindi infinite.
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lezione 17
Osservazione
Un endomorfismo f di uno spazio V di dimensione n è semplice se esiste una base
B = (v 1 , . . . , v n ) di V formata da autovettori di f, ovvero tali che
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lezione 17
Proposizione
Sia A ∈ Mn (R). Se B = (v 1 , . . . , v n ) è una base di Rn formata da autovettori di A, la
matrice P che ha i vettori di B come colonne è una matrice diagonalizzante di A.
lezione 17
Proposizione
Sia A ∈ Mn (R) diagonalizzabile e P = (pij ) una sua matrice diagonalizzante. Se indi-
chiamo con v j := t (p1j , p2j , . . . , pnj ) la j-esima colonna di P, allora B = (v 1 , . . . , v n )
è una base di Rn formata da autovettori di A.
D = P−1 AP ⇐⇒ AP = PD ⇐⇒ Av j = djj v j ∀ j = 1, . . . , n
(le colonne di P sono autovettori di A associate agli autovalori d11 , d22 , . . . , dnn ).
Siccome |P| 6= 0, allora ρ(P) = n (teorema degli orlati) e le colonne di P sono n vettori
di Rn linearmente indipendenti. Formano quindi una base.
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lezione 17
f(x, y) := (−y, x)
non è semplice (è una rotazione antioraria di 90◦ , ed abbiamo visto che non possiede
autovettori). Di conseguenza la sua matrice rappresentativa
" #
0 −1
1 0
non è diagonalizzabile.
Le cose cambiano completamente se invece di lavorare con i numeri reali si lavora
con i complessi. Ad esempio, l’endomorfismo f : C2 → C2 dato da f(x, y) := (−y, x)
(come sopra, ma con R sostituito da C) è semplice. Infatti, detti
v 1 = (i, 1) v 2 = (1, i)
√
con i = −1, si ha
f(v 1 ) = i v 1 f(v 2 ) = −i v 2
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lezione 17
allora è triangolare superiore, e i suoi autovalori sono gli elementi sulla diagonale.
Matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico, quindi hanno anche gli
stessi autovalori. In particolare, gli autovalori di A sono proprio λ1 , λ2 , . . . , λn .
Matrici coniugate hanno lo stesso determinante e la stessa traccia, ma determinante e
traccia di D sono facili da calcolare:
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lezione 17
Esercizi (§18.2)
Esercizio 18.2.1+
Siano A, B, C, D le seguenti matrici:
" # " # " # " #
−1 1 −1 2 −3 4 1 0
A= B= C= D=
0 −1 −3 1 1 0 0 2
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lezione 17
Esercizio
Determinare gli autovalori della matrice:
1 2 −4
A=4 3 −8
2 2 −5
λ1 = −1 λ2 = −1 λ3 = 1 X
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lezione 18
x3 + x2 − 33x + 63 = (x − 3)2 (x + 7)
√
x2 + 2x + 2 = (x + 1 − i)(x + 1 + i) i= −1
Ovviamente
m 1 + m2 + . . . + m r = n .
Osservazione 18.1.1
Gli autovalori di una matrice A ∈ Mn (R) sono le radici reali di pA (λ). Dette λ1 , . . . , λr
le radici reali distinte, per la molteplicità algebrica vale la disuguaglianza
lezione 18
Teorema 17.2.9
Per ogni autovalore λ0 di A, si ha 1 6 gλ0 6 mλ0 .
Definizione
Sia A ∈ Mn (R). Un autovalore λ di A si dice:
• semplice se ha molteplicità algebrica uguale ad 1: mλ = 1.
• semisemplice se ha molteplicità algebrica uguale quella geometrica: mλ = gλ .
Dalla disuguaglianza
1 6 gλ 6 mλ
Osservazione
Ogni autovalore semplice è semisemplice.
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lezione 18
Teorema 18.1.6
Una matrice A ∈ Mn (R) è diagonalizzabile se e solo se:
i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali;
ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici.
allora
pA (λ) = pD (λ) = (d11 − λ)(d22 − λ) . . . (dnn − λ)
e tutte e sole le radici del polinomio caratteristico sono date dagli elementi sulla
diagonale di D. Sono quindi numeri reali.
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lezione 18
Teorema 18.1.6
Una matrice A ∈ Mn (R) è diagonalizzabile se e solo se:
i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali;
ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici.
L’ultima uguaglianza segue dal fatto che tutte le radici di pA (λ) sono reali (oss. 18.1.1).
Se ne deduce che le precedenti disuguaglianze sono uguaglianze, e
Ma mλi − gλi > 0 (teorema 17.2.9), e una somma di termini non negativi è nulla se e
solo se tutti i termini sono zero. Si ricava mλi − gλi = 0 ∀ i, ossia la condizione ii).
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lezione 18
Teorema 18.1.6
Una matrice A ∈ Mn (R) è diagonalizzabile se e solo se:
i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali;
ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici.
B1 = (u 1 , u 2 , . . . , u n1 ) base di Vλ1 ,
B2 = (v 1 , v 2 , . . . , v n2 ) base di Vλ2 ,
.. ..
. .
Br = (w 1 , w 2 , . . . , w nr ) base di Vλr .
u = a1 u 1 + a2 u 2 + . . . + an1 u n1
v = b 1 v 1 + b 2 v 2 + . . . + b n2 v n2
.. ..
. .
w = c1 w 1 + c2 w 2 + . . . + cnr w nr
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lezione 18
Teorema 18.1.6
Una matrice A ∈ Mn (R) è diagonalizzabile se e solo se:
i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali;
ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici.
lezione 18
Quella che segue è una semplice condizione sufficiente (ma non necessaria). . .
Osservazione
Se A ∈ Mn (R) ha n autovalori distinti (cioè: se tutti gli autovalori sono semplici), allora
è diagonalizzabile.
Concludiamo con un teorema, enunciato senza dimostrazione (è stato dimostrato per
n = 2 alla fine della lezione 16).
Teorema 18.1.12
Sia A ∈ Mn (R) una matrice simmetrica (cioè soddisfacente t A = A). Allora:
• A è diagonalizzabile;
• autovettori associati ad autovalori distinti sono ortogonali;
• esiste una base ortonormale di Rn formata da autovettori di A.
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lezione 18
Esercizi (§18.2)
Esercizio
Dire quale fra le matrici seguenti è diagonalizzabile:
1 0 0 1 1 0
A = 0 2 1 , B = 0 2 0 .
0 0 2 0 0 2
Esercizio 18.2.5
Sia A la matrice
2 1 1 0
0 3 4 0
A= .
0 0 5 0
0 0 0 1
Riconoscere che è diagonalizzabile e determinare una matrice diagonalizzante P.
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lezione 18
lezione 19
Geometria di R2 (§19)
Equazioni parametriche e cartesiane di una retta (§19.1)
u
Sia u = (u1 , u2 ) 6= 0 un vettore non nullo e P un punto
di coordinate p = (p1 , p2 ). Sia r la retta passante per P Q(x1 , x2 )
e parallela ad u (come in figura).
Al variare di t ∈ R, l’equazione (?) descrive tutti i punti appartenenti alla retta r (il punto
P si ottiene ad esempio per t = 0). Nell’esempio in figura, è disegnata la retta di
direzione u = (2, 3) e passante per il punto p = (1, −1).
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lezione 19
4
5
,
Esercizio
3
5
=
Riconoscere che le tre equazioni seguenti descrivono (2, 1)
u
la stessa retta:
u
−
r : x = (2, 1) + t(3, 4)
r 0 : x = (2, 1) + t 0 (6, 8)
r 00 : x = (−1, −3) + t 00 (6, 8)
Possiamo ridurre l’ambiguità nella scelta di u chiedendo che abbia norma 1. Esistono
solo due vettori di norma 1 paralleli ad r e si dicono versori della retta.
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lezione 19
Si dice vettore normale ad r un qualsiasi vettore non nullo n che sia perpendicolare
alla retta stessa. Notiamo che il vettore
n = (−u2 , u1 )
Una equazione del tipo (†) rappresenta una retta se e solo se n = (a, b) 6= (0, 0).
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lezione 19
Esempio
n
Se r è la retta di equazione r0
x1 + 3x2 − 3 = 0
e p = (1, −1), allora r 0 ha equazione
r
x1 = 1+t p
x2 = −1 + 3t
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lezione 19
Norma e distanza
p = (p1 , p2 )
d(p, q) = kp − qk
|p2 − q2 |
q = (q1 , q2 )
|p1 − q1 |
Più in generale (vedere figura), la distanza fra due punti di coordinate p = (p1 , p2 ) e
q = (q1 , q2 ), indicata con d(p, q), è la norma del vettore p − q , ossia
p
d(p, q) := kp − qk = (p1 − q1 )2 + (p2 − q2 )2 .
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lezione 19
ovvero
ap1 + bp2 + c
t = t0 := − .
a2 + b 2
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lezione 19
x1 = p1 + t0 a , x2 = p2 + t0 b .
d(p, r) = kp − qk .
Notiamo che
p − q = −t0 (a, b)
e
ap1 + bp2 + c √
d(p, r) = kp − qk = |t0 | · k(a, b)k = a2 + b 2 .
a2 + b 2
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lezione 19
Esempio 19.4.1
La distanza fra la retta r di equazione 7x1 − 4x2 + 6 = 0 ed il punto p = (4, 1) è
|7 · 4 − 4 · 1 + 6| 30
d(p, r) = √ = √ .
72 + 42 65
Esercizio 19.5.4
Si determini la distanza del punto p = (2, 1) dalla retta r di equazione 2x1 − x2 + 5 = 0.
Si determini la distanza del punto p0 = (1, 3) dalla retta r 0 di equazione x1 +2x2 −7 = 0.
Soluzione. Si ha
|2 · 2 − 1 · 1 + 5| 8
d(p, r) = √ = √ ,
22 + 12 5
e
|1 · 1 + 2 · 3 − 7|
d(p0 , r 0 ) = √ =0.
12 + 22
La distanza di p 0 da r 0 è zero. Si può in effetti notare che p 0 ∈ r 0 . X
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lezione 19
x = a + t(b − a) (∗)
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lezione 19
Esempio 19.1.3
Scriviamo le equazioni della retta passante per i due punti a = (1, 2) e b = (−2, 4).
La direzione è data da u = b − a = (−3, 2) .
E QUAZIONI PARAMETRICHE: E QUAZIONE C ARTESIANA:
x1 = 1 − 3t x1 − 1 x2 − 2
= 2x1 + 3x2 − 8 = 0 .
−3 2
x2 = 2 + 2t
u a
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lezione 19
teorema di Pitagora:
q
h = kak2 − kpr b (a)k2 a
b
q h
1 2
= kak2 kbk2 − |ha, bi| ha,bi
pr b (a) = kbk2 b
kbk
q
1
= (a21 + a22 )(b21 + b22 ) − (a1 b1 + a2 b2 )2
kbk
q q
1 2 2 2 2 1 1
= a1 b2 + a2 b1 − 2a1 b1 a2 b2 = (a1 b2 − a2 b1 )2 = |a1 b2 − a2 b1 |
kbk kbk kbk
1
2
base × altezza = 12 |a1 b2 − a2 b1 |
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lezione 19
a
b
Teorema
Il modulo del determinante
a1 a2
b b2
1
è pari all’area del parallelogramma individuato dai vettori a e b , ed è due volte l’area
del triangolo di vertici O, a e b .
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lezione 19
Teorema
A(a1 , a2 ) B(b1 , b2 )
Il modulo del determinante
a1 a2 1
b1 b2 1 C(c1 , c2 )
c c2 1
1
[. O
è due volte l’area del triangolo ABC
1 6 ρ(A) 6 ρ(A|B) 6 2 .
lezione 19
Esempio 19.2.1
Siano r e r 0 le rette di equazioni cartesiane
r : 2x1 − 3x2 + 1 = 0
r 0 : 4x1 − 6x2 = 0
Si ha ρ(A) = 1 e ρ(A|B) = 2: le due rette sono parallele e non coincidenti.
Esempio 19.2.2
Siano r e r 0 le rette di equazioni cartesiane
r : 2x1 − 3x2 + 1 = 0
r 0 : 4x1 + 2x2 − 1 = 0
Si ha ρ(A) = ρ(A|B) = 2: le due rette si incontrano in un punto.
Esempio 19.2.3
Siano r e r 0 le rette di equazioni cartesiane
r : 2x1 − 3x2 + 1 = 0
r 0 : 4x1 − 6x2 + 2 = 0
Si ha ρ(A) = ρ(A|B) = 1: le due rette coincidono.
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lezione 19
Circonferenze (§19.3)
c
R
Una circonferenza di centro c = (c1 , c2 ) e raggio R > 0 è l’insieme dei punti del piano
a distanza R dal punto c . Quindi un punto x è sulla circonferenza se e solo se:
d(x, c) ≡ kx − ck = R ,
(x1 − c1 )2 + (x2 − c2 )2 = R2 .
lezione 19
Per trovare le intersezioni si procede per sostituzione. Sappiamo che (a, b) 6= (0, 0).
Supponiamo che ad esempio sia a 6= 0, allora dalla seconda equazione ricaviamo
x1 = −a−1 (bx2 + d)
che sostituita nella prima dà una equazione di 2◦ grado in una sola variabile. Il numero
di soluzioni (reali) dipenderà dal segno del discriminante ∆. Si hanno tre possibilità:
Esempio 19.3.1
2x21 − 2x1 − 4 = 0
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lezione 19
hp − c, x − pi = 0
Esempio 19.3.3
Nell’esempio nella figura a fianco, si ha:
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lezione 20
Geometria di R3 (§21.1)
Coordinate di un punto nello spazio tridimensionale
Questi tre enti matematici verranno spesso identificati con la terna di coordinate di P.
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lezione 20
∃ t ∈ R : B − A = t(D − C)
#» #» Π
La somma di due vettori PA e PB applicati nello
#»
stesso punto P è data dalla diagonale PC del
parallelogramma che ha i due vettori come lati.
A C
Siano u = A − P e v = B − P. Per ogni
t1 , t2 ∈ R i vettori t1 u ed u hanno la stessa
direzione, cosı̀ come i vettori t2 v e v .
La somma t1 u + t2 v è rappresentata da un
# » #» #» P B
vettore PQ complanare ad PA e PB.
∃ t1 , t2 ∈ R : Q − P = t1 u + t2 v
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lezione 20
Notiamo che:
I Se p = 0 ⇒ Π = L(u, v) è lo spazio generato dai vettori u e v .
I Se p 6= 0 ⇒ Π è parallelo a L(u, v) (ricordiamo che due piani si dicono
paralleli se non hanno punti in comune).
Se u e v sono linearmente dipendenti, si ritrova l’equazione di una retta (uno dei due
parametri t1 , t2 è superfluo e può essere eliminato).
Esempio 21.1.1
Si consideri la retta r ⊂ R3 di equazioni parametriche
x1 = 1 − t
x2 = −3 − 2t
x3 = 5 + 3t
Dalla prima equazione ricaviamo t = 1 − x1 , che sostituita nelle altre due dà:
x2 = −3 + 2x1 − 2 2x1 − x2 − 5 = 0
⇐⇒
x3 = 5 − 3x1 + 3 3x1 + x3 − 8 = 0
Esempio 21.1.2
Si consideri il piano Π ⊂ R3 di equazioni parametriche:
x1 = 1 + 2t1 + t2
x2 = 2 − t1 − t2
x3 = t2
Risolvendo le ultime due equazioni rispetto a t1 e t2 si trova t1 = 2 − x2 − x3 e t2 = x3 ,
che sostituite nella prima danno l’equazione cartesiana:
x1 + 2x2 + x3 − 5 = 0 .
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lezione 20
x = p + t1 u + t2 v (‡)
I vettori u, v formano una base per lo spazio delle soluzioni del sistema omogeneo
associato (ossia il piano L(u, v) passante per l’origine e parallelo a Π) , e p è una
qualsiasi soluzione particolare (che esiste, se i coefficienti di (†) non sono tutti zero).
Viceversa, date delle equazioni parametriche (‡) di un piano, notando che (‡) equivale
a x − p ∈ L(u, v) si ricava la condizione equivalente (teorema degli orlati):
x−p x1 − p1 x3 − p2 x3 − p3
u = u1 u2 u3 =0.
v v1 v2 v3
lezione 20
hn, x − pi = hn 0 , x − pi = 0
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lezione 20
R ETTA r P IANO Π
E QUAZIONI
x = p + tu x = p + t1 u + t2 v
PARAMETRICHE
" # " #
u u1 u2 u3
Condizione u 6= 0 ρ =ρ =2
v v1 v2 v3
E QUAZIONI a x 1 + b x2 + c x 3 + d = 0
ax1 + bx2 + cx3 + d = 0
CARTESIANE a0 x1 + b0 x2 + c0 x3 + d0 = 0
" #
a b c
Condizione ρ =2 (a, b, c) 6= (0, 0, 0)
a0 b0 c0
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lezione 20
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lezione 20
Notiamo che l’intersezione fra due piani incidenti (cioè, non paralleli) è sempre una
retta. In figura sono mostrati due piani paralleli e distinti, e due piani incidenti.
x3 x3
x1
x1
x2 x2
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lezione 20
lezione 20
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lezione 20
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lezione 20
Sia nel primo che nel secondo caso l’intersezione è vuota. Quale è la posizione
reciproca delle due rette?
Nel primo caso le due rette sono parallele (poiché ρ(A) = 2) e distinte.
Se ρ(A) = 3 e ρ(A|B) = 4 le due rette non sono parallele e non si intersecano: due
rette di questo tipo si dicono sghembe.
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lezione 20
Siccome due rette distinte contenute in un piano sono sempre parallele oppure si
intersecano in un punto, due rette sono sghembe se e solo se non sono complanari.
In figura è illustrato un esempio di due rette sghembe. Esiste uno (e un solo) piano
contenente una delle due rette e ortogonale alla seconda. Tale piano intersecherà la
seconda retta esattamente in un punto.
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lezione 20
1 1 — — piano (Π = Π 0 )
1 2 — — ∅
2 2 retta (r = r 0 ) retta (r ⊂ Π) retta
2 3 ∅ ∅ —
3 3 punto punto —
3 4 ∅ — —
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lezione 20
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lezione 20
Π1 : x1 + x2 + x3 = 0 Π2 : x1 − x2 − x3 + 1 = 0 Π3 : 2x1 + λx3 = 1
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lezione 21
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lezione 21
Esercizio
Si consideri la seguente matrice dipendente da un parametro k ∈ R:
1 0 3
A=
2 k 2
3 0 1
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lezione 21
Esercizio
Sia f il seguente endomorfismo di R3 :
f(x, y, z) := ( 2x + y + z , y , x + y + 2z )
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lezione 21
Esercizio
Sia f : R3 → R4 l’applicazione lineare dipendente da un parametro λ ∈ R definita da:
x2 + x3
x1
x1 + λx3
f x2 :=
x + 2x + 3x
1 2 3
x3
λx1 − x2
Per un valore di λ scelto a piacere fra quelli trovati al punto a), determinare:
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lezione 21
Esercizio
Si considerino i seguenti sottospazi di R4 , di cui uno dipendente da un parametro λ ∈ R:
V := L (5, −5, 7, 2) , (5, −5, 8, 3) , (−3, 3, −6, −3) , (−1, 1, −4, −3) ,
Wλ := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + λx2 + x3 − x4 = 0 .
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lezione 21
Esercizio
Sia Vλ il sottospazio di R4 , dipendente da un parametro λ ∈ R, generato dai vettori:
e sia
W := (x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 : x1 + x4 = x1 − x2 + x3 = 0
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lezione 22
Distanze in R3 (§22.1)
Come in R2 , anche in R3 la distanza
dall’origine di un punto di coordinate x3
p = (p1 , p2 , p3 ) è data dalla norma:
p3
q
kpk = p21 + p22 + p23 .
P
Verifichiamo questa affermazione. . .
Per il teorema di Pitagora, la diagonale del p2
rettangolo nel piano di equazione x3 = 0 , p1 L x2
disegnato in figura, ha lunghezza
q x1
L= p21 + p22
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lezione 22
b
x3
b−a
)
,b
k
a
−a
d(
kb
x1 x2
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lezione 22
θ v
O
Indichiamo con
hu, vi = u1 v1 + u2 v2 + u3 v3
il prodotto scalare canonico fra due vettori u = (u1 , u2 , u3 ) e u = (v1 , v2 , v3 ) di R3 .
Come in 2d, anche in 3d vale la formula (banale se uno dei vettori è zero):
lezione 22
θ/2 v
u v
u v
=
O v
2L = d , −
kuk kvk
kvk
kuk kvk
rD
u v u v E
= − , −
kuk kvk kuk kvk
Per finire, usando la formula di duplicazione del coseno, si arriva alla conclusione:
θ hu, vi hu, vi
cos θ = 1 − 2 sin2 = 1 − 2L2 = 1 − 1 − = .
2 kuk kvk kuk kvk
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lezione 22
lezione 22
= hu ∧ v, wi
Il prodotto misto si ottiene, quindi, facendo il prodotto vettoriale dei primi due vettori, e
poi il prodotto scalare con il terzo.
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lezione 22
Proposizione 22.3.2(1)
Il prodotto vettoriale è una operazione interna di R3 non associativa e non commutativa.
Gode invece della proprietà anti-commutativa:
u ∧ v = −v ∧ u ∀ u, v ∈ R3 .
e1 ∧ e2 = e3 , e 2 ∧ e 1 = −e 3 .
(e 1 ∧ e 2 ) ∧ u = e 3 ∧ u = (−1, 1, 0)
è diverso da
e 1 ∧ (e 2 ∧ u) = e 1 ∧ (0, 0, −1) = (0, 1, 0) ;
lezione 22
Proposizione 22.3.2(2)
Due vettori u, v di R3 sono linearmente dipendenti se e solo se u ∧ v = 0 .
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lezione 22
Dimostrazione. Si ha
u1 u2 u3 u
x2
hu ∧ v, ui = v1 v2 v3 = 0 .
u1 u2 u3
x1
Il determinante è zero perché la matrice
ha due righe uguali. Allo stesso modo si prova che
hu ∧ v, vi = 0
da cui segue che u ∧ v è ortogonale a qualsiasi combinazione lineare dei vettori u e
v , ovvero la tesi.
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lezione 22
Proposizione 22.3.2(5)
La norma del vettore u ∧ v è l’area del parallelogramma di lati u e v .
Dimostrazione. u+v
v
h
θ u
kuk
D’altra parte, siccome hu, vi = kuk kvk cos θ, dall’identità di Lagrange segue che
q q
2
ku ∧ vk = kuk kvk − |hu, vi| = kuk2 kvk2 (1 − cos2 θ)
2 2
p
= kuk kvk 1 − cos2 θ = kuk kvk sin θ ,
da cui la tesi.
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lezione 22
Proposizione 22.3.2(8)
Il volume del parallelepipedo che ha per lati i vettori u , v e w è dato da |hu ∧ v, wi| .
v
O
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lezione 22
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lezione 22
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lezione 22
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9.59.5Conic
ConicSections
Sections Contemporary
ContemporaryCalculus
Calculus l e1z 1i o n i 2 3 - 2 4
ections Contemporary Calculus
9.5 Conic Sections 1 Calculus
Contemporary
Cono
9.5
ONIC SECTIONS
circolare
9.5 CONIC
CONICSECTIONS
SECTIONS
9.5
retto
CONIC SECTIONShyperbola
hyperbola
hyperbola
parabola
parabola hyperbola
parabola pa
The conic
The conicsections
sectionsareare
thethe
curves
curves obtained
obtainedwhen
whena cone
a coneis is
cutcut
bybya plane
a plane(Fig.
(Fig.1).1).
Nello
ections are the
Theycurves
They spazio
have obtained
haveattractedtridimensionale,
when
thethe
attracted
a cone
interestTheis
ofof
interest
cut
conicby consideriamo
a plane
sections
mathematicians
mathematicians
(Fig.
are
since 1).
the the
sincecurves
time
the obtained
timeofof when
Plato, and
Plato, and cone is cut byza plane (Fig. 1).
a they
they
una
ttracted theare circonferenza
interest
still
are
of mathematicians
used
still byby
used scientists
scientistsand (rossa
Csince
andTheythehave
engineers. inattracted
time
engineers. figura)
of
The Plato,
Theearly
early ed
and
the
Greeks unwere
they
interest
Greeks of interested
weremathematicians
in in
interested these since the time of Plato, and they
these
punto
d by scientists
shapes
shapes nonofof
and engineers.
Pbecause
because complanare
The
theirearly
beauty
their
Greeks
beautyare
andandad
were
still
their essa.
used
their
interested
representations in these
by scientists
representations and
byby engineers.
sets ofof
sets pointsThe
pointsthatearly
met
that Greeks were interested in these
met
use of their certain
beauty distance
and theirdefinitions
representations by
shapes sets of points
because ofthe thatofbeauty
their met and atheir representations by sets of points thatellips
met
ellips
certain distance definitions(e.g., thethe
(e.g., circle
circle is is
the setset ofpoints
points at at fixed
a fixeddistance
distance
L’unione
nce definitions (e.g., di tutte
thepoint). le rette
circle isMathematicians
the set of che intersecano
pointsdistance
certain at ascientists
fixed distance
definitions la (e.g., the circle isbeen
ellips
the set of points at a fixed distance
from
froma given
a given point). Mathematicians andand scientists since
sincethe 1600s
the 1600s have
have been
circle
circle
circonferenza
n point). Mathematicians
interested in in and
thethe
conic
C e passano
scientists
sectionssince
from the
a
because
per
1600s
given
thethe
P è
have
point).
planets,
una
been
Mathematicians
moons, and other and scientists
celestial since the 1600s have been
interested conic sections because planets, moons, and other celestial circle
superficie
the conic sections
objects becausedetta
follow
objects follow paths
paths
cono
the planets,
that areare
that
circolare;
moons, and in
interested
(approximately) other
(approximately) the si dice
Cconic
celestial
conic
conic sections
sections,
sections, because
and
andthethe the planets, moons, and other
reflective
reflective celestial
Fig.
Fig.1 1
direttrice,
w paths thatproperties
are (approximately)
propertiesofofthe siconic
Ptheconicdice
conic vertice
sections,
sections objects
sections areare e
and
useful lethe
follow
useful rette
for si
thatdicono
reflective
paths
designing
for designing are (approximately)
telescopes
telescopes andandother conic sections,
Fig.
other 1 and the reflective Fig
generatrici
f the conic sections are useful
instruments. del
instruments.Finally,
forcono.
designing
Finally,thethe
conic telescopes
properties
sections
conic of and
the
give
sections give
other
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the sectionsanswer
complete
the complete are useful
answer to tofor
the designing
question,
the question, telescopes
"what
"whatis is and
thethe other
shape
shapeofof
Finally, the conic
thethe
graph sections
graphofofthethegive
general the
general
complete
quadratic
quadratic
answer
instruments.
equation
equation
to 2
the
AxAx+2 Bxy
Finally, question,
+the
Bxyconic
++
2"what
2+
CyCysections
+ is
DxDx++the
give
EyEy
shape
++ theF
F of
= complete
0 ?"
= 0 ?" answer to the question, "what y is the shap
the generalSe la retta passante 2 per P ed 2 il centro della
quadratic equation Ax + Bxy the+graph
Cy +ofDxthe+general = 0 ?" equation Ax2 x
Ey + F quadratic + Bxy + Cy2 + Dx + Ey + F = 0 ?"
circonferenza
This section
This discusses
section è the
discusses perpendicolare
"cut
the cone"
"cut and
cone" and al piano
distance
distance Π ofofthetheconic
definitions
definitions conic sections
sectionsandandshows
shows their standard
their standard
discusses the "cut cone" and distance definitions of theThe
conic sections and shows their standard
contenente
equations
equationsin in la circonferenza
rectangular
rectangular This section
coordinate
coordinateform.stessa,
form. discusses
The latheends
section
section "cut cone"
with
ends with aand distance
a discussion
discussion ofofdefinitions
the of the an
discriminant,
the discriminant, conic
easy
an sections and shows their stand
easy
rectangularway
coordinate form.theThe section ends
equations withof
inaofdiscussion
rectangular of the discriminant,
coordinate form. an section
The easy ends with a discussion of the discriminant, an ea
superficie
wayto to si chiama
determine
determine shape
the shapeofcono
the
of graph
the circolare
graph any
any retto.
standard
standard quadratic
quadraticequation
equation
mine the shape 2of+2 the graph 2 any standard
of
AxAx Bxy
+ Bxy + Cy+2 Dx
+ Cy + Dx + Ey
+ Ey+ quadratic
way F
+=Fto=
equation
0determine
.0 Section
. Section the shape
9.69.6 of thethe
examines
examines graph of coordinate
polar
the any
polar standarddefinitions
coordinate quadratic equation
of
definitions thethe
of conic
conic
2
In+sections,
figura,
+ Cy + Dxsections,
Ey +F =P
some
some
. èSection
0 of l’origine,
the
of reflective
the Π 2
9.6 examines
Ax è+ Bxy
perpendicolare
properties
reflective
the+ofpolar
properties Cy 2
thethe
of
coordinate
+ Ey definitions
Dx sections,
conic
conic+ sections,
+ F and
=and
0 someof of
. some thetheir
Section conic
9.6applications.
of theirexamines the polar coordinate definitions of the c
applications.
all’asse
me of the reflective z e il centro
properties of the conicdisections,
C è sull’asse
sections, and some
some of theof . their applications.
zreflective properties of the conic sections, and some of their applications.
Cutting
CuttingA ACone
Cone
ConeSlide 1/38
Cutting A Cone
When a (right circular double) cone is is
cutcut
bybya plane, only a few shapes areare
possible, and these areare
called l the
ezioni 23-24
When a (right circular double) cone a plane, only a few shapes possible, and these called the
ht circular double) cone is cut by a plane, only a few shapes are possible,
ofofθ θwithand these are called the θ< αfew
conic sections
conic sections(Fig. 1).1).If If
(Fig. When
thetheplane amakes
plane (right
makes circular
anan angle double)
angle cone isthe
the
with cut by a plane,
horizontal,
horizontal, and only
and θa< α , shapes
, then
thenthetheareset
set possible,
of of and these are calle
Sezioni coniche
ns (Fig. 1).points
If theisplane
anan
points is
makes(Fig.
ellipse an angle
ellipse (Fig.
of θ sections
Whenθ =
conic
2).2).When with0the
θ = <0 α
horizontal,
α
<(Fig.
, we
, we1).
have If and
have athe θ < aαmakes
plane
circle,
a circle,
, then an
special
a special
the setofofan
angle
case
case ofofan θellipse
with(Fig.
ellipse the
(Fig.horizontal,
3).
3).If If and θ < α , then the s
ellipse (Fig.θ 2).
=θ α When θ = 0 is α , we have
< formed a4),
circle, a special ,case ofWhen isθ is
an ellipse 0 < α3).
= (Fig. If have
=α, a, parabola
a parabola is formed points
(Fig.
(Fig. isand
4), an if
and ifθ >
ellipse θα α
>(Fig.
a, 2).
hyperbola
a hyperbola formed
formed , we
(Fig.
(Fig. aWhen
5).5).Whencircle, aplane
thethe special
plane goescase of an ellipse (Fig. 3).
goes
Intersecando
rabola is formed (Fig. 4), unθ piano
and of
if αcone,
>cone, con un cono
, θadegenerate
α , a parabola
hyperbola isconics
formed circolare
(Fig. 5). retto,
When come
theifplane
in, figura
θ ellipse
αgoes si ottengono delle
through thethe
through vertex
vertex thethe
of =degenerateconics isare
formed (Fig.
formed:
are formed: the4), and
degenerate
the degenerate> ellipse <<
(θ α)α)
a(θhyperbola
is is is formed
a point, thethe(Fig. 5). When the plane
a point,
curve
vertex of the cone, dette
degenerate sezioni
degenerate
parabola
degenerate conics
(θ(θ
parabola
coniche
=are
= α) isformed:
α) through
a line,
is
(and
the
and
a line,
0avertex
the < α of<the
degenerateπ/2
degenerate ellipse
a degenerate cone, 0 <6
e (θ θisα)
α)(θ
degenerate
hyperbola
hyperbola(θ > <conics
>aα)
isπ/2
point,
a pair
is
):
the
are
offormed:
a pair the degenerate
intersecting
of lines.
intersecting lines. ellipse (θ < α) is a point,
parabola (θ = α) is a line, and a degeneratedegenerate (θ > α) is(θa =pair
hyperbola parabola α) of
is aintersecting degenerate hyperbola (θ > α) is a pair of intersecting lines.
line, and a lines.
θθ αα
α θθ ==00 αα
θ θ<θ <α θ α θθ αα θθ
=α0 circle
circle θ=0 α α)
α hyperbola
hyperbola
Cerchio
ellipse
ellipse
circle(θ = 0) θθ < α θcircle
θ= =α α θ θ (θ > α
Iperbole
θ θ> >α α
Ellisse (θ < α) hyperbola
Parabola (θ = α) hyperbola
θ=α
ellipse parabola
parabola θ>α θ=α θ>α
parabola parabola
Fig.
Fig.2 2 Fig.
Fig.3 3
Fig. 3 Fig. 2 Fig.
Fig.5 5
Fig. 3
Fig.
Fig.4 4 Fig. 5 F
Fig. 4 Fig. 4
Se il piano del taglio contiene il vertice, si ottengono coniche degeneri: l’intersezione
con il cono può essere un punto (θ < α), una retta generatrice del cono (θ = α), o una
coppia di generatrici (θ > α).
( Per trovare delle equazioni, conviene partire da una definizione differente di conica: come luogo
geometrico dei punti del piano soddisfacenti una opportuna proprietà metrica. . . )
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lezioni 23-24
d(P, F) = e · d(P, r) P
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lezioni 23-24
Parabola (e = 1)
Definizione
Si dice parabola il luogo dei punti del piano
equidistanti da un fuoco e una direttrice. P
a/2
L’equazione della parabola è particolarmente
semplice se scegliamo il sistema di riferimento
in modo che l’asse delle x sia parallelo alla
−a/2 r
direttrice ed equidistante da direttrice e fuoco,
e l’asse delle y passi per il fuoco (figura).
Detto d(F, r) = a > 0, se P ha coordinate (x, y), poichè d(P, r) = y + 12 a , e per il
q
teorema di Pitagora d(P, F) = x2 + (y − 12 a)2 , l’equazione della parabola è:
q
y + 2 a = x2 + (y − 12 a)2
1
x2 − 2ay = 0
x2 y2
+ =1
a2 b2
√
in cui a = eq e b = 1 − e2 eq (notiamo che 0 < e < 1 e quindi a, b > 0).
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lezioni 23-24
Definizione
Si dice ellisse l’insieme dei punti del piano la cui somma delle distanze da due punti F e
F 0 (detti fuochi) è costante.
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lezioni 23-24
Iperbole (e > 1)
x2 y2
+ =1
e2 q 2 e2 (1 − e2 )q2
per le coordinate (x, y) di un punto P sull’iperbole. Stavolta però 1 − e2 < 0 .
√
Chiamando a = eq e b = e2 − 1 eq si ottiene l’equazione:
x2 y2
− 2 =1
a2 b
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lezioni 23-24
Iperbole (e > 1)
b b
y = −a x y= ax
Definizione
Si dice iperbole l’insieme dei punti del piano la cui differenza delle distanze da due punti
F e F 0 (i due fuochi) è costante.
lezioni 23-24
Un pò di terminologia. . .
Ellisse ed iperbole sono caratterizzate da:
I due assi di simmetria: la retta r contenente i due fuochi e la retta perpendicolare
ad r equidistante dai due fuochi. Il nome deriva dal fatto che ellisse ed iperbole
sono invarianti per riflessione rispetto ad una di queste due rette.
I un centro di simmetria: il punto di intersezione degli assi di simmetria. Per questo
motivo, ellisse e iperbole vengono dette “coniche a centro”.
I vertici: i punti di intersezione fra la curva e gli assi di simmetria. Due per l’iperbole,
quattro per l’ellisse.
I diametri: tutte le corde che passano per il centro.
I semiassi: i segmenti con estremi il centro e uno dei vertici (quattro per l’ellisse,
due per l’iperbole).
Slide 10/38
lezioni 23-24
ax2 + by2 + c = 0
A seconda del segno dei tre coefficienti si ottengono insiemi differenti:
I a, b, c hanno lo stesso segno: γ è l’insieme vuoto.
I a, b hanno lo stesso segno, c ha segno opposto: γ è una ellisse.
I a, b hanno segno opposto: γ è una iperbole.
p p
Nel 2◦ caso, chiamando α = −c/a e Nel 3◦ caso, se ac < 0, detti α = −c/a
p p
β = −c/b l’equazione diventa e β = c/b, si trova l’equazione canonica di
una iperbole con i fuochi sull’asse x:
x2 y2
+ =1
α2 β2 x2 y2
− =1
Se β < α, si tratta dell’equazione canonica di α2 β2
una ellisse con i fuochi sull’asse x.
p p
Se ac > 0, α := c/a e β := −c/b, si
Se α < β, i due assi sono invertiti ed i fuochi trova una iperbole con i fuochi sull’asse y:
sono sull’asse y.
y2 x2
Se α = β, si ottiene un cerchio, caso limite − =1
β2 α2
dell’ellisse in cui i due fuochi coincidono.
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lezioni 23-24
ax2 + by2 + c = 0
I a 6= 0, b 6= 0 e c = 0. Si ha:
I se a e b hanno lo stesso segno ⇒ γ = {(0, 0)} è un punto;
p
I se a e b hanno segno opposto ⇒ y = ± −a/b x sono due rette incidenti.
p
γ : y = ± −c/b sono due rette parallele e distinte, se bc < 0
I a = 0, b 6= 0 e c 6= 0 ⇒
γ = ∅ l’insieme vuoto, se bc > 0
p
γ : x = ± −c/a sono due rette parallele e distinte, se ac < 0
I a 6= 0, b = 0 e c 6= 0 ⇒
γ = ∅ l’insieme vuoto, se ac > 0
I a 6= 0 e b = c = 0 ⇒ x = 0 e γ è una retta.
I b 6= 0 e a = c = 0 ⇒ y = 0 e γ è una retta.
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lezioni 23-24
x2 − y2 = 1 (∗)
In questo caso gli asintoti sono le due bisettrici. Scegliendo diversamente il sistema di
riferimento, l’equazione della curva cambia. Scegliamo ad esempio gli asintoti come
assi del nuovo sistema di riferimento, di versori
1 1
v 1 = √ (1, −1) v 2 = √ (1, 1)
2 2
Un punto P di coordinate (x, y) ∈ R2 nel nuovo sistema di riferimento avrà coordinate
(X, Y) date dale componenti del vettore (x, y) nella base (v 1 , v 2 ), ovvero date da:
(x, y) = Xv 1 + Y v 2
Si trova x = X+Y
√
2
, y= Y−X
√
2
, e sostituendo queste espressioni in (∗) si ottiene
2XY = 1 (∗∗)
Le equazioni (∗) e (∗∗) descrivono la stessa curva in due sistemi di riferimento differenti.
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lezioni 23-24
Y = −X
Y
y = −x y=x
x2 − y2 = 1 v2 e2 2XY = 1
Y=X
F1 F2 F1 e1 F2
v1
X
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lezioni 23-24
. . . possiamo girare la figura e immaginare che ad essere ruotato sia non il sistema di
riferimento ma la conica. Da questo punto di vista, l’equazione 2XY = 1 descrive un
iperbole i cui fuochi, invece che essere sull’asse delle ascisse, sono su una delle
bisettrici, mentre la direttrice è parallela all’altra bisettrice. Gli asintoti sono i due assi.
Y
Y=X
y = −x y=x
F2
2XY = 1
x2 − y2 = 1 v2 v2
v1 X
F1 F2
v1
F1
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lezioni 23-24
(x, y) = Xv 1 + Y v 2 v2 v1
θ
x
Quindi:
" # " #" #
x cos θ − sen θ X
=
y sen θ cos θ Y
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lezioni 23-24
Matrici ortogonali
Sia
" #
cos θ − sen θ h i
P := = t v1 t
v2
sen θ cos θ
la matrice che lega le coordinate (X, Y) alle coordinate (x, y). Notiamo che:
I le colonne di P sono proprio i vettori v 1 e v 2 della base B;
I in altre parole, P è la matrice del cambiamento di base dalla base canonica a B;
I valgono le proprietà
t
P = P−1 (†)
det(P) = 1 (‡)
Definizione
Una matrice P ∈ Mn (R) che soddisfa (†) si dice ortogonale. Se in aggiunta soddisfa
anche (‡) si dice speciale ortogonale.
Si può dimostrare che P è ortogonale se e solo se le sue colonne formano una base
ortonormale di Rn .
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Traslazioni Y
y P
b
O0 X
O a x
Roto-traslazioni
y
Y
0
b O θ
O a x
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Esempio
Consideriamo un sistema di y Y
riferimento con origine O nel 0
1 2
+ Y2 = 1
2
X
v2 v1
Sia P = t v 1 t v 2 . Notiamo che se θ θ
O x
t t t
(x, y) = P · (X, Y) + (a, b)
Definizione
Una conica γ è il luogo dei punti del piano le cui coordinate x, y soddisfano una
equazione di secondo grado del tipo
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Definizione
Una conica si dice in forma canonica se la sua equazione è di uno dei seguenti tipi:
ii) a11 x2 + 2a23 y = 0 con a23 6= 0 (e a12 = a22 = a13 = a33 = 0).
Teorema
L’equazione di una conica può essere sempre ridotta in forma canonica attraverso un
opportuno cambio di coordinate (roto-traslazione).
Dimostrazione. Sia
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λ1 X2 + λ2 Y 2 + c = 0
Abbiamo ottenuto la forma canonica (i).
I Caso II: notiamo che gli autovalori di A non possono essere entrambi nulli, altrimenti
A sarebbe uguale alla matrice nulla (ma per definizione di conica, A 6= 0).
Rimane da studiare il caso λ1 6= 0 e λ2 = 0. In questo caso
b13
0 λ1 b33 − b213
0
X=x + Y=y +
λ1 2b23 λ1
si ottiene l’equazione
λ1 X2 + 2b23 Y = 0
cioè la forma canonica (ii).
Riassumendo, sia (v 1 , v 2 ) una base di autovettori di A, di autovalori |λ1 | > |λ2 |. Per
mettere l’equazione della conica in forma canonica si effettuano due cambi di
coordinate in successione:
I Il primo è una rotazione: si sceglie il nuovo sistema di riferimento con assi la cui
direzione è data dagli autovettori di A.
I Il secondo è una traslazione, scelta in modo da far scomparire entrambi i termini
di 1◦ grado (se possibile) oppure il termine di 1◦ grado in x 0 ed il termine costante.
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(x, y, 1) · A1 · t (x, y, 1) = 0
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Teorema
I numeri I1 , I2 , I3 di γ sono invarianti per roto-traslazioni.
(x, y, 1) · A1 · t (x, y, 1) = (x 0 , y 0 , 1) · t T A1 T · t (x 0 , y 0 , 1) = 0
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Teorema
I numeri I1 , I2 , I3 di γ sono invarianti per roto-traslazioni.
(. . . segue). Le matrici della conica nel sistema di riferimento XY sono quindi date da
I tre numeri I1 e I2 sono quindi indipendenti dalla scelta del sistema di riferimento.
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Dimostrazione. Poichè gli invarianti non dipendono dalla scelta del sistema di
riferimento, possiamo assumere che l’equazione di γ sia in forma canonica i) o ii).
Nel caso (ii), equazione e matrice della conica sono:
a11 0 0
(ii) a11 x2 + 2a23 y = 0 ⇐⇒ A1 = 0 0 a23
0 a23 0
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Si ha
I1 = tr(A) = a11 + a22 I2 = det(A) = a11 a22 I3 = det(A1 ) = a11 a22 a33
Poichè I3 6= 0, i tre coefficienti a11 , a22 , a33 sono tutti diversi da zero. Si tratta quindi di
una conica a centro non degenere.
I Se a11 , a22 , a33 hanno lo stesso segno, ovvero I2 > 0 e I1 I3 > 0, allora γ = ∅.
I Se a11 , a22 hanno lo stesso segno e a33 ha segno opposto, ovvero I2 > 0 e
I1 I3 < 0, γ è una ellisse.
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Riassumendo:
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I1 I3 I2 I3 ρ(A1 ) C ONICA
=0 6= 0 parabola
<0 6= 0 iperbole
<0 >0 6= 0 ellisse
>0 >0 6= 0 ∅
>0 =0 punto
<0 =0 due rette incidenti
=0 =0 =1 retta
=0 =0 =2 ∅ o rette parallele distinte
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Quindi I2 = det(A) = 50 > 0 e con lo sviluppo di Laplace rispetto alla terza riga
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r1 : x − y + 1 = 0 r2 : x + 2y − 1 = 0
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Esercizio
Data la parabola di equazione
Detti
√
17 5
0 11
X=x − Y = y0 − √
10 16 5
l’equazione in forma canonica è
√
5 X2 − 4 5 Y = 0
Il vertice O 0 è dato da
√
0 0 17 5
(X, Y) = (0, 0) =⇒ (x , y ) = ( 10 , 1611√5 ) = 1√
16 5
(136, 11)
" # " # " # " #
x 1 1 2 1 136 1 158
=⇒ = √ · √ =
y 5 2 −1 16 5 11 80 261
Quindi
O0 = 158 261
80
, 80 = (1.975, 3.2625)
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y
O0
X
v1
θ
O x
v2
√
5
Y= 4 X2
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