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Individui vs.

gruppi
La presenza di altri favorisce o limitale prestazioni degli individui?
I primi studi di Allport dimostrarono che la presenza degli altri facilita i compiti facili e ostacola i
compiti difficili.
Teorie fisiologiche:
Zajonc, dopo aver studiato gli animali, ipotizzò che la presenza di altri della proprio specie produca
un'attivazione per predisporre l'organismo ad una risposta evolutivamente adattiva. L'attivazione
aumenterebbe la probabilità di risposte adeguatamente apprese o abituali e limiterebbe le risposte
nuove.
Critiche: non basta la sola presenza degli altri, sono necessari altri fattori ( non considera fattori
cognitivi e attentivi), inoltre la spiegazione fisiologica degli effetti della facilitazione sociale è
risultata insufficiente, a volte non confermata dagli indicatori della crescita di attivazione (battito
cardiaco, conduttanza cutanea).
Sanna ipotizza che le aspettative di successo dei soggetti influiscano molto sulla successiva
prestazione soprattutto in situazione congiunta. Se ci si sente in grado di svolgere un compio (alta
aspettativa), la presenza di un'altra persona può costituire uno stimolo facilitante. Se invece
abbiamo una bassa aspettativa, la presenza di un altro sarà ostacolante. In un compito semplice
l'aspettativa è alta perché è più facile la riuscita, in un compito complesso è il contrario.
Monteile e Huguet ipotizzano che la presenza degli altri comporti un restringimento nell'ambito
attentivo. L'attivazione focalizzata risulterebbe funzionale per i compiti semplici e limitante per i
compiti che richiedono lo spostamento dell'attenzione in ambiti diversi (complessi). È come se la
presenza dell'altro induca il soggetto a concentrarsi di più, specialmente se l'altro è considerato più
capace nello stesso compito. Ipotesi sostenuta dall'attenuarsi dell'effetto Stroop in presenza di
un'altra persona.

Produttività di gruppo
esperimenti di Ringelmann → tecniche di tiro in agricoltura
R. domandò a degli studenti di agraria di tirare in senso orizzontale una corda. Gli studenti tirarono
da soli o in gruppi di varie dimensioni. Ringelmann scoprì che la forza non aumentava in modo
proporzionale all'ampiezza del gruppo. Quando gli studenti tiravano da soli esercitavano una
trazione pari a 85 kg. Quando tiravano in gruppi di sette non raggiungevano una trazione sette volte
maggiore a quella individuale (595 kg), ma producevano una forza pari soltanto a cinque volte la
capacità media di tradizione individuale (450kg). → perdita di processo: sembra che una parte della
forza congiunta degli individui scompaia in qualche punto del processo.
Problema del confronto di produttività individuale e produttività di gruppo:
– confronto diretto della prestazione dell'individuo e del gruppo: produrrà spesso il risultato
ovvio che i gruppi hanno prestazioni superiori agli individui
– confronto della prestazione di gruppi statistici e di gruppi reali: è uno dei metodi più usati.
Bisogna combinare le prestazioni degli individui isolati (85kg) come se agissero in gruppo
(85x7= 595 kg) e confrontare tale prestazione teorica con la prestazione di un gruppo reale
(450 kg). Sette uomini avrebbero dovuto raggiungere 595 kg ma hanno raggiunto solo 450
kg → confronto tra prestazione statistica, 595 kg, e prestazione effettiva, 450 kg.
– Prestazione dei membri migliori dei gruppi statistici
– calcolare una misura di produttività individuale (ad es. nel tempo) e confrontare il
rendimento di un individuo preso singolarmente con il rendimento nel lavoro di gruppo. La
produttività individuale diminuisce all'aumentare delle dimensioni del gruppo
→ esperimento di Ringelmann

Esperimenti di brainstorming: tecnica per produrre idee per cui gli individui cercano di escogitare il
maggior numero di soluzioni possibili per il problema che hanno.
Problema di ragionamento di Shaw (cannibali e missionari): maggiore riuscita dei gruppi ma i
gruppi impiegano più tempo degli individui che risolvono il compito.
Marquat: confronto tra gruppi reali e gruppi ipotetici (statistici): l'importante è che nel gruppo ci sia
un individuo capace di risolvere il problema. Non ci sono differenze tra i gruppi che interagiscono e
i gruppi in cui un solo individuo sa risolvere il problema.
Maier e Solem (problema del commercio del cavallo): non sempre i gruppi riconoscono e accettano
la soluzione.
Taylor e Faust (problema delle 20 domande): la prestazione dei gruppi è migliore di quella
individuale, ma meno di quanto prevedibile sulla base delle dimensioni del gruppo.
I gruppi interattivi reali producono più idee degli individui singoli, ma meno rispetto ai gruppi
statistici. I gruppi statistici (costituiti dai membri migliori dei gruppi) producono molte idee e di
migliore qualità.
Il brainstorming dovrebbe essere eseguito prima in privato e successivamente in gruppo.

Le teorie del deficit di gruppo


i gruppi sembrano superiori all'individuo medio, ma spesso perdono il confronto con gli individui
migliori, o con i gruppi statistici.
Una spiegazione del deficit di gruppo → teoria della produttività di gruppo di Steiner:
la prestazione di gruppo è determinata da tre fattori:
– richieste del compito (regole per l'esecuzione, mezzi per svolgimento, ecc.)
– risorse del gruppo
– processo di interazione per la risoluzione del compito
Secondo Steiner la produttività potenziale del gruppo sarà sempre maggiore alla produttività reale,
in quanto nella prestazione di gruppo ci sarà sempre una perdita di processo.
Classificazione dei tipi di compito in base alle richieste del compito:
– compiti divisibili: possono essere divisi in sottocompiti ciascuno dei quali viene svolto da un
individuo diverso (es. catena di montaggio) vs. compiti unitari: possono solo essere
realizzati in toto o non realizzati (es. compito di ragionamento logico)
– compiti massimizzanti: lo scopo del compito è quello di raggiungere una velocità o una
quantità massima (es. tiro alla fune) è vs. compiti ottimizzanti: c'è uno standard da
raggiungere che è predeterminato (es. compito di ragionamento)
– compiti additivi: i contributi sono semplicemente aggregati, si sommano le prestazioni
individuali (es. brainstorming) vs. compiti disgiuntivi: soluzione di tipo o... o... vs. compiti
congiuntivi: tutti i membri del gruppo devono completare il compito (es. staffetta) vs.
compiti discrezionali: diversi modi di combinazione degli sforzi individuali per eseguire il
compito
Risorse del gruppo: conoscenze, abilità, capacità, strumenti, ecc. rilevanti per la prestazione che
cambiano da compito a compito. In un mondo perfetto, le risorse del gruppo corrisponderebbero
sempre esattamente alle richieste del compito in modo tale che il compito possa essere eseguito con
successo (produttività potenziale massima del gruppo).
Produttività potenziale del gruppo = richieste del compito x risorse del gruppo. Sottraendo le perdite
di processo alla produttività potenziale del gruppo si ottiene la produttività reale del gruppo.

La produttività potenziale di un gruppo dipende dalla natura del compito


– per compiti additivi è la somma dei contributi individuali massimi
– per compiti disgiuntivi è la probabilità che qualcuno del gruppo sia in grado di risolvere il
compito (per sapere questa probabilità è necessario sapere quanti sono gli individui in grado
di risolvere il problema nella popolazione da cui il nostro gruppo è stato estratto)
Proporzione teorica di gruppi in grado di risolvere il problema = 1 – proporzione di individui non in
grado di risolvere il problema elevato per il numero di individui che compongono il gruppo.
Pg = 1 – Q(n)
Legge di Steiner: produttività effettiva = produttività potenziale – perdite di processo
Il processo, diversamente dalle richieste del compito e dalle risorse, non può essere valutato a
priori. Consiste in una serie di comportamenti che le persone mettono in atto per tentare di svolgere
il compito (il modo in cui utilizzano le risorse a disposizione), e comprende le azioni non produttive
dovute per esempio ad una comprensione inadeguata, alla competizione interpersonale, alla perdita
di motivazione. Le perdite di processo sono dunque dovute a problemi quali:
– la perdita di coordinazione (tiro alla fune)
– problemi dovuti a dinamiche sociali (presenza di un leader, imbarazzo, influenza sociale)
– perdita di motivazione (tiro alla fune, urlo) → social loafing

Latané: il social loafing (l'inerzia sociale)


L'autore considera l'uomo come “economizzatore di sforzo” (minimo investimento per acquisire un
livello sufficiente di prestazione di gruppo). Egli afferma che la fonte principale di influenza nelgi
esperimenti sulla prestazione del gruppo è costituita dalle istruzioni dello sperimentatore:
– quando queste sono dirette unicamente ad un individuo, avranno un'influenza massima
– quando queste sono dirette ai gruppi, il loro effetto si disperde tra i membri, con riduzioni
corrispondenti nell'output
L'influenza sociale (che negli esperimenti deriva dallo sperimentatore) diminuisce all'aumentare
dell'ampiezza e delle dimensioni del gruppo
Il social loafing è la diminuzione dell'impegno degli individui quando lavorano in gruppo. Quando
l'individuo è in gruppo si impegna di meno perché il contributo che apporta al gruppo non è ben
identificabile perché mischiato a quello degli altri membri.
Il social loafing può essere ridotto se:
– i contributi individuali sono resi più identificabili e se questi vengono incentivati
– il gruppo si sente valutato
– viene considerata la cultura in cui lo studio è intrapreso (individualista vs. collettivista)
Il social labouring si riscontra:
– quando il compito è complesso e coinvolgente: es. Assembly bonus effect (effetto di
facilitazione reciproca in cui tutti i membri intervengono sulle soluzioni parziali degli altri);
compensazione da parte dell'individuo più abile; compensazione o miglioramento da parte
degli individui meno abili (è innescato dal processo di confronto sociale se il gruppo non è
troppo disomogeneo)
– quando il gruppo è saliente agli occhi dei suoi membri: teoria dell'identità sociale → se le
persone possono sviluppare identificazione con il gruppo sono motivate a “combattere” per
aumentare lo status del gruppo; confronto intergruppi vs. confronto interindividuale →
esperimento di Worchel: la presenza di un gruppo esterno di confronto e la possibilità di
identificare il gruppo (nome o camice che lo distingua dall'outgroup) generano social
labouring
– in culture collettivistiche: il social loafing è raro in culture collettiviste, in cui le persone
sono maggiormente orientate a interiorizzare l'obiettivo di gruppo. Esperimento di office
simulation: manager israeliani e cinesi lavorano di più in gruppo che individualmente (social
labouring: laboriosità sociale), al contrario di manager americani (social loafing). Inoltre
risentono maggiormente dell'introduzione di distinzioni ingroup-outgroup (si impegnano se
percepiscono di lavorare con membri dell'ingroup).
È possibile che il gruppo possa superare la sua prestazione potenziale nel caso in cui i guadagni di
processo sopravanzino le perdite di processo.
– determinare la produttività potenziale di un gruppo: combinando in modo opportuno le
capacità precedenti dei singoli in funzione della natura del compito significa presupporre
che le capacità individuali sono costanti (e quindi che le risorse del gruppo sono statiche)
– c'è un valore aggiunto nel lavorare in gruppo? Le capacità individuali possono essere
influenzate da effetti di facilitazione/inibizione sociale, o da un'esperienza di esposizione a
diversi tipi di influenza sociale (minoritaria/ maggioritaria), da un obiettivo di gruppo
significativo e dall'appartenenza stessa ad un gruppo significativo, da valori culturali, ecc.
Processi decisionali di gruppo
La decisione di gruppo è una forma specifica di prestazione del gruppo
Davis – teoria degli schemi di decisione sociale
L'autore ha condotto numerosi esperimenti sul pensiero in cui si immaginano tutti i modi diversi in
cui i gruppi potrebbero lavorare ad un compito particolare. Questi sono formulati matematicamente
come modelli di “regole di decisione” differenti. Successivamente si introducono in questi modelli
informazioni sull'abilità degli individui nel completare il compito o parte di esso. Queste
informazioni possono essere ipotetiche o possono essere basate su dati precedentemente raccolti
sulla distribuzione delle capacità individuali. Applicando alcune tecniche matematiche piuttosto
complesse, si calcolano poi i risultati probabili dei diversi modelli. Questi risultati ipotetici sono
posti a confronto con i risultati effettivi ottenuti in qualche campione reale di gruppi. Si suppone
che il modello di decisione utilizzato dal gruppo sia quello che meglio “corrisponde” al pattern di
dati osservato.
Ma i gruppi sono in grado di decidere? Il gruppo è un luogo di mediazione delle posizioni
individuali? Inizialmente si pensava che il gruppo fosse un luogo di compromesso, una media delle
decisioni individuali → effetto normalizzazione.
Stoner si è accorto che non è così. Egli fa prendere una decisione a dei soggetti in cui si chiedeva di
perdere qualcosa in vista di un'altra cosa più rilevante. Prima c'è una condizione individuale, poi di
gruppo. Il gruppo prende una decisione diversa da quelle individuali, una nuova decisione.
Quando i gruppi danno giudizi su compiti per i quali non c'è una risposta corretta (es. dilemmi
sociali ipotetici) quasi sempre mostrano effetti di polarizzazione: la decisione collettiva è più
estrema della media delle opinioni individuali nella stessa direzione.
– più un gruppo è estremo all'inizio, più estremo sembra diventare
– gli effetti della polarizzazione non sono limitati ai dilemmi sociali
Nell'esperimento di Stoner 12 gruppi su 13 modificarono la decisione iniziale presa da soli verso un
maggiore rischio. Perché?
– diffusione di responsabilità: nella discussione di gruppo l'individuo si sente meno
direttamente responsabile per cui si accetta il rischio. → spiegazione usata precedentemente
per spiegare perché i gruppi appaiono più conservatori, non è attendibile come
interpretazione
– familiarità: nella discussione di gruppo i singoli si sensibilizzano verso problemi delicati
– “rischio come valore”: apprezzamento per chi corre dei rischi nella discussione di gruppo
(valore della cultura americana).
È possibile prevedere la direzione e l'intensità dello spostamento a partire dal pattern dei giudizi
ottenuti nella fase di decisione individuale. Dopo la discussione di gruppo gli item con punteggio
iniziale in favore del rischio mostrano uno spostamento consistente verso il rischio e la stessa cosa
avviene per la cautela.
La polarizzazione è uno spostamento verso il rischio o verso la scelta più conservatrice.
Secondo Moscovici e Zavalloni la polarizzazione degli atteggiamenti consiste in un incremento dato
dal gruppo ad un orientamento già presente nei singoli individui.
Secondo Semin e Glendon la polarizzazione dipende dal tipo di gruppo che prende la decisione (ad
hoc vs. reale) e dalla continuità del gruppo.
Spiegazione dell'incongruenza tra gruppi reali e gruppi di laboratorio:
i gruppi reali sono di solito molto più stabili, hanno una storia e un futuro; mentre i gruppi di
laboratorio hanno una vita limitata. Ciò significa che è molto più probabile che i gruppi decisionali
reali sviluppino una struttura interna, che adottino delle procedure convenzionali e stabiliscano delle
norme sugli argomenti oggetto di decisione, tutti fattori che possono ostacolare la comparsa di una
“polarizzazione” naturale.

Esistono attualmente 3 spiegazioni principali del fenomeno di polarizzazione di gruppo:


– teoria del confronto sociale (polarizzazione mediante il confronto): favorisce l'assunzione di
posizioni più estreme verso i valori sociali dominanti ritenuti socialmente più desiderabili.
Secondo Sanders e Baron la polarizzazione dipende dai valori sociali che sono associati ad
un determinato argomento, rispetto al quale il gruppo deve prendere una decisione. Es.
effetto autocinetico – livello di intelligenza.
→ è più efficace per spiegare la polarizzazione che avviene in campi dove sussistono poche
opportunità di intraprendere una discussione o scambiarsi opinioni, ma dove ci sono
informazioni disponibili sul modo di comportarsi socialmente appropriato.
– Teoria degli argomenti persuasivi: lo scambio di informazioni favorisce l'acquisizione di
argomenti e prove a favore di un'opzione. Secondo questo punti di vista la polarizzazione ha
luogo perché durante la discussione vengono alla luce argomenti e prove nuovi. Viene
sottolineato il ruolo dello scambio di informazione. Tuttavia, alcuni esperimenti hanno
confermato che i gruppi tendono a discutere di informazioni che sono già in possesso e che
la discussione di informazioni nuove non è frequente nel corso di processi collettivi di
scelta. Esperimento di Bumstein e Vinokut → assenza di confronto sociale, produzione di
argomentazioni diverse (opposte) alle proprie. Ma.... Zuber, Crott e Werner → la conoscenza
della posizione degli altri individui sposta i giudizi individuali più della semplice
conoscenza delle argomentazioni in gioco. Spesso nei gruppi si tende a discutere soprattutto
le informazioni condivise da tutti, rafforzando ciò che già si sa, le decisioni individuali,
piuttosto che scoprendo nuove informazioni. È importante che i gruppi si dotino di
procedure che “impediscono” il raggiungimento rapido del consenso.
→ mostra che è il contenuto dei messaggi a determinare l'ampiezza della polarizzazione e
non le posizioni assunte da coloro che inviano il messaggio
– Teoria dell'identità sociale (polarizzazione come differenziazione intergruppi): i membri di
un gruppo che si identificano fortemente con il gruppo stesso si fanno influenzare di più
dagli argomenti provenienti dai membri dell'ingroup che da argomenti elaborati da membri
dell'outgroup (tesi in contrasto con la teoria degli argomenti persuasivi). Esperimento di
Mackie → un gruppo mostra polarizzazione perché i membri , a causa della loro
identificazione con il gruppo, cercano di adeguarsi alla posizione normativa “prototipica”
del gruppo (teoria della categorizzazione dei sé)
→ i membri del gruppo hanno una certa conoscenza degli attributi principali e degli
atteggiamenti normativi caratteristici del loro gruppo e tendono ad avvicinarsi quando la
loro appartenenza ad un gruppo diventa saliente o è in qualche modo minacciata
Nella maggior parte delle situazioni di presa di decisione sono presenti in una certa misura tutti e 3 i
processi e i loro pesi variano da situazione a situazione.

La qualità del processo decisionale:


Janis – sintomi del pensiero di gruppo (groupthink):
– è probabile che un gruppo molto coeso eserciti delle pressioni sui devianti affinché si
conformino al punti di vista comune → analisi delle decisioni disastrose prese da gruppi di
esperti (es. tentativo americano di invadere Cuba) caratteristiche del processo decisionale:
• forte coesione del gruppo
• isolamento del gruppo rispetto ad informazioni esterne
• non c'è ricerca di opzioni negative
• pressione a decidere in tempi brevissimi
• presenza di un leader molto direttivo
conseguenze:
• forti pressioni alla ricerca dell'accordo sul deviante
• autocensura
• fiducia nella moralità “interna del gruppo”
– l'illusione di unanimità e correttezza: è probabile che una condizione mentale come questa
ostacoli qualsiasi ricerca creativa di altre opinioni e fonti
– formazione di stereotipi negativi sugli outgroup
Analisi successiva di Tetlock → negli eventi caratterizzati da pensiero di gruppo vi era un leader
forte, conformismo e rigidità, ma minore coesione. Importanza dello stile di leadership → con
leader aperto, partecipativo e non direttivo il gruppo produce più soluzioni ed esamina più
informazioni rispetto a quanto avviene con un leader direttivo.

Pregiudizio e conflitto tra gruppi


Il pregiudizio è un sentimento di antipatia fondato su una generalizzazione falsa e inflessibile.
(Allport)
È un giudizio negativo a priori dei membri di una razza o di una religione mantenuto a dispetto dei
fatti che lo contraddicono. (Jones)
È il mantenimento di atteggiamenti sociali o credenze cognitive squalificanti, l'espressione di
emozioni negative o la messa in atto di comportamenti ostili o discriminatori nei confronti dei
membri di un gruppo per la sola appartenenza ad esso. (Brown)
Il pregiudizio è un fenomeno che trae origine dai processi di gruppo in quanto:
– è un orientamento nei confronti di categorie di persone
– è un orientamento socialmente condiviso
– nasce ed è modulato da specifiche relazioni intergruppi

conflitto tra gruppi e correlazione, un problema di personalità?


Adorno – la personalità autoritaria
Le differenze di personalità possono essere ricondotte alla famiglia nella quale il soggetto è stato
socializzato. Il problema della persona incline al pregiudizio era quello di essere stata esposta ad un
regime familiare orientato alla buona condotta e alla conformità a codici morali convenzionali in cui
venivano utilizzate misure restrittive dure per punire le trasgressioni. Secondo Adorno queste
persone tendono a cercare il capro espiatorio in individui percepiti come più deboli o inferiori, ad
esempio persone che si allontanano dalla norme sociali. Candidati naturali sono i membri di gruppi
etnici minoritari o di altre categorie socialmente stigmatizzate come gli omosessuali o i criminali.
Questa sindrome non si riflette esclusivamente nell'indirizzo e nel contenuto degli atteggiamenti
sociali della persona, ma si manifesta ugualmente nello stile cognitivo rigido con il quale tali
atteggiamenti sono costituiti ed espressi. Utilizzo massivo di categorie molto chiaramente
demarcate (buono/cattivo). Questo modo di pensare si presta all'adesione immediata a stereotipi
distintivi e immutabili sui gruppi sociali.

Rokeach – la personalità dogmatica


Esperimento volto a stabilire il nesso tra autoritarismo e rigidità
le persone più autoritarie (con maggiori pregiudizi) tendono a differenziarsi rispetto alla modalità di
pensiero che utilizzano. La personalità dogmatica è caratterizzata da una struttura cognitiva chiusa
(mentalità chiusa vs. mentalità aperta della personalità senza pregiudizi), resistente al cambiamento,
in cui diversi sistemi di credenze sono isolati.

Eysenck- teoria genetica del pregiudizio


predisposizione dura → estroversione (maggiore resistenza al condizionamento familiare e a quello
proveniente da altre fonti sociali di influenza e tendono ad aderire ad atteggiamenti sociali e politici
estremi) vs. predisposizione tenera
in successive ricerche Eysenck ha modificato questa tesi tenendo conto del fatto che la correlazione
tra atteggiamenti molto conservatori con l'estroversione non era sempre positiva. Questi dati lo
convinsero che la caratteristica di personalità soggiacente alla predisposizione dura non fosse
l'estroversione, ma lo psicoticismo. Quindi l'autore sostenne che gli atteggiamenti sociali delle
persone e fra essi i loro livelli di pregiudizio potessero essere determinati geneticamente.

I dati di ricerca di Rokeach e Eysenck non sono molto convincenti.


– Rokeach utilizza campioni molto piccoli, per questo nessun confronto tra soggetti estremisti
e centristi alla dimensione del dogmatismo porta a differenze realmente significative sul
piano statistico.
– Eysenck → i risultati che pretendevano di dimostrare la presenza di una predisposizione
mentale dura comune agli estremisti di destra e di sinistra, sono stati fortemente contestati.

Limiti dell'approccio individuale al pregiudizio:


– l'approccio personalistico sottostima, o addirittura ignora completamente nella sua variante
più estrema , l'influenza e l'importanza della situazione sociale immediata nel processo di
formazione degli atteggiamenti delle persone. Il fattore predittivo più potente di un
cambiamento degli atteggiamenti in senso positivo fu l'incremento dei contatti intergruppi.
La natura autoritaria dell'ambiente familiare ha dimostrato di essere un fattore molto meno
potente. Un fattore situazionale è più importante di una variabile di personalità.
– Sono le norme sociali, più che le dinamiche individuali di personalità, a determinare i liveli
complessivi di pregiudizio nei diversi gruppi.
– Difficoltà strutturale a rendere conto dell'uniformità degli atteggiamenti pregiudiziali entro
interi gruppi di soggetti. Queste teorie sono particolarmente inadatte a rendere conto di come
il pregiudizio possa, entro certe società, divenire un fenomeno di fatto consensuale perché
spiegano il pregiudizio in termini di differenze interindividuali.
– Specificità storica del pregiudizio: se la presenza uniforme del pregiudizio entro determinati
contesti sociali risulta poco comprensibile alla luce di un modello di questo tipo, ugualmente
problematici appaiono i suoi improvvisi incrementi e cadute nel tempo. Simili cambiamenti
nel tempo risultano piuttosto difficili da spiegare da parte di modelli che riconducono le
origini del pregiudizio alle sole dinamiche familiari. È insostenibile supporre che una
qualsiasi mutazione genetica possa aver avuto luogo in un periodo di tempo assolutamente
insignificante che, in una prospettiva temporale evoluzionistica, corrisponde a meno di un
tempo infinitesimale.

Ipotesi della frustrazione-aggressività (Dollard, 1939)


Tentativo di integrare le teorie comportamentisti con concetti di derivazione psicoanalitica.
Un comportamento aggressivo presuppone sempre uno stato di frustrazione e, inversamente,
l'esistenza di una frustrazione conduce sempre a qualche forma di aggressività.
Frustrazione: interferenza con una risposta diretta ad uno scopo
modello di tipo idraulico: frustrazione → aumento dei livelli di attivazione → si riversa sulla fonte
reale di frustrazione o viene “spostata” su un obiettivo diverso.
“bersaglio sostitutivo”
Analisi di Hovland e Sears (1940): aumento dei linciaggi verso i neri in fasi di recessione
economica.
Studio di Miller e Bugelski (1948) in un campo estivo → ricerca di un capro espiatorio.

Questioni critiche:
– qual è il bersaglio per l'aggressività? (generalizzazione-inibizione)
– come spiegare le fluttuazioni storiche?
– Rapporto frustrazione-aggressività sempre necessario?
Berkowitz (1962): importanza degli indici situazionali → sono stimoli presenti nell'ambiente che
erano stati associati all'aggressività in passato. La causa dell'aggressività non è la frustrazione di per
sé ma sono gli “eventi contrari” (es. condizioni meteorologiche, caldo/freddo), la frustrazione è solo
uno degli elementi che può dare origine alla rabbia. Il capro espiatorio che viene scelto più
facilmente è un outgroup che i membri dell'ingroup avevano associato in precedenza al conflitto o
all'antipatia.
– come si passa dal livello individuale al collettivo? (stesso stato di rabbia, stessi bersagli)
– il conflitto di solito non è irrazionale
– come si spiegano gli atteggiamenti intergruppi positivi?

Teoria della deprivazione relativa


Secondo la teoria della deprivazione relativa le aspirazioni di vita delle persone deriverebbero da
due tipologie di confronto. Il primo ha natura temporale e implica il riferimento della persona al
proprio passato recente, le persone estrapolano delle attese rispetto al futuro a partire dalla propria
esperienza (o da quella del proprio gruppo) di ricchezza o povertà. Una seconda fonte di aspettative
è data dal confronto con altri gruppi, quando percepiamo che un gruppo esterno fa meglio o peggio
del nostro, e in particolare quando l'outgroup è accomunato all'ingroup, o in qualche modo rilevante
per esso, tendono a generarsi aspettative rispetto alla performance futura dell'ingroup, tali per cui ci
sentiremo deprivati o gratificati.
Gurr (1970): il disagio sociale (la deprivazione relativa) emerge allorché le persone percepiscono
una discrepanza fra il loro standard di vita attuale e ciò di cui, a loro avviso dovrebbero godere.
Maggiore è il divario fra aspettative e situazione effettiva, maggiore è il disagio sociale.
Runciman (1996): deprivazione egoistica vs. deprivazione fraternalistica. La discrepanza tra vita
reale e vita ideale, in base a confronti temporali o a confronti intergruppi.
Vanneman Pettigrew (1972): la percezione di deprivazione relativa collettiva o fraternalistica (ma
non di deprivazione egoistica) è correlata al livello di pregiudizio. La percezione di deprivazione
fraternalistica è anche alla base dell'impegno in forme di azione collettiva, quali proteste e
movimenti sociali.
– ruolo dell'identificazione di gruppo: è la precondizione essenziale per lo sviluèppo della
percezione di deprivazione collettiva e dunque dell'azione sociale
– la deprivazione si traduce in azioni di gruppo se c'è la credenza nella possibilità di
cambiamento sociale o percezione di efficacia
– natura dell'ingiustizia percepita (es. in termini di giustizia distributiva – procedurale)
– come avviene la scelta del gruppo di confronto? Spesso sono gruppi abbastanza simili, ma
entrano in gioco anche fattori strutturali, sociali e ideologici. Problema della credenza in un
“mondo giusto”.

Campbell – teoria realistica del conflitto fra gruppi


in certe condizioni il conflitto tra gruppi può avere un fondamento razionale o realistico e può
essere determinato da una competizione per il possesso di risorse scarse,
gli atteggiamenti e i comportamenti fra gruppi riflettono gli interessi specifici in gioco. Quando
questi non sono tra loro compatibili, dove le acquisizioni di un gruppo avvengono a spese di un
altro, tendono ad emergere risposte psicologico-sociali negative: atteggiamenti pregiudiziali,
comportamenti ostili. Nel caso di una maggiore complementarietà degli interessi, tale per cui il
raggiungimento degli obiettivi da parte di un gruppo richieda la collaborazione di altri gruppi,
dovrebbero determinarsi reazione più positive improntate alla tolleranza, all'equità e
all'amichevolezza.

Sherif → attenzione sulla natura delle relazioni fra gli obiettivi dei gruppi, il pregiudizio si radica in
conflitti d'interesse, reali o percepiti, fra gruppi. (studi sui campi estivi → il pregiudizio tra i 2
gruppi in competizione viene attenuato da una situazione di scopo sovraordinato in cui è presente
un obiettivo comune in cui devono allearsi per portare a termine il compito.)
C'è una correlazione positiva tra aggressività e percezione di differenze di valori fra gruppi.
Gli effetti degli scopi sovraordinati dipendono da:
– esito degli sforzi congiunti (Worchel, 1977): il fallimento può portare a biasimare l'outgroup
– certezza/ambiguità dei confini dei gruppi, importanza che ciascun gruppo conservi una sua
identità nell'attività congiunta.
La teoria realistica del conflitto di gruppo ha il vantaggio di riuscire a spiegare i cambiamenti del
pregiudizio nel tempo e in contesti sociali diversi. Essa è inoltre alla base dell'ipotesi di contatto,
che prevede una serie di interventi per il miglioramento delle relazioni tra gruppi.
Però:
– mentre il ruolo della competizione è chiaro e stabilito, non sempre la cooperazione funziona
(es. partiti e coalizioni politiche).
– Il conflitto di interessi è davvero necessario per l'insorgere del pregiudizio?
l'attivazione di un orientamento a favore dell'ingroup e di conflitto con l'outgroup non
richieder necessariamente la presenza di conflitti espliciti di interesse.
– Conflitti di interessi reali o competizioni simboliche per il prestigio sociale?
Il conflitto è una minaccia reale o immaginaria alla sicurezza del gruppo, ai suoi interessi
economici, alle sue opportunità politiche, a considerazioni strategiche o di prestigio. Le
credenze cognitive sono più potenti dei dati reali.
– Da dove proviene la percezione di obiettivi contrastanti dei gruppi se tale percezione non
sempre è correlata alle relazioni reali tra i gruppi?

Come si spiega la diffusa asimmetria a favore dell'ingroup e non dell'outgroup negli atteggiamenti e
nella condotta delle persone?
Tajfel e Turner – teoria dell'identità sociale
teoria della competizione sociale vs. teoria del conflitto realistico di Sherif
Concetto di identità sociale: aspetti dell'immagine individuale di sé che derivano dalle categorie
sociali a cui l'individuo sente di appartenere.
Perché la categorizzazione sociale provoca favoritismo per l'ingroup?
- la categorizzazione sociale è un sistema di orientamento per definire il proprio ruolo nella società
a strutturare la propria identità sociale e implica il confronto tra gruppi diversi. Anche a livello
intergruppi le persone sono motivate ad ottenere una valutazione di sé positiva piuttosto che
negativa. Dal momento che l'immagine che abbiamo di noi dipende, almeno in parte, dalle nostre
appartenenze a gruppi, ne deriva un ulteriore orientamento a considerare l'ingroup in una luce più
positiva dei gruppi esterni ai quali non si appartiene. Secondo Tajfel e Turner l'acquisizione o il
mantenimento di un'identità soddisfacente richiede ai membri del gruppo impegno a ricercare
elementi differenziali positivi rispetto all'outgroup. Le persone si impegnano in confronti
intergruppi se:
– hanno interiorizzato la propria appartenenza al gruppo nel concetto di sé
– la situazione permette confronti intergruppi di tipo valutativo
– il gruppo costituisce un oggetto di confronto
Paradigma dei gruppi minimi di Tajfel:
– divisione arbitraria in 2 gruppi
– nessuna interazione
– anonimato
– assenza di interesse personale
compito sperimentale: distribuzione di risorse ad un membro dell'ingroup mediante matrici. In una
era indicato solo il numero del soggetto e la sua appartenenza al gruppo. Esperimento sul dare del
denaro ad individui appartenenti all'ingroup o all'outgroup → le persone tendono a favorire
l'ingroup nonostante i soggetti non si conoscano e siano stati messi a caso nei gruppi.

Minacce all'identità sociale


Minacce all'identità sociale delle persone dovrebbero attivare sforzi per differenziare positivamente
l'ingroup dall'outgroup. Se le minacce sono abbastanza gravi, gli sforzi di differenziazione
cesseranno di esprimersi nelle forme moderate di pregiudizio dove tanto l'ingroup quanto l'outgroup
sono valutati positivamente, ed evolveranno in atteggiamenti e comportamenti intergruppi più
apertamente negativi.

Asimmetrie di status
Secondo la teoria dell'identità sociale i membri di gruppi di status basso dovrebbero discriminare di
più rispetto a membri di gruppi con status elevato, in quanto hanno maggiore bisogno di stabilire
un'identità sociale positiva.
Sachdev e Bourhis (1987) rilevano che all'aumentare dello status dei gruppi, aumenta la tendenza a
favorire il proprio gruppo ( gruppi con status pari a quello dell'outgroup mostrano un livello
intermedio di bias). → esperimento dei gruppi minimi modificato, prestazione in un compito di
creatività.
I membri di gruppo di status elevato non dovrebbero soffrire di particolari problemi di identità. Si
osserva maggiore discriminazione da parte di questi individui, soprattutto in contesti di laboratorio.
La funzione della discriminazione in gruppi di status alto è quella di mantenere la posizione
dell'individuo nel gruppo, quindi mantenere la sua identità sociale positiva.
I membri di gruppi di status simile a quello dell'outgroup discriminano per raggiungere una
specificità dall'outgroup e quindi un'identità sociale positiva.
Se la somiglianza tra gruppi è molto elevata, la discriminazione aumenta → necessità di
differenziarsi dall'outgroup perché è sentita una minaccia nei confronti dell'identità di gruppo. Se la
somiglianza è presenta ma attenuata non c'è discriminazione per l'ipotesi della somiglianza-
attrazione. Per i membri di gruppi status basso il risultato del confronto intergruppi è negativo.
Le strategie di fronteggiamento di un'identità sociale negativa dipendono da:
– percezione di permeabilità dei confini tra gruppi, se un individuo sente che può spostarsi in
gruppi di status più elevato lo fa.
– Credenze relative al “cambiamento sociale” (esistenza di valori che ostacolano la mobilità
sociale es. legame psicologico col gruppo). Se la mobilità sociale non è oggettivamente
(donna/uomo) o soggettivamente (non riesco io) possibile, i membri di gruppi di status
basso possono tentare i migliorare la posizione del proprio gruppo, mediante azioni di
“creatività sociale”.
– Cambiamento in positivo della valutazione delle caratteristiche dell'ingroup, ciò che viene
criticato dall'outgroup viene assunto come positivo dall'ingroup.
– Selezione di un nuovo gruppo di confronto (focalizzare l'attenzione sui gruppi che giudico
inferiori e non su quelli con cui perdo il confronto).
OPPURE mediante azioni di competizione sociale → es. il favoritismo per l'ingroup sulle
dimensioni di confronto disponibili (risorse, denaro, ecc.)

Affinché un gruppo si impegni per il cambiamento sociale deve essere consapevole dell'esistenza di
“alternative cognitive” alla situazione esistente.
Questo dipende dalle credenze relative alla stabilità e alla legittimità della struttura sociale.
Ellemers, Wike e van Knippenberg (1993)
come reagiscono i membri di gruppi a permeabilità vs. impermeabilità dei confini; legittimità vs.
illegittimità; stabilità vs. instabilità delle differenze di status?
– l'identificazione col gruppo è maggiore per coloro che appartenevano a gruppi impermeabili,
minore per coloro che credevano nella possibilità di cambiare gruppo
– l'identificazione col gruppo è maggiore nei gruppi costituiti sulla base di una decisione
illegittima e minore in quelli che credevano nella legittimità della propria posizione di status
– l'identificazione col gruppo è maggiore se si percepisce instabilità dei ruoli
Il picco di identificazione è situato all'incrocio tra illegittimità, impermeabilità e instabilità. Al
contrario, posti a confronto con la possibilità, lesiva per il proprio senso di identità, di essere stati
assegnati, in modo apparentemente giustificato ad un gruppo subordinato con scarse possibilità di
riscatto, i componenti del gruppo sono psicologicamente propensi a lasciarlo per un altro, se ne
intravedono la possibilità.

Asimmetrie di dimensione
Sachdev e Bourhis hanno rilevato che gruppi di dimensione minoritaria discriminano di più di
quelli di dimensione maggioritaria. Secondo la teoria dell'identità sociale i gruppi minoritari sono
motivati a ridurre o compensare l'insicurezza associata alla svantaggio immediato.
In realtà il gruppo minoritario mostra maggiore discriminazione a livello esplicito mentre il
maggioritario mostra maggiore discriminazione a livello implicito.

Asimmetrie di potere
Il potere è il grado di controllo sul destino del proprio gruppo e dell'outgroup.
Secondo Ng (1982) la discriminazione è resa possibile proprio dal possesso di un certo grado di
potere.
Sachdev e Bourhis (1985) rilevano che all'aumentare del grado di potere aumenta la
discriminazione. Nessuna potere → nessuna discriminazione
Rubini, Moscatelli, Albarello, Palmonari (2007) hanno rilevato che gruppi con potere alto e con
potere basso mostrano alta discriminazione (esplicita e implicita) rispetto a gruppi con potere
uguale.

Problemi della teoria dell'identità sociale:


– l'ipotesi della stima di sé:
• la discriminazione aumenta la stima di sé
• le persone con autostima bassa discriminano di più
→ la stima di sé è una causa o un prodotto della discriminazione?
– Il legame tra identificazione con il gruppo e discriminazione, spesso i due fattori non sono o
sono pochi correlati.
– → Hinkle e Brown (1990): questo legame si riscontra solo in gruppi collettivisti e con
orientamento relazionale (ossia a confronti sociali piuttosto che confronti temporali o con
standard astratti)
→ Ellemers et al. (1999): importanza di considerare diversi aspetti dell'identità sociale:
cognitivo, valutativo, affettivo/di impegno nel gruppo
– i gruppi sono tutti uguali? Costituiscono tutti allo stesso modo una fonte di identità sociale?
→ Deux identifica 5 tipologie di gruppo: relazioni, occupazione, organizzazioni politiche,
gruppi stigmatizzati e etnico-religiosi.
Diverse funzioni identitarie: facilitare i confronti intergruppi, confronti interpersonali,
interazione sociale, relazioni d'amore, conoscenza di sé, alimentare la stima di sé collettiva,
favorire la coesione interna.
– Quando sono in gioco stimoli negativi?
– Mummedy e Otten (1998): serve qualcosa di più della mera categorizzazione per generare
favoritismo per l'ingroup se il confronto intergruppi avviene su dimensioni negative.
Questo fenomeno è spiegato da processi di ricategorizzazione sociale/identificazione di sé a
livello superiore, indotti dal compito stesso. Trovandosi in una situazione di gruppo minimo
e dovendo fare qualcosa di abbastanza inusuale (una punizione), i soggetti tendono a
considerare questo compito come una forma di condotta legittima. La richiesta dello
sperimentatore di agire in un certo modo, potrebbe quindi creare le condizioni di
un'esperienza di “destino comune” spingendoli a ridefinire la situazione in cui si trovano. Le
categorie artificiali (blu vs. verdi) vengono assunte in una nuova categoria sovraordinata
(sogg sperimentali vs. sperimentatore). Da una categorizzazione siffatta ci si potrebbe
attendere un più ridotto pregiudizio a favore dell'ingroup poiché i membri dell'outgroup
vengono classificati come compagni di una nuova categoria di ordine superiore → C'è una
propensione a favorire l'ingroup anche in situazioni in cui l'identificazione è minima.
– Amore per l'ingroup o odio per l'outgroup?
– Necessità del confronto intergruppi → Giles e Johnson – teoria dell'accomodamento
linguistico: linguaggio come espressione della propria identità di gruppo e come mezzo di
differenziazione dall'outgroup (divergenza) o di raggiungimento di vicinanza psicologica
(convergenza). In un contesto intergruppi il linguaggio sarà utilizzato in modo da rendere
difficile la smentita di idee preesistenti sul proprio gruppo e su altri gruppi.
Comportamento osservato Descrizione inferenza
Positivo ingroup Linguaggio astratto Stabilità
negativo outgroup → alta inferenza disposizionale
Negativo outgroup Linguaggio concreto probabilità di ripetizione
positivo ingroup → bassa

– Maas → studio del palio di Ferrara: comportamenti socialmente desiderabili messi in atto da
membri del proprio gruppo e comportamenti socialmente indesiderabili messi in atto da
membri dell'altro gruppo sono descritti con termini relativamente più astratti rispetto a
comportamenti indesiderabili messi in atto dal proprio gruppo e comportamenti desiderabili
messi in atto dall'altro gruppo.
Implicazioni: poiché le comunicazioni codificate a livello astratto sono maggiormente
generalizzabili, implicano maggiore stabilità e maggiore probabilità di ripetizione
dell'evento descritto e forniscono più informazioni rispetto al protagonista dell'evento, la
descrizione in termini astratti di comportamenti negativi dell'outgroup o positivi dell'ingroup
può contribuire alla persistenza di immagini differenziate e quindi di stereotipi dei due
gruppi.

Nuove e vecchie forme di pregiudizio


Al giorno d'oggi, le manifestazioni esplicite di pregiudizio sono relativamente rare
→ declino del pregiudizio?
Dovidio e Fazio (1992): dati comparativi mostrano una progressiva diminuzione del pregiudizio.
Es. soprattutto per genere (minore sessismo), oltre che cambiamento degli atteggiamenti verso
gruppi etnici minoritari.
Tuttavia:
– questo declino del pregiudizio è meno evidente considerando altri gruppi target (es.
omosessuali, disabili, malati di AIDS, arabi)
– cambiamento sostanziale o dovuto all'adesione di nuove norme sociali e alle sanzioni
legislative contro la discriminazione (es. studi sul linguistic intergroup bias verso ebrei ed
islamici)
– questione della desiderabilità sociale: paradigma sperimentale della “bogus pipe-line”
(rilevatori del riflesso elettrogalvanico. Prima condizione: dare aggettivi a persone
bianche/nere; seconda condizione: uguale alla prima ma con misurazione elettrogalvanica.
Nella prima condizione il pregiudizio non emerge (esplicito), nella seconda emerge.
→ Metodi invasivi per osservare i comportamenti intergruppi in condizioni naturali (es.
studi sul comportamento di aiuto, Crosby; 1980)
→ relazione tra risposta pubblica/esplicita e su misure implicite (es. valutazioni di
gradimento vs, indicatori paralinguistici/tono di voce) → es. discrepanza tra misure
esplicite/controllate di vicinanza interetnica e scelta effettiva di vicinanza; osservazione
delle interazioni con disabili (vs. non disabili) e misura del livello di attivazione.
→ Vanneman: misurazione del potenziale elettrico di due raggruppamenti muscolari del
volto (che esprimono affetto positivo vs. negativo) in risposta a immagini di persone bianche
vs. nere.

Studio dei processi conitivo-associativi


presentazione di stimoli visivi rappresentanti persone bianche vs. nere (tempi di reazione minori per
associazione fra la categoria rappresentata a valenza degli attributi).
Possibile spiegazione della discrepanza tra misure esplicite ed implicite del pregiudizio: “adesione
pubblica” (valutazione costi-benefici) vs. “interiorizzazione” delle credenze non pregiudiziali.
Crosby et al. (1980) spiegano la diminuzione del pregiudizio come semplice modificazione delle
sue manifestazioni esterne.

Il pregiudizio moderno
Differenza qualitativa tra pregiudizio “vecchio stampo” (biologico) e “moderno”.
Mc Conahay (1986): la persona con pregiudizio moderno:
– non sposa le credenze stereotipate “vecchio stampo” sui membri di gruppi minoritari (es. i
neri sono fannulloni)
– percepisce un conflitto fra i valori occidentali tradizionali (es. il merito), le richieste fatte dai
gruppi minoritari e i diritti ad essi accordati
– ha un atteggiamento negativo verso i programmi di azioni positive (es. ambito lavorativo ed
educativo) diretti ai membri dei gruppi minoritari
– non si percepisce come portatore di pregiudizi

Variante del pregiudizio moderno:


Pettigrew e Mertens (1995): pregiudizio sottile/latente vs. manifesto
pregiudizio manifesto:
– vissuto di minaccia da parte di un gruppo
– rifiuto di avere contatti con persone di questo gruppo
pregiudizio latente:
– difesa dei valori tradizionali
– esasperazione delle differenze culturali
– soppressione delle emozioni positive nei confronti delle persone che appartengono ad un
certo gruppo

Pregiudizio di avversione (Gaartner e Dovidio, 1986)


Le persone con pregiudizio di avversione:
– non sposano le credenze stereotipate del vecchio stampo
– non percepiscono un conflitto con i valori tradizionali
– sono favorevoli a politiche di integrazione dei gruppi minoritari e migliorare la loro
condizione
– non provano ostilità verso i gruppi minoritari, ma ansia e disagio nelle interazioni con questi
gruppi.
Ansia e disagio portano queste persone a comportamenti di evitamento in situazioni in cui le norme
sociali sono ambigue. È la forma meno grave di pregiudizio.

La riduzione del pregiudizio attraverso il contatto intergruppi

Ipotesi del contatto (Gordon Allport, 1954) → il contatto dovrebbe ridurre il conflitto tra gruppi
Per ridurre/eliminare il pregiudizio intergruppi, è necessario che siano soddisfatte alcune
condizioni:
– obiettivo comune ai due gruppi → richiede attività congiunte anziché essere casuale e privo
di uno scopo effettivo; senza l'incentivo fornito da un obiettivo comune, è improbabile che
l'interazione produca molti cambiamenti di atteggiamento.
– contatto prolungato e ripetuto → interdipendenza
– clima sociale favorevole: sostegno ufficiale e istituzionale alla politica di integrazione →
istituire delle commissioni che garantiscono l'uguaglianza delle opportunità, o tribunali che
si occupano delle relazioni razziali, di per sé potrebbe non essere una misura efficace per
eliminare la discriminazione, ma contribuirebbe a creare il tipo di clima sociale in cui
possano emergere norme più tolleranti.
– il contatto dovrebbe coinvolgere gruppi di status simile → secondo Allport, non è opportuno
che si verifichi un contatto prolungato tra i membri di due gruppi se tali gruppi sono
fondamentalmente diversi nello status e nel potere. Tali incontri è più probabile che si
limitino a rafforzare il pregiudizio e gli atteggiamenti di superiorità nel gruppo dominante.
È difficile ad arrivare ad una generalizzazione dell'atteggiamento che ho modificato verso il singolo,
non viene estesa a tutto il gruppo.

Ruolo dell'ignoranza nel pregiudizio (Stephan e Stephan, 1984): scoprire somiglianze fra i gruppi
conduce ad atteggiamenti positivi?
Gli autori sostengono che l'ignoranza è un elemento importante nel pregiudizio e che i programmi
ideati per migliorare le relazioni intergruppi dovrebbero avere lo scopo principale di fornire
informazioni sul'outgroup che siano in grado di sottolineare la somiglianza tra l'ingroup e l'outgroup
in quanto questo porterebbe all'attrazione tra i rispettivi membri.
Tuttavia:
– problema dell'ignorare le differenze comunque esistenti
– alcune volte le somiglianze sono davvero poche. In questi casi è probabile che il contatto
metta in evidenza le differenze e di qui, secondo il processo casuale che si presume alla base
dell'ipotesi del contatto (cioè somiglianza-attrazione), il risultato dovrebbe essere una
diminuzione della simpatia intergruppi anziché un aumento.
– ruolo dei conflitti oggettivi di interesse. Sono una fonte importante di disprezzo reciproco.
Alternativamente la semplice categorizzazione o i fattori che influenzano l'identità dei
membri del gruppo possono essere sufficienti per far scattare la discriminazione.

Ruolo delle categorizzazioni incrociate nella riduzione del pregiudizio (Doise, 1976)
Quando due categorie si intersecano (es. colore della pelle e genere), la discriminazione rispetto alle
categorie originarie e i riduce per effetto del simultaneo operare di processi di differenziazione e di
assimilazione.
Tuttavia alcune categorie/appartenenze sociali sono molto più importanti di altre (es. studio in
Bangladesh).

Sviluppi dell'ipotesi di contatto:


problema della generalizzabilità della modifica degli atteggiamenti
1. Miller e Brewer (1984): decategorizzazione → interazioni ripetute sul piano interpersonale
fanno sì che le persone focalizzino l'attenzione sulle informazioni idiosincratiche e meno su
quelle stereotipate.
→ Tuttavia, la “personalizzazione” porterebbe ad atteggiamenti più positivi verso l'outgroup
solo nel caso dei gruppi di maggioranza
→ Nei contesti intergruppi reali, non è facile eliminare o attenuare gli effetti di appartenenze
di gruppo molto salienti o importanti per gli individui. Ignorare le differenze rischia di far
persistere le differenze di status e potere esistenti tra i gruppi
2. Geartner (193): ricategorizzazione → la differenziazione fra gruppi può essere ridotta
ridisegnando a livello cognitivo un ingroup sovraordinato che comprenda ingroup e
outgroup originari, portando alla formazione di un'identità comune (ad es. modificando la
struttura di interdipendenza fra i due gruppi)
→ difficoltà a creare un ingroup sovraordinato al di fuori dei contesti di laboratorio
→ rischio di assimilazionismo: i membri di gruppi di minoranza devono conformarsi alle
norme e ai valori del gruppo di maggioranza
Entrambi i modelli (decategorizzazione e ricategorizzazione) propongono di agire sulla salienza
delle identità di gruppo preesitenti riducendola.
3. Hewstone e Brown (1986): per migliorare la generalizzabilità dei risultati ottenuti con il
contatto, è necessario mantenere livelli adeguati di salienza della differenziazione intrgruppi,
ottimizzando le condizioni di contatto indicate da Allport.
Gli individui in contatto sono considerati “tipici” dei rispettivi gruppi.

Sviluppi dell'ipotesi di contatto


– se l'interazione cooperativa fallisce, si rischia di generalizzare gli atteggiamenti intergruppi
negativi → se un contatto in cui l'identità è saliente permette di generalizzare con maggiore
facilità gli atteggiamenti promessi dall'incontro, bisogna aumentare la linea di principio che
questa generalizzazione possa riguardare anche gli atteggiamenti negativi e non solo quelli
positivi. Il fallimento dell'interazione potrebbe portare non soltanto a una situazione dei
soggetti coinvolti, ma anche al rischio di rinforzare gli stereotipi negativi dell'outgroup.
– problema dell'ansia che può insorgere nel contatto intergruppi → gli incontri intergruppi
possono provocare maggiore ansia degli incontri interpersonali e l'ansia difficilmente
conduce alle relazioni sociali armoniose.

Approccio dell'identità duale: mantenere una certa salienza delle identità originarie all'interno di
un'identità comune sovraordinata (pluralismo)

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