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Università degli Studi di

Napoli “Federico II”


Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea Specialistica in “Scienze delle Professioni Sanitarie
della Riabilitazione”

Polidermatomiosite

Corso integr. 8: modulo di Malattie Cutanee e


Veneree
Prof. Delfino
Matricola: P02000126
Studente: Fasano Stefania
Anno Accademico: 2010-2011

POLIDERMATOMIOSITE (POLIMIOSITE/DERMATOMIOSITE)

Definizione.

Per Polidermatomiosite (PDM) si intende un gruppo di malattie del tessuto connettivo,


dovute a cause ancora ignote, caratterizzate sul piano anatomo-clinico da un processo
flogistico cronico a carico della muscolatura scheletrica.

La Polimiosite/Dermatomiosite viene classificata tra le malattie reumatiche sistemiche e più


precisamente tra le malattie infiammatorie dei connettivi (o connettiviti); colpisce infatti un
tessuto connettivo differenziato: il muscolo (muscolo striato: la Polimiosite) e talvolta la cute
(Dermatomiosite).

In passato veniva distinta in:

- Una FORMA IDIOPATICA, che comprendeva due entità :


a) La Polimiosite (PM)
b) La Dermatomiosite (DM)
- La PDM dell’infanzia
- La PDM associata alle neoplasie
- La PDM associata ad altre connettiviti (Bohan and Peter, 1975).

Recentemente, ha ricevuto particolare attenzione:

 La Miosite da Corpi Inclusi (MCI), un tempo ritenuta variante della PM, viene ora
considerata come entità separata, in quanto presenta caratteristiche epidemiologiche,
cliniche ed istopatologiche peculiari.

E’ stata, quindi, proposta una NUOVA CLASSIFICAZIONE (Dalakas, 1991), che prescinde
dall’associazione o meno con altre malattie e che comprende:

1) La Polimiosite
2) La Dermatomiosite
3) La Miosite da Corpi Inclusi.

Epidemiologia.
L’incidenza e la prevalenza della malattia sulla popolazione non sono conosciute con
esattezza. Gli studi più accreditati indicano:

- Un’incidenza compresa tra 1-12 nuovi casi/1000000 abitanti/anno (che


corrisponde ad 1/10 dell’Artrite Reumatoide, 1/3 del LES, ½ della Sclerodermia e il
doppio della Poliarterite Nodosa);
- La prevalenza è risultata di 4 :100000 abitanti.

La PM è più frequente nella popolazione di colore e può interessare tutte le età . Vi sono però
delle differenze tra PM, DM e MCI, infatti:

- La PM colpisce generalmente individui con più di 18 anni,


- La MCI, soggetti con più di 50 anni,
- La DM, colpisce tutte le età
 Pertanto, nei BAMBINI si ha quasi esclusivamente la DM, che in questa età sembra
configurare, per vari aspetti, una forma clinico-patologica distintiva.

La malattia, in generale, predilige il SESSO FEMMINILE, con un rapporto femmine/maschi di


circa 2:1; se consideriamo però i sottogruppi, si possono riscontrare tra di essi notevoli
differenze, il rapporto è:

- 1:3 nella MCI


- 1:2 nella PM/DM associata a neoplasia
- 1:1 nella PM/DM giovanile
- 9:1 in quella associata ad altre connettiviti.

Eziopatogenesi.

Le cause della PDM non sono completamente conosciute. Come per altre connettiviti l’ipotesi
che riceve maggiori consensi è quella che prevede in un soggetto geneticamente predisposto
(portatore degli antigeni HLA DR3 e DRw52), l’intervento di un fattore esterno in grado di
scatenare una reazione immunitaria e/o autoimmunitaria (umorale e/o cellulare) con
danno muscolare.

 È possibile ipotizzare che nella PM il danno sia essenzialmente indotto da una


citotossicità T diretta nei confronti delle cellule muscolari, mentre nella DM le
alterazioni muscolari e cutanee siano prevalentemente sostenute da un’attivazione
del complemento fino all’attacco del complesso litico a livello dell’endotelio dei vasi
perimisiali e cutanei.

La ricerca del fattore scatenante è stata particolarmente attiva tra gli agenti infettivi, ma ha
portato alla loro dimostrazione solo in qualche caso isolato. Particolare attenzione è stata
rivolta a quei VIRUS che più frequentemente provocano sintomi muscolari, come i virus
cocsackie, gli echovirus, i virus dell’influenza (A e B), dell’epatite B, dell’herpes, della rosolia e
il virus di Epstein-Barr.
Nelle MCI all’interno delle inclusioni nucleari e citoplasmatiche sono stati dimostrati
antigeni del virus della parotite epidemica, ma si tratta di segnalazioni sporadiche che non
hanno ancora trovato sufficienti conferme.
Tra i possibili fattori scatenanti vanno annoverati anche i retrovirus come l’HIV, dal momento
che i pazienti affetti da AIDS possono presentare una MIOPATIA INFIAMMATORIA
indistinguibile dalla PM.
Un certo interesse è stato riservato anche al toxoplasma gondii, sia perché questo protozoo è
in grado di provocare una miosite, sia perché nella PM/DM (come talora in altre connettiviti),
si può osservare l’aumento degli anticorpi anti-toxoplasma.

Nel complesso, sembra che nella PM/DM entrino in gioco meccanismi di immunità sia di tipo
cellulare che di tipo umorale.
Per quanto riguarda questi ultimi, nel SIERO dei pazienti affetti da questa malattia si
riscontrano specifici anticorpi antinucleo e anticitoplasma, alcuni dei quali sono diretti contro
enzimi coinvolti in funzioni fondamentali della vita e della riproduzione cellulare e pertanto
potrebbero svolgere un importante ruolo patogenetico.

Quadro clinico.

Come le altre malattie autoimmuni sistemiche anche la PDM è caratterizzata da un complesso


sintomatologico costituito da sintomi costituzionali quali astenia, malessere ed artralgie-
artriti. Sono tuttavia tipici, l’astenia a carico dei muscoli prossimali (degli arti), a carattere
simmetrico e ad andamento lentamente ingravescente, la dolorabilità alla palpazione ed
impastamento dei muscoli interessati cui successivamente può conseguire atrofia muscolare
(PM e MCI); in caso di DM alla sintomatologia descritta si associano manifestazioni cutanee.
Oltre a queste, sono state descritte manifestazioni gastrointestinali, polmonari, cardiache e
renali.
Nel caso di sospetta PM/DM l’anamnesi deve essere mirata, dunque, ad evidenziare i segni e i
sintomi sopra menzionati, alcuni dei quali spesso non enunciati dal paziente perché di
modesta entità .
L’esame obiettivo oltre a valutare il possibile coinvolgimento muscolare e la presenza di
possibili manifestazioni cutanee, deve mirare ad evidenziare altri segni significativi, per
un’eventuale secondarietà del quadro, dato che nel 20-30% dei casi (in particolare, in corso di
DM), tali quadri clinici possono essere espressione di un’eventuale sindrome paraneoplastica:

a) Manifestazioni muscolari.
Il sintomo principale è la debolezza muscolare (Gradi di astenia: Tab. 1) che interessa
in modo prevalente e simmetrico la muscolatura prossimale degli arti e dei cingoli,
scapolare e pelvico. L’esordio è subdolo: i pazienti si accorgono di provare fatica ad
eseguire alcuni semplici movimenti come accavallare le gambe, alzarsi in piedi dalla
posizione seduta, salire le scale, pettinarsi, appendere gli abiti.
Con il passare del tempo, la debolezza muscolare aumenta di intensità ed altri gruppi
muscolari possono essere coinvolti. La progressione è molto lenta: nella PM e nella DM
avviene in un periodo di settimane o mesi, nella MCI nell’arco di anni.
Oltre al cingolo scapolare e pelvico, possono essere interessati anche i mm del collo, i
mm respiratori, i mm della masticazione, della deglutizione e della fonazione.
I mm oculomotori non sono mai interessati, neppure nei casi più avanzati e non
trattati, per cui se vi è interessamento di questi muscoli, la diagnosi deve essere messa
in dubbio.
La muscolatura distale degli arti è raramente interessata nella PM e nella DM, mentre è
comune nella MCI, nella quale inoltre l’interessamento muscolare è talvolta
asimmetrico.
Meno frequenti sono le mialgie, di solito associate alla debolezza muscolare.
I segni clinici più rilevanti sono rappresentati da:
- riduzione della forza muscolare (rilevata obiettivamente),
-dolorabilità alla palpazione dei muscoli
-contratture e atrofia muscolare, che generalmente si instaura nelle fasi avanzate
della malattia.[Diagnostica: Tab. 2]

b) Manifestazioni cutanee.

caratteristiche della Dermatomiosite.

Un segno poco sensibile ma specifico (visto che si ritrova nel 25% dei pazienti con DM, ma
non in altre connettiviti) è: il rash eliotropo, una colorazione eritematosa e/o violacea delle
palpebre superiori, accompagnata talora ad edema.
Va però precisato che la sua specificità non è assoluta, poiché è stato segnalato, anche se
raramente, nelle sindromi allergiche e nella trichinosi.
Il rash può precedere di mesi o di anni l’insorgere dei sintomi muscolari.

Caratteristiche sono anche le papule di Gottron, papule o placche eritematose o violacee,


lievemente sopraelevate, presenti al di sopra delle sporgenze ossee nel 30% dei pazienti con
DM. Le sedi più comuni sono rappresentate dalla superficie estensoria delle articolazioni delle
dita delle mani (metacarpofalangee, dorso delle mani, segno comune e precoce di DM, distinto
dal rash del LES che solitamente colpisce le falangi e risparmia le art. metacarpofalangee), ma
sono state descritte anche sulle ginocchia, sui gomiti e sui malleoli interni delle caviglie.

Nel 40% dei casi, il rash (eritematoso e/o violaceo) compare anche al volto e al collo, è
fotosensibile, a volte desquamante ed in alcuni casi può assomigliare a quello del LES od alla
Dermatite Seborroica (il rash facciale coinvolge anche l’area naso labiale che invece è
risparmiata nel LES; è presente anche un coinvolgimento irregolare della fronte e del mento).

Le manifestazioni vasculitiche (descritte come infiammazione dei piccoli vasi sanguigni


della pelle) sono più frequenti nell’infanzia e sono rappresentate da noduli sottocutanei,
eritema ed infarti periungueali.

Anche la calcinosi cutanea è più frequente nell’infanzia: le calcificazioni possono formarsi


sulle fasce che ricoprono i gruppi muscolari degli arti e possono determinare indurimenti
sottocutanei, dimostrabili anche attraverso la palpazione. Talvolta, questi depositi
sottocutanei possono ulcerarsi sulla superficie della cute ed allora può fuoriuscire del
materiale calcareo.

Il fenomeno di Raynaud (pallore delle dita delle mani per il freddo), è riportato nel 35% dei
casi, ma è frequente solo nella DM Idiopatica e nei casi associati ad altre connettiviti.
Machinist’ hands (mani da operaio): screpolature e fessurazioni della cute dei polpastrelli
delle falangi distali.

c)Manifestazioni articolari.

Le artralgie sono frequenti nei periodi di attività della malattia, ma regrediscono con il
passare del tempo. Rara è invece l’artrite.

d)Manifestazioni gastro-intestinali.

- La disfagia è descritta in 1/3 circa dei casi e può essere dovuta, oltre che all’interessamento
dei mm della deglutizione, anche a miosite del terzo prossimale dell’esofago, segmento
caratterizzato dalla presenza di fibre muscolari striate.

- Emorragie gastro-intestinali: sono state riportate soprattutto nell’infanzia, dovute a


quanto pare a lesioni ulcerose, su base vasculitica nell’intestino.

e)Interessamento polmonare.

L’impegno polmonare varia per tipo e gravità ;

- Il quadro più comune è la pneumopatia interstiziale (con inspessimento e fibrosi del


tessuto polmonare), che per aspetti clinici, funzionali e radiologici non si discosta da
quella di altre connettiviti o dalla forma cosiddetta idiopatica.
i sintomi principali sono:
- Dispnea (da alveolite o fibrosi interstiziale)
- Tosse (specialmente nelle fasi avanzate di fibrosi)
- Dolore toracico (talora)

All’esame obiettivo si nota un’ipoespansibilità polmonare per disfunzione dei mm


respiratori e crepitii basali bilaterali per fibrosi interstiziale.

Le prove di funzionalità respiratoria rivelano


 insufficienza di tipo restrittivo e ridotta capacità di diffusione polmonare della CO2.

Sul piano radiologico, si hanno lesioni variabili:


- dal lieve rinforzo della trama interstiziale
- ad inspessimenti lineari diffusi
- fino agli aspetti “a nido d’ape”, che si rendono evidenti nelle forme cronicizzate e
particolarmente gravi.

Isolata oppure associata, rispetto ai precedenti reperti può essere l’insufficienza


ventilatoria da debolezza dei mm respiratori.
Infine va ricordata la polmonite ab ingestis, determinata dall’incoordinazione dei mm
della deglutizione.

f) Interessamento cardiaco.

Alterazioni cardiache sono frequenti in corso di PM/DM, ma raramente sono sintomatiche.


Disturbi elettrocardiografici si trovano nel 50% dei casi, comprendendo:

- Blocco A-V di I°, II° e III° grado


- Blocchi di branca destro e sinistro
 Raramente però , le alterazioni della conduzione A-V sono così severe da richiedere un
pace-maker artificiale.

La miocardite in forma severa è rara, mentre le forme lievi, asintomatiche, sono


probabilmente più frequenti.

Le forme severe possono accompagnarsi ad insufficienza cardiaca.[Diagnostica: Tab. 2]

g) Interessamento renale.

Sono stati segnalati rari casi di insufficienza renale, in pazienti con mioglobinuria
persistente e, ancora più raramente, casi di glomerulo nefrite.

Diagnostica.[Tab. 6: Approfondimento]

La presenza di segni e sintomi suggestivi di PM/DM rende opportuna la determinazione degli


anticorpi antinucleari (ANA), nonché la valutazione degli indici di flogosi (esami livello
base). La positività degli ANA a titolo significativo (= σ > 1:160) rappresenta un dato
altamente probativo di malattia. A questo punto il paziente deve essere valutato da parte di un
medico specialista (immunologo clinico, reumatologo), in quanto dovrà essere attuato un
preciso algoritmo che prevede:

1. Il raggiungimento della certezza diagnostica mediante approfondimento delle indagini


siero immunologiche (esami I livello) e l’esecuzione di esami ematici di II livello,
nonché l’applicazione di precisi criteri “diagnostico/classificativi”.
2. La valutazione clinico-strumentale delle varie localizzazioni anatomiche.
3. La valutazione della possibile associazione con altre malattie autoimmuni (in
particolare, Sindrome da anticorpi antifosfolipidi e Sindrome di Sjogren).
4. La precisazione dello stato di attività della malattia secondo adeguati criteri.
5. L’attuazione di precisi protocolli terapeutici.

Il primo punto si avvale della interpretazione specialistica degli ANA (titolo, pattern, modalità
di esecuzione) e della ricerca degli anticorpi anti-ENA.

I rilievi ematochimici possono evidenziare la presenza di uno stato di flogosi (incremento


della VES e delle proteine della fase acuta) o documentare alterazioni a carico degli enzimi
muscolari (valori elevati in più determinazioni di: CPK, Aldolasi, GOT, GPT, LDH).
In caso di presenza di ANA si dovrà provvedere alla determinazione degli ENA, per valutare la
presenza di anticorpi specifici quali anti-Jo-1, anticorpi anti-PM-1, anticorpi anti-Mi-2,
anticorpi anti-PL-7, anticorpi anti-PL-12 ed anticorpi anti-Signal Recognition Particle.

La presenza di anticorpi anti-Jo-1 è patognomonica della PM; la loro assenza non esclude la
diagnosi.

È necessario effettuare uno screening laboratoristico e strumentale al fine di valutare la


possibile presenza o di una malattia autoimmune o di una neoplasia, soprattutto in caso di
DM.

Pur non esistendo criteri di attività della malattia standardizzati, tuttavia è possibile
monitorare l’andamento clinico attraverso:

- Valutazione clinico-strumentale
- Valutazione laboratoristica [Tab. 5: Follow-up].

Una volta raccolti i dati anamnestici e clinici, nonché effettuati i controlli ematici e ricercate le
specificità anticorpali è doverosa l’applicazione di criteri diagnostici internazionali, che
devono essere attentamente valutati da personale specialistico ai fini di una corretta
interpretazione.

Diagnosi e diagnosi differenziale.

I criteri di diagnosi internazionale attualmente più usati sono quelli di Bohan and Peter
del 1975. [Tab. 3]

Secondo questi criteri la diagnosi di PM è: definita/probabile/possibile


 quando sono presenti, rispettivamente, 4, 3 o 2 criteri; mentre la diagnosi di DM è:
definita/probabile/possibile, quano sono soddisfatti, oltre alle manifestazioni cutanee
 rispettivamente, 3, 2 o 1 criterio.

La diagnosi di MCI può essere sospettata sulla base delle caratteristiche cliniche e bioumorali
dell’impegno muscolare, ma la conferma definitiva viene data dall’esame istologico che
dimostra le tipiche inclusioni nucleari e citoplasmatiche.

La diagnosi differenziale deve essere fatta nei confronti di tutte le malattie che coinvolgono
l’apparato muscolare. (Tab. 4)

Le più comuni cause di debolezza muscolare dalle quali la PDM deve essere differenziata
sono:

1. Le alterazioni del S.N.C. e Periferico


2. Le Distrofie Muscolari

Per quanto riguarda le prime, la diagnosi differenziale si basa sul fatto che nella PDM mancano
le alterazioni neurologiche, mentre nei disturbi del S.N.C. e Periferico mancano le
alterazioni bioumorali e strumentali caratteristiche della miopatia.
La diagnosi differenziale con la Distrofia Muscolare può essere più difficile, perché in questa
malattia ci può essere un aumento della CPK ed alterazioni elettromiografiche e bioptiche
simili a quelle della PM/DM.

La presenza di una storia familiare, l’esordio lento e insidioso, l’interessamento dei mm


estensori del collo, fanno propendere per la Distrofia Muscolare.
Mentre l’interessamento dei mm flessori del collo, oltre che degli estensori e la presenza dei
sintomi/segni sistemici, orientano per la PM/DM.

La miopatia iatrogena, può essere dovuta all’uso di corticosteroidi e soprattutto, di composti


fluorurati, ma in questo caso la CPK è normale e l’esame istologico mostra segni di atrofia, più
che un quadro di infiammazione delle fibre muscolari.

Le miopatie da cause endocrine, da alterazioni elettrolitiche e la polimialgia reumatica,


sono caratterizzate da normalità della CPK e dall’assenza di alterazioni istologiche di tipo
infiammatorio.

Prognosi.

La prognosi della malattia è migliorata, decisamente, soprattutto dopo l’introduzione in


terapia dei cortisonici. È importante che la diagnosi sia precoce e che venga instaurato
subito un trattamento efficace per evitare le alterazioni atrofiche del muscolo e la
conseguente perdita funzionale.

La prognosi è migliore nella forma giovanile re peggiore nel paziente anziano.

La mortalità sembra aumentare con l’aumento dell’età di insorgenza della malattia, ma ciò
dipende anche dalla maggiore frequenza di neoplasia nel soggetto anziano.

Terapia.

I corticosteroidi sono i farmaci di elezione in quasi tutte le forme di PM/DM. Come terapia di
attacco vengono somministrate dosi di 1 mg/Kg/die per 4-6 settimane, seguite da graduale
riduzione, monitorando accuratamente l’attività della malattia. Se non vi è miglioramento con
questi farmaci è consigliabile aggiungere gli immunosoppressori.

Il primo immunosoppressore ad essere usato nella PDM è stato il methotrexate per via
endovenosa; il farmaco può essere somministrato anche per via orale. Altri
immunosoppressori utilizzati nella PDM sono l’azatioprina, la ciclofosfamide, la ciclosporina e
più recentemente il micofenolato mofetile, tutti per via orale. Recentemente sono stati
segnalati buoni risultati con la somministrazione di boli endovena di ciclofosfamide.

Anche la terapia plasmaferetica sembra essere efficace nelle fasi iniziali della malattia, in
combinazione con la somministrazione di corticosteroidi e/o di immunosoppressori.

Nelle forme di DM steroide-resistente o nel caso in cui la dose efficace di corticosteroidi sia
troppo elevata, è possibile effettuare trattamento con immunoglobuline ad alte dosi per via
endovenosa (IVIG), con somministrazione ogni 6-8 settimane fino a miglioramento avvenuto
e comunque per un periodo non inferiore ai 6 mesi.

A coadiuvare la terapia farmacologica è anche da considerare la terapia fisica, ricordando


però che i movimenti attivi sono da sconsigliarsi durante la fase di acuzie, mentre sono
indicati i movimenti passivi per evitare le contratture.

Solo in un secondo momento, quando la sintomatologia e gli esami del sangue dimostrano una
buona remissione, può essere iniziata anche la chinesiterapia attiva.

Bibliografia.

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 Salsano F., Poli-dermatomiosite,pagina web.

Appendice.

Tab. 1: Gradi di Astenia.


Polimiosite/Dermatomiosite

1. Assenza di anormalità all’esame obiettivo.


2. Assenza di anormalità all’esame obiettivo, ma facile affaticabilità e ridotta
tolleranza all’esercizio fisico.
3. Minimo grado di atrofia di uno o più muscoli senza compromissione funzionale.
4. Andatura ovattata, con incapacità a correre ma con capacità di salire le scale
senza necessità del supporto delle braccia.
5. Andatura marcatamente ovattata, accentuazione della lordosi, incapacità a salire
le scale o ad alzarsi dalla sedia senza il supporto delle mani.
6. Incapacità a camminare senza aiuto.

TAb. 2: Diagnostica.
INTERESSAMENTO MUSCOLARE.

 Incremento enzimi muscolari (CPK, Aldolasi, LDH, Transaminasi)


 Elettromiografia: caratteristici i bassi voltaggi e la breve durata dei potenziali
(dovuti alla riduzione numerica e alla sofferenza delle cellule muscolari), la
fibrillazionespontanea (dovuta all’interessamento flogistico delle fibre motorie)e le
scariche elettriche anomale ad alta frequenza (espressione della sofferenza delle
fibre residue)
 RMN muscolare
 Biopsia muscolare (la sede dovrà essere scelta sulla base della clinica,
dell’elettromiografia ed eventualmente della RMN)

INTERESSAMENTO CARDIACO.

 Ecocardiogramma
 RMN cardiaca
 Scintigrafia miocardica

Tab. 3: Criteri diagnostici (Bohan and Peter, 1975)


Polimiosite/Dermatomiosite

1) Astenia a carico dei muscoli prossimali, colpiti in modo simmetrico


2) Modificazioni elettromiografiche:
 Potenziali polifasici di breve durata ed ampiezza ridotta
 Fibrillazione
 Scariche bizzarre, ripetitive, ad alta frequenza
3) Elevata concentrazione sierica degli enzimi muscolari:
 Creatinfosfochinasi (CPK)
 Aldolasi
 Lattico deidrogenasi (LDH)
 Transaminasi (GOT e GPT)
4) Reperti bioptici caratteristici
5) Lesioni dermatologiche tipiche per Dermatomiosite/Polimiosite

PM CERTA: 4 criteri escluse le lesioni dermatologiche

PM PROBABILE: 3 criteri PM POSSIBILE: 2 criteri

Tab. 4: Diagnosi differenziale.


Polimiosite/Dermatomiosite

1. Disordini del sistema nervoso centrale e periferico


2. Distrofie muscolari
3. Miopatie iatrogene
4. Miopatie endocrine
5. Miopatie da alterazioni elettrolitiche
6. Polimialgia reumatica
7. Miositi infettive (virali, batteriche, micobatteri che, fungine, parassitarie)

Tab. 5: Follow-up.

Indagini da impiegare nel monitoraggio del paziente con PM/DM

Da eseguire ad ogni Da eseguire Da eseguire occasionalmente


visita su tutti i pazienti periodicamente oppure ad (1-2v./anno)
ogni controllo su
indicazione clinica

 Emocromo con  EMG  ANA


piastrine+formula  Esami strumentali  Anticorpi anti-ENA
leucocitaria suggeriti dalla  Monitoraggio strumentale
 CPK, Aldolasi, LDH, clinica ed atti ad delle diverse
GOT, GPT evidenziare una compromissioni d’organo
 VES, PCR possibile neoplasia
 Fibrinogeno
 Markers
oncologici
Tab. 6: Approfondimento.
Esami bioumorali e strumentali: PM/DM.

Sul piano delle alterazioni bioumorali la PM/DM comporta:

 L’aumento dei reattanti della flogosi (indici di infiammazione nel sangue)


 La comparsa dei segni di danno muscolare
 Una serie di particolari reperti immunologici.

Mentre l’aumento degli indici di infiammazione (VES, PCR, alfa-2-globuline, etc.), è un dato
aspecifico, molto specifici sono invece gli indici di necrosi muscolare.

Infatti, le lesioni della muscolatura striata (scheletrica e cardiaca), comportano la liberazione


in circolo di enzimi citoplasmatici miocellulari e di mioglobina, nonché aumento della
creatinuria.

Gli enzimi muscolari sono:

a) laCreatinFosfoChinasi (CPK)
b) la LatticoDeidrogenasi (LDH)
c) la Transaminasi Glutammico-Ossalacetica (GOT)
d) la Transaminasi Glutammico-Piruvica (GPT, in percentuale minore)
e) le Aldolasi

La loro attività aumenta nel corso della malattia ed in particolare, nelle “fasi di attività ”
L’enzima più rappresentativo è la CPK, il cui dosaggio è importante anche nel controllo del
decorso della malattia e della risposta alla terapia. Il suo aumento rispecchia il grado di
necrosi cellulare.

Dobbiamo però sottolineare come l’aumento della CPK non sia dimostrabile nel 30-40% dei
pazienti all’esordio della malattia e, in percentuale ancora superiore, nelle fasi avanzate
quando vi è atrofia muscolare. Talvolta, non si riesce a dimostrare l’aumento della CPK
neppure nelle fasi acute della malattia e questo accade più frequentemente nei pazienti con
MCI, con forma giovanile o in quelle con PM/DM associata a connettivite sistemica o a
neoplasia.

Nonostante la CPK sia tra gli enzimi muscolari il più specifico, come spia di danno muscolare,
dobbiamo ricordare che esso aumenta anche in alcune malattie muscolari non infiammatorie,
ad esempio la Distrofia Muscolare e nei soggetti sani dopo intenso sforzo muscolare e dopo
iniezioni intramuscolari.

La Mioglobinaè la proteina respiratoria presente nei muscoli scheletrici e nel muscolo


cardiaco, formate dall’eme (al quale si lega l’ossigeno) e da un singolo polipeptide (globina). In
caso di necrosi essa si riversa in circolo e quindi, arriva al rene, dove è filtrata attraverso il
glomerulo. A livello tubulare viene riassorbita con meccanismo di soglia, per cui quando gli
aumenti nel siero (e nel filtrato) sono molto cospicui, il riassorbimento tubulare è
insufficiente e la mioglobina passa nelle urine.

 Il 70-80% dei pazienti con miosite in fase attiva, presenta un aumento della mioglobina
sierica, mentre la mioglobinuria è più rara.

La creatina è prodotta dal fegato, passa in circolo e poi viene catturata dal muscolo, che la
utilizza per formare il CREATINFOSFATO.

Sempre in sede muscolare, dalla creatina deriva la creatinina, la quale a sua volta passa in
circolo e viene eliminata con le urine:
- la soglia renale della creatinina è molto bassa,
- mentre quella della creatina è molto alta (per cui può rimanere in circolo ed essere utilizzata
dal muscolo).

In caso di necrosi muscolare, l’escrezione urinaria della creatina aumenta e ciò è dovuto:

- Sia al rilascio in circolo, da parte delle MIOCELLULE danneggiate


- Sia alla sua ridotta utilizzazione da parte del muscolo leso.
 Il rapporto CREATINURIA/CREATININURIA risulta elevato: l’aumento della
CREATINURIA è perciò un buon indice dell’evoluzione dei danni muscolari (anche se
bisogna fare diagnosi differenziale, in quanto si può avere anche nell’ipertiroidismo,
nei bambini e in condizioni fisiologiche).

Gli anticorpi antinucleo sono stati dimostrati con l’immunofluorescenza indiretta nel 50% dei
casi e con l’ELISA nell’80% circa. Alcuni sono specifici della malattia e per molti di essi si è
riusciti ad individuare e a caratterizzare l’antigene verso cui sono diretti.
I principali e i più specifici sono:

- L’anti Jo-1, presente nel 20-30% dei casi con PM/DM, prevalente nella PM ed in
particolare, nei casi con impegno polmonare;
- L’anti PM-Scl, che si trova in circolo nel 10% dei pazienti, metà dei quali presentano
dei quadri misti con la Sclerodermia;
- L’anti Mi-2, più raro e prevalente nella DM.

L’elettromiografia è ampiamente applicata a questi casi e consente di registrare aspetti tipici


di danno muscolare.

La biopsia muscolare è indicata in tutti i pazienti, prima dell’inizio della terapia. La sede
prescelta deve corrispondere ad una zona dove l’interessamento muscolare è in fase di
attività , evitando invece le zone di atrofia o le zone sede di traumi (aghi
dell’elettromiogramma, procedure chirurgiche o altri). Generalmente, il sito prescelto è a
livello della muscolatura prossimale degli arti. La biopsia può essere:

a) Chirurgica a cielo aperto, che consente di prelevare una buona quantità di tessuto da
esaminare,
b) Mediante ago biopsia, che è meno invasiva e quindi, può essere ripetuta nel tempo, per
studiare la risposta terapeutica, ma che ha lo svantaggio di fornire solo piccole quantità
di tessuto.

L’esame istologico mostra alterazioni tipiche nella maggior parte dei casi. In una piccola
percentuale di casi (10-20%) non sono dimostrabili alterazioni istologiche e l’assenza di esse
è più frequente nei pazienti con PM/DM associata a neoplasia.

Il quadro finora descritto si riferisce alla forma idiopatica.

La PM/DM può , però , associarsi ad altre malattie [Tab. ], in questi casi il quadro clinico
presenta manifestazioni sovrapponibili alla PM/DM Idiopatica, ma con talune peculiarità
descritte qui di seguito:

A) PM/DM associata ad altre connettiviti.


In questo caso, i pazienti rispondono ai criteri di diagnosi della PDM e di un’altra
Connettivite Maggiore o dell’Artrite Reumatoide. Nell’ambito di questo gruppo, vanno
considerate due diverse entità :
1. La miosite in corso di alcune connettiviti e dell’Artrite Reumatoide, che quindi
rientra nel quadro della malattia di base;
2. La vera sindrome da sovrapposizione, in cui la PM/DM si associa ad un’altra
connettivite.

Nel primo caso, l’impegno muscolare ricalca quello della PM o della MCI; nel secondo
caso è generalmente la DM che si sovrappone ad un’altra connettivite (più
frequentemente, la Sclerodermia).
B) PM/DM associata a neoplasia.
La presenza di una neoplasia è segnalata nel 5-8% dei pazienti con PM/DM. La
prevalenza è, però , di gran lunga maggiore nei pazienti con DM rispetto a quelli con PM
e MCI. L’associazione con neoplasia è, inoltre, più frequente nel sesso maschile rispetto
a quello femminile ed è rara nella forma giovanile.
Sono state descritte varie neoplasie ma le più frequenti risultano:
- il carcinoma del polmone
- Il carcinoma dell’ovaio
- Il carcinoma della mammella
- Il carcinoma dello stomaco
Nella maggior parte dei casi, la PDM insorge 1 o 2 anni prima della neoplasia, ma talora
l’esordio delle due malattie è simultaneo oppure la neoplasia può precedere la PM/DM.

Tab. 7: MALATTIE ASSOCIATE ALLA PM/DM (PDM).

DM PM MCI
connettiviti no si si
Sindromi overlap si no no
Malattie autoimmuni* rara si rara
neoplasie si si no
PM=Polimiosite DM=Dermatomiosite MCI=Miosite da Corpi Inclusi

*Le malattie autoimmuni più comunemente associate alla PDM sono: il Morbo di Crohn, sarcoidosi,
cirrosi biliare primitiva, morbo celiaco, miastenia gravis, dermatite erpetiforme, psoriasi, tiroidite di
Hashimoto, agammaglobulinemia, gammopatia monoclonale, sindrome ipereosinofilica, malattia di
Lyme, sindrome di Kawasaki, trombocitopenia autoimmune, pospora ipergammaglobulemica, deficit
ereditari del complemento, deficit di IgA.

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