• La figura di Leopardi è ricca e complessa: da un lato si sottrae alle etichette, dall’altro attraversa fasi così diverse nel suo percorso intellettuale da rendere ardua un’interpretazione unitaria e definitiva della sua opera. • Riceve un’educazione tradizionale, chiusa in un orizzonte antiquato, reazionario e bigotto. La scoperta della letteratura • A soli 18 anni scrive la Lettera ai Sigg. compilatori della «Biblioteca italiana», inserendosi nel dibattito classico-romantico. • Le posizioni del giovane Leopardi sono critiche nei confronti del Romanticismo e il testo non viene pubblicato. • L’adesione al classicismo è per lui un’inclinazione naturale, dovuta alla pratica degli studi e alla passione profonda per i classici. Natura e illusioni: due concetti fondamentali nella poetica leopardiana • La «naturalità» gli appare in questo momento il criterio principe per giudicare la poesia: La natura è la base di una possibile felicità umana; proprio grazie alla vicinanza con la natura gli antichi potevano coltivare una fiducia nelle illusioni, che davano loro qualcosa in cui credere, virtù e eroismo. L’avvento della civiltà ha determinato la scoperta dell’arido vero e il conseguente crollo delle illusioni. L’autonomia intellettuale e le canzoni civili • Tra il 1817 e il 1818 Leopardi accelera la conquista della propria autonomia intellettuale. Intraprende una fitta corrispondenza con il classicista Pietro Giordani, che lo incoraggia e lo apprezza moltissimo. • Scrive il Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica in cui ribadisce la propria opposizione alla poesia romantica. • Scrive due canzoni civili ispirate a Petrarca, All’Italia e Sopra il monumento di Dante, nelle quali si schiera a suo modo con lo spirito dei moti del Risorgimento. La poesia dell’IO • La ricerca poetica prende una strada nuova, che si sviluppa parallela a quella delle canzoni civili: inizia a comporre lirica, una poesia in cui l’Io entra in un rapporto profondo con se stesso. • Concetti chiave: soggettività e memoria----- Tema della RICORDANZA • Sulla base di questa poetica Leopardi scrive sei idilli ( i primi idilli) di cui il primo, L’infinito, raggiunge già uno stupefacente livello di perfezione. Il pessimismo storico e i piccoli idilli • La domanda centrale della poetica leopardiana è: qual è la causa dell’infelicità dell’uomo? • In un primo momento Leopardi identifica la causa dell’infelicità umana nella storia, nel progresso, nella civiltà, le quali hanno allontanato l’uomo dalla natura, distruggendo le illusioni che rendono sopportabile la vita e mostrandogli tutta la sofferenza dell’esistenza. • Questa prima teoria, espressa nei «piccoli idilli», viene definita «pessimismo storico» in quanto il poeta colloca l’infelicità umana in un preciso momento della storia. LE OPERETTE MORALI • Le Operette morali sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, divise tra dialoghi e novelle dallo stile medio e ironico, scritte tra il 1824 ed il 1832 • È l’opera più esplicitamente filosofica di Leopardi. • In quest’opera Leopardi matura una concezione meccanicistica della natura: la natura è dominata da leggi cicliche ferree e immodificabili e l’uomo, che è parte di questo ingranaggio, ne subisce le conseguenze sotto forma di dolore, malattia, vecchiaia e morte. LE OPERETTE MORALI • L’uomo è parte del ciclo inesorabile della vita e, rispetto agli altri esseri viventi privi di ragione, ha la consapevolezza dell’inevitabilità del male e della morte incombente e, proprio per questo, è condannato a un’infelicità senza rimedio. • È tale cieca mancanza di senso a produrre l’infelicità degli esseri umani, non più interpretata come prodotto della modernità e della conseguente perdita delle illusioni, ma come dato costitutivo dell’esistenza. LE OPERETTE MORALI • Questa fase del pensiero è stata definita pessimismo cosmico. PESSIMISMO STORICO E PESSIMISMO COSMICO • La messa a punto, ormai compiuta, di una concezione integralmente materialistica e meccanicistica (mancanza di senso della vita umana, condannata all’infelicità) conduce il poeta a un pessimismo che non si limita più a una condanna della modernità, cioè a quello che è stato definito pessimismo storico, dal quale risultano escluse l’antichità e la Natura. • Ora Leopardi scopre invece il pessimismo già nel pensiero degli antichi e investe anche la Natura della più profonda delle contraddizioni: l’indifferenza verso i propri figli. • Da madre benigna e affettuosa la Natura si trasforma in «matrigna» (nb: Dialogo della Natura e di un Islandese). Tale concezione inaugura la fase del cosiddetto «pessimismo cosmico». I CANTI • I Canti, considerati il capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei liriche composte da Leopardi tra il 1817 e il 1836. Tra i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo: Sopra il monumento di Dante, l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa, Alla luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il sabato del villaggio, La ginestra e L'infinito, uno dei testi più rappresentativi della poetica leopardiana. • I Canti, così come li leggiamo oggi, costituiscono il punto di arrivo di un’attività ventennale, l’impegno di un’intera vita, dalla giovinezza fino agli ultimi mesi. • L'elenco e l'ordine delle poesie fanno riferimento all'edizione napoletana dell'editore Saverio Starita, che Leopardi stesso curò nel 1835, benché non ne fosse ortograficamente e tipograficamente soddisfatto. A questa edizione si usano aggiungere le modifiche che il poeta appuntò di propria mano o per mano di Antonio Ranieri sulla copia in suo possesso, oltre a due poesie successive, Il tramonto della luna e La ginestra (composte a Torre del Greco nel 1836).
• Presso l'editore fiorentino Le Monnier apparve quindi l'edizione del 1845.
La prima fase: la poesia «civile» • Componimenti: All’ Italia, Sopra il monumento di Dante, Ad Angelo Mai • Il modello della canzone petrarchesca (Italia mia) è il riferimento di queste prime prove. Forte è anche l’attenzione alla poesia civile di Alfieri. • Tematiche: passato/presente • In queste canzoni si delinea il contrasto tra passato e presente in un’ottica che non è esplicitamente politica, ma che esprime comunque la coscienza di una perdita ormai avvenuta: l’Italia della Restaurazione è schiava e umiliata rispetto a un passato di gloria. Le canzoni del suicidio • Sono il Bruto Minore e l’Ultimo canto di Saffo La Nostalgia dell’antichità • Nella Primavera la tematica centrale è la nostalgia per un’epoca scomparsa, quella mitologica. • La «bella età» degli antichi è scomparsa a causa della ragione che ha causato la caduta delle illusioni davanti al «vero», e conferma la frattura dell’oggi rispetto a un passato che non può tornare come torna invece la primavera. La Nostalgia dell’antichità • Nell’ Inno ai Patriarchi il rimpianto per una natura ancora positiva ma ormai remota nel tempo favoloso del mito, sembra rappresentare l’ultimo sforzo del poeta di ricercare la positività della natura umana. • È l’ultimo tentativo, destinato al fallimento, di conservare un ideale di armonia naturale e originaria. • Possiamo intravedere l’inizio del cosiddetto «pessimismo storico», che conduce all’elaborazione del «pessimismo cosmico». GLI IDILLI (1819-1821) • Costituiscono una parentesi di sperimentazione letteraria autonoma rispetto alle canzoni. • Mettono per la prima volta al centro l’IO in modo diretto. • Si tratta di liriche legate al mondo naturale, ma lo sguardo dell’IO non si ferma sull’ambiente circostante, ne trae piuttosto ispirazione per volgersi verso l’interiorità. GLI IDILLI (1819-1821) • IO E MEMORIA • La voce poetica lirica si misura da un lato con la percezione presente dell’IO e dall’altro con una percezione temporale tutta interiore, fatta essenzialmente di MEMORIA. • Ha inizio il grande tema della ricordanza, come luogo privilegiato della poesia. I CANTI PISANO-RECANATESI («GRANDI IDILLI») • Gli studiosi hanno chiamato ‘canti pisano-recanatesi’ quel gruppo di poesie – Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio – composte fra Pisa e Recanati nel 1828-1830. • I canti pisano-recanatesi di Leopardi sono una sintesi fra temi privati e temi pubblici: una poesia di tipo nuovo, allo stesso tempo lirica e filosofica. In essa la distinzione tra la poesia del Noi delle canzoni e la poesia dell’Io degli idilli è superata. . I CANTI PISANO-RECANATESI («I GRANDI IDILLI») • Leopardi sperimenta una poesia che è insieme lirica e filosofica. Il poeta si fa portavoce della tragica consapevolezza dell’infelicità umana e dell’ineliminabile conflitto fra naturale desiderio del piacere e sua irrealizzabilità, fra illusione e realtà. In essi il “noi” storico delle canzoni, che rappresentava l’umanità moderna, e l’“io” esistenziale degli idilli si unificano in un “io” che parla di “noi tutti” • Nell’ambito delle riflessioni intorno all’uomo, i Canti pisano-recanatesi di Leopardi segnano la definitiva caduta delle illusioni e la cruda scoperta del vero, cioè il raggiungimento di una concezione interamente pessimistica. IL CICLO DI ASPASIA (amore e morte) • Il Ciclo di Aspasia (1831-1834) è una serie di componimenti poetici di Giacomo Leopardi. • Temi principali: amore e morte, caduta e vanità di ogni illusione. • L'ispirazione per le liriche proviene dalla traumatica vicenda d'amore vissuta dal poeta con Fanny Targioni Tozzetti, a cui il poeta fa riferimento usando lo pseudonimo di Aspasia. • Le poesie che compongono il ciclo sono: Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia. GLI ULTIMI CANTI • ad accomunare, almeno dal punto di vista tematico, la maggioranza di questi testi (le due “sepolcrali”, Il tramonto della luna, La ginestra, e in parte la Palinodia) è l’impostazione impersonale, universale e filosofica del discorso poetico. LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO • La sintesi suprema di questi caratteri è costituita dalla Ginestra, il testamento del pensiero leopardiano, nella quale parla un io ‘eroico’ che professa la necessità di un’alleanza fra gli uomini: questi devono sì, come la ginestra, accettare l’ineluttabile infelicità della vita umana, ma devono anche stringersi in una «social catena», cioè essere solidali tra loro contro la Natura, il nemico comune. • In questa poesia conclusiva l’autore propone il «fiore del deserto», sbocciato nella terra brulla del vulcano, quale simbolo della condizione umana. • Si tratta di un «testamento» morale dell’uomo che accetta il suo destino di morte (esistenza=resistenza). • Il poeta invita a una nuova e inedita solidarietà tra gli uomini. LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO • La Ginestra si apre con la descrizione delle pendici del Vesuvio, il vulcano che nel 79 d.C. eruttò seminando distruzione e morte dove un tempo sorgevano ville, giardini e città grandi e prosperose (l'allusione è a Pompei, Ercolano, Stabia ...): il carattere intimidatorio e minaccioso del «Vesevo» è sottolineato dagli aggettivi «sterminator» e «formidabile», che in questa poesia mantiene la propria etimologia latina (da formido, «spavento»). Si tratta, questo, di un paesaggio desolato e privo di vegetazione, rallegrato esclusivamente da una ginestra che, contenta di fiorire nel «deserto» vesuviano, esala al cielo un soave profumo che addolcisce un po' la desolazione di quel luogo arido e solitario. • https://www.youtube.com/watch?v=UMy_JPQvBsM • (versione ridotta della Ginestra recitata da Elio Germano nel film «il giovane favoloso»)