Candidato
Matteo D’Uffizi
N° matricola: 1553466
Relatore
Emiliano Ippoliti
A/A 2015/2016
“L’interpretazione di una teoria è un tentativo di rispondere ai quesiti che la teoria lascia aperti.
…Non tutti i tentativi di rispondere alle domande che sono rimaste senza risposta vanno
considerati come interpretazioni. Se si considera un approccio che altera le previsioni empiriche
della teoria, non lo si può classificare come un’interpretazione ma come una teoria rivale. …Ogni
volta che scopriamo che una nuova interpretazione può essere sostenuta, noi comprendiamo molto
meglio la teoria. Anche se ci rendiamo conto che l’interpretazione in oggetto richiede di accettare
criteri insoliti, o anche se alla fine essa si rivela insostenibile, la nostra comprensione della teoria
risulta notevolmente migliorata. Quello che in ogni caso abbiamo ottenuto è una risposta parziale
alla domanda cruciale: come può il mondo essere come la teoria asserisce che esso sia?”
Bas C. van Fraassen
3
INDICE
AVVERTENZE ............................................................................................................... 5
INTRODUZIONE ........................................................................................................... 6
SULLE TEORIE ........................................................................................................................6
LA MECCANICA QUANTISTICA E LE SUE INTERPRETAZIONI....................................7
CRITERI DI SCELTA .............................................................................................................10
PROPOSTA .............................................................................................................................11
CONDIZIONE ATTULE ........................................................................................................12
DETERMINISMO ........................................................................................................ 15
DETERMINISMO E DESCRIZIONE PROBABILISTICA ...................................................15
DEFINIZIONI E CONSEGUENZE ........................................................................................18
DETERMINISMO OGGETTIVO ...........................................................................................20
CONCLUSIONI ............................................................................................................ 44
BIBILIOGRAFIA ......................................................................................................... 47
4
AVVERTENZE
5
INTRODUZIONE
SULLE TEORIE
6
Qualsiasi teoria si compone due elementi: formalismo matematico, e
interpretazione, che dà significato al formalismo. Una teoria senza interpretazione
diverrebbe un semplice oggetto matematico senza corrispondenza con la realtà; ed una
teoria senza formalismo non sarebbe scientifica.
Come suggerito da Van Fraassen, le interpretazioni di un singolo modello fisico
possono essere molteplici, e, nonostante ciò, ognuna di esse, per quanto poi possa venir
dismessa come inverosimile, ci aiuta a comprendere più a fondo la realtà.
Spesso, però, accade che il fisico sia interessato più all’aspetto tecnico-formale
di una teoria che al suo significato. Ciò avviene ancor più frequentemente in fisica
quantistica, che, di contro, per essere capita adeguatamente, a causa della sua natura
così aliena alla nostra, necessita uno studio approfondito su tutte le varie interpretazioni
e le loro conseguenze.
7
sistemi microscopici concettualmente vicini a quelli macroscopici, o quantomeno di
dare una visione del mondo quantistico il più razionale2 possibile.
Pensiamo ad esempio al Multiverso, che è un’idea sensibilmente diversa da ciò
che siamo abituati a credere riguardo al nostro mondo, ma poiché nell’interpretazione
ortodossa, quella di Copenaghen, il principio del terzo escluso viene meno, ed una
particella è e non è allo stesso momento; possiamo allora comprendere come una
spiegazione a più universi diventi un interessante rimedio, in grado di soddisfare le
richieste di consistenza logica che potremmo avere riguardo al mondo.
La seconda questione, strettamente legata alla prima, trova risposta nell’attuale
descrizione della fisica quantistica. La nostra conoscenza del mondo microscopico è
essenzialmente probabilistica, ossia le varie formulazioni e teorie riescono a descrivere
e a predire solo la probabilità che un evento X accada ad un tempo T. Ciò lascia ampi
margini d’interpretazione riguardo al vero significato della teoria.
La nostra incapacità di predire con precisione tutte le proprietà di una singola
particella, dovuta al principio d’indeterminazione, può lasciare insoddisfatti e fa sorgere
molti quesiti riguardo al vero significato della teoria.
Il principale e primo dubbio che sorge spontaneo è se la meccanica quantistica
sia una teoria completa; il tal caso la descrizione probabilistica sarebbe ontologica, e ciò
vorrebbe dire che la natura degli elementi microscopici sia intrinsecamente casuale.
Invece, nel caso in cui la teoria fosse incompleta, allora la descrizione probabilistica
sarebbe epistemica, dovuta alla mancanza di qualche informazione, necessaria per avere
una previsione accurata delle proprietà di ogni singola particella.
Tra i maggiori sostenitori dell’incompletezza vi è Einstein; sua è la frase: “Dio
non gioca a dadi”, in contrasto con l’idea di un microcosmo essenzialmente casuale. È
importante ricordare che egli assieme a Rosen e Podolsky formulò il famoso omonimo
Gedankenexperiment, esperimento mentale, tentando di dimostrare l’incompletezza
della teoria3. Alla base della visione di Einstein, ma anche di tutte le teorie a variabili
2
La razionalità, benché sia lungi dal descrivere la realtà, rimane comunque il nostro miglior
modo per conoscere, e solo tramite essa riusciamo a mettere ordine nel mondo che ci circonda. Entrare
nel microcosmo si è rivelato entrare in un altro universo. Tutti i nostri schermi mentali, e di conseguenza
noi stessi, non sono fatti per guardare nelle bizzarre regioni del microcosmo. Per comprendere il mondo
dei quanti non facciamo altro che tentare, in un qualche modo, di riportarlo al nostro, rendendolo così
adatto all’ispezione della nostra ragione macroscopica.
3
L’esperimento fu poi, negli anni ’80, effettuato, e sebbene il risultato deluse i seguaci
dell’interpretazione a variabili nascoste, i dati sperimentali refutarono l’argomentazione einsteiniana, ciò
non significò che la meccanica quantistica venne stata dimostrata come completa. Semplicemente l’EPR,
come chiamato tale esperimento, non ne dimostra l’incompletezza; il che non esclude che nel futuro vi
siano invece prove che ne verifichino il contrario. Sottolineo, ancora una volta, quanto affermato
8
nascoste, come quella di Bohm, vi è l’assunzione che la descrizione probabilistica del
mondo dei quanti sia di dovuta ad un nostro attuale limite epistemico, che, quindi, vi
siano delle variabili nascoste che determinano precisamente i vari fenomeni quantistici.
Per esteso, sostengono che ogni particella possieda delle qualità ben definite prima della
misurazione e che il risultato rilevato sia causato da tali qualità. Di conseguenza, la
descrizione probabilistica non sarà che una nostra approssimazione, dovuta al fatto che
non siamo in grado di conoscere precisamente le condizioni iniziali, e dunque le
proprietà iniziali di ogni singola particella.
Per fare un esempio, quando si lancia un dado, possiamo avere una descrizione
probabilistica della faccia che risulterà rivolta verso l’alto. Tale descrizione è legata ai
nostri limiti epistemici al momento del lancio. Poiché se noi conoscessimo, o avessimo
strumenti per rivelare, la massa, l’altezza da cui viene lanciato il dado, la forza
applicata, la resistenza dell’aria e altri fattori, allora potremmo predire con estrema
precisione il risultato di ogni tiro. Analogamente le teorie a variabili nascoste
sostengono che esistano ben definiti fattori e che essi dettino il risultato di ogni singolo
esperimento.
Invece, l’interpretazione ortodossa sostiene che la natura dei processi quantistici
sia genuinamente casuale. Sostiene che non ha senso parlare di proprietà previe alla
misurazione, poiché la particella, quando non osservata, non possiede alcuna proprietà,
se non in potenza, ed ogni misurazione darà un risultato completamente imprevedibile,
e non solo imprevisto, tra varie possibilità non nulle 4 . L’interpretazione ortodossa
asserisce che di un sistema quantistico si possa studiare solo la distribuzione dei
risultati, così da prevedere i rapporti di probabilità. Stabilisce che nulla influenzi il
processo totalmente casuale del “collasso della funzione d’onda”, ossia sostiene che il
determinarsi di un risultato non sia dovuto da alcunché, e che non sia possibile che le
particelle quantistiche abbiano proprietà quando non misurate, né che sia possibile
dimostrare il contrario.
da Van Fraassen, un’interpretazione, per quanto si dimostri incorretta, ci avvicina comunque alla
comprensione del fenomeno. Difatti grazie all’EPR si è riusciti a scovare qualità del mondo microscopico
allora sconosciute, come la non-località e la correlazione tra particelle in stato entangled.
4
Ciò significa che vi è un limite alle possibili soluzioni, che quindi sarebbe scorretto dire, ed
intendere letteralmente, che nel microcosmo tutto può accadere. Ove la probabilità ha valore 0,
ovviamente non verrà mai rilevato od osservato nulla.
9
CRITERI DI SCELTA
Stabilite le condizioni affinché una teoria sia tale ed i vari elementi che la
compongono, andiamo ora a rispondere alla domanda: cosa rende una teoria migliore
delle altre? A questa domanda ne consegue un’altra: quale metro useremo per giudicare
un modello migliore di un altro?
Esistono due caratteristiche principali, ma non equipollenti, in base alle quali
possiamo formulare il nostro giudizio. Esse sono:
1) Estensione
2) Semplicità
Per estensione si intende la quantità di tipi di fenomeni, anche molto
disomogenei, che la teoria è in grado di descrivere. Più fenomeni si è in grado di
accorpare, più la teoria sarà generale ed esauriente nel descrivere la realtà5. Sarà anche
più precisa nel predire risultati, qualora, ovviamente, nel sistema interagissero i
fenomeni da essa descritti.
La storia della fisica è cosparsa di modelli che nel tempo andarono sempre più
ad affinarsi; basti pensare alla meccanica Newtoniana e alla sua evoluzione relativistica.
Come nel caso appena citato, le teorie meno generali non scompaiono, dato che sono
state provate sperimentalmente, ma vengono comprese in quelle estensive. I vecchi
modelli non saranno più la migliore descrizione del reale che si possieda, e rispetto alle
nuove saranno più imprecise; ma se per motivi pratici ingegneristici non si è interessati
agli effetti che la teoria più estesa descrive, la meno generale risulta essere un ottimo
sostituto, poiché di solito è molto più semplice dell’altra.
Per semplicità, invece, si intende sia il grado di semplicità matematica del
formalismo, sia il grado d’intuitività e di razionalità posseduto dalla teoria, e non ultimo
la capacità della teoria di lasciarsi visualizzare e pensare chiaramente.
Abbiamo un esempio proprio nella fisica quantistica, in cui una teoria sia stata
giudicata migliore di un’altra, per il criterio di semplicità. Sia la funzione d’onda di
Schrödinger, e sia la meccanica delle matrici di Heisenberg hanno lo stesso grado di
accuratezza sperimentale, ma ad oggi, nel fare fisica, si usa quasi unicamente la
funzione d’onda Ψ, poiché essa è più facile da visualizzare ed è anche matematicamente
più semplice.
5
Si è sempre cercato di riunire le teorie particolari in altre più generali. Difatti tra gli odierni
obiettivi della fisica vi è la realizzazione di una teoria quantistica compatibile con la relatività generale.
Ciò è dovuto dall’idea che esista una teoria omnicomprensiva che riesca a spiegare ogni tipo di fenomeni
e le varie forze che li determinano; ciò è anche detta Teoria del Tutto.
10
Come specificato precedentemente, queste due caratteristiche, però, non sono
equipollenti, la prima è di gran lunga più importante. Essa è l’unica delle due con valore
epistemico ed è alla base del progresso scientifico; se una teoria risulta più generale ma
molto complicata, e viene sperimentalmente verificata, sarà sicuramente una migliore
descrizione del mondo rispetto ad una meno estensiva ma molto più semplice.
Vi è dunque una sostanziale differenza tra le due caratteristiche. La prima è una
caratteristica scientifica che definisce il livello di aderenza del modello conoscitivo alla
realtà oggettiva, e misura il grado di descrizione del mondo. La seconda definisce il
grado di vicinanza di una teoria al nostro modo di pensare e all’esperienza, e ne misura
la ragionevolezza.
La predominanza della prima caratteristica è indubbia, ed è il principale mezzo
con cui giudichiamo un modello migliore di un altro. La semplicità di una teoria o di
una interpretazione entra a far parte del metro di giudizio qualora due teorie
descrivessero ugualmente bene lo stesso fenomeno, con l’unica differenza, l’una
dall’altra, di semplicità nella descrizione.
In tal caso6, comunque, fino a quando non verranno sperimentalmente confutate,
entrambe saranno valide; è l’esperimento falsificatorio che giudica una teoria corretta
oppure no. In assenza di refutazioni, però, possiamo in base al secondo criterio
giudicare se una teoria sia migliore di un'altra.
PROPOSTA
6
Il caso esaminato è: la prima caratteristica (che chimerò semplicemente 1) di una teoria A, ha
uno stesso grado di 1 di una teoria B; e la seconda caratteristica (2) di A > 2 di B.
Altri casi sono:
-1 di A = 1 di B, 2 di A = 2 di B. In questo caso non è possibili discernere il migliore
-1 di A > 1 di B, 2 di A ≥ 2 di B, la teoria A risulta una descrizione preferibile del mondo.
-1 di A > 1 di B, 2 di A < 2 di B, la teoria A sarebbe ancora una descrizione più adatta al mondo,
la B essendo più semplice, potrebbe essere impiegata per motivi pratici.
Tutti gli alti casi si ricavano invertendo la A con la B.
11
Sia l’interpretazione di Bohm che quella ortodossa, sono capaci di predire con lo
stesso grado di accuratezza l’evoluzione di un sistema quantistico; di fatto, a livello
sperimentale sono egualmente valide. Ma, la meccanica bohmiana reintegra,
diversamente dall’interpretazione di Copenaghen, l’idea che la particella abbia una
posizione definita, che percorra un'unica traiettoria precisa e che quindi il risultato di
una osservazione sia ben determinato dalle condizioni iniziali, ossia le variabili nascoste
a noi sconosciute. In poche parole ripristina il determinismo all’interno del microcosmo.
Lo scopo di questa tesi sarà argomentare la ragionevolezza della teoria dell’onda
pilota, e dunque la sua capacità di eliminare tutti quei problemi, spesso più logico-
filosofici, che fisici, che sorgono dalle innumerevoli stranezze di cui il mondo
microscopico, così diverso dal nostro macroscopico, sembra essere fatto.
Le dissomiglianze con il mondo macroscopico sono così copiose che non
dobbiamo stupirci se per riuscire a spiegare ciò che accade ad una particella, dobbiamo,
secondo l’interpretazione ortodossa, rinunciare al principio logico del terzo escluso, o
credere che non abbia affatto, prima della misura, una certa proprietà, e che poi quando
misurata, ex nihilo, la ottenga. Eppure, nonostante la complessità della materia, la
meccanica bohmiana riesce, grazie al semplice assunto dell’esistenza di variabili
nascoste, a descrivere le aliene particolarità dei quanti, senza compromettere il
determinismo, la logica, e la catena causale di cui giornalmente abbiamo prova.
Di fatto la teoria di Bohm riesce a rispondere a quello che verrà chiamato
“problema della misura”7, spiegando, senza ambiguità o paradossi, come il macrocosmo
possa essere così regolare se formato, a livello atomico, da particelle dal
comportamento casuale. Si hanno molti più problemi se si intende fare la stessa cosa dal
punto di vista dell’interpretazione ortodossa, e spesso, non riuscendo a superare questi
problemi concettuali, si è costretti ad operare una netta distinzione tra i due ambiti.
CONDIZIONE ATTUALE
7
Che può essere vivacemente esemplificato dal paradosso del gatto di Schrödinger
12
stato sfruttato a pieno, ed in futuro potrebbe portare ad ulteriori sviluppi nella nostra
comprensione del mondo quantistico.
Tralasciando, però, gli imprevedibili sviluppi del domani, rimane la questione
dell’arbitrarietà dell’interpretazione che si ritiene corretta. Tale arbitrarietà è dovuta
all’equipollenza descrittiva e predittiva delle teorie proposte, che ci costringe a
scegliere, in base a criteri emotivi8 e di ragionevolezza, l’interpretazione che a proprio
avviso si avvicina di più alla realtà, e che forse un giorno verrà confermata o confutata9.
Frequentemente, però, quando si parla di fisica quantistica, lo si fa solo dal
punto di vista dell’interpretazione ortodossa e si dimentica che tale visione è solo una
delle tante, e che non si possa pretendere di offrire una narrazione completa dei
fenomeni microscopici ignorando le altre possibili spiegazioni. Volendo questa tesi
proporre un punto di vista alternativo alla fisica quantistica standard, mi sembra non
trascurabile il soffermarsi sull’arbitrarietà, profondamente personale, di aderire ad una
determinata interpretazione.
Uno dei più brillanti fisici del Novecento, John Bell, a tal riguardo, nel suo
articolo “On the impossible pilot wave” (Sull’impossibile onda pilota) trattando appunto
della meccanica bohmiana, si sofferma sulla questione e così ne parla:
“E perché allora Born non mi ha mai parlato di quest’onda pilota? Anche solo
per farmi vedere cosa c’era di sbagliato in ciò che enuncia? Perché Von Neumann non
la considera? E ciò che è più straordinario, perché si continua a produrre prove di
impossibilità, dopo il 1952 10 , e fino al 1978? Perché neanche Pauli, Rosenfeld, e
Heisenberg, non sono riusciti a produrre una critica più aspra alla versione di Bohm
che etichettarla come metafisica e ideologica? Perché la visione dell’onda pilota è
8
Una forte componente emotiva spesso guida le nostre prese di posizioni, in una direzione o in
un’altra. Ad esempio non possiamo slegare il rifiuto di Einstein di credere che la meccanica quantistica
sia completa, con la sua visione del mondo, o come avrebbe voluto che fosse. Ovviamente la scelta di una
posizione scientifica dovrebbe essere il più possibile razionale, ma comunque non possiamo non citare
quest’ulteriore fattore, che però essendo irrazionale, e, per ovvi motivi, di valore solo in questioni relative
alla sopravvivenza della specie, non tratteremo affatto.
9
Ogni teoria deve essere sperimentalmente validata, e, almeno fino a quando le leggi che
descrive non cambino, fatto mai osservato ma possibile, essa sarà sempre vera. La sua interpretazione,
però, può in realtà venir confutata. Come già detto, ammesso che le leggi dell’universo non mutino, il
formalismo di una teoria sarà sempre vero, ma l’interpretazione, non essendo altro che una spiegazione
dei vari risultati e della matematica che li descrive, può benissimo essere falsa. Per rimanere nel tema,
potremmo, nel futuro, riuscire a scoprire l’effettiva esistenza di queste variabili nascoste, confutando
l’idea della natura intrinsecamente probabilistica dei sistemi quantistici, ma ciò non toglie che la
descrizione odierna non sia attendibile o non asserisca il vero, o non sia coerente con i dati sperimentali; è
la sua interpretazione dei dati che però può però rivelarsi sbagliata.
10
Data di pubblicazione della teoria di Bohm nel saggio “A Suggested interpretation of the
Quantum Theory in terms of Hidden variables”
13
assente nei libri scolastici? Non dovrebbe essere insegnata, non come l’unica via, ma
come un antidoto al sempre più presente autocompiacimento? Per mostrare che la
vaghezza, la soggettività, l’indeterminismo, non sono derivati dai risultati degli
esperimenti, ma da una deliberata scelta teoretica?”
14
DETERMINISMO
Prima di passare alla parte più fisica della tesi, vorrei soffermarmi sul concetto
di determinismo, essendo esso fondamentale per ciò che segue.
Ogni conoscenza che vuol dirsi scientifica sarà sempre deterministica, almeno in
un senso indebolito che poi tratteremo, altrimenti sarà incapace di produrre predizioni.
Determinismo e catena causale sono alla base di ogni teoria, poiché, come specificato
nell’introduzione, una teoria per essere tale deve avere potere predittivo, e, si può
prevedere un fenomeno se, e solo se, ammettiamo, e verrà poi sperimentalmente
verificato, che da determinata causa, l’effetto sarà analogo ad un altro osservato in
precedenza, prodotto da una causa analoga11.
Si potrà obbiettare, però, che una descrizione probabilistica non riesca a predire
con certezza univoca il singolo evento. In realtà, essa può essere considerata
deterministica qualora si estendesse di molto il numero delle osservazioni. Una
descrizione probabilistica, che non fa nient’alto che studiare cause analoghe che
producono risultati dissimili ed analizzarne i rapporti, riesce, su larga scala, a predire
con precisione la distribuzione degli effetti verificatesi. Questo perché i rapporti tra i
risultati statistici determinano la probabilità degli eventi.
Una descrizione probabilistica, per quanto non riesca a rispondere alla
domanda “quale risultato avrò se faccio una singola osservazione?” Riesce a
rispondere alla medesima domanda qualora si chiedesse il risultato di molteplici
osservazioni. Il determinismo, ad un livello statistico, ossia su un gruppo esteso di
fenomeni, viene così reintegrato, perché, eliminata l’impredicibilità e la casualità, si
avranno, di conseguenza, precise soluzioni ben definite.
11
Semplificando moltissimo possiamo dire che la scienza non fa altro che raggruppare cause ed
effetti, con misurazioni sempre più specifiche, per trovare le relazioni tra i due.
15
Per fare un esempio: Da un gruppo di 1000 cause analoghe A, si produrranno
circa 500 effetti B e circa 500 effetti C, avendo B e C entrambe probabilità del 50%.
Date le condizioni inziali, rappresentate dai 1000 A, la distribuzione di probabilità dei
due tipi di effetti B e C fa si che, con una buona approssimazione, sempre maggiore
all’aumentare delle osservazioni, si possa determinare con precisione i vari risultati.
16
Basti pensare alle fluttuazioni meteorologiche: nonostante le nostre attrezzature
siamo incapaci di prevedere con precisione gli eventi meteo che dovranno accadere
dopo qualche settimana dall’ultima osservazione. Ciò è causato da una mancanza di
informazioni e di strumentazione per processare tali informazioni, e fa sì che i fenomeni
atmosferici ci appaiano completamente casuali e perciò imprevedibili.
Possiamo, da quanto detto, già dedurre e capire che vi è uno stretto nesso tra le
teorie scientifiche ed il determinismo. Nella prossima sezione verrà discusso questo
nesso, e scopriremo che vi sono due tipi di determinismo, uno dei quali, sarà, difatti, per
necessità sempre presente in ogni teoria.
Prima di passare oltre, però, vanno fatte due considerazioni.
La prima è che qualunque teoria può essere riportata ad una visione
probabilistica 12 . Ad esempio, in meccanica classica che un oggetto cada nel punto
previsto dalle leggi newtoniane è di solito il 100%, e così via. Dunque potendo dare
quasi sempre una descrizione probabilistica, la si utilizza spesso quando non si può fare
altrimenti, spesso per mancanza di informazioni. Per fare un esempio basti citare le
equazioni di Boltzmann per l’entropia, in termodinamica.
Qui sorge la seconda considerazione, relativa ai limiti epistemici che ci
costringono ad adoperare il calcolo di probabilità. Nonostante la descrizione
probabilistica riesca descrive i rapporti tra molteplici cause analoghe e i loro effetti
dissimili, una descrizione completamente deterministica, come la meccanica classica, è
in grado di associare ad ogni causa un suo effetto, e dunque di predire ogni evento. Di
conseguenza, sorge spontaneo chiedersi se la nostra incapacità di predire con precisione
il risultato, nei casi in cui adoperiamo la probabilità, sia dovuta alla nostra ignoranza di
vari fattori oppure se la natura del fenomeno non sia in sé casuale.
Qui risiede, forse, il più grande problema concettuale della fisica quantistica. La
difficoltà sta nel riuscire a rispondere alla domanda se le particelle siano caotiche di per
sé, rispettando però una sorta di distribuzione ordinata su larga scala, oppure se il loro
comportamento sia ben determinato, e a noi manchino gli strumenti per coglierlo.
12
Una descrizione probabilistica è necessariamente meno informativa di una descrizione in
grado di predire con certezza ogni singolo evento. Essendo meno informativa ne consegue che le richieste
che deve soddisfare un sistema affinché si possa applicare coerentemente tale descrizione sono minori.
Perciò sarà sempre possibile fare una descrizione probabilistica ove vi è possibile farne una
completamente deterministica; non è detto che viceversa si possa fare.
17
DEFINIZIONI E CONSEGUENZE
Ora possiamo subito riconoscere il nesso che lega la causalità con la predizione
scientifica, la quale, basandosi sulle osservazioni dei vari fenomeni, scopre quali
condizioni ed in base a quali rapporti si generano determinati eventi. Dunque la
13
Se vi è una causa, non c’è caso. Se vi è determinismo non ci può essere caso, ed ogni cosa ha
causa. Detto in un altro modo: se vi è determinismo vi sono sempre delle cause che generano gli effetti, se
vi è una causa non è detto che il sistema sia deterministico del tipo oggettivo.
18
predizione scientifica si basa sullo studio delle cause e degli effetti. Abbiamo così
dimostrato come la causalità è sottesa ad ogni predizione.
Unendo ora la causalità al concetto di determinismo, troveremmo di
conseguenza anche il legame che esso ha con le teorie scientifiche. Il determinismo, nel
suo senso più generale, descrive l’assenza di casualità, e, per conseguenza logica, dato
che il caos è l’opposto della causalità, si deve ammettere l’onnipresenza di quest’ultima.
Il ragionamento, però, non si conclude qui, perché in realtà noi abbiamo
dimostrato l’unione tra teoria e solo un tipo di determinismo, quello teorico. L’altro tipo
di determinismo, quello oggettivo, sarà impossibile anche il solo provarne l’esistenza,
come vedremo ora andando in dettaglio su questa distinzione.
Da una parte abbiamo un determinismo relativo agli oggetti reali, il quale
asserisce che ogni elemento del sistema in esame sia sempre ben determinato, ossia
causato. Questo tipo di determinismo l’ho chiamato oggettivo.
L’altro tipo di determinismo, chiamato teorico, è quello presupposto e necessario
in ogni modellizzazione scientifica, poiché come trattato nella sezione precedente, il
nostro comprendere presuppone la determinatezza dei risultati e delle descrizioni.
Vi è una sostanziale differenza tra le due forme di determinismo appena
descritte.
Quello oggettivo si riferisce alla realtà, e non sarà mai dimostrabile. Poiché per
dimostrarlo dovremmo provare che ogni causa ne abbia una a sua volta, così regredendo
all’infinito. Oppure possiamo ammettere che vi sia una causa prima, ma come tale, visto
che noi riusciamo, per il ragionamento sopra espresso, a conoscere solo oggetti causati,
non ne sarà mai dimostrata l’esistenza.
Il determinismo teorico, invece, si riferisce al nostro modo di modellizzare e di
conoscere. Riconoscendo un nesso tra gli eventi precedenti e quelli successivi si
ammette una relazione necessaria, causale, e determinata per prevedere eventi futuri.
Dunque questo tipo di determinismo asserisce che la descrizione e la sua evoluzione
non possano avere elementi casuali, altrimenti non si riuscirebbe a formulare previsioni.
Perciò ogni teoria scientifica, che per essere predittiva non può essere caotica ma
deve essere causale, sarà sempre di questo secondo tipo di determinismo. Un altro modo
per arrivare alla medesima conclusione è attraverso il formalismo necessario ad ogni
teoria. Poiché la matematica stessa non è mai casuale, e di conseguenza non lo sarà la
teoria che ne fa uso.
19
Dunque come prospettato all’inizio, abbiamo spiegato come vi sia almeno un
tipo di determinismo in ogni teoria; che può parlare di fenomeni casuali ma essa stessa
deve essere ben precisa e non caotica. Ora passiamo all’analisi di quel tipo di
determinismo così controverso ed indimostrabile che è il determinismo oggettivo.
DETERMINISMO OGGETTIVO
Credo non vi sia più famosa e più completa descrizione del determinismo
oggettivo, applicato a tutto l’universo, di quella formulata da Pierre Laplace:
“Lo stato attuale del sistema della natura consegue evidentemente da quello che
esso era all’istante precedente e se noi immaginassimo un’intelligenza che ad un istante
dato comprendesse tutte le relazioni fra le entità di questo universo, potrebbe conoscere
le rispettive posizioni, i moti e le disposizioni generali di tutte quelle entità in
qualunque istante del passato o del futuro. …L’ignoranza delle diverse cause che
concorrono alla formazione degli eventi come pure la loro complessità, insieme con
l’imperfezione dell’analisi, ci impedisce di conseguire la stessa certezza rispetto alla
grande maggioranza di fenomeni. Vi sono quindi cose che per noi sono incerte, cose più
o meno probabili, e noi cerchiamo di rimediare all’impossibilità di conoscerle
determinando i diversi gradi di verosimiglianza. Accade così che alla debolezza umana
si debba una delle più fini ed ingegnose fra le teorie matematiche, la scienza del caso o
della probabilità.”
14
Possiamo assumere che esista una macchina in grado di conoscere tutte le proprietà di tutti gli
elementi dell’universo e di poter, di conseguenza, calcolare e predire il futuro con certezza. Poi, però,
dovremmo assumere che riesca ad accedere nello stesso istante a tutti questi dati. Poi dovremmo
ipotizzare che nel suo istantaneo processo di rilevazione non alteri nulla dell’universo. Infine dovremmo
supporla completamente isolata, perché altrimenti il suo computare, essendo lavoro, produrrebbe calore,
ed allora dovrebbe calcolare anche tutte le interazioni del proprio calore con l’universo, e poi dovrebbe
20
ovviamente dovuto all’ignoranza, che molti ritengono invece si perda completamente
ammettendo un determinismo oggettivo totale.
Determinismo oggettivo e predicibilità sono uniti solo nel caso di un'entità in
grado di avere tutte le informazioni necessarie per predire il futuro e di vedere il
passato. Questa entità per forza di cose dovrà situarsi fuori dall’universo, perciò si
ritiene che Laplace si riferisse a Dio, parlando di quella intelligenza onnisciente.
Semplificando il discorso, possiamo dare un’ulteriore definizione al
determinismo oggettivo, nella quale è ben esplicitato il ruolo della predizione, ed è la
seguente: il determinismo oggettivo è una proprietà di un sistema qualora, in linea di
principio, si possa predire completamente il futuro di suddetto sistema. Ovvero che tutte
le informazioni necessarie alle previsioni siano contenute nel sistema a priori, la loro
accessibilità però non è scontata.
calcolare l’interazione del calore di quest’ultimo calcolo e così via all’infinito. Così tante assunzioni,
però, vanno contro il principio di semplicità delle prove ipotetiche, per il quale più dobbiamo assumere
affinché l’asserzione proposta possa essere vera, più è improbabile che lo sia. Senza contare che le ipotesi
elencate vanno contro alcuni limiti fisici: la macchina per sapere ogni cosa in solo un istante deve avere
un sistema di rilevazione che va a velocità superluminali, contraddicendo la relatività. È chiaro, quindi,
che la mente onnisciente ipotizzata da Laplace è sicuramente un Dio o qualche essere al di fuori di questo
mondo.
21
1) Determinazione
Abbiamo ragione a sostenere l’esistenza del determinismo oggettivo se,
all’interno di un sistema, possiamo, conosciute le condizioni iniziali, predire con
precisione ed univocità i risultati. Ovvero se la descrizione, che come specificato è
sempre del tipo deterministica teorica, riesca a far precise predizioni sperimentalmente
confermate su ogni singolo evento.
Questo è il caso della meccanica classica, che è generalmente riconosciuta da
tutti come deterministica. Per ogni evento, nella meccanica newtoniana, noi riusciamo a
risalire alle cause, e trovando sempre una causa, possiamo asserire che non esista
casualità.
Questa prima ragione è la più importante, poiché è condizione sufficiente
affinché si possa ritenere che un sistema sia deterministico oggettivamente. Qualora non
fossero soddisfatte le condizioni di questa allora si dovrebbe ricorrere ai criteri
successivi.
2) Possibilità
Se vi è una possibile descrizione che dia conto del determinismo oggettivo del
sistema, allora possiamo ammettere che vi è una possibilità che esso esista.
Di contro dove non è possibile descrivere gli eventi in chiave deterministica sarà
molto difficile credere che effettivamente vi sia. La termodinamica può essere
rappresentata in chiave newtoniana, e la fisica quantistica, ha una descrizione
deterministica con la meccanica bohmiana.
Questo criterio è, diversamente dal primo, non sufficiente ma necessario, dunque
non basta a rendere sensato credere che un sistema sia deterministico ma unito ai
seguenti criteri può farlo. Esso semplicemente apre la possibilità dell’esistenza del
determinismo.
I più accorti obietteranno che sempre, in caso di ignoranza, si potranno invocare
variabili nascoste, per offrire una descrizione deterministica. Ovviamente non basta
invocare le variabili nascoste, ciò che è necessario è che la descrizione non supponga
semplicemente variabili nascoste, ma che le faccia rientrare in un modello in grado di
formulare predizioni sperimentalmente verificabili e verificate.
22
3) Principio di Unità delle leggi.
Avendo già provato razionalmente l’esistenza del determinismo in un altro
sistema, è ragionevole pensare che lo sia in tutti gli altri, altrimenti dovremmo motivare
per quale motivo l’esistenza del caso in un sistema non influenzi il determinismo 15
nell’altro; anche perché nessun tipo di sistema può essere isolato completamente.
Questo corollario è derivato dal Principio di Unità delle Leggi, per cui si
suppone che i fenomeni naturali si dispieghino ovunque ugualmente e secondo le stesse
leggi, ma solo su scale differenti; che quindi ogni sistema sia in stretti rapporti con gli
altri. La ragionevolezza di questo principio risiede negli svariati dati sperimentali.
Facendo un esempio, un corpo caldo si dilata, e dunque il suo comportamento
meccanico sarà differente dal comportamento dello stesso corpo ma freddo; possiamo
dunque vedere la diretta influenza della termodinamica sulla meccanica classica.
Una risposta arguta suggerirebbe che l’unione tra più sistemi, uno deterministico
e l’altro no, possa essere risolta semplicemente spostando il problema su una questione
di approssimazioni; ossia il sistema deterministico non riesce a rilevare la casualità
poiché le sue approssimazioni sono troppo ampie.
Questa risposta però è inadeguata. Esemplificando e tornando al nostro
argomento, ammettendo che la fisica quantistica sia completamente casuale, e al tempo
stesso che i corpi macroscopici siano fatti di elementi quantistici, andrebbe chiesto
come mai ed in che modo elementi casuali, su larga scala, abbiano caratteristiche non
casuali, ma determinati. Va chiesto come mai quando uniti in grandissimo numero la
loro casualità sparisce e la probabilità diventa determinatezza; in altre parole possiamo
predire con il 100% di sicurezza un evento macroscopico. A fronte dell’impossibilità di
dar risposta a questi quesiti, si rigetta l’obbiezione.
Continuando il ragionamento, abbiamo detto che: se si avesse ragione di credere
che esista il determinismo oggettivo in un sistema, allora si avrà ragione di credere che
esista in ogni altro sistema, e dato che la meccanica newtoniana soddisfa le condizioni
del primo criterio, che, come abbiamo detto, è ragion sufficiente per credere nel
determinismo di un sistema, allora per questo terzo criterio si hanno buone ragioni di
credere che esista anche negli altri.
15
Da qui deriva il problema della misura.
23
4) Praticità
Vi è un legame tra la descrizione scientifica e la causalità, poiché la scienza deve
trovare tracce di causalità nel mondo oggettivo per poi costruire una teoria, che come
abbiamo visto sarà deterministica, del tipo teorico. Converrà sempre, di conseguenza,
scommettere sull’esistenza del determinismo oggettivo, poiché ove vi è causalità vi è
possibilità di conoscenza. Tra scegliere di non poter conoscere e conoscere, quasi come
nella scommessa pascaliana, conviene sempre credere di poter conoscere, poiché in caso
contrario non si perde nulla, invece in caso favorevole si scoprono i vari misteri del
mondo.
5) Semplicità.
Qui ritorna lo stesso criterio citato nell’introduzione, poiché esso è fondamentale
qualora si voglia determinare la ragionevolezza di un qualcosa. In base a questo criterio,
qualora sia possibile una descrizione deterministica, sarà di conseguenza sempre
ragionevole credere che esista tale determinismo.
Nell’introduzione abbiamo già parlato del nesso che lega semplicità e ragione, e
in questa sezione abbiamo mostrato come il nostro conoscere, le nostre teorie e il nostro
ragionare siano deterministici, del tipo teorico. Dunque una descrizione deterministica
oggettiva sarà per forza, sempre, più semplice e quindi più razionale di qualunque altra
descrizione.
Come già accennato, la meccanica bohmiana risolve molti paradossi della
meccanica quantistica e ci permette di comprendere chiaramente gli eventi
microscopici, proprio grazie al suo reintrodurre una visione deterministica nel mondo
degli atomi, il tutto mantenendo la stessa correttezza sperimentale.
24
supremazia della meccanica bohmiana nella sua semplicità, qui invece si è voluto
dimostrare come sensato e credibile l’esistenza del determinismo oggettivo.
Infine ci basterà unire quest’ultimo ragionamento con ciò che esprime la teoria
dell’onda pilota per ottenere un ulteriore grado di ragionevolezza a favore della teoria
stessa. Poiché se essa sostiene, come effettivamente fa, l’esistenza di particelle, con
posizione ben determinata e traiettorie ben determinate, e quindi sostiene che il mondo
quantistico sia deterministico, allora sarà ragionevole e sensato credere che, per quanto
ancora indimostrato, l’interpretazione di Bohm sia corretta.
25
INTERPRETAZIONE DI COPENAGHEN
I RISULTATI SPERIMENTALI
16
Questo stupì moltissimo coloro che pensavano che il modello atomico fosse simile al sistema
solare. Nel sistema solare un pianeta può, in linea di principio, viaggiare su tutte le orbite possibili, a
qualsiasi distanza dal sole. Nel modello atomico, invece, l’elettrone ha solo un numero ben definito di
orbite, e non può posizionarsi su un’orbita intermedia. O l’elettrone ha abbastanza energia per salire
26
Iniziò così lo studio dei fenomeni quantistici, che in quel periodo si intensificò
moltissimo finché negli anni trenta non si raggiunse una precisa modellizzazione del
microcosmo. Svariate interpretazioni del modello, però, proliferarono. Non era chiaro
cosa il formalismo effettivamente descrivesse, poiché gli esperimenti rivelarono
comportamenti difformi dai corrispettivi classici, e richiedevano assunzioni e deliberate
scelte teoriche da unire al formalismo per render comprensibile la vera natura del
microcosmo.
Non tratteremo in questa sede tutte le varie scoperte della fisica quantistica,
poiché questa tesi non vuole essere un esaustivo elenco delle sempre maggiori
conoscenze acquisite, ma volendo incentrarsi sul preciso problema dell’interpretazione
della teoria, verranno citati solo le scoperte e gli esperimenti rilevanti.
Mi ricollegherò, per iniziare, alle parole di Richard Feynman per presentare, e,
sottolineare, l’importanza dell’esperimento della doppia fenditura, che sarà alla base
della nostra analisi, in quanto matrice di tutte le stranezze quantomeccaniche. Stranezze
che hanno generato un così acceso dibattito e così tante interpretazioni tra cui quelle in
esame: la meccanica bohmiana e l’interpretazione di Copenaghen.
Sebbene sul finire egli dichiari inesistente alcuna spiegazione più fondamentale
riguardo la fisica quantistica della visione di Copenaghen, ma, come vedremo, la
all’orbita successiva, o perde energia ed allora salta andando direttamente all’orbita precedente, oppure
rimane nell’orbita non subendo cambiamenti energetici.
27
meccanica bohmiana riuscirà a smentirlo, Feynman con grande lucidità nelle sue parole,
scorge, correttamente, nell’esperimento delle due fenditure la radice di tutti i misteri
quantistici.
2) Una barriera a cui sono state aperte due fenditure 17 simmetriche, uguali,
vicine tra loro, ed equidistanti dalla sorgente
3) Uno schermo rilevatore, posto dietro il muro, che segnali il punto d’arrivo
della particella illuminandosi nel suddetto punto.
17
Le fenditure sono dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda delle particelle,
altrimenti il loro comportamento ondulatorio non verrebbe rilevato e il risultato sarebbe analogo a quanto
potremmo trovare con corpi classici. Questo perché solo se le aperture sono dello stesso ordine di
grandezza di λ, dove λ è la lunghezza d’onda, ossia la distanza tra due creste, si può verificare l’effetto
della diffrazione, che porterà le onde a scontrarsi e quindi ad interferire.
28
Nel mondo macroscopico è possibile registrare la figura di interferenza a seguito
di una collisione tra onde.
In queste situazioni, le onde possono interferire tra loro in maniera distruttiva
annullandosi vicendevolmente, oppure possono interferire in maniera costruttiva,
andando a formare un'unica grande onda di altezza maggiore. Infine, caso molto più
comune, le due onde possono in alcune zone interferire costruttivamente ed in altre
distruttivamente.
Tutto questo influenzarsi a vicenda porta inevitabilmente ad avere zone lambite
dall’onda alternate con zone non raggiunte.
Alla luce di questi risultati si sollevarono moltissime questioni relative alla vera
natura delle particelle quantistiche. Vi erano ragioni per credere che le particelle fossero
in realtà delle onde, questo avrebbe spiegato il loro comportamento e la figura
d’interferenza, ma allo stesso tempo vi erano ragioni altrettanto valide a sostegno
dell’idea che la natura della particella fosse corpuscolare, poiché dopotutto lo schermo
rilevatore, dopo ogni lancio segnava in un solo e singolo punto l’arrivo dell’elettrone.
Questo dualismo preoccupò non poco i fisici che tentarono in tutti i modi di dar
un senso ai dati sperimentali. Sembrava, infatti, che le particelle si comportassero come
onde, ma, appena misurate, ritornassero ad essere particelle. Per quanto fosse accettabile
l’idea che l’atto della misurazione in sé disturbi sempre un sistema osservato,
sconvolgeva sapere che la semplice misurazione faceva sì che la particella cambiasse
completamente natura.
29
Il principio di Bohr sostiene che il duplice aspetto onda-corpuscolo della
particella, come altre coppie di caratteristiche, non può essere osservato
contemporaneamente durante lo stesso esperimento. Perciò le due nature, ondulatoria e
corpuscolare, non si presentano mai contemporaneamente, semplicemente sono aspetti,
incompatibili fra loro, della stessa particella, ed ogni tentativo di evidenziare entrambi
gli aspetti assieme risulterà fallimentare.
Questa soluzione, però, non afferma nulla riguardo la vera natura degli elementi
quantistici, ma si limita ad esprimere l’impossibilità di trovare una particella che sia al
tempo stesso onda e corpuscolo; come e cosa sia realmente sia una particella rimane
però taciuto.
A Bohr, infatti, non interessava, scoprire come sia fatta la natura, o meglio,
riteneva che la fisica non potesse asserire nulla riguardo la realtà effettiva, ma che
dovesse unicamente concentrarsi su ciò che di essa si può dire.
“Non esiste un mondo quantistico. C’è solo una descrizione fisica astratta. È
sbagliato pensare che sia compito della fisica scoprire come sia fatta la natura. La
fisica riguarda quello che si può dire sulla natura”
30
alto, riesce comunque a passare attraverso; vi è una probabilità non nulla che si trovi la
particella dall’altra parte della barriera.
Nella meccanica classica una cosa del genere è assolutamente impensabile. Se si
lancia una palla con energia cinetica insufficiente a farla risalire il fianco di una collina,
sarà impossibile trovarla dall’altra parte. Come vedremo più avanti questo tipo di effetto
verrà interpretato in due modi differenti dalle due diverse scuole di pensiero.
31
Per finire questa panoramica dei dati e delle conoscenze di base che ci servono
per procedere oltre concludiamo con l’equazione di Schrödinger, che riesce a
descrivere, sebbene in maniera probabilistica, qualunque sistema quantistico e la sua
evoluzione. Questa geniale formalizzazione sembrò fu in grado di racchiudere tutte le
variabili che si desiderino conoscere di un dato sistema.
L’equazione è la seguente:
Ora avendo dato un minimo di basi, andremo a trattare lo sviluppo delle due
interpretazioni antagoniste che naturalmente sorgono dai dati sperimentali e dalle
descrizioni di cui abbiamo appena parlato.
L’INTERPRETAZIONE
32
“L’idea di mondo oggettivo le cui più piccole parti esistano come esistono i
sassi e gli alberi, indipendentemente che noi lo osserviamo… è impossibile. … negli
esperimenti su processi atomici non abbiamo a che fare con cose e fatti, con fenomeni
che sono altrettanto reali di qualsiasi fenomeno della vita reale. Ma gli atomi o le
particelle elementari non sono altrettanto reali; essi formano un mondo di potenzialità
o possibilità piuttosto che uno di cose o fatti. … La nostra intuizione ci conduce ad
attribuire agli elettroni lo stesso tipo di realtà fisica degli oggetti del mondo di ogni
giorno. Ma questo è sbagliato perché l’elettrone e l’atomo non possiedono alcun grado
diretto di realtà fisica del tipo di quello di questi oggetti. … cosa significhino termini
quale onda o corpuscolo, non lo sappiamo più”
Vale la pena anche citare Jordan, discepolo e collaboratore di Born, che prende
una posizione estrema, ma che contiene racchiusa in sé i principi cardine
dell’interpretazione: quali l’intrinseca probabilità del risultato, la sovrapposizione di
stati e il collasso della funzione d’onda.
Questo è ciò che sosteneva:
Jordan asserisce chiaramente che sia l’atto stesso della misurazione a produrre il
risultato e che quindi, di converso, se non si osserva la particella, essa non possieda
alcuna proprietà definita. Ciò è dovuto all’idea che la casualità sia un elemento
intrinseco delle particelle.
Per quanto ogni scienziato citato abbia una visione personale, del mondo
microscopico, che si differenzia sotto alcuni aspetti rispetto alle altre, essi condividono i
punti basilari della scuola di Copenaghen, questi punti sono essenzialmente quattro.
Quattro assunzioni:
33
1) La natura intrinsecamente probabilistica del microcosmo
L’interpretazione ortodossa, crede che, l’equazione di Schrödinger descriva
completamente tutto ciò che si può sapere di un dato sistema, e, di conseguenza, che la
natura delle particelle sia casuale come casuali sono i risultati che si possono ottenere
dagli esperimenti.
Il concetto di sovrapposizione di stati, per il quale, la particella, nello stesso
istante, si comporta come se si trovasse in tutti gli stati possibili, è un derivato di questa
prima assunzione. Una descrizione probabilistica, non potendo eliminare le varie
possibilità, deve, di contro, ipotizzare tutte le varie possibilità come esistenti ed aventi
un certo grado di realtà, e deve anche render conto di come queste possibilità
interagiscano tra loro.
Dunque se si considera la descrizione come un racconto completo ed esauriente
del sistema non si può non concludere che la stessa particella, in quanto onda di
probabilità prima di essere rivelata, sia in tutti gli stati possibili, e che interagisca con sé
stessa. La figura di interferenza, di conseguenza, viene spiegata come un effetto dovuto
al fatto che l’elettrone, passando contemporaneamente da entrambe le fenditure finisca
per interferire con sé stesso.
Sintetizzando il tutto, questa assunzione chiede che si supponga la particella non
avente alcuna proprietà definita prima della misurazione, e che una volta misurata le
proprietà si vadano a creare in maniera casuale.
34
3) Completezza della teoria.
La descrizione probabilistica, per la scuola di Copenaghen, va assunta come
completa, ossia come la più esaustiva descrizione possibile di un dato sistema. Detto in
maniera più specifica, la teoria va assunta come capace di descrivere tutti gli elementi di
realtà, e di conseguenza si assume che non vi siano altri elementi di realtà nell’universo
quantistico.
35
sviluppata Heisenberg è equivalente a quella ondulatoria, dunque l’onda va considerata
come una semplice struttura matematica e non un qualcosa di reale.
PROBLEMI DELL’INTERPRETAZIONE
36
quindi alzando la scatola, si osservi cosa sia accaduto, ma non avrebbe senso credere
che l’osservazione crei e determini la condizione vivo o morto. Ciò che razionalmente
possiamo supporre è che l’animale sia vivo o morto già prima dell’osservazione, a causa
di un determinato e ben preciso evento accaduto.
Schrödinger, con questo paradosso, critica sia l’assunzione per la quale l’oggetto
non possieda proprietà precise prima della misurazione, sia il fatto che esista una
distinzione sostanziale tra macro e microcosmo, dato che entrambi i mondi fanno parte
della stessa realtà e si hanno evidenze, non ultimi i nostri esperimenti, di come l’una
entri ed influenzi l’altra.
Vi è poi il problema del collasso della funzione d'onda, un’altra sfaccettatura del
problema della misura. Ci si chiede, non tanto cosa determini ogni risultato, poiché ciò
è assunto essere casuale, ma come possa, ed in base a quale principio, una particella che
occupa vari stati contemporaneamente, una volta misurata, collassare e riunirsi in un
singolo e ben definito stato. Ci si chiede, insomma, come possa l’atto della misura,
indurre la particella ad abbandonare le varie proprietà simultanee per concretizzarsi in
una sola.
Tutti i problemi elencati, possono, e vengono risolti dalla teoria dell’onda pilota,
grazie ad una semplice assunzione che deriva dalla domanda: e se le particelle
esistessero indipendentemente dall’osservatore?
18
Un oggetto privo di proprietà è un oggetto inesistente, e non capita mai di aver di fronte un
oggetto esistente ma senza caratteristiche, poiché se è senza caratteristiche allora non sarà percepibile e se
è impercepibile non si potrà dimostrare la sua esistenza.
37
MECCANICA BOHMIANA
I PUNTI DI PARTENZA
Questa è una frase dei tre scienziati Dürr, Goldstein e Zanghi nel loro libro
“Bohmian Mechanics as the Foundation of Quantum Mechanics”, ed esprime in poche
righe sia l’essenza della meccanica bohmiana sia le ambiguità presenti
nell’interpretazione ortodossa riguardo cosa si stia effettivamente studiando quando si
osservano fenomeni quantistici.
Possiamo dunque ben capire, dopo tutto quel che si è detto, come possa sorgere
la richiesta di avere un quadro coerente e non ambiguo in grado di spiegare con
chiarezza e semplicità concettuale il microcosmo. Questa necessità di chiarezza sfociò
in moltissime interpretazioni, la più rilevante delle quali è senz’altro la teoria dell’onda
pilota già proposta da De Broglie negli anni venti del secolo scorso, e riscoperta
indipendentemente da Bohm negli anni cinquanta del medesimo secolo.
38
“se lo strumento di misura interagisce con il sistema osservato vi sarà sempre
un irriducibile disturbo di qualche proprietà osservate. Se questi effetti di disturbo,
però, si potessero prevedere e controllare, allora si potrebbe correggere questi effetti
ed ottenere simultaneamente posizione e velocità, con precisione illimitata. Ma se si
riesce a fare questo si violerebbe il principio di indeterminazione. Il principio di
indeterminazione, è, come abbiamo visto, una necessaria conseguenza dell’assunzione
che la funzione d’onda e l’interpretazione probabilistica siano complete”
39
La teoria dell’onda pilota richiede una sola assunzione: che si creda vi siano
effettivamente particelle con determinata posizione ed altre determinate variabili prima
della misurazione.
Badiamo bene, però, di renderci conto di come le traiettorie che ogni particella
andrà a percorrere non saranno analoghe a quelle classiche. Esse saranno descritte
dall’onda pilota che guida la particella in tutte le sue evoluzioni. L’onda pilota, dunque,
viene assimilata ad un campo di forza che sposta a seconda della posizione la particella
da una parte all’altra.
Bohm riesce così a render conto del problematico dualismo onda-corpuscolo,
asserendo chiaramente che entrambe le caratteristiche esistano contemporaneamente,
ma esse non fanno entrambe parte della particella, poiché la particella viene presentata
unicamente come corpuscolo. L’onda, invece, non fa parte della particella ma traccia le
traiettorie ed agisce sulla particella.
Per render conto di questa capacità dell’onda pilota, Bohm affianca
all’equazione di Schrödinger l’equazione guida, la quale non fa altro che definire e
trovare le varie traiettorie, generate da possibili condizioni iniziali, e quindi da possibili
posizioni iniziali, delle particelle.
40
Inoltre, grazie alla meccanica bohmiana, si perde la necessità di dover spiegare il
collasso della funzione d’onda, poiché la teoria suppone che non avvenga proprio alcun
collasso da parte della particella 19 , ma che semplicemente essa venga rilevata dove
effettivamente si trovava.
19
Il collasso della funzione d’onda, in realtà, è presente anche nella meccanica bohmiana.
L’onda pilota dopo ogni misurazione collassa nel valore trovato, ma nel caso presentato da Bohm a
collassare non è la particella sotto forma di funzione d’onda, ma semplicemente la nostra descrizione
delle sue traiettorie. In questo senso si perde la necessità di dover spiegare il collasso della funzione
d’onda.
41
Infine l’effetto tunnel viene spiegato dalla meccanica bohmiana in maniera quasi
analoga alla spiegazione data dall’interpretazione ortodossa. L’onda pilota interagisce
con la barriera di energia, ed esistono posizioni iniziali della particella per cui l’onda
pilota gli permetta di scavalcare la barriera stessa. Di tale effetto, però, non dovremmo
stupirci, ma ricordare invece che le traiettorie determinate dall’onda non sono analoghe
a traiettorie classiche, e descrivono tragitti alquanto complessi ed anche poco intuitivi.
LE PARTICOLARITÀ
20
Lo spin è una grandezza associata alla particella, e si può misurare lo spin solo in una
direzione alla volta tramite un magnete Stern-Gerlach. Inoltre i risultati di ogni misurazione possono
essere solo due, perciò se si misura lo spin di una particella sull’asse verticale si avrà o valore spin su o
valore spin giù.
42
indefinite ipotizzate dalla scuola di Copenaghen, ma tale credenza sarebbe in realtà
alquanto capziosa. Avrebbe più senso considerare lo spin, la polarizzazione e tutte
quelle caratteristiche contestuali come non effettive proprietà della particella, ma che
siano un effetto indiretto della funzione d’onda.
Dopotutto posizione, velocità, ed energia, che sono, nella teoria, le principali
proprietà di una particella, sono perfettamente non-contestuali.
Finiamo trattando della non-località, che è una diretta conseguenza del teorema
di disuguaglianza di Bell e delle prove sperimentali che ne hanno confermato la validità.
Il teorema si genera da una riflessione sul paradosso EPR, formulato da Einstein,
Podolsky e Rosen volto a dimostrare l’incompletezza della teoria quantistica ortodossa.
Nel paradosso, in breve, si separavano portando a distanze molto elevate due particelle
in stato entangled, questo stato faceva e fa sì che una rilevazione su una particella
determini istantaneamente lo stato dell’altra. Un comportamento del genere però era
paradossale, poiché secondo la relatività non vi potevano essere segnali superluminali e
dunque le due particelle non possono comunicare istantaneamente, di conseguenza la
teoria ortodossa era incompleta; poiché non dava ragione di questo comportamento.
Successivamente però Bell dimostrò come infondato tale paradosso, mostrando
come in realtà vi era un’interazione tra le due particelle, indipendentemente dalla
distanza che li separava. Tale correlazione però non poteva, e non può, essere usata per
mandare alcun segnale; in realtà non si configura affatto come un segnale, ma solo
come una correlazione tra le due particelle. Bell mostrò come l’esperimento dell’EPR in
realtà non violi la teoria della relatività.
Bell dimostrò, in poche parole, che qualsiasi teoria a variabili nascoste per essere
vera deve essere fondamentalmente non-locale.
La meccanica bohmiana, non fa eccezione, e dunque assieme ad un ritrovato
determinismo, se vogliamo accogliere la teoria dell’onda pilota come corretta,
dobbiamo considerare che vi sia la possibilità di una interazione tra le particelle
istantanea e a distanza, o meglio: indipendente dalla distanza.
Ciò, ovviamente, non esclude l’esistenza del determinismo, queste le uniche
stranezze che la teoria dell’onda pilota deve ammettere, un prezzo comunque basso per
esser riuscita a sradicare, con elegante facilità, ogni problematica concettuale legata alla
fisica quantistica.
43
CONCLUSIONI
Siamo infine giunti alla conclusione di questa tesi. Abbiamo iniziato mostrando
cosa sia una teoria scientifica, e quali siano le sue caratteristiche principali. In base a
ciò, abbiamo visto in che modo possiamo giudicare una teoria migliore di un’altra. I
criteri presentati erano due: quantità di tipi di fenomeni descritti e di semplicità.
Poi si è passati ad un’analisi dettagliata del concetto di determinismo, mostrando
le ragioni per le quali sia razionalmente corretto credere nella sua esistenza. Abbiamo
trovato nella meccanica bohmiana una teoria che appunto riesce a spiegare
deterministicamente gli eventi quantistici.
La terza sezione l’abbiamo dedicata all’interpretazione ortodossa, quella di
Copenaghen, la più diffusa nella comunità scientifica. Conseguentemente abbiamo
affrontato i vari problemi che, tale visione del microcosmo, presenta. Sempre in questa
sezione abbiamo analizzato i dati sperimentali, in base ai quali si è considerata la fisica
quantistica come un sistema radicalmente diverso da qualunque sistema classico,
portando così vari scienziati a formulare eterogenee spiegazioni.
I risultati degli esperimenti, e, le formulazioni, sono stati presentati in una forma
semplificata ma che fosse in grado di esprimere i punti centrali emersi dalle varie
misurazioni; i quali sono la base di partenza di ogni interpretazione.
Infine, dopo avere evidenziato i vari problemi insorgenti con l’interpretazione di
Copenaghen si è passato a trattare della teoria dell’onda pilota e di come essa sia un
validissimo controesempio alla visione ortodossa. Si sono evidenziate le caratteristiche
principali della teoria, e le soluzioni che riesce a proporre grazie alla sua visione
deterministica del microcosmo; visione che risulta chiara e semplice.
Si è concluso trattando quelle particolarità, come la contestualità e la non-
località, incontestabili perché dimostrate, che sono inscindibili da una visione moderna
del determinismo, il quale sebbene sia stato salvato e reintegrato dalla meccanica
bohmiana, ne esce irrimediabilmente trasformato sotto alcuni aspetti. Il più importante
di tutti: la non-località, per la quale dobbiamo ammettere che due oggetti possano
interagire ed influenzarsi a vicenda indipendentemente dai rapporti spaziali tra i due.
44
Richiamandoci all’introduzione concludiamo avendo dimostrato ciò che si
desiderava dimostrare, ossia che la meccanica bohmiana sia un’interpretazione più
semplice, e dunque sia migliore dell’interpretazione di Copenaghen.
Abbiamo visto come la semplicità concettuale della teoria dell’onda pilota,
senza grande sforzo, sia riuscita a dar risposta ai paradossi e alle problematiche che
assediano i sostenitori della visione ortodossa.
La teoria dell’onda pilota, di fatto, ripristinando il determinismo, riesce a darci
una visione del microcosmo coerente e fruibile a tutti, in grado di restituirci un mondo
ordinato e conoscibile; come abbiamo spiegato nella seconda sezione esiste una
relazione tra conoscenza e determinismo, per il quale l’una necessita l’altro.
Sempre nella seconda parte abbiamo trattato della ragionevolezza di credere
nell’esistenza del determinismo. Di conseguenza, possiamo concludere che
l’interpretazione di Bohm sia ragionevolmente, non solo migliore, ma anche più
corretta. Nulla, ovviamente, ci assicura che la natura sia effettivamente altrettanto
ragionevole, dunque potremmo sbagliarci di grosso, ma sicché la ragione è l’unico
mezzo che abbiamo per conoscere, non possiamo far altro che affidarci ad essa.
Tutte queste conclusioni sono state tratte da uno studio concettuale e teorico,
genericamente privo di tecnicismi e formalismi, ma più mirato all’aspetto speculativo
dei principi e delle assunzioni alle basi delle due interpretazioni analizzate. Si è quindi
creato criteri e metri di giudizio e si è fatto un riscontro tra le varie interpretazioni
esistenti, per scegliere la più aderente ai criteri presentati. Il risultato è stato,
essenzialmente, che si è trovato nella meccanica bohmiana la migliore spiegazione del
microcosmo ad oggi formulata.
Alla luce di ciò si ritengono i risultati derivati dai ragionamenti contenuti in
questa tesi come corretti e si auspica, che, in futuro, venga data più attenzione, da parte
della comunità scientifica, alla teoria dell’onda pilota, poiché essa si presenta come una
più coerente e più intuitiva spiegazione del microcosmo rispetto alla visione vigente, e
si ritiene possa esser fonte di inspirazione per nuove ricerche.
Concludo citando Einstein, il quale come Bohm, non era convinto che
l’interpretazione ortodossa fosse corretta, ma anzi credeva che fosse necessaria
un’ulteriore spiegazione che riportasse l’ordine all’interno del mondo. In fondo, questa
45
tesi, Einstein e la meccanica bohmiana, non fanno altro che rispondere alla stessa
esigenza di fondo; un’esigenza di ordine e comprensione.
“Tu [Riferito a Bohr] credi in un Dio che gioca a dadi ed io in una legge
completa e nell’ordine, in un mondo che esiste oggettivamente, che io, in un modo
selvaggiamente speculativo, sto tentando di catturare. Lo credo fermamente, e spero
che qualcuno scoprirà un modo più realistico, o piuttosto una base più tangibile di ciò
che è stata mia sorte fare”
46
BIBILIOGRAFIA 21
Baggott J., The meaning of quantum theory, Oxford University Press, Oxford,
1992.
Bell J.S., On the Einstein Podolsky Rosen paradox, Physics, vol.1, 1964,
traduzione italiana in: Paradosso EPR e teorema di Bell, Quaderni di Fisica Teorica,
Università degli Studi di Pavia, 1991.
Bell J.S., Are there quantum jumps? in: Schrödinger, Centenary celebration of a
polymath, C.W. Kilmister editor, Cambridge University Press, Cambridge,1987.
Bohm D. and Hiley B.J., The undivided universe, Routledge, New York, 1993
21
La bibliografia non contiene alcune opere usate per la stesura di questa tesi, tra essi i
fondamentali lavori di DeBroglie, di Bohr, di Heinsenberg e di Schrödinger. La ragione di questa
omissione è semplice: molti di questi lavori appaiono in traduzione italiana nella raccolta curata da S.
Boffi qui citata come: DeBroglie L., Schrödinger E, e Heinsenberg W. Alcuni rilevanti lavori come il
famoso gatto di Schrödinger appaiono nella raccolta di Wheeler e Zurek di seguito riportata.
47
Bohm D., Quantum Theory, Dover Publication, New York, 1989.
Bohm D., Causality and Chance in Modern Physics, Harper, London, 1957.
Born M., Natural philosophy of cause and chance, Clarendon Press, Oxford,
1949, traduzione italiana: Filosofia naturale della causalità e del caso, Boringhieri,
Torino, 1973.
Born M. The Born Einstein Letters, Walker and Company, New York, 1971,
traduzione italiana: Einstein-Born, Scienza e vita, Einaudi, Torino, 1973.
De Broglie L., Schrödinger E., Heisenberg W., in: Onde particelle in armonia –
alle sorgenti della meccanica quantistica, introduzione e cura di Sigfrido Boffi, Jaca
Book, Milano, 1991.
48
Dürr D. e Teufel S., Bohmian Mechanics, Springer, Berlino, 2009.
Einstein A., Podolsky B. e Rosen N., La descrizione quantistica della realtà può
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