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Sommario III

«... un enorme individuo,


dotato di polmoni soprannaturali»
Funzioni, interpretazioni
e rinascite del coro drammatico greco

a cura di
Andrea Rodighiero e Paolo Scattolin

EDIZIONI FIORINI - VERONA


2011
Sommario V

Sommario

VII Premessa di Andrea Rodighiero e Paolo Scattolin


1 I R. Nicolai, La crisi del paradigma: funzioni degli exempla
mitici nei cori di Sofocle
37 II M. Di Marco, I mevlh di Eschilo e Frinico (Ar. Ran. 1264-
1328)
67 III A. Bierl, Il dramma satiresco di Pratina e il Ciclope di Eu-
ripide. Movimento selvaggio, autoreferenzialità corale e
liberazione dell’energia accumulata sotto il segno di Dio-
niso
97 IV O. Imperio, Il coro nell’ultimo Aristofane: la parodo del
Pluto
161 V P. Scattolin, Aristotele e il coro tragico (Poetica 12, 18)
217 VI A. Tessier, «Mit übernatürlicher Lunge» (Nietzsche, Das
griechische Musikdrama, SW I, 525): Böckh e il tabu del
dattilo acataletto finale
247 VII E. Biggi Parodi, La funzione del coro nella produzione
dell’ultimo kaiserlich-königlicher Kapellmeister Antonio
Salieri
291 VIII B. Zimmermann, Il coro nella teoria e prassi teatrale del
classicismo tedesco
307 IX G. Sandrini, Manzoni e la tragedia greca: il coro del Car-
magnola e il modello dei Sette a Tebe
329 X G. Ugolini, Nietzsche: un’interpretazione dionisiaca del
coro tragico
375 Gli autori
379 Index locorum
La funzione del coro nella produzione musicale ... 247

VII

La funzione del coro nella produzione musicale


dell’ultimo kaiserlich-königlicher Kapellmeister Antonio Salieri

ELENA BIGGI PARODI

Alla fine del Settecento il desiderio d’un rinnovamento


morfologico è profondamente avvertito in seno al dibattito del
rapporto fra testo e musica nella produzione teatrale; in par-
ticolare nell’opera seria di stampo italiano è viva l’esigenza di
trovare altre vie rispetto al più diffuso modello di riferimento,
costituito dall’impianto teatrale metastasiano. Fra le contami-
nazioni stilistiche ancora non chiarite che conducono all’opera
dell’Ottocento vi è in primo piano la funzione del coro, rele-
gata ai margini nel modello metastasiano e considerata invece
un’importante risorsa drammatica nell’opera romantica. È evi-
dente che l’utilizzo del coro con i suoi costi e con i suoi pro-
blemi organizzativi è stato fortemente condizionato dal sistema
produttivo di ogni specifica piazza teatrale, nonché dai fattori
contingenti di ogni produzione, tuttavia fu anche legato alle
concezioni che ebbero librettisti, musicisti e teorici del melo-
dramma di questa importante risorsa.
La posizione sulla quale tutti i teorici, i librettisti e i musi-
cisti della seconda metà del Settecento sembrano convergere
è l’esigenza di legittimare l’arte del loro tempo attraverso il ri-
chiamo alla grande tradizione classica, con la quale sentono un
rapporto di diretta discendenza.
La grande rivoluzione cui si assiste alla fine del Settecen-
to in campo teatrale, come ha messo in luce Degrada, è rap-
presentata dalla nuova drammaturgia musicale compiuta da
Mozart nell’arco creativo che parte da Idomeneo e giunge alla
Zauberflöte, periodo nel quale il compositore visse più o meno
stabilmente a Vienna1. Il cambiamento dell’impostazione me-

1
Cfr. DEGRADA 1996, 43 e 1996-1997.
248 Elena Biggi Parodi

todologica degli studi sull’opera italiana2 ci ha resi consapevoli


di come ciascun’opera sia un prodotto teatrale risultato di tanti
condizionamenti, determinata da un insieme di fattori contin-
genti, legati a ciascun preciso momento storico e all’‘orizzonte
d’attesa’ del pubblico, da cui consegue come per comprendere
lo stile di Mozart, il suo rapporto con le convenzioni del suo
tempo, sia necessario prendere in esame la produzione operi-
stica nata per la medesima realtà teatrale.
L’opera italiana (particolarmente quella di genere buffo) ha
dominato l’attività dei teatri di Vienna fra il 1765 e il 1800. La
necessità di conoscere la produzione di Salieri per comprende-
re meglio la produzione mozartiana, per lo meno quella che fu
composta a Vienna nell’arco creativo che va dal 1781 al 1791, è
stata ampiamente dimostrata3.

2
Tale impostazione metodologica, ormai acquisita, è stata resa esplicita da
BIANCONI – PESTELLI 1987, IV-IX.
3
Nella sua disamina della esegesi critica salieriana-mozartiana, RICE 1998
afferma che coloro che hanno tentato di studiare le opere teatrali dei composi-
tori coevi a Mozart hanno focalizzato la loro attenzione sui compositori di opere
italiane non residenti a Vienna, non composte per Vienna, per il pubblico e per
i cantanti per cui scrisse Mozart. Per esempio, per tracciare le ‘convergenze dei
generi’ che conducono a Don Giovanni, HENZE-DÖRING 1986 non si riferisce a
nessuna delle opere di Salieri nelle quali tali convergenze sono assai maggior-
mente riscontrabili. Così pure ROBINSON 1987, nel suo bel saggio sulla tradizione
dell’opera buffa nella quale Mozart scrisse Le nozze di figaro, menziona Salieri
come uno degli autori più rappresentati a Vienna negli ultimi vent’anni del Set-
tecento ma rivolge la sua attenzione piuttosto verso la musica di Pasquale An-
fossi, Domenico Cimarosa e Paisiello. L’attuale situazione degli studi di questo
periodo, dichiara RICE 1998, è stata influenzata principalmente dall’influsso delle
ricerche pionieristiche svolte sulla produzione mozartiana da Abert, nei suoi due
volumi su Mozart (ABERT 1955-1956), nei quali il musicologo tedesco ha rivolto
la sua attenzione su contemporanei di Mozart come Traetta, Guglielmi, Anfossi,
Domenico Fischietti, Baldassare Galuppi, nessuno dei quali ha vissuto a Vienna
per un periodo maggiore a pochi mesi. L’unico autore operista viennese a cui fa
riferimento è il maestro di Salieri, Florian Gassmann, ma senza un’osservazione
approfondita. Rice dichiara che le composizioni teatrali di Antonio Salieri meri-
tano una nuova attenzione oggi, dato che gli studiosi hanno avvertito l’esigenza di
cogliere nella produzione mozartiana le convenzioni musicali del suo tempo. Un
altro autorevole studioso mozartiano, Platoff, afferma che molti degli aspetti della
musica operistica del maestro di Salisburgo possono essere ritrovati nelle opere
dei musicisti che operarono a Vienna come Salieri, Martin y Soler e i loro rivali,
oggi dimenticati. Il linguaggio che noi oggi consideriamo ‘mozartiano’ come se
fosse appannaggio esclusivo del genio di Salisburgo fu in realtà il linguaggio usato
La funzione del coro nella produzione musicale ... 249

Come ha indicato Rice, nel periodo cruciale di oltre


trent’anni che trascorre da Paride ed Elena di Gluck al Fidelio
di Beethoven, entrambi concepiti per Vienna, vi sono dei cam-
biamenti sostanziali che non sono comprensibili limitando la
nostra osservazione alle opere di Gluck e Mozart. La produzio-
ne di Antonio Salieri è una «presenza estetica» che 1) riflette i
cambiamenti nell’opera e nella vita musicale viennese assai più
che non le opere di questi due autori; 2) ci offre l’opportunità
di considerare l’ultimo trentennio del diciottesimo secolo e i
primi dieci anni del nuovo secolo a Vienna come un periodo
unitario4.
La presenza artistica di Salieri sulle scene viennesi fu deter-
minante anche perché dal 1774 in poi egli espletò la funzione
di direttore dell’opera italiana, partecipando attivamente alla
messa in scena delle opere di stampo italiano allestite nei teatri
gestiti dalla corte. Il 12 febbraio 1788 Salieri divenne Hofkapel-
lmeister, la più importante carica musicale dell’impero asbur-
gico.
La sua produzione operistica inoltre testimonia anche la
liaison fra Vienna e Parigi5, un asse culturale dominante, desti-

dai compositori della sua epoca, le stesse convenzioni melodiche, le stesse caden-
ze, gli accompagnamenti, lo stesso stile comico per i caratteri buffi, e lo stesso
tipo di approccio lirico per quelli seri: le differenze fra la produzione di Mozart e
quella dei suoi contemporanei ci sono, ma sono più sottili di quanto si potrebbe
pensare. Si vedano PLATOFF 1984; 1990; 1991a; 1991b; 1992; 1993.
4
RICE 1998, 1-2.
5
All’Académie Royale de Musique, il 26 aprile 1784 andò in scena la
tragédie-lyrique Les Danaïdes in cinque atti, su libretto di Ludwig Theodor Tschu-
di e Marius François Du Roullet, da Ranieri de’ Calzabigi (ricordo anche che fino
alla dodicesima replica non si svelò che Les Danaïdes erano una composizione di
Salieri e non di Gluck, come era stato annunciato), poi a Versailles, il 2 dicembre
1786, fu rappresentata Les Horaces, tragédie-lyrique en trois actes, mêlée d’inter-
mèdes, su libretto di Nicolas-François Guillard da Pierre Corneille (Guillard e
Du Roullet erano stati gli artefici del libretto dell’Iphigénie en Tauride di Gluck
del 1779), infine ancora all’Académie Royale de Musique, il 7 giugno 1787, fu
rappresentata Tarare, opera in cinque atti e un prologo su testo di Pierre Augustin
Caron de Beaumarchais. Il rivoluzionario libretto racconta della detronizzazione
e uccisione del re tiranno al quale succede, acclamato dalla volontà popolare, il
proprio generale. L’opera riscosse uno straordinario successo a Parigi, due an-
ni prima della Rivoluzione. Nel 1790, in occasione del primo anniversario della
250 Elena Biggi Parodi

nato a propagare il proprio influsso nella capitale lombarda, a


Venezia e a Firenze.
Come sappiamo Salieri conobbe a Venezia il direttore
dell’opera della corte imperiale di Vienna, Florian Gassmann,
che vi si trovava per ingaggiare personale specializzato per la
programmazione teatrale di stampo italiano. Gassmann lo con-
dusse a Vienna, lo ospitò nella propria casa e ne forgiò l’educa-
zione musicale. I primi incontri determinanti per la formazione
di Salieri furono con direttive stilistiche diverse fra loro: il Me-
tastasio, poeta cesareo alla corte di Vienna fin dal 1730; Gluck
e Calzabigi, impegnati nella riforma dell’opera seria, sostenuti
dai personaggi della corte imperiale interessati alla dominante
cultura francese, come Josef von Sonnenfels e Giacomo Du-
razzo, i quali formavano a Vienna una popolazione di cittadini
della repubblica europea dei lumi.
Al fine di fornire un esempio della varietà di soluzioni
dell’utilizzo del coro considererò qui di séguito una campio-
natura delle composizioni drammatiche di Salieri, proponen-
done un’analisi alla luce delle convinzioni teoriche espresse
dagli autori del dramma, condotta parallelamente all’osser-
vazione delle scelte musicali effettuate dal compositore. Ciò
consentirà di inquadrare la rinnovata funzione del coro nella
produzione operistica di Salieri secondo alcune delle principali
direttive estetiche di quell’epoca, e a questo scopo ho scelto
di presentare tre casi emblematici: 1) il primo esempio d’una
nuova utilizzazione del coro da parte del musicista legnaghese
nell’oratorio d’impianto teatrale metastasiano La Passione di
Gesù Cristo composto per Vienna; 2) la rinnovata funzione del
coro nell’opera Europa riconosciuta, ideata in accordo con il
librettista Verazi per l’inaugurazione del Teatro alla Scala di
Milano. Questa costituisce un prototipo di opera che potrebbe
definirsi ‘europea’ per le molteplici tipologie stilistiche adot-

presa della Bastiglia, Salieri con Beaumarchais ampliarono Tarare di un nuovo


atto: Le couronnement de Tarare. In questo manifesto della Francia rivoluzionaria
Beaumarchais e Salieri affrontano il tema del divorzio, del matrimonio dei preti,
della liberazione degli schiavi delle colonie.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 251

tate, derivate dai tentativi di rinnovamento applicati all’opera


di stampo italiano in varie corti d’Europa6 e costituisce un si-
gnificativo precedente per Idomeneo di Mozart; 3) la funzione
del coro nella tragédie-lyrique – su testo di Du Roullet – Les
Danaïdes, rappresentata a Parigi nel 1784. Du Roullet era stato
il librettista dell’Iphigénie en Aulide di Gluck nel 1774, nonché
l’adattatore dell’Alceste francese di Calzabigi e Gluck nel 1776.
Nel libretto de Les Danaïdes, proveniente da un precedente
libretto di Calzabigi, il popolo delle figlie e dei figli di Danaüs
e di Egyste giunge a ottenere una dimensione sociale con la sua
significativa presenza in scena, ma sono le strategie musicali di
Salieri che lo rendono capace d’una evoluzione psicologica che
contrasta tanto con l’utilizzo del coro realizzato da Metastasio
che con la concezione calzabigiana d’una impostazione psico-
logica statica dei personaggi. Una caratterizzazione musicale
del coro capace d’una varietà di atteggiamenti diversi che lo fa
interagire con gli altri protagonisti e divenire un personaggio
a pieno titolo.

1. La funzione del coro ne La Passione di Gesù Cristo di Meta-


stasio – Salieri

Come è noto, con l’azione sacra La Passione di Gesù Cristo7


Metastasio dà avvio alla sua collaborazione con la corte vienne-
se di Carlo VI. Al poeta viene richiesto il libretto per le celebra-
zioni paraliturgiche della settimana santa mentre era ancora a
Roma, intento a ultimare i preparativi per recarsi presso quella
prestigiosa corte, libretto che egli invia ai primi di marzo del
1730 facendo precedere con esso il suo atteso arrivo. Nell’arco
di quasi quarant’anni a Vienna, il suo teatro aveva dato voce
con immenso successo a innumerevoli personaggi dell’antichità
classica, tanto che nella capitale imperiale era stata stabilmente
ingaggiata una compagnia di canto per rappresentare l’opera

6
Cfr. PETZOLDT MCCLYMONDS 1997 e 2004
7
Ora in METASTASIO 1965.
252 Elena Biggi Parodi

italiana. Gassmann introdusse il sedicenne Salieri, giunto nella


capitale asburgica il 16 giugno 1766, in casa Martinez, dove ri-
siedeva il cesareo poeta. Sappiamo dalla testimonianza di Ignaz
von Mosel, primo biografo di Salieri cui il compositore lo riferì
personalmente, che Metastasio faceva leggere a Salieri e decla-
mare in italiano intere scene di sue opere.
Salieri era a Vienna quando sul palcoscenico del Burgthe-
ater andò in scena quello che passerà alla storia come l’avve-
nimento centrale della Riforma gluckiana8, ossia la rappresen-
tazione dell’Alceste, la sera del 26 dicembre 1767. Nel salotto
della casa dove risiedeva ebbe numerose occasioni di incontra-
re Gluck e il suo librettista Ranieri de’ Calzabigi, e di conoscere
la loro concezione teorica in campo teatrale. La visione che il
livornese ebbe riguardo alla tragedia e in particolare al coro
è espressa in due testi che concernono il complesso rapporto
fra Calzabigi e il teatro metastasiano, nella Dissertazione su le
Poesie drammatiche del signor abate P. M. (1755)9 e poi nella
Risposta di Don Santigliano (1790).
Il coro sopravvive nei drammi di Metastasio, osserva Cal-
zabigi «con tutti i riguardi dovuti al verosimile» e solo nei
casi in cui «si adatta all’azione, non ne guasta l’ordine, né
l’interrompe»10. Come ha notato Gallarati, il teatro di Metasta-
sio, secondo il poeta livornese, «sarebbe addirittura superiore
alla tragedia antica greca e latina». Questo parere riguardava
la propensione del Cesaro poeta ad eliminare il coro in favore
«dell’aria, che nel teatro di Metastasio sottrae l’elemento lirico
contemplativo alla voce astrattamente collettiva del coro classi-

8
In campo storico-musicale ci si riferisce al complesso fenomeno del tenta-
tivo principalmente compiuto dal compositore Gluck e dal suo librettista Ranieri
de’ Calzabigi di rinnovare il rapporto fra testo e musica di genere serio, in risposta
all’eccessiva genericità drammatica raggiunta dagli spettacoli teatrali, per meglio
esprimere il dramma contenuto nell’opera in osservanza dei criteri di ‘naturalez-
za’ e ‘verosimiglianza’. Da ora in poi in questo testo il fenomeno sarà indicato
semplicemente dalla parola ‘Riforma’ con la lettera maiuscola.
9
Ora in CALZABIGI 1994, I, 22-146.
10
CALZABIGI 1994, I, 33.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 253

co, per metterlo in bocca ai protagonisti dell’azione, calandolo


nella concretezza emotiva del singolo personaggio»11.
Nella Dissertazione su le Poesie drammatiche del signor abate
P. M. Calzabigi afferma che nelle tragedie antiche un momento
di particolare interesse per la musica si presentava al momento
del coro. «Le vaghezze del coro» che secondo Calzabigi era-
no confinate nelle tragedie antiche «dopo ogn’atto», nel tea-
tro della sua epoca sono state «trasportate quasi infine d’ogni
scena». Il letterato dichiara infatti che le arie del teatro lirico
altro «in sostanza non sono che parti del coro, le quali la lirica
poesia, e le vaghe sublimi immagini di quella conservano»12.
Il problema del coro per Calzabigi investe soprattutto il
tempo drammaturgico, che rispetto alla tragedia greca «con-
tinuamente scandita dagli interventi del coro», è più rapido
nel teatro metastasiano. Apparentemente in contraddizione
con questa opinione appare l’apprezzamento del Calzabigi per
l’articolata complessità dello schema drammaturgico di Qui-
nault in cui il coro, il balletto, la scena, la poesia, la musica si
fondono in una magnificenza spettacolare (a condizione però,
avverte il livornese, che esso venga liberato dal decorativismo
mitologico surreale tardobarocco). Come è noto ci si è spes-
so interrogati su questa contraddizione fra l’apprezzamento
dell’opera francese come Gesamtkunstwerk e l’elogio del Me-
tastasio, tanto più che la Riforma gluckiana realizzerà proprio
l’unione di questi due elementi di provenienza diversa: coro e
ballo francesi con arie e recitativi italiani.
Benché Calzabigi attui un completo capovolgimento della
sua posizione rispetto a Metastasio, mantiene la sua idea ri-
guardo alla funzione del coro. Egli dichiara che alla funzione
del coro può corrispondere il moderno concertato, superiore a
questo perché mentre nei concertati cantano i «personaggi in
passione»13, «nelle greche e nelle latine [tragedie], non essendo
il coro che semplice spettatore non poteva per conseguenza se

11
GALLARATI 1980, 500.
12
CALZABIGI 1994, I, 31.
13
Lettera sull’Elfrida, ora in CALZABIGI 1994, II, 587.
254 Elena Biggi Parodi

non debolmente sentirsi agitare dalle passioni che i personaggi


provavano»14.
A Gallarati dobbiamo una convincente soluzione di questa
posizione apparentemente contraddittoria espressa da Calza-
bigi allorché dalla sua poetica teatrale si passi all’osservazione
delle scelte concrete messe in atto in Orfeo ed Euridice, Alceste
e Paride ed Elena. Per ciò che riguarda il coro lo studioso ri-
leva che esso acquista un’importanza molto superiore a quella
goduta nel teatro di Metastasio, inserendosi tuttavia nella linea
del predecessore, perché entra in rapporto di verosimiglianza
con l’azione drammatica, incarnando i sentimenti d’una comu-
nità reale che partecipa direttamente allo svolgersi dei fatti. La
funzione del coro assume quella «esemplarità etica della tra-
gedia già predicata da Orazio, e fatta propria da Calzabigi e
Gluck»15. Nelle opere della Riforma, indica Gallarati, l’utilizzo
del coro è finalizzato a un «massiccio accostamento di compatti
blocchi scenici formati da canto solistico, canto corale e danze,
nei quali l’alto idealismo etico della vicenda viene celebrato in
atteggiamenti solenni». Più che sulle ‘fabule’ narrate nelle tra-
gedie, Gluck e Calzabigi hanno puntato sui miti della tradizio-
ne classica, trasformando il teatro in musica «nel pulpito di un
discorso etico in cui si celebra la “gloria somma” della virtù e
la “miserabil catastrofe” del vizio», in cui il coro concorre alla
funzione di «ammaestramento de’ Grandi»16.
Dal 7 febbraio 1774 Salieri successe al suo maestro, Florian
Gassmann, come Kapellmeister dell’opera italiana. Ma la situa-
zione molto presto cambiò: si cominciò a polemizzare con il
serioso razionalismo espresso dalla cerchia degli intellettuali,
sino a che Giuseppe II decise di sciogliere la compagnia stabile
per l’opera italiana per privilegiare il prodotto nazionale del
Singspiel.
Salieri pose rimedio alla repentina mancanza di ingaggi te-
atrali con la composizione d’un oratorio per soli coro e orche-

14
Cfr. la Dissertazione, in CALZABIGI 1994, I, 31.
15
GALLARATI 1980, 512.
16
GALLARATI 1980, 514.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 255

stra dall’azione sacra di Metastasio La Passione di Gesù Cristo,


che, pur non avendo bisogno di scene, costituiva un ottimo
sostituto all’opera di stampo italiano, poiché ne utilizzava il
medesimo stile melodrammatico17. L’oratorio fu eseguito il 21
dicembre 177718 a Vienna durante l’annuale concerto a benefi-
cio degli orfani e delle vedove dei musicisti presso la Tonkün-
stler-Societät.
Il primo esempio di un nuovo e originale utilizzo del co-
ro da parte del musicista legnaghese lo abbiamo proprio con
la sua intonazione di questo libretto del Metastasio. La strut-
tura musicale ideata da Salieri si sovrappone al teatralissimo
testo del Metastasio, già denso di drammatici gesti interiori,
per aumentarne l’azione e l’effetto. Il compositore di Legnago
innesta una concezione drammaturgica del tipo della Riforma
calzabigiana-gluckiana nell’impianto drammatico del Metasta-
sio, che dimostra a questo scopo una straordinaria duttilità.
Salieri, come vedremo, pur sposando concettualmente molte
delle direttive estetiche riformate, fra cui l’abbandono dell’aria
col da capo, un largo impiego dei recitativi accompagnati e re-
alizzando una significativa coesione drammatica fra la sinfonia
iniziale e il resto della composizione, mantiene un atteggiamen-
to di autonomia estetica che riguarda anche l’aspetto del coro.
Nella prima parte dell’oratorio è come se il coro con la sua
musica dovesse imprimere un marchio di unità alla composi-
zione19. Conclude la prima parte dell’oratorio l’esteso numero

17
Come è noto le influenze del melodramma sulla musica sacra, nel periodo
che va dalla seconda metà del Settecento alla prima metà dell’Ottocento, furono
ingenti, tanto che (benché i due generi fossero considerati inconciliabili dai teo-
rici dell’epoca) non è possibile osservare una netta distinzione fra lo stile sacro
e quello operistico. Un esempio fra tanti dell’influenza del melodramma sulla
musica sacra è analizzato da MORELLI 1991 (cfr. anche LUCARELLI 1995). Alcune
testimonianze delle affinità in questo periodo fra lo stile teatrale e quello utilizzato
persino nella musica italiana da chiesa sono riportate da KANTNER 1982.
18
Si veda BIGGI PARODI 2000a.
19
Dopo la sinfonia in si bemolle, collegata senza soluzione di continuità al
recitativo obbligato di Pietro (Dove son?), la scena prosegue senza cesure con
l’arioso in mi bemolle Ingratissimo Pietro! e la cavatina di Pietro Giacché mi tremi
in seno in sol minore; segue la descrizione di Pietro dell’arrivo degli altri perso-
naggi con il recitativo obbligato Ma qual dolente stuolo. Da qui immediatamente,
256 Elena Biggi Parodi

finale per voci soliste e coro Di qual sangue, o mortale. Nel-


la prima sezione di questo ultimo numero della prima parte,
Larghetto con moto, Salieri modifica il testo del Metastasio
aggiungendo la ripetizione dell’ammonizione «o mortale!» da
parte del coro in omoritmia. Il ricorso all’omoritmia serve a far
comprendere meglio l’invocazione corale che scandisce il testo
con i medesimi accenti. Ancora nella breve sezione centrale,
Maestoso, il compositore fa esprimere al coro nuovamente in
omoritmia i versi «quanto più grande il dono chi n’abusa è più
reo» e l’esortazione «pensaci e trema». Dopo una terza sezione,
Allegro giusto, in cui il coro attua un’imitazione serrata, Salieri
conclude questo primo finale facendo ripetere al coro parte
della sezione Maestoso con l’ammonimento «pensaci e trema».
In questo evidente tentativo di isolare questi versi come monito
rivolto al pubblico Salieri assegna al coro la funzione analoga
realizzata da Calzabigi e Gluck, per amplificare con la musica
il discorso etico contenuto nella composizione.
Altrove tuttavia Salieri, attraverso l’utilizzazione del coro,
escogita una soluzione autonoma e originale per variare il pia-
no teatrale metastasiano, irrigidito nella codificata alternanza
di recitativi e arie. Egli aggiunge un intervento del coro in due
arie solistiche, utilizzando il semplice espediente di far ripetere
ad esso alcune parole del solista; il cambiamento è minimo,
le battute corali sono pochissime, tuttavia il risultato ha una
grande portata drammatica. Osservando il diverso trattamento
della melodia corale nelle due differenti occasioni, che condu-
ce a due differenti situazioni drammatiche, possiamo renderci
conto che il cambiamento drammaturgico è stato intenzionale
e consapevolmente realizzato.
L’aria di Maddalena Potea quel pianto è suddivisa in due
quartine di quinari, Un poco lento e Allegretto. Nella secon-
da quartina/sezione musicale Allegretto, dai versi «pure a que’

senza introduzione strumentale, si apre il coro Quanto costa il tuo delitto in mi


bemolle, che ripresentando il disegno della sinfonia d’apertura attua una conti-
nuità con quanto s’era ascoltato prima, convincendoci che la situazione emotiva
non è cambiata.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 257

perfidi | Maria che langue | è nuovo stimolo | di crudeltà», allor-


ché il solista pronuncia il terzo verso con la parola «stimolo», il
musicista fa intervenire il coro due volte con le parole «perfidi!
Perfidi!», che ottiene l’effetto di un’improvvisa esplosione di
sdegno dei presenti, che impedisce a Maddalena di terminare
il verso, tanto che essa riprende a cantare con la ripetizione
del terzo verso, e nuovamente viene interrotta dal coro che
svolge una funzione di condanna etica in linea con la direttiva
realizzata da Calzabigi e Gluck20, ma con un gesto impulsivo e
spontaneo, che pare provenire, più che da un ‘pulpito’, da un
genuino e personalissimo moto interiore.
Nell’aria di Giovanni Dovunque il guardo io giro21 Salieri
– dopo che Giovanni ha espresso la sua sensazione della pre-
senza di Dio in ogni cosa – affida al coro il compito di unirsi
ad esso con identiche parole e uguale melodia musicale, sor-
tendo un effetto drammaturgico di un appaiamento totale fra
solo e tutti, come a rendere evidente che la sensazione emotiva
di Giovanni si propaga all’intera umanità, provocando anche
in questo caso un effetto di identificazione negli ascoltatori.
L’atmosfera celestiale è ottenuta anche mediante una strate-
gia di comunicazione che non doveva sfuggire agli ascoltatori
dell’epoca, le famiglie dei musicisti della Tonkünstler-Societät
viennese, la citazione quasi letterale dell’accompagnamento
strumentale dell’aria Che puro ciel dell’Orfeo gluckiano situata
all’arrivo di Orfeo nei campi Elisi.

2. La funzione del coro in Europa riconosciuta di Verazi – Salieri

Salieri stava lavorando ancora alla partitura de La Passione di


Gesù Cristo, nei primi mesi del 1778 (pensando probabilmente a

20
Ora in SALIERI 2000, 74 (tav. 1).
21
La versione che riporta Brunelli (in METASTASIO 1965, 561), è «dovunque il
guardo giro», ma si riporta qui il verso musicato da Salieri: «dovunque il guardo
io giro».
258 Elena Biggi Parodi

una nuova esecuzione viennese)22, quando sopraggiunse, grazie


a Gluck, l’offerta di recarsi in Italia per inaugurare il nuovo ‘re-
gio teatro’ della città di Milano – il Teatro alla Scala – con l’opera
Europa riconosciuta, che andò in scena il 3 agosto 1778.
Nel sistema produttivo italiano di questo periodo il coro
era spesso formato da garzoni di bottega che arrotondavano le
proprie entrate. Una testimonianza di ciò è fornita anche dal
primo biografo di Salieri, Ignaz von Mosel, il quale racconta
che trovandosi Salieri a Firenze nell’estate del 1779, dove si
stava rappresentando una sua opera, La fiera di Venezia, stu-
pito dal ritardo con cui l’opera andava in scena a causa della
mancanza dei coristi, gli fu risposto che ciò avveniva perché i
negozi chiudevano più tardi, approfittando del fatto che era
ancora giorno:
In Italien bestand nämlich dazumal der größte Theil der Chorsänger
aus Ladendienern, die, ohne das Geringste von der Musik zu ver-
stehen, ihre Aufgabe blos nach dem Gehör lernen und sie dann zu
vollkommener Zufriedenheit singen23.

La massa corale in Italia fino agli anni Venti del XIX secolo
era mediamente formata da dodici-sedici coristi, ed erano in
netta prevalenza i cori di voci maschili rispetto al coro di voci
miste24.
Mentre attendeva alla composizione di Europa riconosciu-
ta, sappiamo che Gluck chiese a Salieri di seguire la messa in
scena della sua Alceste a Bologna25. Il compositore legnaghese
ebbe dunque molteplici occasioni di conoscere le strategie glu-
ckiane26. «Le istoriche notizie» sul mito di Europa, che eran

22
La partitura di questo autografo contiene molte correzioni, compresa la
data originale, 1776, modificata dal compositore in 1778: si veda BIGGI PARODI
2000a.
23
Testo del 1827, ora in MOSEL 1999, 55: trad. it. in DELLA CORTE 1936,
131-132: «in Italia, infatti, a quei tempi, il coro era quasi esclusivamente formato
da garzoni di bottega che, senza conoscere una nota, imparavano la loro parte ad
orecchio e la cantavano poi alla perfezione».
24
Si vedano i saggi raccolti in PASSADORE – ROSSI 2000; MATTEI 2005.
25
BIGGI PARODI 2004a.
26
CUMMING 1995.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 259

servite «di fondamento a questo immaginato fatto», come


dichiara Verazi nel libretto, erano tratte dalla Genealogia de
gli dei del Boccaccio tradotta in volgare. Con una particolare
attenzione per le interpretazioni allegoriche che la tradizione
cristiana successiva aveva operato dei miti classici il Boccaccio,
parlando di Europa, rimandava a Ovidio, Eusebio, Agostino.
Nella versione italiana della Genealogia conosciuta da Verazi
si narrava che questa, «molto amata da Giove», quinta figlia
di Agenore re di Tiro, fu rapita dal dio, manifestatosi sotto le
sembianze di un bianco toro. Europa, avvinta dalla bellezza
dell’animale, montò sul suo dorso; il toro-Zeus «notando passò
il mare», la condusse a Creta dove concepirono tre figli maschi,
e «in eterna memoria di lei» il dio, riconoscente, «al suo nome
chiamò la terza parte del mondo Europa». Il porre l’accento
sulle comuni radici culturali non poteva che essere gradito alla
corte imperiale di Maria Teresa, prima, e poi di Giuseppe II,
ottemperando al duplice scopo di legittimare il Sacro Romano
Impero e le sue possessioni italiane.
Per l’importante inaugurazione fu coinvolto anche il mag-
gior poeta milanese di quei tempi, Giuseppe Parini, affidando-
gli l’ideazione del soggetto del sipario del nuovo teatro27. Parini
immaginò per esso un ‘telone’ che raffigurava Apollo seduto su
un carro posto sulle nuvole: il dio, «volgendo lo sguardo» alle
quattro muse del teatro (che con il loro splendore fuggivano «i
Vizii»), additava loro «alcuni busti d’uomini illustri»: Sofocle,
Terenzio, e per ultimo, quale garante continuatore della cultu-
ra classica, l’ancora vivente Pietro Trapassi, il Metastasio.
La rinuncia a utilizzare per questa occasione un dramma
di Metastasio rappresenta una scelta significativa: si ostentava
un preciso intento innovatore e si assumeva un grosso rischio,
quello di abbandonare la sicurezza che, anche qualora le cose
non fossero andate per il verso giusto con la musica o gli inter-
preti, almeno sul dramma nessuno potesse muovere obiezioni.
A scrivere il dramma fu chiamato Mattia Verazi, con il suo tea-
tro sperimentale; un librettista che, come Salieri, aveva compiu-

27
Ora in PARINI 1999, 79.
260 Elena Biggi Parodi

to la propria esperienza per la maggior parte fuori dall’Italia,


nei teatri tedeschi di Württemberg (Stuttgart-Ludwigsburg) e
Mannheim. Qui le modifiche alle convenzioni teatrali italiane
erano non solo tollerate, ma incoraggiate, in particolare con
un massiccio impiego degli elementi spettacolari francesi in
senso antitetico alla riforma arcadica compiuta dal teatro del
Metastasio. Tuttavia nel libretto dell’opera stampato per Eu-
ropa riconosciuta Verazi ribadisce più volte la sua stima per il
poeta cesareo e dichiara che non potendosi spiegare «con quel-
la forza, vetustà ed energia»28 che solo il Metastasio possiede,
ha utilizzato per la sua costruzione un ingrediente di cui pare
rivendicare l’invenzione: il dramma in azione.
A rendere ‘diverso’ lo spettacolo non sono solo le contami-
nazioni con altri generi teatrali come la tragédie-lyrique france-
se (l’impiego dei cori), o l’opera buffa (l’organizzazione in due
atti, il finale d’assieme musicalmente complesso), o gli aspetti
mutuati dalla Riforma di Gluck e Calzabigi che si possono ri-
scontrare in Europa riconosciuta. La sua diversità piuttosto è
dovuta al fatto che dietro l’etichetta coniata dal librettista di
«dramma in azione» si cela la totale deviazione dalle strutture
formali dell’opera italiana che formavano l’orizzonte d’attesa
del pubblico milanese, dovuta particolarmente all’impiego del
coro. Un eccellente esempio ci è offerto dall’osservazione dello
schema riassuntivo dei brani musicali delle prime quattro sce-
ne del I atto. In esse come si vede i momenti corali non sono
separati dal resto: l’importanza del coro in Europa riconosciuta
è fondamentale, su nove scene del I atto, sei hanno il coro29:
atto I, scena I
Deserta spiaggia di mare. Selva da un lato, rupi dall’altro fra le quali
sterpi, cespugli e serpeggianti edere adombran l’ingresso d’un’ oscura e
profonda caverna. Tempesta con lampi, tuoni, pioggia, sibilo di venti,
e fragor di sconvolti flutti (1). Durante la medesima si vede in lon-
tananza numerosa flotta di legni. Alcuni sommergonsi miseramente

28
Cfr. BIGGI PARODI 2004a, 43 e VERAZI 1778, 10.
29
I numeri progressivi I.1, I.2 ecc., come pure le sigle che da qui in avanti
identificheranno i numeri chiusi delle composizioni teatrali di Salieri, sono tratti
da BIGGI PARODI 2005a (BP nel testo).
La funzione del coro nella produzione musicale ... 261

nell’onde; altri si perdon affatto di vista. Da un lacero vascello, che


viene impetuosamente ad urtar contro il lido sortono Asterio, Europa,
e un picciol fanciullo, con varie donzelle seguaci d’Europa, ed alcuni
guerrieri cretensi.
I.1; Asterio Sposa… Figlio… Ah non piangete! [senza soluzione di
continuità]
[Rec. acc.]30
Asterio Stelle!…Il figlio!…All’armi.
Scena II
Asterio, e’l fanciullo fra le donzelle seguaci d’Europa, ed alcuni pochi
guerrieri cretensi che vengono attaccati da Egisto che si presenta loro
alla testa d’una squadra numerosa di soldati fenici.
I.2; terzetto, coro di donzelle, coro d’aggressori e d’assaliti Chi non
cede alle nostr’armi; allegro; si bemolle; C; Europa (S), Asterio (S),
Egisto (T), coro di donzelle (S), coro d’aggressori e d’assaliti (T, B),
2 cor in si bemolle, 2 tr in si bemolle, 2 fl, 2 ob, 2 fag, 2 vl, 2 vla, bc;
mis [169]
Scena III
Europa che sorte improvvisa dal suo ritiro e detti.
[Rec. acc.] Europa Crudeli! Ah no. Fermate
[Prosecuzione del terzetto con coro di donzelle e coro d’aggresso-
ri e d’assaliti] Europa Pria che ferir quel seno, coro Vinse il paterno
amor.
Scena IV
Asterio ed Europa colle sue donzelle seguaci, il fanciullo e i soldati
fenici.
[Rec. acc.] Asterio Sposa, oh Dio, che giorno è questo!
[Prosecuzione del terzetto con coro di donzelle e coro d’aggressori e
d’assaliti] Ah, non reggo al mio tormento; mis [65]

Come si vede, vi è l’abbandono della consuetudine, fino


ad allora irrinunciabile, che l’azione della storia fosse portata
avanti nei recitativi in modo che la maggior parte del tempo
venisse impiegato dalle arie, particolarmente da quelle definite
‘di sortita’, così chiamate perché, dopo la sua effusione sen-
timentale, il protagonista usciva di scena: l’azione, quindi, si

30
Qui e altrove: «recitativo accompagnato».
262 Elena Biggi Parodi

interrompeva e la star poteva tornare sul palcoscenico a riscuo-


tere l’applauso o a concedere il bis.
In Europa riconosciuta il compositore, d’accordo con il li-
brettista, utilizza diversamente ‘l’azione’ per coinvolgere gli
spettatori disponendoli a partecipare emotivamente alle sven-
ture dei protagonisti; Salieri sposa questo principio strutturale
realizzando un continuum in cui campeggiano i pezzi d’assie-
me all’interno dei quali ci sono sezioni dialogate e sezioni so-
listiche. La finalità principale dell’opera realizzata da Salieri è
d’una architettura drammatico-musicale con una connessione
organica fra pezzo chiuso, aria, dialoghi e canto corale, in cui la
musica unisce senza soluzione di continuità più scene.
Per l’inaugurazione scaligera era stato chiamato apposita-
mente a Milano dalla corte di Mannheim-Monaco di Baviera
il coreografo e ballerino Claude Le Grand, che apparteneva al
numero di quei danzatori coreografi che nelle corti del nord
Europa avevano promosso la trasformazione di questo genere,
da puro divertimento coreutico a ballo pantomimico, secon-
do le più moderne tendenze, interessati a esprimere la verità
dei sentimenti31. Dopo Europa riconosciuta (1778) a Claude Le
Grand32 furono affidate le produzioni degli spettacoli realizzati
a Monaco di Baviera in quegli anni, fra cui Idomeneo (1781)33.
Sappiamo dall’epistolario mozartiano che per Idomeneo la
corte di Monaco gli inviò un piano teatrale (oggi perduto) che
fissava la fonte e stabiliva i criteri della sua trasformazione. È
stato chiarito che Idomeneo si inseriva in una linea estetica det-
tata dalle corti della Germania meridionale, che prediligeva-
no spettacoli su soggetti francesi scenograficamente sontuosi,
intramezzati da balli34, ma non è ancora stato messo in luce

31
A proposito del ballo di Europa riconosciuta vd. BIGGI PARODI 2004b e
le Discussioni sulla danza pantomima. Riflessioni sopra la pretesa risposta del sig.
Noverre all’Angiolini, vedi lettere sulla danza di Mr Noverre, e del Sig. Angiolini,
s.n.e. (esemplare custodito in I-Mc, Riserva, B-43); CUMMING 1995; TOZZI 1972;
TOZZI 1995; LOMBARDI 1988.
32
Cfr. BOCKMAIER 2001; BÖHMER 1999, 320 ss.
33
Si veda GÖLLNER – HÖRNER 2001.
34
PETZOLDT MCCLYMONDS 1996.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 263

quanto l’impianto teatrale di Idomeneo, con il suo tentativo di


superare le strutture formali dell’opera italiana35, corrisponda
a Europa riconosciuta. Alcuni dei principali elementi delle due
composizioni teatrali sono gli stessi: la pressante minaccia della
morte dei protagonisti per esaudire il voto promesso agli dèi e
al re, quale atmosfera sottesa a tutto ciò che avviene in scena;
poi la presenza delle grandi scene di massa di tripudio e dispe-
razione, lo sbarco, il naufragio e la tempesta con tuoni e fulmi-
ni36, e il ballo analogo37 alla fine del primo atto, musicato dagli
stessi compositori dell’opera (diversamente dalla consuetudine
di affidare la musica per il ballo ad altro autore), l’incoronazio-
ne finale.
È stato detto quanto il soggetto di Idomeneo debba a Iphigé-
nie en Aulide di Gluck, che Mozart ascoltò durante il soggiorno
francese del 1777-1778, ma anche quanto abbia «un contenuto
emozionale tanto diverso dalla solenne monumentalità neoclas-
sica dei drammi gluckiani» proprio perché la sua struttura mu-
sicale attua «il rinnovamento dei tradizionali schemi strutturali
delle forme chiuse». In Europa riconosciuta, come e prima di
Idomeneo, «un sentimento di angoscia, mestizia e disperazione
aleggia cupo – insieme con il senso mortale di un’oscura pre-
destinazione tragica»38, ma soprattutto Europa riconosciuta è
un «laboratorio sperimentale» che realizza un nuovo tipo di
opera attraverso un massiccio impiego di momenti corali e di
concertati d’azione, come notò Pietro Verri: «le arie sono corte
e frequenti; ora duetti, ora a tre, ora cori mischiati e interrotti
coll’attore. Gli occhi sono sempre occupati e l’udito non si an-
noia con l’uniformità»39.
Lo stesso Mozart nella lettera a Leopold del 15 novembre
1780 indica che l’intervento del coreografo nei cambiamenti

35
GALLARATI 1985.
36
BIGGI PARODI 2000b.
37
BIGGI PARODI 2004b. A proposito di Europa riconosciuta vd. PETZOLDT
MCCLYMONDS 1997 e 2004; BELLINA 2004; BIGGI PARODI 2004a.
38
DEGRADA 1990, 84.
39
Lettera del 5 agosto 1778, da Milano, di Pietro ad Alessandro Verri, citata
in VIANELLO 1941, 142-143.
264 Elena Biggi Parodi

effettuati durante la preparazione dell’opera è estremamente


attento all’uso del coro:
Nun – in der letzen scene in 2:ten Akt hat Idomeneo zwischen den
Chören eine Aria oder vielmehr art von Cavatina – hier wird es bes-
ser seyn – ein blosses Recitativ zu machen, darunter die Instrumenten
gut arbeiten können – denn, in dieser scene die (wegen der action
und den Gruppen, wie wir sie kürzlich mit Le Grand verabredet ha-
ben) die schönste der ganze opera seyn wird. wird ein solcher lärm
und Confusion auf den theater seyn, daß eine aria eschlechte figur
auf diesem Platze machen würde – und überdieß ist das donner Wet-
ter – und das wird wohl wegen der Aria von H: Raaf nicht aufhören?
– und der Effect; eines Recitativs, zwischen den Chören ist ungleich
besser40.

È immaginabile che Le Grand lavorando a Idomeneo abbia


tenuto conto dell’esperienza significativa che aveva avuto con
Europa riconosciuta e con l’utilizzo del coro in azione.

3. La funzione del coro ne Les Danaïdes di Du Roullet – Salieri

A Gluck è dovuta la commissione a Salieri della tragédie-


lyrique Les Danaïdes per l’Académie Royale de Musique di Pa-
rigi. Infatti dopo i successi raccolti nel 1774, 1776, 1779 e un
ultimo esordio teatrale con Eco e Narciso, il nume tutelare della
ritrovata espressività della musica francese decise di passarne
il testimone al compositore di Legnago. Les Danaïdes andò in
scena il 26 aprile del 1784, e solo alla dodicesima replica, do-
po aver riscosso un gran successo di pubblico, si seppe che
era stata composta dal Kapellmeister viennese e non da Gluck.
Nell’articolata vicenda della gestazione delle Danaïdes c’entra

40
Ora in MOZART 2005, 20. Traduzione di chi scrive: «nell’ultima scena
dell’atto II Idomeneo ha un’aria o piuttosto una specie di cavatina fra i cori. Qui
sarebbe meglio avere un semplice recitativo, ben sostenuto dagli strumenti. Poi-
ché in questa scena, che sarà la più bella dell’opera intera (per merito dell’azione e
del movimento scenico che è stato appena studiato da Le Grand) si avrà molto ru-
more e molta confusione sulla scena, così che un’aria in questo punto particolare
farebbe una ben misera figura – tanto più che ci sarà anche la tempesta con tuoni,
che non può certo calmarsi durante l’aria di Herr Raaf, non è vero? Un recitativo
fra i due cori farà perciò un effetto infinitamente migliore».
La funzione del coro nella produzione musicale ... 265

anche la figura di Calzabigi, che ne scrisse il primigenio libretto


in italiano, poi tradotto e modificato in francese da Du Roullet;
Calzabigi rivendicò la primogenitura della struttura portante
del dramma e approfittò dell’occasione per innescare un’acri-
moniosa polemica contro il Du Roullet, risentimento che aveva
in cuore probabilmente fin dall’adattamento effettuato da que-
sti della sua Alceste, tradotta in francese per la rappresentazio-
ne parigina del 23 aprile 177641. Proprio all’epoca dell’Alceste
francese risale la Lettre sur les drames-opéra42 del Du Roullet,
scritta forse temendo di essere attaccato da Calzabigi, tant’è ve-
ro che per dimostrare di avere concezioni personali e originali
su ciò che egli definisce «musique dramatique» (nei tre generi
da lui individuati: tragico, galante o pastorale, comico), il li-
brettista parla di Iphigénie en Aulide, invece di far riferimento
al suo ultimo successo, Alceste appunto, derivato dal primige-
nio libretto calzabigiano.
Mi sono occupata in passato della Lettre sur les drames-
opéra43. In sintesi si può dire che essa occupa una posizione
intermedia fra i sostenitori del predominio assoluto della mu-
sica sulla poesia come Chastellux e Diderot, affermando che
la musica per «se développer» ha bisogno d’un testo poetico
che segua la «véritable route» indicata dalle tragedie greche. In
quel contributo avevo confrontato i due piani teatrali elaborati
da Calzabigi e Du Roullet, e benché avessi concluso che gran
parte del piano teatrale de Les Danaïdes è tratto dalla distri-
buzione delle situazioni del dramma inventate da Calzabigi, ci
sono alcune differenze: 1) non solo il numero dei cori è mag-
giore, ma soprattutto ad essi sono affidati nuovi versi che li ca-
ratterizzano maggiormente; 2) l’articolazione delle scene di Du
Roullet è meno logica dal punto di vista della concatenazione
dei fatti, ma più variata per consentire un maggior effetto mu-
sicale e teatrale, separando scene che potevano dipingere stati

41
Si veda la Lettre au Rédacteur du «Mercure», ora in CALZABIGI 1994, I,
257-267.
42
LE BLANC DU ROULLET 1776, 28-29.
43
BIGGI PARODI 1997.
266 Elena Biggi Parodi

d’animo simili; 3) i personaggi delle Danaïdes nel libretto fran-


cese subiscono un’evoluzione psicologica diversamente dalla
concezione calzabigiana, secondo la quale il «carattere così re-
golarmente fabricato deve rilucere nell’Eroe sempre uguale nel
corso intero della favola»44; 4) il libretto di Du Roullet utilizza
toni più accesi, come quando Danaüs leva la spada in scena
contro Hypermnestre, o nell’ultima scena con il coro dei de-
moni che tormentano il coro delle Danaïdes.
Tuttavia ciò che differenzia maggiormente la funzione del
coro nel libretto di Du Roullet è la realizzazione del coro ‘in
azione’, nel senso d’una partecipazione del coro allo svolgi-
mento della vicenda drammatica. Questa concezione realizzata
nelle sue Danaïdes corrisponde a quanto esposto nella Lettre,
dove Du Roullet afferma:
il me paroît inconcevable que les Modernes ayant pour modèles les
Tragiques Grecs, qu’on voit faire tous leurs efforts pour intéresser
les Chœurs à l’action, et les y faire participer, que les Modernes, dis-
je, les ayant introduits dans leur Poëme, et qu’ils les y ayent laissé
presque toujours sans intérêt et sans mouvement. L’habitude seule
peut sans doute faire tolérer ces personnages postiches, qui plan-
tés sur le Théâtre comme des tuyaux d’orgue, ne sont amenés sur
la Scène que pour rendre de vains sons. Il est une règle générale et
commune à tous les Drames, c’est qu’on ne doit point y introduire de
personnages qui n’y soient absolument nécessaires et en action. L’Au-
teur d’Iphigénie en Aulide, Opéra, a, ce me semble, senti la nécessité
de suivre cette règle, et il a mis presque tous ses Chœurs en action45.

Come è noto presso l’Académie Royale de Musique era


consuetudine fare largo impiego del coro. Ciò che Du Roullet

44
Citato in GALLARATI 1980, 503.
45
LE BLANC DU ROULLET 1776, 29-30. Traduzione di chi scrive: «mi pare
inconcepibile che i moderni avendo per modello i tragici greci che fanno tutti gli
sforzi per interessare il coro all’azione e lo fanno partecipare ad essa, che i mo-
derni, dico io, lo abbiano introdotto nei loro poemi e che l’abbiano lasciato quasi
sempre senza interesse e senza movimento. Solo l’abitudine può far tollerare que-
sti personaggi posticci, che piantati sulla scena come canne d’organo non vi sono
condotti che per realizzare dei vani suoni. Se c’è una regola generale e comune a
tutti i drammi è che non si possano introdurre personaggi che non sono assoluta-
mente necessari all’azione. L’autore di Iphigénie en Aulide ha sentito la necessità
di seguire questa regola e ha messo quasi tutti i cori in azione».
La funzione del coro nella produzione musicale ... 267

critica è la tendenza generale del teatro francese alla staticità


del coro. Dagli anni Quaranta erano impiegati oltre quaranta
coristi, posizionati a ferro di cavallo sulla scena; essi erano vi-
sibili anche quando non era richiesto l’intervento del coro in
scena, la loro postura era in prevalenza immobile, la loro pre-
senza poco partecipe al dramma sulla scena: per ovviare a ciò,
spesso nel momento preciso in cui il coro cantava si realizzava
una pantomima46.
Nel libretto de Les Danaïdes i cori delle Danaïdes e dei figli
di Danaüs ricevono una loro propria caratterizzazione, non so-
no freddi commentatori della ‘fabula’, ma sono al centro della
rappresentazione drammatica, protagonisti e vittime della vi-
cenda.
L’opera si apre con l’accoglienza di Danaüs a Lyncée e agli
altri figli del fratello Egiste, con il quale precedentemente era
stato in lotta per la successione al trono paterno. I cinquanta
giovani sono venuti per sposare le sue cinquanta figlie, tra cui
Hypermnestre. Nella seconda scena apprendiamo che la vera
intenzione di Danaüs è di approfittare della notte di nozze per
effettuare la strage dei nipoti e vendicarsi del fratello. Per que-
sto riunisce in segreto le Danaïdes e comunica loro l’ordine di
pugnalare gli sposi durante gli abbracci della prima notte di
nozze. Fra le Danaïdes solo Hypermnestre oppone al padre un
deciso rifiuto. L’ambiguità di questa situazione in cui i giovani
sposi attendono impazienti la notte di nozze mentre le Danaïdes
si apprestano ad assassinarli costituisce la cifra stessa dell’atto e
dell’intera opera. Come notò un recensore dell’epoca:
c’est surtout au troisième acte, appelé l’acte du festin, qu’est le
comble de l’horreur, par la perfidie de ces femmes dansant avec leurs
maris, les caressant, les agaçant, lorsqu’elles ont décidé, dès le second
acte, de les massacrer durant leurs embrassements secrets.

Ma è la musica che realizza questa atmosfera di suspence, in-


serendo accenni inquietanti durante l’atmosfera scintillante del-
la festa. In particolare si noti il cortocircuito semantico realizzato

46
CYR 1995. Si vedano le tavv. 9 e 10.
268 Elena Biggi Parodi

nel coro BP 15.III.12, Pour nos devoirs montrons un même zè-


le47, dove il testo è evidentemente minaccioso con il riferimen-
to esplicito delle Danaïdes alla strage che stanno per compiere:
«enchainons les d’une chaine eternelle, d’un même trait blessons
les tous»; la ferocia sanguinaria di questi versi è veicolata vicever-
sa da un coro femminile commosso e quasi sacrale; l’ambiguità
che si genera nel rapporto tra parola e musica è dovuta alla ca-
pacità di Salieri di dire con la musica altro da quello che il testo
affermava, «des jeux atroces» che ricordano le contemporanee
Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos48.
Ciò che realizza compiutamente il coro come un personag-
gio a tutti gli effetti sono infatti le strutture musicali che Salieri
è capace di creare, è la musica che lo rende mobile, un prota-
gonista ‘in azione’ grazie agli atteggiamenti diversi nei quali si
presenta. Si noti come nella seconda scena del I atto le figlie di
Danaüs riunite nel «lieu souterrain du Palais consacré à Néme-
sis» esordiscano nel recitativo accompagnato Où sommes nous?
O ciel! Quel spectacle d’horreur!, e poi nel coro BP 15.II.1 Divi-
nité de sang avide. Esse si trovano, come si è detto, in un luogo
sotterraneo del palazzo consacrato a Nemesi: «la Statue de la
Déesse est au milieu: au devant est un Autel»: l’altezza tenden-
zialmente costante, il modulo ritmico fisso, ostinato, esposto
già nell’introduzione orchestrale, ripetuto successivamente dal
coro, ci comunica l’attesa, lo stupore delle Danaïdes che sono
ancora all’oscuro di tutto, che non comprendono perché il pa-
dre le abbia convocate in quel luogo inquietante; poi la linea
melodica ampia, la scansione giambica legata al timbro degli
ottoni, la declamazione sulle note della triade perfetta e il salto
di settima discendente conclusivo denotano il parlar ampio e
solenne che fa di questo brano una preghiera sacrale: le Da-
naïdes ancora al momento del giuramento nel brano Divinité
de sang avide, mostrano fragilità e sottomissione.

47
Il coro è presente solo in partitura e non nel libretto, nel quale si trova la
ripetizione del testo di L’amour sourit au doux vainqueur du Gange, III.7.
48
Si veda la tav. 2 (= BP 15.III.12), coro Pour nos devoirs montrons un même
zèle, battute 1-26. Partitura utilizzata: SALIERI 1784, 166-167.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 269

Diversamente poco dopo la musica di Salieri imprime al


«concours de peuple» una diversa caratterizzazione musica-
le, ne mostra addirittura il successivo cambiamento emotivo.
Quando Danaüs ha instillato loro il dubbio che siano gli sposi
a tramare il loro massacro nel brano BP 15.II.2 Je vous vois fré-
mir de colère, Salieri fa sì che la tensione drammatica e la furia
omicida di Danaïs sia comunicata alle figlie che interagiscono
con lui; il mezzo musicale con cui attua questo coinvolgimento
emotivo è assai semplice, cuce i due testi e le due melodie diffe-
renti attraverso un concitato accompagnamento ostinato degli
archi che ci convince che quella delle Danaïdes non è più una
«coupable obéissance», ma si è realizzato un vero e proprio
cambiamento emotivo, con la volontaria partecipazione delle
figlie al progetto omicida, coro BP 15.II.3 Oui, qu’aux flambe-
aux des Euménides49.
Les Danaïdes assumono un carattere differente nella pan-
tomima della scena terza: Hymne à Bacchus. Choeur dansé, e
ancora del folgorante inizio dell’atto quinto nel quale, come
indica il libretto,
les Danaïdes entrent de tous côtés furieuses, les cheveux épars; elles
sont couvertes à moitié de peaux de tigres, etc. Les unes tiennent
d’une main un tirse, et de l’autre un poignard ensanglanté. Les autres
portent des tambours sur lesquels elles frappent avec les poignards.
D’autres portent des flambeaux allumés50.

La musica dei versi orgiastici che cantano in BP 15.V.2 Gloi-


re, Evan, Evoé, Bacchus, ô Dieux puissant! ne offre da subito un
ritratto sgraziato, grottesco: non più seducenti né dolcemente
sottomesse, ma, a dipingere la loro metamorfosi, un ritmo zop-
picante di flauti, archi, oboi e clarinetti, anticipazione plausi-
bile del trattamento musicale che diversi anni più tardi Berlioz
compirà nella «idée fixe» della sua Sinfonia fantastica51.

49
Si vedano la tav. 3 (= BP 15.II.2), Je vous vois frémir de colère, battute 1-4,
e la tav. 4 (= BP 15.II.3), Oui, qu’aux flambeaux des Euménides, battute 1-3.
50
Libretto utilizzato: F-Pn: ThB 1862.
51
Si veda la tav. 5 (= BP 15.V.2), coro delle Danaïdes, Plancippe: Gloire,
Evan, Evoé, Bacchus, battute 1-15. Cfr. BIGGI PARODI 2005b.
270 Elena Biggi Parodi

Altrove la varietà di atteggiamenti musicali ideati da Salieri


dipinge la massa corale come almeno due dei protagonisti del
dramma: l’elemento maschile e l’elemento femminile.
Si noti la caratterizzazione dei mariti quando Salieri nel III
atto, l’atto della festa nuziale vera e propria, fa intonare loro
come un sol uomo BP 15.III.3 Descends dans le sein d’Amphi-
trite, un’invocazione al sole affinché tramonti presto e alla not-
te affinché scorra più lentamente, una serenata tenera e ardita
con l’accenno alla «nuit favorable à notre ardeur»; il codice
musicale è dello stesso tipo di quello che viene esibito da Lyn-
cée più tardi nella sua appassionata dichiarazione BP 15.III.8
Rends-moi ton cœur ad Hypermnestre (che raggiunge l’intensi-
tà espressiva del Dalla sua pace del Duca Ottavio del mozartia-
no Don Giovanni).
L’atteggiamento musicale degli sposi è dello stesso tipo di
quello di Lyncée: un gesto musicale che potrebbe essere tra-
dotto visivamente con il movimento del porgere la mano, gra-
zie al suo incipit trocaico per Lyncée (giambico con un battito
precedente in levare per il coro dei mariti); in entrambi i casi
abbiamo una linea discendente e regolare che esprime emozio-
ne controllata e non aggressivo desiderio, poi il salto d’ottava
ascendente con l’invocazione, la conclusione della frase con le
note ribattute che esprimono una pacata persuasione52.
L’effetto del coro dei mariti, ben distanziato nel III atto
dall’aria di Lyncée, è reso ancora più evidente accostato alla
veloce danza che segue, che assolve alla funzione di isolare la
parentesi lirica (ricordandoci che siamo alla festa di nozze) e
insieme di far stagliare l’intervento corale quale organismo in-
dipendente.
Gli atteggiamenti musicali del coro nelle Danaïdes, caratte-
rizzati da una ricchissima varietà di modi retorici, fanno sì che
esso ci attragga per la sua straordinaria vitalità, come quando,
durante il III atto, il coro generale BP 15.III.7 L’amour sourit
au doux vainqueur du Gange si ammanta di piglio marziale per

52
Si vedano la tav. 6 (= BP 15.III.3), Descends dans le sein d’Amphitrite,
battute 1-7, e la tav. 7 (= BP 15.III.8), Rends-moi ton cœur, battute 1-5.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 271

festeggiare la virile riconciliazione fra l’uno e l’altro pater fami-


lias, la melodia scandita omoritmicamente dal coro sulle note
della triade perfetta che sale e torna su se stessa (rinforzata con
la strumentazione avvalendosi degli ottoni) è un tipico richia-
mo militare, il passo è battuto con ritmo giambico, l’articola-
zione melodica alla ripresa dell’incipit inziale in re, è sottoline-
ata dai timpani a evocare il rullio dei tamburi53.
Nell’ultima scena, la quinta dell’atto IV, mentre Hypermne-
stre sta ancora convincendo Lyncée a mettersi in salvo, senza
spiegargliene il motivo, sopraggiunge improvviso con un rullio
di timpani il segnale convenuto per l’inizio della strage; fuori
dalla scena si sentono le grida del coro degli sposi, che non
si vedono («arrête, implacable furie»), mentre Hypermnestre
come indica il libretto cade svenuta: «Hypermnestre, qui est
tombée évanouie sur un siège, y reste pendant le Chœur des
Epoux qu’on égorge: quelques moments après, elle revient à
elle et le cinquième Acte commence». Anche se il coro non
si vede esso assume attraverso la musica la capacità di essere
in azione. La sensazione d’orrore è accresciuta oltre che dagli
espedienti strumentali (scale, tremoli) dal fatto che le grida in
fortissimo degli sposi s’interrompono a tratti, finché si spengo-
no d’improvviso e ad esse subentra il silenzio. Il solitario sgo-
mento in cui subito dopo si trova Hypermnestre è anticipato
dall’introduzione orchestrale in levare, esitante.
Ancora al termine dell’atto V, nella decima scena, quando
Lyncée rivolge un pensiero riconoscente al cielo per aver con-
servato la sua sposa (Rendons graces aux Dieux de leur bonté su-
prême), dopo che ha proferito le prime parole «rendons graces
aux Dieux», il coro si unisce al suo canto con un atteggiamento
drammaturgico musicale simile a quello attuato nell’aria Do-
vunque il guardo io giro de La passione di Gesù Cristo, come a
rendere evidente che la sensazione emotiva di Lyncée si propa-
ga ai superstiti del dramma, provocando anche in questo caso
un effetto di identificazione negli ascoltatori.

53
Tav. 8 (= BP 15.III.7), L’amour sourit au doux vainqueur du Gange, battute
32-36.
272 Elena Biggi Parodi

La maggiore importanza che assumono i cori nel libretto


francese rispetto all’originale calzabigiano è da attribuire a Du
Roullet, che «inserisce talvolta per le Danaidi dei nuovi testi»54
laddove Calzabigi utilizzava ripetizioni di versi che oltre a ri-
sultare un poco monotone erano meno caratterizzanti; si ricor-
di che lo stesso Du Roullet nel precedente dramma di Iphigénie
en Aulide di Racine aveva inserito il popolo greco al posto di
Ulisse per ricordare ad Agamennone la crudele volontà degli
dei, ma è la musica di Salieri che giunge a raffigurare nel coro,
con una straordinaria intuizione teatrale, non solo «un enorme
individuo dai polmoni soprannaturali», ma anche la comples-
sità psicologica del protagonista.

54
BIGGI PARODI 1997, 119.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 273

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278 Elena Biggi Parodi

Tav. 1: P. Metastasio, A. Salieri, La Passione di Gesù Cristo, aria di Maddalena


e coro: Potea quel pianto (= SALIERI 2000, 74, battute 61-73).
La funzione del coro nella produzione musicale ... 279

Tav. 2: A. Salieri, Les Danaïdes, coro: Pour nos devoirs montrons un même zèle
(SALIERI 1784, 166-167 = BP 15.III.12, battute 1-26).
280 Elena Biggi Parodi

Tav. 2 continua.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 281

Tav. 3: A. Salieri, Les Danaïdes, Danaüs: Je vous vois frémir de colère (SALIERI
1784, 77 = BP 15.II.2, battute 1-4).
282 Elena Biggi Parodi

Tav. 4: A. Salieri, Les Danaïdes, coro: Oui, qu’aux flambeaux des Euménides
(SALIERI 1784, 81 = BP 15.II.3, battute 1-3).
La funzione del coro nella produzione musicale ... 283

Tav. 5: A. Salieri, Les Danaïdes, coro delle Danaïdes, Plancippe: Gloire, Evan,
Evoé, Bacchus (SALIERI 1784, 225 = BP 15.V.2, battute 1-15).
284 Elena Biggi Parodi

Tav. 5 continua.
La funzione del coro nella produzione musicale ... 285

Tav. 6: A. Salieri, Les Danaïdes, coro degli sposi: Descends dans le sein
d’Amphitrite (SALIERI 1784, 131 = BP 15.III.3, battute 1-7).
286 Elena Biggi Parodi

Tav. 7: A. Salieri, Les Danaïdes, Lincée: Rends-moi ton cœur (SALIERI 1784,
152 = BP 15.III.8, battute 1-5).
La funzione del coro nella produzione musicale ... 287

Tav. 8: A. Salieri, Les Danaïdes, coro: L’amour sourit au doux vainqueur du


Gange (SALIERI 1784, 141 = BP 15.III.7, battute 32-36).
288 Elena Biggi Parodi

Tav. 9: Incisione a stampa d’una scena di Thétis et Pélée di P. Collasse (Parigi,


Bibliothèque-Musée de l’Opéra: da CYR 1995).
La funzione del coro nella produzione musicale ... 289

Tav. 10: Incisione a stampa della scena finale di Amadis di J.B. Lully (Parigi,
Bibliothèque nationale de France: da CYR 1995).Tav. 1: P. Metastasio, A.
Salieri, La Passione di Gesù Cristo, aria di Maddalena e coro: Potea quel
pianto (= SALIERI 2000, 74, battute 61-73).

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