Sei sulla pagina 1di 22

Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau...

Pagina 1 di 22

I contributi dei visitatori di "Pagine corsare"

."Pagine corsare"
.I contributi dei visitatori

Il ruolo dell'intellettuale
nell'era
della comunicazione di massa
di Laura Lazzarin

[Ricerca scritta per il corso di letteratura italiana


della prof. Borek, dell'università di Vienna]

PIER PAOLO PASOLINI


"Chi non parla è dimenticato"
SOMMARIO

1. POESIA E IMPEGNO INTELLETTUALE NELLA


SOCIETA' DI MASSA

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 2 di 22

- Multimedialità e rivolta degli Scapigliati


Rimbaud: "Je ne sais plus parler"
- Arte e vita
D'Annunzio e i poeti laureati
- "J'accuse": l'intellettuale e il potere
"O tempora, o mores!": il moralista fustigatore dei
costumi
- Socrate e i giovani
Rousseau e il buon selvaggio
- Realismo e partecipazione. Da Verga al Neorealismo
- "Il mondo ha da lungo tempo il sogno di una
cosa..." (Karl Marx)

2. LINGUAGGIO, GENERI E MEZZI ESPRESSIVI


NELL'ERA DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA
- Pasolini e la lingua
Il dialetto e il cinema
- Il destinatario
"La morte non è nel non poter comunicare ma nel non
poter più essere compresi"
- Musica e pittura nell'opera di Pasolini

3. CONCLUSIONE
- Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di
massa
- Bibliografia
- Pasolini in Internet

***
Nel corso della sua vita Pier Paolo Pasolini (1922 -1975) si è
dedicato a diversi generi e mezzi espressivi in una
incessante sperimentazione linguistica, esprimendo da una
parte la sua violenta passione politica, come intellettuale
radicato nel suo tempo; dall'altra il suo complesso mondo
interiore, la sua problematica esistenziale di uomo e di
poeta.

1. POESIA E IMPEGNO INTELLETTUALE NELLA


SOCIETA' DI MASSA

Multimedialità e rivolta degli Scapigliati


Rimbaud: "Je ne sais plus parler"
La versatilità e l'originalità dell'opera pasoliniana ricordano la
generazione romantica di Hoffman e la Scapigliatura
milanese della seconda metà dell'Ottocento. Artisti come
Praga, Tarchetti, Boito, furono infatti poeti e narratori,

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 3 di 22

giornalisti e polemisti, musicisti e pittori.


Essi però tendono alla multimedialità, a un'arte che
coinvolga tutti i sensi umani, al disordine di tutti i sensi (di
qui l'uso della sinestesia, la figura retorica che consiste
nell'accostare termini appartenenti a sfere sensoriali
diverse), sulla scia dei Simbolisti francesi, dai quali
riprendono anche un certo maledettismo.
Pasolini si serve invece dei diversi mezzi espressivi a
seconda delle sue esigenze, e solo riguardo ai suoi film si
può parlare di multimedialità, caratteristica intrinseca del
cinema e in particolare del suo cinema di poesia,
commistione di immagine, parola e musica.
Gli Scapigliati si possono collegare a Pasolini anche per la
loro violenta critica alla società, dovuta alla delusione per gli
avvenimenti politici del loro tempo. Pasolini visse la crisi
degli ideali resistenziali nell'immediato dopoguerra, così
come essi vissero, in seguito all'unificazione italiana, la crisi
dei valori risorgimentali che avevano infervorato i loro "padri
romantici" : anche per gli Scapigliati la rivoluzione non è più
che un sentimento.
Questi artisti furono animati da uno spirito di rivolta e di
opposizione agli ordini stabiliti e sentirono profondamente la
crisi del ruolo dell'intellettuale di fronte alla borghesia. Per
tutto l'Ottocento infatti gli intellettuali erano stati parte della
borghesia e portatori dei suoi ideali di uguaglianza e libertà,
sostenitori dei movimenti nazionali europei. A partire dalla
seconda metà dell'Ottocento intervengono mutamenti
economici e sociali, l'industrializzazione e il progressivo
arroccamento della borghesia in nuovi privilegi, la nascita
del proletariato e dei primi movimenti operai.
L'intellettuale di conseguenza vive un profondo distacco nei
confronti della società e in particolare nei confronti della
borghesia, originariamente destinatario privilegiato delle sue
opere e il più delle volte sua classe di appartenenza.
Per questo motivo il rifiuto della società da parte degli
Scapigliati finisce per essere sterile e velleitario: essi non
riescono ad uscire del tutto dalla loro classe di
appartenenza, e questo sarà il problema di molti intellettuali
del periodo industriale, che, sostenitori dell'ideologia
marxista e animati da sincera simpatia per la causa operaia,
non potranno liberarsi delle loro origini borghesi.
In Pasolini l'appartenenza alla borghesia non viene negata,
ma viene usata come arma per condannarla ancor più
efficaciemente dall'interno. Per sua stessa ammissione:
"Essere marxisti, oggi, in un paese borghese, significa
essere ancora in parte borghesi. Fin che i marxisti non si
renderanno conto di questo, non potranno mai essere del
tutto sinceri con se stessi. La loro infanzia, la loro
formazione, le loro condizioni di vita, il loro rapporti con la
società, sono ancora oggettivamente borghesi. La loro
'esistenzà è borghese, anche se la loro 'coscienza‘ è
marxista".

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 4 di 22

D'altra parte questa è una delle tante contraddizioni che


riguardano il poeta, che tra l'altro aveva uno stile di vita non
proprio sobrio, o per lo meno in contrasto con i cenciosi
ragazzi di borgata che tanto amava.
Per gli Scapigliati la scelta del male sul piano esistenziale e
del brutto sul piano estetico è deliberatamente contrapposta
al "bene" dei valori borghesi. Come Pasolini, sentono forte il
contrasto tra l'irrazionalità che li spinge alla ricerca
dell'inconscio e di un mondo naturale e puro, e la necessità
di realismo per criticare costruttivamente la società. In loro
però questa contraddizione è sterile e in parte programmata,
non sentita sinceramente. In Pasolini la contraddizione è il
motore di tutta l'opera, è dialettica ed estrema perchè vuole
davvero scuotere gli animi.
Quelle degli Scapigliati sono pose, dovute a un vero
sentimento di disagio, ma ricalcate dai loro modelli francesi,
in particolare Arthur Rimbaud.
E Rimbaud è una lettura fondamentale per il giovane
Pasolini, tanto che la scoperta del maledetto di Charleville,
avvenuta nel 1937 al liceo di Bologna, segna una vera e
propria cesura nella sua vicenda umana e artistica.
La diversità come protesta e ribellione al moralismo ipocrita
e al conformismo borghese è una caratteristica comune a
entrambi i poeti, ed è una diversità marcata anche dal punto
di vista sessuale, è l'omosessualità talvolta sbandierata da
Rimbaud come arma per épater les bourgeois, ostentata e
nello stesso tempo vissuta come un conflitto non risolto da
Pasolini. Tra i due d'altra parte si pone la cesura attuata da
Freud, per cui per rispondere alle sue contraddizioni
Rimbaud va alla scoperta dell'ignoto e dell'inconscio
attraverso il disordine dei sensi e la poesia, mentre Pasolini
è ben consapevole del suo conflitto interiore e può ricercarvi
le cause con gli strumenti della psicoanalisi, per esempio
per quel che riguarda il rapporto con la madre, come si vede
nei suoi film della fase cosiddetta mitico-psicoanalitica che
comprende tra l'altro Edipo Re e Medea.
L'artista che nel 1870 è corso a Parigi in aiuto degli operai
per la difesa della Comune non può che appassionare
Pasolini, sia per la sua poesia e la sperimentazione
linguistica, sia per la sua figura di spirito irrequieto,
"veggente" e testimone del suo tempo, nel difficile rapporto
con la società in crisi che lo porterà molto presto al silenzio
poetico, nell'incapacità di comunicare. Pasolini invece
continuerà a gridare fino alla fine, sempre cercando un
destinatario, sempre sperando di essere ascoltato e
compreso, perchè "non c'è mai disperazione senza un pò di
speranza".

Arte e vita

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 5 di 22

D'Annunzio e i poeti laureati


Il legame arte-vita riconosciuto dallo stesso Pasolini fa
pensare al maledettismo dei poeti francesi e all'estetismo
dei Decadenti.
Più volte egli afferma la necessità di morire per potersi
esprimere compiutamente: morire della sua creazione, come
si muore di parto. Si tratta di una morte sacrificale, scelta
liberamente e realizzata attraverso il martirio da parte del
carnefice conservatore: "Ognuno di noi (volendo o non
volendo) fa vivendo un'azione morale, il cui senso è
sospeso. Da ciò la ragione della morte. Se noi fossimo
immortali saremmo immorali, perchè il nostro esempio non
avrebbe mai fine, quindi sarebbe indecifrabile, eternamente
sospeso e ambiguo". Per Pasolini la vita è una
testimonianza, la morte è il fulmineo montaggio del film della
nostra vita, dà senso alla vita e all'opera. E infatti il Vangelo
di S.Giovanni viene citato all'inizio di una poesia del 1974
intitolata non a caso "Il giorno della mia morte": "...se il
chicco di grano caduto in terra non morirà, rimarrà solo, ma
se morirà darà molto frutto".
Il Decadentismo era affermazione di assoluto
anticonformismo e narcisistico distacco dal gregge, dalla
società di massa.
Così il maggiore esponente del Decadentismo italiano,
Gabriele D'Annunzio, concepisce la vita come opera d'arte,
arrivando a posizioni antidemocratiche, al gesto teatrale che
fa scatenare le masse, al divismo che anticipa l'industria
culturale; si dedica a diversi generi letterari ed è attento al
rapporto col pubblico, all'interlocutore, ma asseconda le
regole di mercato.Pasolini rimane sempre su posizioni
marxiste, sia pure intrise di contraddizioni, vagheggiando,
come sottolinea Alberto Moravia, un comunismo populista,
romantico e irrazionale.
Anche se comuni a D'Annunzio e a Pasolini sono la ricerca
di un mondo arcaico, mitico e primordiale, e l'interesse per la
materialità e la sensualità del corpo umano, colto nella sua
purezza originaria, la missione di "poeta vate" è assolta dai
due autori in modo completamente diverso.
Fino a Pasolini la poesia civile in Italia è stata di destra,
celebrativa per forma e contenuti, a cominciare da Foscolo e
Carducci. Come afferma Pasolini stesso: "Non credo che la
mia poesia si possa chiamare 'civilè; non lo è per
definizione, in quanto è poesia di opposizione continua,
quasi aprioristica, mentre la poesia 'civilè, come si è intesa e
fatta finora, è stata sempre poesia consenziente alle
istituzioni, o in opposizione riformistica".
D'Annunzio è poeta ufficiale, è un poeta laureato secondo la
definizione di Eugenio Montale, che nella poesia "I limoni"
afferma il suo distacco dalla tradizione aulica-accademica,
carica di toni retorici, e il desiderio di una poesia dal timbro
familiare e dialogico, riferendosi polemicamente a poeti
come Carducci e D'Annunzio: "Ascoltami, i poeti laureati si

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 6 di 22

muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi


ligustri o acanti. Io, per me, amo le strade che riescono agli
erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate
agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla". Montale è
un poeta contemporaneo a Pasolini, anch'egli critico nei
confronti della società dominata dai mass media e
dell'inconsistenza comunicativa delle sue forme di
conversazione banalizzata, ma meno arrabbiato, più lirico
ed intimista: ciononostante egli non si isolò nella turris
eburnea in cui si erano ritirati i poeti ermetici negli anni del
Fascismo, ritagliandosi il loro margine di libertà
nell'accuratezza formale, e aderì al Manifesto degli
intellettuali antifascisti.
Di fronte alla crisi in cui cade la poesia, accusata negli anni
del Neorealismo di essere una fuga dalla realtà, disimpegno
nei confronti della storia e della società, Pasolini propone di
trasporre la crisi in poesia.
È evidente nelle sue poesie la contraddizione tra lo stile
raffinato, quasi decadente, e le sue posizioni di sinistra. In
ogni caso il suo merito sta proprio nello scandalo del
contraddirsi, e il suo impegno intellettuale nel suo essere
incivile, critico, perennemente in opposizione, arrivando
talvolta a posizioni reazionarie nella sua condanna alla
società di massa: è un personaggio scomodo, di certo non
un poeta laureato.

"J'accuse": l'intellettuale e il potere


"O tempora, o mores!": il moralista fustigatore
dei costumi
L'impegno civile di Pasolini è paragonabile allo sdegnato
"J'accuse" di Emile Zola, che si schierò a difendere l'ebreo
incriminato del famoso affaire Dreyfus e che subì un
processo a causa del suo articolo di denuncia.
Nei confronti del Potere, che definisce argutamente Palazzo,
riferendosi agli intrighi e ai misteri che regnano nella politica
italiana, anche Pasolini non risparmia le sue accuse. Nel
1974, durante una telefonata in cui si accorda per la
collaborazione al "Corriere della sera", dice: "10 giugno
come nel'40: anch'io dichiaro guerra". Ed è una guerra
corsara, eretica e luterana, che colpisce tutto e non
risparmia nessuno.
Famosa è la rivelazione del 14 novembre1974, sempre sul
"Corriere della sera": "Io so. Io so i nomi dei responsabili di
quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie
di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so
i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12
dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di
Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi
del "vertice" che ha manovrato [...]. Io so. Ma non ho le

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 7 di 22

prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un


intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che
succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di
immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che
coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi
disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro
politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare
l'arbitrarietà, la follia e il mistero".
Il 28 agosto 1975 parla direttamente di quelli che lui ritiene
colpevoli: "Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina
di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul
banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità
sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini,
manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i
petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione
con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità
nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto
colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione
paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilità della
degradazione antropologica degli italiani, responsabilità
dell'esplosione "selvaggia" della cultura di massa e dei
mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa
della televisione. Senza un simile processo penale, è inutile
sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese. È
chiaro infatti che la rispettabilità di alcuni democristiani
(Moro, Zaccagnini) o la moralità dei comunisti non servono a
nulla".
E come Dante, nel 1975 con "La Divina Mimesis" individua i
mali del suo tempo, compiendo un metaforico viaggio dentro
l'Inferno neocapitalistico, dove ogni persona è diventata
principalmente un acquirente.
Al Potere e a ogni forma di autorità, di prevaricazione e di
negazione della libertà e della diversità, Pasolini oppone
sempre un energico rifiuto, un forte spirito di contestazione.
Molti dei suoi lavori sono una meditazione sul Potere, da
"Porcile" del 1969, in cui il Potere divora i figli disubbidienti,
al pezzo teatrale "Calderon" del 1973, fino a "Salò", feroce
satira della violenza di ogni Potere, a partire da quello
nazista, e della mercificazione del corpo 'oggettò attuata dal
potere consumistico: "È un potere che manipola i corpi in
modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla
manipolazione fatta da Hitler: li manipola trasformando le
coscienze, cioè nel modo peggiore; istituendo dei nuovi
valori alienanti e falsi, che sono i valori del consumo;
avviene quello che Marx definisce: il genocidio delle culture
viventi, reali, precedenti".
Il potere consumistico concede una falsa tolleranza,
manipola mantenendo l'illusione di libertà.
Le critiche a destra e a sinistra fanno diventare Pasolini un
personaggio al centro dell'attenzione pubblica e di pesanti
polemiche, un personaggio scomodo, nè egli nasconde il
suo scopo: "Bisogna essere impopolari: qualcosa cioè di

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 8 di 22

peggio che deludere! Bisogna dire verità impossibili (ma


verità), giocare con l'Antipatia come prima si era giocato con
la Simpatia, preparare con sorda ironia l'ultimo rifiuto".
E lui stesso spiega qual è il compito dell'intellettuale:
"L'intellettuale deve abbattere stereotipi e catagorie riduttive,
deve applicare ovunque gli stessi valori senza dèi da
venerare e raggiungere il massimo di indipendenza dalle
pressioni, scegliendo la solitudine piuttosto che la tolleranza
servile verso l'esistente", ed ancora "L'intellettuale ha il
compito di provocare e sfidare senza farsi
cooptare,difendendo principi uguali per tutti, impegnandosi,
rischiando a 'rappresentarè e testimoniare in pubblico la sua
verità".
Pasolini si presenta come un moderno fustigatore dei
costumi. Nel suo ruolo instancabile di polemista affronta sui
giornali i più scottanti e delicati temi, tratti dalla cronaca,
dalla politica e dagli avvenimenti del suo tempo; analizza le
contraddizioni della società italiana e i mutamenti di
costume, provocando e costringendo alla riflessione e al
confronto gli intellettuali più avanzati e coinvolgendo masse
di lettori, soprattutto giovani; scruta la mutazione
antropologica degli Italiani e si scandalizza facendo a sua
volta scandalizzare.
Osserva per esempio che la famiglia rimane fondamentale
nella società di massa perchè solo all'interno della famiglia
l'uomo è veramente consumatore: "L'ansia del consumo è
un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato.
Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale
agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero:
perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha
ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi 'diversò.
Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in
questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti
conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo".
Si schiera contro l'aborto perchè è contrario a ciò che la
libertà sessuale è a suo parere diventata: un obbligo, una
convenzione, mentre ciò che è sessualmente diverso viene
ignorato o respinto.
Condanna la Chiesa che accettando la società borghese
capitalistica compie un errore storico che pagherà
probabilmente con il suo declino.
Scrive, articolo che rimarrà celebre, che sono scomparse le
lucciole ("darei l'intera Montedison per una lucciola!"),
metafora di cui si serve per illustrare la continuità tra
fascismo fascista e fascismo demoscristiano.
La critica a 360 gradi che investe la sfera politica e la
società lo rende paragonabile alle grandi voci polemiche e
satiriche del mondo latino: a Cicerone che rimpiange i
costumi e i valori degli antichi e lancia le sue Catilinarie
come Pasolini lancia a Moravia la sua Pasolinaria sui modi
d'esser poeta; agli epigrammi arrabbiati di Marziale; alle
satire di Persio che condanna la corruzione e il degrado

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di Lau... Pagina 9 di 22

socio-politico, l'ipocrisia e il dominio del denaro nella turbida


Roma.
Sembra quasi di poter accostare l'Italia neocapitalistica alla
Roma imperiale.

Socrate e i giovani
Rousseau e il buon selvaggio
Pasolini ha dimostrato fin dall'inizio la sua appassionata
vocazione pedagogica, non solo nei riguardi dei giovani ma
come volontà di educazione collettiva sul piano etico-
sociale. Infatti non solo fu insegnante di scuola media, prima
in Friuli e poi nella periferia romana, ma fin da giovanissimo
partecipò al dibattito culturale su giornali e riviste.
Tra 1943 e 1944 fondò a Casarsa la rivista "Stroligut di cà
da l'aga" e l'Academiuta de lengua friulana, pensata per i
figli dei contadini come scuola in friulano e luogo di
discussione, e chiusa subito perchè dichiarata illegale.
In una lettera inviata a un amico-poeta Luciano Serra nel
1943, dopo la deposizione di Mussolini e la caduta del
fascismo, emerge la sua concezione della missione di
educazione e di civiltà assegnata all'intellettuale: "L'Italia ha
bisogno di rifarsi completamente, ab imo, e per questo ha
bisogno, ma estremo, di noi, che nella spaventosa
ineducazione di tutta la gioventù ex-fascista, siamo una
minoranza discretamente preparata. [...] Ho sentito in me
qualcosa di nuovo sorgere e affermarsi, con un'imprevista
importanza: l'uomo politico che il fascismo aveva
abusivamente soffocato,senza che io ne avessi la
coscienza".
Dal 1960 al 1965 instaura un vero e proprio dialogo con i
lettori su "Vie Nuove", il settimanale del Partito comunista
italiano. Tra 1968 e il 1970 tiene sul settimanale "Tempo"
una rubrica chiamata "Il caos", il cui scopo è sempre il
colloquio con i lettori. Dal 1970 fino alla morte scrive articoli
in vari settimanali e quotidiani, tra cui "Il Corriere della Sera",
suscitando polemiche con la sua acuta quanto provocatoria
indagine della società italiana.
Alla base della sua Weltanschauung c'è la dialettica, il
dialogo, il dibattito che porta allo scontro ma mira alla verità.
E in questo ci ricorda Socrate, altro intellettuale scomodo
condannato come corruttore di menti e di giovani.
L'attenzione nei riguardi dei giovani è evidente anche nei
suoi romanzi e in alcuni suoi film, i cui protagonisti sono
ragazzi del sottoproletariato romano.
Pasolini coglie gli ambienti e i tipi sociali delle periferie
romane in un preciso momento della loro storia, prima che
siano travolti dai modelli consumistici e dai sogni piccolo-
borghesi portati dal boom economico degli anni '60. Pasolini
porta alla luce una realtà terribile e sconosciuta nel resto

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 10 di 22

della penisola, e nello stesso tempo osserva con simpatia


questi selvaggi che si trovano per certi versi in uno stato di
purezza a-storica, al di là e anteriore alla morale, libero dalle
convenzioni e dalle istituzioni. Si tratta quasi di uomini in
stato di natura nel senso di Rousseau, i quali pur compiendo
i più spregevoli crimini non sono colpevoli perchè le loro
azioni non hanno carattere morale, sono anteriori ai concetti
di Bene e di Male. E se i ragazzi di vita di Pasolini non sono
originariamente buoni come il buon selvaggio di Rousseau,
è proprio vero, nell'ottica di Pasolini, che è la società, per
non dire la borghesia, la causa di tutti i mali. La società è
generatrice della disuguaglianza che impone ai giovani di
borgata di vivere in condizioni precarie, e il progressivo
diffondersi del benessere economico porta anche questi a
desiderare di più, ad avere bisogni che vanno oltre quelli
dell'immediata sopravvivenza. Il sistema capitalistico infatti
impone sempre nuovi bisogni e corrompe i valori contadini,
le culture popolari e infine la forza sincera e vitale del
sottoproletariato. Nel suo vagheggiamento di un mondo
perduto in realtà mai esistito, Pasolini forse esalta
eccessivamente una condizione che essenzialmente è di
disagio e di povertà, anche se vitalisticamente
anticonformista e non contaminata dai moralismi e dalla
prudenza borghese: "Sò stato ricco, e no l'ho saputo", dice
Tommasino alla fine di "Una vita violenta". I romanzi di
Pasolini sono romanzi di formazione, ed è percepibile
un'evoluzione nella psicologia dei personaggi, dalla totale
incoscienza pre-politica del Riccetto e dei suoi compagni
ragazzi di vita alla lenta e dolorosa maturazione del
protagonista di "Una vita violenta", attraverso la lettura e
l'esperienza politica. Èevidente che il valore dell'educazione
ha un'importanza altissima per l'autore, come per il grande
filosofo e pedagogo dell'"Emile".
Negli anni Trenta Gramsci ha criticato l'intellettuale
aristocratico, ha assegnato alla letteratura una funzione
sociale e proposto una figura di intellettuale come
elaboratore della coscienza morale del popolo,
organizzatore della cultura. Secondo Gramsci infatti "il
problema dell'educazione è il massimo problema di classe".
Nell'"Ordine nuovo" dell'aprile 1919 scriveva: "Istruitevi
perchè avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.
Agitatevi perchè avremo bisogno di tutto il nostro
entusiasmo. Organizzatevi perchè avremo bisogno di tutta la
nostra forza". E seguendo una concezione gramsciana
dell'educazione anche Pasolini indica un altro compito
all'intellettuale: il compito di educatore.
Il suo atteggiamento ottimistico nei riguardi dei giovani visti
come forza innocente da contrapporre alle convenzioni e al
moralismo borghese diventa con il tempo una condanna del
consumismo che opera un'integrazione del proletariato nel
sistema.
Alcuni interventi si rivolgono espressamente ai giovani e alla

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 11 di 22

condizione giovanile.
In un articolo apparso su "Nuovi Argomenti" dell'aprile-
maggio 1968, Pasolini si esprime con una polemica in versi,
"Il PCI ai giovani!", riguardo al movimento studentesco del
'68 e agli scontri tra gli studenti e le forze dell'ordine. Egli si
schiera dalla parte dei ragazzi poliziotti, che fanno parte
della classe sociale "altra" rispetto agli studenti "figli di papà"
che credono di fare la rivoluzione e invece si trovano dentro
al Potere, incapaci di liberarsi del loro spirito borghese:

"Che la buona stella della borghesia vi assista!


Inebbriati dalla vittoria contro i giovanotti
della polizia costretti dalla povertà ad essere
servi [...]
mettete da parte l'unico strumento davvero
pericoloso
per combattere i vostri padri:
ossia il comunismo."

Pasolini invita i giovani "a distruggere, intanto, ciò che [il


comunismo] di borghese ha in sé". Più avanti spiega i motivi
di questa sua presa di posizione nei confronti del movimento
di contestazione:

"Perché la borghesia sta trionfando, sta


rendendo borghesi gli operai, da una parte, e i
contadini ex coloniali, dall'altra. Insomma,
attraverso il neocapitalismo, la borghesia sta
diventando la condizione umana. Chi è nato in
questa entropia, non può in nessun modo,
metafisicamente, esserne fuori. Per questo
provoco i giovani: essi sono presumibilmente
l'ultima generazione che veda degli operai e dei
contadini: la prossima generazione non vedrà
intorno a sé che l'entropia borghese".

In un articolo pubblicato sul "Corriere della Sera" nel 1973


intitolato "Contro i capelli lunghi" Pasolini spinge oltre la sua
critica rivolta ai giovani ormai orientati dalle mode imposte
dal potere consumistico: i capelli lunghi dicono "le cose della
televisione o della reclames dei prodotti", non "cose di
sinistra", perchè "Destra e Sinistra si sono fisicamente fuse".
Portare i capelli lunghi non è libertà: a suo parere significa
attenersi all'ordine degradante dell'orda, della massa, un
ordine che rende indistinguibile un giovane progressista da
un giovane fascista.
Pur essendo deluso dalla situazione giovanile italiana, non
si rassegna, e rispondendo a Calvino afferma che "augurarsi
di non incontrare mai dei giovani fascisti è una bestemmia,
perchè, al contrario, noi dovremmo fare di tutto per
individuarli e incontrarli".

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 12 di 22

Nella raccolta di articoli intitolata "Lettere luterane", uscita


postuma nel 1976, Pasolini si pone come padre storico,
ideale, che condanna la generazione dei figli. La prima parte
non può non ricordarci nuovamente Rousseau, essendo
costituita da un trattatello pedagogico rivolto a Gennariello,
un immaginario ragazzo napoletano. Viene analizzata la sua
educazione attraverso il contatto con i compagni ("che sono
i veri educatori"), i genitori ("gli educatori ufficiali"), la scuola
("insieme organizzativo e culturale della diseducazione"), la
stampa e la televisione ("spaventosi organi pedagogici privi
di qualsiasi alternativa"). Aspra ed estrema è la polemica nei
confronti della scuola e della televisione: "la scuola e il video
sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova
produzione (produzione di umanità). Se dunque i
progressisti hanno veramente a cuore la condizione
antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a
pretendere l'immediata cessazione delle lezioni alla scuola
d'obbligo e delle trasmissioni televisive". Questa proposta
estrema vuole far riflettere sul ruolo assunto dai mass media
e sull'organizzazione capitalistica della scuola e della
cultura, ed èvalida anche ora che la televisione non è più
controllata dallo Stato ma in balia degli interessi economici.
Nonostante la maggire diffusione dell'educazione scolastica
e il miglioramento delle condizioni di vita, i giovani gli
sembrano sempre più rozzi: infelici o criminali, estremistici o
conformisti, in ogni caso succubi dei modelli consumistici.
Egli esprime la sua antipatia per i giovani drogati di ogni
classe, che motiva con "l' insofferenza personale ad
accettare la fuga, la rinuncia, l'indisponibilità". Insofferenza
di cui Pasolini ha continuato a dare esempio con un
impegno durato tutta la vita.

Realismo e partecipazione. Da Verga al


Neorealismo
Nella seconda metà dell'Ottocento si diffuse in letteratura
una enorme fiducia nella possibilità di una rappresentazione
oggettiva della realtà, sull'onda della filosofia positivista, dei
progressi della scienza e della nascita della ricerca sociale.
Il Naturalismo in Francia e il Verismo in Italia sostengono
l'impersonalità dell'opera d'arte, che mette al riparo dal
lirismo romantico e dal paternalismo populista, e il rigore
scientifico in letteratura.
I Naturalisti francesi portano alla luce le difficili condizioni del
proletariato, scrivendo romanzi di denuncia, radicati nei
problemi del loro tempo, ma nello stesso tempo
caratterizzati da un determinismo e da una fiducia nel
progresso tipici del positivismo.
Al contrario il massimo scrittore del Verismo italiano,
Giovanni Verga, si propose lo studio della condizione

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 13 di 22

umana, arrivando a concezioni profondamente


pessimistiche: a tutti i livelli sociali l'uomo è travolto dalla
fiumana del progresso, e questo risulta evidente soprattutto
tra i contadini e i pescatori siciliani dei "Malavoglia".
Sulla scia di Verga si colloca, sia stilisticamente che dal
punto di vista dei contenuti, il realismo di Pasolini. I suoi
romanzi sono intesi come registrazioni della realtà, senza
retorica e senza mediazioni: anche Pasolini fa uso
dell'artificio della regressione, acquisendo il punto di vista
dei suoi personaggi e immergendosi nel loro animo, e del
discorso indiretto libero (erlebte Rede), in cui le parole dei
personaggi vengono riferite senza verbo dichiarativo e
virgolette. Non si tratta di dialetto ma di elementi del parlato
romanesco.
Pasolini si sforza di fare opera oggettiva, ma il suo è
realismo partecipante, perchè l'autore non riesce a
nascondere la sua simpatia e compassione (cum-patior) per
i ragazzi di vita. Ne risulta una tranche de vie
espressionistica più che veristica, proprio per la
contraddizione tra l'intenzione realistica e documentaristica
da una parte e la sofferta partecipazione dell'autore
dall'altra, tra ideologia e passione appunto.
I personaggi verghiani sono vinti ma sostanzialmente positivi
se portatori dei valori della famiglia e della tradizione,
rassegnati ma ammirevoli nella loro inerme opposizione. I
personaggi pasoliniani sono vinti perchè vittime di una realtà
senza via di uscita, privi di ogni possibilità di riscatto, ma
sono incoscienti e amorali, liberi nella zona franca tra la
scomparsa dei valori contadini e l'affermarsi dei modelli
consumistici.
Inoltre Verga condannava il progresso ed era politicamente
conservatore, perciò i suoi romanzi non sono animati da
spinte sociali ma soltanto pervasi dal suo pessismismo e
curati dal punto di vista della sperimentazione linguistica. I
romanzi di Pasolini invece, alla luce delle sue convinzioni
politiche e delle sue altre opere, sono senza dubbio romanzi
di denuncia, anche se l'autore non può fare a meno di
restare affascinato dalla vitalità e dall'innocenza pre-
capitalistica del sottoproletariato romano. E in questo si
rivela conservatore: nell'esaltare una età dell'oro mai
esistita, una condizione sociale difficile e destinata a essere
spazzata via dalla fiumana del capitalismo, che malgrado
l'opinione di Pasolini ha migliorato le condizioni di vita del
proletariato.
D'altra parte bisogna considerare che tra Verga e Pasolini
c'è stato il Neorealismo, il ritorno al realismo provocato dalle
esperienze della seconda guerra mondiale e della lotta
partigiana, e basato sulla visione di una letteratura
impegnata, come documento e strumento di denuncia:
l'intellettuale, dopo l'isolamento in cui si era rinchiuso
durante il Fascismo, è chiamato a prendere posizione e ad
agire politicamente in prima persona. Va da sè che il

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 14 di 22

Neorealismo, nascendo come opposizione al Fascismo, è


un movimento di sinistra: molti autori infatti aderiscono al
comunismo, spesso più per esigenze storiche che per
convinzione sul piano ideologico, vedendo nel comunismo la
continuazione della rivoluzione liberale contro il fascismo e
per la difesa della libertà. Il Neorealismo aspira a una
letteratura popolare per contenuto, linguaggio e interlocutore
sociale. Si possono certamente collegare al Neorealismo i
primi film di Pasolini e i suoi romanzi, tenendo presente
quanto precedentemente osservato; Pasolini assiste sul
finire degli anni '50 alla crisi del Neorealismo, in seguito alla
crisi del comunismo con le rivelazioni di Chruscev e la
repressione dell'insurrezione ungherese. Dice Elio Vittorini
riguardo alla delusione degli intellettuali di quegli anni: "Ogni
loro delusione riguardo al comunismo non è una delusione
che produca in loro un mutamento ideologico, ma una
delusione che li riempie di amarezza storica". Infatti Pasolini
rimarrà marxista ma assumendo sempre posizioni autonome
e di critica nei confronti del Partito comunista, mentre uno
dei rischi dell'intellettuale engagé è la rinuncia alla piena
libertà e sensibilità soggettiva nell'intento di servire
l'ideologia del Partito dimostrando una tesi prestabilita, o di
assolvere la sua missione sociale ed educativa.
D'altra parte già la rivista "Officina", fondata nel 1955 da
Leonetti, Roversi e dallo stesso Pasolini come fascicolo
bimestrale di poesia, si metteva in posizione di rottura nei
confronti del Decadentismo, dell'Ermetismo ma anche del
Neorealismo, non più praticabile. Mentre l'artista, non più
guida della società, viene sostituito dai mass media e dalla
organizzazione capitalistica della scuola e della cultura,
nascono i movimenti di neoavanguardia e di
sperimentalismo, che cercano di adeguarsi alla società
neocapitalistica. Invece Pasolini, sconfitto dal
neocapitalismo, diventa profeta che scruta l'affermarsi della
società industriale, voce solitaria che grida nel deserto, nel
silenzio di chi ascolta e non vuole capire o rispondere.

"Il mondo ha da lungo tempo il sogno di


una cosa..." (Karl Marx)
Pasolini si avvicina inevitabilmente alla politica negli anni del
Fascismo. Dal 1941 a Bologna comincia la sua
partecipazione al dibattito culturale, prima nella rivista
"Eredi", legata all'Ermetismo e peraltro mai pubblicata, in
seguito alle restrizioni fasciste sul consumo di carta; poi in
"Architrave", rivista dei Gruppi Universitari Fascisti, e nel
"Setaccio", della Gioventù Italiana del Littorio. Come altri
suoi coetanei sente l'esigenza di rinnovamento e la volontà
di uscire dal clima di conformismo instaurato dal regime
fascista, ma non si tratta ancora di opposizione vera e
cosciente, bensì di una insofferenza che per molti sfocierà

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 15 di 22

negli anni della Resistenza nell'adesione al comunismo.


L'autore si avvicina al popolo al tempo della sua giovinezza
in Friuli e al marxismo di fronte alle rivendicazioni dei
braccianti nell'immediato dopoguerra:

"... quei figli di contadini, divenuti un poco più


grandi/ si erano messi un giorno un fazzoletto
rosso al collo/ ed erano marciati/ verso il centro
mandamentale, con le sue porte/ e i suoi
palazzetti veneziani./ Fu così che io seppi
ch'erano braccianti,/ e che dunque c'erano i
padroni./ Fui dalla parte dei braccianti, e lessi
Marx".

Aderisce al PC nel 1948, nonostante la morte del fratello


Guido, ucciso da partigiano dai comunisti nazionalisti di Tito,
e continuerà a votare comunista e a sentirsi tale "nel senso
più autentico della parola" per tutta la vita, nonostante
l'espulsione dal partito nel 1949 per indegnità morale, in
seguito alla denuncia per corruzione di minorenni e atti
osceni in luogo pubblico. Sempre vive saranno le critiche
rivolte ai comunisti che non osano "dire qualcosa di opposto
all'opposizione istituita": un eccesso di burocrazia, e l'avere
permesso, all'interno del partito, atteggiamenti che sono
borghesi: un certo perbenismo, un certo moralismo. "Però
continuo a votare per loro".
Pasolini è un marxista che ama il popolo di un amore
preesistente al marxismo: l'amore primordiale per il popolo,
istintivo, nostalgico, conservatore, regionalistico, si scontra
con la necessità di impegno civile e responsabilità sociale.
Questa contraddizione emerge fin dal colloquio con le ceneri
di Gramsci, dove il fondatore del Partito comunista diventa
l'umile fratello che con la sua mano delinea l'ideale che
illumina, quasi una Silvia marxistizzata, come osserva
acutamente Asor Rosa. La passione personale e soggettiva
si scontra con l'ideologia, il cuore si scontra con la ragione
che richiede una presa di posizione oggettiva, ancorata alla
situazione storico-sociale.
Il popolo del Friuli prima e il sottoproletariato romano poi
sono presi come società alternativa e rivoluzionaria, vitale,
innocente ed autentica, da contrapporre al conformismo
borghese e all'omologazione della società neocapitalistica.
L'opera di Pasolini è incentrata sullo scontro tra il mondo
mitico delle culture popolari e dei valori contadini e il
livellamento e la mancanza di valori della società dei
consumi, tra la purezza e poetica incoscienza dei ragazzi di
vita e la tendenza all'imborghesimento che coinvolge il
popolo rendendolo massa, non più distinguibile, nelle idee e
nelle aspirazioni, dalla borghesia: "Altre mode, altri idoli, la
massa, non il popolo, la massa/ decisa a farsi corrompere/
al mondo ora si affaccia [...] e s'assesta là dove il Nuovo
Capitale vuole".

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 16 di 22

La sua polemica è rivolta alla società dei consumi e


soprattutto al modo brusco in cui essa si èaffermata in Italia,
costituendo la prima vera unificazione della penisola.
Riguardo alle cause della crisi del marxismo nel nuovo
sistema capitalista dice: "Quello del capitalismo è un
violento sviluppo, che, come dicevo in altre lettere
precedenti, si presenta addirittura, al limite, come
'rivoluzione interna‘, che viene a modificare addirittura certe
strutture del capitalismo classico: c'è per esempio nei paesi
capitalistici molto evoluti un superamento delle strutture
familiari e confessionali.. La crisi del marxismo è proprio
dovuta a questo sviluppo in qualche modo rivoluzionario del
neo-capitalismo. [....] Il bersaglio contro cui il marxismo ha
sparato, metaforicamente e realmente, in tutti questi
decenni, sta cambiando, pone delle alternative in certo
modo impreviste. Di qui la crisi dei partiti marxisti. Di qui la
necessità di prenderne coscienza, fin che il marxismo resta
la vera grande alternativa dell'umanità". Infatti non è
disposto a credere che il marxismo sia finito: "Non piango
sulla fine delle mie idee, che certamente verrà qualcun altro
a prendere la mia bandiera e a portarla avanti! Piango su di
me..." dice il buon corvo di "Uccellacci e uccellini".
Il suo è un sogno di sviluppo progressista e armonioso,
contrapposto allo sviluppo senza progresso della società dei
consumi. Ma in "Calderon" fa dire significativamente a un
suo personaggio, in seguito alla delusione per il modo in cui
èstato condotto e si è concluso il movimento di
contestazione del'68: "Un bellissimo sogno. Ma io penso/
(ed è mio dovere dirtelo) che proprio/ in questo momento
comincia la vera tragedia./ Perchè di tutti i sogni che hai
fatto o che farai/ si può dire che potrebbero essere anche
realtà./ Ma quanto a questo degli operai, non c'è dubbio/
esso è un sogno, niente altro che un sogno". Così si chiude
pessimisticamente l'utopia.

2. LINGUAGGIO, GENERI E MEZZI ESPRESSIVI


NELL'ERA DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA

Pasolini e la lingua
Il dialetto e il cinema
Pasolini esordisce con una raccolta di poesie in friulano,
"Poesie a Casarsa". Questa scelta del dialetto è dettata da
una molteplicità di fattori che sono legati anche alla sua
vicenda personale.
In particolare il dialetto è sentito come la lingua naturale,
pura, autentica, espressione della cultura popolare.
Naturalmente come ammette lui stesso si tratta di una lingua
artificiale: per usare il friulano con libertà e un senso di
verginità bisogna essere non troppo friulani e non troppo

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 17 di 22

parlanti. Pasolini crea una lingua mai esistita, dalla grande


ricercatezza formale e stilistica, che richiama archetipi
leopardiani e pascoliani, Machado, Garcia Lorca e Neruda e
ripercorre topoi simbolisti ed ermetici.
L'autore ha scritto diversi saggi di critica letteraria, raccolti
per esempio in "Passione e ideologia", e ha dimostrato
sempre una predilizione per Giovanni Pascoli, che a suo
parere ha davvero rinnovato la tradizione letteraria italiana
dall'interno, contro certa letteratura falsa, vuota,
intellettualmente borghese. La critica letteraria di Pasolini
incarna la concezione che di essa aveva Gramsci: essa,
appassionata oppure sarcastica, fonde la lotta per una
nuova cultura, la critica del costume, dei sentimenti e delle
concezioni del mondo, con la critica estetica o puramente
artistica.
L'importanza della parola, del suo suono e di ciò che essa
suggerisce è fondamentale, così come il plurilinguismo
pascoliano, la capacità di muoversi su diversi stili e registri,
adattandosi secondo la concezione dantesca all'argomento
trattato. E anche Dante gioca un ruolo privilegiato nella
poesia di Pasolini, visto l'uso di terzine e di versi
endecasillabi.
Pasolini ha curato raccolte e scritto saggi sulla poesia
popolare e dialettale del Novecento, sempre difendendo le
diversità regionali contro l'omologazione e la diffusione
dell'italiano koinè attraverso i mass media. Ha anche
partecipato al dibattito sulla questione della lingua, vivo in
Italia fin dal Trecento: "...la nuova stratificazione linguistica,
la lingua tecnico-scientifica, non si allinea secondo la
tradizione con tutte le stratificazioni precedenti, ma si
presenta come omologatrice delle altre stratificazioni
linguistiche e addirittura come modificatrice all'interno dei
linguaggi". L'affermazione del potere consumistico impone
un italiano nazionale, la lingua banalizzata della televisione,
e il genocidio delle culture popolari.
L'autore ha dimostrato una straordinaria versatilità nell'uso
della lingua, passando come si è visto dalla raffinatezza e i
toni elegiaci delle poesie in friulano al parlato colloquiale
romanesco, che ricorda i sonetti di Belli; dall'ironia pungente
e polemica delle prose dell'ira allo sperimentalismo
impegnato delle "Ceneri di Gramsci".
Quando arriva al cinema, Pasolini trova il modo di
sintetizzare i suoi svariati interessi in un unico medium
espressivo, unificando i diversi piani di lavoro
nell'immediatezza dell'immagine in movimento e
trasferendovi la parola e la poesia. A suo parere i linguaggi
letterari sono l'attuazione di uno strumento che usano tutti,
mentre il linguaggio cinematografico è irrazionalistico,
onirico, metaforico e pre-grammaticale, ideale per il discorso
libero indiretto inaugurato con il romanzo "Ragazzi di vita"
del 1955.
Egli approda al cinema relativamente tardi, ma la sua opera

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 18 di 22

prima, "Accattone", girato nel 1961 con scarse conoscenze


tecniche e attori presi dalle borgate romane, è un film
straordinario per la purezza sacrale ed essenziale delle
immagini e nello stesso tempo per il crudo e violento
realismo, che lo avvicina al filone neorealista.
Invece Pasolini elabora un linguaggio e uno stile suoi, che
non hanno precedenti o meglio attingono a tutto il patrimonio
della storia del cinema, da Dreyer a Mizoguchi, da
Ejzenstejn a Buñuel, girando dei film profondamente diversi
tra loro, e si occupa anche di semiologia del cinema.
Per il regista, il cinema è poetico perché' ha il carattere del
sogno. Nello stesso tempo, essendo la realtà' cinema in
natura e il cinema lingua scritta della realtà', segue che la
fisicità stessa è poetica, ed è necessario che si senta la
macchina da presa, l'intervento, lo sforzo dell'autore-regista,
che come il poeta sistema il materiale della realtà.

Il destinatario
"La morte non è nel non poter comunicare ma
nel non poter più essere compresi"
"Perchè non scrivo più? Perchè ho perduto il destinatario",
afferma Pasolini in un'intervista nel 1967. Da queste parole,
come anche da tutta la sua opera, si comprende quale
importanza Pasolini attribuisca al destinatario, che nell'era
della comunicazione di massa diventa l'anonimo pubblico.
L'esperienza poetica non si può disgiungere dall'esperienza
politica, l'espressione non si può disgiungere dalla
comunicazione, sempre nel tentativo di essere compresi, ma
sempre attraverso un linguaggio profondo e complesso.
I primi esperimenti letterari dell'autore, pur essendo in
dialetto friulano, non sono certo, per i motivi che ho già
esaminato, indirizzati al popolo. Pasolini si rivolge sempre
agli intellettuali colti, almeno per quel che riguarda la poesia,
difficilmente accessibile sia al popolo friulano che al
sottoproletariato romano. Questo fatto sembra contraddire
gli intenti pedagogici di stampo gramsciano, anche se
bisogna ammettere che è impresa ardua dedicarsi
all'educazione del popolo senza cadere da una parte nel
paternalismo, dall'altra nella banalità. Di fronte a un
problema tanto grande da sempre gli intellettuali si sono
ritrovati in un circolo vizioso, per cui si rivolgono a un popolo
che amano ma che non li può capire.
Nel suo primo filone di film Pasolini ha come destinatario sia
l'intellettuale intelligente che il proletario che recepisce la
storia in modo immediato. Con la crisi del popolo che,
attraverso l'evoluzione neocapitalistica italiana, diventa
massa, Pasolini passa a un secondo filone di film più difficili,
tendenti all'incomunicabilità. Le speranze deluse per la forza
innocente e rivoluzionaria del popolo e l'odio per la società

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 19 di 22

che tutto ingloba lo portano al desiderio di sottrarsi ai circuiti


della cultura di massa, della produzione di consumo, a
puntare sulla inconsumabilità. E in effetti i film della fase
mitico-psicoanalitica sono dei film difficili, dal significato
profondo ma dall'atmosfera surreale, metaforici e
tendenzialmente intellettualistici. Pasolini inaugura un
linguaggio troppo difficile per lo spettatore "che si
scandalizza, che odia, che ride", ma troppo facile "per colui
che comprende, che simpatizza, che ama, che si
appassiona"; questo tipo di spettatore fa parte dei pochi
lettori di poesia. Pasolini sembra dunque rivolgersi a una
cerchia ristretta ed elitaria, ma la sua opera non è
necessariamente elitaria: è la società di massa, lo squallore
della scuola e della televisione a renderla tale.
Dello stesso periodo (1968) e concepito con le stesse
intenzioni è il "Manifesto per un nuovo teatro", in cui Pasolini
si rivolge a un nuovo tipo di pubblico scavalcando del tutto e
per sempre il pubblico borghese tradizionale. I destinatari
per eccellenza del suo teatro sono i gruppi avanzati della
borghesia, un pubblico in tutto pari all'autore dei testi; non
certo le signore in pelliccia (che se mai volessero entrare in
teatro dovrebbero pagare trenta volte di più…).
Paradossalmente, perseguendo il suo intento pedagogico,
Pasolini parla di ingresso gratuito per i giovani fascisti.
Questo nuovo teatro, inteso come rito culturale, cioè luogo
di dibattito e scambio di idee, è secondo Pasolini 'popolarè,
perchè è il solo a poter raggiungere realisticamente la
classe operaia, unita da un rapporto diretto con gli
intellettuali avanzati.
Anche questa convinzione pare un'utopia: e infatti Pasolini
assiste impotente all'imborghesimento della classe operaia
di fronte alla forza omologante dei modelli consumistici e
della televisione. Nell'era della comunicazione di massa
l'intellettuale ha molti più mezzi a sua disposizione e Pasolini
li ha utilizzati tutti. Ma per l'intellettuale nella società dei
consumi è anche difficile seguire i propri intenti espressivi
senza essere strumentalizzato e reso commerciabile: per
questo l'inaspettato successo dei film della Trilogia della vita
ha suscitato una reazione così violenta in Pasolini. L'odio
per la società di massa lo porta a rivolgersi all'elite che la
pensa come lui, ma per essere intellettuale in questa società
e per fare sentire la propria voce bisogna anche essere
personaggio pubblico, comparire come pietra dello scandalo
o come opinionista in quotidiani e riviste, farsi conoscere dal
vasto pubblico. Con il suo ultimo film Salò Pasolini torna
all'inconsumabilità precedente alla Trilogia, alla profonda
difficoltà del tema e del modo in cui il tema è trattato. Si
tratta di un film volutamente sgradevole e assolutamente
non mercificabile, vera e propria abiura della Trilogia e forse
sfiduciato ritiro nell'impossibilità di essere compresi e per
questo anticipazione della morte.

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 20 di 22

Musica e pittura nell'opera di Pasolini


Pasolini è stato poeta, narratore, giornalista, soggettista e
sceneggiatore, regista e drammaturgo, persino critico e
teorico dell'arte, e la lista potrebbe continuare. Pochi sanno
per esempio che Pasolini si è dedicato anche alla pittura,
con risultati interessanti e poco analizzati: i suoi disegni,
schizzi e ritratti sono stati di recente raccolti in una mostra
da Giuseppe Zigaina. Ed è interessante ricordare che nel
film "I Racconti di Canterbury" egli interpreta la parte di un
allievo di Giotto, entrando con un gioco di meta-riferimenti
nella sua creazione con il ruolo di creatore.
È altrettanto sconosciuto il fatto che l'autore abbia musicato
alcune sue poesie, nella convinzione della necessità di un
poeta colto e raffinato per la produzione di canzoni come
forma di cultura e non di consumo.
Questi tentativi in campo pittorico e musicale, oltre a
dimostrare l'estrema versatilità dell'autore, sono anche
prove del suo interesse per la musica e le arti figurative,
interesse che emerge in tutta l'opera.
Per il semplice fatto che il cinema di poesia è composto di
immagine, parola e musica, è enorme l'importanza del
repertorio figurativo e musicale: nella scelta di entrambi il
regista ha posto estrema attenzione.
Per quel che riguarda le citazioni pittoriche, innumerevoli in
particolare nei primi film, bisogna sottolineare l'idea di
Pasolini secondo cui la realtà cita le opere pittoriche e il
cinema le recupera perciò di seconda mano. Non si tratta
quindi di citazione erudita, estetizzante, fine a se stessa,
come quella che Orson Welles alter ego del regista
persegue ne La ricotta, con l'accuratissima riproduzione di
dipinti quattrocenteschi del Pontormo e del Rosso
Fiorentino. La citazione in Pasolini ha un significato
profondo, per sua stessa ammissione si impone al di là del
riferimento colto che senza dubbio si può trovare. Pasolini
stesso si lamenta del fatto che non si possa presentare
l'inquadratura frontale di un uomo disteso su un letto senza
che sia nominato Mantegna: d'altra parte in "Mamma Roma"
è innegabile il riferimento al Mantegna e al Caravaggio in
certe inquadrature del giovane Ettore, mentre vedere nelle
bottiglie che Stella pulisce in "Accattone" un omaggio a
Morandi può parere un'esagerazione.
Anche la musica è fondamentale e non soltanto nei film. Le
canzoni popolari accompagnano le vicende dei ragazzi di
vita e sono legate alle poesie. E le poesie, specialmente
quelle in friulano, sono molto curate dal punto di vista del
suono e della musicalità delle parole.
Nei film Pasolini si affida per lo più alla musica della
borghesia, la musica classica: a Bach, Mozart, Vivaldi, le cui
note divine contrastano con le storie terribili e i personaggi
amorali. Da questo contrasto ha origine l'epicità delle
vicende e l'autenticità dei personaggi.
Per la Trilogia sono utilizzate musiche popolari napoletane,

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 21 di 22

etniche e medievali, legate con la loro purezza pre-istorica al


mondo arcaico e autentico descritto nei tre film.

3. CONCLUSIONE

Il ruolo dell'intellettuale nell'era della


comunicazione di massa
In Pasolini cogliamo la figura dell'intellettuale nella delicata
fase di passaggio da un' Italia ancora contadina uscita dalla
seconda guerra mondiale con i sogni e le speranze legati
alla Resistenza, in una società neocapitalista e
consumistica, mercificata e livellatrice, dove l'individuo è
diventato l'uomo-massa in senso marcusiano e il popolo di
Gramsci non esiste più.
Negli anni Trenta gli intellettuali in crisi si erano rifugiati nella
torre d'avorio di una poesia formalmente perfetta ma
staccata dalla realtà storica e non si erano impegnati a
ostacolare l'ascesa del Fascismo.
Nell'immediato dopoguerra si fa strada il Neorealismo, la
necessità dell'engagement ideologico e politico
dell'intellettuale e dell'artista nella riproduzione realistica
della dialettica storico-economico-sociale.
Pasolini è protagonista dell'ultima fase del Neorealismo per
poi viverne la crisi, la delusione per la caduta degli ideali
post-resistenziali legata alla crisi dell'ideologia comunista (la
fine dello stalinismo con le rivelazioni di Chruscev), che era
il punto di riferimento dei neorealisti, e all'avvento del
neocapitalismo.
Nella società di massa l'intellettuale deve urlare ancora più
forte per farsi sentire, utilizzando tutti i mezzi di
comunicazione possibili, ed ecco che Pasolini utilizza la
carta stampata, il teatro, il cinema, sempre nel tentativo di
scuotere le coscienze, di opporsi alla cultura di massa e ai
modelli consumistici visti come portatori di un nuovo
fascismo, di combattere per la libertà contro il Potere e il
conformismo borghese.
Pur in tutte le sue contraddizioni di uomo, nel suo guardare
a un'età dell'oro mai esistita, Pasolini ci ha mostrato quale è
il compito dell'uomo di cultura, dell'artista, dell'intellettuale
dei nostri giorni, condizione assai difficile ma che andrebbe
affrontata avendo davanti agli occhi il suo esempio, perchè
come dice il corvo nel film "Uccellacci e uccellini": "I maestri
sono fatti per essere mangiati in salsa piccante". Devono
essere mangiati e superati, ma se il loro insegnamento ha
un valore ci resterà dentro.

Bibliografia

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013
Il ruolo dell'intellettuale nell'era della comunicazione di massa, di L... Pagina 22 di 22

z Tortorici Michele, La letteratura italiana nell'orizzonte


europeo. Il Novecento; Edizioni Oberon, Milano, 1993.
z Luperini Romano, Melfi Edoardo, Neorealismo,
Neodecadentismo, Avanguardie; Laterza, Bari, 1984.
z Martellini Luigi, Pier Paolo Pasolini. Introduzione e
guida allo studio dell'opera pasoliniana. Storia e
antologia della critica; Le Monnier, Firenze, 1983.
z Pier Paolo Pasolini un poeta d‘opposizione,
Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento
dello Spettacolo), Comune di Roma (Assessorato alle
Politiche Culturali), Associazione "Fondo Pier Paolo
Pasolini", Roma, ottobre 1995 – maggio 1996; Skira
Editore, Milano, 1995.
z Zigaina Giuseppe, Steinle Christa, Pier Paolo Pasolini
oder die Grenzüberschreitung. Organizzar il
trasumanar; Marsilio Editori, Venezia, 1995.
z Golino Enzo, Pasolini il sogno di una cosa. Pedagogia,
Eros, Letteratura dal mito del popolo alla società di
massa; Saggi Tascabili Bompiani, Milano, 1992.
z Marchesini Alberto, Citazioni pittoriche nel cinema di
Pasolini (da Accattone al Decameron); La Nuova Italia
Editrice, Firenze, 1994.
z Magaletta Giuseppe, La musica nell‘opera letteraria e
cinematografica di Pier Paolo Pasolini; Edizioni
Quattro Venti, Urbino, 1998.

[Tutte le citazioni sono tratte dai libri sopra elencati.]

Pasolini in Internet
Altra importante fonte di informazioni e di documenti sono le
pagine del sito Internet: www.pasolini.net .
Laura Lazzarin

I contributi dei visitatori - Laura Lazzarin

Vai alla pagina principale

http://www.pasolini.net/contributi_lauralazzarin.htm 12/02/2013

Potrebbero piacerti anche