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LOCKE

...simile a una lavagna prima dell’ingresso in aula dell’insegnante...

«La volta scorsa ti ho parlato di Cartesio e Spinoza», esordì. «Eravamo d’accordo


nell’affermare che avevano una cosa in comune: erano entrambi convinti
razionalisti.»
«Un razionalista nutre una grande fede nella ragione.»
«Proprio così: un razionalista crede che la ragione sia la fonte della conoscenza.
Secondo lui, l’uomo possiede idee innate, presenti nella coscienza di ogni essere
umano prima di qualsiasi esperienza sensoriale, e più quest’idea appare alla ragione
con evidenza, più è certo che essa corrisponde a qualcosa di vero. Ricordi che
Cartesio possedeva l’idea chiara e distinta dell"essere perfetto’ e che, partendo da
questo presupposto, arrivò alla conclusione che Dio esiste?»
«La memoria mi funziona ancora bene.»
«L’atteggiamento razionalista fu tipico della filosofia del Seicento, sebbene avesse
avuto grande importanza anche nel Medioevo e nell’antichità, con Platone e Socrate.
Nel Settecento, questa concezione venne sottoposta a critiche sempre più serrate.
Molti filosofi affermarono che la nostra coscienza è completamente priva di
contenuto se prima non abbiamo avuto esperienze sensoriali. Questo modo di vedere
viene chiamato empirismo.»
«Mi parlerai di questi empiristi, oggi?»
«Ci proverò. Gli empiristi, o filosofi dell’esperienza, più importanti furono John
Locke, David Hume e George Berkeley, tutti e tre inglesi. I razionalisti più importanti
del Seicento furono il francese Cartesio, l’olandese Spinoza e il tedesco Gottfried
Leibniz. Per questo motivo si parla di un empirismo inglese e di un razionalismo
continentale.»
«Va bene, ma mi puoi ripetere che cosa si intende con empirismo?»
«Un empirista vuole derivare tutta la conoscenza del mondo da ciò che i sensi
raccontano. La formulazione più antica di un modo di pensare empirista risale ad
Aristotele, il quale disse che ’non c’è niente nell’intelletto che non sia stato prima nei
sensi’. Questa affermazione conteneva una puntuale critica a Platone, secondo il
quale, invece, l’uomo aveva in sé, innate, le idee. Locke ripete le stesse parole di
Aristotele, usandole però contro Cartesio.»
«Non c’è niente nell’intelletto... che non sia stato prima nei sensi?»
«Sì, non abbiamo idee innate, non sappiamo assolutamente nulla del mondo in cui
viviamo prima di averlo percepito con i sensi. Se possediamo un’idea che non può
essere ricollegata a fatti di cui si è avuto esperienza, questa idea è falsa. Quando, per
esempio, usiamo parole come ’Dio’, ’eternità’ o ’sostanza’, la ragione funziona a
vuoto, perché nessuno ha mai avuto esperienza di Dio, dell’eternità o di ciò che i
filosofi hanno chiamato ’sostanza’. Si possono scrivere dotti trattati in proposito,
però, quando si arriva al nocciolo della questione, essi non apportano nessuna
conoscenza veramente nuova; e si possono elaborare sistemi filosofici così ben
congegnati da destare grande ammirazione, ma sono soltanto costruzioni della
mente. I filosofi del XVII e del XVIII secolo avevano ereditato un gran numero di dotti
trattati, ma ormai era venuto il momento di esaminarli con una lente
d’ingrandimento, perché andavano ripuliti dei ragionamenti vuoti. Potremmo fare un
paragone con l’oro: quando lo si setaccia, rimangono perlopiù sabbia e fango, ma sul
fondo si scorge anche qualche pagliuzza di metallo prezioso.»
«E queste pagliuzze d’oro rappresentano l’esperienza vera?»
«Perlomeno sono pensieri che possono ricollegarsi all’esperienza umana. Per gli
empiristi inglesi era importante esaminare ogni idea umana per scoprire se si
fondasse su esperienze autentiche. Ma analizziamo un filosofo alla volta.»
«Comincia!»
«Il primo fu l’inglese John Locke, che visse tra il 1632 e il 1704. Il suo libro più
importante si intitola Saggio sull’intelletto umano e venne pubblicato nel 1690. In
quest’opera Locke cerca di chiarire due problemi: anzitutto si chiede da dove gli
uomini traggano i loro pensieri e le loro idee, poi si domanda se possiamo fidarci di
ciò che ci raccontano i sensi.»
«Un bel progetto!»
«Occupiamoci di un problema alla volta. Locke era convinto che tutte le nostre idee
non fossero altro che il riflesso di ciò che abbiamo visto e sentito. Prima di percepire
qualcosa con i sensi, la nostra coscienza è come una tabula rasa, cioè come una
tavoletta liscia, intatta. In altre parole, prima che percepiamo qualcosa con i sensi, la
nostra coscienza è simile a una lavagna prima dell’ingresso in aula dell’insegnante:
una superficie vuota, senza alcun segno (Locke paragona la coscienza anche a una
stanza non ammobiliata). Poi cominciamo a percepire il mondo che ci circonda,
vediamo forme e colori, sentiamo odori e sapori, udiamo e tocchiamo (infatti sono i
bambini molto piccoli a vivere queste esperienze con la massima intensità). In tal
modo nascono quelle che Locke chiamò idee semplici. Ma l’intelletto non si limita ad
accogliere passivamente queste impressioni esterne, qualcosa avviene anche in esso:
ogni idea semplice viene rielaborata attraverso il pensiero, la riflessione, la fede e il
dubbio. In questo modo nascono secondo Locke le riflessioni. Locke separa quindi la
sensazione dalla riflessione, perché la mente non riceve le impressioni sensoriali in
modo passivo, bensì le ordina e le rielabora a mano a mano che arrivano. È proprio
qui che bisogna stare all’erta.»
«All’erta?»
«Locke osserva che ciò che cogliamo attraverso i sensi sono idee semplici. Quando,
per esempio, mangio una mela, non la percepisco tutta in un’unica impressione. In
realtà ricevo una serie di idee semplici: è qualcosa di rosso, ha un buon odore, ha un
sapore ricco e leggermente aspro. Solo dopo averne mangiato molte, penso che sto
mangiando una ’mela’. Secondo Locke, solo a questo punto abbiamo creato l’idea
complessa di una mela. Da piccoli, quando abbiamo assaggiato una mela per la prima
volta abbiamo visto qualcosa di rosso, abbiamo assaporato qualcosa di fresco e
succoso e, gnam, gnam... anche un po’ aspro. A poco a poco abbiamo unito tutte
queste sensazioni e abbiamo creato l’idea complessa di ’mela’, ’pera’ e ’arancia’.
Analogamente, tutto il materiale su cui fondiamo la nostra conoscenza del mondo ci
giunge attraverso gli organi sensoriali: dunque la conoscenza che non può essere
ricondotta a un’impressione sensoriale è falsa e deve essere respinta.»
«Almeno possiamo essere sicuri che tutto ciò che vediamo e sentiamo con il gusto,
l’olfatto, l’udito e il tatto è proprio come lo percepiamo con i sensi.»
«Sì e no. Questo è il secondo problema che Locke si pone. Ha già spiegato la
provenienza delle nostre idee e delle nostre rappresentazioni, ma adesso si chiede se
il mondo è davvero come lo percepiamo, perché questo fatto non è poi così scontato,
Sofia. Non dobbiamo trarre conclusioni affrettate: è l’unica cosa che un vero filosofo
non può permettersi di fare.»
«Sono muta come un pesce.»
«Tendendo una mano a filosofi come Cartesio, Locke divise le qualità sensoriali in
primarie e secondarie.»
«Spiegati!»
«Con qualità primarie si intendono l’estensione, il peso, la forma, il movimento e il
numero. Siamo certi che i sensi riproducono tali qualità reali degli oggetti, ma noi ne
percepiamo anche altre: diciamo che qualcosa è dolce o amaro, verde o rosso, caldo
o freddo. Queste qualità furono chiamate da Locke qualità secondarie. Le impressioni
sensoriali quali il colore, l’odore, il sapore e il suono non riproducono infatti le
qualità reali dell’oggetto, ma registrano soltanto l’influenza che la realtà esterna
esercita sui nostri sensi.»
«Tutti i gusti sono gusti.»
«Proprio così. Le qualità primarie, come la forma e il peso, sono qualcosa su cui
tutti concordano, perché si trovano nelle cose stesse. Invece le qualità secondarie,
come colore e sapore, variano da animale ad animale e da uomo a uomo, e dipendono
dall’apparato sensoriale del singolo essere.»
«Quando Jorunn mangia un’arancia, sembra che stia succhiando un limone e
regolarmente non riesce a mangiarne più di uno spicchio per volta. ’È aspro’,
commenta sempre, mentre per me quella stessa arancia è dolce e succosa.»
«Nessuna di voi due ha torto o ragione: vi limitate a descrivere il modo in cui
l’arancia agisce sui vostri sensi. Lo stesso vale per i colori: forse non ti piace una
certa tonalità di rosso, ma se Jorunn ha acquistato un vestito proprio di quel colore,
la cosa più intelligente da fare è tenerti la tua opinione e non dirle niente. Percepite i
colori in modo diverso, ma questo non ha niente a che fare con la bellezza del
vestito.»
«Però tutti sono d’accordo nell’affermare che un’arancia è rotonda.»
«Sì, se hai un’arancia rotonda, non è possibile ’pensare’ che abbia la forma di un
cubo. Puoi ’pensare’ che sia dolce o acida, ma non che pesi otto chili, se pesa
soltanto due etti. Puoi ’credere’ che pesi parecchi chili, ma in questo caso sei
completamente fuori strada. Se un certo numero di persone dovesse stimare il peso
di un oggetto, c’è sempre qualcuno che ha più ragione degli altri. Questo vale anche
per i numeri (ci sono 986 fagioli nel vaso oppure non ce ne sono 986), e per il
movimento (la macchina o si muove o è ferma).»
«Ho capito.»
«Per quanto riguarda la realtà ’estesa’, Locke concorda quindi con Cartesio
nell’affermare che esistono qualità che l’uomo è in grado di comprendere attraverso
la ragione.»
«Non è difficile essere d’accordo su questo punto.»
«Anche in altri ambiti Locke ammise una conoscenza che chiamò intuitiva o
’dimostrativa’. Per esempio, riguardo ad alcune norme etiche. Come pure accolse il
concetto razionalista di diritto naturale. Un’altra idea razionalista che Locke
condivise fu quella secondo cui la ragione umana può arrivare all’idea di Dio.»
«Forse era nel giusto.»
«In che cosa?»
«Nell’affermare che esiste Dio.»
«Lo si può pensare, ma Locke non ne fa soltanto una questione di fede. Secondo lui
la conoscenza dell’esistenza di Dio può essere raggiunta dalla ragione umana e
questo è un concetto razionalista. Voglio aggiungere che Locke trattò i temi della
libertà di pensiero e della tolleranza e sostenne la parità dei sessi: la sottomissione
della donna all’uomo è un’invenzione umana, quindi può essere modificata dagli
stessi esseri umani.»
«Sono perfettamente d’accordo!»
«Locke fu uno dei primi filosofi dell’età moderna a occuparsi del ruolo dei sessi.
Ebbe molta importanza per John Stuart Mill, che a sua volta ebbe un ruolo di rilievo
nella lotta per la parità tra i sessi. Locke fu uno dei primi a sostenere idee liberali
che vennero riprese nel Settecento dagli illuministi francesi: per esempio fu il primo
a parlare del principio della divisione dei poteri... »
«Vuol dire che il potere dello Stato viene ripartito tra diverse istituzioni.»
«Ti ricordi di quali istituzioni si parla?»
«Del potere legislativo o del parlamento, del potere giudiziario o dei tribunali e del
potere esecutivo o del governo.»
«Questa tripartizione fu introdotta dal filosofo illuminista francese Montesquieu.
Locke aveva insistito sulla separazione fra il potere esecutivo e quello legislativo, in
modo da evitare la tirannia. Locke fu contemporaneo di Luigi XIV che aveva
concentrato tutto il potere nelle sue mani. ’Lo Stato sono io’, diceva. Era un monarca
assoluto e del ’suo’ Stato oggi diremmo che rappresentava una condizione di assenza
di diritti. Secondo Locke, per assicurare uno Stato di diritto, erano i rappresentanti
del popolo che dovevano legiferare, e al governo, o al re, toccava soltanto il compito
di dare attuazione alle leggi.»

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