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Giacomo Leopardi

(RECANATI 1798-NAPOLI 1837)


• La figura di Leopardi è ricca e complessa: da un lato si sottrae alle
etichette, dall’altro attraversa fasi così diverse nel suo percorso
intellettuale da rendere ardua un’interpretazione unitaria e definitiva
della sua opera.
• Riceve un’educazione tradizionale, chiusa in un orizzonte antiquato,
reazionario e bigotto.
La scoperta della letteratura
• A soli 18 anni scrive la Lettera ai Sigg. compilatori della «Biblioteca
italiana», inserendosi nel dibattito classico-romantico.
• Le posizioni del giovane Leopardi sono critiche nei confronti del
Romanticismo e il testo non viene pubblicato.
• L’adesione al classicismo è per lui un’inclinazione naturale, dovuta
alla pratica degli studi e alla passione profonda per i classici.
Natura e illusioni: due concetti fondamentali
nella poetica leopardiana
• La «naturalità» gli appare in questo momento il criterio principe per
giudicare la poesia: La natura è la base di una possibile felicità umana;
proprio grazie alla vicinanza con la natura gli antichi potevano
coltivare una fiducia nelle illusioni, che davano loro qualcosa in cui
credere, virtù e eroismo. L’avvento della civiltà ha determinato la
scoperta dell’arido vero e il conseguente crollo delle illusioni.
L’autonomia intellettuale e le canzoni civili
• Tra il 1817 e il 1818 Leopardi accelera la conquista della propria
autonomia intellettuale. Intraprende una fitta corrispondenza con il
classicista Pietro Giordani, che lo incoraggia e lo apprezza moltissimo.
• Scrive il Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica in cui
ribadisce la propria opposizione alla poesia romantica.
• Scrive due canzoni civili ispirate a Petrarca, All’Italia e Sopra il
monumento di Dante, nelle quali si schiera a suo modo con lo spirito
dei moti del Risorgimento.
La poesia dell’IO
• La ricerca poetica prende una strada nuova, che si sviluppa parallela a
quella delle canzoni civili: inizia a comporre lirica, una poesia in cui
l’Io entra in un rapporto profondo con se stesso.
• Concetti chiave: soggettività e memoria----- Tema della
RICORDANZA
• Sulla base di questa poetica Leopardi scrive sei idilli ( i primi idilli) di
cui il primo, L’infinito, raggiunge già uno stupefacente livello di
perfezione.
Il pessimismo storico e i piccoli idilli
• La domanda centrale della poetica leopardiana è: qual è la causa
dell’infelicità dell’uomo?
• In un primo momento Leopardi identifica la causa dell’infelicità
umana nella storia, nel progresso, nella civiltà, le quali hanno
allontanato l’uomo dalla natura, distruggendo le illusioni che rendono
sopportabile la vita e mostrandogli tutta la sofferenza dell’esistenza.
• Questa prima teoria, espressa nei «piccoli idilli», viene definita
«pessimismo storico» in quanto il poeta colloca l’infelicità umana in
un preciso momento della storia.
LE OPERETTE MORALI
• Le Operette morali sono una raccolta di ventiquattro componimenti
in prosa, divise tra dialoghi e novelle dallo stile medio e ironico,
scritte tra il 1824 ed il 1832
• È l’opera più esplicitamente filosofica di Leopardi.
• In quest’opera Leopardi matura una concezione meccanicistica della
natura: la natura è dominata da leggi cicliche ferree e immodificabili e
l’uomo, che è parte di questo ingranaggio, ne subisce le conseguenze
sotto forma di dolore, malattia, vecchiaia e morte.
LE OPERETTE MORALI
• L’uomo è parte del ciclo inesorabile della vita e, rispetto agli altri
esseri viventi privi di ragione, ha la consapevolezza dell’inevitabilità
del male e della morte incombente e, proprio per questo, è
condannato a un’infelicità senza rimedio.
• È tale cieca mancanza di senso a produrre l’infelicità degli esseri
umani, non più interpretata come prodotto della modernità e della
conseguente perdita delle illusioni, ma come dato costitutivo
dell’esistenza.
LE OPERETTE MORALI
• Questa fase del pensiero è stata definita pessimismo cosmico.
PESSIMISMO STORICO E PESSIMISMO
COSMICO
• La messa a punto, ormai compiuta, di una concezione integralmente
materialistica e meccanicistica (mancanza di senso della vita umana,
condannata all’infelicità) conduce il poeta a un pessimismo che non si
limita più a una condanna della modernità, cioè a quello che è stato
definito pessimismo storico, dal quale risultano escluse l’antichità e la
Natura.
• Ora Leopardi scopre invece il pessimismo già nel pensiero degli antichi e
investe anche la Natura della più profonda delle contraddizioni:
l’indifferenza verso i propri figli.
• Da madre benigna e affettuosa la Natura si trasforma in «matrigna» (nb:
Dialogo della Natura e di un Islandese). Tale concezione inaugura la fase del
cosiddetto «pessimismo cosmico».
I CANTI
• I Canti, considerati il capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei
liriche composte da Leopardi tra il 1817 e il 1836. Tra i componimenti
poetici inclusi nei Canti ricordiamo: Sopra il monumento di Dante,
l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa, Alla
luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il
sabato del villaggio, La ginestra e L'infinito, uno dei testi più
rappresentativi della poetica leopardiana.
• I Canti, così come li leggiamo oggi, costituiscono il punto di arrivo di
un’attività ventennale, l’impegno di un’intera vita, dalla giovinezza fino agli
ultimi mesi.
• L'elenco e l'ordine delle poesie fanno riferimento all'edizione napoletana
dell'editore Saverio Starita, che Leopardi stesso curò nel 1835, benché non
ne fosse ortograficamente e tipograficamente soddisfatto. A questa
edizione si usano aggiungere le modifiche che il poeta appuntò di propria
mano o per mano di Antonio Ranieri sulla copia in suo possesso, oltre a due
poesie successive, Il tramonto della luna e La ginestra (composte a Torre
del Greco nel 1836).

• Presso l'editore fiorentino Le Monnier apparve quindi l'edizione del 1845.


La prima fase: la poesia «civile»
• Componimenti: All’ Italia, Sopra il monumento di Dante, Ad Angelo Mai
• Il modello della canzone petrarchesca (Italia mia) è il riferimento di queste
prime prove. Forte è anche l’attenzione alla poesia civile di Alfieri.
• Tematiche: passato/presente
• In queste canzoni si delinea il contrasto tra passato e presente in un’ottica
che non è esplicitamente politica, ma che esprime comunque la coscienza di
una perdita ormai avvenuta: l’Italia della Restaurazione è schiava e umiliata
rispetto a un passato di gloria.
Le canzoni del suicidio
• Sono il Bruto Minore e l’Ultimo canto di Saffo
La Nostalgia dell’antichità
• Nella Primavera la tematica centrale è la nostalgia per un’epoca
scomparsa, quella mitologica.
• La «bella età» degli antichi è scomparsa a causa della ragione che ha
causato la caduta delle illusioni davanti al «vero», e conferma la
frattura dell’oggi rispetto a un passato che non può tornare come
torna invece la primavera.
La Nostalgia dell’antichità
• Nell’ Inno ai Patriarchi il rimpianto per una natura ancora positiva ma
ormai remota nel tempo favoloso del mito, sembra rappresentare
l’ultimo sforzo del poeta di ricercare la positività della natura umana.
• È l’ultimo tentativo, destinato al fallimento, di conservare un ideale di
armonia naturale e originaria.
• Possiamo intravedere l’inizio del cosiddetto «pessimismo storico»,
che conduce all’elaborazione del «pessimismo cosmico».
GLI IDILLI (1819-1821)
• Costituiscono una parentesi di sperimentazione letteraria autonoma
rispetto alle canzoni.
• Mettono per la prima volta al centro l’IO in modo diretto.
• Si tratta di liriche legate al mondo naturale, ma lo sguardo dell’IO non
si ferma sull’ambiente circostante, ne trae piuttosto ispirazione per
volgersi verso l’interiorità.
GLI IDILLI (1819-1821)
• IO E MEMORIA
• La voce poetica lirica si misura da un lato con la percezione presente
dell’IO e dall’altro con una percezione temporale tutta interiore, fatta
essenzialmente di MEMORIA.
• Ha inizio il grande tema della ricordanza, come luogo privilegiato
della poesia.
I CANTI PISANO-RECANATESI («GRANDI
IDILLI»)
• Gli studiosi hanno chiamato ‘canti pisano-recanatesi’ quel gruppo di
poesie – Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un
pastore errante dell’Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del
villaggio – composte fra Pisa e Recanati nel 1828-1830.
• I canti pisano-recanatesi di Leopardi sono una sintesi fra temi privati e
temi pubblici: una poesia di tipo nuovo, allo stesso tempo lirica e
filosofica. In essa la distinzione tra la poesia del Noi delle canzoni e la
poesia dell’Io degli idilli è superata.
.
I CANTI PISANO-RECANATESI («I GRANDI
IDILLI»)
• Leopardi sperimenta una poesia che è insieme lirica e filosofica. Il
poeta si fa portavoce della tragica consapevolezza dell’infelicità
umana e dell’ineliminabile conflitto fra naturale desiderio del piacere
e sua irrealizzabilità, fra illusione e realtà. In essi il “noi” storico delle
canzoni, che rappresentava l’umanità moderna, e l’“io” esistenziale
degli idilli si unificano in un “io” che parla di “noi tutti”
• Nell’ambito delle riflessioni intorno all’uomo, i Canti
pisano-recanatesi di Leopardi segnano la definitiva caduta delle
illusioni e la cruda scoperta del vero, cioè il raggiungimento di una
concezione interamente pessimistica.
IL CICLO DI ASPASIA (amore e morte)
• Il Ciclo di Aspasia (1831-1834) è una serie di componimenti poetici di
Giacomo Leopardi.
• Temi principali: amore e morte, caduta e vanità di ogni illusione.
• L'ispirazione per le liriche proviene dalla traumatica vicenda d'amore
vissuta dal poeta con Fanny Targioni Tozzetti, a cui il poeta fa
riferimento usando lo pseudonimo di Aspasia.
• Le poesie che compongono il ciclo sono: Il pensiero dominante,
Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia.
GLI ULTIMI CANTI
• ad accomunare, almeno dal punto di vista tematico, la maggioranza
di questi testi (le due “sepolcrali”, Il tramonto della luna, La ginestra,
e in parte la Palinodia) è l’impostazione impersonale, universale e
filosofica del discorso poetico.
LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO
• La sintesi suprema di questi caratteri è costituita dalla Ginestra, il
testamento del pensiero leopardiano, nella quale parla un io ‘eroico’ che
professa la necessità di un’alleanza fra gli uomini: questi devono sì, come la
ginestra, accettare l’ineluttabile infelicità della vita umana, ma devono
anche stringersi in una «social catena», cioè essere solidali tra loro contro
la Natura, il nemico comune.
• In questa poesia conclusiva l’autore propone il «fiore del deserto»,
sbocciato nella terra brulla del vulcano, quale simbolo della condizione
umana.
• Si tratta di un «testamento» morale dell’uomo che accetta il suo destino di
morte (esistenza=resistenza).
• Il poeta invita a una nuova e inedita solidarietà tra gli uomini.
LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO
• La Ginestra si apre con la descrizione delle pendici del Vesuvio, il
vulcano che nel 79 d.C. eruttò seminando distruzione e morte dove
un tempo sorgevano ville, giardini e città grandi e prosperose
(l'allusione è a Pompei, Ercolano, Stabia ...): il carattere intimidatorio
e minaccioso del «Vesevo» è sottolineato dagli aggettivi
«sterminator» e «formidabile», che in questa poesia mantiene la
propria etimologia latina (da formido, «spavento»). Si tratta, questo,
di un paesaggio desolato e privo di vegetazione, rallegrato
esclusivamente da una ginestra che, contenta di fiorire nel
«deserto» vesuviano, esala al cielo un soave profumo che addolcisce
un po' la desolazione di quel luogo arido e solitario.
• https://www.youtube.com/watch?v=UMy_JPQvBsM
• (versione ridotta della Ginestra recitata da Elio Germano nel film «il
giovane favoloso»)

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