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La locuzione fonte del diritto proviene da un estratto di Pomponio circa le origini dello ius civile presente
all’interno del Digesto di Giustiniano:
Il diritto romano inizia a “sgorgare” dalle prime leggi scritte, con le quali il popolo ottenne la certezza del
diritto.
Si dicono fonti di produzione del diritto tutti gli atti e i fatti idonei a produrre diritto. Per esempio:
Emanazioni di leggi
Leges regae
Legge delle XII Tavole
Leges publicae
Deliberazioni del Senato (senatus consulta)
Sono fonti di cognizione tutte le fonti mediante le quali si viene a conoscenza del diritto vigente nella
società.
Ai tempi di Roma antica tuttavia non esistevano i Codici in senso moderno, intesi come fonti di cognizione
del diritto vigente.
Tra le nostre fonti ritroviamo quindi epigrafi, papiri (ad es. l’editto di Caracalla del 212 d.C., anche detto
Constitutio Antoniniana, è giunto a noi tramite un papiro egizio. Estendeva la cittadinanza romana a tutti i
residenti entro i confini imperiali), trascrizioni romane, ossia raccolte di legge dette codex (come la
compilazione dell’Imperatore Giustiniano del 565 d.C. coincisa con la fine dell’esperienza giuridica romana),
all’interno delle quali confluirono le iura, frammenti tratti dalle opere dei giuristi romani e confluiti in codex
come il Digesto di Giustiniano. Il Digesto racchiudeva per tematiche ed argomenti la ricostruzione del diritto
emanato fino a quel momento, inclusi casi pratici.
Tra le nostre fonti di cognizione annoveriamo inoltre raccolte private, il Codice Teodosiano, opere scritte da
giuristi romani come le Institutiones di Gaio.
Gaio visse nel II sec d.C. ed era un giurista provinciale, ma divenne famoso ciononostante grazie al suo
manuale di istituzioni, il quale conteneva una trattazione elementare del diritto romano, specialmente
quello privato.
Il volume delle Institutiones è diviso in 4 libri, nei quali gli argomenti vengono trattati secondo una
sistematica precisa:
Libro I: Personae
Libri II e III: Res
Libro IV: Actiones
A loro volta, i libri trattavano i seguenti argomenti:
Le Institutiones sono giunte a noi quasi intatte grazie alla scoperta di un diplomatico tedesco, Niebur, il
quale trovò nella Biblioteca Capitolare di Verona un palinsesto sul quale erano state riscritte delle opere
teologiche.
Le Institutiones erano utilizzate come manuale di base per la formazione dei giuristi.
L’Imperatore Giustiniano a sua volta fece redigere delle Institutiones, ricalcando la struttura dell’opera di
Gaio, con l’eccezione dell’aggiunta nell’ultimo libro delle trattazioni sul diritto criminale, il diritto pubblico e
il processo criminale. Questa raccolta prende il nome di Corpus Iuris Civilis, diviso in
Corpus (Institutiones)
Digesto
Codice (Codex)
Novellae constitutiones (const. Emanate da Giustiniano)
Il Diritto
Diritto positivo e diritto naturale
La locuzione “Diritto positivo” proviene a sua volta dalla dicitura romana Ius in civitate positum, la quale
indica il diritto vigente in uno Stato, il complesso delle norme da cui è costituito ciascun ordinamento
giuridico. Il diritto positivo si contrappone al diritto naturale, definito come l’ordine insito nelle cose per
loro natura, una norma di condotta universalmente riconosciuta e valida perché appunto insita nella natura
stessa.
Un’altra popolare locuzione latina afferma che ubi societas, ibi ius, ovvero ove è presente una società intesa
come collettività organizzata, è presente un sistema giuridico che ne disciplini i comportamenti; va da sé
che sia vero anche il contrario: dove riscontriamo un insieme di norme volte a regolare i rapporti
interpersonali, è presente una società: ubi ius, ibi societas.
Le norme giuridiche sono tali in quanto ritenute suscettibili di applicazione forzata o coercibili, e
prescriventi determinati comportamenti (o l’astensione da essi).
L’ordinamento giuridico di una società ne rappresenta il diritto in senso oggettivo, inteso come norma
agendi (=regola di condotta).
Norme di qualificazione
Norme di relazione
Il complesso delle norme giuridiche volte a comandare o vietare comportamenti dei soggetti che ne sono
destinatari costituisce l’ordinamento giuridico di quella collettività. L’ordinamento giuridico, a sua volta,
rappresenta il diritto in senso oggettivo di una società.
Il diritto oggettivo può essere inteso anche come norma agendi, ossia come regola di condotta.
Stava ad indicare che i dogmi nel diritto possono rivelarsi dannosi perché rifletterebbero una realtà
mutevole nel tempo. Fossilizzarsi sui dogmi equivarrebbe a negare quella mutevolezza e al distaccarsi dalla
realtà che si intende regolamentare.
Un esempio di definizione di Ius ci arriva tramite le parole di Celso, un giurista del II secolo d.C., riportata in
seguito da Ulpiano:
Ulpiano sostiene erroneamente che il termine ius derivi dalla parola iustitia, ma in realtà è il contrario; lo fa
per sottolineare che lo ius non può prescindere dal concetto di iustitia.
Utilizza inoltre il termine ars non come arte, ma come tecnica creativa la quale deve ricollegarsi ai concetti
di bonuum e di aequum.
Anticamente allo ius era contrapposto il fas, ossia il diritto sacro: originariamente il diritto era infatti
appannaggio dei pontefices i quali erano prevalentemente sacerdoti officianti il culto romano, oltre che
depositari della conoscenza giuridica.
Questi sacerdoti interpretavano il volere degli dei, ciò che i pontefices identificavano come lecito (fas) o
illecito (nefas).
Il fas regolava i rapporti tra gli dei e gli uomini, per questo erano i sacerdoti ad amministrare il diritto; era
inoltre pervaso di formularità e liturgie, il mancato rispetto delle quali avrebbe comportato la nullità
dell’atto giuridico. Questa formularità caratterizzò a lungo anche alcuni istituti dello ius.
Alla base dei diritti assoluti è il soggetto attivo titolare del diritto soggettivo assoluto e il soggetto passivo sul
quale grava il dovere generale di astensione
diritti reali
“iura in re”: diritto di proprietà su cosa propria, diritto assoluto per eccellenza;
“Iura in re aliena” diritto di proprietà su cosa altrui (uso, abitazione, usufrutto, servitù), diritti reali di
garanzia: pegno e ipoteca
Diritti assoluti esercitabili su un bene, attribuiscono al proprio titolare una signoria piena, un potere pieno
ed esclusivo nei confronti di un bene (proprietà) o una signoria limitata (diritti reali limitati su cosa altrui), il
potere è infatti limitato all’esercizio di determinati poteri su un dato bene.
il diritto di proprietà fa riferimento a un potere pieno sul bene (art 832 cc)
Tutti i diritti reali sono caratterizzati da un rapporto immediato tra il soggetto e il bene.
A Un soggetto attivo del rapporto, titolare del diritto relativo, si affianca un soggetto passivo senza la cui
cooperazione il soggetto attivo non può godere del proprio diritto.
I diritti relativi nel nostro ordinamento coincidono coi diritti di credito, anche detti diritti personali (così
chiamati in contrapposizione ai diritti reali).
Un soggetto attivo titolare del diritto di credito (creditore) e un soggetto passivo del rapporto, detto
debitore, sul quale grava un dovere di prestazione (il contenuto coincide in un dover dare, fare o non fare)
I giuristi romani non procedono a una teorizzazione del diritto in senso soggettivo;
Nel campo delle nostre fonti però esiste l’utilizzazione del termine ius in senso soggettivo, nella branca
degli iura in re aliena
Questo non significa che nel diritto romano non esistesse una distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi;
Il diritto romano parte sempre da azioni di tutela, per considerare un istituto giuridico in quanto tale era
infatti necessario che vi fosse un’azione di tutela (introdotte dai pretori)
IV . 2 e IV. 3
Gai 4.2-3
ACTIO IN PERSONAM
2. È personale l’azione con cui agiamo contro qualcuno che ci è obbligato per contratto o per
delitto, ossia quando pretendiamo “doversi dare fare prestare”.
ACTIO IN REM
3. È reale l’azione quando pretendiamo che una cosa corporale sia nostra, o che ci competa
qualche diritto, come di uso o di usufrutto, di servitù di passaggio in proprio e con animali, o di
condurre acqua, o di costruire edifici più alti, o di veduta; o quando l’azione dell’avversario viene
detta negatoria.