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L'Ignea Sagitta è uno dei primi scritti carmelitani testimonianza perciò preziosa dello
spirito carmel itano nel secolo XIII . Infatti esso può a ragione essere letto come il primo
commento "spirituale", sia pure parziale, alla Regola del Carmelo. Ne abbiamo un'edizione
critica del compianto Adrian Staring /
L'Autore è Nicolas il Francese( Nicolaus Gallicus), carmelitano della Provincia di
Narbonne, nella Francia meridionale. Non abbiamo molte notizie sulla sua vita, ma è
documentato che era Priore Generale dell'Ordine Carmelitano nel 1266 nel Capitolo
Generale di Tolosa. L'opuscolo è stato scritto nel 1271, secondo il sistema di datazione
Francese che poneva l'inizio dell'anno a Pasqua; l'autore non era più Priore Generale. E' il
tempo in cui la polemica contro gli Ordini Mendicanti è al culmine e si va delineando
concretamente, attraverso suggerimenti di Vescovi e altre componenti della Chiesa
gerarchica, il pericolo che essi vengano soppressi, o almeno ridotti di numero,
nell 'imminente Concilio Lionese II (1274)2. L'interesse degli studiosi per questo opuscolo si
è rivolto al suo aspetto storico come testimonianza dell' evoluzione dell 'Ordine da eremitico
a mendicante e delle posizioni contrastanti che tale passaggio, secondo molti, avrebbe
provocato nell 'Ordine?
Non mancano tuttavia alcune pubblicazioni interessate a studiare l'opuscolo dal punto di vista
della dottrina spirituale , ivi contenuta, e quindi più direttamente interessanti il tema di questa
relazione. 4
Personalmente, oltre a quanto scritto nel 1973 nell'opera citata, e nell 'introduzione
all'edizione francese, (cfr. nota 1) ho trattato ampiamente dell'opuscolo successivamente, In
un articolo sulle letture simboliche della regola del Carmelo, e, più tardi, in un ampia
introduzione alla edizione latino-francese della Ignea Sagitta .5
23 j. LECLERCQ, OSB, Études sur le vocabulaire monastique Moyen Age (Studia Anselmiana, 48), Herder,
Romae, 1961, 11 Oss; (=Études). Ignea, VI,286,33ss; VII, 290 , 68ss.
24"Simpliciores vero Cl/m quibus est secrela eius (Domini) sermocinalio ad solitudinem lransmitli voluil";
Ignea, VII,290,59. Cfr. Pr.3,32: nella Vulgata si ha: "cum simplicibus sermocinatio eius". Proprio a
proposito di "Marta e Maria" e dell'unum necessarium S. Bernardo scrive: .. Simplex esCO, non tantum sine
dolo et simulatione, sed et absque multiplicitate occupationum, ut tecum sit sermocinatio eius, cuius et
vox dulcis et facies decora ". PL 183,425.
25 CICCON ETTI, 1973, 196s; 301s. in riferimento al nostro testo.
26 Sul concetto di simplicitas vedi j.LECLERQ, OSB, Cultura umanistica , 269-272 (Traduzione da: L'amour
des lettres et le désir de Dieu, Paris,1957). (=LECLERCQ, Cultura umanistica); IDEM, Études, 31-33.
GUILLAUME DE SAINT-THIERRY, Lettre aux Frères de Mont-Dieu" Sources Chr.,223,n.49, p.184.
27 Ignea,VI,285,1s ; V,283,46; VII,288, 1 sS; VIII,291,6ss
28 Ignea, VII,288-290; VIII,291,1-5.10. 292,20-25 . 1,273,15
29 Ignea V, 283s, 46ss; c.X!, 299,28-31 . 300, 54-69.
Si rischia seriamente di rimanere invischiati nel "fango del secolo". Sulla scia del salmo, il
nostro, auspica "un volo di colomba" per librarsi in alto e sfuggire alla sorveglianza di
sentinelle impietose (discordia, violenza, sofferenza, ingiustizia, usura, inganno) che tengono
prigionieri e sono attente a impedire l'evasione dalla città assediata?o.
La solitudine (l'eremo e la celletta separata) è anzitutto intesa come difesa contro le
tentazioni della vita ordinaria. La vita solitaria dona una maggiore "sicurezza, tranquillità"
perché al riparo dagli strepitus mondani, triplice guerra dei sensi (vista, udito, loquacità).
L'eremita, afferma il Nostro, seguendo l'insegnamento tradizionale dei padri del deserto, è
sottratto a questa forma più insidiosa e solo gli resta il combattimento contro i pensieri cattivi
e inutili. (cogitationes, loghismoi, secondo i Padri orientali). Lo "stare in disparte" (secretus,
secretior ,secretius, secreta ), il grado di allontanamento fisico dai pericoli della vita in città
sembra corrispondente alla profondità del distanziamento del "cuore", dell'uomo interiore, da
tutto ciò che appartiene al mondo.
Le "cellette separate", non "adiacenti", (divise cioè solo da una parete), permettono una
relazione e un colloquio più familiare, intimo, con lo Sposo. Egli si rivela (ostendit se) e
"svela" i "misteri delle cose nascoste" : "mysteria secretorum". L'itinerario spirituale è visto
come progressiva penetrazione dei misteri di Cristo e conformazione della persona a ciò che
essi significano. Vivere nella vita il mistero che si scopre nelle Scritture e si celebra nei
sacramenti. La vita in solitudine è finalizzata, secondo il Nostro, a questa rivelazione
profonda e vitale del "mistero" di Cristo?l.
La Regola, prosegue Nicolas, dice chiaramente il tipo di vita religiosa alla quale
appartengono i carmelitani; il loro stesso nome "Eremiti" dice che non debbono stabilirsi in
città. Con fine ironia li apostrofa: "Eremiti che prendete il nome da eremo che avete scelto di
abitare nel cuore della città". Eremitae ab eremo nuncupati qui in corde civitatis habitaculum
elegistis", "civitatum habitatores" , "Eremitae-cives": è contradizione nei termini stessi ?2
30 Commentando il salmo 69,15.19: " Fuggendo dal frastuono del mondo non posi lo mia dimora entro le
mura della città, non nei sobborghi, non negli orti adiacenti, e mi stabilii nella solitudine; e veramente vi
dimorai, perché non ritornai dopo pochi giorni, come i modernl~ nella città". (Ignea V, 282,18; 283,35s5;
Vll,290. 59s. 63-68; VIII, 291.11s5; 293,57s5; IX,296,47ss; X,297,15s5; XI, 299,28s5; 300,38s5.)
31 Ignea , VI, 285, 5; cfr. I, 272,14; VI, 287, 51s. Vedi la voce "Mystère", in DSP, X, 1869-1873
32 Ignea . V, 283,46; V, 282,18; 1,272.14; VI, 287,49-53; VII, 288-289; VIII, 292,28; IX. 295, 39.
33 Ignea, III, 279, 36; VI. 286, 35.
34 Ignea, VI, 285,10.15; IX, 295,34s
" Se dunque desiderate salire al monte del Signore e fermarvi nella sua santa dimora, perché
cercate un comportamento innocente in un'azione nociva, e la purezza del cuore in un luogo
immondo? Se nell'impurità cerchi Dio nella città, mi meraviglio che tu possa credere di
trovare cosa diversa nel suo contrario".
" Vi dichiaro che i monti devono salire di monte in monte: dal monte della circoncisione dei
vizi tutti quelli che sono giustamente denominati monti ascendendo gradatamente di virtù in
virtù giungono senza dubbio al monte che è Cristo". 35
L'orizzonte del cammino spirituale è la pienezza e maturità, l'''uomo nuovo" generato a
immagine e somiglianza di Cristo, la vetta più alta dell'umanità: espresso nei simboli delle
"ascensioni" verso il Tempio, luogo della Presenza di Dio. La "perfezione", il culmine non è
descritto in forma statica, ma sembra evocare il concetto di progresso perpetuo proprio di
Gregorio di Nissa, ispirato all 'esperienza mistica di Paolo (2 Cor 12,1-4; Fil 3,13)36.
Ogni mèta raggiunta, persino la pienezza e maturità , costituisce nuovo inizio , perché
irraggiungibile è Colui che si cerca e inesauribile è la fame e la sete che, soddisfatta, "sazia e
allo stesso tempo genera nuovo appetito". 37
Il "cuore" è l'interiorità dell'uomo, il centro della personalità da cui nascono pensieri ,
sentimenti, parole , decisioni, azioni. E' il centro della coscienza religiosa e della vita morale .
(Gn 8,2 J; l Re 3,9; Ger.31 ,31-33; Ez 36,26). La "purezza di cuore", costituisce allo stesso
tempo la condizione per la contemplazione, "vedere Dio" e ii culmine, la pienezza di vita in
Cristo. Il concetto , biblico nella sua radice, è presente in tutta la tradizione spirituale dei
Padri del deserto e abbraccia una vasta area di significati. Il cuore semplice, retto, puro, è
libero da divisioni interiori, da ipocrisie, secondi fini, aperto, senza reticenze , all ' azione di
Dio. (cf.Mt. 5,8; Ef 1,18; 6,5-7; Gc 4,1_8)38. E' il centro della persona, forse sostanzialmente
non dissimile dal concetto di "uomo interiore" di S.Paolo, almeno nel nostro autore. (Rm
7,22; l Cor.4,16; Ef. 3,16). L'uomo cioè nella dimensione non visibile, ma in unità con
l'uomo esteriore che fa sentire la sua pesantezza e il suo legame alla terra?9
11 cuore puro rappresenta l'intenzionalità, l'opzione fondamentale per Dio . Una scelta
radicale tra una visione della propria vita intesa a bere "il calice" offerto dalle prospettive
mondane di felicità, e il "calice dolcissimo e inebriante" che è Gesù stesso. 4D.
L'eremo è detto simbolicamente il "monte della circoncisione dei vizi".41 E' il punto di
partenza della purificazione con allusione biblica al tema della "circoncisione dei cuori.'>42
Non si tratta solo di combattere e liberarsi dal dominio del peccato e delle passioni, ma di
camminare verso il suo completo orientamento a Dio, di renderlo unico, semplice.
43 GREGORIO MAGNO, L. d'AYALA VALVA Ca cura di), Il Cammino del Monaco, Qiqajon, 2001,
Commento a/l Re 1,61, 836. Cfr. IDEM, In Primum Regum 1,1,PL LXXIX,49,30; 50,31.
44 Cassiano, Con/ationes, XIV, 9,1; 9,7; 10,1 . PL XLIX, 965-969. "Può contemplare con spirito
assolutamente puro la divinità di Cristo soltanto chi, elevandosi al di sopra delle opere e dei pensieri bassi
e terreni, si ritira con Lui sull'a/ta montagna della solitudine: essa infatti libera com'è dal tumulto dei
pensieri e delle passioni terrene, lontana dalla confusione dei vizi, elevandosi nelle altezze di una fede
purissima e delle più eminenti virtù, rivela la gloria di Cristo e lo splendore del suo aspetto a chi è degno
di contemplarlo con lo sguardo puro dell'anima". Con/ationes, X,6,2, PL XLIX ,826.
45 Ignea, X, 296,1; 297, 23ss; cfr. I, 272,4s;
46 Ignea VI, 286,32-42
47 Ignea VI, 285, 1ss; Vll,290,59; X,297, 35ss. "In conc/avi "; indica una stanza chiusa a chiave , riservata, la
camera nuziale. (Cfr. Cant. 1,4; 3,4; ).
La vita contemplativa è colloquio, intima amicizia e familiarità, con Gesù Cristo. Egli dispose
che fossero condotti "nella solitudine coloro con i quali intrattiene una conversazione
intima"4S. Il Signore entra in stanze "a porte e finestre chiuse", non ama la presenza di
estranei, non si ferma a discorrere (sermocinari) tra lo "strepito dei pensi eri perversi ,,49 .
Vuole essere, solo, con l'amico. Il registro della intimità, segretezza , confidenzialità, è
abbondante ed espresso con simboli attinti al Cantico dei Cantici, secondo la tradizione
patristica e i commenti monastici medievali: la mistica "cantina", la stanza del tesoro regale,
dei profumi e degli aromi, il riposo "nel glorioso (fiorito) letto della contemplazione",
l'ebbrezza e il gusto riposante della compagnia dell'amico, il giardino degli aromi.
Le "cellette separate" , "non con pareti adiacenti", ossia comuni, hanno lo scopo di garantire
l'intimità del colloquio, la massima segretezza: "singuli singulas cellulas habeant
separatas".(R.5) La Regola l'ha prescritto "per ispirazione dello Spirito Santo" per
assicurare l'intimità tranquilla e sponsale con Cristo: "affinché lo sposo celeste e la sposa,
l'anima contemplativa , riposando in esse, conversino più intimamente " (secretius, più
riservatamente, da soli)", come si addice agli sposi so . E' mistica nuziale.
Gesù, "il Re dei Re" ammette a condividere i suoi segreti e invita alla gioia inebriante dello
Spirito nel I'amore.
« Ezechia mostrò a loro (ai suoi visitatori) la stanza degli aromi, dell'oro, dell'argento e
dei profumi e dell'unguento più prezioso»(cfr.ls.3,2) . Simbolicamente: i luoghi più segreti
da non mostrare agli estranei, o potenziali nemici , ma solo a coloro di cui ci si può fidare .
"Ecco introdotti nella cantina dal Re dei re otteniamo in noi una carità ordinata. O come è
detta bene "cantina" (cella vinaria) , infatti in essa lo Spirito Santo inebriando sobriamente i
veri abitanti delle celle con il meraviglioso vino della devozione (dedizione, abbandono di
amore?), li fa riposare nel letto glorioso della dolce contemplazione ,, 5/ .
Gesù allora è realmente l'eredità, il "calice inebriante" (la sorte gioiosa) del solitario , il suo
punto fermo, il senso e la ragione della propria esistenza. La partecipazione alla vita e alla
gioia di Cristo è espressa con il simbolismo delle due coppe: quella ricolma della bevanda
"dolcissima e inebriante" di Cristo , in opposizione al "vino amaro e velenoso" , del calice di
Babilonia. 52
Gesù è la "pietra solidissima" alla quale è indissolubilmente legato l'eremita attraverso la
fede, speranza e carità. Lo Sposo, abbiamo visto, è Gesù Cristo, Verbo del Padre.
L'orizzonte Trinitario della vita contemplativa, per quanto solo in pochi passi esplicito, è
chiaramente presente. Mentre nell ' insieme sono attribuiti al Padre o allo Spirito Santo le
prescrizioni della Regola.
Lo Spirito Santo, svolge la missione di maestro interiore di sapienza, trasformazione , e
comunicazione di amore inebriante. 53. Tutto si dirige ultimamente al Padre che dona il Figlio
e sarà tutto in tutti. 54 Tutta la vita del carmelitano, tra occupazione spirituale e lavoro
manuale, è spesa "per nostro giovamento e a gloria del Creatore.,,5)
La partecipazione alla vita e alla gioia di Cristo è espressa con il simbolismo delle due coppe:
quella ricolma della bevanda "dolcissima ed inebriante" di Cristo , in opposizione al "vino
amaro e velenoso", del calice di Babilonia 56 .
48 Ignea VII,290,59
49 Ignea VI, 285, 7s; X, 297, 35ss ;"11 Salvatore che rifiuta la compagnia dei nemici, disdegna di entrare"
nel cuore ingombro della loro presenza.
50 ut coelestis sponsus et sponsa, contemplativa anima, in eis quiescentes secretius colloquanturSO " (Ignea,
VIII, 291,8s. cfr.IX,295,25s)
51 Ignea, IX,295, 20. 23ss. "Lectulusgloriosus", equivale al "Iectulusfloridus" del Cantico. (Cant.1 ,15)
52 1gnea IX, 295 , 30-31; XII , 302, 28ss.
53/gnea IX, 295,24ss; cfr. I, 273-274,23; VI , 287, 49ss
54/gnea IX,295,24; 294, 15ss; VIII, 293,70; XI,299, 11ss; cfr. 1,273-274,23; VI , 287, 49ss
sS /gnea VIII, 291-292,18-20; 293, 67 -7L
56/gnea XII, 301,6s; XII,302,28ss
7. La mediazione: nella S. Scrittura Gesù, Verbo del Padre, parla al solitario. Lectio Divina.
571gnea VI,285,4: "amicis suis consolationis gratia se ostendit et revelat mysteria secretorum"
58 Ignea VI,285,1; VI,286,40; VIII,291, 7; VIlI,291s.,18-25.
59 Ignea, ; VI,286,40;
60 Cassiano, Conlatio XIV,8; PL 49,964. Cfr. 1 Cor 10 ,1-11; H. DE LUBAC, Éxégèse Médiévale. Les quatre
sens de /'Écritures, 4 voI., Aubier, Paris, 1959-1963, v.4, 80-84. (=Éxégèse). CICCON ETTI 1992, 27-29.
61 Cassiano, Conlationes XIV,8; PL 49,964; XIV, IX, PL 49,969: afferma che si deve "medullas coelestium
in tra re dictorum ac profunda et abscondita sacramenta purissimo cordis oculo contemplari"nelle
Scritture.
62 Ignea, VIII,291s.,18-25.
63 J.LECLERCQ, Aux sources de la spiritualité occidentale, Ed. Du Cerf, Paris, 1964,289.
64 Henricus de Susa, Hostiensis, Summa aurea super titulis decretalium, citato in, J. LECLERCQ, Études, 158
Si tratta di una "teologia dei contemplativi" che è "conoscenza nascosta e arcana di Dio", e perciò
"Teologia mistica". (mysteria secretorum ) " Nei due Testamenti, cioè il Vecchio, in cui accadeva agli
uomini tutto in figura, e nel Nuovo, in cui ci è stata data la verità consiste la Teologia, per mezzo della
quale l'anima si nutre, si governa e si salva consiste la teologia. Da questa sono diretti principalmente i
religiosi, specialmente i Certosini, Predicatori e Minori, e coloro che, posti nella contemplazione
disprezzano le cose temporali e terrene" .
"La contemplazione consiste nella "conoscenza arcana e segreta di Dio e delle cose divine ... Questo
significato si adatta principalmente alla teologia dei contemplativi, che viene chiamata mistica"
(M,Sandaeus, citato IN LECLERCQ, stessa pagina)
La "meditazione", nel tempo in cui nasce la nostra regola e nel contesto di questo opuscolo,
non è un esercizio a proposito di idee, e riflessioni astratte. E neppure deve confondersi con la
cosiddetta "orazione mentale" e metodica, che si afferma con la "devotio moderna".
"Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria nel senso più forte di
questo atto, con tutto il proprio essere: con il corpo poiché la bocca lo pronuncia, con la
memoria che lo fissa, con !'intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che
desidera metterlo in pratica." 65
I "misteri nascosti" sono da scoprirsi nella S. Scrittura, al di là del senso letterale o storico.
L'Incarnazione del Verbo storicamente avvenuta e letteralmente narrata nella Scrittura
interessa tutto il popolo cristiano e in esso si avvera , ma essa non raggiunge il suo scopo se
non "nasce" nella vita del cristiano. Il "mistero" del Verbo Incarnato raggiunge e trasforma il
cuore del cristiano. Il "mistero" inteso oggettivamente diventa personale, soggettivo.
"A che cosa mi serve che il Logos sia venuto al mondo se io non l'ho?" "Se non è caduta
anche nel cuore di qualcuno la città della confusione (Babilonia), per costui Cristo non è
ancora venuto" (Origene)66.
Sullo sfondo di questa tradizione spirituale va interpretata, anche nella Ignea Sagitta,
l'espressione" die ac nocte in lege Domini meditan/es": oggetto della "meditazione" è la S.
Scrittura (o suoi commentari), Parola di Dio, il Verbo che si autocomunica, e "nasce" ogni
giorno nel cristiano.
Ma non è la "scrittura" in quanto tale, neppure come fonte del credere e dell'agire, da
apprendere intellettualmente lo scopo della "meditati o" ininterotta: in essa si cerca e desidera
l'incontro non con uno scritto inerte, una nozione o con una legge morale, ma con la persona
che è la "Persona,il Verbo". Il nesso della meditatio Legis Domini con il "gaudio spirituale",
la consolazione e l'amore ne è indizio eloquente.
"Uniti e cementati in una carità sincera ... (nello stato anteriore) i carmelitani erano occupati a
meditare la legge del Signore e vegliare nelle orazioni, non per necessità, ma mossi
gioiosamente da un gaudio spirituale". "Come sareste felici se ognuno di voi potesse dire, in
verità, con il Profeta al Salvatore: «Quanto ho amato la tua legge o Signore! Tutto il
giorno è la mia meditazione (Sal 119,97 » . 6 7 Nella Scrittura "mistica cantina" si "beve la
sobria abbondanza dello Spirito" Laeti bibamus sobriam profusionem Spiritus.
La Torah è rivelazione e comunicazione di Dio che parla al cuore dell'uomo. E' sapienza che
istruisce e illumina il cammino, è amore che coinvolge l'uomo nella reciprocità dell'amicizia.
"Beato l'uomo che nella Legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e
notte" (Sal ) ,1-2)
E' la "beatitudine", frutto del dialogo, di due volontà che si trovano in sintonia: quella di Dio
che comunica la sua verità e quella dell'uomo che scopre nella Parola la grazia e l'amore che
compie le sue attese . E' l'amico che si rivela (se ostendit) ai suoi amici per consolarli e rivela
i "misteri nascosti" (Cfr Gv 14,21 ;15,15;), tutto quello che ha udito dal Padre, "mysteria
secretorum" 68
L'espressione "meditare giorno e notte nella Legge del Signore e vegliare nelle orazioni"
assume quindi significato di una personale relazione con il Verbo, anzi di una relazione
nuziale, come si deduce dalla letteratura monastica medievale, abbondantemente evocata dal
nostro testo. Gli autori monastici riconoscono, nelle Scritture come nell 'Incarnazione, la
69 Girolamo, Commento all'Ecclesiaste, 3,13 ,in li Cammino del monaco, Qiqajòn, 2001,706. "Poiché la
carne di Cristo è vero cibo e il suo sangue vera bevanda (cf Gv 6,55), il nostro unico bene nella vita
presente è quello di mangiare questa carne e bere questo sangue, non solo nel mistero del sacramento ma
anche nella lettura delle Scritture, infatti è vero cibo e vera bevanda ciò che si riceve dalla parola di Dio".
70 H. DE LUBAC, Éxégèse, 2, 593; ( Jaca Book,v.18, 246)
71 S. BERNARDO, In Cant, serm.23, n.3; PL CLXXXIII, 885 D; In Cant., serm.57, n.7-8; PL, CLXXXIII
coI.1053-1054.
72 Citato in DE LUBAC, Éxégèse, 2,597.
73 Super Cant., c.1,n.3; PL LXXIX, 479C.; in DE LUBAC, Éxégèse, 2,592; (Jaca Book,v.18, ,1,245)
74 Leclerq, Études, 82.,nota 9; Origene:" Qousque mhi sponsus meus mittit oscula per Moysen, mittit
oscula per prophetas ? lam ipsius ora cupio contingere, ipse veniat, ipse descendat", in . DE LUBAC,
Éxégèse, 246. Il commento di un ebreo del XII secolo RASH! DI TROYA,: "è detto come figura per il fatto
che Egli diede loro la Torah e parlò loro faccia a faccia" (Commento al Cantico dei Cantici, Qiqajon,
1997,49.
probabilmente vi leggono. E' molto di più che una delle semplici pratiche o strutture della
vita fraterna.
Il cammino spirituale è scandito dal progresso nella penetrazione dei "misteri" della Scrittura.
Per questa via il Signore introduce l'anima nella sua intimità: nei simboli del "giardino,
celliere, e camera" (conclavis) si esprimono tre gradi di questa intimità, corripondenti ai tre
sensi scritturistici: storico, morale e mistico. 75
"L'anima sarà introdotta nella camera del re, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e
della scienza e Cristo si farà conoscere direttamente ."76 Aprire le Scritture è ammettere
all'unione nuziale 77 .
I punti di contatto dello scritto di Niccolò Gallico con questa esperienza e tradizione sono, a
mio giudizio , molteplici e chiari.
La contemplazione è, per il Nostro, ricerca e colloquio con il "Verbo di Dio", Gesù che si
rivela nella S. Scrittura, il Nuovo e Antico Testamento.
La contemplazione e l'esperienza mistica della presenza del Cristo, che si intrattiene con il
solitario abitante della celletta, nel nostro opuscolo, passa per la "lectio-meditatio-oratio"
della S. Scrittura (le etio divina). Attraverso le pagine del Libro Sacro, il solitario cerca
l'incontro vivente con il Signore e Salvatore. La contemplazione è l'apice di quest'attività
che sin dall'inizio cerca in essa Colui che l'anima desidera ascoltare e "vedere". Esperienza
intima e meditazione della Scrittura confluiscono tendenzialmente nella esperienza unica del
Verbo Incarnato che visita l'eremita attraverso la sua Parola, quasi "dicendosi" di nuovo per
lui, "performativamente" e non solo "informativamente". (Benedetto XVI).
I simboli, relativamente abbondanti, attinti dal Cantico dei Cantici che il nostro opuscolo
commenta ci conferma in questa convinzione.
Eloquente in particolare è il passo sulla "ceLLa vinaria", mistica "cantina".
Dopo aver commentato il passo di Isaia (392), l'introduzione nella "stanza degli aromi,
dell'oro e dell'argento, dei profumi e degli unguenti migliori"che trovano il parallelo nel
Cantico (cf 12-4.12-13; 4,10.16), prosegue: "Ecco veniamo introdotti neLLa cella del vino
dal Re dei Re e raggiungiamo in noi il vessillo deLLa carità (ordinatam caritatem ),,78.
Otteniamo in noi che tutto sia organizzato, unificato sotto il "vessillo" della carità.
"Oh come è giustamente chiamata cella del vino (cantina), infatti in essa lo Spirito Santo
inebriando sobriamente i veri abitanti della cella (ceLLitas) con il meraviglioso vino della
devozione, li fa dormire nel letto della dolce contemplazione". 79
"Questa cantina mistica (Cant.l ,4) nella quale lo Sposo, che è il re dei re , introduce
l'anima sua sposa è la santa Scrittura, nella quale quanto più uno si addentra tanto più uno
vi trova buon vino. "so Laeti bibamus sobriam ebrietatem (profusionem) Spiritus.
75 DE LUBAC, Éxégèse, 2,598; (jaca Book.,251.) M. MAGRASSI, Bibbia e Preghiera, Milano, Ancora,1990
91. I tre simboli si trovano nel nostro opuscolo: camera: Ignea,VI ,285,1: "In conclavi...amicis suis
consolationis gratia se ostendit et revelat mysteria secretorum". Anche VI,286, 29-30. IX, 294,16 ss;
giardino: XL299,23-27; cella vinaria(cantina) : IX,295, 23ss La "rivelazione dei misteri" contenuti nelle
scritture: DE LUBAC, Éxégèse, 2, 652-653; (jaca Book,L.C.310-311.)
76 CosÌ in DE LUBAC, Éxégèse, 2,594, citando Origene . (jaca BookJc.,246.)
77 IDEM,o.c., 2,564. BRUNO di SEGNI, In Matthaeum, p.IV, c.XXII , PL CLXV,252 C.
78 cfr. Cantico, 2,4: "ordinavit in me caritatem" : La traduzione ufficiale della Cei: " Mi ha introdotto nella
cella del vino e il suo vessillo su di me è l'amore". RASHI di TROYES, Commento al Cantico dei Cantici,
Qiqajòn, 1997, 64,nota 7: "la sua insegna su di me è l'amore" . Il concetto di "ordine, schiera", come di
aggregazione per attrazione sotto un unico vessillo. Cfr. 6,10: "mirabile come truppe schierate" Cfr 6,10:
"terribilis ut castrorum acies ordinata" ; CEI: "terribile come un vessillo di guerra".
79 Ignea,lX,295,23ss
II "cuore puro" è allo stesso tempo il frutto progressivamente acquisito della Lectio Divina e
la condizione per ricevere illuminazione dallo Spirito Santo per poter incontrare Gesù Cristo
e gustare i misteri nascosti (abscondita sacramenta, o mysteria secretorum) nella Scrittura. Il
cuore puro permette di ricevere la "scienza spirituale" e cioè un'intelligenza dei misteri
nascosti nella "lettera" delle Sacre Scritture.
La Parola di Dio ri-plasma il cuore e lo prepara a vivere e "personalizzare", assimilare, "gli
eventi mistici" (facta mystica) nascosti nella Scrittura, attualizzati nella comunità ecclesiale,
celebrati nella Liturgia 82 . Anzi il cuore, l'anima "è il Tempio nel quale si celebrano i divini
misteri". Tutto deve confluire in queste nozze intime: "Che significa preparazione delle
nozze se non esposizione delle sante Scritture?" 8.
91 J. LECLERCQ Études, 87-90. Altrove gli parla di una "devozione al cielo" e dà un elenco di temi che ad
essa riconducono. Cf. J. LECLERCQ, Cultura umanistica, 63-83.
92 Ignea, \,273-274,19 .34
93lgnea, V,284,70ss.
94 Ignea, XI,298,s.,5ss. IX, 295,28. "Inter cellam et coelum nullum scio medium, et ideo de hac ad illud
facillime pervenitur".
95G. de Saint-Thierry, Lèttre d'or,nn.29-32.34-37 ; 105-107;
96 IX, 295, 31ss.
nella cella ci si "dedica a Dio e si gode di Di0 97 " che è sorgente inesauribile . Nella cella si
scopre il "tesoro", il Regno di Dio.
Applicandolo a Gesù Cristo, sorgente di acqua viva S.Colombano esclama: "Beve di Lui chi
lo ama. Beve di lui chi si disseta alla Parola di Dio ... Deve essere senza dubbio
indicibilmente gustoso il cibo che si mangia e la bevanda che si beve per non sentirsene mai
infastiditi, anzi sempre più soddisfatti e bramosi 9s ".
Prosegue ancora il nostro opuscolo: " Nella cella della contemplazione aromatica ci viene
mostrato un tesoro incalcolabile e senza eguali, affinché disprezzate completamente le cose
terrene e passeggere , il nostro animo si spenda, libero da ostacoli, totalmente nell'ardente
brama di esso." 99
La contemplazione consiste in un ardente desiderio suscitato dalla scoperta del "tesoro
incalcolabile" per il quale vale la pena di vendere tutto. (Mt 13,44-46). Infatti la vera e piena
"contemplazione" è la vita beata nel cielo, ove "coloro che vi giungeranno regneranno, senza
fine insieme a Dio. Ciò che hanno creduto lo vedranno". Qui in terra si può cercare e, per
grazia di Dio, ottenere in qualche modo una certa partecipazione a quella contemplazione.
L'attività contemplativa, nelle sue varie forme ha lo scopo di mantenere desta la coscienza
del carattere provvisorio della nostra condizione terrena e ricondurre l'eremita ogni giorno di
più a Cristo. "La vita contemplativa è una vita di desiderio" nella fede e nella speranza. IOO .
L'esistenza terrena dell' eremita è un' esistenza contemplativa. Tutte le sue pratiche sono
orientate verso l'unione del cuore a Dio iOI .
CONCLUSIONI
"La suafinalità risiede interamente nell 'opera che esso rende possibile. E quest'opera è
l'irruzione del dono di Dio nel cuore di un uomo e nel tessuto della fraternità. Essa interpella
l'uomo nella sua inlerezza, corpo e anima ... ", ma quest'opera esige "un quadro che esprima
il ritmo stesso della ricerca di Dio", metodo e orario di preghiera , raccoglimento, cammino di
spogliamento e di rinuncia aprono un vuoto , o meglio "una profondità grazie alla quale Dio,
per così dire, viene a galla nel cuore dell'uomo " . 106
Non c'è dubbio che certe espressioni radicali presenti nel nostro opuscolo possono urtare la
nostra sensibilità; tuttavia non è detto che non sia utile confronto per rivedere eventualmente
le nostre sicurezze. Tra le altre cose: siamo proprio sicuri che, pedagogicamente, sia oggi più
necessario e produttivo insistere sulla relatività degli elementi della tradizione ascetica che
non piuttosto sulla loro "relativa" indispensabilità ? Non stiamo rischiando di fondare sul
"liquido" l'autentica ricerca di Dio.
Alla fine -last but nOlleast- vorrei aggiungere che l'Ignea Sagiua ci permette di cogliere un
significato della Regola , sicuramente prezioso , perché viene dalla lettura di una persona che
hanno il vito ricoperto da un velo ... Quando salì al cielo Elia permise che I mantello con cui si copriva il vlt
all'entrata della caverna, cadesse al suolo per insegnarci che la lettera che non contiene niente di
elevato,di sapiente, di sublime, e non conduce alla perfezione, deve essere lasciata da parte" .
103 DE LUBAC, Éxégèse, 2
104 1,272-274. V[[I,292-293. Cf.BAUDRY, Pureté du coeur, 1.c.,103 -104
107 Continuo a non condividere però la sua interpretazione negativa sulla evoluzione dell'Ordine dopo
Innocenza IV: essa è avvenuta non per capriccio dei superiori, ma in conformità alla "politica" e solto le
indicazioni dell'autorità della Chiesa. Ignea, 271; l,273,40; 1II,278,10ss.ln particolare l'interpretazione
della prescrizione sulla scelta dei luoghi (Regola, n.5): essa la rende assolutamente superflua. Ignea.VII,
288-28