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Gerolamo Boccardo

(1829 - 1904)

Degli Studi geografici e


del loro stato presente
in Italia
in Archivio Storico Italiano, Seconda Serie, Firenze, Viesseux, N. S. 1857 V N. 9, pp. 60-87.

A. Issel, Recensione di
Sismopirologia, Terremoti, Vulcani e Lente Oscillazioni del suolo; Saggio di una teoria di Geografia
fisica del prof. Gerolamo Boccardo, Genova, 1869, pp. 364
in Rivista Europea, Anno I, Volume II, Fascicolo 1, marzo 1870, Firenze, Tipografia Fodratti, pp. 179-183.
Boccardo, Gerolamo
(1829 - 1904)

Dizionario Biografico degli Italiani XI, 1969, pp. 49-52


A. Benvenuto Vialetto - G. Ancona
Immagini tratte da www.liberliber.it/biblioteca/b/boccardo/immagini/ritratto.jpg&imgrefurl e
http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/8c58c55c1230e7f8c125703d002fe257/262b1e82a36772054125646f0059085e?OpenDocument

BOCCARDO, Gerolamo. - Nacque a Genova il 16 marzo 1829 da Bartolomeo, avvocato e direttore del demanio, e da
Paola Duppelin Meneyrat, figlia di un generale napoleonico; ultimati gli studi umanistici (1844), s'iscrisse alla facoltà
di legge dell'università di Genova, interrompendo poi gli studi per darsi all'attività politica.
Il B. fece parte della Società Entelema, che, fondata in Chiavari l'11 ott. 1846 col nome di Entellica da alcuni studenti
raccolti intorno a S. Castagnola, era stata trasferita a Genova sulla fine dell'anno. Accademia culturale con fini politici,
l'associazione ebbe nel B. un socio e relatore attivissimo; eletto presidente il 7 febbr. 1847, leggeva il giorno stesso uno
scritto (Considerazioni sulla storia) dove enunciava alcuni "cenni sulla storia del commercio". Il 10 marzo veniva
accolto nella Entelema, divenendone poi segretario, G. Mameli, che strinse col B. legami d'amicizia. Il B. fece anche
parte (almeno, in base al fatto che il suo nome figura tra i membri del Comitato, in calce a una protesta contro la
Compagnia di Gesù) del Comitato dell'ordine, costituito nel settembre 1847 da giovani in maggioranza dell'Entelema
per organizzare le dimostrazioni a prò delle riforme. Insieme con A. Barabino e G. Papa il B. operava la trasformazione
del Corriere mercantile da esclusivamente commerciale in giornale politico-commerciale, collaborandovi poi
assiduamente.
Giunta la notizia dell'insurrezione milanese, il B. fu tra i volontari che, guidati da Mameli, partirono da Genova la
notte tra il 19 e il 20 marzo ed entrarono a Milano il 24. Tornato a Genova alla fine di aprile, riprese l'attività
giornalistica, con articoli di commento agli avvenimenti che, pur riflettendo il passaggio dall'entusiasmo iniziale
all'abbattimento per la difficoltà della situazione, non mettono in dubbio i principi moderati e l'accordo tra il principe
e il popolo. Contemporaneamente dedicava la sua attività a quel Circolo nazionale che, sorto il 3 apr. 1848 sotto la
presidenza di C. Cabella per educare il popolo alla libertà e all'unità nazionale, dopo la firma dell'armistizio Salasco
vedeva allontanarsi numerosi soci che aderivano al repubblicanesimo mazziniano.
Con altri moderati, il B. cercò di evitare la scissione, ma proprio l'indirizzo Al popolo francese, da lui stesso redatto,
con cui si chiedeva alla Francia l'intervento armato nella guerra, acuì le divergenze. Mameli, che fino allora aveva
coadiuvato il B. nello sforzo di unire tutti coloro che professavano idee liberali, se ne allontanò con una lettera
pubblica accusandolo di umiliare il popolo italiano quando affermava la salvezza poter venire solo dall'aiuto straniero.
Nell'autunno, chiusa l'attività del Circolo nazionale, il B. riprese gli studi universitari, e il 2 luglio 1849 si laureava in
legge. Entrato quindi a far parte dei patrioti amici di Rubattino, fu tra i frequentatori del salotto di Bianca Rebizzo De
Simoni.
Appunto nel salotto Rebizzo, sotto la direzione di T. Mamiani e la collaborazione del B., A. Crocco, G. B. Giuliani e V.
Garelli, si concretò l'idea di una Accademia di filosofia italica, per unire in una scuola nazionale le diverse tendenze
filosofiche. Costituita il 5 genn. 1850 in una sala della Biblioteca Berio, il B. vi sostenne idee positivistiche contro gli
hegeliani e le astrazioni metafisiche; come segretario, ne raccolse diligentemente gli atti.
Intrapresa intanto l'avvocatura, intensificava gli studi specialmente nel campo economico. Nel 1853 pubblicava a
Torino il Trattato teorico pratico di economia politica. Per la sua preparazione economica il Cavour lo invitò, benché
giovanissimo, a ricoprire la carica di sottosegretario al ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, che il B. non
accettò per non allontanarsi da Genova. Nel 1858 accettò però, per conto della Commissione parlamentare sul disegno
di legge per una tassa sugli emolumenti, di studiare la questione della imposta sulla rendita, presentando una
relazione che a lungo fu considerata uno studio fondamentale sull'argomento (Relazione sull'applicabilità della tassa
sul reddito alle classi commerciali ed industriali). Lo stesso anno ebbe, dalla camera di commercio di Genova, la
direzione centrale delle scuole tecniche serali per adulti, oltre alla cattedra, nelle scuole stesse, di economia politica
industriale. Nel 1860 T. Mamiami, ministro della Pubblica Istruzione, gli propose il segretariato generale del ministero
e la cattedra di economia politica nella facoltà genovese di giurisprudenza, e il B. scelse questa ultima. Continuò ad
esercitare l'avvocatura; sempre nel 1860 si interessò alla controversia tra il Manzoni e F. Le Monnier sulla proprietà
letteraria dei Promessi Sposi, difendendo gli interessi dell'editore fiorentino (Parere sopra una questione insorta tra
A. Manzoni..., Firenze 1860). Continuò anche a prendere parte alla vita politica cittadina. Dal 1859 al 1888 fu
continuativamente consigliere comunale; nel 1860-64 fece parte della giunta come assessore alla pubblica istruzione,
lavorando, con A. Caveri, all'istituzione di scuole serali e domenicali, all'ampliamento delle elementari e al
miglioramento delle condizioni dei maestri. Creato a Genova (r. d. 1º ott. 1865) l'Istituto tecnico, il B., che aveva
sostenuto il progetto, ne ottenne la presidenza. Nella primavera con L. Patrone aveva rappresentato la camera di
commercio di Bologna alla convocazione fatta in Egitto dal De Lesseps, pubblicando subito una dettagliata relazione
sullo stato dei lavori e i vantaggi del canale di Suez (Il Canale attraverso l'istmo di Suez e gli interessi commerciali
dell'Italia..., Genova-Firenze 1865). Nominato senatore nel 1877 (e trasferitosi quindi a Roma), socio nazionale dei
Lincei dal 1878, membro del Consiglio di stato dal 1888, nel 1890 fu tra i delegati alla Conferenza di Berlino per la
legislazione degli infortuni sul lavoro. Morì a Roma il 20 marzo 1904.
Al tempo della formazione scientifica del B. la teoria economica sembrava aver raggiunto la sua sistematica con i
Principii di J. S. Mill: al più, escludendo punti di minore importanza, restavano soltanto compiti di elaborazione e
applicativi. Sotto questo riguardo la posizione del B. è la stessa di tutti gli economisti formatisi tra l'opera milliana
(1848) e l'indirizzo marginalista (1871). In questo clima di elaborazione e di completamento dei risultati già raggiunti
(e considerati come acquisiti), va inquadrata la sua opera. Sotto l'influsso dell'evoluzionismo spenceriano, fu
notevolmente inclinato verso gli studi sociologici e, nei suoi lavori, cercò sempre di rendere completa la trattazione
facendo uso della matematica, della statistica, della biologia, della storia. Sebbene la sue opere non siano prive di
spunti teorici, esse sono rivolte massimamente verso i problemi dell'economia applicata ed in esse, sotto l'influsso
della scuola economica tedesca, che egli largamente divulgò in Italia, è fatto largo uso del metodo storico.
Una sintesi della metodologia del B. è offerta nella sua Prefazione al secondo volume della terza serie della "Biblioteca
dell'economista": Dell'applicazione dei metodi quantitativi alle scienze economiche, statistiche e sociali. Saggio di
logica economica (Torino 1878). Il metodo storico, interpretato e trasformato in senso positivista, giunge a
confondersi con il metodo sperimentale, e il B. replica con fermezza alle "tre gravissime obbiezioni" avanzate da coloro
che ritenevano impossibile l'applicazione dei metodi quantitativi alle scienze sociali, dimostrando che nelle scienze
sociali sono possibili le "esperienze" così come avviene nelle scienze fisiche; che nelle prime, a somiglianza delle
seconde, i fatti oggetto di esperienza sono passibili di misurazione altrettanto precisa; e che il "libero arbitrio"
connesso con le scelte e le attività umane non moltiplica all'infinito le cause di perturbazione dei fenomeni economici e
non annulla i nessi di causalità esistenti tra i diversi fatti economici. Un simile modo di pensare non fu caratteristico
solo del B.: nel 1893 sorse, ad esempio, presso l'università di Torino un Laboratorio di economia politica, fondato e
diretto da S. Cognetti De Martiis, con il preciso scopo di studiare "una scienza (quella economica) che ha carattere
essenzialmente sperimentale".
Nell'uso concreto dei risultati delle indagini. statistiche il B. si rivelò, tuttavia, piuttosto cauto. Egli, infatti, se nella
discussione, cui si dedicarono, fra gli altri, Ricardo, Malthus, Sismondi, Macleod, Jevons, sulle cause delle crisi
economiche e sui cicli economici, accettò, sulla base anche di proprie rilevazioni statistiche (La legge di periodicità
delle crisi. Perturbazioni economiche e macchie solari, Genova 1879) la spiegazione che riconduceva i fenomeni alla
durata delle perturbazioni magnetiche e delle macchie solari, rilevò che difficilmente la sola azione di queste poteva
essere considerata la causa ultima dell'alternarsi delle crisi, in quanto il decorso delle stagioni non soltanto è diverso
nei due emisferi, ma presenta aspetti differenti nelle diverse zone di uno stesso emisfero.
La notorietà e l'influenza del B. nel campo degli studi economici ebbero inizio con la pubblicazione del suo Trattato
teorico pratico di economia politica (1 ediz., Torino 1853; 7 ediz., ibid. 1885).
Scritto sostanzialmente sulle linee del Mill e dei suoi contemporanei francesi, si divide in tre volumi, il primo dei quali
è dedicato all'economia teorica mentre negli ultimi due sono discussi problemi di economia pratica. Quest'opera, ricca
di informazione e di bibliografia, costituì il più diffuso trattato italiano di economia del secolo scorso, ed aveva il suo
completamento in un'altra opera dello stesso B., il Dizionario dell'economia politica e del commercio, così teorico
come pratico (1 ediz., Torino 1857-63; 2 ediz., con titolo leggermente modificato, Milano 1881).
Il B. però influenzò in maniera più efficace gli studi di economia politica quando successe a F. Ferrara nella direzione
della "Biblioteca dell'economista". Questi non aveva mai accolto - nelle due serie da lui dirette - traduzioni di
economisti tedeschi, pubblicando quasi esclusivamente le opere degli economisti appartenenti alla cosidetta "scuola
classica". Nella direzione della terza serie il B. aprì la collana a tutti coloro che dissentivano dalla "scuola classica" e gli
autori accolti furono per la maggior parte tedeschi (Roscher, Schäffle, Wagner, Schönberg, Marx, Schultze), sebbene
non siano mancati gli inglesi (Mill, Macleod, Spencer, Jevons) e i francesi (Walras, Leroy-Beaulieu).
La terza serie della "Biblioteca dell'economista", pubblicata fra il 1876 e il 1892, consta di quindici volumi, per
complessivi venti tomi. I primi dieci volumi accolgono prefazioni dello stesso B., che videro altresì la luce come saggi a
parte sulla Revue desdeux mondes. Gli ultimi cinque volumi (per complessivi otto tomi) accolgono, invece, la
traduzione italiana del Manuale di economia Politica diretto da Schönberg, monumentale testimonianza dell'indirizzo
di studi seguito dalla scuola economica tedesca.
Al B. inoltre resta il merito di aver fornito al pubblico italiano la prima traduzione del primo libro del Capitale di K.
Marx, nonché quelle delle prime e fondamentali opere dei marginalisti (in particolare la Teorica dell'economia
politica di W. S. Jevons, che per più di cinquant'anni fu reperibile in traduzione italiana solo in tale lontana edizione),
fornendo in tal modo agli studiosi di economia utili strumenti di lavoro.
Il B. fu libero scambista convinto e in più occasioni si oppose al socialismo sebbene, da giovane, avesse sentito verso di
esso una certa attrazione: pur non accettando le tesi dei sostenitori del "lasciar fare, lasciar passare", affermò che allo
Stato compete solo di garantire l'effettiva libertà economica e di prevenire e combattere gli abusi che da un suo male
inteso esercizio sarebbero potuti scaturire.
Per soddisfare a queste esigenze, il B. vide con favore l'intervento dello Stato in materia di rapporti di lavoro (controllo
dell'emigrazione e del lavoro dei minori), di salvaguardia del patrimonio minerario, forestale e naturale in genere
(sfruttamento delle miniere, diboscamento, corso dei fiumi, pescosità delle acque costiere e interne), nonché in
materia di istruzione e di sanità pubblica. Con l'assolvere a queste funzioni lo Stato avrebbe garantito nel modo
migliore la libertà (non soltanto economica) dei singoli e avrebbe messo tutti nelle migliori condizioni per affrontare la
concorrenza economica; oltrepassati però questi limiti, qualsiasi intervento diretto dello Stato veniva considerato dal
B. come distruttore di ricchezza, in quanto la libera iniziativa individuale è sempre capace di garantire risultati
migliori di quelli raggiungibili dallo Stato.
Questo giudizio negativo si palesa anche quando egli tratta dell'attività finanziaria dello Stato. Nel Trattato e negli altri
suoi scritti si dichiara favorevole all'alienazione del demanio fiscale (a meno che una ragione di pubblico interesse non
richieda il contrario) e all'abolizione delle privative fiscali, sostenendo che un'opportuna imposta di fabbricazione
sarebbe capace di garantire ugualmente il gettito dovuto, lasciando tuttavia che il sistema della libera industria
migliori la qualità del prodotto. In particolare egli fu acceso fautore dell'imposta unica proporzionale sul reddito e
nettamente avverso all'imposizione progressiva, giudicata iniqua per i cittadini e pericolosa per la produzione perché
equivalente a una punizione dell'attività e dell'industria.
Anche in materia di circolazione monetaria il B. fu contrario all'intervento dello Stato. In quegli anni gli economisti
discussero largamente il problema delle riserve auree degli istituti di emissione: gli uni difesero il "principio
metallico", secondo il quale lo Stato deve intervenire preventivamente allo scopo di impedire che le banche di
emissione eccedano nell'emettere dei biglietti, fissandosi per legge l'intera copertura, con monetamerce, di ogni
emissione oltre un ammontare fissato; gli altri sostennero il "principio bancario" argomentando che l'emissione dei
biglietti (nel regime di convertibilità che allora vigeva) non sarebbe mai stata eccessiva in quanto, se la banca avesse
spinto l'emissione dei biglietti oltre il "fabbisogno" del mercato, il loro valore sarebbe diminuito ed essi sarebbero
ritornati alla banca per la conversione. Il B. aderì in pieno alla "scuola bancaria" e sostenne (Sul riordinamento delle
banche in Italia, Torino 1881) che in Italia, per effetto dei vincoli posti dallo Stato, erano impiegati negli istituti di
emissione (che furono 6 fino al 1893) più capitali di quanti fossero necessari.
Oltre alla già citata prefazione al secondo volume, si ricordano del B. nella stessa Biblioteca: Introduzione generale.
L'economia politica odierna come scienza e come ordinamento generale, I, Torino 1876; I principii filosofici
dell'economia politica, III, ibid. 1877; Del metodo e dei limiti dell'economia politica, IV, ibid. 1878; Il dottor Schäffle
ed il problema economico e sociale in Germania, V, ibid. 1879; Credito e banche, VI, ibid. 1879; L'animale e l'uomo.
Fondamenti dottrinali e metodici della moderna sociologia nelle sue relazioni con le scienze biologiche, economiche e
statistiche. Saggio filosofico, VII, ibid. 1881; La sociologia nella storia, nella scienza, nella religione e nel cosmo, VIII,
ibid. 1881; Gli eretici dell'economia politica e la legislazione sociale, IX, ibid. 1882; I principii della scienza e dell'arte
della finanza, X, ibid. 1887. Tra gli scritti su questioni bancarie si menzionano qui: La Banca d'Italia, Genova 1863;
Le banche e il corso forzato. Sul riordinamento degli istituti di emissione, Roma 1879; L'economia nazionale e le
banche. Alcune osservazioni intorno al nuovo progetto di legge per l'ordinamento degli istituti di emissione, Roma
1888; si vedano inoltre Il socialismo e l'Italia, Padova 1879; Socialismo sistematico e socialisti incoscienti, Roma
1896; Le condizioni presenti e l'economia nazionale, Roma 1889.
Il B. si interessò anche di studi geografici, e fu autore di apprezzati manuali di storia, economia, geografia,
diritto, contabilità. Tra gli studi di geografia si ricordano: Degli studi geografici e del loro stato presente in Italia, in
Arch. stor. ital., n.s., V (1857), pp. 60-87; e Sismopirologia, Genova 1869. Tra i manuali si possono riferire La terra e
la sua progressiva conquista. Storia della geografia e del commercio, Torino 1866; Manuale di diritto commerciale,
Torino 1862; Manuale di diritto amministrativo, Torino 1863; L'evoluzione economica della società umana. Manuale
di storia del commercio, delle industrie e dell'economia politica, Torino 1865. Inoltre si ricordano: Della proprietà
letteraria e dei limiti degli autori e degli editori, Torino 1861; La connessione delle scienze, Genova 1868; Semplici
riflessioni sulla Scuola superiore di commercio, Genova 1884; Sulla istituzione dei ministeri del Tesoro e della
Agricoltura, industria e commercio, Roma 1878.
G. ANCONA

Bibl.: P. L. Isnardi-E. Celesia, Storia dell' univ. di Genova, II, Genova 1867, pp. 363 s., 365, 397 s.; L. Cossa, Introduz.
allo studio dell'economia politica, Milano 1892, pp. 512 s. e 528 s.; Corriere mercantile, 20 e 21 marzo 1904
(necrologio); G. Giorgi, Commemoraz. del socio Sen. G. B., in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze morali,
s. 5, XIII (1904), pp. 161-176; E. Curotto, L'Accademia di filosofia italica fondata dal Mamiani in Genova nel 1850,
Genova 1915, pp. 13, 17 s., 29 s., 39, 44, 66 s., 68, 73, 99; F. Ridella, La vita e i tempi di C. Cabella, Genova 1923, pp.
157 s.; M. P. Pantaleoni, G. B., in Palgrave's dictionary of Political economy, I, London 1925, pp. 824 s.; F. E.
Morando, A. G. Barrili e i suoi tempi, Napoli-Genova 1926, pp. 160-165, A. Codignola, G. Mameli. La vita e gli scritti,
I, Venezia-Firenze 1927, pp. 36-43, 108 s., 243, 282 s.; Id., R. Rubattino, Bologna 1928, pp. 45, 463; G. Ricca Salerno,
Storia delle dottrine finanziarie in Italia, Padova 1950, pp. 27, 427 s., 433; J. A. Schumpeter, Epoche di storia delle
dottrine e dei metodi, Torino 1953, p. 67; Id., Storia dell'analisi economica, II, Torino 1959, pp. 617-622.
A. BenvenutoVialetto-G. Ancona

.:: Dati anagrafici ::.


Data di nascita: 16/03/1829
Luogo di nascita: GENOVA
Data del decesso: 20/03/1904
Luogo di decesso: ROMA
Padre: Bartolomeo
Madre: DUPPELIN MENEYRAT Paola
Nobile al momento No
della nomina:
Nobile ereditario No
Coniuge: GANDOLFI Sofia
Figli: Ernesta
Paolina
Eugenio
Bianca
Enrico
Evelina
Luogo di residenza: ROMA
Indirizzo: Piazza S. Silvestro, 92
Titoli di studio: Laurea in giurisprudenza
Presso: [Università di Genova]
Professione: Docente universitario
Carriera: Professore ordinario di Economia politica all'Università di Genova (1860)
Professore emerito dell'Università di Genova 13 maggio 1871
Consigliere di Stato (12 gennaio 1888)
Cariche Consigliere comunale di Genova (1859-1888)
amministrative: Assessore comunale di Genova alla pubblica istruzione (1860-1864)
Consigliere provinciale di Genova
Cariche e titoli: Preside dell'Istituto di marina mercantile di Genova (1865)
Direttore della Terza serie della "Biblioteca dell'Economista" (1876-1892)
Direttore della Nuova Enciclopedia Italiana
Membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione (15 ottobre 1865-dicembre 1866)
(12 maggio 1881-10 maggio 1883) (13 maggio 1884-30 aprile 1888) (1° gennaio 1894-30
giugno 1896) (1° giugno 1897-30 giugno 1901)
Membro della Giunta superiore della pubblica istruzione (13 maggio 1881-10 maggio 1883;
16 maggio 1884-30 aprile 1888; 8 febbraio 1894-30 giugno 1896; giugno 1897-30 giugno
1901)
Socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei di Roma (4 dicembre 1870)
Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma (30 giugno 1878)
Socio corrispondente della Deputazione di storia patria di Torino (23 maggio 1881)
Membro corrispondente della Società reale di Napoli (8 novembre 1863)
Membro ordinario della Società reale di Napoli (26 novembre 1900)
Membro corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano (16 aprile 1868)
Presidente della Società Entelema (7 febbraio 1847)

.:: Nomina a senatore ::.


Nomina: 31/05/1877
Categoria: 21
Relatore: Luigi Agostino Casati
Convalida: 16/06/1877
Giuramento: 21/06/1877
Onorificenze: Cavaliere dell'Ordine civile di Savoia 24 giugno 1860
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 23 ottobre 1862
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 15 gennaio 1885
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 1879
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia

.:: Servizi bellici ::.


Volontario. Partecipò alle cinque giornate di Milano (18-23 marzo 1848).

.:: Senato del Regno ::.


Commissioni:Membro della Commissione per l'esecuzione della legge sull'abolizione del corso forzoso (30 marzo-20
luglio 1889), (15 dicembre 1890-23 luglio 1894), (13 giugno 1895-15 luglio 1898)
Membro della Commissione di finanze (23 dicembre 1889-20 marzo 1904)
Membro della Commissione di vigilanza al debito pubblico (17 aprile 1891-20 marzo 1904)Membro
della Commissione per l'esame delle tariffe doganali e dei trattati di commercio (22 dicembre 1892-17
maggio 1900)
Membro della Commissione per l'esame dei disegni di legge sui trattati internazionali (20 giugno
1900-20 marzo 1904)
Presidente della Commissione di vigilanza al debito pubblico (1891, 1903)
Presidente della Commissione di vigilanza della Cassa dei depositi e prestiti (1893, 1902)
Commissario alla Cassa dei depositi e prestiti (19 aprile 1898-20 marzo 1904)
Commissario al Consiglio superiore del lavoro (1° luglio 1903-8 marzo 1904. Dimissionario)

Bibliografia: 1) O. Roux (a cura di), "Infanzia e giovinezza di illustri italiani contemporanei", Firenze 1910.
Sigla: <Infanzia e giovinezza uomini illustri> (Coll. 156. II. 51 1-7)

.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.


Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente

Signori senatori! [...]


E adesso, o colleghi miei, un mesto e doloroso ufficio mi resta a compiere in questa triste giornata. Io vi invito a piangere sul
cadavere del valent'uomo che ieri si è spento in questa Roma, dopo una lunga e dolorosa agonia, nell'età di settantacinque anni da
quattro giorni compiuti, di Girolamo Boccardo, cittadino genovese, da oltre un quarto di secolo, lustro e decoro di questo alto
consesso. L'ora non è questa, nella quale sia lecito a me, e nemmeno da altri, di pronunciare, prima ancora che sia sceso sotterra,
l'elogio dell'esimio collega che il Senato ha dolorosamente perduto. Ma pur volendo, non saprei, tanto per la commozione
dell'animo la parola non saprebbe salire alle labbra; e forse nol dovrei, perché un semplice cenno necrologico, quale l'uso mi
consente, non basterebbe a soddisfare il voto, che ad esempio degli antichi Romani, Girolamo Boccardo aveva acquistato il diritto
di esprimere nell'ultima ora del viver suo, quello di essere lodato dopo morte da laudato viro. Ad altri adunque ed in altro
momento spetterà dire le lodi dell'illustre trapassato. Questo, per noi, deve essere semplicemente giorno di lutto e di rimpianto, per
la perdita di un tanto collega, che, nel campo dell'insegnamento e della scienza, con le numerose ed utilissime pubblicazioni, in
materia specialmente di economia politica, le quali rimarranno a far testimonianza della vastità della mente e della tenacità del
lavoro; che, a tacer d'altro, con l'austera osservanza dei suoi doveri nell'esercizio delle alte cariche di Stato che tenne con rara
solerzia ed altrettanto amore della cosa pubblica, ha bene meritato che la patria sia chiamata a dolersi amaramente di averlo
perduto. Il Senato che vide alla prova, e tanto si giovò della sapiente operosità di Girolamo Boccardo, terrà a dovere, ed avrà pure
l'onore di accompagnarne, lagrimando, la salma all'ultima sua dimora, dolente nell'animo di non saper aggiungere altro più
eloquente del dolore comune. (Vivissime approvazioni). [...]
FINALI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINALI. [...] Ha poi finito commemorando con splendide parole il nostro collega Gerolamo Boccardo. Questo nome il Senato
non lo dimenticherà mai, e nessuno, credo, di noi entrando in quest'Aula non guarderà a quel banco nel quale si soleva vedere la
maestosa figura di quell'uomo, che il Senato onorava di tanta stima e di tanto rispetto, e la cui parola, meditata e grave, era sempre
ascoltata con religiosa attenzione. (Bene). Di rado egli sorgeva a parlare; benché fosse assiduo, come pochi sono, alle nostre
tornate, non ostante che la vasta dottrina e le sterminate cognizioni lo rendessero competente a discorrere di qualsivoglia
argomento, egli preferiva trattare le quistioni economiche e sociali; egli che aveva nella prima giovinezza, non ancora
venticinquenne, pubblicato quel trattato teorico pratico di Economia politica che segna uno stadio in quegli studi in Italia, e che i
progressi della scienza non poterono e non potranno far dimenticare. Pochi sono gl'italiani che a lui non debbano molto di ciò che
hanno appreso in ordine agli studi, che da un secolo a questa parte occupano maggiormente le menti umane, gli studi che
riguardano al migliore ordinamento della ricchezza, alla produzione e a quelle leggi economiche sulle quali riposa la società
moderna. Egli fu fecondissimo scrittore anche in materie ed argomenti estranei all'economia politica; in tutti i suoi libri vi è un
tesoro di cognizioni che egli diffondeva con spirito geniale e con larga e liberale mano. Incrollabile nella fede al principio della
libertà economica, egli però non si chiuse entro un muro, e non fu inaccessibile alle evoluzioni della scienza e delle sue
applicazioni. Per venticinque anni egli meditò un progetto che doveva a suo avviso assicurare le sorti presenti ed avvenire del
porto di Genova, il vero porto internazionale che abbia l'Italia. In mezzo a difficoltà che parevano insormontabili, egli condusse
quel progetto ad essere convertito in legge. Se l'autonomia del porto di Genova esiste, è principalmente merito suo; ed il giorno
che la legge fu votata qui in Senato, vidi nel suo volto un lampo di gioia che io non aveva mai visto nella lunga consuetudine che
ebbi con lui. Quel consorzio che è stato un provvido concetto non deve uscire da certi limiti i quali lo rendano conciliabile con gli
interessi generali e con l'ordinamento del Regno; e gli amministratori di quell'istituto faranno opera provvida e santa, se
ricorderanno sempre e seguiranno i consigli prudenti che loro dava il senatore Boccardo. Per questo specialmente egli ha meritato
dalla città nativa l'onore di un monumento; ma Girolamo Boccardo è uno di quegli uomini che non hanno bisogno di monumento;
egli con i suoi libri ha eretto a sé un monumento più durevole del marmo e del bronzo. Noi senatori, che oggi lo piangiamo e che
ci onoravamo di averlo collega, sentiremo per lui, finché durerà la nostra vita, il più profondo affetto, e negli annali del Senato si
vedrà sempre luminosa la figura di quest'uomo grande nel pensiero e nobilissimo nella parola. (Approvazioni vivissime).
VISOCCHI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VISOCCHI. Alla desolata ed affettuosa commemorazione fatta dal nostro illustre Presidente del defunto senatore Boccardo ed
all'eloquente elogio che ne disse testé l'onorevole senatore Finali, non è facile aggiungere altre parole. Non di meno la reverenza e
la stima che io ebbi sempre per lui grandissima, non mi consentono di restarmene senza mandargli un ultimo tributo di affetto e di
compianto. Onorato dell'amicizia sua, sedendo in quest’Aula qui accanto a lui, ebbi sempre ad ammirare la sua grande rettitudine,
la giustezza e bontà del suo giudizio e l'amor grande ed il calore che in lui si accendevano perché il giusto e l'onesto trionfassero.
Oltre degli esempi che ne dava qui nel Senato, ove con grande deferenza erano ascoltate le sue parole sempre convinte ed
eloquenti, altre luminose prove ne dava continuamente nel Consiglio di Stato, nell'accademia scientifica dei Lincei, in
importantissime missioni diplomatiche affidategli, nelle quali, e tra le altre a Berlino, onorò il nome italiano; e così in altre
moltissime occasioni, sempre rifulgeva eminente la sua figura di scienziato, di patriota, di uomo giusto ed onesto. Tante preclare
virtù rendevano generale il desiderio di affidargli i più gravi e gelosi interessi, quindi numerosissime le commissioni e gl'incarichi
datigli nelle assemblee, nelle sfere governative ed anche da private società, ed in tanti incarichi, egli non venne mai meno alla
fiducia in lui riposta, anzi col massimo valore e lealtà se ne confermò sempre degno. Ma l'onorevole senatore Boccardo non pago
di tanti servizi che egli rendeva al bene pubblico ed alla patria, volle particolarmente renderne specialissimi alla sua città natia,
che egli chiamava, qui in mezzo a noi, la sua Genova, rammentando sempre con entusiasmo il prodigioso progresso commerciale
con cui essa gareggiava coi più rinomati porti mondiali. E voi avete udito, o signori, rammentare egregiamente dall'onorevole
senatore Finali quanto lunga meditazione e persistente opera egli spendesse nella grande istituzione della autonomia del porto
genovese. Né tanto gravi incombenze impedirono all'illustre Boccardo di prodigare il più vivo e costante affetto alla sua cara
famiglia, che amava d'intenso amore, e da questa era ricambiato con illimitata ed ammirabile riverenza ed affezione; ed ora è
pianto con inconsolabile dolore, che il Senato condivide. Tutto, o signori, nell'uomo di cui oggi lamentiamo la perdita, fu
esemplare, grande ingegno, scienza, bontà, rettitudine, gentilezza, lavoro indefesso ed instancabile, anche quando le infermità
l'affliggevano! Ah! Di uomini così fatti rari sono gli esempi! Piaccia a Dio che di simili non ne manchino alla patria nostra!
(Approvazioni).
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. A ragione l'illustre Presidente del Senato, cominciando oggi, in modo
tanto eloquente, le commemorazioni di colleghi defunti, ha osservato che di rado in così breve periodo di tempo il Senato ha
dovuto deplorare tanti lutti. Si tratta di quattro personaggi egualmente eminenti e benemeriti della patria: il senatore Fazioli,
patriota fervente; il prof. Gemmellaro, uno dei più illustri cultori delle scienze naturali; l'onorevole Pascale, uno dei più eminenti
magistrati; il senatore Boccardo, forse il più illustre economista italiano, perduti in poco più di una settimana. Mi permetta il
Senato di rimpiangere in modo speciale, per ragioni personali, la perdita del senatore Boccardo. Io cominciai i miei studi di
economia su i libri dell'onorevole Boccardo; lo ebbi collega al Consiglio di Stato e ne potetti ammirare la profondità della dottrina
e la rettitudine di giudizio, ed ora, come ministro dell'interno, debbo rimpiangere per il Consiglio di Stato una perdita che sarà
molto difficile, anzi impossibile, rimpiazzare. Mi associo quindi al dolore del Senato ed alle parole nobilissime proferite
dall'onorevole Presidente e dagli altri oratori che hanno parlato. (Approvazioni)
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 21 marzo 1904
A. Issel, Recensione di
Sismopirologia, Terremoti, Vulcani e Lente Oscillazioni del suolo; Saggio di una teoria di Geografia fisica
del prof. Gerolamo Boccardo, Genova, 1869, pp. 364
in Rivista Europea, Anno I, Volume II, Fascicolo 1, marzo 1870, Firenze, Tipografia Fodratti, pp. 179-183.

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