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INDICE

Pagina
AMMINOACIDI E PROTEINE 2
LEGAME PEPTIDICO 5
PROTEINE FIBROSE 12
PROTEINE GLOBULARI 14
CARBOIDRATI 20
LIPIDI 28
MEMBRANE BIOLOGICHE 34
NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI 38
ENZIMI 46
CINETICA ENZIMATICA 51
COENZIMI 58
VITAMINE 63
BIOENERGETICA E METABOLISMO 65
GLICOLISI 69
GLUCONEOGENESI 77
VIA DEL PENTOSIO FOSFATO 80
PRODUZIONE DI ACETIL-CoA 82
CICLO DELL'ACIDO CITRICO 84
SINTESI DI ATP 89
METABOLISMO DEI LIPIDI 100
CATABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI 102
CORPI CHETONICI 108
BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI 110
BIOSINTESI DEI FOSFOLIPIDI E DEI TRIGLICERIDI 115
BIOSINTESI DEL COLESTEROLO 116
METABOLISMO DELLE PROTEINE 117
CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI 120
ESCREZIONE DELL'AZOTO E CICLO DELL'UREA 125
SINTESI PROTEICA 127
REGOLAZIONE ORMONALE 129
REGOLAZIONE COORDINATA DI GLICOLISI
E GLUCONEOGENESI 132
BIOSINTESI E DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO 134

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AMMINOACIDI, PEPTIDI E PROTEINE

Le proteine mediano praticamente tutti i processi che hanno luogo nelle cellule.
Sono le macromolecole biologiche più abbondanti e presenti in tutti i tipi di cellule e
funzioni subcellulari.
Le proteine inoltre sono gli strumenti molecolari mediante i quali si esprime l'informazione
genetica.
Le unità monomeriche delle proteine sono gli AMMINOACIDI. Ogni amminoacido ha una
catena laterale con specifiche proprietà chimiche.
Per generare una particolare proteina gli amminoacidi vengono legati covalentemente in
una caratteristica sequenza lineare che prende il nome di STRUTTURA PRIMARIA della
proteina.

AMMINOACIDI

Le proteine sono polimeri di amminoacidi in cui ogni residuo


amminoacidico è unito a quello vicino tramite uno specifico tipo di legame
covalente detto LEGAME PEPTIDICO.
Le proteine inoltre possono essere idrolizzate nei loro amminoacidi
costituenti.
Distinguiamo 20 amminoacidi detti ALFA-AMMINOACIDI che hanno un gruppo
carbossilico e un gruppo amminico legati allo stesso atomo di C detto C-alfa e differiscono
l'uno dall'altro per la catena laterale R, diversa per struttura, carica e solubilità.
Ad ogni amminoacido presente nelle proteine è stata assegnata una lettera o una sigla a 3
lettere.
In tutti gli alfa-amminoacidi (eccetto la glicina) il C-alfa è legato a quattro gruppi differenti,
perciò è un CENTRO CHIRALE.
Per ogni amminoacido sono possibili due stereoisomeri (enantiomeri) e sono otticamente
attivi.
Gli atomi di C dei gruppi R (e anche gli atomi di N e S) vengono indicati con le lettere
greche (beta, gamma, delta, epsilon...) a partire dall'atomo di C-alfa.
E' stato sviluppato uno speciale sistema di
nomenclatura per specificare la configurazione
assoluta dei quattro sostituenti detto SISTEMA D,L.
Bisogna innanzitutto utilizzare le PROIEZIONI DI
FISCHER disponendo la catena carboniosa in
verticale con il gruppo più ossidato in alto.
L'assegnazione della configurazione D,L non avviene in relazione con l'attività ottica delle
molecole.
I residui amminoacidici delle proteine sono tutti stereoisomeri “L” poiché le cellule sono in
grado di sintetizzare specificamente l'isomero L in quanto i siti attivi degli enzimi sono
asimmetrici e le reazioni che essi catalizzano sono stereospecifiche.
La nomenclatura D,L fa riferimento alla D-GLICERALDEIDE e alla L-GLICERALDEIDE.
Gli amminoacidi sono acidi deboli poliprotici che in soluzione possono esistere in diverse
forme con uno diverso stato di ionizzazione che sono in equilibrio tra loro e che
presentano una diversa carica netta.
Può cambiare la quantità relativa delle varie forme e ciò dipende dal pH della soluzione.
La forma giusta per rappresentare bene un amminoacido è quella che rappresenta la
molecola nella forma in cui il gruppo carbossilico è deprotonato e il gruppo amminico è
protonato.
Per comprendere in che modo il pH influenza la quantità relativa delle diverse forme di un

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amminoacido possiamo analizzare cosa succede durante la sua titolazione.
Se nella catena laterale non sono presenti gruppi dissociabili allora le possibili forme
dell'amminoacido sono 3 come nel caso dell'ALANINA.

La forma AA+ è la forma totalmente protonata mentre la forma AA- è la forma totalmente
deprotonata.
La forma AA° è la forma zwitterionica che ha una carica netta pari a 0, a pH=7, che può
comportarsi sia da acido che da base (ANFOTERO o ANFOLITA).
Il pH caratteristico al quale la carica netta è 0 si chiama PUNTO ISOELETTRICO o pH
ISOELETTRICO.
Gli amminoacidi che hanno un gruppo R ionizzabile hanno curve di titolazione complesse
con 3 fasi di ionizzazione.
Distinguiamo amminoacidi BASICI e amminoacidi ACIDI.
Inoltre esistono amminoacidi aromatici e amminoacidi polari carichi e non carichi oltre a
quelli apolari (non carichi e non ionizzabili a livello della catena laterale).

I GRUPPI R ALIFATICI NON POLARI comprendono la Glicina (Gly), l'Alanina (Ala), la


Prolina (Pro), la Valina (Val), la Leucina (Leu), l'Isoleucina (Iso) e la Metionina (Met).
Alanina, Leucina, Isoleucina e Valina stabilizzano le strutture proteiche mediante
interazioni idrofobiche; il gruppo amminico della Prolina riduce la flessibilità delle regioni
peptidiche in cui è presente.

I GRUPPI R AROMATICI comprendono la Fenilalanina (Phe), la Tirosina (Tyr) e il


Triptofano (Trp). Tutti e tre possono intervenire nelle interazioni idrofobiche.
Il gruppo ossidrilico della tirosina può formare del legami H.
Tirosina e Triptofano sono sensibilmente più polari della Fenilalanina (per la presenza
dell'OH e dell'N).
Assorbono la luce UV a circa lambda=280 nm.

I GRUPPI R POLARI NON CARICHI comprendono la Serina (Ser), la Treonina (Thr), la


Cisteina (Cys), l'Asparagina (Asn) e la Glutammina (Gln).
I gruppi R di questi amminoacidi sono molto più solubili in acqua perchè contengono
gruppi funzionali che formano legami H con l'acqua.
La polarità della Serina e della Treonina è data dalla presenza del gruppo OH mentre
quella dell'Asparagina e della Glutammina è dovuta ai gruppi ammidici.
La polarità della Cisteina è dovuta al gruppo SULFIDRILICO grazie al quale può formare
legami H deboli con H e N.
Asparagina e Glutammina sono ammidi di altri due amminoacidi che sono l'Aspartato e il
Glutammato da cui si ottengono per idrolisi acida o basica.
La Cisteina è facilmente ossidabile in Cistina, in cui due Cisteine sono unite da un PONTE
DISOLFURO, in cui i residui sono molto idrofobici.
I ponti disolfuro stabilizzano la struttura di molte proteine.

I GRUPPI R CARICHI POSITIVAMENTE o BASICI comprendono la Lisina (Lys), l'Arginina


(Arg), e l'Istidina (His).
La Lisina ha un gruppo R con un secondo gruppo NH 3+ sulla catena laterale in posizione
epsilon; l'Arginina possiede un gruppo GUANIDINICO mentre l'Istidina possiede un gruppo
IMIDAZOLICO con pKa vicina alla neutralità (caso particolare).

I GRUPPI R CARICHI NEGATIVAMENTE o ACIDI comprendono il Glutammato (Glu), e


l'Aspartato (Asp). Possiedono un secondo gruppo COO- nella catena laterale.

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Oltre ai 20 amminoacidi comuni le proteine possono contenere dei residui amminoacidici
formati per modificazione chimica solo una volta che sono già stati incorporati gli
amminoacidi STANDARD nella catena polipeptidica.
Ad esempio ricordiamo:
• 4-Idrossiprolina
• 5-Idrossilisina

Alcuni amminoacidi possono essere modificati transitoriamente.


L'aggiunta di gruppi fosforici, metilici,acetilici, ADP-ribosilici, adenilici o di altri gruppi
ancora, può aumentare o diminuire l'attività della proteina in cui è aggiunto l'amminoacido
modificato.

LEGAME PEPTIDICO

E' un legame covalente che si forma


tra il gruppo alfa-COOH di un
amminoacido e il gruppo alfa-NH2
dell'amminoacido successivo con la
formazione di una molecola di H2O.
Si tratta di una reazione di
CONDENSAZIONE.
Il gruppo carbossilico deve essere
modificato per essere attivato
chimicamente in modo da eliminare più
facilmente il gruppo OH. Il gruppo alfa-
amminico agisce da NUCLEOFILO ma
l'OH non è un buon gruppo uscente.
A pH fisiologico la reazione non avviene ad una velocità apprezzabile e viene controllata
enzimaticamente dal ribosoma.
Dall'unione di un piccolo numero di amminoacidi si ottiene un PEPTIDE; dall'unione di
molti amminoacidi si ottiene una PROTEINA.
La carica di una catena polipeptidica è determinata da:
• GRUPPI TERMINALI
• GRUPPI LATERALI
La sequenza di una catena peptidica si legge partendo dal residuo N-terminale verso
quello C-terminale.
Il gruppo carbossilico di un polipeptide è molto meno acido del gruppo alfa-carbossilico di
un amminoacido libero, perciò la pKa è più elevata.
La pKa di un gruppo amminico terminale in un polipeptide è minore rispetto a quella di un
gruppo alfa-amminico di un amminoacido libero, perciò risulta più acido.
Inoltre varia anche il valore di pKa delle catene
laterali.
Il legame peptidico è un legame difficile da rompere.
Inoltre è un legame planare perchè presenta un
doppio legame C=N.
Si tratta di un legame rigido che è un ibrido di
risonanza tra due forme.
Ogni due amminoacidi si incontra un piano ammidico in cui ogni C alfa funziona da perno
attorno al quale avviene una rotazione che permette di ottenere diverse conformazioni.
Il piano ammidico è il piano su cui giace il legame; attorno a quest'ultimo la rotazione è
impedita.

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I piani ammidici sono in grado di individuare degli angoli diedri che prendono il nome di
angoli PHI e PSI.
La rotazione attorno ai legami Calfa-N non è totalmente libera per motivi sterici e quindi la
variabilità conformazionale è limitata.
I valori di psi (tra Calfa e COO-) e phi (tra Calfa e NH) stericamente permessi e non sono
individuati dal grafico di RAMACHANDRAN che si basa sul calcolo delle energie relative a
ciascuna conformazione.
Quindi lo studio della struttura spaziale di numerose proteine ha messo in evidenza che in
alcuni tratti la catena polipeptidica assume conformazioni ordinate in cui i piani ammidici
individuano angoli phi e psi che si ripetono lungo il tratto. Queste zone prendono il nome di
STRUTTURE SECONDARIE.
In linea di principio phi e psi possono assumere valori compresi tra -180° e +180°, ma dal
momento che vi è impedimento sterico la conformazione per cui phi e psi assumono
valore pari a 0°non è permessa ma viene utilizzata come punto di riferimento.

STRUTTURA TRIDIMENSIONALE DELLE PROTEINE

Una proteina tipicamente può assumere una o più STRUTTURE TRIDIMENSIONALI


STABILI che riflettono una diversa funzione.
La struttura di una proteina è stabilizzata da interazioni deboli multiple come le interazioni
idrofobiche che derivano dall'aumento dell'entropia dell'H 2O circostante e che si vengono a
creare tra i gruppi apolari che si raggruppano insieme andando a contribuire, nella
maggior parte dei casi, al mantenimento di una struttura di tipo globulare.
Le forze di Van Der Waals, i legami H, i ponti disolfuro e le interazioni ioniche rendono
certe strutture termodinamicamente stabili.
La natura dei legami covalenti in uno scheletro carbonioso impone delle restrizioni
strutturali e di conseguenza viene determinata anche la funzione della proteina.
L'analisi della struttura di una proteina parte dallo studio della sequenza amminoacidica,
che determina la formazione delle strutture superiori e che prende il nome di STRUTTURA
PRIMARIA.
La struttura primaria è l'ordine con il quale gli amminoacidi sono legati tra loro ed è il primo
livello di struttura necessario per determinare la STRUTTURA TRIDIMENSIONALE di una
proteina.
La STRUTTURA SECONDARIA si riferisce ad un segmento polipeptidico di una proteina e
descrive l'ORGANIZZAZIONE SPAZIALE della catena principale.
E' caratterizzata da interazioni ripetitive determinate dai legami H tra l'NH ammidico e i
C=O dello scheletro peptidico.
Gli angoli phi e psi sono costanti dal momento che si tratta di strutture ripetitive e le
distanze fra i Calfa sono costanti.
In molte proteine il ripiegamento può avvenire indipendentemente dal ripiegamento delle
altre parti e le regioni della proteina così ripiegate sono dette DOMINI o STRUTTURE
SUPERSECONDARIE.
Le strutture secondarie principali sono:
• alfa-ELICA
• beta-FOGLIETTO

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ALFA-ELICA

Venne scoperta da Pauling e Corey nel


1951 e confermata successivamente
tramite l'analisi ai raggi X.
Gli angoli phi e psi si ripetono in maniera
regolare e ciò fa sì che la catena
peptidica assuma nello spazio una
conformazione a elica avvolgendosi
attorno a un cilindro immaginario
allungando il piano ammidico lungo l'asse
del cilindro.
E' una struttura di tipo elicoidale molto
diffusa.
Per ogni passo o giro d'elica di un'alfa-
elica normale si incontrano 3,6 residui
amminoacidici in un tratto lungo 5,4 A.
La forma di alfa-elica più diffusa è quella DESTRORSA.
La formazione dell'elica è guidata dalla formazione di un legame H tra il C=O di un
amminoacido “n” e l'NH dell'amminoacido “n+4” (più avanti di 4 residui).
Le alfa-eliche SINISTRORSE sono teoricamente meno stabili.
L'alfa-elica di per sé è una struttura stabile ma la sua stabilità è determinata da:
• sequenza amminoacidica
• natura amminoacidica
Se l'alfa-elica non è stabile ciò può essere dato dal fatto che l'amminoacido n e quello n+3
hanno delle catene ingombranti o di carica opposta che si respingono destabilizzando
l'elica.
Il passo è definito anche come la distanza fra due gruppi sovrapposti. L'alfa-elica è la
struttura che si forma più facilmente perchè la disposizione dei legami H è migliore. Inoltre
i residui amminoacidici devono avere tutti stereochimica uguale (D o L) e le catene laterali
sporgono al di fuori dello scheletro elicoidale.
Il legame H che si forma risulta forte perchè l'NH e il C=O si trovano alla distanza ottimale
di 2,8 A in cui si ha la massima forza di legame.
Inoltre sono possibili altri due tipi di eliche.
L'elica 310 presenta 3 residui amminoacidici per passo e per chiudere un giro d'elica e
formare un legame H si incontrano 10 atomi.
L'elica pi-greco è molto più ampia dell'alfa-elica e si trova soprattutto nella parte terminale
delle catene peptidiche.
Se osserviamo l'elica dall'alto notiamo che le catene laterali sporgono verso l'esterno.
Tutti i C=O e gli NH sono implicati nella formazione di legami H.
Tutte le alfa-eliche sono dipolari: il polo + corrisponde all'NH 3+ terminale, il polo – al COO-
terminale.

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BETA-FOGLIETTO

Questo tipo di conformazione organizza le catene peptidiche in foglietti in cui vi sono


specifici angoli phi e psi che si ripetono, per cui i piani ammidici si dispongono in maniera
tale da non presentare ingombro sterico.
E' una conformazione piuttosto estesa con un andamento a zig-zag anziché a spirale.
Ciascun tratto di 5-10 amminoacidi si ripiega per formare il filamento beta.
La disposizione di più filamenti beta parallelamente prende il nome di FOGLIETTO BETA.
Non è possibile prevedere, come nel caso dell'alfa-elica, quale amminoacido fornisce il
C=O e quale l'NH per la formazione del legame H.
Si possono formare legami INTRACATENA e INTERCATENA.
I foglietti beta si trovano prevalentemente nelle proteine globulari e sono costituiti da 2 a
15 filamenti beta abbinati lateralmente (con un valore medio di 6 filamenti beta) tramite
legami H.
I foglietti beta formati da un certo numero di filamenti beta sono pieghettati con gli atomi di
Calfa disposti sopra e sotto il piano del foglietto beta dandogli l'aspetto di un foglietto
pieghettato.
Le catene laterali degli amminoacidi che compongono il foglietto beta seguono lo stesso
andamento, per cui puntano al di sopra e al di sotto del piano del foglietto beta.
Spesso un lato del foglietto beta può presentare solo catene polari mentre l'altro presenta
solo catene apolari.

I filamenti beta possono interagire per formare foglietti beta di 2 tipi:


• FOGLIETTO BETA ANTIPARALLELO:
Due filamenti beta adiacenti che formano un legame H
hanno direzioni opposte; quindi un filamento che va
dal residuo C-terminale a quello N-terminale è
parallelo a un filamento che va da quello N-terminale a
quello C-terminale. Si tratta dei foglietti più stabili
perchè i C=O e gli NH sono allineati in maniera più
corretta per formare legami H.

• FOGLIETTO BETA PARALLELO:


E' una struttura meno stabile in cui tutti i
filamenti si dirigono nella stessa direzione
e gli NH e i C=O sono più distanti per
poter formare il legame H.

Il foglietto beta a sua volta può assumere una sua conformazione che prende il nome di
RIPIEGAMENTO BETA o BETA-TURN, una struttura pieghettata che consente alle catene
polipeptidiche di assumere una conformazione globulare.
Il ripiegamento beta è dato da sequenze di 4 residui che
contengono la PROLINA in posizione 2, la ci catena
laterale ingombrante ha una streochimica particolare che
gli altri amminoacidi non hanno, e la GLICINA in
posizione 3.
La glicina, avendo una catena laterale più piccola delle
altre, dà stabilità alla struttura senza causare
impedimento sterico.

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I piani ammidici del foglietto beta non giacciono sullo stesso piano e quindi la sua struttura
non è planare.

La formazione di queste strutture secondarie non è guidata solo dalla formazione di legami
H.
Le strutture secondarie si formano con lo scopo di produrre delle strutture compatte.
Questa è l'origine comune di alfa-eliche e foglietti beta.
In base alla sequenza amminoacidica è possibile immaginare la struttura che una catena
peptidica potrebbe assumere tramite l'utilizzo di 3 parametri che rappresentano la
probabilità che vari residui amminoacidici hanno di trovarsi nelle strutture secondarie:
• Palfa (alfa-elica)
• Pbeta (beta-foglietto)
• PT ( ripiegamento beta)
Lo studio di numerose proteine ha permesso di individuare organizzazioni strutturali
ricorrenti in cui elementi di struttura secondaria sono combinati per dare strutture
supersecondarie o motivi nella cui costituzione vi sono anche vari elementi di
connessione.
Un motivo comprende diversi tipi di struttura secondaria e ne sono stati individuati diversi
tipi:
• ELICA-GOMITO-ELICA:
Detto anche alfa-alfa CORNER. Questo motivo è comune nelle proteine che legano il Ca . 2+

Le alfa-eliche sono disposte perpendicolarmente ed è difficoltoso stabilire come sono


organizzati gli amminoacidi che formano il gomito.
• ANSA o CAPPIO beta-alfa-beta:
Due tratti di beta-foglietto sono disposti parallelamente tra loro e sono connessi da un
tratto di alfa-elica.
• BARILE beta:
E' formato da foglietti beta che si avvolgono con andamento destrorso e con una
disposizione caratteristica.
Va a costituire un singolo dominio nell'EMOLISINA (alfa), una tossina che uccide le cellule
presenti nello Staphilococcus Aureus.
Un motivo non è un elemento strutturale vero e proprio, perciò non va interposto
gerarchicamente tra struttura secondaria e struttura terziaria, ma è caratteristico di alcune
parti di un peptide per quanto riguarda il suo avvolgimento e talvolta può descriverne
l'intera struttura.

STRUTTURA TERZIARIA

Una struttura terziaria corrisponde alla struttura tridimensionale completa di una catena
polipeptidica in base alla quale possiamo individuare diversi tipi di proteine che
suddividiamo in due classi: FIBROSE e GLOBULARI.
Una regione di proteina stabile e
ripiegata indipendentemente dal
resto della proteina è un tipo di
struttura terziaria che prende il
nome di DOMINIO.
In ogni motivo possono essere
presenti uno o più motivi
strutturali.
La struttura terziaria quindi
comprende elementi di struttura
secondaria.

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Polipeptidi con qualche centinaio di residui amminoacidici (o più) spesso si avvolgono
nello spazio formando due o più domini che talvolta svolgono funzioni diverse.
Il dominio di una proteina generalmente mantiene il suo ripiegamento anche se viene
separato dal resto della struttura proteica.
In una proteina con molti domini ciascuno può apparire come un lobo globulare distinto e
possono interagire tra loro mediante ampie superfici di contatto per cui distinguerli diventa
difficile.
Domini differenti di una stessa proteina svolgono funzioni diverse.
Generalmente le proteine di piccole dimensioni hanno un solo dominio e il dominio quindi
costituisce l'intera proteina.
Diversi tipi di interazioni stabilizzano la
struttura terziaria:
• PONTE DISOLFURO
• LEGAME H
• PONTE SALINO
• FORZE IDROFOBICHE
Queste interazioni si formano anche fra
amminoacidi molto distanti nella catena
polipeptidica.
Il folding delle proteine è guidato dalla
competizione tra le interazioni interne e le
interazioni con l'H2O; per via dell'effetto
idrofobico le catene laterali apolari degli
amminoacidi tendono a minimizzare il
contatto con l'acqua, che è destabilizzante,
raggruppandosi tra loro all'interno tramite
interazioni idrofobiche (es. Van Der Waals).
Disponendosi in questo modo le catene apolari trascinano verso l'interno anche i gruppi
ammidici polari che non potendo formare legami H con l'acqua li formano tra di loro.
La struttura terziaria di una proteina rappresenta la sua forma più attiva che è la forma
nativa.
La forma nativa comprende elementi di struttura 1 a, 2a e 3a.
La perdita parziale o totale di elementi di struttura 2 a e 3a porta alla DENATURAZIONE.
Lo stato ripiegato o folding di una proteina è uno stato energicamente favorito
(termodinamicamente) e il ripiegamento è un processo lungo e spontaneo.
Il processo di ripiegamento delle proteine è un processo che all'interno delle cellule
avviene con l'ausilio di altre proteine dette CHAPERONI MOLECOLARI che interagiscono
con i peptidi ripiegati parzialmente o in modo improprio facilitando il processo di
avvolgimento.
Le CHAPERONINE rappresentano una delle famiglie più comuni di chaperoni molecolari e
sono degli enzimi necessari per il ripiegamento.
A volte capita che il ripiegamento non avvenga in maniera corretta e perciò le proteine mal
ripiegate vengono eliminate e degradate nella cellula.
Se i meccanismi di controllo da parte degli chaperoni non vengono attuati in maniera
corretta, le proteine mal ripiegate vengono accumulate nella cellula e formano degli
aggregati, in particolare con l'invecchiamento, andando a provocare diverse malattie come
le AMILOIDOSI che portano all'accumulo di proteine amiloidi (alla base delle quali si trova
il foglietto beta) che formano delle fibre che non possono essere rimosse dalle proteasi
perchè sono molto resistenti. Patologie legate all'accumulo di proteine amiloidi sono:
• Morbo di Alzheimer
• Morbo di Parkinson
• Malattia di Huntington

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DENATURAZIONE

Prevede la rottura di elementi di struttura secondaria e terziaria che comporta la perdita


della funzionalità biologica di una proteina.
Non comporta il completo srotolamento della struttura o l'assunzione di una struttura
casuale e nella maggior parte dei casi porta all'assunzione di conformazioni parzialmente
ripiegate.
Gli agenti denaturanti sono diversi:
• CALORE:
Piccole variazioni di temperatura producono effetti complessi sulle interazioni deboli
come i legami H (0,4 KJ/mol).
I ponti disolfuro non si rompono con il calore.
• ACIDI E BASI FORTI:
Valori estremi di acidità o basicità comportano un'alterazione dello stato di
ionizzazione delle catene laterali.
• DETERGENTI:
L'aggiunta comporta un'alterazione delle interazioni di tipo idrofobico a livello delle
catene laterali interagendo in particolare con le catene apolari rompendo le
interazioni.
• SOLVENTI ORGANICI:
Producono un effetto simile ai detergenti.
• IONI DI METALLI PESANTI E SALI:
L'aggiunta di sali provoca delle variazioni di forza ionica.
Tra i metalli pesanti più denaturanti troviamo Hg e Pb.
Le variazioni di forza ionica possono avere effetti negativi (destabilizzanti come
l'effetto caotropico) o positivi (stabilizzanti) andando a competere con le catene
laterali.

Fino a una certa concentrazione di denaturante si ha la forma nativa.


A una concentrazione critica invece si ha la denaturazione completa.
Il processo di denaturazione comporta la variazione di parametri fisici della soluzione
(assorbimento, viscosità..).
Ci si aspetta che tutte le proteine contengano almeno un amminoacido aromatico; a
seconda dell'aromatico presente varia la lambda a cui la proteina assorbe la luce e si
osserva un aumento dell'intensità.
Si definisce invece temperatura di FUSIONE la temperatura per cui la proteina è al 50%
nella struttura nativa e al 50% nella forma denaturata.

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CLASSIFICAZIONE DELLE PROTEINE

Possono essere classificate in due tipi differenti a seconda della morfologia complessiva
che comporta un differente ruolo assieme a una differente distribuzione.

PROTEINE FIBROSE

Hanno catene polipeptidiche disposte in lunghi fasci o foglietti.


Sono costituite in gran parte da un unico tipo di struttura secondaria e la loro struttura
terziaria è relativamente semplice.
Le proteine fibrose sono adattate a ruoli strutturali; in particolare hanno ruoli protettivi e di
supporto.
Tutte le proteine fibrose sono:
• Insolubili in H2O
• Allungate
• Extracellulari
Si dividono in diversi tipi, tra cui ricordiamo alfa-CHERATINE e COLLAGENO.

ALFA-CHERATINE

Costituiscono una famiglia di proteine che


partecipano alla formazione dei filamenti
intermedi, le strutture più stabili e meno
solubili del citoscheletro.
Sono proteine con struttura ad alfa-elica
disposte in più subunità per formare un
filamento.
Le alfa-cheratine in tutto sono circa 30 e solo
8 sono specifiche di unghie e capelli.
L'alfa-elica dell'alfa-cheratina è un'elica destrorsa e due eliche si avvolgono l'una sull'altra
formando un superavvolgimento sinistrorso.
Questa organizzazione strutturale aumenta la resistenza dell'intero complesso.
Il contatto tra le due alfa-eliche avviene a livello degli amminoacidi idrofobici che
interagiscono tra di loro tramite le catene laterali conferendo una maggiore stabilità alla
struttura.
Il superavvolgimento è un esempio di STRUTTURA QUATERNARIA.
Tra le catene adiacenti si possono formare ponti disolfuro, legami covalenti tra residui di
cisteina che aumentano la resistenza delle fibre.
Vengono definiti LEGAMI COVALENTI CROCIATI.
Il superavvolgimento dell'alfa-cheratina forma un dimero che sta alla base di ulteriori
avvolgimenti, cioè delle coppie di eliche che generano delle strutture ordinate nel seguente
ordine:
• 2 alfa-eliche ----> DIMERO (coiled coil)
• 2 dimeri ---> PROTOFILAMENTO
• 2 protofilamenti ---> PROTOFIBRILLA
• 2 protofibrille ---> MICROFIBRILLA
• 2 microfibrille ---> MACROFIBRILLA
La macrofibrilla rappresenta il filamento intermedio (32 alfa-eliche).

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COLLAGENO

E' presente nel tessuto connettivo di tendini, cartilagine, matrice


ossea e cornea insieme a elastina, fibrillina e proteoglicani.
E' la proteina più abbondante nei mammiferi in cui costituisce il
25% del peso.
Nell'uomo ne esistono più di 10 tipi diversi.
La catena del collageno è lunga circa 1000 amminoacidi e
possiede una struttura secondaria diversa dall'alfa-elica.
Si tratta di un'elica sinistrorsa con 3 residui per giro.
La struttura primaria è formata da una sequenza ripetitiva di una
tripletta di amminoacidi (Gly – X – Y) 330 in cui circa 100 residui X
sono Prolina o Lisina e circa 100 residui Y sono amminoacidi
modificati come la 4-idrossiprolina o la 5-idrossilisina.

L'IDROSSILAZIONE è una modificazione post-traduzionale che avviene grazie a degli


enzimi che fanno parte delle idrossilasi.
L'ACIDO ASCORBICO è essenziale per idrossilare la Prolina; una carenza di acido
ascorbico porta allo SCORBUTO, che comporta fragilità capillare.
Tre eliche sinistrorse si avvolgono l'una sull'altra per formare una tripla elica destrorsa
molto stretta che è detta TROPOCOLLAGENO.
Il tropocollageno è l'unità costitutiva del collageno.
E' un tipo di struttura quaternaria stabilizzata da:
• Legami H
• Legami covalenti
E' resistente alla trazione ed è poco elastico (quanto un filo
d'acciaio dello stesso diametro).
I legami H si instaurano tra i gruppi N-H e i C=O che
appartengono a catene differenti.
La glicina, che si trova ogni 3 amminoacidi, possiede i requisiti
sterici giusti per permettere l'interazione tra catene differenti.
Si formano legami crociati che permettono di
legare covalentemente diverse molecole di
tropocollageno a livello di LISINE
MODIFICATE che vengono deamminate per
formare l'ALLISINA (ossidazione).
In ambiente extracellulare l'Allisina si lega con
una Lisina non modificata per unire due triple eliche.
Alcune malattie derivano da una sintesi non corretta del
collageno in seguito a delle modificazioni, ad esempio, della tripletta Gly-X-Y. Le malattie
acquisite, come lo scorbuto, derivano da una diminuita fragilità della tripla elica. Altre
malattie, come l'OSTEOGENESI IMPERFETTA, sono congenite e derivano da mutazioni
come la sostituzione della Gly con Ser o Cys.

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PROTEINE GLOBULARI

Possiedono catene polipeptidiche ripiegate ad assumere forme GLOBULARI o SFERICHE


che possiedono più strutture secondarie. Diversi segmenti della catena si avvolgono gli uni
sugli altri generando strutture complesse.
Le proteine globulari comprendono enzimi, proteine di trasporto, proteine regolatrici e
immunoglobuline.
Sono solubili in H2O e generalmente svolgono funzioni biologiche intracellulari.
Tutte le proteine globulari possiedono una parte interna e una parte esterna ben definite.
Nella parte interna sono impaccati i residui idrofobici mentre nella parte esterna si trovano
le catene di residui idrofolici.
La struttura comprende dei foglietti beta ritorti a formare delle strutture a barilotto con
andamento destrorso.
La catena si avvolge in svariati modi, ad esempio il più comune è il BETA-TURN che
coinvolge 4 residui (tra cui troviamo la Prolina che gioca un ruolo fondamentale).
I ripiegamenti beta sono collocati sulla superficie esterna.
Sono presenti delle regioni ad avvolgimento casuale, in particolare nelle porzioni terminali,
in cui si ha libertà conformazionale e che sono peculiari di quella particolare proteina; tali
regioni vengono definite IRREGOLARMENTE STRUTTURATE.
Quindi non tutte le porzioni di una proteina globulare possono essere definite alfa-elica,
beta-foglietto o ripiegamento beta.

MIOGLOBINA ED EMOGLOBINA

Sono proteine capaci di legare l'O2 in


maniera REVERSIBILE.
Il confronto tra le due strutture permette di
evidenziare perchè l'emoglobina trasporta
l'O2 e perchè la mioglobina funziona come
riserva di O2.
Quindi sono l'esempio della relazione
esistente tra STRUTTURA
TRIDIMENSIONALE e FUNZIONE.
Emoglobina e Mioglobina legano
reversibilmente l'O2 e per questo motivo
quest'ultimo viene definito LIGANDO.
L'O2 si lega al sito di legame tramite
interazioni specifiche.

MIOGLOBINA o Mb

E' l'esempio più classico di proteina GLOBULARE.


Consiste di una singola catena di 153 amminoacidi e contiene il gruppo EME.
Il gruppo EME è un gruppo PROSTETICO che non possiede una struttura proteica ed è
legato saldamente alla catena polipeptidica permettendole di legare a sua volta l'O 2.
La struttura è formata da 8 eliche (alfa-eliche) e nessuna regione a beta-foglietto.
Le alfa-eliche vengono classificate in ordine con lettere dalla A alla H e sono unite tra loro
a formare una molecola ellissoidale grazie ai legami H.
Le alfa-eliche contengono da 7 a 26 residui ciascuna.
Nei giri finali delle eliche A, C, E e G si osserva la presenza di eliche 3 10.

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Due residui polari di Istidina si trovano all'interno e partecipano a
interazioni con il gruppo EME e l'O 2 legato.
Il gruppo EME è inserito in una TASCA IDROFOBICA della parte
proteica della molecola; la sua presenza influenza la conformazione
del polipeptide.
La numerazione alla catena della Mb può essere data riferendosi
alla POSIZIONE occupata dal residuo di una delle 8 eliche o in un
segmento interelica.

GRUPPO EME

E' costituito dallo IONE METALLICO Fe (II) e da una parte organica, la PROTOPORFINA
IX, costituita da 4 anelli a 5 membri che hanno la struttura base del pirrolo e sono uniti da
5 ponti METINILI (-CH=) per formare una struttura planare quadrata.
Sono presenti 6 siti di legame
ione-metallo nell'atomo di ferro; 4
dei 6 siti sono occupati dagli atomi
di N degli anelli pirrolici, il sito 5 è
occupato da uno degli atomi di N
dell'imidazolo della catena laterale
dell'His e il sito 6 è il sito in cui si
lega l'Ossigeno.
I siti 5 e 6 sono su lati opposti sul
piano dell'anello PORFIRINICO
che costituisce una struttura
MACROCICLICA.
Il Fe (III) non è in grado di legare
l'O2; il Fe (II) quando lega l'O2 si
ossida.
La funzione della proteina intorno
è quella di creare un ambiente
idrofobico in cui l'EME possa
essere inserito (TASCA DELL'EME).

Questa tasca è formata da una particolare disposizione dell'elica “E” e dell'elica “F” e al
suo interno sono contenute le catene laterali di amminoacidi non polari che quindi tengono
lontane le molecole di H2O e viene impedita l'ossidazione.
(Ciò non toglie che l'EME si ossida in minima parte).

Inoltre la proteina modifica l'affinità del Fe (II) verso i possibili ligandi.


Ad esempio, in assenza della proteina, l'EME lega CO con maggiore affinità rispetto all'O 2.
Se non ci fosse la proteina attorno all'EME le piccole [CO] a livello dell'organismo
sarebbero letali.

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EMOGLOBINA o Hb

A differenza della Mioglobina, possiede una struttura


QUATERNARIA e contiene 4 catene polipetidiche uguali
a due a due: le catene ALFA e le catene BETA.
Queste catene interagiscono mediante legami non
covalenti ma legami H, ponti salini e interazioni
idrofobiche.
Dal momento che il dimero alfa-beta è più stabile dei
dimeri alfa-alfa e beta-beta, l'Emoglobina può essere
considerata come l'assemblaggio di due dimeri alfa-beta
(TETRAMERO).
Le catene alfa e beta sono molto simili alla catena della
Mb:
• Catena alfa ---> 141 residui
• Catena beta ---> 146 residui
Molti amminoacidi della catena alfa, della catena beta e della Mb sono definiti OMOLOGHI
perchè occupano le stesse posizioni nei 3 tipi di catena polipeptidica.
Anche le catene dell'Emoglobina vengono suddivise in 8 segmenti denominati con lettere
dalla “A” alla “H”.
Due importanti residui sono le ISTIDINE F8 (prossimale) ed E7 (distale) che coordinano
rispettivamente il 5° sito del Fe (II) dell'EME e la molecola di O 2.
L'F8 occupa la posizione 87 nelle catene alfa, 92 nelle catene beta e 93 nella Mioglobina.
L'E7 occupa la posizione 58 nelle catene alfa, 63 nelle catene beta e 64 nella Mioglobina.
L'Emoglobina ha una forma quasi sferica e nelle catene alfa manca l'elica D.
Una molecola di Hb può legare 4 molecole di O 2!
Sia l'Hb che la Mb legano l'O2 in maniera REVERSIBILE ma il legame dell'O2 con
l'Emoglobina mostra cooperatività positiva: quando una molecola di O 2 si lega allora viene
facilitato il legame della molecola successiva.

La Mb ha funzione di DEPOSITO di O2 nel muscolo; lega l'O2 a pressioni molto basse ed è


saturata al 50% a una pO2 di 1 torr.
L'Hb ha la funzione di TRASPORTARE l'O2 ma deve anche rilasciarlo facilmente a
seconda delle condizioni.
Negli alveoli polmonari la pO2 è di 100 torr e a questo valore l'Hb è saturata al 100%.
Nei capillari dei muscoli in attività la pO2 è di 20 torr e di conseguenza è inferiore della
pO2=26 torr necessaria per saturare l'Hb al 50%.
La bassa solubilità dell'O2 nel plasma quindi richiede che vi sia un sistema che leghi l'O 2 e
che sia anche in grado di rilasciarlo.
La frazione di saturazione è il rapporto tra i siti impegnati nel legame con il ligando rispetto
alla totalità dei siti di legame della molecola.
Il termine pO2 invece indica la pressione parziale dell'O 2.
Quando si riportano in grafico il grado di
saturazione della Mb e dell'Hb rispetto alla pO 2
si osservano delle differenze: la curva dell'Mb
presenta un rapido INCREMENTO che
costituisce una curva iperbolica, mentre l'Hb è
sigmoidale e la sua curva delinea che il legame
della prima molecola facilita il legame della
seconda (che a sua volta facilita il legame della
terza che facilita il legame con la quarta) e ciò
delinea un legame cooperativo.

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Inoltre l'Emoglobina presenta due diversi spettri di assorbimento tra:
• Forma OSSIGENATA
• Forma DESOSSIGENATA
A seconda dell'assorbimento alle varie lambda può essere definita la saturazione.
Forma ossigenata e desossigenata presentano due differenti conformazioni che sono
state osservate grazie ai raggi X.
L'OSSIGENAZIONE induce delle variazioni nella struttura terziaria della catena che lega
l'O2.
Questa variazione si riflette in una MODIFICAZIONE della struttura quaternaria in quanto il
dimero alfa1-beta1 ruota rispetto al dimero alfa2-beta2.
Quindi le strutture terziarie dell'Hb (desossigenata) e dell'Hb (O 2)4 (ossigenata) sono
differenti e di conseguenza varia anche la struttura quaternaria.
In seguito alla rotazione del dimero alfa 1-beta1 variano anche le interazioni con gli
amminoacidi dell'altro dimero e varia anche la cavità interna al tetramero che diventa
minore con l'ossigenazione.
L'Hb desossigenata presenta l'EME con una forma a CUPOLA per motivi di ingombro
sterico e stabilità.
La variazione conformazionale indotta dall'O 2 permette che l'EME assuma una struttura
PLANARE e quindi meno stabile.
Il legame dell'O2 con l'EME conseguentemente modifica una porzione dell'elica F che
entrando in contatto con l'EME lo destabilizza.
Il movimento dell'elica F è dato dal fatto che l'His prossimale porta la proteina ad
assumere una nuova conformazione in cui anche le catene non legate all'O 2 mutano il loro
riarrangiamento spaziale rendendo più accessibile il sito di legame all'O 2 e quindi
aumentando l'AFFINITA'.
Inoltre vengono rotti dei ponti salini e ciò porta
ad una DESTABILIZZAZIONE dell'Hb
desossigenata.
Il legame cooperativo di un ligando può essere
descritto quantitativamente grazie
all'EQUAZIONE DI HILL.
Compare come termine nH che è il
COEFFICIENTE DI HILL, una misura del grado
di cooperatività che coincide con la pendenza
della retta.
Nel caso della Mb nH=1. Se nH>1 si ha
cooperatività.
L'affinità dell'Hb per l'O2 è influenzata da diversi
fattori:
• pH
• Concentrazione di fosfati organici
• CO2
L'effetto del pH sull'affinità Hb/O2 si spiega solo ammettendo che la reazione di
ossigenazione comporti una reazione ACIDO-BASE.
Le forme OSSIGENATA e DESOSSIGENATA subiscono anche una reazione di
PROTONAZIONE/DEPROTONAZIONE durante l'ossigenazione.
Quindi le due conformazioni hanno diversa acidità.
L'Hb desossigenata è meno ossigenata e quindi lega gli H+ in maniera differente rispetto a
quella ossigenata.
L'Hb deve trasportare l'O2 dai polmoni ai tessuti.
Il pH del sangue è diverso nei due distretti; nei tessuti infatti il pH è più BASSO, e quindi
più acido, a causa delle reazioni del metabolismo per via della formazione di CO 2.

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Nei polmoni il pH è un pochino meno acido (più ALTO).
Questo diverso valore di pH contribuisce al rilascio di O 2 da parte dell'Hb ossigenata dove
il pH è più acido a causa della [H+] maggiore e diventa meno affine verso l'O 2 rilasciandolo
con più facilità.
Sia gli H+ che la CO2 legano l'Hb influenzando la sua affinità per l'O 2.
L'effetto indotto dagli H+ è detto EFFETTO BOHR.
Può essere dovuto alla diversa acidità dell'His beta-146 nelle conformazioni R
(ossigenata) e T (desossigenata).
La catena laterale dell'Asp-94 forma quindi una coppia ionica con l'His-146 rendendo più
stabile la forma T (riduce la sua acidità).
L'Hb è definita una proteina ALLOSTERICA perchè può modificare il legame con il ligando
grazie ad EFFETTORI ALLOSTERICI come:
• IHP (Inositolo Pentafosfato)
• ATP (Adenosina Trifosfato)
• 2,3 BPG (2,3 Bisfosfoglicerato)
intermedio ottenuto dall'1,2 BPG; è un
derivato del glicerato la cui
concentrazione influenza l'affinità dell'Hb
nei confronti dell'O2 stabilizzando la forma
T. Anche il sito del 2,3 BPG viene
modificato durante la transizione R<--->T.
La tasca in cui si inserisce il fosfato è più piccola
in R mentre nella forma T il legame è
PREFERENZIALE e quindi si stabilizza la forma
a bassa affinità per l'O2.
In condizioni di diversa pO2 possiamo osservare un adattamento dell'organismo; a basse
pressioni di O2 aumenta il 2,3 BPG e i tessuti risultano meno ossigenati (viceversa ad alte
pressioni).
Il legame con il 2,3 BPG è di tipo ELETTROSTATICO perchè le sue cariche negative
interagiscono con quelle positive presenti a livello della tasca.
La CO2 NON si lega all'EME!
La CO2 si lega covalentemente con i gruppi amminici terminali dell'Hb che quindi è in
grado di trasportarla sotto forma di CARBAMMATI. Infatti l'HCO 3- reagisce con i gruppi
amminici terminali producendo H+ che favoriscono la forma T e permettono il rilascio di O 2
nei tessuti. Dai tessuti viene trasportato il 20% dell'Hb verso i polmoni.

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EMOGLOBINA FETALE

Anzichè avere 2 catene alfa e 2 catene beta, l'Hb FETALE possiede 2 catene ALFA e 2
catene GAMMA che anziché un'His presentano Ser in posizione 143.
Questa sostituzione è rilevante nel legame con il 2,3 BPG per cui presenta una minore
affinità e perciò le catene gamma mostrano una maggiore affinità verso l'O 2 consentendo
quindi lo scambio tra Hb materna e Hb fetale.

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CARBOIDRATI

Si tratta di una classe di composti che comprende poliidrossialdeidi e poliidrossichetoni.


Quasi tutti i carboidrati hanno formula empirica (C H2 0)n e alcuni possono contenere
atomi di azoto, fosforo o zolfo.
I carboidrati si suddividono in 3 classi principali:
– monosaccaridi
– oligosaccaridi
– polisaccaridi

MONOSACCARIDI

Rappresentano la classe di carboidrati più semplice; infatti i monosaccaridi costituiscono i


monomeri di zuccheri più complessi.
I monosaccaridi più semplici sono aldeidi e chetoni che possiedono due o più gruppi
ossidrilici.
Se lo zucchero contiene un gruppo aldeidico è detto ALDOSIO, se contiene un gruppo
chetonico è detto CHETOSIO.
Sono composti cristallini, incolori e inodori facilmente solubili in acqua e insolubili nei
solventi non polari.
La maggior parte dei monosaccaridi inoltre ha un sapore dolce.
Lo scheletro di un monosaccaride è costituito da una catena lineare di atomi di carbonio
uniti mediante legami singoli.
Inoltre lo scheletro dei monosaccaridi è costituito da un diverso numero di atomi di
carbonio nei vari tipi e anche da una diversa disposizione dei gruppi ossidrilici.
Lo scheletro di un monosaccaride può contenere minimo 3 atomi di carbonio come nel
caso di due noti zuccheri TREOSI che sono:
– gliceraldeide (aldotriosio)
– diidrossiacetone (chetotriosio)
Gliceraldeide e diidrossiacetone sono
due enantiomeri.
Distinguiamo anche degli zuccheri con
uno scheletro a 4 atomi di carbonio e
che sono detti TETROSI come:
– eritrosio (aldotetrosio)
– treosio (chetotetrosio)

Eritrosio e treosio sono diastereoisomeri ma anche


epimeri perchè differiscono nella conformazione di
un solo centro chirale.
Se il gruppo ossidrilico del centro chirale di
riferimento si trova sulla destra si parla di
stereoisomero D, se il gruppo ossidrilico legato
a tale atomo di C si trova a sinistra si parla di
stereoisomero L.
Il centro chirale di riferimento è l'atomo di carbonio
chirale più lontano dal carbonio 1 dello scheletro.
Gli zuccheri in natura sono presenti tutti nella forma di stereoisomero D ma esistono anche
zuccheri nella forma L (es. L o D Arabinosio).
La stereoisomeria è molto importante in quanto gli enzimi che agiscono sugli zuccheri
sono stereospecifici.
Nelle forme a catena aperta un atomo di carbonio è legato ad un atomo di ossigeno per

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formare un gruppo carbonilico mentre tutti gli altri atomi sono legati a dei gruppi ossidrilici.
Gli zuccheri che hanno un numero di atomi di C uguale o maggiore di 4 possono formare
in acqua delle strutture cicliche; la chiusura dell'anello comporta la formazione di un
ulteriore centro chirale che aumenta la complessità della molecola dal punto di vista
stereochimico.
I comuni monosaccaridi hanno delle strutture cicliche.
In natura sono molto diffusi anche zuccheri pentosi a 5
atomi di carbonio come il RIBOSIO e il
DEOSSIRIBOSIO, due aldosi che sono importanti
costituenti rispettivamente di RNA e DNA.
Il monosaccaride più abbondante in natura è il
GLUCOSIO (o DESTROSIO), uno zucchero a 6 atomi di
C (fa parte quindi degli zuccheri esosi).
Tra gli esosi più importanti ricordiamo anche GALATTOSIO, MALTOSIO e FRUTTOSIO.

Quindi nella ciclizzazione degli zuccheri che possiedono un numero di atomi di C


maggiore o uguale a 4 (quindi anche esosi e pentosi) il carbonio che costituisce il gruppo
carbonilico diventa un nuovo centro chirale che prende il nome di carbonio ANOMERICO.

La formazione delle strutture ad anello è il risultato


della condensazione di un aldeide o di un chetone
(a seconda del tipo di zucchero) con un alcol; tale
reazione da origine a un EMIACETALE o a un
EMICHETALE. L'aggiunta di un altro alcol invece
porta alla formazione di un ACETALE o di un CHETALE ed è questo il caso della
formazione del legame GLICOSIDICO.
La reazione di addizione della molecola di alcol può avvenire tramite l'addizione di
quest'ultimo sia “davanti” che “dietro” rispetto alla molecola; quindi si possono ottenere
due configurazioni stereoisomeriche che sono detta alfa e beta.
Le due forme stereoisomeriche ottenute vengono definite ANOMERI.
Prendiamo ad esempio la formazione della struttura ciclica del D-Glucosio.
Il gruppo ossidrilico libero in C5 del D-glucosio in forma lineare reagisce con il C1
aldeidico: in questo modo il carbonio carbonilico diventa asimmetrico e può dare origine a
due forme isomeriche.
Una forma è l'alfa-D-glucopiranosio in cui la funzione ossidrilica legata al carbonio
anomerico si trova al di sotto del piano della molecola.
Nella forma di beta-D-glucopiranosio invece la funzione ossidrilica legata al carbonio

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anomerico si trova al di sopra del piano della molecola.
Le forme anomeriche del D-glucosio possono interconvertirsi per MUTAROTAZIONE; in
questo processo l'anello assume per un breve istante la conformazione con catena lineare
per poi richiudersi nell'altra forma anomerica.
Due conformazioni sono interconvertibili se non si ha la rottura di legami covalenti. Se
viene rotto un legame covalente non vengono invertite le conformazioni (ad esempio nel
caso della rottura del legame con l'atomo di O).
Nel caso del glucosio si forma un anello a 6 termini di cui 5 sono atomi di carbonio e uno è
un atomo di ossigeno. Tale struttura costituisce un PIRANOSIO perchè deriva dal pirano,
un anello eterociclico a 6 termini.
Gli anelli a 5 atomi di carbonio aldosi e i chetoesosi invece, nella ciclizzazione, formano un
FURANOSIO che deriva dal furano, un anello eterociclico a 5 termini di cui uno è un
atomo di ossigeno e 4 sono atomi di carbonio.
I chetoesosi formano quindi nella ciclizzazione un legame emichetalico come nel caso del
beta-D-fruttofuranosio.
Le strutture cicliche degli zuccheri sono rappresentate dalle formule prospettiche di
Haworth e non dalle proiezioni di Fischer che vengono utilizzate generalmente per la
rappresentazione dei monosaccaridi nella loro forma con struttura lineare.
Nelle formule di Haworth l'anello a 6 membri è inclinato in maniera quasi perpendicolare al
piano del foglio.
Nella sintesi e nel catabolismo degli zuccheri gli intermedi chimici che si formano durante
le reazioni sono dei derivati fosforilati.
Ad esempio il glucosio-6-fosfato è un derivato del glucosio che condensa con una
molecola di acido fosforico mediante il suo gruppo ossidrilico collocato sull'atomo di
carbonio 6 per formare un ESTERE FOSFORICO.
Gli zuccheri fosforilati sono dei composti relativamente stabili a pH
fisiologico e presentano una carica netta negativa. Inoltre la
fosforilazione impedisce che gli zuccheri diffondano al di fuori della
cellula che non possiede i trasportatori specifici per zuccheri
fosforilati.
L'ossidazione degli zuccheri permette all'organismo di ottenere
energia metabolica utile per completare i vari processi vitali.
Gli zuccheri aldosi possono essere ossidati in maniera tale che il
gruppo aldeidico diventi un gruppo carbossilico.
Quando un'aldeide si ossida, gli agenti ossidanti si riducono (ad esempio il Cu2+ che è un
ossidante blando); per questo motivo gli zuccheri aldosi vengono detti zuccheri riducenti.
Inoltre i gruppi ossidrilici degli zuccheri possono reagire con acidi e derivati per formare
degli ESTERI (tra i più importanti abbiamo gli esteri fosfati).
È possibile che il gruppo ossidrilico di un carbonio anomerico reagisca con un altro
ossidrile; in questo modo si forma il legame glicosidico che sta alla base della formazione
di oligosaccaridi e polisaccaridi.
Cellulosa e amido ad esempio sono due polisaccaridi che però differiscono, come
vedremo, nel tipo di legame glicosidico instaurato tra i monomeri che coinvolge atomi di
carbonio anomerici beta nella cellulosa e alfa nell'amido.

Un'importante classe di composti correlata ai monosaccaridi è quella degli


amminozuccheri in cui un gruppo amminico sostituisce un gruppo
ossidrilico (ad esempio nella N-acetil-beta-D-glucosammina).

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OLIGOSACCARIDI

Sono formati da una corta catena di monosaccaridi uniti da legami GLICOSIDICI.


La maggior parte degli oligosaccaridi nelle cellule non si trova sotto forma di molecole
isolate ma quelli contenenti due o più unità sono legati a molecole non glucidiche (come
lipidi e proteine) per formare i GLICOCONIUGATI.
Gli oligosaccaridi più semplici sono i DISACCARIDI che sono costituiti da due unità
monomeriche.
I disaccaridi si formano grazie ad un legame di tipo O-GLICOSIDICO.
In questo modo si forma un acetale da un
emiacetale e da un alcol.
Il composto ottenuto è un GLICOSIDE i cui
legami possono essere facilmente idrolizzati
dagli acidi in monomeri liberi.
Il legame N-GLICOSIDICO invece si instaura
tra il carbonio anomerico di un oligosaccaride e l'atomo di azoto di glicoproteine e
nucleotidi.
La formazione di un legame glicosidico rende uno zucchero resistente all'ossidazione,
quindi uno zucchero il cui carbonio anomerico è impegnato nella formazione del legame
glicosidico non può essere ossidato.
Inoltre se uno zucchero ciclico è implicato nella formazione di un legame glicosidico non
può essere intervconvertito nella sua forma lineare.
Sia negli oligosaccaridi che nei polisaccaridi sono presenti delle estremità libere della
catena e quella che presenta il carbonio anomerico è detta estremità riducente.
Il disaccaride più comune è il SACCAROSIO che è
costituito da due monosaccaridi a 6 atomi di C che sono il
BETA-D-FRUTTOSIO e l'ALFA-D-GLUCOSIO e il carbonio
alfa del glucosio (in posizione 1) si unisce mediante legame
glicosidico al carbonio beta (in posizione 2) del fruttosio per
formare un legame alfa 1-2. Dal momento che sono
coinvolti entrambi i carboni anomerici dei due monosaccaridi, il saccarosio non presenta
estremità riducenti e per questo motivo è definito uno zucchero non riducente.
Mentre l'alfa-D-glucosio e il beta-D-fruttosio quando si trovano nella forma di monomeri
liberi sono degli zuccheri riducenti.
Quindi il saccarosio presenta una certa resistenza rispetto all'ossidazione e ciò lo rende
adatto all'immagazzinamento e al trasporto dell'energia nelle piante.
Infatti tale prodotto è un intermedio della fotosintesi.
Un altro disaccaride molto comune è il LATTOSIO, uno zucchero
riducente formato da beta-D-glucosio e beta-D-galattosio uniti
mediante legame glicosidico beta 1-4.
Abbiamo poi il MALTOSIO che viene ottenuto dall'idrolisi
dell'amido.
Il maltosio è un disaccaride che contiene solo monomeri di alfa-
D-glucosio uniti mediante un legame alfa 1-4 che uniscono il
carbonio anomerico in C1 con il
gruppo ossidrilico del C4.
Il monomero di alfa-D-glucosio che fornisce il gruppo OH in C4
per la formazione del legame glicosidico presenta il carbonio
anomerico libero e per questo il maltosio è definito uno
zucchero riducente.

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Se invece si forma un legame di tipo beta1-4 tra due menomeri di
beta-D-glucosio si forma il disaccaride CELLOBIOSIO che viene
ottenuto dall'idrolisi della cellulosa.
L'uomo non è in grado di scindere il cellobiosio ma possiede gli
enzimi atti alla scissione del maltosio.
Il TREALOSIO invece è uno zucchero non riducente, che
presenta legami alfa1-1 tra monomeri di alfa alfa-D-glucosio,
e perciò impegna entrambi i carboni anomerici nella
formazione del legame glicosidico. Il trealosio viene utilizzato
come dolcificante.

POLISACCARIDI

I polisaccaridi sono polimeri che contengono più di 20 unità monosaccaridiche e sono detti
anche GLICANI.
Possono essere costituiti da un'unica catena lineare o possono essere presenti in forma
ramificata.
Sono molto diffusi in natura ed è la forma in cui troviamo la maggior parte degli zuccheri.
I vari polisaccaridi differiscono tra loro per diverse caratteristiche:
– tipo di unità monosaccaridiche che legano
– lunghezza della catena
– tipo di legami glicosidici coinvolti
– grado di ramificazione
A differenza delle proteine in genere non hanno una massa molecolare definita e ciò
dipende dal fatto che i meccanismi di sintesi di queste due classi di polimeri sono diversi.
Infatti per la sintesi dei glicani non esiste uno stampo, come accade invece nel caso delle
proteine, ma il programma di sintesi è intrinseco agli enzimi che catalizzano l'unione delle
varie unità monomeriche senza che vi sia uno specifico punto di interruzione di sintesi
della catena.
Distinguiamo due classi principali in cui si suddividono i polisaccaridi
– omopolisaccaridi
– eteropolisaccaridi

OMOPOLISACCARIDI
Gli omopolisaccaridi contengono un solo tipo di unità monomerica e possono svolgere
diverse funzioni. Alcuni svolgono un ruolo di riserva delle sostanze nutrienti, che sono i
monosaccaridi, altri svolgono un ruolo strutturale.
Tra gli omopolisaccaridi di riserva ricordiamo l'amido e il glicogeno che si trovano
all'interno delle cellule sotto forma di granuli. Sono delle molecole fortemente idratate
perchè possiedono dei gruppi OH che possono formare dei legami idrogeno con le
molecole d'acqua.
L'AMIDO si trova nelle piante e contiene
unità monomeriche di alfa-D-glucosio che si
organizzano a formare due polimeri principali
che entrano nella costituzione dell'amido:
– AMILOSIO: è un polimero dell'alfa-D-
glucosio che si lega con le altre unità
monomeriche mediante un legame
glicosidico di tipo alfa 1-4.
La configurazione più comune
dell'amilosio è quella di un'elica che

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possiede 6 residui per giro.
– AMILOPECTINA: è un polimero a catena ramificata in cui i residui di alfa-D-glucosio
sono uniti tra loro sempre mediante legami di tipo alfa 1-4, però ogni 24/30 residui
si trovano dei punti di ramificazione in cui si uniscono delle catene di D-glucosio
legandosi alla catena mediante legami alfa 1-6.
Il GLICOGENO invece è un polimero ramificato che
si trova in maniera particolarmente abbondante
nelle cellule animali a livello di fegato e muscolo
scheletrico.
In particolare negli epatociti si trova sotto forma di
grossi granuli costituiti ciascuno da tanti piccoli
granuli di glicogeno.
È molto simile all'amilopectina ma differisce da
essa in quanto le ramificazioni si trovano in numero
maggiore (all'incirca ogni 10 residui).
La lunghezza media di una ramificazione è di circa 13 residui e possiede 12 livelli di
ramificazioni.
Al centro di ogni molecola di glicogeno si trova la GLICOGENINA, una proteina che è il
punto di partenza per la sintesi del polisaccaride.
La degradazione del glicogeno e dell'amido avviene grazie all'azione di enzimi che, a
partire dalle estremità non riducenti, aumentano la velocità d'idrolisi del polimero nelle
varie unità monosaccaridiche.
I DESTRANI invece sono polisaccaridi che sono un'importante fonte di glucosio per i
batteri che vanno a formare la placca dentaria.
Sono formati da molecole di poli-D-glucosio e possiedono diverse ramificazioni.
Per quanto riguarda gli omopolisaccaridi strutturali invece ricordiamo la cellulosa e la
chitina che possiedono legami beta-D-glicosidici.
La CELLULOSA è una fibra resistente e insolubile in acqua
che si trova a livello della parete delle cellule vegetali per
conferire resistenza.
È un polimero del beta-D-glucosio in cui tutti i residui sono
uniti mediante legami beta 1-4.
Le varie catene di cellulosa possono unirsi tra loro
parallelamente mediante dei legami H che conferiscono alle
fibre resistenza meccanica.
Il legame beta 1-4 inoltre non può essere idrolizzato
nell'uomo ma solo dalla maggior parte dei mammiferi che possiede gli enzimi necessari.
Un altro omopolisaccaride di struttura è la CHITINA che contiene sempre legami beta 1-4
ma, a differenza degli altri omopolisaccaridi di cui abbiamo parlato, contiene residui di
N-ACETIL-BETA-D-GLUCOSAMMINA .
La chitina forma delle fibre insolubili ed estese
perchè i singoli filamenti si uniscono, come nel
caso della cellulosa, mediante dei legami
idrogeno che nel complesso conferiscono
stabilità e resistenza alle fibre.
La chitina si trova nell'esoscheletro di molti
insetti e crostacei.
I legami idrogeno che i polisaccaridi possono
formare sono molto importanti in quanto
influenzano il ripiegamento della struttura nello spazio.
Inoltre le strutture macromolecolari formate possono formare delle interazioni idrofobiche,
di Van der Waals ed elettrostatiche.

25
Alcune porzioni determinano ingombro sterico e quindi possono determinare una minore
possibilità di rotazione attorno ai legami impedendo l'assunzione di alcune conformazioni
nello spazio che risultano meno stabili di altre.

ETEROPOLISACCARIDI

Gli eteropolisaccaridi sono dei polimeri di monosaccaridi che non sono tutti uguali tra loro.
Tra gli eteropolisaccaridi ricordiamo i GAG o GLICOSAMMINOGLICANI che costituiscono
la matrice cellulare che è detta anche sostanza basale.
I GAG rappresentano una famiglia di polimeri lineari composti da unità disaccaridiche che
si ripetono.
Non si trovano nelle piante e sono molto solubili.
Il disaccaride che costituisce i GAG può essere formato da:
– N-ACETILGLUCOSAMMINA o N-ACETILGALATTOSAMMINA
– ACIDO URONICO o D-GLUCURONICO o L-IDURONICO
Alcuni GAG contengono dei gruppi solforici esterificati che conferiscono una densità di
carica negativa più alta che li porta ad assumere una conformazione estesa per
minimizzare la repulsione.
Inoltre le soluzioni di GAG sono molto viscose.
La caratteristica successione dei residui solforati e costituisce un importante segnale per il
riconoscimento da parte di proteine che si legano ad essi mediante delle interazioni di tipo
elettrostatico.
Questo avviene nel caso di proteine extracellulari come collageno, elastina, fibronectina e
laminina con cui i GAG vanno a costituire i PROTEOGLICANI.
Uno dei GAG più noti è l'ACIDO IALURONICO che forma delle soluzioni chiare e viscose
che servono come lubrificante a livello del liquido sinoviale delle giunzioni, dell'umorvitreo
degli occhi, nella cartilagine e nei tendini. L'acido ialuronico è costituito da N-
acetilglucosammina e acido-D-gluguronico.
Gli altri GAG in genere sono più piccoli dell'acido ialuronico e sono legati covalentemente
a specifiche proteine.
Una o ambedue le unità monomeriche del disaccaride costituente differiscono da quelle
dell'acido ialuronico.
Il CHERATAN SOLFATO contiene D-galattosio ed N-acetilglucosammina, ha un contenuto
di solfato variabile e si trova a livello della cornea, dei capelli, delle unghie, della cartilagine
e delle ossa.
Il CONDROITIN SOLFATO invece contiene acido D-glucuronico ed N-
acetilgalattosammina, si trova a livello delle cartilagini, dei tendini, dei legamenti e delle
pareti dell'aorta in cui conferisce resistenza.
Il DERMATAN SOLFATO contiene acido L-iduronico e N-acetilgalattosammina, si trova a
livello di cute, valvole cardiache e vasi sanguigni.
L'EPARAN SOLFATO contiene quantità variabili di zuccheri solforati e non, il disaccaride
costituente è formato da acido L-iduronico o D-glucuronico e da N-acetilglucosammina e le
parti solforate interagiscono con numerosi fattori di crescita.
È prodotto dalle cellule animali ed è il principale costituente dell'eparina.
In generale i proteoglicani possono formare delle
strutture sopramolecolari in cui i vari GAG
(principalmente cheratan solfato e condroitin solfato) si
legano ad un'unica proteina per formare gli aggrecani
che a loro volta si legano ad un'unica molecola di acido
ialuronico per formare gli AGGREGATI
PROTEOGLICANICI.

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Il legame tra un GAG e la proteina avviene a livello di residui particolari e può essere di
due tipi:
– O-GLICOSIDICO
Detto anche legame O-LINKED e unisce ad esempio l'N-acetilglucosammina a
residui di serina e treonina (a livello della funzione ossidrilica)
– N-GLICOSIDICO
Detto anche N-LINKED e unisce ad esempio l'N-acetilgalattosammina ad un
residuo di arginina
I proteoglicani quindi sono delle semplici macromolecole della superficie o della matrice
extracellulare di cui sono i costituenti principali.

In particolare distinguiamo anche delle GLICOPROTEINE in cui la natura dello zucchero è


meno complessa rispetto a quella del GAG; infatti si tratta di oligosaccaridi o
monosaccaridi che si legano con proteine superficiali della membrana cellulare e svolgono
un ruolo fondamentale nel riconoscimento.

I GLICOSFINGOLIPIDI invece sono componenti della membrana le cui teste idrofile sono
oligosaccaridi che agiscono come specifici siti di riconoscimento.
Sono abbondanti nel cervello e partecipano alla conduzione nervosa e al processo di
sintesi della mielina.
Giocano un ruolo fondamentale nella conduzione nervosa.

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LIPIDI

Costituiscono un gruppo di composti molto abbondanti in natura e che hanno la


caratteristica di essere insolubili in acqua e solubili nei solventi organici.
Dall'ossidazione dei lipidi viene liberata energia.
Le funzioni biologiche dei lipidi sono molto diverse così come molte delle loro proprietà
chimiche.
Infatti i lipidi possono essere suddivisi in base alla loro natura chimica in:
– COMPOSTI A CATENA APERTA che possiedono una TESTA POLARE IDROFILA e
lunghe CODE NON POLARI IDROFOBE; in questo gruppo individuiamo ACIDI
GRASSI, FOSFOLIPIDI (o FOSFOACILGLICEROLI), SFINGOLIPIDI,
TRIACILGLICEROLI e GLICOLIPIDI
– COMPOSTI AD ANELLI FUSI come gli STEROIDI
Inoltre i lipidi possono essere suddivisi anche in base alla loro struttura in:
– LIPIDI DI RISERVA
– LIPIDI STRUTTURALI
– LIPIDI IMPLICATI NELLA COMUNICAZIONE E COME PIGMENTI E COFATTORI

LIPIDI DI RISERVA
I lipidi come cere, oli, ecc sono derivati degli acidi grassi che a loro volta derivano dagli
idrocarburi che hanno praticamente lo stesso stato di ossidazione (basso).

ACIDI GRASSI
Si tratta di acidi carbossilici con una lunga catena idrocarburica contenente da 4 a 36
atomi di carbonio.
L'estremità che presenta il gruppo carbossilico è l'estremità polare mentre la coda
idrocarburica rappresenta l'estremità non polare.
Se nella catena sono presenti dei doppi legami C=C l'acido
grasso viene detto INSATURO, se ci sono solo legami singoli
l'acido grasso viene detto SATURO.
Inoltre gli acidi grassi possono presentare delle ramificazioni ma
quelli più comuni in natura sono quelli a catena non ramificata.
I doppi legami di quasi tutti gli acidi grassi sono nella
configurazione cis.
Gli acidi grassi a pH=7 presentano il gruppo carbossilico nella
forma ionizzata di carbossilato.
La configurazione cis del C=C impone alla molecola un
ripiegamento in modo tale da ridurre le possibili interazioni.
Tanto più lunga sarà la catena e tanto più forti saranno le
interazioni.
Maggiori sono le interazioni di Van der Waals tra
le molecole e più elevato sarà il punto di fusione
rispetto ai corrispondenti insaturi (condizioni di
impacchettamento).
Gli acidi grassi con uno o più legami cis non
possono impacchettarsi saldamente come
accade agli acidi grassi saturi, per cui instaurano
con le altre molecole delle interazioni più deboli e
quindi hanno un punto di fusione più basso.
Esistono acidi grassi trans per cui la forma della molecola non è ripiegata ma allungata in
modo che questi siano più simili agli acidi grassi saturi (prodotti dalla fermentazione del
rumine negli animali da latte).

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TRIACILGLICEROLI
Sono triesteri del glicerolo. Sono i lipidi più semplici costituiti a partire da acidi grassi e
derivano dalla condensazione di 3 acidi grassi e una molecola di glicerolo tramite la
formazione di legami estere con i gruppi ossidrilici.
Il GLICEROLO è un composto semplice che contiene 3 gruppi ossidrilici.
I triacilgliceroli o trigliceridi SEMPLICI sono quelli che legano in tutte e 3 le posizioni un
unico tipo di acido grasso e prendono il nome dall'acido grasso che legano.
La maggior parte dei triacilgliceroli MISTI contiene invece due o più acidi grassi differenti.
I gruppi esterei rappresentano la porzione polare ma in generale i trigliceridi sono
molecole non polari, idrofobiche e insolubili in acqua.
I triacilgliceroli si accumulano nel tessuto
adiposo, in particolare all'interno di cellule
specializzate dette ADIPOCITI sotto forma di
gocce di grasso citosoliche.
Negli adipociti riempiono quasi
completamente la cellula.
Quando un organismo utilizza gli acidi grassi
idrolizza i legami esterei tramite enzimi che
prendono il nome di LIPASI rilasciando acidi
grassi utilizzabili per la produzione di energia.
In alcuni animali i trigliceridi svolgono una funzione di isolamento termico contro le basse
temperature e si depositano sotto la pelle.

CERE
Sono esteri di acidi grassi saturi e insaturi a catena lunga con alcoli
a catena lunga.
Hanno un punto di fusione più elevato rispetto a quello dei
triacilgliceroli.
In natura svolgono diverse funzioni strettamente correlate alle loro proprietà idrorepellenti
e alla loro consistenza, fungono infatti da RIVESTIMENTO PROTETTIVO per piante e
animali.

LIPIDI STRUTTURALI
I lipidi strutturali o di membrana sono molecole di natura anfipatica che mostrano
un'estremità IDROFOBICA (CODA) e un'estremità IDROFILICA (TESTA).
La cosa corrisponde alla catena alifatica di molecole di ACIDI GRASSI o della
SFINGOSINA (AMMINOALCOL).
La testa dei lipidi strutturali è formata da un residuo di ACIDO FOSFORICO esterificato
con molecole come ZUCCHERI e altri GRUPPI CHIMICI COMPLESSI (molecole di natura
alcolica di composizione variabile).
Possiamo suddividere i lipidi strutturali in due grandi classi:
– GLICOLIPIDI: la testa contiene zuccheri semplici o complessi
– FOSFOLIPIDI: la testa contiene un gruppo fosforico

GLICEROFOSFOLIPIDI
Vengono detti anche fosfogliceridi; sono lipidi di membrana in cui due acidi grassi sono
legati tramite legami estere al primo e al secondo atomo di C del glicerolo mentre il terzo
lega un gruppo fosfato (molto polare) tramite un legame FOSFODIESTERE.
I GLICEROFOSFOLIPIDI sono derivati dell'ACIDO FOSFATIDICO e da esso (dal tipo di
acido fosatidico) prendono il loro nome.
L'acido fosfatidico è un DIACILGLICEROLO-3-FOSFATO che generalmente presenta:

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– FOSFATO
– GLICEROLO
– ACIDO GRASO SATURO
– ACIDO GRASSO INSATURO
Se viene esterificato con un alcol a livello del gruppo fosforico forma
sempre un GLICERFOSFOLIPIDE.
Anche l'ACIDO FOSFATIDICO STESSO E' UN
GLICEROFOSFOLIPIDE.
Nel momento in cui l'acido fosfatidico lega un alcol a livello del gruppo fosfato si forma un
ESTERE FOSFATIDICO che è il glicerofosfolipide.
In generale i glicerofosfolipidi contengono un acido grasso saturo a 16-18 atomi di C in C1
e un acido grasso insaturo a 18-20 atomi di C in C2.
Inoltre presenta dei gruppi variabili legati al fosfato in C3 tramite la loro funzione
ossidrilica.
Appartengono a questa classe diverse molecole di notevole importanza biologica come:
– FOSFATIDILETANOLAMMINA:
costituita da glicerolo, due acidi grassi, un residuo di acido fosforico e
l'ETANOLAMMINA.
L'etanolammina è un composto a due atomi di carbonio con un gruppo amminico e
un gruppo alcolico che permette a quest'ultima di formare un legame fosfoesterico
con il gruppo fosfato.
Il gruppo amminico della fosfatidiletanolammina è protonato a pH fisiologico.
– FOSFATIDILCOLINA:
è costituita da glicerolo,
due acidi grassi, un
residuo di acido fosforico
e la COLINA.
La colina è un derivato
dell'etanolammina in cui
l'N risulta trimetilato.
– FOSFATIDILSERINA:
presenta una molecola di
glicerolo, due acidi
grassi, un gruppo fosfato
e la SERINA.
La serina è un amminoacido polare la cui catena laterale può subire fosforilazione.
– FOSFATIDILINOSITOLO:
contiene glicerolo, due acidi grassi, un gruppo fosfato e l'INOSITOLO.
L'inositolo è un cicloesano in cui ogni atomo di C dell'anello lega una funzione
alcolica e che in posizione 4 e 5 può essere fosforilato ulteriormente per formare
INOSITOLO 4-5 BISFOSFATO.

SFINGOLIPI
Costituiscono una classe di composti che contengono
SFINGOSINA al posto del glicerolo, un acido grasso e una
testa polare alcolica.
La sfingosina è un ALCOL AMMINICO A LUNGA CATENA
INSATURA.
Quando una molecola di acido grasso si lega mediante un
legame AMMIDICO all'NH2 della sfingosina si forma un
CERAMIDE.
Il ceramide è l'unità fondamentale comune a tutti gli sfingolipidi.

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Quindi un ceramide è dato dall'insieme di:
– SFINGOSINA
– ACIDO GRASSO
Dalle ceramidi derivano le SFINGOMIELINE, GLICOLIPIDI NEUTRI e GLICOLIPIDI
ACIDI.

SFINGOMIELINE
Derivano dall'esterificazione con acido fosforico dell'OH in posizione 1 della sfingosina.
A sua volta il residuo fosforico può legare:
– COLINA
– ETANOLAMMINA
Strutturalmente le
sfingomieline somigliano alla
fosfatidilcolina o alla fosfatidiletanolammina per via della testa polare ma differiscono per
la coda apolare.
Ciò conferisce un diverso ruolo a livello delle membrane biologiche.
La sfingomielina costituisce la guaina mielinica di alcuni assoni.
Le membrane contenenti sfingomielina in quantità elevata risultano più fluide e tra le
molecole di sfingomielina vi sono delle interazioni più forti rispetto a quelle che si formano
tra le molecole di fosfatidilcolina o fosfatidiletanolammina.

GLICOSFINGOLIPIDI
Sono localizzati a livello della superficie esterna della
membrana plasmatica; una testa polare formata da uno o
più zuccheri legati direttamente all'OH in posizione 1 del
ceramide. Non contengono gruppi fosforici.
Distinguiamo glicosfingolipidi NEUTRI e glicosfingolipidi
ACIDI.
Tra i glicosfingolipidi neutri troviamo:
– CEREBROSIDI
contengono una singola unità saccaridica
(modosaccaride):
- D-glucosio per formare un GLUCOSILCEREBROSIDE
- D-galattosio per formare un GALATTOSILCEREBROSIDE
– GLOBOSIDI
legano disaccaridi, trisaccaridi e tetrasaccaridi per formare ad esempio il
LATTOSILCERAMIDE. In genere il legame si forma con residui di D-GLUCOSIO o
D-GALATTOSIO
Vengono definiti NEUTRI perchè a pH fisiologico non possiedono carica e legano zuccheri
neutri.
Tra i glicosfingolipidi troviamo anche quelli acidi come ad esempio i GANGLIOSIDI.
Legano il ceramide ad un oligosaccaride complesso che prende il nome di ACIDO
SIALICO, cioè un oligosacaride con una funzione acida (carbossilica) che gli conferisce
una carica negativa a pH fisiologico.

Gli SFINGOLIPIDI che si trovano nella membrana cellulare servono come siti per il
riconoscimento biologico (grazie alo zucchero che presentano).
Ad esempio nel caso del riconoscimento del gruppo sanguigno.

Fosfolipidi e sfingolipidi vengono degradati nei lisosomi dove sono presenti degli enzimi
idrolitici specifici per ogni tipo di legame.
Le FOSFOLIPASI idrolizzano i legami estere dei fosfolipidi e possono essere suddivise in

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diversi tipi a seconda del legame che idrolizzano.
La FOSFOLIPASI A1 catalizza l'idrolisi del legame tra l'acido grasso e l'OH in posizione 1
a cui è legato.
La FOSFOLIPASI A2 agisce in modo selettivo sul legame estere che lega l'acido grasso in
posizione 2.
Un caso particolare è rappresentato dall'ACIDO ARACHIDONICO, precursore di
LEUCOTRIENI, PROSTAGLANDINE e TROMBOSSANI, su cui agisce la fosfolipasi A2
andando a rompere il legame estere in C2 provocando una serie di risposte intracellulari in
particolari condizioni.
L'acido arachidonico è un acido grasso poliinsaturo.
La FOSFOLIPASI C riconosce e agisce sul legame tra glicerolo e fosfato legato in
posozione 3 rompendo il legame estereo.
La FOSFOLIPASI D idrolizza il legame estereo tra il fosfato e il residuo alcolico della testa
polare. Ad esempio rompe il legame tra acido fosfatidico e inositolo del fosfatidilinositolo
4-5 bisfosfato e lo fa sotto stimolo ormonale; viene liberato in questo modo l'inositolo 4-5
bisfosfato che a sua volt va ad agire sulla concentrazione intracellulare di calcio che è
molto importante nella cellula a livello enzimatico, ormonale e metabolico.

STEROLI
Sono lipidi strutturali presenti nella membrana di molte cellule eucariotiche.
Consistono di 4 anelli fusi: 3 possiedono 6 atomi di carbonio e uno ne possiede 5.
Gli anelli fusi rendono il composto molto stabile e “planare”.
La rotazione è impedita attorno ai legami C-C.
Il colesterolo è lo steroide più importante, precursore di moltissimi ormoni e importante
costituente delle membrane biologiche.
Il colesterolo è ANFIPATICO e presenta una catena laterale sul C-17, che insieme al
nucleo steroideo rappresenta la parte idrofoba, e in C-3 un OH che rappresenta la parte
idrofila.
Nella sua forma estesa è lungo come un acido grasso a 16 atomi di C.
Il colesterolo inoltre è un importante precursore anche degli ACIDI BILIARI, dei derivati
polari che agiscono da emulsionanti , cioè come detergenti a livello dell'intestino che
rendono i grassi più accessibili alle lipasi (ad esempio l'ACIDO TAUROCOLICO).

LIPIDI-ETERE
Si tratta di glicerofosfolipidi in cui una delle due catene di acido grasso è legata al glicerolo
tramite un legame etere e non estere.
La catena legata tramite legame etere può essere sia satura, per formare LIPIDI ETERE
ALCHILICI, che insatura tra C1 e C2 come nel caso del PLASMALOGENO.
Lipidi-etere e in particolare plasmalogeni sono particolarmente abbondanti nel tessuto
cardiaco dei vertebrati.

LIPIDI COME SEGNALI, COFATTORI E PIGMENTI


Molti lipidi sono attivi nel traffico metabolico sotto forma di:
– METABOLITI
– MESSAGGERI
Tra i lipidi di questo tipo abbiamo gli EICOSANOIDI, degli ormoni paracrini a 20 atomi di C
derivati dall'acido arachidonico.
Sono coinvolti nella funzione riproduttiva, nell'infiammazione, nel dolore, nella formazione
del coagulo sanguigno, nella regolazione di temperatura e pressione e secrezione
gastrica.

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Gli eicosanoidi possono essere suddivisi in 3 classi:

– PROSTAGLANDINE
Sono state isolate per la prima volta nel nel liquido prostatico e svolgono diverse
funzioni. Partecipano nella contrazione muscolatura uterina, nella regolazione del
flusso sanguigno, nel ciclo veglia-sonno e nella risposta in alcuni tessuti indotta da
adrenalina e glucagone.
Inoltre aumentano la temperatura corporea e causano infiammazione e dolore.
La loro produzione è inibita da serina, aspirina, steroidi e cortisone.

– TROMBOSSANI
Vengono prodotti dalle piastrine e agiscono nella formazione di coaguli sanguigni
riducendo il flusso verso il sito del coagulo.
La loro produzione è inibita da antinfiammatori non steroidei.

– LEUCOTRIENI
Scoperti nei leucociti, sono potenti segnali biologici coinvolti nella contrazione della
muscolatura liscia degli alveoli.
La sovrapproduzione di leucotrieni induce attacchi asmatici.

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MEMBRANE BIOLOGICHE

I lipidi in acqua si aggregano spontaneamente per raggiungere un ASSETTO STABILE.


Questa è la forza trainante che porta alla formazione delle membrane biologiche.
Le molecole in acqua si organizzano in modo da minimizzare il contatto tra le code
idrofobe e l'acqua esponendo la minore superficie apolare possibile.
Si possono formare 3 tipi di aggregati a seconda della natura chimica dei lipidi e delle
condizioni in cui si trovano.

Le MICELLE sono strutture sferiche che possono contenere da 10 a qualche centinaio di


molecole disposte con le regioni idrofobiche verso l'interno a formare l'ambiente interno
della sfera. Le teste idrofile invece sono rivolte verso l'esterno a costituire la superficie
esterna. Si tratta di sfere piene internamente.
La formazione delle micelle è favorita quando la sezione trasversale della testa idrofilica
del lipide è più ampia di quella della coda idrocarburica, in modo tale che le singole unità
abbiano una forma conica.

Il DOPPIO STRATO è costituito da due monostrati o foglietti che formano un foglio


bidimensionale.
La formazione è favorita quando l'area della sezione trasversale della testa del fosfolipide
è uguale a quella delle catene idrocarburiche (come nei glicerofosfolipidi e sfingolipi).
Le parti idrofobiche escluse dall'acqua interagiscono le une con le altre tramite legami di
VAN DER WAALS.
Questa struttura è instabile e forma spontaneamente un terzo tipo di struttura detta
VESCICOLA o LIPOSOMA.

Il LIPOSOMA è una sfera cava internamente che non presenta, a differenza del semplice
doppio strato, margini idrofobici a contatto con l'acqua.
Queste strutture vengono utilizzate per facilitare l'assorbimento di farmaci che vengono
intrappolati all'interno della sfera che racchiude un ambiente polare.
È molto probabile che i precursori delle prime cellule fossero simili a liposomi.
Le membrane biologiche sono costituite da doppi strati lipidici dello spessore di 3 nm e i
lipidi sono distribuiti sulle due facce della membrana in maniera asimmetrica.

I lipidi di membrana principali sono i GLICEROFOSFOLIPIDI, tra le cui code idrofobiche si


trova il COLESTEROLO che ha il compito di ridurre l'impaccamento degli acidi grassi e
aumentare la fluidità della membrana.
Il colesterolo si lega tramite il suo anello a 5 atomi di carbonio alle code degli acidi grassi
del foglietto opposto aumentando anche la flessibilità della membrana che si deforma a
seconda delle variazioni di temperatura.
In genere nella membrana interna sono più presenti:
– FOSFATIDILETANOLAMMINA
– FOSFATIDILSERINA
– FOSFATIDILINOSITOLO (4 fosfato e 4,5 bisfosfato)
– ACIDO FOSFATIDICO
Nella membrana esterna sono più presenti:
– SFINGOMIELINA
– FOSFATIDICOLINA

I lipidi del doppio strato delle membrane biologiche possono diffondere da un lato all'altro
tramite un processo, molto lento a temperature biologiche, detto FLIP-FLOP.
Questo movimento, dal momento che è molto lento, deve essere catalizzato da enzimi.

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Le FLIPPASI accelerano il processo di trasferimento dal foglietto esterno a quello
citosolico.
Le FLOPPASI accelerano il trasferimento di lipidi dal foglietto citosolico a quello esterno.
Questo processo, se non viene opportunamente catalizzato, è molto lento perchè il lipide
deve immergere la testa nel doppio strato per poi posizionarsi nel foglietto opposto.

I lipidi di membrana possono anche spostarsi lateralmente (sullo stesso piano) e tale
processo è molto più rapido del FLIP-FLOP.
Il movimento laterale dei lipidi avviene tramite lo scambio tra le molecole vicine che vanno
incontro a MOVIMENTI BROWNIANI (molto rapidi).

Il doppio strato di una membrana può trovarsi in due stati:


– GEL ORDINATO
Principalmente si ha a basse temperature; le code apolari interagiscono in maniera
ottimale fino alla temperatura di transizione. È detto anche STATO
PARACRISTALLINO.
– STATO FLUIDO
Alla temperatura di transizione la membrana passa ad uno STATO FLUIDO
ORDINATO o CRISTALLO LIQUIDO in cui le code si ritrovano in uno stato più
disordinato rispetto al gel.
Quando la membrana si trova allo stato fluido possono avvenire il movimento FLIP-
FLOP e quello laterale dei fosfolipidi.

La TEMPERATURA DI TRANSIZIONE dipende dalla composizione lipidica della


membrana e in particolare dagli ACIDI GRASSI presenti. All'incirca è compresa tra i 10°C
e il 40 °C.
Lo stato fluido è meno spesso rispetto allo stato cristallino, che invece è più spesso a
causa delle code idrocarburiche che sono più rigide.

La maggiore/minore compattezza e fluidità delle membrane dipende anche dalla natura


degli acidi grassi che costituiscono i lipidi, dalla loro lunghezza e dal grado di
insaturazione.
Dal momento che questi lipidi e il colesterolo non sono distribuiti omogeneamente si
possono individuare delle ZONE FLUIDE ed altre GEL.
Inoltre la permeabilità dello strato lipidico a ioni e molecole polari varia da una membrana
all'altra.
Questo dipende dalla tipologia di proteine presenti nel doppio strato lipidico.

Le membrane biologiche hanno il compito di separare compartimenti distinti e presentano


una permeabilità selettiva garantita dalle proteine di membrana.
Le membrane biologiche inoltre funzionano da base STRUTTURALE grazie a diversi
processi particolari:
– TRASPORTO DI SOSTANZE (Proteine di trasporto)
– TRASDUZIONE DEI SEGNALI (recettori)
– CATALISI ENZIMATICA (proteine sulla membrana interna mitocondriale
– RAPPORTI CELULA-CELLULA (tramite giunzioni comunicanti)
– TRASDUZIONE DELL'ENERGIA (fotosintesi)
– FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA (ATP-sintasi)

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Quindi nelle membrane biologiche i doppi strati lipidici sono associati a proteine che
vengono suddivise sulla base della loro interazione con il doppio strato lipidico, in:
– PERIFERICHE o ESTRINSECHE
– INTEGRALI o INTRINSECHE

La porzione polare dei lipidi si lega, tramite interazioni idrofiliche (ponti disolfuro e legami
H), a proteine periferiche e alla porzione superficiale delle proteine integrali.
Le proteine periferiche inoltre si legano, tramite interazioni covalenti (legami tioestere e
ammidici), alle ancore lipidiche.

Le proteine immerse nel doppio strato, cioè proteine TRANSMEMBRANA, legano tramite
le loro catene laterali idrofobiche le catene idrocarburiche degli acidi grassi presenti
all'interno del doppio strato.

Le proteine sono libere di muoversi nel doppio strato lipidico ma hanno una mobilità
inferiore rispetto ai lipidi.
Alcune proteine sono più bloccate rispetto ad altre in quanto interagiscono con altre
proteine che fanno parte del CITOSCHELETRO.
Le proteine intrinseche presentano uno o più domini idrofobici le cui interazioni idrofobiche
vengono rotte mettendo in competizione il doppio strato con una sostanza che possiede
più o meno le stesse proprietà (detergente) e che si lega quindi alla proteina.

La presenza di proteine nel doppio strato aumenta per i fosfolipidi la possibilità di muoversi
nel doppio strato lipidico rendendo più veloce di circa 100 volte il movimento flip-flop.

Le proteine integrali di membrana sono classificate in 6 categorie:


– TIPO I e TIPO II
Presentano una sola elica transmembrana e vengono definite BITOPICHE.
Differiscono per il fatto che un tipo presenta il C-TERMINALE all'esterno e l'N-
TERMINALE all'interno, viceversa per l'altro tipo.
– TIPO III
Presentano numerose eliche appartenenti ad un'unica catena peptidica che
attraversa la membrana varie volte.
– TIPO IV
Coinvolte con altre proteine dello stesso tipo nella formazione di canali proteici.
– TIPO V
Legano ancore lipidiche.
– TIPO VI
Legano le ancore lipidiche e domini transmembrana, quindi sono proteine miste.

Nel momento in cui le proteine interagiscono con il doppio strato fosfolipidico possono
assumere due strutture secondarie:
– ALFA-ELICA (prevalentemente)
– BETA-BARREL (struttura supersecondaria meno comune)

Nelle membrane biologiche si osservano distribuzioni non omogenee dei lipidi anche a
livello dello stesso foglietto.
Questo è il caso delle ZATTERE LIPIDICHE (Lipid Rafts), dei microdomini formati da
sfingolipidi, colesterolo e proteine ancorate.
In queste zone si ha un'elevata quantità di CAVEOLINE, implicate nei meccanismi di
trasporto vescicolare.

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Lo studio delle PROTEINE INTRINSECHE è difficile in quanto non è semplice separale
dai lipidi senza denaturarle o senza distruggere l'integrità della membrana.
È possibile però prevedere quale sia la loro struttura tridimensionale tramite gli INDICI DI
IDROPATIA, dei parametri che dipendono dalle variazioni di energia libera quando
vengono usate delle soluzioni in due fasi.
Questi parametri sono associati a ciascun amminoacido e ne descrivono la natura polare
grazie alla catena laterale che assume, quando immersa nel doppio strato, una struttura
secondaria (generalmente alfa-elica).
Se vogliamo avere delle informazioni sulla sequenza amminoacidica dobbiamo
necessariamente ricorrere alla denaturazione e in questo modo possiamo prevedere come
la catena attraversa il doppio strato.
Per attraversare il doppio strato sono necessari circa 20 amminoacidi nel caso dell'alfa-
elica.

Non tutte le proteine integrali di membrana assumono una struttura ad alfa-elica all'interno
della membrana, ma anche strutture supersecondarie come la BETA-BARREL che
presenta da 8 a 22 filamenti polipeptidici richiusi su loro stessi.
Troviamo BETA-BARREL nelle PORINE, canali proteici come la MALTOPORINA, dei
batteri GRAM NEGATIVI e nelle membrane esterne di mitocondri e cloroplasti.

La GLICOFORINA è una proteina che attraversa il doppio strato una sola volta con un
tratto ad alfa-elica e che lega zuccheri sul tratto extracellulare in cui presenta gli
amminoacidi Serina, Treonina e Asparagina.
Generalmente i residui positivi (amminoacidi basici) sono localizzati sul versante
citoplasmatico conferendo alla faccia citoplasmatica una carica positiva.
I residui di Tirosina e Triptofano si trovano generalmente in corrispondenza dell'interfaccia
lipide-acqua.

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NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI

I nucleotidi svolgono moltissime informazioni biologicamente importanti per il supporto del


metabolismo cellulare:
– rappresentano la forma di energia che viene utilizzata nelle attività metaboliche
– si comportano da segnali chimici
– sono componenti strutturali di alcuni cofattori enzimatici e intermedi metabolici
Sono i costituenti degli acidi nucleici: l'ACIDO RIBONUCLEICO e l'ACIDO
DEOSSIRIBONUCLEICO.
Gli acidi nucleici sono i depositari molecolari dell'informazione genetica.
Per quanto riguarda la struttura del nucleotide, questa è costituita da 3 componenti
caratteristici:
– BASE AZOTATA
Contiene azoto ed è legata allo zucchero mediante
l'OH in posizione 1' mediante legame N-beta-
glicosidico
– ZUCCHERO PENTOSIO
Zucchero a 5 atomi di carbonio (in genere ribosio o un
suo derivato) che si trova sempre nella forma ciclica di
furanosio.
– GRUPPI FOSFORICI
Uniti allo zucchero in 5' tramite un legame estere derivante dalla condensazione
con acido fosforico

Le basi azotate derivano da due precursori principali


che sono PURINA e PIRIMIDINA. La purina in
particolare deriva dalla fusione della pirimidina con
un imidazolo
Le basi puriniche sono ADENINA e GUANINA, le
basi pirmidiniche sono CITOSINA, TIMINA e
URACILE.
La timina è presente nel DNA mentre l'uracile è
presente nell'RNA.
L'insieme di uno zucchero pentosio con una base
azotata, uniti mediante legame covalente N-beta-
glicosidico, prende il nome di NUCLEOSIDE. Se il
legame covalente si forma con una purina
coinvolge l'atomo di N in posizione 9, se il legame si
instaura con una pirimidina coinvolge l'atomo di N in
posizione 1 dell'anello.
Le basi azotate assorbono la luce ad un massimo di
260 nm.
Nella formazione del legame glicosidico l'anomero
beta del ribosio o del deossiribosio si lega alla base
impegna la funzione OH emiacetalica.
Un'eccezione è rappresentata dalla PSEUDOURIDINA che è presente nell'RNA transfer e
presenta un legame C-GLICOSIDICO.
La guanina a pH fisiologico va incontro a tautomeria chetoenolica per via dello
spostamento degli atomi di H.
In soluzione la guanina esiste in entrambe le forme; quella enolica è detta LATTIME
mentre quella chetonica è detta LATTAME ed è la forma prevalente a pH fisiologico perchè
risulta più stabile. La forma di lattame permette di formare dei legami H nella struttura di

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DNA ed RNA che sono fondamentali per il mantenimento della struttura tridimensionale.
Sono tautomere due molecole che interconvertono per spostamento di atomi di H ed
elettroni.
Quindi ribosio e deossiribosio danno origine rispettivamente a RIBONUCLEOTIDI e
DEOSSIRIBONUCLEOTIDI tramite l'unione di un nucleoside con uno o più gruppi fosforici.
Si possono formare dunque nucleosidi monofosfati, difosfati e trifosfati per reazione con
l'acido fosforico dell'OH in posizione 5' del nucleoside per formare il legame estere.
Se la soluzione è molto acida il fosfato si trova nella forma totalmente protonata.
Negli acidi nucleici i nucleotidi sono uniti mediante LEGAME FOSFODIESTERE che
coinvolge il gruppo fosforico legato in posizione 5' dello zucchero e l'OH in 3' dello
zucchero del nucleotide successivo. Quindi lo scheletro è costituito da un'alternanza di
residui di pentosio e gruppi fosforici.
Lo scheletro di DNA ed RNA può andare incontro a una lenta idrolisi non enzimatica dei
legami fosfodiestere.
Un acido nucleico relativamente piccolo di solito contiene un massimo di 50 nucleotidi e
viene definito OLIGONUCLEOTIDE.
Al di sopra di 50 nucleotidi si parla di POLINUCLEOTIDI.
Nella condensazione i due nucleotidi viene eliminata una molecola d'acqua.
Gli acidi nucleici sono dei polinucleotidi biologici la cui sequenza nucleotidica va letta dalla
porzione 5' terminale verso quella 3' terminale e il legame che lega i nucleotidi è un
legame di tipo DIREZIONALE.
La sequenza caratteristica di un nucleotide può essere semplicemente indicata tramite
l'ordine delle basi azotate da 5' a 3'.

ACIDI NUCLEICI

La loro acidità è dovuta alla presenza di un ponte fosfato.


Il legame fosfodiestere che unisce due nucleotidi è stabile ma è possibile accelerare la sua
idrolisi utilizzando degli enzimi che prendono il nome di NUCLEASI che agiscono in
ambiente acido per il DNA e in ambiente basico per l'RNA.
In generale i gruppi funzionali delle purine e delle pirimidine sono gli atomi di N e i carbonili
e i gruppi amminici al di fuori dell'anello. Tra questi gruppi si instaurano dei legami H molto
importanti che rappresentano un sistema molto efficiente di interazione tra due filamenti
nucleotidici.
I tipi più comuni di legami H vennero definiti da Watson e Crick secondo cui A si appaia
con T e G con C o con U.
Queste coppie di basi predominano nell'RNA e nel DNA a doppia elica e tali
accoppiamenti stanno alla base della duplicazione dell'informazione genetica.
Come nel caso delle proteine, anche gli acidi nucleici possono essere descritti in termini di
livelli gerarchici:
– STRUTTURA PRIMARIA
È costituita dall'ordine delle basi azotate nella sequenza polinucleotidica e anche
dalla sua struttura covalente.
– STRUTTURA SECONDARIA
Rappresenta la conformazione stabile e regolare assunta da una parte o da tutti i
nucleotidi.
– STRUTTURA TERZIARIA
Consiste nel complesso ripiegamento della molecola che può essere definito in
alcuni casi anche come un SUPERAVVOLGIMENTO.

Esistono due tipi di acidi nucleici: DNA ed RNA.

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Questi acidi nucleici presentano delle differenze nelle relative strutture primarie e in
particolare secondarie e terziarie.

DNA
La molecola di DNA è formata da un doppio filamento polinucleotidico.
È il materiale responsabile della trasmissione dei caratteri genetici.
Chargaff, studiandone la struttura, stabilì che la composizione nucleotidica rispetta sempre
la seguente regola: il numero di adenine è sempre uguale al numero di timine mentre il
numero di citosine è sempre uguale al numero di guanine.
Chargaff giunse anche alle seguenti conclusioni:
1. La composizione in basi del DNA varia da una specie all'altra
2. Molecole di DNA isolate da tessuti differenti della stessa specie hanno la stessa
composizione in basi
3. La composizione della struttura primaria non si modifica con l'età, con lo stato
nutrizionale dell'individuo o a causa di variazioni esterne.
Nel 1953 Watson e Crick proposero un modello tridimensionale del DNA secondo cui le
due catene della molecola risultano avvolte in maniera elicoidale attorno ad uno stessi
asse per formare una DOPPIA ELICA DESTRORSA.
Le basi azotate sono disposte in modo da formare una colonna di anelli paralleli tra loro e
perpendicolari all'asse della molecola.
Lo scheletro covalente idrofilico si trova all'esterno della doppia elica mentre le basi sono
impilate all'interno.
La possibilità di formare i legami H tra le basi ed i rigidi requisiti strutturali richiesti da
questo legame fanno si che gli accoppiamenti più stabili tra le basi siano:
– A-T (mediante due legami H)
– G-C (mediante tre legami idrogeno)
Lo stesso avviene nell'RNA con l'uracile al posto della timina.
I legami H rappresentano le interazioni non covalenti più forti e specifiche che, nel caso
delle basi azotate, vanno a formarsi tra gli atomi di H dell'NH e l'O del carbonile. Inoltre i
due filamenti che costituiscono le molecole di DNA sono antiparalleli e complementari.
Ma perchè la conformazione del doppio filamento è un'elica?
Gli anelli aromatici delle basi azotate a pH fisiologico sono idrofobici.
Il ripiegamento del doppio filamento permette di minimizzare il contatto tra le basi e
l'acqua.
Quindi, in questo modo, le basi azotate aumentano i contatti tra loro e sono sovrapposte
(impilate) con una distanza di 3,4 A l'una dall'altra.
Questa distanza è circa uguale al raggio di Van der Waals di composti aromatici planari ed
è la distanza minima che ci si può aspettare prima che insorgano interazioni repulsive.
Il DNA può avere forme tridimensionali
diverse.
Le strutture a doppia elica differiscono per un
certo numero di importanti caratteristiche:
– numero di coppie di basi per spira
– inclinazione delle coppie di basi
(angolo tra le coppie e l'asse della
molecola)
– torsione delle coppie di basi (angolo tra
i piani contenenti due basi appaiate)
– diametro dell'elica
– forma dei solchi dell'elica

La struttura del DNA è piuttosto flessibile; in particolare grazie all'anello dello zucchero e

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del suo legame con il fosfato che gli permette di assumere due conformazioni.
La struttura a doppia elica del DNA può assumere conformazione sin o anti a causa di
impedimenti sterici delle basi puriniche.
Le pirimidine di solito si trovano nella conformazione anti.
Le principali conformazioni sono A, B e Z.
La forma B della molecola di DNA è quella più stabile ed è quella assunta dal modello di
Watson e Crick.
Rappresenta un riferimento standard per tutti gli studi sulla sequenza del DNA.
La forma A è preferita in un mezzo relativamente povero di acqua (in cui il DNA
cristallizza).
La forma Z presenta, a differenza delle forme A e B, una rotazione in verso sinistrorso, 12
coppie di basi (nelle forme A e B sono circa 10) e le purine si trovano in conformazione sin.
Gli atomi che costituiscono le due catene polinucleotidiche della doppia elica non
riempiono completamente la struttura cilindrica immaginaria ma lasciano degli spazi vuoti
noti come solchi.
Distinguiamo due tipi di solchi che presentano dimensioni variabili nelle forme A, B e Z.
Distinguiamo un solco maggiore e un solco minore ed entrambi rappresentano dei siti a
livello dei quali farmaci o proteine possono legarsi al DNA.
I solchi dipendono dalla disposizione delle basi sulla struttura cilindrica.
Si pensa inoltre che il DNA Z derivi dalla forma B in seguito ad un capovolgimento in
quest'ultima di una porzione dello scheletro.
Alcune sequenze di DNA adottano strutture insolite.
Un tipo abbastanza comune è il palindromo che si legge nello stesso modo da 5' a 3' e
viceversa.
Le sequenze di DNA palindromiche (o di RNA) possono formare strutture alternative con
un appaiamento intracatena delle basi. Se l'appaiamento intracatena avviene per un solo
filamento si parla di struttura a FORCINA; se sono interessate entrambe le catene si parla
di struttura a CROCE.
Alcune strutture di DNA poco comuni sono formate da 3 o 4 filamenti.
Ad esempio si possono formare triple eliche o DNA TRIPLEX perchè i nucleotidi che
partecipano alla formazione di legami H grazie a gruppi funzionali del solco maggiore in
porzioni della catena dette POSIZIONI DI HOOGSTEEN per formare APPAIAMENTI DI
HOOGSTEEN.
Quatto filamenti invece possono unirsi per formare strutture TETRAPLEX o
QUADRUPLEX.

CROMATINA

Il DNA all'interno del nucleo delle cellule eucariotiche è associato a delle proteine per
formare la cromatina.
Le proteine associate al DNA costituiscono i NUCLEOSOMI.
I nucleosomi possono essere ottenuti trattando la cromatina con un'ENDONUCLEASI che
degrada i filamenti di DNA tra un nucleosoma e l'altro.
I singoli nucleosomi appaiono come particelle compatte e ciascuno di essi contiene 200
paia di basi di DNA associate ad un complesso di 8 proteine detto OTTAMERO.
Le proteine che costituiscono gli ottameri sono gli ISTONI H2A, H2B, H3 e H4 mentre gli
istoni H1 sono interposti tra un nucleosoma e l'altro.
Il DNA compie due giri attorno all'ottamero e si associa e lascia il nucleosoma in due punti
precisi che sono i siti di legame dell'H1.
L'H1 può essere rimosso senza alterare la struttura del nucleosoma; ciò suggerisce che si
trova all'esterno del nucleosoma.
Gli istoni presentano residui di ARGININA e LISINA che, considerando il pH nucleare,

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avranno una carica positiva.
Ciò rende possibile un'interazione di tipo elettrostatico con il DNA che presenta delle
cariche negative a livello dei residui di acido fosforico.
Delle modificazioni degli istoni possono alterare l'interazione con il DNA e quindi anche
l'espressione di un gene.
La forma inattiva del DNA è quella condensata a formare la cromatina.
La forma ATTIVA è quella decondensata (despiralizzata) ed è determinata
dall'ACETILAZIONE.

DENATURAZIONE
Come le proteine, anche il DNA può essere denaurato.
La denaturazione comporta la separazione dei due filamenti grazie alla rottura dei legami
H e dei legami di Van der Waals che sono molto importanti per il mantenimento della
struttura a doppia elica.
La rottura dei legami avviene grazie alla somministrazione di energia.
La denaturazione può essere indotta da:
– variazioni di pH
– aumento della temperatura
– variazioni di forza ionica
La denaturazione è un processo reversibile in quanto la forma stabile del DNA e la doppia
elica e quindi tende a tornare nella sua struttura tridimensionale spontaneamente.
La denaturazione comporta un aumento di assorbimento della luce a 260 nm.
Quindi possiamo studiare la denaturazione del DNA in soluzione con uno spettrofotometro
e determinarne l'assorbanza.
La rinaturazione del DNA avviene in diverse fasi e la prima fase prende il nome di
NUCLEAZIONE.
La denaturazione del DNA al CALORE è detta anche FUSIONE.
Può eseguita sperimentalmente e in determinate condizioni è possibile evidenziare la
TEMPERATURA DI FUSIONE, un punto caratteristico della curva diffusione diverso per
ogni tipo di DNA.
Si tratta della temperatura alla quale la molecola di DNA è denaturata al 50%.
La temperatura di fusione dipende dalla quantità di legami tra C e G presente. Se
confrontiamo due molecole quella con la quantità di C e G maggiore presenterà una
temperatura di fusione più elevata mentre quella con un contenuto di C e G minore avrà
una temperatura di fusione minore.
Ciò dipende dal fatto che la molecola con un contenuto di C e G maggiore contiene di
conseguenza un maggior numero di legami H, quindi la temperatura da raggiungere per
portare il DNA al 50% della sua denaturazione sarà più elevata rispetto a quella della
molecola con un contenuto di C e G minore e che quindi ha un minor contenuto di legami
H da rompere.
La rinaturazione del DNA denaturato è possibile mediante RAFREDAMENTO LENTO.

DEGRADAZIONE
La degradazione del DNA può avvenire in diversi modi:
– idrolisi del legame glicosidico
– modifiche strutturali a livello delle basi
– idrolisi del legame fosfodiestere
L'idrolisi del legame glicosidico è più rapida per le purine che per le pirimidine.
In ambiente acido la velocità di idrolisi aumenta.
In particolare se incubiamo il DNA a pH=3 rimuoviamo selettivamente tutte le basi
puriniche e otteniamo un derivato che prende il nome di ACIDO APURINICO.
La degradazione del DNA è irreversibile e generalmente interessa solo un filamento

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nucleotidico.
Trasformazioni non enzimatiche a carico del DNA portano a modificazioni delle basi
azotate.
Tali trasformazioni avvengono in vivo, sono lente ma significative perchè alterano
l'informazione genetica.
Se queste reazioni vengono accelerate dall'acido nitroso portano alla perdita spontanea di
GRUPPI AMMINICI ESOCICLICI tramite un processo detto DEAMMINAZIONE.
Il gruppo amminico viene sostituito con un OH.
L'adenina si trasforma in IPOXANTINA 100 volte più lentamente rispetto alla citosina che
si trasforma in uracile.
Queste trasformazioni sono riconosciute come delle ANOMALIE.
Le radiazioni UV portano alla formazione di FOTOADDOTTI.
Se nelle molecole di DNA si trovano delle Timine adiacenti nella struttura primaria, le
radiazioni UV inducono la formazione di due legami trai C5 e i C6 entrambi gli anelli di
timina.
Si formano dei legami covalenti che portano alla formazione di un ciclobutano e di
conseguenza a una deformazione del DNA che quindi non svolge la sua funzione.
La doppia elica del DNA può interagire con il BROMURO DI ETIDIO che permette di
evidenziare la presenza di DNA inserendosi tra i piani interposti tra le basi azotate
deformando la molecola.
Il bromuro di etidio è un AGENTE INTERCALANTE costituito da una struttura aromatica
planare policiclica.
Si possono usare anche ARANCIO DI ACRIDINA o ANTINOMICINA D e la presenza di
DNA, in tutti e 3 i casi, viene utilizzata tramite l'utilizzo di un gel.
La scissione delle catene polinucleotidiche può essere ENZIMATICA e avviene ad opera
della FOSFODIESTERASI che idrolizza il LEGAME FOSFODIESTERE.

RNA
Detto anche ACIDO RIBONUCLEICO, è instabile in ambiente basico.
Esistono diversi tipi di RNA:
– RNA TRANSFER (tRNA)
– RNA RIBOSOMIALE (rRNA)
– RNA MESSAGGERO (mRNA)
– piccoli RNA NUCLEARI (snRNA)
– micro RNA (miRNA)
– piccoli RNA INTERFERENTI (siRNA)
I vari tipi di RNA partecipano alla sintesi delle proteine in una serie di reazioni che vengono
dirette dalla sequenza di basi del DNA cellulare.
Le sequenze delle basi di tutti i tipi di RNA sono determinate da quelle del DNA tramite un
processo in cui l'ordine delle basi viene trasmesso dal DNA all'RNA detto
TRASCRIZIONE.
Tutti gli RNA sono costituiti da singole catene a doppio filamento in cui le basi azotate
sono appaiate tramite legami H.
La catena può presentare dei rigonfiamenti.
In prossimità di regioni di autocomplementarietà la catena può piegarsi su se stessa per
formare ANSE A DOPPIO FILAMENTO che appaiono come delle protrusioni.
Alcune porzioni prendono il nome di FORCINA e si ha il ripiegamento di un singolo
filamento in prossimità di porzioni che presentano autocomplementarietà.
Il legami H dell'RNA possono essere rotti in seguito a denaturazione e la molecola assume
una struttura ad avvolgimento casuale.

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RNA MESSAGGERO
Si ottiene per trascrizione dal DNA e agisce da intermediario per la sintesi proteica.
Presenta una struttura elicoidale destrorsa contenente porzioni codificanti e non
codificanti.
È il meno abbondante tra i vari tipi di RNA.
L'mRNA viene utilizzato per trasferire l'informazione dal DNA ai ribosomi dove viene
utilizzato come stampo per specificare la sequenza amminoacidica delle catene
polipeptidiche.
Se l'mRNA degli eucarioti sono MOCISTRONICI, quelli dei procarioti sono
POLICISTRONICI.
La lunghezza della molecola di mRNA dipende dalla lunghezza del polipeptide codificato.
Ogni amminoacido è codificato da 3 nucleotidi che costituiscono una TRIPLETTA.
I tratti di RNA non codificanti includono sequenze di RNA che regolano la sintesi proteica.
Prima di passare nel citoplasma, l'mRNA deve essere modificato mediante una serie di
eventi noti come MATURAZIONE DELL'RNA MESSAGGERO:
• aggiunta del cappuccio al 5' (costituito da 7-metilguanosina) che rappresenta il sito
d'inizio della traduzione e che protegge il trascritto dall'azione delle
RIBONUCLEASI che idrolizzano l'RNA
• processamento degli introni (tramite l'eliminazione delle porzioni non codificanti)
• aggiunta della coda di POLI (A) in 3' (costituita da 80-250 residui di A che serve
come sito di legame per una o più proteine specifiche e come protezione da enzimi
degradativi)

RNA TRANSFER
La maggior parte delle cellule contiene da 40 a 50 diversi
tRNA che presentano una struttura generale e costante a
TRIFOGLIO che contiene dai 73 ai 93 nucleotidi.
Un singolo filamento è ripiegato in modo da garantire
l'appaiamento tra le basi complementari formando 3 anse.
Questa molecola può dare origine ad una serie di legami H
avvicinando le basi azotate tra loro in una caratteristica
struttura ad L che rappresenta la forma biologicamente attiva
del tRNA.
Il tRNA funziona da adattatore tra gli amminoacidi e l'mRNA
durante la sintesi proteica.
È il più piccolo dei 3 principali tipi di RNA.
L'ansa D contiene due o tre residui di DIIDROURIDINA che
può essere presente in posizioni variabili.
Presenta poi un'ansa T-PHI-C che contiene:
– RIBOTIMIDINA (particolare timina legata al ribosio)
– PSEUDOURIDINA (indicata dalla lettera greca phi, presenta URACILE e RIBOSIO
legati da un legame C-GLICOSIDICO tra la posizione 5 dell'uracile e 1 del ribosio)

L'ansa dell'ANTICODONE invece contiene una sequenza di 7 nucleotidi.


L'ansa EXTRA è presente solo in alcuni tRNA e può essere di dimensione variabile.
Lo STELO ACETTORE dell'amminoacido trasporta uno specifico amminoacido legato
mediante un legame estere tra il gruppo carbossilico dell'amminoacido e l'ossidrile 2' o 3'
del residuo di ADENOSINA presente nell'estremità 3' del tRNA che presenta nella porzione
terminale una sequenza costituita da PURINA-C-C-A (3').
Quindi la molecola di tRNA può esistere libera o legata ad uno specifico amminoacido.
Il legame tRNA-amminoacido è possibile grazie ad una serie di enzimi detti AMMINOACIL-
tRNA-SINTETASI che sono circa di 20 tipi.

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Quindi si ha un appaiamento tra la sequenza dell'ANTICODONE del tRNA e la sequenza
del CODONE dell'mRNA che presentano COMPLEMENTARIETA' tra i 3 nucleotidi che
formano ciascuna di queste sequenze in maniera ANTIPARALLELA.
Il numero di tRNA è superiore a quello degli amminoacidi e inferiore a quello dei codoni.
Gli RNA transfer riconoscono i codoni per mezzo dell'appaiamento tra le basi del codone e
dell'anticodone.

Studi condotti nei LIEVITI hanno evidenziato che la terza base del codone si appaia
tramite un debole legame formando un appaiamento non convenzionale.
Ciò ha portato alla teoria sul VACILLAMENTO NELL'APPAIAMENTO TRA BASI e
comporta il fatto che diversi codoni possano essere letti dallo stesso tRNA.
Ad esempio, una sequenza GAG del'anticodone può essere appaiata normalmente ad una
sequenza CUC o appaiato in maniera vacillante con una sequenza CUU come nel caso
della LEUCINA (le prime due basi formano appaiamenti normali).

Ciò spiega perchè lo stesso tRNA può interagire con diversi codoni e quindi esistono 50
tRNA e 61 codoni.
Uno stesso amminoacido può legarsi a diverse molecole di tRNA tramite un legame estere
che necessita di energia. L'energia viene ricavata dall'idrolisi di due legami dell'ATP.
Alcune amminoacil-tRNA-sintetasi svolgono anche l'azione di PROOFREADING, cioè
correggono eventuali errori dovuti ad un legame dell'amminoacido con il tRNA sbagliato (1
su 10000 amminoacidi).
Questo errore si può presentare per amminoacidi simili come VALINA e ISOLEUCINA.
Quello che si forma è un AMMINOACIL-tRNA.
Il gruppo carbossilico dell'amminoacido attacca il fosfato in alfa dell'ATP formando il
5'-AMMINOACIL-ADENILATO.
Il gruppo amminoacilico viene trasferito direttamente:
– Al 3'-OH dell'ADENOSINA formando un AMMINOACIL-tRNA (ESTERE)
– Al 2'-OH dell'ADENOSINA liberando AMP (ESTERE). Avviene poi una
transesterificazione che trasferisce il gruppo amminoacilico sul 3'-OH
dell'adenosina stessa per formare Amminoacil-tRNA.

RNA RIBOSOMIALE
Componente strutturale dei ribosomi combinato con proteine.
Le molecole di rRNA sono piuttosto estese e ne esistono di pochi tipi.

Gli snRNA sono presenti solo nelle cellule eucariotiche e facilitano le reazioni di
modificazione degli RNA.
I miRNA sono coinvolti nella regolazione genica, sono non codificanti e lunghi circa 22
nucleotidi.
I siRNA influenzano l'espressione genica e sono responsabili dell'interferenza che induce il
silenziamento di alcuni geni.

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ENZIMI

Sono proteine che funzionano da CATALIZZATORI.


Sono proteine altamente specializzate coinvolte nelle vie metaboliche che accelerano
quelle reazioni chimiche che avvengono in condizioni blande di pH e temperatura.
Ad eccezione di RIBOZIMI (piccolo gruppo di molecole di RNA catalitico), tutti gli enzimi
sono proteine.
La loro attività catalitica dipende dall'integrità della loro conformazione proteina nativa.
Perciò, se un enzima viene denaturato o dissociato in subunità perde la sua attività
catalitica.
L'attività viene persa anche quando l'enzima viene idrolizzato.

Alcuni enzimi necessitano di componenti chimici addizionali chiamati COFATTORI,


costituiti da uno o più ioni inorganici come Fe 2+, Mg 2+, Mn 2+ e Zn 2+, oppure da
complesse molecole organiche o organometalliche dette COENZIMI, trasportatori transitori
di specifici gruppi funzionali.
La maggior parte dei coenzimi deriva dalle VITAMINE.
Un coenzima o uno ione metallico unito covalentemente alla proteina enzimatica prende il
nome di GRUPPO PROSTETICO.

Qualche enzima può essere modificato (fosforilato, glicosilato, ecc...) e molte alterazioni
chimiche sono coinvolte nella regolazione dell'attività enzimatica, in modo tale che la
velocità con cui viene formato un prodotto non superi la quantità richiesta dalla cellula.

GLI ENZIMI POSSONO ESSERE CLASSIFICATI IN BASE ALLE REAZIONI CHE


CATALIZZANO.
I nomi di molti enzimi derivano da quello del loro substrato o da una parola che ne
descrive l'attività con l'aggiunta suffisso “-ASI”.
In base al tipo di reazione che catalizzano, possiamo suddividere gli enzimi in diverse
classi:
– OSSIDORIDUTTASI
(Deidrogenasi, ossidasi, perossidasi, riduttasi, ossigenasi)
Catalizzano reazioni di ossidoriduzione in cui avviene un trasferimento di elettroni
– TRASFERASI
(Chinasi, transamminasi o amminotrasferasi)
Si occupano di reazioni di di trasferimento dei gruppi funzionali.
Spesso richiedono la presenza di un COENZIMA.
– IDROLASI
Partecipano alle reazioni di idrolisi e l'acqua agisce da accettore del gruppo
trasferito.
– LIASI
(Sintasi, decarbossilasi)
Reazioni di LISI di un substrato che danno luogo alla formazione di doppi legami.
– ISOMERASI
Reazioni di cambiamenti strutturali all'interno di una stessa molecola, tramite
trasferimento di gruppi, per dare origine a ISOMERI di struttura.
– LIGASI
(Sintetasi)
Reazioni di condensazione che portano all'unione di due substrati che richiedono
energia da parte di ATP o fattori simili.

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COME LAVORANO GLI ENZIMI

Nelle condizioni di pH e temperature biologiche, le reazioni avvengono, se non


opportunamente catalizzate, ad una velocità troppo bassa non compatibile con la vita
perchè la maggior parte delle molecole è stabile a pH neutro, a T fisiologica e in ambiente
acquoso.

Un enzima genera un ambiente specifico in cui una data reazione è favorita dal punto di
vista energetico.
Le reazioni catalizzate dagli enzimi avvengono a livello del SITO ATTIVO, una tasca in cui
si lega la molecola che deve essere sottoposta all'azione dell'enzima, cioè il SUBSTRATO.
Si forma quindi un complesso ENZIMA SUBSTRATO (ES), punto di partenza per
l'elaborazione matematica che definisce il comportamento cinetico delle reazioni
catalizzate da enzimi.
È importante sottolineare che gli enzimi agiscono sulla velocità di una reazione ma non ne
modificano gli aspetti termodinamici, quindi non modificano gli equilibri.

DA COSA DIPENDE LA VELOCITA' DI UNA REAZIONE?


Può essere determinata basandosi sulla determinazione della quantità di prodotto formato
o di reagente scomparso nell'unità di tempo.
Viene espressa come il rapporto concentrazione/tempo.

Qualsiasi reazione viene analizzata dal punto di vista energetico e l'energia viene
espressa in termini di ENERGIA LIBERA (G).
Il punto di partenza viene definito come lo stato BASALE e corrisponde al contributo di
energia libera fornito al sistema da una molecola.
Quindi, nel corso di una reazione, nel passaggio dal SUBSTRATO (S) al prodotto (P), si ha
una variazione di energia libera.
Per descrivere la variazione di energia libera della reazione, i chimici hanno definito delle
CONDIZIONI STANDARD. La variazione di energia a cui il sistema può andare incontro in
queste condizioni viene definita come VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD.
Se si prende in considerazione anche la concentrazione di protoni H+ per cui il pH=7, si
parla di VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD BIOCHIMICA.

Quindi il PROFILO DI REAZIONE che mette in evidenza la differenza di energia libera


esistente tra S e P descrive come varia l'energia libera durante la reazione in funzione del
tempo.
Tra substrato e prodotto esiste una barriera energetica che corrisponde alla quantità di
energia che un sistema deve avere per superare gli ostacoli che si oppongono alla
trasformazione dei reagenti in prodotti e sono:
1. URTI MOLECOLARI
2. CORRETTO ORIENTAMENTO
3. FORZE REPULSIVE TRA LE MOLECOLE

Questa barriera energetica rappresenta l'ENERGIA DI ATTIVAZIONE, da cui dipende la


velocità della reazione; un'elevata energia di attivazione corrisponde ad una bassa
velocità di reazione.
L'energia di attivazione può essere abbassata aggiungendo un CATALIZZATORE che
quindi aumenta la velocità della reazione accelerando l'interconversione tra S e P.
Lo scopo del catalizzatore è quello di permettere alle molecole che reagiscono di superare
questa barriera che ha un livello energetico più elevato di quello basale.
Al punto più elevato di questa barriera si trova lo STATO DI TRANSIZIONE che non

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corrisponde ad una specie chimica vera e propria. Perciò non va confuso con un
intermedio di reazione perchè si tratta di un intermedio molecolare transitorio e instabile.
L'enzima durante questo processo non viene consumato e l'equilibrio viene raggiunto
rapidamente.
Una reazione enzimatica procede attraverso diverse tappe in cui si ha la formazione e la
scomparsa di specie chimiche transitorie dette INTERMEDI DI REAZIONE con un tempo
di vita finito.
I complessi ES ed EP sono dei complessi stabili.

La velocità della reazione è determinata dalla tappa con l'energia di attivazione più elevata
che viene detta TAPPA CHE LIMITA LA VELOCITA'.
In generale, in presenza di un enzima, la trasformazione del substrato in prodotto avviene
in almeno 2 TAPPE:
1. FORMAZIONE DEL COMPLESSO ES
2. TRASFORMAZIONE DEL COMPLESSO IN E+P

Si possono verificare differenti condizioni:


– una sola tappa è responsabile della velocità con cui la reazione avviene e quindi è
la più lenta (variazione di energia libera standard maggiore)
– diverse tappe condizionano la velocità della reazione

In genere la decomposizione del complesso con formazione del prodotto è più lenta e da
questa tappa dipende la velocità dell'intero processo.
La velocità e gli equilibri delle reazioni hanno precise definizioni termodinamiche.
Gli equilibri sono strettamente correlati alle variazioni di energia libera standard mentre le
velocità sono strettamente correlate all'energia di attivazione.

L'EQUILIBRIO tra substrato e prodotto è descritto dalla COSTANTE DI EQUILIBRIO (Keq)


che nelle condizioni standard è indicata come K'eq o semplicemente K.
Inoltre sappiamo dalla termodinamica che esiste una correlazione tra la variazione di
energia libera standard e la costante nelle condizioni standard, per cui risulta che la
variazione di energia libera è uguale a -R*T*ln(K).
Un valore negativo della variazione di energia libera standard delinea un equilibrio di
reazione favorevole ma non da informazioni sulla velocità di reazione.
La velocità della reazione dipende dalla concentrazione dei reagenti e da una costante di
velocità k (s^-1).
La velocità è uguale al prodotto della costante di velocità con la concentrazione del
substrato.
Il fattore k è una costante di PROPORZIONALITA' che indica la probabilità che una
reazione avvenga in determinate condizioni di pH, T, ecc...
Se la velocità dipende dalla concentrazione di un solo substrato si tratta di una REAZIONE
DI PRIMO ORDINE.
Se invece la velocità dipende dalla concentrazione di due composti differenti, per quanto
riguarda la velocità, allora viene definita REAZIONE DI SECONDO ORDINE (vale anche
nel caso di due molecole uguali che reagiscono tra loro).
Per cui la velocità è uguale alla costante k che moltiplica entrambe le concentrazioni dei
due reagenti.
Il POTERE CATALITICO e la SPECIFICITA' di un enzima dipendono da un numero limitato
di principi.
Tra i gruppi funzionali del substrato e dell'enzima hanno luogo molti tipi di reazioni
chimiche; i gruppi funzionali catalitici di un enzima possono formare un legame covalente
transitorio con il substrato rendendolo più attivo e reattivo oppure un gruppo può essere

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trasferito transitoriamente dal substrato all'enzima.
Tutto ciò, come abbiamo detto, avviene nel sito attivo degli enzimi che generano una VIA
ALTERNATIVA A BASSA ENERGIA per la reazione.
Per la formazione dei vari complessi, come quello ES, sono necessarie delle interazioni
deboli non covalenti che aiutano la stabilizzazione.
L'interazione tra substrato ed enzima è mediata da legami H, interazioni idrofobiche e
interazioni ioniche.
La formazione di ogni interazione è accompagnata da un piccolo rilascio di energia detta
ENERGIA DI LEGAME, fonte principale di energia libera usata dall'enzima per abbassare
l'energia di attivazione.
Le interazioni deboli diventano ottimali nello stato di transizione.
Nello stato di transizione l'enzima deve essere COMPLEMENTARE.
Le interazioni deboli tra E e S rappresentano quindi la forza trainante della catalisi, in
particolare quelle che si formano nello stato di transizione.
La stessa energia di legame che favorisce la catalisi determina anche la specificità
dell'enzima, cioè la capacità di discriminare tra substrato e molecole simili ad esso.

Se il sito attivo dell'enzima possiede gruppi funzionali disposti in modo da formare diverse
interazioni ottimali con il substrato, l'enzima non sarà in grado di interagire altrettanto bene
con un'altra molecola.
Distinguiamo diversi fattori fisici e termodinamici che contribuiscono a determinare il valore
dell'energia di attivazione:
1. RIDUZIONE DELL'ENTROPIA
Una diminuita libertà di movimento delle molecole in soluzione permette di ridurre i
moti e di mantenere i substrati nell'orientamento e nella posizione corretti,
aumentando quindi la velocità della reazione.
2. MOLECOLE DI ACQUA DI SOLVATAZIONE
I legami idrogeno con le molecole d'acqua stabilizzano le molecole in soluzione.
La formazione di legami deboli tra enzima e substrato porta a una
DESOLVATAZIONE del substrato. Le interazioni deboli sostituiscono una buona
parte dei legami H tra il substrato e la molecola d'acqua che altrimenti
impedirebbero la reazione.
La formazione di queste interazioni deboli genera energia di legame.
3. DISTORSIONE DEL SUBSTRATO
Quando un enzima lega un substrato può andare incontro ad una modificazione
conformazionale indotta dalle molteplici interazioni deboli; si tratta di un
meccanismo che prende il nome di ADATTAMENTO INDOTTO e porta il sito attivo
ad assumere la corretta struttura.
L'adattamento indotto è comune a tutte le proteine che legano reversibilmente i loro
ligandi.
4. CORRETTO ALLINEAMENTO TRA I GRUPPI FUNZIONALI CATALITICI DEL SITO

SPECIFICI GRUPPI CATALITICI CONTRIBUISCONO ALLA CATALISI


Una volta che il substrato si è legato, un enzima può usare differenti meccanismi catalitici
per facilitare la rottura o la formazione di un legame sfruttando i gruppi funzionali del sito
attivo se opportunamente disposti.
Tra questi meccanismi vi sono:

– CATALISI ACIDO-BASE
Favorisce le reazioni in cui si forma un intermedio carico instabile, che tende a
degradarsi rapidamente, impedendo alla reazione di arrivare a compimento.
Questi intermedi carichi possono essere stabilizzati dal trasferimento di H+ al o dal

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substrato o da un intermedio per formare specie chimiche che si convertono nei
prodotti molto più facilmente rispetto ai reagenti di partenza.
Distinguiamo due tipi di catalisi ACIDO-BASE:
- SPECIFICA: l'accettore o il donatore di H+/oh- è L'ACQUA
- GENERALE: gli accettori o i donatori di H+ sono le catene laterali ionizzabili di
residui di amminoacidi presenti nel sito catalitico

– CATALISI COVALENTE
Si forma un legame covalente transitorio tra enzima e substrato.
Avviene in due tappe:
- Attacco nucleofilo sul substrato ad opera della catena laterale di un amminoacido
dell'enzima (o coenzima) come His, Cys, Lys, Ser e Asp.
- Formazione di un intermedio in cui l'enzima è modificato covalentemente che,
grazie all'intermedio di un nucleofilo esterno, scinde il legame con l'enzima
formando l'enzima non modificato e il prodotto.
Entrambe le tappe devono essere veloci.
Il legame covalente che si forma tra enzima e substrato può attivare un substrato
inducendo un'altra reazione con un meccanismo specifico per quel particolare
gruppo.

– CATALISI TRAMITE IONI METALLICI


Quando nel sito attivo di un enzima sono presenti ioni metallici, questi possono
servire a:
- Stabilizzare lo stato di transizione
- Proteggere cariche negative (Mg 2+)
- Orientare il substrato
- Partecipare a reazioni redox
- Partecipare come nucleofili (polarizzano i legami come catalizzatori elettrofilici)
In alcuni casi il metallo di TRANSIZIONE si lega fortemente all'enzima (Fe, Cu, Mn,
Zn e Co); alcuni enzimi vengono attivati da metalli alcalini o alcalino-terrosi a cui si
legano debolmente.

– CATALISI PER EFFETTO DI PROSSIMITA' E ORIENTAMENTO


È un meccanismo comune a tutti gli enzimi in cui:
1) GLI ENZIMI BLOCCANO IL SUBSTRATO NEL SITO DI LEGAME
Aumentano quindi la prossimità di gruppi funzionali che devono reagire. È come se
aumentasse la concentrazione dei reagenti nel sito attivo.
2) DIMINUZIONE DELLA LIBERTA' DI MOVIMENTO
Diminuisce quindi l'entropia dei reagenti.
L'energia necessaria a compensare questo aumento di ordine è bassa ed è fornita
dall'interazione debole formata da enzima e substrato.
3) L'INTERAZIONE CON L'ENZIMA CONSENTE AI GRUPPI DEI REAGENTI DI
AVERE UN ORIENTAMENTO OTTIMALE

– CATALISI FAVORITA DAL LEGAME PREFERENZIALE PER LO STATO DI


TRANSIZIONE
Il sito attivo dell'enzima si adatta perfettamente al substrato quando viene raggiunto
lo stato di transizione e ciò ha un effetto positivo sulla velocità di reazione.
Anche questo è un meccanismo comune a tutti gli enzimi.
Un sito attivo del perfettamente complementare al substrato risulta
SVANTAGGIOSO.
La perfetta complementarietà del substrato al sito attivo comporterebbe la

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formazione di un complesso ES molto stabile.
Perciò anche lo stato di transizione, risultando più stabile, avrebbe un livello
energetico troppo alto ma comunque avrebbe una minore complementarietà
rispetto al complesso ES molto stabile che si forma grazie al sito attivo dell'enzima
ne suo stato fondamentale.
Per questo motivo è più svantaggioso un sito attivo perfettamente complementare
allo stato di transizione.
La specificità di legame fa si che il complesso ES si formi facilmente ma comunque
le interazioni diventano ottimali solo nello stato di transizione. In questo caso la
barriera energetica da superare risulta minore perchè il complesso enzima-
substrato risulta meno stabile del precedente.

CINETICA ENZIMATICA

La cinetica enzimatica permette di determinare dei parametri specifici che ci dicono:


– quanto un enzima è affine a un dato substrato
– quanto l'enzima è efficiente
– come controllare la velocità della reazione
– come regolare l'attività catabolica dell'enzima

Uno dei fattori chiave che modificano la velocità di una reazione enzimatica è la
concentrazione del substrato che varia durante il corso del processo.
È importante effettuare una prima valutazione per quanto riguarda la velocità iniziale che
può essere valutata variando la concentrazione di substrato e verificando gli effetti.
La concentrazione di S può essere aumentata sempre di più e, al variare di questo
parmetro, varia anche la velocità iniziale (V0) finchè non arriva ad un punto in cui si
raggiunge una velocità vicina a Vmax in cui gli aumenti relativi all'aumento della
concentrazione di substrato sono di entità sempre minore.

Michaelis e Menten ipotizzarono che l'enzima per prima cosa si combinasse in modo
reversibile con il substrato formando il complesso ES in una tappa veloce e reversibile.
Il complesso ES si decompone in una seconda tappa più lenta che produce l'enzima libero
e il prodotto della reazione P.
La seconda reazione avviene più lentamente e quindi limita la velocità della reazione
complessiva che quindi risulta proporzionale alle specie chimiche che reagiscono nella
tappa 2, cioè proporzionale a ES.
Vmax si osserva quando tutto l'enzima è nella forma ES e la concentrazione di enzima
libero è trascurabile: in queste condizioni l'enzima è saturato.
L'effetto saturante del substrato è responsabile dell'appiattimento della curva, quindi la
velocità di reazione non può aumentare perchè tutti i siti attivi degli enzimi in soluzione
sono occupati.
Quando l'enzima viene mescolato con un eccesso di substrato vi è un periodo iniziale
detto STATO PRESTAZIONARIO durante il quale avviene la formazione del complesso
ES. È un periodo breve che non può essere osservato.
La reazione raggiunge rapidamente lo STATO STAZIONARIO in cui la concentrazione del
complesso ES rimane approssimativamente stabile nel tempo.
La relazione tra la concentrazione di substrato e la velocità iniziale viene espressa
matematicamente e graficamente.
L'equazione di Michaelis-Menten descrive algebricamente il parametro velocità iniziale e
venne ipotizzata partendo dal presupposto che la tappa limitante di una reazione
enzimatica fosse quella di demolizione del complesso ES.
La velocità iniziale è uguale al rapporto tra il prodotto di Vmax con la concentrazione di

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substrato e la somma della costante di Michaelis-Menten (Km) e la concentrazione di
substrato.
Tutti i termini possono essere valutati sperimentalmente.
La velocità in generale dipende dalla demolizione di ES con cui ha un rapporto di
proporzionalità diretta.
La la concentrazione di ES non è facilmente misurabile, perciò può essere introdotto il
termine Et (concentrazione di enzima totale).
Quindi la somma della concentrazione di enzima libero E più la concentrazione del
complesso ES da la concentrazione di enzima totale Et.

Dati questi parametri, consideriamo nel dettaglio le tappe della loro valutazione in termini
algebrici.
La VELOCITA' DI FORMAZIONE E DEMOLIZIONE di ES possono essere determinate in
base a delle costanti di velocità: k1 per quanto riguarda la formazione del complesso e k-1
e k2 per quanto riguarda la demolizione del complesso.
k-1 corrisponde alla scissione di ES in E e S, k2 invece corrisponde alla scissione del
complesso ES in E+P.
Quindi:
Velocità di formazione di ES = k1 ([Et]-[ES])[S] = k1 [E][S]
Velocità di demolizione di ES = k-1 [ES] + k2 [ES]

La velocità iniziale della reazione riflette uno STATO STAZIONARIO in cui [ES] è costante
e la sua velocità di formazione è uguale a quella di demolizione.
Per cui: k1 ([Et]-[ES])[S] = k-1 [ES] + k2 [ES]

Bisogna quindi risolvere l'equazione in funzione della concentrazione di ES.

k1 [Et][S] - k1 [ES][S] = (k-1 + k2)[ES]

Sommando in entrambi i lati k1 [ES][S] e risolvendo i vari passaggi risulta infine:

[ES] = [Et][S]/([S]+(k-1 + k2)/k1)

Il rapporto (k-1 +k2)/k1 corrisponde alla costante di Michaelis-Menten, perciò risulta:

[ES] = [Et][S]/([S]+Km)

Da questa formulazione si può ottenere l'EQUAZIONE DI MICHAELIS-MENTEN che ci


permette di definire la velocità iniziale.
Sappiamo che la velocità iniziale è uguale al prodotto tra [ES] e k2, perciò [ES]=V0/k2.
Perciò:

V0/k2 = [Et][S]/([S]+Km) Da cui: V0= k2 [Et][S]/([S]+Km)

sappiamo anche che Vmax viene raggiunta quando tutto l'enzima è saturato con il
substrato, quindi [ES] = [Et] e Vmax = k2 [Et] (di conseguenza k2 = Vmax/[Et]).
Risulta infine:

V0= (Vmax/[Et])([Et][S]/([S]+Km)) I termini [Et] si possono elidere per ottenere


l'equazione di Michaelis-Menten che vale per
V0= Vmax [S]/([S]+Km) reazioni con enzima a singolo substrato.

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Vi sono però diversi CASI LIMITE:

– [S] tende a 0
Perciò la [S] nella somma Km + [S] è irrilevante, quindi V0 = Vmax [S]/Km
(in cui il rapporto Vmax/Km è costante e si tratta dell'equazione di una retta che
passa per l'origine).

– [S] tende a INFINITO


La Km risulta irrilevante nella somma Km + [S], perciò risulta: V0 = Vmax [S]/[S].
I termini [S] possono essere semplificati e si ottiene V0 = Vmax, che costituisce un
limite superiore.

– V0 = Vmax/2
Se la velocità iniziale è uguale a metà della velocità massima, allora, dopo aver
sostituito il termine V0 con Vmax/2, il termine Vmax può essere eliminato
dall'equazione per ottenere Km = [S]
Questo principio, per cui la velocità iniziale è uguale alla velocità massima, è valido
per tutti gli enzimi che seguono la CINETICA DI MICHAELIS-MENTEN (tranne gli
enzimi regolatori).

La costante Km fornisce informazioni sull'affinità che l'enzima ha nei confronti del suo
substrato.
È specifica per ogni diverso enzima nei confronti di un dato substrato.
Se la costante è grande allora la tendenza a dissociarsi del complesso ES sarà maggiore.
Più piccola è la costante e minore sarà la tendenza del complesso ES a dissociarsi.

Per reazioni a più tappe, la Km diventa una funzione più complessa che dipende da varie
costanti cinetiche.
I valori di Vmax variano a seconda dell'enzima.
Se un enzima reagisce con un meccanismo a due tappe, Vmax = k2 [Et] e k2 è la costante
della tappa che limita la velocità.
La maggior parte degli enzimi giunge a saturazione nella forma EP e Vmax = k3.

Quindi è importante definire una costante di velocità generale Kcat che descrive la tappa
limitante la velocità.
Kcat = Vmax/[Et] ed è una costante di primo ordine espressa dal reciproco del tempo.
Viene definita anche come il numero di TURN-OVER, cioè il numero di eventi catalitici che
avvengono nel sito attivo dell'enzima nell'unità di tempo.
Quindi misura quanto velocemente un dato enzima può catalizzare una data reazione ed è
specifica per ogni enzima.

Per confrontare due enzimi differenti viene utilizzato il


rapporto Kcat/Km.
Questo rapporto viene utilizzato per valutare l'efficienza
della reazione enzimatica indipendentemente dalla
complessità del meccanismo.
Ogni enzima ha valori di Kcat e Km che dipendono da vari
fattori e dalle condizioni cellulari.
Questo rapporto viene definito come COSTANTE DI
SPECIFICITA' e assume valori in un intervallo ristretto che
va da 10^7 a 10^8 M^-1 s^-1.

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Molti enzimi catalizzano reazioni a due o più substrati e possono essere analizzate sulla
base della teoria di Michaelis-Menten.
Generalmente le reazioni che coinvolgono due o più substrati comportano il trasferimento
di un atomo o di un gruppo funzionale da un substrato all'altro.

GRAFICO DEI DOPPI RECIPROCI o DI LINEWAVER-BURK


Serve per la determinazione sperimentale di Km e Vmax.
Si tratta di una linearizzazione della curva iperbolica.
Viene rappresentato riportando i valori sperimentali della
velocità iniziale e della [S]:
– 1/V0 sull'asse delle ordinate
– 1/[S] sull'asse delle ascisse

Ciò ci permette di determinare Km/Vmax che indica la


pendenza della retta, infatti corrisponde al coefficiente angolare.
L'intercetta con l'asse X è uguale all'antireciproco di Km (-1/Km) mentre l'intercetta con
l'asse Y è uguale all'inverso della Vmax (1/Vmax).

INIBIZIONE ENZIMATICA

Gli enzimi possono essere soggetti a INIBIZIONE REVERSIBILE o IRREVERSIBILE.


Gli inibitori enzimatici interferiscono con la catalisi rallentando o bloccando le reazioni
enzimatiche.

INIBIZIONE REVERSIBILE
In questo tipo di meccanismo gli inibitori legano l'enzima e interferiscono con la loro attività
modificando la Vmax, la Km o entrambe.
Questi inibitori si legano all'enzima mediante un'interazione non covalente stabilendo un
equilibrio che porta alla formazione del complesso inattivo EI.
Distinguiamo diversi di inibitori coinvolti in questo tipo di meccanismo.

– INIBITORI COMPETITIVI
Competono con il substrato per il sito attivo dell'enzima e, quando gli inibitori si
legano nel sito attivo, impediscono il legame del substrato con l'enzima.
In genere la loro struttura è analoga a quella del substrato.
In presenza di un inibitore competitivo aumenta la Km perchè aumenta il valore di
k-1 che delinea un aumento della velocità di degradazione del complesso ES.
In presenza di inibitore competitivo basta aumentare la concentrazione di substrato
per aumentare la probabilità che a quest'ultimo si leghi all'enzima.
La Km osservata in presenza dell'inibitore viene detta alfa-Km o Km apparente.
La Km è molto minore rispetto alla alfa-Km.
Inoltre dal grafico dei doppi reciproci può essere ricavata la Ki, costante di equilibrio
per il legame dell'inibitore con l'enzima.

– INIBITORI INCOMPETITIVI
Si osserva la loro azione solo con enzimi a due o più substrati.
Si legano all'enzima solo dopo che si è formato il complesso ES in un sito diverso
da quello del substrato.
L'inibitore incompetitivo fa diminuire sia la Vmax, perchè diminuisce la quantità di
ES, sia la Km, perchè l'equilibrio si sposta verso la formazione del complesso ES
ed ESI.
k1 aumenta quindi la Km è molto minore rispetto alla costante apparente.

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– INIBITORI MISTI
Si legano in un sito diverso rispetto a quello del substrato e possono legarsi sia ad
E che a ES.
Anch'essi modificano i valori di Vmax e Km.

– INIBITORI NON COMPETITIVI PURI


Possono legarsi sia all'enzima libero che al complesso ES.
Dal momento che sottraggono il complesso ES dal mezzo diminuiscono la Vmax.
La Km invece resta invariata perchè l'inattivazione dell'enzima libero con la
formazione del complesso EI e quella del complesso ESI avvengono con la stessa
velocità.

Diverse sostanze come metalli pesanti (mercurio e piombo) inibiscono numerosi


enzimi agendo sui gruppi SH dei residui di cisteina dei siti attivi o dei coenzimi
come inibitori.

INIBIZIONE IRREVERSIBILE
Nell'inibizione irreversibile gli inibitori si legano covalentemente all'enzima inattivandolo ed
eliminando i gruppi funzionali, essenziali alla loro attività, presenti nel sito attivo.
In questo modo viene impedito il legame dell'enzima con il substrato e quindi la
trasformazione di quest'ultimo.
Distinguiamo diversi tipi di inibitori irreversibili.
Un tipo di inibitore comune comprende gli INATTIVATORI SUICIDI, dei composti
relativamente stabili fino a che non si legano al sito attivo dell'enzima. A livello del sito
attivo vengono trasformati in composti estremamente reattivi.

IN CHE MODO PH E T INFLUENZANO L'ATTIVITA' ENZIMATICA?

– pH
Gli enzimi hanno un pH ottimale per cui la loro attività diventa massima.
Ciò dipende dal fatto che gli enzimi sono delle proteine e quindi le catene laterali
degli amminoacidi possono agire da acidi e basi deboli. In questo modo le catene
laterali possono svolgere funzioni che dipendono dal loro stato di ionizzazione.
Quindi a seconda del pH l'attività enzimatica può variare per via del coinvolgimento
delle catene amminoacidiche laterali.
Alcuni processi enzimatici necessitano di valori di pH estremi.

– TEMPERATURA
Anche la temperatura è un parametro importante che influenza l'attività enzimatica.
La temperatura comporta un aumento cinetico ma allo stesso tempo destabilizza
l'enzima e, dal momento che quest'ultimo è una proteina, va incontro a
denaturazione.

ENZIMI REGOLATORI
L'attività catalitica di un enzima che agisce in una data via metabolica può essere regolata
in vari modi:
– REGOLAZIONE A LUNGO TERMINE
La quantità di enzima può essere controllata regolando la velocità della sua sintesi
o degradazione.
– REGOLAZIONE A BREVE TERMINE
Tramite la modulazione di ENZIMI REGOLATI.

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L'attività di questi ENZIMI REGOLATORI aumenta o diminuisce in risposta a determinati
segnali.
L'attività aumenta quando aumenta la concentrazione di substrato o diminuisce la
concentrazione del prodotto e viceversa.
Questa azione viene svolta da:
– MODULAZIONE ALLOSTERICA NON COVALENTE
– MODULAZIONE COVALENTE (REVERSIBILE o IRREVERSIBILE)

MODULAZIONE ALLOSTERICA NON COVALENTE


L'azione degli enzimi allosterici si basa sul legame reversibile con composti detti
MODULATORI o EFFETTORI ALLOSTERICI che in genere sono rappresentati da piccoli
metaboliti o cofattori.
Gli enzimi allosterici vanno incontro a modificazioni conformazionali che ne modificano
l'attività catalitica.
I modulatori degli enzimi allosterici possono agire sia da inibitori che da stimolatori
dell'attività enzimatica.
Spesso il modulatore è il substrato stesso e in questo caso gli enzimi vengono definiti
OMOTROPICI.
Se il modulatore è diverso dal substrato, l'enzima viene detto ETEROTROPICO.
Gli enzimi allosterici in genere hanno più subunità e più siti attivi per il substrato che
legano in modo cooperativo.
Il legame con il substrato, nella maggior parte dei casi, converte l'enzima da una
conformazione relativamente inattiva (Stato T) in una conformazione più attiva (Stato R).
Gli enzimi allosterici non seguono la cinetica di Michaelis-Menten e presentano una
struttura differente dagli enzimi non regolatori.
Gli enzimi allosterici possiedono uno o più SITI REGOLATORI o ALLOSTERICI specifici
per ogni modulatore.
In genere gli enzimi allosterici sono di dimensioni maggiori e possiedono una struttura più
complessa rispetto agli enzimi non regolatori.
Le proprietà cinetiche degli enzimi allosterici non seguono il comportamento descritto dalla
cinetica di Michaelis-Menten.
Per alcuni di essi la curva di V0 in funzione di [S] ha una forma sigmoide anzichè
iperbolica.
La cinetica sigmoide riflette la presenza di interazioni cooperative fra le subunità della
proteina enzimatica; la variazione conformazionale di una subunità comporta variazioni
strutturali delle altre subunità.

MODULAZIONE COVALENTE
La trasformazione covalente di enzimi regolati è una modificazione post-traduzionale
operata da altri enzimi MODIFICATORI che a loro volta possono essere regolati.
Per modificare le proteine vengono utilizzati diversi gruppi che possono attuare i seguenti
meccanismi:
– FOSFORILAZIONE
– ADENILAZIONE
– URIDILAZIONE
– ADP-RIBOSILAZIONE
– METILAZIONE
ecc...

Alcune volte le modificazioni strutturali possono essere determinanti per la funzione


dell'enzima.

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In particolare la FOSFORILAZIONE dei residui amminoacidici dell'enzima è la forma più
comune di modulazione covalente.
Una proteina CHINASI trasferisce il gruppo fosforico dall'ATP sul sito di fosforilazione
dell'enzima.
La rimozione del gruppo fosforico avviene ad opera della PROTEINA FOSFATASI.
La fosforilazione può inibire o attivare un enzima.

Alcuni enzimi vengono regolati per scissione proteolitica di un precursore enzimatico che
prende il nome di ZIMOGENO e che si trova nella forma inattiva.
Molti enzimi proteolitici di STOMACO e PANCREAS vengono coinvolti in questo processo
di modulazione.
Prendiamo ad esempio la cascata di attivazione delle proteasi pancreatiche;
TRIPSINA e CHIMOTRIPSINA vengono sintetizzate inizialmente sotto forma di zimogeni
(tripsinogeno e chimotripsinogeno) che possono essere attivati per rottura di specifici
legami peptidici che producono una modificazione strutturale.
Questo tipo di attivazione è irreversibile, quindi per inattivare questi enzimi, quando è
necessario, sono necessari altri meccanismi attuati da inibitori competitivi.

Tra i tipi di proteasi ne ricordiamo un tipo molto importante: le PROTEASI SERINICHE.


Le proteasi seriniche catalizzano la scissione del legame peptidico e hanno tutte un
residuo serinico nel sito attivo che è fondamentale per la catalisi.
Hanno il compito di idrolizzare i legami peptidici sul lato carbossilico di particolari residui
amminoacidici:
– TRIPSINA: coinvolgimento di Lys o Arg
– CHIMOTRIPSINA: coinvolgimento di Phe, Trp, Tyr o Leu.

Le proteasi seriniche presentano nel sito attivo 3 residui amminoacidici molto vicini tra loro
(ACIDO ASPARTICO, ISTIDINA e SERINA) che formano la TRIADE CATALITICA.
Vicino al residuo di serina è presente una tasca che deve accogliere la porzione di catena
peptidica tagliata.
Sul fondo della tasca tasca è presente una catena laterale negativa che interagisce con la
catena laterale Arg o Lys della catena da tagliare nel caso della Tripsina.
Nel caso della chimotripsina la tasca è più larga e presenta catene idrofobiche che legano
le catene laterali di amminoacidi aromatici.
La triade della chimotripsina agisce attraverso un meccanismo di catalisi sia covalente che
acido-base.
L'anello imidazolico dell'ISTIDINA rimuove un protone H+ dalla catena laterale di una
serina formando un ALCOSSIDO che a sua volta, essendo un potente nucleofilo, attacca il
C=O del legame peptidico che deve essere scisso.
L'anello imidazolico trasferisce un protone all'N del legame peptidico che si deve scindere
e si forma un legame estere fra l'enzima e il C del carbonile (ACIL-ENZIMA).
Il frammento peptidico col gruppo amminico verrà rilasciato.
Nel sito attivo entra una molecola d'acqua da cui l'istidina rimuove un protone generando
un OH che attacca il C=O dell'estere ACIL-ENZIMA.
L'istidina dona un protone alla serina favorendo la scissione del legame acilico e liberando
il frammento peptidico che presenta una Phe nella porzione C-terminale.

57
COENZIMI

Molti enzimi richiedono l'associazione con particolari cofattori per esplicare la loro
funzione.
Questi cofattori in alcuni casi possono essere IONI ESSENZIALI come IONI ATTIVATORI
(Mg 2+, K+ o Ca 2+), che si legano debolmente in maniera reversibile, o IONI METALLICI
(dei metalloenzimi) come Zn 2+ e Cu 2+ che si legano fortemente.
In particolare il magnesio è uno ione essenziale nel caso delle CHINASI per schermare le
cariche negative dei gruppi fosfato.
I coenzimi sono parte integrante del sito attivo, partecipano alle reazioni enzimatiche
attivamente e possono essere distinti in:
– COSUBSTRATI (legati debolmente all'enzima)
– GRUPPI PROSTETICI (legati fortemente all'enzima, a volte covalentemente)
I coenzimi vengono MODIFICATI TEMPORANEAMENTE e hanno il compito di trasferire
gruppi funzionali in modo specifico attraverso il loro CENTRO REATTIVO.

Molti coenzimi derivano da VITAMINE IDROSOLUBILI che quindi devono essere assunte
con la dieta ricavandole da piante e microorganismi.

Tra i coenzimi ricordiamo i trasportatori universali di elettroni che vengono detti COENZIMI
DELLE DEIDROGENASI e sono il NADH e il FADH2.
Il processo di demolizione dei nutrienti è caratterizzato da una serie di reazioni redox in cui
gli elettroni vengono trasferiti dal SUBSTRATO RIDOTTO a intermedi specifici:
– NAD+ (NICOTINAMMIDE ADENIN DINUCLEOTIDE)
– FAD (FLAVIN ADENIN DINUCLEOTIDE)

NAD+
Il NAD+ presenta l'anello della
NICOTINAMMIDE che possiede un atomo di C
non simmetrico.
L'anello della nicotinammide subisce un attacco
stereospecifico da parte dello ione IDRURO
(:H-) sopra o sotto.
L'azoto dell'anello possiede una carica positiva
ed è legato tramite un legame N-GLICOSIDICO
al D-RIBOSIO.
L'idruro attacca in posizione 4 l'anello per
formare il NADH.L'OH in posizione 2 dell'anello
del D-ribosio può essere fosforilato per formare
NADPH che è un importante donatore di elettroni nei processi biosintetici.
Il trasferimento riguarda sempre coppie di elettroni tramite lo ione idruro ed è
STEREOSPECIFICO.
Il NAD+ e il NADH presentano spettri di assorbimento
differenti.
La forma ridotta presenta un massimo di assorbimento a
340 nm dovuto all'ANELLO DIIDROPIRIDINICO.
Questo diverso spettro di assorbimento consente di:
– Quantificare il rapporto NAD+/NADH
– Seguire nel tempo le reazioni enzimatiche
catalizzate da deidrogenasi e misurarne la
velocità.

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FAD
Il nucleotide flavinico che deriva dalla
vitamina RIBOFLAVINA, presenta
una struttura ad anelli fusi che
subisce delle riduzioni reversibili.
Anche il FLAVIN MONONUCEOTIDE
(FMN) è un nucleotide flavinico.
Quando un nucleotide flavinico
ossidato accetta un solo elettrone, si
genera la forma SEMICHINONICA
dell'anello, che è detto ANELLO
ISOALLOSSANIZINICO, che può
essere abbreviata come FADH° e
FMNH°.
Le forme completamente ridotte sono
rappresentate dalle formule FADH2 e FMNH2.
Il semichinone che si forma quando FAD e FMN accettano un solo atomo di idrogeno
(come ione idruro) è un radicale libero che consente di procedere con il trasferimento di un
solo elettrone per volta.
Il FAD può scambiare elettroni anche con il NADH.
Le forme parzialmente ridotte assorbono la luce a 450 nm mentre le flavoproteine
completamente ridotte assorbono a 360 nm.

59
Tra i coenzimi derivanti dalle proteine ricordiamo:

– TIAMINA PIROFOSFATO (TPP)


E' un composto che deriva dalla
VITAMINA B1 o TIAMINA.
Si tratta del gruppo prostetico delle
decarbossilasi e delle transchetolasi.
Le decarbossilasi si occupano della
decarbossilazione di alfa-chetoacidi.
Le transchetolasi sono coinvolte nella
via metabolica del glucosio e si
occupano del trasferimento di gruppi a due atomi di C contenenti una funzione
C=O.
Contiene un anello detto TIAZOLICO (contenente N e un S) il cui C-2 rappresenta il
centro reattivo; il C-2 è molto acido a causa dell'effetto elettron-attrattore esercitato
da N e S.
Forma un carbanione per perdita dell'idrogeno in C-2 che attacca nucleofilamente il
carbonile del substrato.

– BIOTINA
Sintetizzata dai batteri intestinali per essere
subito assorbita.
È il gruppo prostetico di enzimi che catalizzano
reazioni di carbossilazione ATP-dipendenti.
Si lega al sito attivo attraverso un legame
carbammidico con un residuo di Lys dell'enzima.
Presenta un anello con due atomi di N che sono
il centro reattivo della molecola.
L'ATP trasforma la biotina in
CARBOSSIBIOTINA; uno ione bicarbonato
viene fosforilato e quindi reso reattivo dall'ATP.
Si forma il CARBOSSIFOSFATO, un'anidride che reagisce con un azoto della
biotina legata all'enzima producendo CARBOSSIBIOTINIL-ENZIMA + Pi (fosfato
inorganico).
Il carbossibiotinil-enzima è un coenzima delle carbossilasi come la PIRUVATO-
CARBOSSILASI che catalizza la formazione di ossalacetato.

– COENZIMA A
Si occupa del trasferimento di GRUPPI ACILICI
nelle reazioni di ossidazione di molecole
energetiche e di biosintesi di carboidrati e lipidi.
Deriva dall'ACIDO PANTOTENICO o VITAMINA
B5.
Il centro reattivo del COENZIMA A o CoA-SH è
rappresentato dal gruppo SH con cui forma il legame tioestere con i gruppi acilici
che trasferisce.
Con l'idrolisi del legame tioestere viene liberata una notevole quantità di energia.
L'acido pantotenico si lega con la BETA-MERCAPTOETILAMMINA da un lato
tramite un legame ammidico e con il 3'-P-ADP (3'-FOSFOADENOSINA
DIFOSFATO).

60
– PIRIDOSSALE 5' FOSFATO (PLP)
Deriva dalla famiglia delle vitamine B6 (PIRIDOSSALE e
PIRIDOSSINA).
È un gruppo prostetico di enzimi che catalizzano reazioni di
TRANSAMMINAZIONE, DECARBOSSILAZIONE e
RACEMIZZAZIONE che coinvolgono amminoacidi.
Presenta un anello di PIRIDINA con dei sostituenti tra cui un
gruppo aldeidico che rappresenta il centro reattivo.
Il PLP si lega all'enzima per formare una BASE DI
SCHIFF (immina) tramite una Lys, presente nel sito attivo
dell'enzima, e il suo gruppo aldeidico
per addizione nucleofila.
Durante questo processo si ha la
perdita di una molecola di acqua.
L'anello piridinico positivo funziona da trappola per gli elettroni e
stabilizza il carbanione che si forma durante il processo.

– TETRAIDROFOLATI
Derivano dal FOLATO che viene ridotto in
7-8 e 5-6 mediante l'aggiunta di una
catena di POLIGLUTAMMATO più o meno
lunga.
Questa catena ancora il coenzima al sito
attivo dell'enzima.
I vari tetraidrofolati differiscono per:
- Grado di insaturazione dell'anello pterinico
- Lunghezza della catena di poliglutammato
L'anello pterinico è una struttura eterociclica che presenta due anelli
condensati.
In genere i centri reattivi sono gli atomi di azoto in 5 e in 10 che sono
punti di attacco per unita monocarboniose.
La funzione dei tetraidrofolati è essenziale per la biosintesi di basi puriniche e
pirimidiniche e per il metabolismo degli amminoacidi.

– LIPOAMMIDE
L'ACIDO LIPOICO è un acido carbossilico a 8
atomi di carbonio con due gruppi tiolici (SH) in C-6
e in C-8.
Il LIPOATO o ACIDO LIPOICO si lega con
l'amminogruppo di una Lys presente nel sito arrivo
dell'enzima.
È il gruppo prostetico di DIIDROLIPOAMMIDI-
ACETIL TRASFERASI (come nel caso della
PIRUVATO DEIDROGENASI) che fanno parte di
complessi multienzimatici.
I gruppi tiolici possono trovarsi nella forma
ossidata, a formare un PONTE DISOLFURO, o
nella forma ridotta, come semplici gruppi -SH.
Il lipoammide funziona come un braccio oscillante che
trasferisce gruppi acilici.
È molto importante nella formazione dell'Acetil-CoA (nella
formazione del legame tioestere).

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– VITAMINA C o ACIDO ASCORBICO
L'ACIDO ASCORBICO o ASCORBATO è un carboidrato che
deriva dal glucosio e si trova sotto forma di LATTONE (presenta
l'anello lattonico).
Agisce da agente riducente nella biosintesi del COLLAGENE, in
particolare nell'idrossilazione di Pro e Lys.
Inoltre è un ANTIOSSIDANTE che partecipa alla detossificazione
dei ROS cellulari (radicali reattivi all'ossigeno che danneggiano le membrane
cellulari).
Dalla riduzione dell'acido ascorbico si ottiene l'ACIDO
DEIDROASCORBICO.

62
VITAMINE

Distinguiamo diverse vitamine che si suddividono in due classi principali:

– IDROSOLUBILI
- VITAMINA C (carenza: SCORBUTO)
- VITAMINE DEL COMPLESSO B
- TIAMINA o B1 (carenza: BERIBERI)
- RIBOFLAVINA o B2 (carenza: RITARDO MENTALE)
- NIACINA o B4
- BIOTINA (carenza: DERMATITE)
- ACIDO PANTOTENICO o B5
- ACIDO FOLICO (carenza: ANEMIA)
- PIRIDOSSINA o B6
- COBALAMINA o B12
- ACIDO LIPOICO

– LIPOSOLUBILI
- VITAMINA A (RETINOLO)
- VITAMINA D (COLECALCIFEROLO)
- VITAMINA K (FILLOCHINONE)
- VITAMINA E (TOCOFEROLO)
- COENZIMA Q (UBICHINONE)

Le vitamine liposolubili, se immagazzinate in eccesso, causano IPERVITAMINOSI.


Le vitamine liposolubili sono altamente idrofobiche che contengono anelli e lunghe catene
alifatiche.
Vengono assunte con la dieta, modificate e attivate nell'organismo.

VITAMINA A o RETINOLO
Lipide a 20 atomi di C che
presenta una catena poliinsatura
con doppi legami coniugati.
Viene ottenuta anche dal BETA-
CAROTENE tramite un taglio
ossidativo.
Possiede una funzione alcolica in
C-15 che subisce un'ossidazione
per diventare un'aldeide.
Questa è la forma presente
nell'organismo in condizioni di
buio; è un pigmento che prende, nella forma ossidata, il nome di 11-CIS-RETINALE e
costituisce il gruppo prostetico di particolari enzimi (opsine) con cui forma le RODOPSINE,
proteine dei fotorecettori della retina.
L'assorbimento della luce converte il cis-retinale in trans-retinale.

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VITAMINA E o ALFA-TOCOFEROLO
E' formata da un anello biciclico con un
atomo di ossigeno e una lunga catena
isoprenoide.
Agisce da antiossidante nella rimozione di
ROS per la prevenzione da stress
ossidativo.
Ciò avviene grazie alla presenza di un OH
sull'anello aromatico che si può ossidare.

VITAMINA K o FILLOCHINONE
E' richiesta per la sintesi di proteine coinvolte
nella coagulazione del sangue.
Agisce sui residui di ACIDO GLUTAMMICO, che
vengono carbossilati per rendere attiva la
vitamina, dei fattori di coagulazione (substrato
specifico).

VITAMINE D
Costituiscono un gruppo di lipidi correlati che vengono attivati
dalle radiazioni UV. Svolgono un ruolo molto importante
nell'omeostasi del calcio (assorbimento intestinale e
deposizione ossea).
La vitamina D3 o COLECALCIFEROLO si forma in modo non
enzimatico nella pelle, in presenza di luce solare, a partire dal
7-DEIDROCOLESTEROLO.
La vitamina D2 è un derivato metilato della vitamina D3 e
viene attivata in modo simile. 7-DEIDROCOLESTEROLO

COLECALCIFEROLO

64
BIOENERGETICA E METABOLISMO

La bioenergetica è lo studio quantitativo delle TRASDUZIONI ENERGETICHE, cioè di tutti


quei cambiamenti energetici da una forma all'altra che avvengono nelle cellule.
Le trasduzioni energetiche seguono le leggi della TERMODINAMICA: per mantenere lo
stato vivente quindi occorre compiere LAVORO.

L'energia chimica contenuta negli alimenti viene utilizzata per produrre:


– GRADIENTI DI CONCENTRAZIONE
– GRADIENTI ELETTRICI
– MOVIMENTO
– CALORE
– MOLECOLE (partendo da precursori semplici)

Le 3 energie termodinamiche che descrivono le variazioni di energia che avvengono in


una reazione chimica sono:
– ENTALPIA (H)
E' il contenuto termico del sistema che sta reagendo. Riflette il numero e il tipo di
legami chimici coinvolti.
– ENTROPIA (S)
Espressione quantitativa della casualità e del disordine di un sistema.
– ENERGIA LIBERA DI GIBBS (G)
E' una misura dell'energia in grado di produrre lavoro resa disponibile durante una
reazione chimica a T e P costanti.

La differenza di energia libera ΔG corrisponde alla massima capacità di produrre lavoro,


quindi la massima fonte di energia disponibile in una reazione.
È uguale alla differenza tra l'energia libera dei prodotti meno l'energia libera dei reagenti.
ΔG = G (prodotti) – G (reagenti)

Valori negativi di ΔG denotano un rilascio di energia e quindi la reazione in esame è


ESOERGONICA.
Nelle reazioni ENDOERGONICHE si ha un guadagno di energia e quindi valori positivi di
ΔG.

Definiamo invece come ΔG STANDARD (ΔG°) la variazione di energia libera che


caratterizza la reazione di trasformazione di A-->B in un sistema standard.
All'equilibrio ΔG = 0.
La ΔG connessa ad una certa trasformazione dipende da due termini ed è legata alla
concentrazione di prodotti e reagenti nella reazione.

ΔG = ΔG° + R*T*ln ([B]/[A])

Un sistema in condizioni standard prevede che sia [A] che [B] siano pari a 1 M, ad una
temperatura di 298 K e P di 1 atm.
Per cui in queste condizioni ΔG = ΔG°.
In biochimica si usa ΔG'°, un valore di ΔG° particolare utilizzato nel caso in cui nel sistema
sono presenti ioni [H+] in una concentrazione pari a 10^-7, quindi pH = 7 (fisiologico).
Il valore di ΔG'° è direttamente correato alla costante di equilibrio.
Quando un sistema è all'equilibrio abbiamo detto che ΔG = 0.
Sappiamo che all'equilibrio Keq= [B]eq/[A]eq.
Perciò la formula precedente, sostituendo, diventa: 0 = ΔG'° + R*T*ln (Keq)

65
Di conseguenza: ΔG'° = – R*T*ln (Keq)

Le cellule ricavano energia dalle reazioni chimiche del metabolismo (ossidazioni) di


zuccheri, grassi e proteine.
La quantità di energia ottenuta può essere determinata calcolando il ΔG dei processi
chimici considerati, come ad esempio la conversione del Glucosio-6-Fosfato in Fruttosio-6-
Fosfato. Si tratta di una reazione con ΔG<0, quindi la formazione del prodotto è favorita.

Le variazioni di energia libera sono ADDITTIVE.


Se abbiamo due processi sequenziali, ognuno avrà la sua Keq e la sua ΔG'°.
Le due ΔG'° possono essere sommate algebricamente per ottenere:
ΔG'°tot = ΔG'°(1) – ΔG'°(2)

Dunque una reazione energicamente sfavorita può essere accoppiata ad una reazione
spontanea che liberi un'energia superiore a quella richiesta e questa strategia viene usata
nelle vie metaboliche.
In genere alcune molecole si accoppiano ad altre molecole, come ad esempio l'ATP, per
liberare l'energia necessaria grazie all'idrolisi di legami ad alto contenuto energetico che
forniscono l'energia necessaria per il processo.
La reazione chimica netta quindi ha un valore di ΔG'° pari a ΔG'°tot.

IDROLISI DELL'ATP
L'energia libera standard di idrolisi dell'ATP è circa uguale a -7,3 Kcal/mol o -30 KJ/mol.
Quindi questo processo libera energia in forma chimica grazie alla scissione in ADP e Pi.

ATP + H2O ---> ADP + Pi

La donazione di energia da parte dell'ATP in genere avviene attraverso la partecipazione


covalente dell'ATP alla reazione che deve essere favorita energeticamente.
L'ATP può anche essere convertito in AMP e PPi, sempre accompagnato da una notevole
variazione di energia libera.
L'ATP viene definito come un COMPOSTO FOSFORILATO AD ALTA ENERGIA.
Gli altri nucleosidi trifosfato sono equivalenti all'ATP dal punto di vista energetico e
possono scambiare gruppi fosfato con l'ATP grazie all'enzima NUCLEOSIDE DIFOSFATO
CHINASI.

Nelle cellule il rapporto [ATP]/[ADP] è elevato, quindi l'equilibrio della reazione è spostato
verso destra.
L'enzima ADENILATO CICLASI, in presenza di elevate [ADP] entra in azione favorendo la
reazione reversibile di conversione di due molecole di ADP in ATP e AMP, in presenza di
ioni Mg 2+, che ha inoltre una ΔG'° circa uguale a zero.
Questa reazione avviene quando l'ADP si accumula a causa di eccessive contrazioni
muscolari e interferisce con il processo di contrazione muscolare ATP-dipendente.

I composti fosforilati possono essere classificati in base alle loro energie libere standard di
idrolisi.
I gruppi fosforici vengono trasferiti da composti ad alta energia (come l'1,3-BPG,
FOSFOENOLPIRUVATO e FOSFOCREATINA) a composti a bassa energia (come
GLICEROLO e GLUCOSIO).
Questo flusso di gruppi fosforici è catalizzato da enzimi chiamati chinasi.
L'idrolisi di composti fosforilati a bassa energia rilascia Pi.

66
Prendiamo ora come esempio la donazione di un gruppo fosforico dal
FOSFOENOLPIRUVATO (PEP) all'ADP.
La reazione è termodinamicamente possibile in quanto il distacco del Pi dal PEP rilascia
più energia di quella necessaria per la condensazione del Pi con l'ADP.
In questo caso, la donazione del residuo fosforico dal PEP all'ADP, avviene in maniera
diretta.
Questa reazione è detta FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO.

Anche i TIOESTERI possiedono un'energia libera di idrolisi negativa ed elevata.


Ad esempio l'Acetil-CoA è un tioestere in cui il gruppo acetilico viene attivato per essere
usato in diverse reazioni (transacilazione, condensazione e ossidoriduzione).

I TIOESTERI vanno incontro a una minore stabilizzazione per risonanza rispetto agli esteri
normali.
L'idrolisi dell'estere genera un acido carbossilico che si ionizza assumendo diverse forme
di risonanza.
L'idrolisi dell'Acetil-CoA presenta un ΔG'° simile a quello misurato
per l'idrolisi di ATP (- 31,4 KJ/mol).

Nel caso dell'energia ricavata dall'idrolisi dell'ATP non è la sua semplice scissione in ADP
e Pi o AMP e PPi che permette di ottenere l'energia necessaria per far avvenire
determinati processi.
La semplice idrolisi produce solo calore perciò l'ATP fornisce energia trasferendo il gruppo
fosforico o l'adenilato.
In questo modo attiva la molecola che deve subire la trasformazione.
Successivamente l'intermedio fosforilato viene idrolizzato (processo favorito dal punto di
vista energetico) per ottenere il prodotto finale.

L'idrolisi di ATP accompagna reazioni come quella di trasferimento di NH3 (ammoniaca) al


Glutammato per formare Glutammina.
Inizialmente si forma il GLUTAMMIL-FOSFATO, l'intermedio fosforilato tramite l'aggiunta di
un gruppo fosforico proveniente dall'ATP, che poi viene idrolizzato a livello del legame
anidridico per ottenere il prodotto finale.
La reazione viene catalizzata dalla GLUTAMMINA SINTETASI.

In sintesi, l'idrolisi di ATP avviene in due fasi:


1. Un gruppo fosforico viene trasferito dall'ATP alla molecola che deve essere
fosforilata
2. L'intermedio fosforilato lega il gruppo che deve essere legato alla molecola al posto
del fosfato e rilascia ATP.

67
REAZIONI METABOLICHE DI OSSIDORIDUZIONE
Queste reazioni implicano la perdita di elettroni dalla specie RIDUCENTE che vengono
trasferiti alla specie OSSIDANTE che viene ridotta.
Il flusso di elettroni è responsabile, sia direttamente che indirettamente, di tutto il lavoro
prodotto dagli organismi viventi.
Al flusso di elettroni viene attribuita la ΔG nelle reazioni redox che avvengono nei sistemi
biologici attraverso:
– TRASFERIMENTO DIRETTO DI e- (centri Fe-s, citocromi)
– TRASFERIMENTO DI 1 H+ e di 1 e- (FAD, ubichinone)
– TRASFERIMENTO DI 1 :H- e di 2 e- (NAD+)
– COMBINAZIONE DIRETTA DI UN RIDUCENTE ORGANICO CON OSSIGENO
CHE VIENE INCORPORATO COME OH o COOH DA PARTE DI ENZIMI DETTI
OSSIGENASI

Il trasferimento degli elettroni dipende dalle affinità relative dell'accettore di elettroni di ogni
coppia.
Il POTENZIALE DI RIDUZIONE STANDARD (E°) è una misura di tale affinità.

Anche le reazioni redox possono produrre lavoro.


Il flusso di elettroni attraversa diversi intermedi metabolici e arriva ad accettori con alta
affinità, con un contemporaneo rilascio di energia.
Il ΔG'° di una reazione redox è pari a: ΔG'° = - n*F* ΔE'° ΔE'° = E'°ossidante- E'°riducente
n = numero di elettroni scambiati
F = 96,5 kJ/(V*mol) → COSTANTE DI FARADAY
ΔE'° = differenza dei potenziali di riduzione standard

Per calcolare ΔE'° quindi si parte dai E'° (rintracciabili sulla tabella) delle semireazioni
coinvolte.
All'aumentare del potenziale di riduzione aumenta l'affinità per gli elettroni.
In condizioni standard la reazione redox è favorita energeticamente.
Bisogna prendere in considerazione anche le concentrazioni qualora uno o più
componenti non si trovino in condizioni standard (concentrazione 1M).
Si deve applicare quindi l'equazione di Nernst:

E'°ossidante= E'°riducente + R*T/(n*F) * ln ([riducente]/[ossidante])

L'affinità, se la concentrazione non è di 1M, non è più standard ma varia.


Di conseguenza varia anche ΔE' che non è più standard e anche ΔG'.
Quindi per calcolare la ΔG'° di una reazione redox bisogna:
1. INDIVIDUARE L'OSSIDANTE
2. INDIVIDUARE IL RIDUCENTE
3. CALCOLARE LA DIFFERENZA DEI POTENZIALI DI RIDUZIONE (ΔE'°)
4. STABILIRE QUANTI ELETTRONI SONO STATI SCAMBIATI
5. USARE LA FORMULA (ΔG'° = - n*F* ΔE'°)

Molte reazioni biologiche di ossidoriduzione sono DEIDROGENAZIONI in cui uno o due


atomi di H (H+ + e-) vengono trasferiti da un substrato a un accettore di atomi di idrogeno.
NAD e NADP sono coenzimi di molte deidrogenasi.
NAD+ e NADP+ possono accettare due e- e un protone.
FAD e FMN possono accettare 1-2 e- e 1-2 protoni.

68
GLICOLISI

È un processo mediante il quale una molecola di glucosio viene degradata mediante una
serie di reazioni catalizzate da enzimi.
Grazie alla glicolisi vengono prodotte due molecole a tre atomi di carbonio che prendono il
nome di PIRUVATO.
Parte dell'energia rilasciata viene recuperata sotto forma di ATP e NADH.
Si tratta della via centrale del catabolismo del glucosio da cui dipendono molti organismi
anaerobi per ottenere energia e alcuni tipi di cellule come ERITROCITI, del CERVELLO
e spermatozoi.
La degradazione anaerobia del glucosio o di altri nutrienti invece prende il nome di
FERMENTAZIONE e permette di ottenere energia sotto forma di ATP.
La glicolisi può essere suddivisa in due fasi principali.
La demolizione del glucosio in oltre può essere suddivisa in 10 tappe di cui le prime 5
costituiscono la fase PREPARATORIA.
Il glucosio liberato dalla degradazione dei polisaccaridi di riserva o dagli oligosaccaridi
consumati viene trasportato all'interno delle cellule.
Vediamo nel dettaglio quali sono le tappe del processo glicolitico:

TAPPA 1
Il glucosio viene fosforilato a livello del gruppo OH in posizione C6 formando il D-
GLUCOSIO-6-FOSFATO.
La fosforilazione avviene ad opera dell'ESOCHINASI, un enzima che catalizza, come le
altre chinasi (sottoclasse delle trasferasi), il trasferimento di un gruppo fosforico terminale
dall'ATP ad un accettore nucleofilico.
L'esochinasi necessita di ioni Mg 2+ per la sua
attività catalitica.
L'esochinasi va incontro ad una modificazione
conformazionale, un ADATTAMENTO dell'enzima
indotto dal legame con il substrato.
I due lobi dell'esochinasi si avvicinano e
racchiudono il glucosio in un ambiente idrofobico
(privo di acqua).
Se l'acqua entrasse nel sito attivo attaccherebbe il
fosfato dell'ATP idrolizzando i legami
fosfoanidridici e formano ADP e fosfato
inorganico.
L'esochinasi è una proteina citosolica solubile e distinguiamo 4 diversi isozimi codificati da
geni diversi:
- I, II e III: inibite allostericamente dal glucosio 6 fosfato. L'esochinasi 2 in particolare si
trova nei miociti e ha un'elevata affinità per il glucosio (l'enzima è saturo ad una
concentrazione di glucosio pari a 0,1 mM).
- IV: non è inibita allostericamente dal glucosio 6 fosfatoe risponde a forti aumenti di
glicemia (concentrazione di glucosio ematico maggiore a 5 mM).
L'esochinasi IV è detta anche GLUCOCHINASI ed è presente negli epatociti. Differisce
dalle altre forme di esochinasi per le sue proprietà cinetiche e per il meccanismo di
regolazione e ciò ha una notevole importanza a livello fisiologico.
Si definiscono ISOZIMI delle proteine diverse che catalizzano la stessa reazione.
Questa tappa è irreversibile.

69
TAPPA 2
Il glucosio 6 fosfato prodotto nella prima tappa viene
convertito in FRUTTOSIO 6 FOSFATO ad opera della
FOSFOESOSIO ISOMERASI (o fosfoglucosio isomerasi).
Si tratta di un'isomerizzazione reversibile del glucosio 6
fosfato, che è un aldosio, a fruttosio 6 fosfato, che è un
chetosio.
La variazione di energia libera standard è relativamente
piccola.
Il passaggio da glucosio 6 fosfato a fruttosio 6 fosfato induce un riarrangiamento tra il
carbonio 1 e il carbonio 2 che è essenziale per le tappe 3 e 4.
Nel sito attivo dell'enzima è presente un residuo di istidina che partecipa nell'apertura
dell'anello dello zucchero fosforilato a 6 termini che, grazie ad una serie di riarrangiamenti,
forma un anello a 5 termini.

TAPPA 3
Il fruttosio 6 fosfato viene fosforilato sul C1 formando D
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATO.
Tale processo avviene ad opera della
FOSFOFRUTTOCHINASI 1 o PFK 1 che trasferisce un
gruppo fosforico dall'ATP al fruttosio 6 fosfato.
Quasta reazione è irreversibile nellecondizioni cellulari
fisiologiche.
Il fruttosio 1,6 bisfosfato è un intermedio esclusivo della
via glicolitica mentre glucosio 6 fosfato e fruttosio 6
fosfato possono subire altri destini metabolici.
L'attività della PFK 1 aumenta al diminuire di ATP
intracellulare e aumenta all'aumentare dei suoi prodotti.
La PFK 1 è inibita quando vi sono elevati livelli di ATP ed è definita come ENZIMA
ALLOSTERICO.

TAPPA 4
Il fruttosio 1,6 bisfosfato viene scisso in due
molecole a 3 atomi di carbonio che sono la
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO (aldosio) e il
DIIDROSSIACETONE FOSFATO (chetosio).
La reazione è catalizzata dalla FRUTTOSIO
1,6 BISFOSFATO ALDOLASI che catalizza in
questo caso l'inverso di una condensazione
aldolica che è reversibile.
Dalla reazione che ha luogo in questa tappa si formano 2 zuccheri triosi; il processo può
avvenire anche con basse concentrazioni di reagenti e la variazione di energia libera è
abbastanza modesta. Questa tappa è detta anche tappa litica.
In questa tappa l'aldolasi agisce sul carbonio 2 attraverso un residuo di lisina presente nel
sito attivo con la formazione intermedia di un'IMMINA.

TAPPA 5
Il diidrossiacetone fosfato viene isomerizzato in una seconda molecola di
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO.
Ciò avviene solo perchè la gliceraldeide 3 fosfato può essere degradata nelle tappe
successive della glicolisi.
La reazione di conversione è reversibile ed è catalizzata dalla TRIOSIO FOSFATO

70
ISOMERASI.
Si conclude in questo modo la FASE PREPARATORIA della glicolisi.
Dopo la tappa 5 ha inizio la FASE DI RECUPERO
ENERGETICO che genera ATP e NADH.
Ogni molecola di gliceraldeide 3 fosfato viene
ossidata e fosforilata dal fosfato in organico.
La formazione delle due molecole di PIRUVATO è
accompagnata dalla formazione di 4 molecole di
ATP a partire dall'ADP.
La resa netta di ATP è di 2 molecole per ogni
molecola di glucosio perchè due molecole sono state consumate nella fase preparatoria
della glicolisi per fosforilare la molecola in C1 e in C6.

TAPPA 6
La gliceraldeide 3 fosfato viene ossidata a 1,3 BISFOSFOGLICERATO, ad opera della
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO DEIDROGENASI, a livello del gruppo aldeidico per
formare un'anidride che è un ACIL FOSFATO che ha un'elevata energia libera standard di
idrolisi.
La gliceraldeide 3 fosfato si lega
covalentemente alla deidrogenasi durante
la reazione; il gruppo aldeidico reagisce
con il gruppo tiolico di un residuo di
cisteina del sito attivo grazie al legame
con il NAD+ che rende l'enzima più
reattivo portandolo ad assumere la
FORMA TIOLATA.
In questa fase si forma un
TIOEMIACETALE (legame
tioemiacetalico).
La quantità di NAD+ presente nella
cellula è di gran lunga inferiore rispetto a quella del glucosio intracellulare metabolizzato.
Perciò il NADH, che sui forma strappando uno ione idruro dal C1, deve essere
continuamente riossidato e quindi riciclato per avere NAD+ sempre disponibile.
Il NADH lascia sempre il suo sito attivo per lasciare spazio al NAD+.
La formazione di NADH consente di formare un ACILTIOESTERE (derivato per
ossidazione da parte del NAD+ che si riduce).
Il tioestere formato va incontro ad una FOSFOROLISI grazie all'ingresso di fosfato
inorganico e viene rilasciano 1,3 BISFOSFOGLICERATO.

TAPPA 7
Durante questa tappa l'enzima
FOSFOGLICERATO CHINASI trasferisce all'ADP
un gruppo fosfato dell'1,3 BPG (bisfosfoglicerato)
che diventa 3 FOSFOGLICERATO o 3PG.
L'enzima agisce come una chinasi in entrambe le
direzioni (reazione reversibile).
Si ha quindi la formazione di ATP.
Le tappe 6 e 7 costituiscono un esempio di
ACCOPPIAMENTO ENERGETICO
complessivamente esoergonico.
La tappa 7 consuma il prodotto della tappa 6 che è un intermedio comune e quindi
accoppia le due reazioni.

71
La formazione di ATP per trasferimento di un gruppo fosforico è detta FOSFORILAZIONE
A LIVELLO DEL SUBSTRATO e coinvolge ENZIMI SOLUBILI e INTERMEDI CHIMICI (a
differenza della FOSFORILAZIONE ACCOPPIATA ALLA CATENA RESPIRATORIA che
coinvolge enzimi legati alla membrana mitocondriale e gradienti protonici transmembrana).

TAPPA 8
Il 3PG viene convertito in 2 FOSFOGLICERATO o 2PG grazie all'enzima
FOSFOGLICERATO MUTASI che richiede Mg 2+.
L'enzima catalizza lo scambio reversibile del gruppo fosforico tra il C2 e il C3 del glicerato.
Questa reazione avviene in 2 tappe:
1. Un gruppo fosforico legato ad un residuo di
istidina della mutasi viene trasferito all'ossidrile in
C1 del 3PG.
2. Il gruppo fosforico in C3 viene trasferito allo
stesso residuo di istidina. Si forma così il 2PG e
l'enzima fosforilato viene rigenerato. Il processo
è REVERSIBILE.
La fosfoglicerato mutasi inizialmente deve
essere fosforilata, perciò è necessario che vi sia
2,3 BPG in piccole quantità per dare inizio al ciclo catalitico.

Un caso particolare è rappresentato dai GLOBULI ROSSI in cui circa il 20% dell'1,3 BPG
è dirottato verso la formazione del 2,3 BPG ad opera della BISFOSFOGLICERATO
MUTASI che rilascia il 2,3 BPG dal sito attivo che a sua volta può prendere 2 strade
differenti:
- MODULAZIONE DELL'OSSIGENAZIONE DELL'EMOGLOBINA
- SE E' IN ECCESSO INTERVIENE LA 2,3 BPG FOSFATASI che forma il 3PG che a sua
volta rientra nella glicolisi

TAPPA 9
In questa tappa si ha la
deidratazione del 2PG a
FOSFOENOLPIRUVATO o PEP ad
opera dell'ENOLASI.
Si tratta della rimozione reversibile
di una molecola d'acqua.
Tale reazione prevede la
formazione di un intermedio
enolico stabilizzato dal Mg 2+.
Il composto che si forma ha un elevato potenziale di trasferimento del gruppo fosforico.

TAPPA 10
In questa tappa (ultima della
glicolisi) si ha il trasferimento di
un gruppo fosforico dal
fosfoenolpiruvato all'ADP ad
opera della PIRUVATO
CHINASI che richiede Mg 2+,
Mn 2+ e K+.
In questa fosforilazione a livello
del substrato il piruvato compare prima nella sua forma enolica che poi tautomerizza nella
forma chetonica rapidamente e non enzimaticamente (forma prevalente a pH fisiologico).

72
La variazione di energia libera standard è negativa e quindi la reazione è spontanea.
Metà dell'energia libera rilasciata dall'idrolisi del PEP viene conservata nell'ATP appena
formato in questa tappa.
L'energia rimanente rappresenta la forza trainante che spinge la reazione verso la sintesi
di ATP.

La PIRUVATO CHINASI esiste in due forme:


– la forma ATTIVA che è defosforilata
– la forma INATTIVA che è fosforilata
La fosforilazione/defosforilazione della piruvato chinasi permette di regolare l'azione di tale
enzima.
È inibita allostericamente dall'ATP e dall'ACETIL CoA.
Viene attivata allostericamente dal fruttosio 1,6 bisfosfato (in modo che la sua azione sia
coordinata con quella della PFK 1).
Negli epatociti e nelle cellule intestinali viene fosforilata o defosforilata sotto il controllo
ormonale.
Ciò avviene grazie al controllo dei livelli ematici di glucosio che attivano i processi che
regolano l'atività di questo enzima.
Se si hanno elevati livelli di glucosio ematico la piruvato chinasi viene defosforilata e resa
più attiva.
Se la glicemia è bassa la piruvato chinasi viene fosforilata e quindi resa inattiva.

La FOSFOFRUTTOCHINASI presenta due diverse forme:


– PFK 1
Catalizza la fosforilazione dell'OH in posizione 1. E' soggetta ad una complessa
regolazione allosterica: è inibita da CITRATO e ATP ed è attivata da AMP, ADP e
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATO.
– PFK 2
Catalizza la fosforilazione dell'OH in posizione 2. E' un potente attivatore allosterico
della PFK 1.
Il substrato in entrambi i casi è il fruttosio 6 fosfato che viene convertito in fruttosio 1,6
bisfosfato dalla PFK 1 e in fruttosio 2,6 bisfosfato dalla PFK 2.
Anche il ribulosio 5 fosfato attiva, anche se in maniera indiretta, la PFK 1.

La glicolisi è strettamente regolata.


Il flusso del glucosio attraverso la via glicolitica deve essere regolato al fine di mantenere
costanti i livelli di ATP.
La regolazione della velocità della glicolisi si basa sul bilanciamento tra:
– Consumo di ATP
– Rigenerazione del NAD+
– Regolazione allosterica di alcuni enzimi della glicolisi
– PFK 1
– ESOCHINASI
– PIRUVATO CHINASI
– Concentrazione dei metaboliti di base
La glicolisi è controllata da diversi ormoni quali:
– INSULINA
– GLUCAGONE
– ADRENALINA
La glicolisi è un processo essenzialmente irreversibile che è spinto da una netta
diminuzione dell'energia libera.

73
Le due molecole di piruvato contengono la maggior parte dell'energia utilizzabile presente
originariamente nella molecola di glucosio.
Per quanto riguarda il bilancio complessivo della glicolisi risulta che da ciascuna molecola
di glucosio, 2 molecole di NAD+, 2 di ADP e 2 di fosfato inorganico si formano 2 molecole
di piruvato, 2 di NADH, 2 H+, 2 ATP e 2 molecole d'acqua.
Il numero effettivo di molecole di ATP sintetizzate dipende da come vengono trasportati nei
mitocondri gli elettroni presenti sul NADH che come tale non può attraversare la
membrana mitocondriale interna.
Nelle reazioni sequenziali della glicolisi, tre tipi di trasformazione chimica sono molto
importanti:
1. DEGRADAZIONE DELLO SCHELETRO CARBONIOSO DEL GLUCOSIO nel
composto non saccaridico che è il piruvato
2. FOSFORILAZIONE DI ADP AD ATP DA PARTE DI UN COMPOSTO AD ALTA
ENERGIA che si forma durante la glicolisi
3. TRASFERIMENTO DI ATOMI DI H O DI ELETTRONI AL NAD+ PER FORMARE
NADH
Tutti i nove intermedi glicolitici tra glucosio e piruvato sono fosforilati e ciò ha una notevole
importanza a livello funzionale:
– LA MEMBRANA PLASMATICA (generalmente) NON PRESENTA
TRASPORTATORI PER ZUCCHERI FOSFORILATI.
Ciò impedisce che gli zuccheri fuoriescano dalla cellula e quindi nessun dispendio
energetico per mantenerli all'interno.
– I GRUPPI FOSFORICI SONO ESSENZIALI NEI PROCESSI ENZIMATICI DI
CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA METABOLICA.
I composti fosforilati rilasciano energia nel momento in cui donano i loro gruppi
fosforici e tale energia viene immagazzinata nelle molecole di ATP (es. 1,3 BPG e
fosfoenolpiruvato).
– NEL SITO ATTIVO DI UN ENZIMA SI FORMA UN LEGAME CON IL GRUPPO
FOSFORICO CHE PRODUCE UN'ENERGIA DI LEGAME.
Ciò cntribuisce ad abbassare l'energia di attivazione e ad aumentare la specificità
della reazione catalizzata dall'enzima (formazione di siti per il Mg 2+ formando così
dei complessi che consentono di portare avanti l'attività catalitica).

Le vie di alimentazione della glicolisi sono molteplici .


Oltre al glucosio molti altri carboidrati entrano nella via glicolitica, ad esempio il glicogeno
e l'amido, vari disaccaridi e molti monosaccaridi.
POLISACCARIDI e DISACCARIDI vengono idrolizzati a monosaccaridi. Ciò avviene ad
opera di diversi enzimi come l'AMILASI (ptialina salivare) che idrolizza l'amido (in maniera
incompleta) nella cavità orale scindendo i legami alfa 1-4.
Esiste anche un'amilasi PANCREATICA (a livello duodenale) che continua la scissione
dell'amido a MALTOSIO e MALTOTRIOSIO che ad opera della maltasi si scindono poi in
glucosio.
Sotto forma di monosaccaridi gli zuccheri possono passare facilmente attraverso la parete
intestinale per passare al circolo ematico.
La digestione del glicogeno procede in maniera analoga.
Il glicogeno negli animali, così come l'amido nelle piante, (presenti a livello intracellulare)
possono essere mobilizzati mediante la FOSFOROLISI attuata rispettivamente dalla
GLIOGENO FOSFORILASI e AMIDO FOSFORILASI.
La differenza rispetto all'idrolisi che avviene nella digestione sta nel fatto che il legame
glicosidico non viene attaccato dall'acqua ma dal fosfato inorganico all'estremità della
molecola producendo glucosio 1 fosfato all'interno del quale viene immagazzinata
l'energia del legame alfa 1-4.

74
Quando la fosforilasi incontra un legame glicosidico alfa 1-6 (PUNTO DI
RAMIFICAZIONE) la sua azione viene interrotta perchè agisce a questo punto un enzima
DERAMIFICANTE.
Il glucosio 1 fosfato viene convertito poi in glucosio 6 fosfato dalla FOSFOGLUCOSIO
MUTASI.
I monosaccaridi diversi dal glucosio entrano nella glicolisi in diversi punti.
Alcuni esosi entrano nella glicolisi dopo essere stati fosforilati.
Ad esempio il D-FRUTTOSIO viene fosforilato in FRUTTOSIO 6 FOSFATO con consumo
di ATP (formazione di ADP) a livello muscolare ad opera dell'ESOCHINASI.
A livello del fegato l'enzima fruttochinasi invece catalizza la trasformazione del D-
FRUTTOSIO in FRUTTOSIO 1 FOSFATO con formazione di ADP.
Il fruttosio 1 fosfato non è un intermedio della glicolisi e viene convertito in
DIIDROSSIACETONE FOSFATO e GLICERALDEIDE ad opera della FRUTTOSIO 1
FOSFATO ALDOLASI.
Il diidrossiacetone fosfato viene convertito in GLICERALDEIDE 3 FOSFATO dalla
TRIOSIO FOSFATO ISOMERASI.
La gliceraldeide viene fosforilata ad opera della TRIOSIO CHINASI per formare
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO.
A questo punto la gliceraldeide 3 fosfato può entrare nella glicolisi.
Il MANNOSIO invece viene fosforilato in C6 dall'ESOCHINASI e viene poi isomerizzato in
fruttosio 6 fosfato dalla FOSFOMANNOSIO ISOMERASI per poter entrare nella glicolisi.
Dall'idrolisi di diversi DISACCARIDI si ottengono diversi monosaccaridi.
Dall'idrolisi del LATTOSIO si ottiene anche il D-GALATTOSIO che a livello epatico viene
fosforilato in C1 per ottenere il GALATTOSIO 1 FOSFATO ad opera della
GALATTOCHINASI.
Il galattosio 1 fosfato viene convertito nel suo epimero in C4 (glucosio 1 fosfato)
dal'URIDINA DIFOSFATO (UDP).
L'epimerizzazione comporta l'ossidazione dell'OH in posizione 4 e poi la riduzione di
questo a ossidrile con inversione di configurazione.
In questa reazione il NAD funziona da cofattore sia per l'ossidazione che per la riduzione.
Un difetto in questa via porta alla GALATTOSEMIA che comporta ritardi nello sviluppo ,
difficoltà di linguaggio, deficienza mentale e danno epatico.
La lattasi intestinale è l'enzima che ha il compito di degradare il disaccaride lattosio.
In carenza di lattasi il latosio passa nel colon dove i batteri lo convertono in prodotti tossici
che causano crampi addominali e diarrea.
Inoltre il lattosio aumenta l'osmolarità del contenuto intestinale e favorisce la ritenzione
idrica nell'intestino.
I disaccaridi vengono quindi idrolizzati a monosaccaridi prima di poter penetrare nelle
celule intestinali.
Gli enzimi responsabili di tale idrolisi sono ancorati alla superficie esterna delle cellule
dell'epitelio intestinale e si suddividono in:
– DESTRINASI (scinde le destrine in monomeri di glucosio)
– MALTASI (scinde il maltosio in monomeri di glucosio)
– LATTASI (scinde il lattosio in glucosio e galattosio)
– SACCARASI (scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio)
– TREALASI (scinde il trealosio in monomeri di glucosio)

75
DESTINO DEL PIRUVATO
Il piruvato che si forma dalla glicolisi viene metabolizzato ulteriormente.
Il piruvato può andare incontro a 3 vie cataboliche:
– DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA
Il piruvato viene ossidato con perdita del suo gruppo carbossilico sotto forma di
anidride carbonica e con formazione di acetilCoA che entra poi nel ciclo di krebs.
Gli elettroni sottratti in questa reazione vengono trasferiti all'ossigeno attraverso
una catena di traportatori mitocondriali permettendo conseguentemente la sintesi di
ATP.
– FERMENTAZIONE
La fermentazione è un processo che permette di riottenere il NAD+ utilizzando il
NADH come agente riducente.
Con il termine fermentazione si intende ogni processo in cui viene estratta energia
sotto forma di ATP senza consumo di ossigeno. Distinguiamo due tipi principali di
fermentazione:
– LATTICA
Si tratta della riduzione del piruvato a lattato.
Questo processo avviene in condizioni di IPOSSIA quando il muscolo
scheletrico si contrae vigorosamente.
In questo caso il NADH non può essere riossidato a NAD+ che a sua volta è
necessario come acettore di elettorni per l'ulteriore ossidazione del piruvato.
Il piruvato viene quindi ridotto e accetta elettroni
dal NADH generando LATTATO e NAD+ affinchè
la glicolisi possa procedere.
Il lattato prodotto è essenziale in alcuni tipi di
cellule (eritrociti, parte del cervello, midollare
renale e cornea) che producono quest'ultimo dal
glucosio.
La riduzione del piruvato in questa via avviene ad opera della LATTATO
DEIDROGENASI.
Il lattato può essere riciclato, trasportato fino al fegato e convertito in glucosio ad
opera della LATTATO DEIDROGENASI EPATICA che converte il lattato in
piruvato (CICLO DI CORI).
A sua volta il piruvato può entrare nel CICLO DI KREBS o nella
GLUCONEOGENESI.
– ALCOLICA
La fermentazione alcolica è detta anche enolica perchè conduce alla formazione
di etanolo e anidride carbonica.
Questa reazione avviene
sempre in condizioni
ANAEROBICHE o
IPOSSICHE ed è
caratterisitica dei lieviti.
Nella fermentazione
alcolica la PIRUVATO DECARBOSSILASI converte il piruvato in ACETALDEIDE
(con utilizzo di TPP come coenzima).
Un'ALCOL DEIDROGENASI poi, con l'intervento del NADH derivato dalla
deidrogenazione della gliceraldeide 3 fosfato, porta alla formazione di
ETANOLO.
Il piruvato può anche seguire una VIA ANABOLICA che permette di fornire lo scheletro
carbonioso per la sintesi di ALANINA e ACIDI GRASSI oppure può entrare nela
GLUCONEOGENESI.

76
GLUCONEOGENESI

E' il processo di sintesi del glucosio a partire da precursori non saccaridici che sono:
– GLICEROLO
– PIRUVATO (LATTATO)
– AMMINOACIDI
Avviene principalmente nel fegato e il glucosio prodotto passa nel sangue per rifornire gli
altri tessuti.La via metabolica della gluconeogenesi non è l'esatto opposto della glicolisi.
Tre reazioni della glicolisi infatti sono irreversibili:
– TAPPA 1: conversione del glucosio in glucosio 6 fosfato ad opera dell'ESOCHINASI
– TAPPA 3: fosforilazione del fruttosio 6 fosfato a fruttosio 1,6 bisfosfato ad opera
della FOSFOFRUTTOCHINASI 1 (PFK 1)
– TAPPA 10: conversione del fosfoenolpiruvato in piruvato ad opera della PIRUVATO
CHINASI
Queste 3 reazioni hanno una variazione di energia libera fortemente negativa mentre le
altre 7 reazioni della glicolisi hanno una variazione di energia libera molto vicina allo zero e
sono perciò reversibili.
Nella gluconeogenesi, le 3 tappe irreversibili della glicolisi non sono perciò percorribili in
senso inverso ma possono essere superate attraverso un diverso gruppo di enzimi che
catalizzano 3 REAZIONI DI DEVIAZIONE.
Quindi, affinchè avvenga la gluconeogenesi, devono essere inibite l'esochinasi, la
fosfofruttochinasi 1 e la piruvato chinasi che sono gli enzimi che regolano il flusso di
glucosio nel verso dell'ossidazione.
Oltre a questi 3 enzimi è inibita anche la piruvato deidrogenasi per le stesse
caratteristiche.
Gluconeogenesi e glicolisi sono regolate in maniera dipendente l'una dall'altra tramite dei
meccanismi di controllo specifici di ogni reazione.
La gluconeogenesi è stimolata dall'ormone GLUCAGONE.
Gli intrmedi del ciclo di krebs e molti amminoacidi sono gluconeogenici.
Si tratta di intermedi a 4,5 e 6 atomi di carbonio come CITRATO, ISOCITRATO, ALFA-
CHETOGLUTARATO, SUCCINIL-CoA, SUCCINATO, FUMARATO e MALATO.
Gli amminoacidi gluconeogenici invece possono essere catabolizzati a:
– PIRUVATO
(ALANINA, CISTEINA, GLICINA, SERINA, TREONINA e TRIPTOFANO)
– ALFA-CHETOGLUTARATO
(GLUTAMMATO, GLUTAMMINA, ARGININA, ISTIDINA e PROLINA)
– SUCCINIL-COA
(ISOLEUCINA, METIONINA, VALINA e TREONINA)
– FUMARATO
(FENILALANINA e TIROSINA)
– OSSALACETATO
(ASPARAGINA e ASPARTATO)

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MECCANISMO DELLA GLUCONEOGENESI

La sintesi del glucosio parte dalla sintesi del FOSFOENOLPIRUVATO che non può essere
sintetizzato attraverso la reazione inversa della tappa 10 della glicolisi perchè si tratta di
una reazione irreversibile.
Il piruvato viene prima CARBOSSILATO a OSSALACETATO
e poi trasformato in FOSFOENOLPIRUVATO tramite
due reazioni esoergoniche.
Si tratta della prima, in ordine cronologico, delle 3
reazioni di deviazione.
Il piruvato viene prima di tutto trasferito dal CITOSOL ai
MITOCONDRI o trasferito dall'ALANINA ai
MITOCONDRI per TRANSAMMINAZIONE, cioè per
trasferimento del gruppo alfa-amminico ad un alfa-
chetoacido con formazione del PIRUVATO.
Il primo enzima che catalizza la conversione del PIRUVATO in OSSALACETATO è la
PIRUVATO CARBOSSILASI, un enzima tetramerico che richiede il coenzima BIOTINA.
La BIOTINA è coinvolta come trasportatore del bicarbonato attivato tramite fosforilazione
da parte dell'ATP formando un'anidride mista che è il CARBOSSIFOSFATO.
Il cofattore biotina è legato covalentemente all'enzima tramite un legame ammidico al
gruppo epsilon-amminico di un residuo di lisina del sito attivo per formare così un biotinil-
enzima.
La piruvato carbossilasi presenta 2 siti catalitici. Nel primo sito catalitico lo ione
bicarbonato viene convertito in anidride carbonica a spese dell'ATP; il bicarbonato viene
quindi attivato e convertito in CARBOSSIFOSFATO per essere utilizzato per carbossilare
la biotina. Il carbossi fosfato libera prima l'anidride carbonica producendo anche fosfato
inorganico. L'anidride carbonica prodotta a questo punto può carbossilare la biotina.
Quindi si forma un carbossibiotinil-enzima. La biotina forma un lungo braccio che assieme
alla catena laterale della lisina e tale braccio trasferisce l'anidride carbonica del
carbossibiotinil-enzima al sito catalitico 2 dove viene rilasciata. Il piruvato, sempre a livello
del sito 2 invece, subentra nella reazione e viene convertito dalla forma chetonica alla
forma enolica.
A questo punto l'anidride carbonica reagisce con il piruvato nella sua forma di enolato
formando l'ossalacetato e rigenerando il biotinil enzima.
La piruvato carbossilasi richiede l'acetil-CoA come effettore allosterico positivo.
L'OSSALACETATO ottenuto nella prima fase deve essere ridotto a MALATO dalla
MALATO DEIDROGENASI MITOCONDRIALE, prima di essere trasportato nel citosol, ad
opera del NADH.
Quindi il malato esce dal mitocondrio mediante un trasportatore specifico della membrana
mitocondriale interna.
Nel citosol il malato viene riossidato ad OSSALACETATO con produzione di NADH
citosolico.
Ora l'ossalacetato può essere convertito in
FOSFOENOLPIRUVATO dalla PEP
CARBOSSICHINASI, un enzima Mg 2+
dipendente che richiede GTP come donatore
del gruppo fosforico (elevato contenuto
energetico).
Il fosfoenolpiruvato viene consumato
rapidamente in altre reazioni e quindi la sua concentrazione deve essere mantenuta
sempre bassa.
L'anidride carbonica persa grazie alla fosfoenolpiruvato carbossichinasi è la stessa che

78
era stata aggiunta dalla piruvato carbossilasi.
Quando invece il precursore della prima reazione di
deviazione non è il piruvato ma il LATTATO
predomina una seconda reazione di deviazione.
Tale processo ha luogo a livello del fegato (ciclo di
Cori).
Il lattato viene convertito in PIRUVATO dalla LATTATO
DEIDROGENASI generando il NADH a livello epatico.
Il piruvato viene poi trasportato nei mitocondri dove
viene trasformato in ossalacetato che a sua volta poi
viene convertito in fosfoenolpiruvato dalla FOSFOENOLPIRUVATO CARBOSSICHINASI.
Il fosfoenolpiruvato esce dal mitocondrio ed entra nella via gluconeogenetica.
Quindi distinguiamo due tipi di fosfoenolpiruvato carbossichinasi, una citosolica e una
mitocondriale, che sono codificate da geni nucleari differenti.
La seconda reazione di deviazione è quella della conversione del fruttosio 1,6 bisfosfato in
fruttosio 6 fosfato.
Tale reazione è catalizzata da un
enzima Mg 2+ dipendente, la
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATASI che
promuove l'idrolisi irreversibile del
legame tra il C1 e il gruppo fosforico ad
esso legato formando il FOSFATO
INORGANICO e non ATP.
La terza reazione di deviazione prevede la conversione del glucosio 6 fosfato in glucosio.
Si tratta della reazione finale della
gluconeogenesi, reazione inversa a quella
catalizzata dall'ESOCHINASI che è
catalizzata dalla GLUCOSIO 6 FOSFATASI
e che richiede Mg 2+.
Si tratta di una semplice idrolisi di un estere
fosforico con conseguente produzione di
fosfato inorganico e non di ATP anche in
questo caso.
La GLUCOSIO 6 FOSFATASI è localizzata nel lume RE di:
– EPATOCITI
– CELLULE RENALI (corteccia)
– CELLULE EPITELIALI DEL TENUE
Il glucosio prodotto viene trasportato a muscoli e cervello tramite il flusso sanguigno.
La gluconeogenesi è un processo dispendioso dal punto di vista energetico ma
essenziale.
Per ogni molecola di glucosio che si forma nella gluconeogenesi vengono consumati 6
legami fosforici ad alta energia, 4 dell'ATP e 2 dal GTP.
Inoltre vengono usate due molecole di NADH per la riduzione di due molecole di 1,3
bisfosfoglicerato.
Molta energia libera viene spesa per rendere la gluconeogenesi un processo irreversibile.
Quando il flusso del glucosio procede attraverso la glicolisi, il flusso del piruvato verso la
formazione di glucosio rallenta e viceversa.

79
VIA DEL PENTOSIO FOSFATO

Nella maggior parte dei tessuti animali il glucosio 6 fosfato viene trasformato in piruvato.
Il glucosio 6 fosfato può essere metabolizzato in altri modi; ad esempio può essere
ossidato a pentosio fosfato tramite la via dei pentosi fosfati detta anche VIA DEL
FOSFOGLUCONATO o dell'ESOSIO MONOFOSFATO.
In questa via l'accettore di elettroni è il NADP+ e si ha quindi produzione di NADPH.
Viene intrapresa dal glucosio 6 fosfato in cellule che si dividono rapidamente (intestino,
midollo osseo, pelle e tumori) per formare RIBOSIO 5 FOSFATO che viene poi utilizzato
per costruire molecole come RNA, DNA e coenzimi.
L'apporto di NADPH è molto importante nei tessuti che sintetizzano ACIDI GRASSI,
COLESTROLO e ORMONI STEROIDEI (come fegato, adipe e tessuto ghiandolare).
Negli eritrociti il NADPH è particolarmente importante per prevenire il danno ossidativo
come nel caso di una carenza di glucosio 6 fosfato deidrogenasi.
Si ha una prima fase che è detta FASE OSSIDATIVA e che produce RIBOSIO 5
FOSFATO e NADPH.
La prima reazione è catalizzata dalla GLUCOSIO 6 FOSFATO DEIDROGENASI che
converte il glucosio 6 fosfato in 6 FOSFOGLUCONO delta LATTONE che è un estere
intramolecolare.
Il lattone viene poi idrolizzato a 6 FOSFOGLUCONATO LIBERO da uno specifico enzima
che prende il nome di LATTONASI.
Il 6 FOSFOGLUCONATO va poi incontro a DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA ad
opera della 6 FOSFOGLUCONATO DEIDROGENASI formando poi il RIBULOSIO 5
FOSFATO che è un CHETOPENTOSIO.
Dopo, la FOSFOPENTOSIO ISOMERASI converte il ribulosio 5 fosfato in RIBOSIO 5
FOSFATO che è un suo isomero di struttura.
Successivamente può esservi o no una FASE NON OSSIDATIVA che ricicla i pentosi
fosfato in glucosio 6 fosfato.
La fase non ossidativa inizia con la conversione del ribulosio 5 fosfato in XILULOSIO 5
FOSFATO ad opera della RIBULOSIO 5 FOSFATO EPIMERASI.
Grazie ad una serie di riarrangiamenti, 6 molecole di zucchero a 5 atomi di carbonio
vengono convertite in 5 molecole a 6 atomi di carbonio che sono degli zuccheri fosforilati.
In questo meccanismo intervengono 2 enzimi molto importanti che sono :
– TRANSCHETOLASI: catalizza il trasferimento di un frammento a due atomi di
carbonio da un chetosio donatore.
– TRANSALDOLASI: catalizza il trasferimento di un frammento a 3 atomi di carbonio.
La transchetolasi catalizza quindi il trasferimento di un frammento a 2 atomi di carbonio
dallo XILULOSIO 5 FOSFATO al RIBULOSIO 5 FOSFATO per formare la
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO e il SEDOEPTULOSIO 7 FOSFATO.
La transaldolasi catalizza poi la reazione di trasferimento di un frammento a 3 atomi di
carbonio dal SEDOEPTULOSIO 7 FOSFATO alla GLICERALDEIDE 3 FOSFATO per
ottenere il FRUTTOSIO 6 FOSFATO ed un treosio fosfato che è l'ERITROSIO 4
FOSFATO.
Infine la transchetolasi agisce ulteriormente formando FRUTTOSIO 6 FOSFATO e
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO mediante il trasferimento di un frammento a 2 atomi di
carbonio dallo XILULOSIO 5 FOSFATO all'ERITROSIO 4 FOSFATO.
In due cicli consecutivi si formano due molecole di gliceraldeide 3 fosfato che possono
essere convertite in una molecola di fruttosio 1,6 bisfosfato e che ad opera dell
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATASI (FBPasi 1) e della FOSFOESOSIO ISOMERASI viene
convertito in glucosio 6 fosfato con la formazione intermedia di fruttosio 6 fosfato.
La transchetolasi richiede come coenzima il TPP mentre la transaldolasi forma una base di
Schiff con la catena laterale di una lisina presente nel sito ativo e il gruppo carbonilico del

80
chetosio per una maggiore stabilizzazione.
Tutti gli enzimi della via del pentosio fosfato sono presenti nel citosol e tale via è
interconnessa con la glicolisi e la gluconeogenesi per la condivisione di diversi intermedi
ed enzimi.
Quindi il glucosio 6 fosfato è ripartito tra la glicolisi e la via del pentosio fosfato e le
quantità nella ripartizione dipendono dal fabbisogno momentaneo della cellula e dalla
concentrazione di NADP+ citosolica.
Quando il NADPH aumenta il NADP+ diminuisce e aumenta la glicolisi.

81
PRODUZIONE DI ACETIL-CoA

In che modo il piruvato viene ossidato ad acetil-CoA e anidride carbonica?


La produzione di acetil-CoA permette di ottenere un prodotto che rappresenta la maggior
parte del combustibile metabolico.
Tale processo avviene tramite il complesso della PIRUVATO DEIDROGENASI (PDH), un
insieme organizzato di 3 enzimi presente:
– nei MITOCONDRI delle cellule eucariotiche
– nel CITOSOL dei batteri
La PDH è un classico esempio di COMPLESSO MULTIENZIMATICO in cui gli intermedi
chimici restano legati alle molecole enzimatiche finchè il substrato non è stato convertito
del tutto nel prodotto finale.
La reazione complessiva catalizzata dalla PDH è una DECARBOSSILAZIONE
OSSIDATIVA, un processo di OSSIDAZIONE IRREVERSIBILE.
In questa reazione viene rimosso un gruppo carbossilico dal piruvato sotto forma di
anidride carbonica.
I due atomi di carbonio restanti diventano il gruppo acetilico dell'acetilCoA.
In questa fase si forma il NADH che porta 1 ione idruro per trasportare i due elettroni poi
all'ossigeno producendo 2,5 molecole di ATP per coppia di elettroni.
La PDH inoltre necessita di 5 cofattori; si tratta di 5 coenzimi che sono:
– TIAMINA PIROFOSFATO (TPP)
– FLAVIN ADENIN DINUCLEOTIDE (FAD)
– COENZIMA A (CoA-SH)
– NICOTINAMMIDE ADENIN DINUCLEOTIDE (NAD)
– LIPOATO
Affinchè questo sistema funzioni e tali coenzimi siano presenti, con l'alimentazione devono
essere introdotte 4 vitamine: la TIAMINA (per la produzione di TPP), la RIBOFLAVINA (per
la produzione di FAD), la NIACINA (per la produzione del NAD) e il PANTENOATO (per la
produzione di CoA-SH).
Il coenzima A ha un gruppo tiolico reattivo che ha una funzione essenziale per il trasporto
dei gruppi acilici che formano a loro volta dei legami tioestere con il gruppo tiolico del
coenzima A.
I tioesteri hanno un'elevata energia libera di IDROLISI e un elevato potenziale di
trasferimento del gruppo acilico.
Il lipoato ha due gruppi tiolici che possono essere ossidati in maniera reversibile e formare
un PONTE DISOLFURO (-S-S-) e può essere utilizzato come trasportatore sia degli
elettroni che degli acili.
I 3 enzimi che costituiscono la PDH, presenti in molteplici copie, sono:
– PIRUVATO DEIDROGENASI (E1)
– DIIDROLIPOIL TRANSACETILASI (E2)
– DIIDROLIPOIL DEIDROGENASI (E3)
Il sito attivo del primo enzima contiene TPP, sul secondo enzima si lega il gruppo
prostetico lipoato tramite un legame ammidico con il gruppo epsilon-amminico di un
residuo di lisina mentre nel terzo enzima si lega il FAD.
Tutti gli enzimi e i coenzimi sono raggruppati in maniera tale da consentire a tutti gli
intermedi di reagire facilmente senza dover diffondere fuori dalla superficie del complesso.
La decarbossilazione ossidativa attuata dalla PDH è un processo che avviene in 5 tappe.
Nella prima tappa il piruvato reagisce con la TPP (a livello dell'E1) legata alla PDH
andando incontro a decarbossilazione e formando un composto idrossietilico. L'atomo C1
del piruvato viene rilasciato sotto forma di anidride carbonica e l'atomo di C2 viene legato
alla TPP come gruppo idrossietilico per formare IDROSSIETIL-TPP.

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La prima tappa è quella più lenta ed è quindi quella che limita la velocità dell'intero
processo.
La tappa 2 prevede l'ossidazione del gruppo idrossietilico a livello di acido carbossilico
(acetato). Tale reazione è catalizzata sempre dall'enzima E1 e gli elettroni vengono
trasferiti dall'idrossietil-TPP alla forma ossidata della lipoil-lisina dell'enzima E2.
I due elettroni rimossi in questa fase riducono il ponte disolfuro del gruppo lipoilico
formando 2 gruppi tiolici -SH.
Sempre in questa tappa il gruppo acetilico viene esterificato su uno dei due gruppi -SH del
gruppo lipoilico formando un ACILTIOESTERE con il gruppo lipoilico ridotto.
Nella terza tappa il gruppo acetilico viene transesterificato al CoA formando ACETIL-CoA e
la forma completamente ridotta di DITIOLO del gruppo lipoilico.
Le tappe 4 e 5 rappresentano una serie di trasferimenti elettronici necessari a rigenerare
la forma ossidata del ponte disolfuro della lipoil-lisina e a preparare il complesso per
un'ulteriore ossidazione.
Nella tappa 4 infatti la diidrolipoil deidrogenasi catalizza il trasferimento di due atomi di
idrogeno del gruppo lipoilico ridotto al suo gruppo prostetico FAD ripristinando in questo
modo la forma ossidata della lipoil-lisina.
Nella tappa 5 il FADH2 ridotto cede un idruro al NAD+ formando NADH e in questo modo
il complesso è pronto per un altro ciclo.
Il punto centrale di questo processo è rappresentato dal braccio mobile LIPOIL-LISINICO
dell'E2 che accetta dall'E1 due elettroni e l'acetile derivato dal piruvato e che trasferisce
poi tutti gli elettroni all'E3.
Fanno parte del complesso anche due proteine regolatrici: una proteina chinasi e una
proteina fosfatasi.
Il meccanismo per cui gli intermedi chimici non abbandonano mai la superficie dell'enzima
prende il nome di INCANALAMENTO DEI SUBSTRATI ed evita l'utilizzo del guppo
acetilico attivato da parte di altri enzimi di cui potrebbe essere il substrato.
La PDH è fortemente inibita dall'ATP, dall'acetil-CoA e dal NADH.

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CICLO DELL'ACIDO CITRICO

Alcune cellule sono in grado di ottenere l'ATP tramite la fermentazione e quindi in assenza
di ossigeno.
Dopo la sintesi del piruvato possono aver luogo una serie di processi che nel complesso
ossidano i combustibili organici ad anidride carbonica e acqua con una notevole
produzione di energia.
Tale processo prende il nome di RESPIRAZIONE CELLULARE.
La respirazione cellulare si svolge in 3 fasi principali.
Nella prima fase GLUCOSIO, ACIDI GRASSI e alcuni AMMINOACIDI vengono ossidati
per produrre l'ACETIL CoA, un frammento a 2 atomi di carbonio.
Nella seconda fase l'acetilCoA entra nel ciclo di krebs in cui i gruppi acetilici vengono
ossidati enzimaticamente ad anidride carbonica.
L'energia liberata viene conservata come NADH e FADH2.
Nella terza fase i coenzimi ridotti vengono riossidati liberando H+ ed elettroni.
Gli elettroni vengono trasferiti all'ossigeno, l'accettore finale, attraverso molecole
trasportatrici della CATENA RESPIRATORIA.
Il trasferimento di elettroni rilascia una parte notevole di energia che viene poi conservata
sotto forma di ATP tramite la FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA.
Il piruvato prodotto dalla glicolisi deve essere prima di tutto convertito in gruppi acetilici e in
questo modo può entrare nel ciclo di krebs o CICLO DEGLI ACIDI TRICARBOSSILICI o
DELL'ACIDO CITRICO.
Alcuni intermedi del ciclo di krebs sono anche precursori di alcune vie biosintetiche molto
importanti.
Per questo motivo il ciclo dell'acido citrico è coordinato con altre vie metaboliche.
Per iniziare un giro del ciclo, l'acetilCoA dona il suo gruppo acetilico ad un composto a 4
atomi di carbonio, l'OSSALACETATO, per formare il CITRATO (composto a 6 atomi di C).
Il citrato viene poi trasformato in ISOCITRATO che viene deidrogenato, con perdita di
anidride carbonica, per formare l'ALFA-CHETOGLUTARATO o OSSOGLUTARATO.
L'alfa-chetoglutarato perde un'altra molecola di anidride carbonica per per formare
SUCCINIL-CoA e poi SUCCINATO.
Il succinato viene convertito enzimaticamente in 3 tappe in FUMARATO, MALATO e infine
in OSSALACETATO.
In ogni giro del ciclo entra un acetilCoA ed escono due molecole di anidride carbonica.
Quattro delle otto tappe che rappresentano questo processo sono delle OSSIDAZIONI in
cui l'energia viene conservata mediante la formazione di NADH e FADH2.
Il mitocondrio è la sede in cui avvengono le reazioni di ossidazione che producono energia
e in cui si ha la sintesi di ATP accoppiata a queste reazioni.

TAPPA 1: FORMAZIONE DEL CITRATO


Il citrato si ottiene per
condensazione dell'acetilCoA con
l'OSSALACETATO ad opera della
CITRATO SINTASI.
L'atomo di carbonio metilico del
gruppo acetilico si lega al
carbonile in posizione 2 dell'ossalacetato.
Si forma un CITRIL-CoA, sul sito attivo dell'enzima, che va poi incontro ad una rapida
idrolisi.
Essendo il citril-CoA un intermedio tioestere, l'energia è elevata e la reazione di scissione
è fortemente esoergonica.

84
La concentrazione dell'ossalacetato generalmente è molto bassa.
La citrato sintasi è un enzima monodimerico le cui due subunità sono costituite ciascuna
da un unico polipeptide con due domini.
Un dominio è grande e rigido mentre l'altro è piccolo e flessibile.
Il sito attivo è localizzato tra i due domini e quando l'ossalacetato si lega all'enzima induce
un'estesa modificazione conformazionale del dominio flessibile creando un sito di legame
per l'acetilCoA.
Si forma nel sito attivo il Citril-CoA ma un'altra modificazione conformazionale causa
un'idrolisi del tioestere e si stacca il CoA-SH.
La reazione termina con il rilascio del citrato che deriva essenzialmente dalla
CONDENSAZIONE DI CLAISEN tra l'acetilCoA (tioestere) e l'ossalacetato (chetone).

TAPPA 2: FORMAZIONE DELL'ISOCITRATO


L'enzima ACONITASI o ACONITATO IDRATASI catalizza la trasformazione reversibile del
citrato in ISOCITRATO attraverso la formazione intermedia del CIS-ACONITATO, un acido
tricarbossilico (da cui deriva il nome “ciclo degli acidi tricarbossilici”).
L'aconitasi è un enzima che tramite la
rimozione di una molecola d'acqua del
citrato porta al cis-aconitato e poi,
tramite l'aggiunta di una molecola
d'acqua, porta alla formazione di
isocitrato.
L'aconitasi contiene un centro Fe-S
che agisce:
– nel legame del substrato con il sito attivo
– nell'aggiunta/rimozione catalitica di acqua

TAPPA 3: OSSIDAZIONE DELL'ISOCITRATO


L'ISOCITRATO DEIDROGENASI
catalizza la decarbossilazione ossidativa
dell'isocitrato per formare ALFA-
CHETOGLUTARATO.
Nel sito attivo dell'enzima uno ione Mn
2+ interagisce con il gruppo carbonilico
dell'intermedio OSSALOSUCCINATO
che si viene a formare e che per
decarbossilazione e poi con un
riarrangiamento enolico diventa alfa-chetoglutarato.
Vi sono due forme di isocitrato deidrogenasi che richiedono:
– NAD+
– NADP+
(partecipano a reazioni identiche).

TAPPA 4: OSSIDAZIONE DELL'ALFA-CHETOGLUTARATO


Anche in questa fase avviene una
decarbossilazione ossidativa.
L'alfa-chetoglutarato viene trasformato
in SUCCINIL-COA e anidride carbonica
da un complesso enzimatico che è
l'ALFA-CHETOGLUTARATO
DEIDROGENASI.
Il NAD+ è l'accettore finale degli

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elettroni e il CoA è il trasportatore del succinile.
Questo complesso è del tutto simile a quello della PDH sia per quanto riguarda la struttura
che per quanto riguarda la funzione: presenta 3 enzimi (E1, E2 e E3) e 5 coenzimi (TPP,
Lipoato, FAD, NAD e CoA).

TAPPA 5: CONVERSIONE A SUCCINATO


Il succinil-CoA, come l'acetilCoA,
possiede un legame tioestere con
energia libera d'idrolisi fortemente
negativa.
L'energia rilasciata dall'idrolisi del legame
viene utilizzata per la sintesi di un
legame fosfoanidride per formare ATP o
GTP (intermedio acilfosfato).
Questo processo è catalizzato dalla SUCCINIL-CoA SINTETASI (o SUCCINICO
TIOCHINASI), è reversibile e porta alla formazione di SUCCINATO.
La succinil-CoA sintetasi possiede due subunità:
– ALFA: che possiede un residuo di His e il sito di legame per il Co A
– BETA: che possiede un sito specifico per GDP o ADP
In questa reazione vi è una fase intermedia in cui l'enzima risulta fosforilato a livello del
residuo di istidina presente nel sito attivo.
Il gruppo fosforico poi viene
trasferito all'ADP o al GDP.
La formazione di ATP o GTP
avviene a spese della
decarbossilazione ossidativa
dell'alfa-chetoglutarato precedentemente avvenuta con rilascio di energia.
Si tratta di una FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO (come nel caso della
sintesi di ATP tramite reazioni fosfoglicerato chinasica e piruvato chinasica della glicolisi).
Dal GTP si forma ATP grazie all'azione della NUCLEOSIDE DIFOSFATO CHINASI.

TAPPA 6: OSSIDAZIONE DEL SUCCINATO A FUMARATO


Il succinato viene ossidato a FUMARATO dalla SUCCINATO DEIDROGENASI.
Tale enzima è legato saldamente alla membrana mitocondriale interna.
La succinato deidrogenasi possiede 3 diversi centri Fe-S e una molecola di FAD legata
covalentemente.
Il succinato viene ossidato e gli elettroni passano
attraverso il FAD e i centri ferro-zolfo prima di
entrare nella catena di trasporto.
Il flusso di elettroni fino all'accettore finale che è
l'ossigeno prevede la formazione di 1,5 molecole
di ATP per coppia di elettroni.
Un inibitore competitivo della succinato
deidrogenasi è il MALONATO e se è presente
nei mitocondri blocca il ciclo dell'acido citrico.

TAPPA 7: IDRATAZIONE DEL FUMARATO


Può essere idratato in maniera reversibile a L-MALATO
dalla FUMARATO IDRATASI o FUMARASI.
Lo stato di transizione di questa reazione è rappresentato
da un carbanione.
La fumarasi è un enzima altamente specifico che catalizza

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la reazione del TRANS-FUMARATO ma non dell'isomero cis (maleato).
Inoltre il D-malato non è substrato dell'enzima.

TAPPA 8: OSSIDAZIONE DEL MALATO


L'L-MALATO DEIDROGENASI è un enzima
NAD-DIPENDENTE che catalizza
l'ossidazione dell'L-MALATO ad
OSSALACETATO.
L'equilibrio della reazione è spostato
prevalentemente a sinistra ma le basse
concentrazioni intracellulari di ossalacetato
spingono l'azione dell'enzima verso la
formazione di ossalacetato.

L'ENERGIA DELLE REAZIONI CHE AVVENGONO NEL CICLO VIENE EFFICACEMENTE


CONSERVATA.
L'energia rilasciata dalle varie ossidazioni viene conservata mediante la riduzione di 3
molecole di NAD+ e una di FAD più la produzione di una molecola di ATP o GTP.
Bisogna specificare che i due atomi di carbonio eliminati come anidride carbonica non
sono gli stessi due atomi di carbonio del gruppo acetilico dell'acetilCoA.
Il ciclo dell'acido citrico produce una molecola di ATP per giro ma nelle reazioni di
ossidazione vengono liberati molti elettroni per la formazione di NADH e FADH2
determinando quindi la produzione di un gran numero di molecole di ATP nella
fosforilazione ossidativa.
Quindi la resa energetica della conversione di una molecola di glucosio in due di piruvato
è di due molecole di ATP e due di NADH.
Nella fosforilazione ossidativa il trasferimento di due elettroni dal NADH all'ossigeno porta
alla formazione di 2,5 molecole di ATP e il trasferimento di elettroni dal FADH2 porta alla
formazione di 1,5 molecole di ATP.
Quando le due molecole di piruvato vengono ossidate totalmente ad anidride carbonica (6
molecole) gli elettroni vengono trasferiti all'ossigeno dalla catena respiratoria e tramite la
fosforilazione ossidativa si ottengono 32 molecole di ATP per molecola di glucosio.
Il processo a 8 tappe dell'ossidazione dell'acetato è molto complesso perchè non solo
porta alla formazione di ossalacetato con una notevole quantità di energia prodotta;
tramite questa via vengono prodotti intermedi chimici a 4/5 atomi di carbonio che possono
essere prodotti anche grazie a due processi differenti: dall'ASPARTATO si può produrre
l'ossalacetato e dal GLUTAMMATO si può produrre l'alfa-chetoglutarato che entrano in
diverse vie biosintetiche.
Il ciclo dell'acido citrico è considerato una VIA ANFIBOLICA perchè serve sia
nell'anabolismo che nel catabolismo.
Per quanto riguarda il catabolismo è molto importante nel processo degradativo dei
carboidrati, degli acidi grassi e degli amminoacidi.
Per quanto riguarda l'anabolismo produce precursori per molte vie biosintetiche quali l'alfa-
chetoglutarato e l'ossalacetato che sono rispettivamente i precursori di glutammato e
aspartato.
La loro sintesi avviene per TRANSAMMINAZIONE; lo scheletro carbonioso dei due
intermedi del ciclo di Krebs viene usato per costruire altri amminoacidi e nucleotidi purinici
e pirimidinici.
L'ossalacetato viene anche convertito in glucosio nella gluconeogenesi mentre il succinil-
CoA è un intermedio fondamentale nella sintesi dell'anello porfirinico del gruppo EME.
Nel citosol avvengono le REAZIONI ANAPLEROTICHE che hanno il compito di
partecipare al mantenimento della concentrazione degli intermedi costante.

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Si crea una condizione di equilibrio dinamico tra le reazioni che rimuovono intermedi dal
ciclo e quelli che le riforniscono.
La più importante reazione anaplerotica avviene nel RENE e nel FEGATO ed è la
CARBOSSILAZIONE REVERSIBILE DEL PIRUVATO per formare ossalacetato (ad opera
della PIRUVATO CARBOSSILASI).
Questa reazione è necessaria quando la concentrazione di ossalacetato o di qualsiasi
altro intermedio è troppo bassa.
Questo processo richiede energia fornita dall'ATP.
In assenza di acetilCoA la piruvato carbossilasi è inattiva quindi è il suo modulatore
allosterico positivo.
L'enzima piruvato carbossilasi richiede il coenzima BIOTINA, gruppo prostetico
trasportatore di anidride carbonica.
Si tratta di un trasportatore specializzato di gruppi a 1 atomo di carbonio nella loro forma
più ossidata.
I gruppi carbossilici vengono attivati in una reazione che idrolizza ATP e lega anidride
carbonica alla BIOTINA che a sua volta è legata all'enzima. L'anidride carbonica viene
quindi attivata e donata ad un accettore.
La piruvato carbossilasi posiede 4 subunità identiche e una molecola di BIOTINA per
ciascuna subunità (legata covalentemente mediante un legame ammidico tra il gruppo
epsilon-amminico di un residuo di lisina presente nel sito attivo).
LIPOATO, BIOTINA e PANTENOATO entrano nella cellula con lo stesso trasportatore e
sono coinvolte nell'INCANALAMENTO DEI SUBSTRATI.
Anche la PEP CARBOSSICHINASI partecipa a reazioni anaplerotiche quando il ciclo
dell'acido citrico è troppo lento e non utilizza tutto il piruvato prodotto dalla glicolisi.
L'azione della PEP CARBOSSICHINASI è stimolata dal fruttosio 1,6 bisfosfato.
Il ciclo dell'acido citrico è controllato tramite il controllo degli enzimi di comando da parte di
EFFETTORI ALLOSTERICI e MODIFICAZIONI COVALENTI.
Tale regolazione assicura la produzione di intermedi e prodotti alla velocità giusta e nelle
quantità necessarie.
Il flusso di atomi di carbonio dal piruvato al ciclo dell'acido citrico viene controllato a due
livelli:
– nella conversione del piruvato ad acetilCoA
– nell'ingresso di acetilCoA nel ciclo dell'acido citrico
Il ciclo dell'acido citrico viene controllato a livello di:
– formazione dell'alfa-chetoglutarato
– formazione del succinil-CoA

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SINTESI DI ATP

La sintesi di ATP può avvenire in due modi:


– FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO
Tramite il trasferimento di un gruppo fosfato da una molecola fosforilata ad una
molecola di ADP.
È un processo spontaneo.
– FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
Si tratta della via principale di sintesi dell'ATP che sfrutta l'energia rilasciata dalle
reazioni redox della catena di trasporto degli elettroni.
Questo processo avviene nei mitocondri e prevede che la variazione di energia
libera connessa al flusso di elettroni trasferiti da NADH e FADH2 all'ossigeno venga
usata per produrre ATP grazie alla formazione di un gradiente protonico ai lati della
membrana mitocondriale interna.

Differenze nella concentrazione dei protoni tra le due facce della membrana
rappresentano un modo per conservare l'energia estratta dalle ossidazioni metaboliche;
questo è il principio su cui si basa la TEORIA CHEMIOSMOTICA.
L'energia libera delle reazioni redox della catena respiratoria viene quindi utilizzata per
trasferire protoni dalla matrice mitocondriale verso l'esterno.
Il potenziale elettrochimico generato è dato quindi dal movimento spontaneo dei protoni.
Il movimento spontaneo dei protoni è ESOERGONICO e fornisce in questo modo
l'energia necessaria.
Se la membrana mitocondriale viene danneggiata non può formarsi il gradiente protonico.

FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA

Rappresenta il culmine del metabolismo energetico negli organismi aerobi.


Lo scopo ultimo dei processi metabolici ossidativi è quello di canalizzare l'energia
contenuta nello scheletro carbonioso di zuccheri, acidi grassi e amminoacidi nella sintesi
di ATP.
I processi ossidativi producono NADH e FADH2, che sono detti EQUIVALENTI
RIDUCENTI, dalla cui ossidazione si può ottenere l'energia necessaria alla sintesi di ATP.
La loro ossidazione avviene a carico della catena di trasporto degli elettroni mitocondriale.

MITOCONDRI
Sono circondati da una membrana esterna e una membrana interna che sono molto
diverse tra loro in quanto presentano una permeabilità differente che contribuisce nella
formazione del gradiente elettrochimico presente ai lati della membrana.
La membrana esterna è facilmente permeabile a piccole molecole e a ioni che si muovono
liberamente attraverso delle proteine canale (transmembrana) dette PORINE.
La membrana interna è caratterizzata dalla presenza di CRESTE che aumentano la
superficie di assorbimento anche se la sua permeabilità è minore rispetto a quella della
membrana esterna.
La membrana interna è impermeabile agli ioni H+ e a
quasi tutti gli ioni e per questo presenta meno
proteine di membrana.
Il passaggio degli ioni H+ è consentito dalla
ATPsintetasi che fa parte della catena di trasporto
degli elettroni ed è un COMPLESSO ENZIMATICO.
Lo spazio compreso all'interno della membrana
interna è detto MATRICE MITOCONDRIALE e

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contiene il complesso della PDH, gli enzimi del ciclo di krebs, delle vie della beta-
ossidazione e dell'ossidazione degli amminoacidi.
Dal momento che la membrana mitocondriale interna è molto selettiva, determina una
separazione netta tra gli enzimi metabolici e gli intermedi dei processi che avvengono nel
citosol e nella matrice mitocondriale.
ADP e fosfato inorganico vengono trasportati all'interno dei mitocondri mediante specifici
trasportatori e contemporaneamente l'ATP neosintetizzato può uscire nel citosol.
Vi sono anche dei trasportatori specifici per piruvato, acidi grassi e amminoacidi.
La fosforilazione ossidativa ha inizio con l'ingresso degli elettroni nella catena respiratoria
in cui vengono incanalati verso accettori universali.
La maggior parte degli elettroni deriva dall'azione delle deidrogenasi che li raccolgono nei
processi metabolici e poi li incanalano verso gli accettori universali di elettroni che sono il
NAD+ (o NADP+) e il FAD (o FMN).
Le DEIDROGENASI DIPENDENTI DA NUCLEOTIDI NICOTINAMMIDICI o NAD (NADP)
DIPENDENTI catalizzano reazioni reversibili di ossidazione del substrato.
Le deidrogenasi NAD-DIPENDENTI rimuovono due atomi di H dai loro substrati; uno di
questi atomi di H viene trasferito sotto forma di IONE IDRURO al NAD+, mentre l'altro H
viene trasferito sotto forma di H+.
NADH e NADPH si associano alle deidrogenasi in maniera reversibile.
Il NADH trasporta gli elettroni dalle reazioni cataboliche al complesso della NAD-
DEIDROGENASI, primo punto di ingresso degli elettroni nella catena respiratoria.
Il NADPH generalmente è coinvolto nelle reazioni anaboliche.
NADH e NADPH non possono attraversare la membrana mitocondriale interna mediante
trasportatori mentre gli elettroni possono entrare nei mitocondri.

Le FLAVOPROTEINE invece contengono un cofattore flavinico come il FAD o l'FMN


legato saldamente.
Il cofattore flavinico ossidato può accettare sia un elettrone che due elettroni.
Il potenziale di riduzione standard di un coenzima flavinico, a differenza di quello di NAD o
NADP, dipende dalla proteina a cui è associato perchè il legame tra i gruppi funzionali
della proteina e il coenzima modifica la stabilità di quest'ultimo sia nella forma ridotta che
nella forma ossidata.
Le flavoproteine possono servire anche come intermedi nelle reazioni a due elettroni
(deidrogenazioni NAD-DIPENDENTI) o a un elettrone (riduzione del chinone a
semichinone).
Come abbiamo detto, gli elettroni possono attraversare la membrana tramite una serie di
trasportatori che costituiscono la catena respiratoria (la maggior parte sono proteine
integrali di membrana) che contengono GRUPPI PROSTETICI in grado di donare o
accettare uno o due elettroni che possono essere trasferiti in 3 modi diversi:
– TRASFERIMENTO DIRETTO (Fe 2+ ->Fe 3+)
– TRASFERIMENTO DI UN ATOMO DI H (H+ + e-)
– TRASFERIMENTO DI UN IDRURO (:H-)
Qualunque sia il modo utilizzato, viene usato sempre il termine EQUIVALENTE
RIDUCENTE per indicare che un singolo elettrone viene trasferito durante una reazione di
ossidoriduzione.

90
Nella catena respiratoria agiscono altri 3 gruppi trasportatori di elettroni:

– UBICHINONE

Detto anche COENZIMA Q, è un BENZOCHINONE LIPOSOLUBILE con una lunga


catena isoprenoide laterale che gli permette di agganciare il doppio strato lipidico.
Il nome ubichinone è dovuto al fatto che tale molecola è ubiquitaria nei sistemi
biologici.
L'ubichinone può accettare sia un elettrone, trasformandosi in SEMICHINONE
('QH), oppure due elettroni acquisedo la forma completamente ridotta di
UBICHINOLO (QH2).
L'ubichinone può accettare atomi di idrogeno (H+ + e-) sia dall'FMNH2 che da
FADH2 (prodotto dalla succinato deidrogenasi e dalla AcilCoA deidrogenasi).
Nella forma ridotta i C=O vengono sostituiti da -OH.
L'ubichinone può mettere in relazione processi a due elettroni con altri ad un
elettrone.
È di piccole dimensioni e idrofobico, perciò può diffondere facilmente attraverso il
doppio strato lipidico della membrana mitocondriale interna agendo da ponte
trasportatore di elettroni.
Riveste un ruolo importante nel processo di accoppiamento tra flusso elettronico e
movimento protonico.

– CITOCROMI
Sono proteine con un'elevata capacità di assorbire la luce visibile grazie alla
presenza di un GRUPPO EME (prostetico) contenente ferro.
I citocromi sono proteine che si trovano in tutti gli organismi tranne che in alcuni
anaerobi obbligati.
Nei mitocondri distinguiamo 3 classi di citocromi che possono essere distinti in base
al loro spettro di assorbimento in a, b e c.
il gruppo eme dei citocromi è saldamente legato alle proteine associate ma senza
legami covalenti per i tipi a e b (proteine integrali della membrana interna).
I gruppi eme, nei citocromi nella forma ridotta, mostrano nel visibile 3 picchi di
assorbimento detti alfa, beta e gamma.
La banda alfa è assente nella forma ossidata.
Il gruppo eme dei citocromi c invece è legato covalentemente alla proteina
mediante due residui di cisteina di quest'ultima.
L'atomo di ferro all'interno del gruppo eme è legato a un residuo di ISTIDINA e a
una METIONINA e perciò non può legare altri ligandi (a differenza dell'Hb).
Il citoctomo c dei mitocondri è una proteina solubile che si lega alla superficie
esterna della membrana interna mediante un'interazione elettrostatica.

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Il potenziale di riduzione del ferro che fa parte dell'eme dipende dalle interazioni
con le proteine.

– PROTEINE FERRO-ZOLFO
Il ferro è associato ad atomi di zolfo inorganico o ad atomi di zolfo di residui di
cisteina della proteina.
Si tratta di centri ferro-zolfo (Fe-S) che possono avere strutture molto semplici in cui
l'atomo di ferro è coordinato con 4 atomi di zolfo di catene laterali di residui di
cisteina, oppure possono presentare da due a 4 atomi di ferro.
Le proteine di Reiske sono particolari proteine Fe-S in cui il Ferro è coordinato a
due residui di istidina.

Nella reazione complessiva catalizzata dalla catena respiratoria nei mitocondri, gli elettroni
passano dal NADH o da altri donatori primari di elettroni attraverso le flavoproteine, Q,
centri ferro-zolfo e citocromi per arrivare infine all'ossigeno.
Nei centri ferro-zolfo lo ione ferro trasferisce l'elettrone cambiando stato di ossidazione da
Fe 3+ a Fe 2+.
L'ordine dei trasportatori può essere dedotto dall'ordine del potenziale di riduzione
crescente.
I trasportatori di elettroni funzionano sottoforma di complessi multienzimatici, dei complessi
sopramolecolari intermembrana che possono essere tra loro separati e isolati.
Questi complessi si suddividono in:
– COMPLESSO I (NAD-DEIDROGENASI)
– COMPLESSO II (SUCCINATO DEIDROGENASI)
– COMPLESSO III (UBICHINONE:CITOCROMO c REDUTTASI)
– COMPLESSO IV (CITOCROMO OSSIDASI)
I complessi I e II catalizzano il trasferimento degli
elettroni da due diversi donatori (NADH e
Succinato) all'ubichinone.
Il complesso III trasferisce gli elettroni
dall'ubichinolo al citocromo c e il complesso IV
trasferisce gli elettroni dal citocromo c
all'ossigeno.

COMPLESSO I
E' detto anche NADH:UBICHINONE OSSIDO-
REDUTTASI.
È un enzima di grandi dimensioni contenente più di 40
catene peptidiche diverse fra cui una flavoproteina
contenente FMN e 6 centri ferro-zolfo (o al massimo 8
centri ferro-zolfo).
Il complesso I presenta una forma ad L; possiede un

92
braccio immerso nella membrana mitocondriale interna e uno orientato verso la matrice.
I centri ferro-zolfo trasportano un solo elettrone per volta e costituiscono un canale che
indirizza gli elettroni all'accettore finale (Q).
Il complesso I catalizza due processi accoppiati e simultanei:
– TRASFERIMENTO ALL'UBICHINONE DI UN IDRURO DAL NADH e di un protone
dal solvente acquoso alla matrice. Tale processo è esoergonico.
– TRASFERIMENTO ENDOERGONICO DI 4 PROTONI dalla matrice allo spazio
intermembrana.
La reazione è di tipo VETTORIALE; i protoni si muovono in una specifica direzione da una
zona all'altra.
L'ubichinolo (Q nella forma ridotta) diffonde attraverso il doppio strato fosfolipidico dal
complesso I al complesso III.

COMPLESSO II
Il complesso II è più piccolo del complesso I e contiene 5 gruppi prostetici di due tipi
diversi e 4 subunità proteiche.
È detto anche SUCCINATO:UBICHINONE OSSIDO-REDUTTASI ed è un enzima coinvlto
nel ciclo di krebs che catalizza l'ossidazione del succinato a fumarato a carico del FAD.
Le subunità proteiche sono dette A, B, C e D.
Le subunità proteiche C e D sono proteine di membrana integrali che contengono un
gruppo EME b e un sito di legame per l'ubichinone.

Le subunità A e B si estendono all'interno della matrice e ciascuna subunità contiene tre


centri 2Fe-2S, un FAD e un sito di legame per il substrato che è il succinato.
Il movimento degli elettroni a livello del complesso II non è associato ad una traslocazione.
Il gruppo EME b serve a ridurre la frequenza con la quale gli elettroni escono dal sistema
proteggendo in questo modo dalla formazione di ROS (specie reattive all'ossigeno).
Dal succinato al FAD vengono trasferiti 2H+ e 2e- per formare fumarato e FADH2.
Il FADH2 trasferisce due elettroni (uno alla volta) ai centri 2Fe-2S che li cedono poi al Q
che viene ridotto a QH2 accettando anche 2H+ dalla matrice.

Una parte del NADH viene prodotto nel citosol con la GLICOLISI e gli elettroni devono
essere traslocati all'interno del mitocondrio per mezzo di sistemi navetta, funzione svolta in
questo caso dalla GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI citoplasmatica che converte
il diidrossiacetone fosfato in glicerolo 3 fosfato.
Sulla faccia esterna della membrana mitocondriale esterna è presente un enzima, che è
una flavoproteina, detto GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI MITOCONDRIALE
FAD-DIPENDENTE che riconverte il glicerolo 3 fosfato in diidrossiacetone fosfato.
Questo processo contribuisce alla formazione di ubichinolo che viene riossidato nel
complesso III.

93
COMPLESSO III
E' detto anche complesso del CITOCROMO bC1 oppure anche
UBICHINONE:CITOCROMO c OSSIDO-REDUTTASI.
Questo complesso accoppia il trasferimento degli elettroni dall'ubichinolo al citocromo c
con un trasporto vettoriale di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana.
In questa fase avviene il pompaggio dei protoni che producono un gradiente elettrochimico
(visto che vengono trasportati contro il loro gradiente).
L'energia potenziale prodotta viene utilizzata per far avvenire la fosforilazione ad opera
dell'ATP-SINTASI.
L'unità funzionale del complesso III è un dimero che possiede un CITOCROMO C
localizzato a livello dello spazio intermembrana.
Ciascun monomero presenta:
– 1 CITOCROMO C1 (con un gruppo eme C1)
– 2 CITOCROMI b (con un gruppo eme bH e un eme bL)
– 1 PROTEINA FERRO-ZOLFO o ISP (contiene un centro 2Fe-2S in cui il ferro è
coordinato da due residui di istidina)
I dimeri del complesso III sono inseriti nella membrana mitocondriale interna.
Il citocromo C è l'accettore finale degli elettroni ed è una proteina solubile.
È stato proposto il modello del CICLO Q secondo cui il trasferimento di elettroni è regolato
da un trasportatore a due elettroni (ubichinolo) a trasportatori a un solo elettrone
(citocromi) e ciò permette di traslocare 4H+ per ogni coppia di elettroni trasferita.
Quindi l'ubichinolo, che è libero di muoversi dal lato della matrice della membrana allo
spazio intermembrana, viene ossidato a ubichinone e due molecole di citocromo C
contemporaneamente vengono ridotte.

COMPLESSO IV
Detto anche CITOCROMO OSSIDASI, trasporta gli elettroni dal citocromo C all'ossigeno
riducendolo ad acqua.
È un enzima di grandi dimensioni, una proteina transmembrana costituita da 13 subunità,
che si trova a livello della membrana mitocondriale interna.
Distinguiamo la subunità II che contiene 1 centro redox contenente un centro binucleare a
due atomi di rame che formano dei complessi con gli -SH di due residui di cisteina (Cu-a).
La subunità I contiene invece 3 centri redox:
– 1 eme a (Fe 3+)
– 1 eme a-3 (Fe 3+)
– 1 atomo di Cu-b
Gli elettroni passano dal citocromo C al centro Cu-a, poi passa all'eme a e infine al centro
a-3/Cu-b.
L'eme a-3 e il Cu-b formano un centro binucleare che riduce l'ossigeno.
Tutti i centri redox del complesso IV trasferiscono 1 elettrone per volta.
Per ridurre completamente l'ossigeno ad acqua sono necessari 4H+; di conseguenza
devono giungere 4 elettroni dal citoromo C al complesso IV e i 4H+ provengono dalla
matrice.
Questa reazione redox avviene senza la formazione di intermedi ridotti incompleti; perciò
gli intermedi restano strettamente legati al complesso finchè non vengono totalmente
convertiti in acqua.

94
Per ogni molecola di NADH che viene ossidata, il sistema di trasporto degli elettroni
pompa 10H+ nello spazio intermembrana.
L'energia associata al trasporto degli elettroni viene conservata efficientemente sotto
forma di gradiente protonico.
Durante la respirazione mitocondriale l'azione di molti enzimi del metabolismo energetico
mantiene il rapporto [NADH]/[NAD+] al di sopra dell'unità e perciò la variazione di energia
libera della reazione di riduzione dell'ossigeno da parte di una molecola di NADH è molto
negativa rispetto a quella misurata in condizioni standard.
Durante il processo, la quantità di energia libera rilasciata equivale a quella rilasciata dal
trasporto di una coppia di elettroni dal NADH all'ossigeno in condizioni standard.
Gran parte di questa energia viene usata per pompare protoni fuori dalla matrice
mitocondriale.
L'energia elettrochimica contenuta in questo gradiente viene detta FORZA MOTRICE
PROTONICA che spinge gli ioni H+ all'interno della matrice mitocondriale e che si
suddivide in due componenti:
– ENERGIA POTENZIALE CHIMICA (dovuta alla differenza di concentrazione di H+)
– ENERGIA POTENZIALE ELETTRICA (generata dalla separazione delle cariche che
si ottiene quando un protone si sposta da un lato all'altro della membrana senza un
flusso contrario di pari carica)

La variazione di energia libera può essere correlata alla concentrazione degli ioni ai due
lati della membrana.
Nei mitocondri e nei batteri aerobici l'energia elettrochimica del gradiente protonico porta
alla sintesi di ATP da ADP e fosfato inorganico.

Durante la fosforilazione ossidativa si generano delle specie reattive all'ossigeno, dei


radicali liberi che possono danneggiare la cellula.
Si tratta di ROS che reagiscono daneggiando enzimi, lipidi di membrana e acidi nucleici.
All'interno delle cellule i ROS vengono inattivati, come altre specie radicaliche dannose, ad
opera di enzimi protettivi come la SUPEROSSIDO DISMUTASI e la GLUTANTIONE
REDUTTASI.

SINTESI DI ATP
Il trasferimento di elettroni rilascia circa 200 KJ per mole di coppia di elettroni; quantità
sufficiente alla produzione di 1 mole di ATP che invece richiede 50 KJ circa.

95
Abbiamo detto che alla base del meccanismo di sintesi dell'ATP si trova il MODELLO
CHEMIOSMOTICO secondo cui l'energia elettrochimica contenuta nel gradiente protonico
porta alla sintesi di ATP quando il flusso protonico si inverte, cioè i protoni tornano alla
matrice attraverso un canale protonico associato all'ATPsintasi.
L'inibizione del flusso di protoni blocca la sintesi di ATP e viceversa l'inibizione della sintesi
di ATP blocca il trasferimento di elettroni nei mitocondri intatti.
L'ATP-SINTASI presenta due domini funzionali: F1 ed Fo.
È un complesso enzimatico della membrana mitocondriale interna che catalizza la
formazione di ATP da ADP e fosfato inorganico accompagnata dal flusso protonico che va
dallo spazio intermembrana alla matrice mitocondriale.
L'ATPsintasi è detta anche COMPLESSO V ed è formata da due componenti distinti tra
loro:
• F1 è una proteina periferica della membrana
• Fo è una proteina integrale di membrana. Il pedice o sta a indicare la sensibilità per
l'oligomicina.

Fo possiede un CANALE PROTONICO attraverso il quale gli ioni possono passare con
una velocità pari a quella del pompaggio dovuto al trasferimento degli elettroni.
La porzione F1 è isolata e catalizza l'idrolisi di ATP (per questo motivo originariamente era
detta F1-ATPasi).
Sulla superficie dell'enzima la reazione di formazione, a partire da ADP e fosfato
inorganico, di ATP e acqua è facilmente reversibile.
La variazione di energia libera necessaria alla sintesi di ATP è vicina allo 0.

il gradiente protonico favorisce il rilascio di ATP dalla superficie dell'enzima.


Anche se l'ATPsintasi porta all'equilibrio l'ATP con i suoi prodotti di idrolisi (ADP e fosfato
inorganico), l'ATP lascia l'enzima solo grazie al gradiente protonico.
Dal momento che la sintesi di ATP è continua, l'enzima deve effettuare un ciclo tra una
forma che lega saldamente l'ATP e una che lo rilascia.
Il passaggio dei protoni H+ nel canale provoca una rotazione della componente Fo.

STRUTTURA DELL'ATP-SINTASI
Ogni complesso F1 dei mitocondri è formato da 9 subunità di 5 tipi diversi:
• 3 subunità ALFA
• 3 subunità BETA
• 1 subunità GAMMA
• 1 subunità DELTA
• 1 subunità EPSILON
Ciascuna delle subunità BETA possiede un sito catalitico per
la sintesi di ATP che può assumere 3 diverse conformazioni:
– APERTA (0) che rilascia l'ATP e accoglie ADP e fosfato
inorganico
– ALLENTATA (L) che lega saldamente ADP e fosfato
inorganico
– STRETTA (T) che favorisce la condensazione di ADP e
fosfato inorganico per formare ATP
La porzione F1 ha una caratteristica forma a pomello costituita da un'alternanza di
subunità alfa e beta disposte come gli spicchi di un'arancia e che sono la sede di sintesi
dell'ATP (siti).

La subunità gamma forma una specie di asse centrale che attraversa tutto il complesso F1
e un altro dominio di gamma è associato ad una subunità beta che è detta subunità BETA-

96
VUOTA; tale associazione permette alle 3 subunità beta di assumere conformazioni
differenti nonostante presentino la stessa sequenza amminoacidica. Tali differenze
conformazionali si riflettono anche a livello dei loro siti di legame con ADP e ATP.

Il complesso Fo costituisce il canale


protonico ed è formato da 3 tipi di
subunità che sono denominate a, b e c.
La subunità c è un peptide di piccole
dimensioni molto idrofobico costituito
quasi interamente da due eliche
transmembrana con una piccola ansa
che fuoriesce dal lato della membrana
rivolto verso la matrice.
La porzione c costituisce un anello
formato da diverse subunità che ruotano
attorno ad un asse perpendicolare alla
membrana.
La subunità gamma ed epsilon sono
legate a formare una struttura di tipo
“GAMBA-PIEDE” strettamente legata
all'anello delle subunità c formando un
ROTORE, un complesso che ruota al
passaggio dei protoni H+.
La subunità a è formata da diverse eliche
idrofobiche associate strettamente alle
subunità dell'anello c.
la subunità a crea un canale d'ingresso per i protoni che raggiungono l'anello c formato in
genere da 10 subunità.

I 3 siti attivi di F1 catalizzano a turno la sintesi di ATP e questo processo prende il nome di
MECCANISMO DI CATALISI ROTAZIONALE.
Una subunità beta comincia il ciclo di catalisi nella conformazione beta-ADP in cui lega
ADP e fosfato inorganico.
A questo punto la subunità beta cambia conformazione diventando poi beta-ATP.
Infine la subunità modifica ulteriormente la sua conformazione assumendo quella beta-
vuota che presenta una bassissima affinità per l'ATP.
Da qui ha inizio un altro ciclo di catalisi in cui la subunità assume nuovamente la
conformazione beta-ADP.
Le modificazioni conformazionali sono dovute al passaggio di protoni nella porzione Fo
che provoca la rotazione del cilindro costituito dalle subunità c attorno alla subunità
gamma che attraversa anche il centro della struttura formata dalle subunità beta e alfa e
che è tenuta fissata rispetto al resto della struttura dalle subunità b2 e delta.

Ogni rotazione di 120° pone gamma in contatto con una differente subunità beta
costringendola ad assumere la conformazione beta-vuota.
Tale rotazione quindi permette al sito aperto di diventare allentato e a quest'ultimo di
diventare un sito stretto che a sua volta diventa beta-vuoto.

Le 3 subunità interagiscono tra di loro in modo tale che, quando una assume una
conformazione, le altre due assumono le altre conformazioni e ciascuna compie il proprio
ciclo.
Questo MODELLO DI ALTERAZIONE DI LEGAME fa pensare che la subunità gamma

97
possa ruotare in una direzione per sintetizzare ATP e nell'altra per idrolizzarlo.

Non è facile però determinare la STECHIOMETRIA della fosforilazione ossidativa, ossia


quante molecole di ATP possono essere prodotte dall'ossidazione di una molecola di
NADH.
La quantità di ATP prodotta viene definita come RAPPORTO P/O o RAPPORTO P/2e- ed
è sempre un numero intero.
Si è d'accordo però sul fatto che per sintetizzare una molecola di ATP occorrono 4H+ (di
cui 1H+ serve per trasportare nella matrice fosfato inorganico e ATP/ADP attraverso la
membrana).
L'ATP oltre ad essere prodotto deve essere anche trasportato.
Questi trasporti consumano parte dell'energia prodotta dal trasferimento di elettroni e
quindi dalla forza motrice protonica.
I processi di trasporto sono essenziali per la fosforilazione ossidativa.
La TRASLOCASI DEI NUCLEOTIDI ADENIDICI è una proteina integrale della membrana
mitocondriale interna che lega ADP3- nello spazio intermembrana e ATP4- nella matrice
trasportandoli rispettivamente nella matrice e nello spazio intermembrana
contemporaneamente.
Questo antiporto trasporta 4 cariche negative all'esterno e 3 all'interno e la sua attività è
favorita dal gradiente protonico che conferisce alla matrice una carica netta negativa.
In questo modo la forza motrice protonica favorisce lo scambio tra ADP e ATP.
Un secondo sistema di trasporto è rappresentato dalla FOSFATO TRASLOCASI, un
simporto che trasferisce nella matrice uno ione (H2PO4)- e un protone H+.
Anche l'azione di questa traslocasi è favorita dal gradiente protonico transmembrana.

REGOLAZIONE DELLA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA


La fosforilazione ossidativa è regolata dal fabbisogno energetico cellulare.
La velocità della respirazione nei mitocondri è strettamente controllata; in genere è limitata
dalla disponibilità dell'ADP, dell'ossigeno e di coenzimi ridotti.
La velocità di consumo di ossigeno determinata dall'ADP prende il nome di CONTROLLO
DA ACCETTORE della respirazione.
La catena respiratoria e la fosforilazione ossidativa sono strettamente interdipendenti; se
si blocca una si blocca anche l'altra.
Inoltre entrambe sono controllate dalla disponibilità dei propri substrati.
Quando aumentano i substrati aumenta anche la velocità di respirazione.
Alcune sostanze non fisiologiche interferiscono con la catena respiratoria e con la
fosforilazione ossidativa.
Distinguiamo:
INIBITORI DELLA CATENA RESPIRATORIA
- BARBITURICI, ROTENONE (complesso I)
- ANTIMICINA A (complesso II)
- CN- e CO (complesso IV)
INIBITORI DELLA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
– OLIGOMICINA (antibiotico che blocca il canale di Fo)
– AGENTI DISACCOPPIANTI
Gli agenti disaccoppianti rendono la membrana interna permeabile agli H+ dissipando il
gradiente protonico e liberando energia sottoforma di calore.
Nel tessuto adiposo bruno i mitocondri disaccoppianti producono calore e quindi
l'ossidazione di sostanze nutrenti non porta alla sintesi di ATP.
I mitocondri presentano a livello della membrana interna la termogenina, una proteina
detta anche proteina disaccoppiante 1, che costituisce una via di ritorno per i protoni nella
matrice senza che questi vengano pompati attraverso l'ATP-sintasi.

98
In questo modo il potenziale elettrochimico viene dissipato sotto forma di calore
necessario a mantenere costante la temperatura dell'organismo.
Il tessuto adiposo bruno lo ritroviamo nei neonati e negli animali adattati al freddo e la
termogenina costituisce circa il 15% delle proteine della membrana mitocondriale interna.

In condizioni di IPOSSIA una proteina inibitrice impedisce l'idrolisi di ATP.


Abbiamo visto che l'ATP sintasi può agire da pompa protonica per produrre ATP ma anche
in senso inverso.
Quando si ha ad esempio un attacco di cuore, il trasferimento di elettroni e il pompaggio di
protoni si interrompono e la forza motrice protonica collassa immediatamente.
In queste condizioni l'ATP-sintasi potrebbe operare in senso opposto idrolizzando ATP e
pompando protoni nella direzione inversa causando una disastrosa riduzione dei livelli di
ATP.
Ciò viene impedito da una proteina inibitrice della IF1 che lega simultaneamente due ATP-
sintasi inibendo la loro attività ATPasica.
L'IF1 è attivo solo nella forma dimerica presente a pH inferiore a 6,5.

99
METABOLISMO DEI LIPIDI

I lipidi rappresentano un modo molto efficace di immagazzinare energia chimica e la loro


ossidazione rilascia grosse quantità di energia attraverso la produzione di Acetil-CoA,
NADH e FADH2.
Gli elettroni liberati durante l'ossidazione degli acidi grassi consentono la sintesi di ATP
passando attraverso la catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri.
L'acetil-CoA prodotto viene ossidato a CO2 nel ciclo di Krebs.
L'acetil-CoA nel fegato può essere anche convertito in CORPI CHETONICI, sostanze
nutrienti solubili in acqua che possono essere trasportate ai tessuti quando non è presente
glucosio.
Le cellule ricavano energia dagli acidi grassi che possono ricavareda 3 fonti:
– GRASSI DELLA DIETA
– LIPIDI DEPOSITATI nelle cellule sotto forma di GOCCE LIPIDICHE INSOLUBILI
– LIPIDI SINTETIZZATI in un organo ed esportati in un altro
I lipidi, più in generale, possono essere ricavati da FONTI INTERNE e FONTI ESTERNE.
Le fonti esterne sono quelle ESOGENE provenienti dalla dieta:
– ESTERI DEL COLESTEROLO
– TRIACILGLICEROLO
– FOSFOLIPIDI (come la fosfatidilcolina)
Le fonti INTERNE sono le fonti endogene e quindi in generale i lipidi di deposito negli
ADIPOCITI e i triacilgliceroli sintetizzati nel fegato.
I vertebrati in generale ingeriscono i grassi con la dieta, metabolizzano i lipidi di riserva e
convertono i carboidrati in eccesso in grassi a livello EPATICO che vengono poi esportati
ai vari tessuti.
I TRIACILGLICEROLI sono in grado di fornire più della metà dell'energia consumata da
alcuni organi come fegato, muscoli e cuore.
L'assorbimento dei grassi esogeni avviene a livello dell'intestino tenue dopo essere stati
emulsionati in particelle di grasso microscopiche da parte dei SALI BILIARI come l'ACIDO
TAUROCOLICO (conservato nella colecisti e rilasciato nel tenue).
La solubilizzazione dei grassi in finissime particelle è fondamentale per facilitare la
successiva azione delle LIPASI, degli enzimi degradativi , che scindono i triacilgliceroli (in
monogliceridi, digliceridi, acidi grassi liberi, e glicerolo) e colesterolo provenienti da varie
fonti.
Quindi le lipasi sono degli enzimi che catalizzano la scissione dei legami estere dei
triacilgliceroli liberando acidi grassi.
I prodotti ottenuti dall'idrolisi dei lipidi vengono assorbiti dalle cellule della MUCOSA
INTESTINALE dove vengono riconvertiti in triacilglicerolo e esteri del colesterolo che a
loro volta vengono uniti per formare insieme a specifiche proteine i CHILOMICRONI.
Le proteine che legano i lipidi sono dette APOLIPOPROTEINE e sono responsabili del
trasporto e della segnalazione del metabolismo.
Unendosi ai lipidi formano i chilomicroni o in generale le LIPOPROTEINE che si
suddividono in diverse classi:

– VLDL
Sono lipoproteine a densità molto bassa.
I trigliceridi che costituiscono le VLDL vengono sintetizzati nel fegato,
principalmente dai carboidrati.

– IDL
Sono lipoptroteine a densità intermedia.
Vengono generate nei capillari man mano che i chilomicroni vengono privati dei

100
triacilgliceroli.

– VHDL
Sono lipoproteine ad alta densità.
Tasportano colesterolo dai tessuti periferici al fegato.

Le lipoproteine hanno CARATTERISTICHE STRUTTURALI COMUNI:

– Le PARTI IDROFOBICHE della componente lipidica e gli amminoacidi apolari della


posizione porzione proteica sono rivolte all'interno della struttura.

– Le TESTE POLARI dei fosfolipidi e le porzioni polari degli amminoacidi sono rivolte
verso l'ESTERNO.

– Le lipoproteine mantengono in forma solubile 500 mg di lipidi per 100 ml di sangue.

Per quanto riguarda i CHILOMICRONI, i trigliceridi che li costituiscono provengono dalla


dieta e alcuni contengono l'APOLIPOPROTEINA C-2 (apo C-II) che permette loro di
essere trasportati al muscolo e al tessuto adiposo in cui, nei capillari, l'enzima
LIPOPROTEINA LIPASI attiva l'apo C-II idrolizzando i triacilgliceroli in ACIDI GRASSI e
GLICEROLO (composti in grado di entrare nelle cellule bersaglio).

A livello dei due tessuti gli acidi grassi trovano utilizzi differenti:
– nel MUSCOLO vengono ossidati per ricavare energia
– nel TESSUTO ADIPOSO vengono riesterificati a triacilgliceroli per essere
conservati

I resti dei chilomicroni che contengono ancora colesterolo e apolipoproteine passano dal
sangue al fegato dove vengono internalizzati per endocitosi mediata da recettore.

Se con la dieta vengono assunti acidi grassi in eccesso, questi vengono convertiti nel
fegato in triacilgliceroli e associati ad apolipoproteine per formare VLDL per essere
conservati poi negli adipociti del tessuto adiposo che incorpora i trigliceridi.

La relativa stabilità dei TRIACILGLICEROLI rende possibile la loro conservazione


all'interno della cellula, ma prima di essere immagazzinati devono essere emulsionati a
livello intestinale per via della loro insolubilità.
I triacilgliceroli vengono poi trasportati ai vari distretti, dopo essere stati metabolizzati, da
specifici trasportatori del flusso sanguigno che ne neutralizzano l'insolubilità.

Gli ORMONI mobilizzano le RISERVE di triacilgliceroli.


I grassi neutri vengono depositati negli adipociti sotto forma di goccioline lipidiche il cui
nucleo è formato da esteri degli steroli e trigliceridi circondati da fosfolipidi.
La superficie di queste goccioline lipidiche è rivestita dalle perilipine, una famiglia di
proteine che limita l'accesso alle gocce lipidiche evitando che vengano mobilizzate
precocemente.
Gli ormoni segnalano la carenza di energia metabolica e quindi i triacilgliceroli devono
essere mobilizzati e trasferiti dove necessario (ad esempio Adrenalina e Glucagone che
vengono secreti in seguito a carenza di glucosio ematico).
ADRENALINA e GLUCAGONE attivano l'ADENILATO CICLASI della membrana degli
adipociti producendo cAMP intracellulare che va ad agire sulla PROTEINA CHINASI
cAMP-dipendente che fosforila la PERILIPINA A rendendo la gocciolina accessibile

101
all'azione di 3 lipasi che agiscono su MONOGLICERIDI, DIGLICERIDI e TRIGLICERIDI
rilasciando ACIDI GRASSI e GLICEROLO.
Gli ACIDI GRASSI LIBERI diffondono fuori dall'ADIPOCITA dove si legano all'ALBUMINA
DEL SIERO che li trasporta ai vari tessuti come muscolo scheletrico, cuore e corteccia
renale.
Qui gli acidi grassi si dissociano dall'albumina e vengono trasferiti a trasportatori posti
sulla membrana plasmatica che li portano nel citosol della cellula dove vanno incontro al
loro destino metabolico.
Il glicerolo viene fosforilato e ossidato a DIIDROSSIACETONE FOSFATO che può entrare
nella via glicolitica o nella gluconeogenesi.
Il glicerolo viene fosforilato dalla GLICEROLO CHINASI per formare GLICEROLO 3
FOSFATO che poi viene ossidato dalla GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI a
DIIDROSSIACETONE 3 FOSFATO e poi convertito dalla TRIOSIO FOSFATO ISOMERASI
in GLICERALDEIDE 3 FOSFATO che può essere ossidata nella via glicolitica.

CATABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI

L'ossidazione degli ACIDI GRASSI è un processo deputato alla produzione di energia


(principalmente a livello di cuore e fegato in cui rappresenta l'80% dell'apporto energetico).
Durante l'ossidazione degli acidi grassi vengono liberati elettroni che consentono la sintesi
di ATP attraverso la CATENA RESPIRATORIA MITOCONDRIALE.
Dall'ossidazione degli acidi grassi si può ottenere ACETIL-CoA che nel fegato può
intraprendere destini metabolici differenti da quello della completa ossidazione nel ciclo di
Krebs.
Ad esempio può essere convertito in CORPI CHETONICI.
Il processo a 4 tappe che porta alla formazione di Acetil-CoA prende il nome di BETA-
OSSIDAZIONE.
La stabilità relativa dei legami C-C degli acidi grassi viene superata mediante l'attivazione
del C-1 tramite il COENZIMA A che permette poi l'ossidazione a livello del C-3.
Il C-3 è detto anche carbonio BETA e per questo motivo si parla di BETA-OSSIDAZIONE.

Le tappe di ossidazione degli acidi grassi possono essere descritte in:

1. OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI A CATENA LUNGA PER FORMARE


FRAMMENTI DI ACETIL-CoA

2. OSSIDAZIONE DELL'ACETIL-CoA AD ANIDRIDE CARBONICA MEDIANTE IL


CICLO DELL'ACIDO CITRICO

3. TRASFERIMENTO DEGLI ELETTRONI DAI TRASPORTATORI DI ELETTRONI


RIDOTTI ALLA CATENA RESPIRATORIA MITOCONDRIALE

Gli ACIDI GRASSI vengono attivati e trasportati nei mitocondri.


Gli enzimi deputati all'ossidazione degli acidi grassi sono localizzati nella matrice
mitocondriale.
Gli acidi grassi con 12 o meno atomi di carbonio possono entrare nei mitocondri senza
l'ausilio di trasportatori di membrana; quelli con 14 o più atomi di carbonio rappresentano
la maggior parte degli acidi grassi liberi e devono subire 3 reazioni ad opera del SISTEMA
NAVETTA o SHUTTLE DELLA CARNITINA.
La prima reazione è catalizzata dall'ACIL-CoA-SINTETASI, della famiglia di isozimi
specifici per acidi grassi a catena corta, media o lunga, e permette di attivare l'acido
grasso formando un ACIL-CoA.

102
L'Acil-CoA si forma per mezzo di un
LEGAME TIOESTERE tra il gruppo
carbossilico dell'acido grasso e il gruppo
tiolico del CoA.
Contemporaneamente l'ATP viene
scisso in AMP e PPi con formazione di
un intermedio ACIL-ADENILATO che poi
viene scisso dall'energia liberata
dall'idrolisi del pirofosfato inorganico per
formare due molecole di Pi.
Gli Acil-CoA formati sul versante
citosolico della membrana mitocondriale
esterna possono essere:
- trasportati all'interno del mitocondrio
per successive ossidazioni
- utilizzati nel citosol per la sintesi di
lipidi di membrana

Il trasporto degli acil-CoA all'interno del mitocondrio avviene tramite la formazione di un


legame transitorio con la CARNITINA, una transesterificazione che avviene ad opera della
CARNITINA ACIL-TRASFERASI I.
Nello spazio intermembrana si forma quindi un ESTERE ACIL-CARNITINA che attraversa
la membrana interna per diffusione facilitata mediante il trasportatore ACIL-
CARNITINA/CARNITINA.

La terza tappa prevede che il gruppo acilico


venga trasferito enzimaticamente al CoA
intramitocondriale tramite la CARNITINA
ACIL-TRASFERASI II.

Questo processo a 3 tappe mantiene


separati i CoA citosolico e mitocondriale
perchè hanno funzioni diverse.
Il CoA mitocondriale è coinvolto
nell'ossidazione del piruvato, degli acidi
grassi e alcuni amminoacidi.
Il CoA citosolico viene usato per la biosintesi
degli acidi grassi.

L'ingresso degli acidi grassi nella matrice mitocondriale è la tappa limitante per
l'ossidazione degli acidi grassi e rappresenta un importante punto di regolazione.

L'ossidazione mitocondriale degli acidi grassi ha luogo in 3 fasi:

1. Gli acidi grassi vanno incontro alla rimozione ossidativa di unità bicarboniose sotto
forma di Acetil-CoA (beta-ossidazione)
2. L'unità acetilica dell'acetil-CoA viene ossidata ad anidride carbonica nel CICLO DI
KREBS
3. I coenzimi che sono stati ridotti durante i processi ossidativi , NADH e FADH2,
donano alla catena respiratoria gli elettroni che arrivano poi all'ossigeno con la
concomitante fosforilazione dell'ADP ad ATP in cui viene immagazzinata energia.

103
BETA-OSSIDAZIONE
Questo processo avviene in 4 reazioni enzimatiche:

1. DEIDROGENAZIONE
Produce un doppio legame tra il carbonio alfa e il carbonio beta per formare il
TRANS-DELTA2-ENOIL-CoA.
Questa prima reazione viene catalizzata da una famiglia di 3 isozimi, ciascuno
specifico per un certo ambito di lunghezza della catena di acido grasso, della ACIL-
CoA-DEIDROGENASI:
- VLCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena lunga da 12 a 18 atomi di C
- MCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena media che hanno da 4 a 14 tomi di C
- SCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta da 4 a 8 atomi di C
Questi 3 isozimi sono delle FLAVOPROTEINE che possiedono come gruppo
prostetico il FAD a cui vengono trasferiti gli elettroni rimossi dall'Acil-CoA durante
l'ossidazione e che a loro volta vengono trasferiti dal FADH2 ad un trasportatore
della catena respiratoria mitocondriale che è la FLAVOPROTEINA CHE
TRASFERISCE ELETTRONI (ETF)

2. AGGIUNTA AL DOPPIO LEGAME TRANS


Viene aggiunta una molecola d'acqua al doppio legame del prodotto della prima
tappa formando l'L-BETA-IDROSSIACIL-CoA o 3-IDROSSIACIL-CoA.
Questa reazione è catalizzata dall'ENOIL-CoA IDRATASI.

3. DEIDROGENAZIONE
Il prodotto della seconda tappa viene deidrogenato a BETA-CHETOACIL-CoA
tramite l'L-BETA-IDROSSIACIL-CoA DEIDROGENASI.
Il NAD+ è l'accettore degli elettroni e li dona poi alla NAD DEIDROGENASI
(trasportatore della catena respiratoria)

4. TIOLISI
Quarta e ultima fase della beta-ossidazione catalizzata dalla TIOLASI (beta-cheto-
tiolasi) o ACIL-CoA ACETIL-TRASFERASI in cui il BETA-CHETOACIL-CoA
reagisce con una molecola di CoA libero formando l'ACETIL-CoA tramite la
porzione di 2 atomi di C carbossi-terminale della molecola di acido grasso.

Le ultime 3 tappe della beta-ossidazione sono catalizzate da due gruppi di enzimi che
tengono conto della lunghezza della catena acilica.

Se la catena di acido grasso contiene più di 12 atomi di carbonio le reazioni sono


catalizzate da un complesso multienzimatico associato alla membrana mitocondriale
interna detto PROTEINA TRIFUNZIONALE (TFP) che consente l'incanalamento dei
substrati da un sito attivo all'altro.
Se la catena di acido grasso possiede meno di 12 atomi di carbonio l'ossidazione viene
catalizzata da un gruppo di 4 enzimi solubili della matrice mitocondriale.

Le prime 3 reazioni creano legami singoli C-C molto meno stabili e il carbonio alfa è legato
a due carboni carbonilici.
La funzione chetonica nel carbonio beta rende questo atomo un buon elettrofilo tanto da
poter subire l'attacco nucleofilo da parte dell'SH del CoA da parte della TIOLASI.

104
Per cui l'acetil-CoA è un
buon gruppo uscente.
Le 4 reazioni della beta-
ossidazione si ripetono
partendo dal tioestere del
CoA che contiene una
catena accorciata di due
atomi di carbonio e così via.

Ad esemio: per ossidare


completamente il
PALMITATO sono necessari
7 cicli della sequenza di
reazioni della beta-
ossidazione e vengono
rilasciate 8 molecole di
Acetil-CoA.

Ogni ciclo produce:


– 2 coppie di elettroni
– 4 H+
– 1 molecola di Acetil-CoA

Ogni molecola di FADH2 dona una coppia di elettroni alla ETF della catena respiratoria
producendo 1,5 molecole di ATP da sommare alle 2,5 molecole di ATP prodotte dal
trasferimento di una coppia di elettroni dal NADH all'O2 ad opera della NADH
DEIDROGENASI.
In totale abbiamo 4 molecole di ATP per unità bicarboniosa.
Inoltre viene prodotta anche una molecola d'acqua per ogni coppia di elettroni trasferita.

L'Acetil-CoA prodotto viene ossidato ulteriormente nel CICLO DI KREBS producendo CO2
e ACQUA.

Nel caso di ACIDI GRASSI INSATURI sono necessarie due ulteriori reazioni perchè i
doppi legami CIS presenti naturalmente nelle molecole sono resistenti all'ENOIL-CoA
IDRATASI che invece è specifica per doppi legami TRANS.
Perciò sono necessari due ulteriori enzimi per la beta-ossidazione degli acidi grassi
insaturi:
– Un'ISOMERASI come la delta3-delta2 ENOIL-CoA ISOMERASI per acidi grassi
monoinsaturi e poliinsaturi
– Una REDUTTASI come la 2,4 DIENOIL-CoA REDUTTASI che agisce solo nel caso
di acidi grassi poliinsaturi insieme all'isomerasi.
L'ISOMERASI ha il compito di convertire il legame CIS in legame trans e ciò permette
all'ENOIL-CoA IDRATASI, che riconosce solo i legami trans, di procedere con la beta-
ossidazione.
L'azione combinata dell'ENOIL-CoA IDRATASI e della ENOIL-CoA ISOMERASI consente
al composto di entrare nella beta-ossidazione.

105
Prendiamo in esame l'ossidazione di un acido
grasso monoinsaturo come l'acido oleico che
viene convertito in OLEOIL-CoA che presenta
un doppio legame tra il C-9 e il C-10.
Prima di tutto avvengono 3 cicli di beta
ossidazione (normale) che portano alla
produzione di 3 molecole di Acetil-CoA (quindi
all'eliminazione di 6 atomi di carbonio dalla
catena principale).
Dopodichè il doppio legame cis si trova
localizzato tra il C-3 e il C-4 del CIS-DELTA3-
DODECENOIL-CoA che viene sottoposto
all'azione della DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA
ISOMERASI che catalizza il trasferimento del
doppio legame tra il C-2 e il C-3 che assume la
conformazione di un doppio legame TRANS.
A questo punto può agire l'ENOIL-CoA
IDRATASI, a cui il doppio legame trans non è
resistente, e la beta-ossidazione può proseguire
con altri 5 cicli per produrre altre 6 molecole di
Acetil-CoA.

Vediamo adesso l'ossidazione di un acido grasso poliinsaturo come l'acido linoleico che
viene convertito in LINOLEIL-CoA che presenta due doppi legami: uno tra il C-9 e il C-10 e
l'altro tra il C-12 e il C-13.

106
Avvengono 3 cicli di beta-ossidazione, e i due doppi legami sono localizzati tra C-3 e C-4 e
il C-6 e il C-7. Dopodichè interviene la DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA ISOMERASI che
catalizza il trasferimento del primo doppio legame tra il C-2 e il C-3. Quest'ultimo assume
la conformazione trans e la beta ossidazione può proseguire con un'ulteriore ciclo.
Rimane il secondo doppio legame che è localizzato tra il C-4 e il C-5 e che viene
sottoposto all'azione dell'ACETIL-CoA DEIDROGENASI che porta alla formazione di un
DIENE CONIUGATO che non può essere idratato. Quindi il diene deve essere prima
ridotto, ad opera della 2,4-DIENOIL-CoA REDUTTASI, formando un acil-CoA
monoinsaturo in cui il doppio legame è localizzato tra il C-3 e il C-4.
Interviene poi la DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA ISOMERASI che catalizza il trasferimento
tra il C-2 e il C-3 e la beta-ossidazione può proseguire normalmente.

La maggior parte dei lipidi presenti in


natura presenta catene di acidi grassi
con un numero pari di atomi di carbonio.
In natura però esistono anche acidi
grassi con un numero DISPARI di atomi
di carbonio che vengono ossidati allo
stesso modo degli acidi grassi con
catena pari e si parte sempre dalla
porzione carbossilica della catena.
Però il substrato entra nell'ultimo ciclo di beta-ossidazione ha 5 atomi di carbonio, perciò
dalla sua scissione si formano ACETIL-CoA e PROPIONIL-CoA che viene carbossilato per
formare D-METIL-MALONIL-CoA ad opera della PROPIONIL-CoA CARBOSSILASI che
contiene come cofattore la BIOTINA.
Il D-METIL-MALONIL-CoA viene poi epimerizzato a L-METIL-MALONIL-CoA dalla METIL-
MALONIL-CoA EPIMERASI.
Lo stereoisomero L del METIL-MALONIL-CoA può essere convertito poi dalla METIL-
MALONIL-CoA MUTASI in SUCCINIL-CoA. Tale enzima utilizza come coenzima la 5'-
DEIDROSSIADENOSIL-COBALAMMINA o COENZIMA B12.
Il succinil-CoA può entrare nel ciclo dell'acido citrico.

L'ossidazione degli acidi grassi è rigidamente regolata in modo che si possa attivare solo
quando la cellula richiede energia (dal momento che consuma sostanze nutrienti
importanti).
Nel fegato gli Acil-CoA possono andare incontro a due destini differenti:
– BETA-OSSIDAZIONE NEI MITOCONDRI
– SINTESI DI LIPIDI NEL CITOSOL
La scelta della via metabolica dipende dalla velocità di trasferimento degli Acil-CoA nei
mitocondri.
Quindi lo SHUTTLE DELLA CARNITINA rappresenta un'importante punto di regolazione
perchè limita la velocità dell'ossidazione.
Il MALONIL-CoA, primo intermedio della biosintesi citosolica degli acidi grassi a partire
dall'Acetil-CoA, è un inibitore dello shuttle della carnitina, in particolare della CARNITINA-
ACILTRASFERASI I e la sua concentrazione aumenta all'aumentare del rifornimento di
carboidrati.
Quindi l'inibizione della CARNITINA-ACILTRASFERASI I da parte del MALONIL-CoA
rallenta l'osidazione degli acidi grassi quando il fegato dispone di molto glucosio come
combustibile.
Due degli enzimi coinvolti nella beta-ossidazione sono regolati anche da due meccanismi
che segnalano un'abbondanza energetica.
Quando il rapporto [NADH]/[NAD+] è elevato, la BETA-IDROSSIACIL-CoA

107
DEIDROGENASI è inibita.
Inoltre se la concentrazione di [Acetil-CoA] è elevata viene inibita la TIOLASI.
Durante il digiuno e l'esercizio fisico intenso, la diminuzione della concentrazione di ATP e
l'aumento della concentrazione di ADP attivano l'AMPK, una CHINASI che fosforila molti
enzimi tra cui l'ACETIL-CoA CARBOSSILASI che catalizza la sinesi del MALONIL-CoA.
La fosforilazione inibisce l'enzima ACETIL-CoA CARBOSSILASI facendo diminuire la
concentrazione del MALONIL-CoA che quindi non può inibire a sua volta la CARNITINA-
ACILTRASFERASI I.

La beta-ossidazione avviene anche nei PEROSSISOMI e il processo è costituito da 4


tappe proprio come nella beta-ossidazione mitocondriale.
A livello della prima tappa però la FLAVOPROTEINA DEIDROGENASI che genera il
doppio legame passa direttamente gli elettroni all'ossigeno, formando PEROSSIDO DI
IDROGENO che è potenzialmente dannoso (scisso in acqua e O2 dalla CATALASI).

CORPI CHETONICI

L'Acetil-CoA che si forma nel fegato durante l'ossidazione può anche essere trasformato in
CORPI CHETONICI come:
– ACETONE
– ACETOACETATO
– D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO
I corpi chetonici vengono trasportati poi verso gli altri tessuti. Vengono prodotti quando i
livelli di acidi grassi in circolo sono elevati come nel caso di:
– DIGIUNO
– DIABETE
– DIETA RICCA DI GRASSI
L'ACETONE viene eliminato con la respirazione mentre gli altri due vengono trasportati
verso tessuti extraepatici per entrare poi nel ciclo dell'acido citrico a livello di CUORE,
CERVELLO e CORTECCIA RENALE.
Quando non c'è glucosio disponibile, il cervello si adatta e usa ACETOACETATO e D-
BETA-IDROSSIBUTIRRATO.

Prendiamo come esempio


l'ACETOACETATO: questo deriva dalla
condensazione enzimatica di due
molecole di ACETIL-CoA catalizzata
dall'enzima TIOLASI (con rilascio di CoA).
Si forma in questo modo l'ACETOACETIL-
CoA che condensa poi con un'altra
molecola di Acetil-CoA per formare il il
BETA-IDROSSI-BETA-METIL-GLUTARIL-
CoA (HMG-CoA) ad opera della BETA-
IDROSSI-BETA-METIL-GLUTARIL-CoA
SINTASI che rilascia sempre un'altra
molecola di CoA.
Il BETA-IDROSSI-BETA-METIL-
GLUTARIL-CoA è un'importante
intermedio della biosintesi del COLESTEROLO.
Il BETA-IDROSSI-BETA-METIL-GLUTARIL-CoA viene convertito in ACETOACETATO
LIBERO e ACETIL-CoA ad opera dell'enzima BETA-IDROSSI-BETA-METIL-GLUTARIL-
CoA LIASI.

108
L'ACETOACETATO LIBERO viene convertito in:
– D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO dalla D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO
DEIDROGENASI
– ACETONE dalla ACETOACETATO DECARBOSSILASI

La formazione dei corpi chetonici è regolata dalla BETA-IDROSSI-BETA-METIL-


GLUTARIL-CoA SINTASI.
L'esportazione dei corpi chetonici consente di ossidare acidi grassi nel fegato anche
quando il ciclo di Krebs per l'acetil-CoA proveniente dagli zuccheri è inibito, in modo da
ottenere minime quantità di Acetil-CoA compiendo una serie di reazioni inverse che
partono da ACETOACETATO e D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO.
I corpi chetonici sono solubili in acqua e quindi non necessitano di proteine per essere
trasportati dal flusso sanguigno.
Costituiscono un'importante fonte di cataboliti per il tessuto cerebrale in periodi di digiuno.

La reazione della D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO


DEIDROGENASI è una reazione reversibile che quindi
può portare alla formazione di ACETOACETATO a partire
del D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO. Durante questa
reazione una molecla di NAD+ viene ridotta a NADH.
L'ACETOACETATO viene convertito poi, tramite una
reazione irreversibile catalizzata dalla BETA-CHETOACIL-
CoA TRASFERASI, in ACETOACETIL-CoA. Il CoA viene
trasferito dal SUCCINIL-CoA che diventa SUCCINATO.
A questo punto l'ACETOACETIL-CoA viene convertito in
due molecole di ACETIL-CoA con l'intervento dell'enzima
TIOLASI e di una molecola di CoA.

109
BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI

Con il termine BIOSINTESI si intende


l'insieme delle strategie utilizzate per
produrre delle molecole.
I lipidi sono delle macromolecole che
rivestono un ruolo fondamentale,
come costitenti delle riserve
energetiche, per il contributo fornito a
livello strutturale e per le funzioni che
svolgono come pigmenti e cofattori.
Perciò devono essere prodotti
all'interno dell'organismo.
Gli acidi grassi sono delle molecole
insolubili in acqua e vengono formati a
partire da composti solubili in acqua.
Si tratta di reazioni endoergoniche e
riduttive che richiedono ATP e
NADPH.
La biosintesi degli acidi grassi avviene
nel CITOSOL e utilizza CITRATO
proveniente dalla matrice mitocondriale a livello di FEGATO e ADIPOCITI.
Viene utilizzato Citrato perchè l'ACETIL-CoA, per giungere nel citosol, viene condensato
con una molecola di ossalacetato, grazie alla citrato sintasi, a livello intramitocondriale.
Il citrato fuoriesce dal mitocondrio tramite il SISTEMA NAVETTA DEL CITRATO e giunge
al citosol dove si scinde in acetil-CoA e ossalacetato.
L'ossalacetato viene riportato nel mitocondrio mentre l'acetil-CoA viene carbossilato per la
biosintesi degli acidi grassi.
Un intermedio molto importante è il MALONIL-
CoA che si forma da ACETIL-CoA e
BICARBONATO mediante l'azione
dell'ACETIL-CoA CARBOSSILASI, un
complesso enzimatico che consiste di 3 enzimi
e che richiede Mn 2+, BIOTINA (legata ad un
residuo di lisina dell'enzima) e ATP.
L'ACETIL-CoA CARBOSSILASI rappresenta un importante punto di regolazione e la
catalizza la reazione della tappa limitante la velocità del processo.

In tutti gli organismi le lunghe catene degli acidi grassi vengono sintetizzate mediante la
ripetizione di 4 tappe enzimatiche le cui reazioni sono catalizzate dal complesso
multienzimatico che prende il nome di ACIDO GRASSO SINTASI che al centro presenta
l'ACP, proteina che trasporta gli acili.

L'acido grasso sintasi è costituita da 3 catene polipeptidiche separate e associate in


un'unica struttura.
Queste 3 catene cooperano per catalizzare la sintesi di acidi grassi a partire dal
MALONIL-CoA e dall'ACETIL-CoA.
L'ACP è una piccola proteina che contiene il gruppo prostetico 4-FOSFOPANTETEINA
che a sua volta presenta un gruppo -SH terminale che lega il gruppo malonilico del
MALONIL-CoA formando un legame tioestere e in questo modo si trova nella forma
attivata per dare inizio al processo.
In questo processo, ciascun gruppo acilico saturo, prodotto dalla serie di 4 reazioni

110
enzimatiche, diventa il substrato della successiva condensazione con un gruppo malonico.
In ogni passaggio attraverso questa via anabolica, la catena dell'acido grasso si allunga di
due atomi di carbonio.
Nella beta-ossidazione NAD+ e FAD funzianano come accettori di elettroni e il gruppo
attivatore è l'-SH del CoA.
Nel processo inverso, quindi nella biosintesi, il donatore di elettroni è il NADPH e i gruppi
attivatori sono due differenti gruppi -SH di due proteine enzimatiche differenti.

L'acido grasso sintasi dei mammiferi è denominata FAS I e consiste di una lunga catena
polipeptidica multifunzionale che possiede 7 differenti domini, ognuno con un sito attivo
per 7 reazioni separate.
Il sistema FAS I permette di sintetizzare un unico prodotto, l'acido grasso, senza il rilascio
degli intermedi che restano sempre ancorati al complesso.
La FAS II invece si trova nelle cellule vegetali ed è costituita da proteine separate.

L'acido grasso sintasi dei mammiferi possiede molteplici siti attivi. I domini dell'unica
catena polipeptidica che costituisce la FAS I si comportano come degli enzimi distinti.
Il sito attivo di ogni enzima si trova in un dominio separato del peptide.

Nel processo di sintesi degli acidi grassi gli intermedi restano legati covalentemente come
tioesteri a uno dei due gruppi tiolici.
Quindi prima che si inneschino le reazioni i due gruppi acilici devono essere condensati
con i gruppi tiolici del complesso:
– Uno è il gruppo -SH di un residuo di cisteina di uno dei domini della sintasi
– Uno è il gruppo -SH dell'ACP
L'idrolisi del legame tioestere è ESOERGONICA e l'energia rilasciata serve a rendere
favoriti termodinamicamente i due passaggi di condensazione nella sintesi di acidi grassi.
L'acido grasso sintasi lega gruppi acetilici e malonici.
Prima che abbiano inizio le reazioni di condensazione che portano alla sintesi dell'acido
grasso, i due gruppi tiolici vengono caricati con i gruppi acilici corretti.

111
Dall'ACETIL-CoA, ad opera della MALONIL/ACETIL-CoA ACP TRASFERASI o MAT, il
gruppo acetilico viene trasferito dal gruppo -SH del CoA al gruppo -SH dell'ACP. L'ACP fa
parte dell'enzima BETA-CHETOACIL-ACP-REDUTTASI che appartiene al complesso
dell'ACIDO GRASSO SINTASI.
Dopodichè, sempre ad opera della MAT, il gruppo ACETILICO viene trasferito dall'ACP al
gruppo -SH di un residuo di CISTEINA presente a livello del sito attivo di un'altro dominio
del peptide che è l'enzima denominato BETA-CHETOACIL-ACP SINTASI.
Il MALONIL-CoA, ottenuto precedentemente dall'azione dell'ACETIL-CoA
CARBOSSILASI, viene trasferito ad opera della MAT dal gruppo -SH del CoA al gruppo
-SH dell' ACP appartenente all'enzima BETA-CHETOACIL-ACP REDUTTASI.

A questo punto può iniziare il processo di sintesi catalizzato dal complesso dell'ACIDO
GRASSO SINTASI attraverso 4 tappe:

1. CONDENSAZIONE
Si tratta di una condensazione di Claisen che avviene tra i gruppi attivati
ACETILICO e MALONILICO per formare l'ACETOACETIL-ACP (un BETA-
CHETOACIL-ACP) con liberazione di anidride carbonica.
L'anidride carbonica che viene eliminata in questa tappa è la stessa che era stata
aggiunta nella carbossilazione dell'acetil-CoA ad opera dell'ACETIL-CoA
CARBOSSILASI.
La reazione è catalizzata dalla BETA-CHETOACIL-ACP SINTASI.

112
2. RIDUZIONE DEL GRUPPO CARBONILICO
L'ACETOACETIL-ACP subisce la riduzione del C=O presente in C-3 diventando D-
BETA-IDROSSIBUTIRRIL-ACP. La reazione è catalizzata dalla BETA-CHETOACIL-
ACP REDUTTASI e il donatore di elettroni è il NADPH.

3. DEIDRATAZIONE
Rimozione catalitica di una molecola di acqua per formare un doppio legame e
ottenere il TRANS-DELTA2-BUTENOIL-ACP (un TRANS-DELTA2-ENOIL-ACP) ad
opera della BETA-IDROSSIACIL-ACP DEIDRATASI.

113
4. RIDUZIONE DEL DOPPIO LEGAME
Il doppio legame del TRANS-DELTA2-BUTENOIL-ACP viene ridotto generando
BUTIRRIL-ACP in una reazione catalizzata dalla ENOIL-ACP REDUTTASI.
Il donatore di equivalenti riducenti è sempre il NADPH.

5.

LE REAZIONI DELLE TAPPE 2,3 e 4 SONO L'INVERSO DELLA BETA-OSSIDAZIONE!


Il BETA-CHETOACILE legato all'ACP viene ridotto, disidratato, ridotto nuovamente e infine
trasferito alla CISTEINA della BETA-CHETOACIL-ACP SINTASI.
Il gruppo -SH della 4-FOSFOPANTETEINA è nuovamente libero e può legare un altro
residuo malonico.
Il ciclo di reazionbi prosegue finchè la catena non contiene 16 atomi di carbonio (ACIDO
PALMITICO) staccata dalla TIOESTERASI.
Un acido grasso può essere allungato mediante l'aggiunta di unità acetiliche catalizzata
dal SISTEMA DI ALLUNGAMENTO DEGLI ACIDI GRASSI che allunga la catena di due
atomi di carbonio per volta. Questo processo di allungamento ha luogo a livello del reticolo
endoplasmatico e dei mitocondri.

Quindi la biosintesi di un acido grasso richiede ACETIL-CoA e rifornimento di energia da


due fonti differenti:
– ATP
Per legare la CO2 all'ACETIL-CoA e produce MALONIL-CoA
– NADPH
Per ridurre i doppi legami

Gli acidi grassi neosintetizzati vengono incorporati nei TRIACILGLICEROLI, che svolgono
un ruolo di riserva energetica, e nei FOSFOLIPIDI, che costituiscono le membrane
biologiche.
La RIPARTIZIONE dipende dalle necessità cellulari e i precursori dei due destini degli
acidi grassi per la formazione delle due classi di composti sono:
– ACIL-CoA
– GLICEROLO-3-FOSFATO

Il glicerolo-3-fosfato può derivare dal diidrossiacetone-3-fosfato prodotto nella glicolisi per


azione della glicerolo 3 fosfato deidrogenasi NAD-dipendente che è localizzata nel citosol.
Può essere ottenuto anche dal glicerolo, a livello del fegato e dei reni, mediante una
fosforilazione attuata dalla glicerolo chinasi.

114
BIOSINTESI DEI TRIACILGLICEROLI E DEI FOSFOLIPIDI

Le prime tappe sono identiche in entrambi i processi che partono dalla formazione di esteri
del glicerolo con Acidi grassi.
Si parte dall'acil-CoA e dal glicerolo-3-fosfato e susseguono una serie di reazioni
enzimatiche.
La prima fase, quella comune, riguarda la sintesi di ACIDO FOSFATIDICO in cui i due OH
liberi del glicerolo-3-fosfato vengono ACILATI con 2 molecole di ACIL-CoA per generare il
DIACILGLICEROLO-3-FOSFATO (Acido Fosfatidico).

SINTESI DEI TRIGLICERIDI

L'ACIDO FOSFATIDICO viene idrolizzato da parte della FOSFATIDATO FOSFATASI per


formare l'1,2-DIACILGLICEROLO.
Nella fase successiva l'1,2-DIACILGLICEROLO viene convertito in TRIACILGLICEROLO
per transesterificazione di una terza molecola di ACIL-CoA a livello del C-3.

SINTESI DEI FOSFOLIPIDI

L'ACIDO FOSFATIDICO viene attivato per condensazione dell'ACIDO con la CITIDINA-3-


FOSFATO (CTP) formando CDP-DIACILGLICEROLO ed eliminando PPi (pirofosfato
inorganico).
Il CDP-DIACILGLICEROLO viene attaccato da SERINA, COLINA, INOSITOLO,
ETANOLAMMINA e GLICEROLO per formare i corrispondenti fosfolipidi mediante l'attacco
da parte della loro funzione ossidrilica.
In particolare l'attacco avviene ad opera della funzione ossidrilica con conseguente
distacco del CMP.

115
BIOSINTESI DEL COLESTEROLO

Il COLESTEROLO viene sintetizzato a partire dall'Acetil-CoA tramite un processo a 4


tappe:

1. 3 unità acetiliche condensano per formare un intermedio a 6 atomi di carbonio che


viene detto MEVALONATO

2. Il MEVALONATO viene convertito in unità ISOPRENICHE ATTIVATE

3. 6 unità isopreniche a 5 atomi di carbonio vengono polimerizzate per formare una


struttura lineare a 30 atomi di carbonio detta SQUALENE

4. Lo SQUALENE viene ciclizzato producendo 4 anelli che vanno a costituire il


NUCLEO STEROIDEO e un'ulteriore serie di modificazioni (idrossilazione) porta
alla formazione del COLESTEROLO.

116
METABOLISMO DELLE PROTEINE E DESTINO DEGLI AMMINOACIDI

Le PROTEINE ESOGENE vengono degradate enzimaticamente ad amminoacidi dopo


essere state introdotte con la dieta.
Ciò avviene nel tratto gastrointestinale in cui l'ingresso delle proteine nello stomaco
stimola la produzione dell'ormone GASTRINA da parte delle cellule della mucosa gastrica.
La gastrina a sua volta stimola la produzione di HCl da parte delle cellule PARIETALI e di
PEPSINOGENO da parte delle cellule ADELOMORFE.
I succhi gastrici agiscono non solo da ANTISETTICI ma anche da AGENTI
DENATURANTI andando a rendere le proteine meno ripiegate e quindi più suscettibili
all'idrolisi enzimatica.
Le cellule dell'epitelio gastrico, intestinale e del pancreas secernono gli ENZIMI
PROTEOLITICI che scindono i legami peptidici formando amminoacidi liberi che vengono
assorbiti a livello dell'epitelio intestinale, entrano in circolo e possono essere internalizzati
nelle cellule di vari tessuti.
L'ormone INSULINA stimola l'assorbimento di amminoacidi a livello muscolare.

Il PEPSINOGENO è uno zimogeno (precursore inattivo) che viene convertito in PEPSINA


ATTIVA per scissione autocatalitica (catalizzata dallo stesso pepsinogeno) a pH molto
acidi.
La pepsina catalizza la scissione di legami peptidici formati da amminoacidi AROMATICI e
della LEUCINA a livello del gruppo amminico generando dei peptidi più piccoli.

Quando il contenuto dello stomaco passa nel tenue, il pH basso stimola la produzione di
SECRETINA, un ormone gastrico che passa nel sangue e giunge al pancreas per
stimolare la produzione di BICARBONATO e la secrezione di quest'ultimo nel tenue per
neutralizzare l'acidità dell'acido cloridrico proveniente dallo stomaco e portando in breve
tempo il valore del pH vicino a 7.
Gli amminoacidi arrivano nel duodeno causando il rilascio dell'ormone
COLECISTOCHININA che stimola la produzione di alcuni enzimi pancreatici quando il pH
è ottimale (circa 7/8).
Questi enzimi vengono secreti come zimogeni e tra questi ricordiamo:
• TRIPSINOGENO
Zimogeno della TRIPSINA in cui viene convertito dall'ENTEROPEPTIDASI.
La tripsina libera catalizza la conversione di altro tripsinogeno in tripsina che a sua
volta attiva chimotripsinogeno, protealasi e procarbossipeptidasi.
La tripsina è inibita dall'INIBITORE PANCREATICO DELLA TRIPSINA che
impedisce la produzione prematura di enzimi proteolitici.
La tripsina è specifica per LISINA e ARGININA.

• CHIMOTRIPSINOGENO
Zimogeno della CHIMOTRIPSINA che scinde i legami di TIROSINA,
FENILALANINA e TRIPTOFANO.

• PROTEALASI
Zimogeno dell'ELASTASI che ha la proprietà di scindere l'elastina e in particolare i
legami di GLICINA, SERINA e ALANINA.

• PROCARBOSSIPEPTIDASI A e B
Zimogeni delle CARBOSSIPEPTIDASI A e B.
Le carbossipeptidasi A e B, assieme alle AMMINOPEPTIDASI, scindono i legami C-
N terminali.

117
Le PROTEASI PANCREATICHE sono attivate in modo IRREVERSIBILE da un TAGLIO
PROTEOLITICO.

Per quanto riguarda le PROTEINTE ENDOGENE, queste sono soggette a TURNOVER.


La degradazione delle proteine è mediata da sistemi specializzati e avviene in tutti i
compartimenti cellulari.
La degradazione delle proteine impedisce la formazione di proteine anomale o non
necessarie permettendo il riciclo degli amminoacidi.
L'attività delle proteine eucariotiche varia da 30 secondi a molti giorni.
Le proteine quindi sono soggette ad un continuo ricambio che consente quindi di:
– ELIMINARE le proteine anomale e dannose per la cellula
– REGOLARE IL METABOLISMO attraverso la sintesi/degradazione di enzimi e
proteine regolatorie

La degradazione può avvenire in distretti differenti:

– LISOSOMI
Nei lisosomi circa 50 enzimi sono coinvolti nella degradazione e il pH è inferiore a 5

– PROTEASOMI
Nei proteasomi le proteine sono indirizzate in seguito al legame con l'UBIQUITINA.
Si tratta di una via ATP-dipendente.
L'ubiquitina si lega covalentemente alle proteine in fase di degradazione in una via
che utilizza 3 enzimi distinti.
Le PROTEINE UBIQUINATE vengono riconosciute da un grande COMPLESSO
detto PROTEASOMA 26s che consiste di due copie di 32 subunità ciascuna.
Il proteasoma srotola le proteine e le introduce nel proprio nucleo proteolitico in cui
avviene la PROTEOLISI UBIQUITINA-DIPENDENTE che ha un ruolo cruciale per
la regolazione di molti processi cellulari.
Tale proteolisi produce separatamente UBIQUITINA e FRAMMENTI PEPTIDICI che
vengono degradati da proteasi specifiche.

La velocità di ricambio varia a seconda del tipo di proteina.


Le PROTEINE REGOLATRICI hanno una vita breve (minuti/ore).
Le PROTEINE STRUTTURALI hanno una vita lunga (mesi).
L'invecchiamento di una proteina viene riconosciuto da MODIFICAZIONI STRUTTURALI
come l'OSSIDAZIONE o il legame con l'UBIQUITINA.

La vita di una proteina dipende dalla sua struttura primaria e più esattamente
dall'amminoacido terminale.
L'emivita è di circa 20 ore se l'amminoacido terminale è:
– METIONINA
– GLICINA
– ALANINA
– SERINA
– TREONINA
– VALINA
Se l'amminoacido terminale è l'ARGININA l'emivita è di circa 2 minuti.
Inoltre l'emivita di una proteina dipende anche dalla presenza di sequenze particolari
come la sequenza PEST (prolina, glutammato, serina e treonina) che denota un'emivita
molto breve.

118
Quindi, riassumendo, le proteine intracellulari vengono degradate in amminoacidi così
come quelle introdotte con la dieta.
Questi amminoacidi possono essere riutilizzati per:
– PROCESSI BIOSINTETICI di
- altri amminoacidi
- nucleotidi
- ammine biologiche
– FORMAZIONE DI CARBAMIL FOSFATO
- ciclo dell'urea
- formazione di nucleotidi
– COSTITUZIONE DELLO SCHELETRO CARBONIOSO DI ALFA-CHETOACIDI
- ciclo di krebs
– DEGRADAZIONE
- processi ossidativi
– SINTESI PROTEICA

119
CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI

Solo il 10-15% dell'energia proviene dal catabolismo degli amminoacidi.


Ciascuno dei 20 amminoacidi converge verso la formazione di prodotti attraverso
l'ossidazione dello scheletro carbonioso.
Il catabolismo degli amminoacidi è un processo che avviene in due fasi:
– REAZIONE DI TRANSAMMINAZIONE
– DEAMMINAZIONE OSSIDATIVA

La reazione di TRANSAMMINAZIONE avviene ad opera di enzimi detti


AMMINOTRASFERASI o TRASAMMINASI che trasferiscono il gruppo alfa-amminico
all'alfachetoglutarato o all'ossalacetato (che sono degli alfachetoacidi)
per formare rispettivamente GLUTAMMATO e ASPARTATO e l'alfa-chetoacido
corrispondente all'amminoacido di partenza.

Le reazioni di transamminazione non sono reazioni di deamminazione netta e sono


reversibili; perciò possono portare sia alla degradazione che alla sintesi di amminoacidi.
Hanno una costante di equilibrio molto vicina a 1 e una variazione di energia libera circa
uguale a zero.
Distinguiamo diverse transamminasi tra cui ricordiamo:
– GOT o AST (glutammato-ossalacetato transamminasi o aspartato transamminasi)
– GPT o ALT (glutammato-piruvato transamminasi o alanina amminotrasferasi)
Differiscono per il tipo di substrato che legano e possono prendere il nome
dall'amminoacido donatore.
Tutte le amminotrasferasi hanno lo stesso gruppo prostetico e lo stesso meccanismo di
reazione.

Il gruppo prostetico è il PLP o PIRIDOSSAL FOSFATO che deriva dalla vitamina B6. Il PLP
è legato covalentemente all'enzima.
Rappresenta la forma coenzimatica della PIRIDOSSINA o vitamina B6.
Agisce come un trasportatore di gruppi amminici a livello del sito attivo dell'enzima.
Il PLP va incontro a trasformazioni reversibili tra la sua forma aldeidica, che accetta un
gruppo amminico, e la sua forma amminata che è la PIRIDOSSAMMINA FOSFATO che
può donare il suo gruppo amminico ad un alfa-chetoacido.
Il PLP si lega nel sito attivo dell'enzima formando una BASE DI SCHIFF tramite un legame
ALDIMMINICO con il gruppo amminico epsilon di una catena laterale di un residuo di lisina
presente nel sito attivo.
In generale il metabolismo degli amminoacidi passa attraverso la formazione di una base
di schiff con il PLP.
Una base può strappare il protone in alfa alla base di schiff che quindi perde un protone
H+ formando un INTERMEDIO CHINOIDE.
Da questo intermedio si possono formare:
– 1 ALFA-CHETOACIDO (reazione di transamminazione)
– 1 D-AMMINOACIDO (reazione di racemizzazione)
– 1 AMMINA (reazione di decarbossilazione)

120
La reazione di transamminazione prevede un RIARRANGIAMENTO dell'intermedio
chinoide e un'idrolisi della base di schiff per formare un alfa-chetoacido e la
PIRIDOSSAMMINA FOSFATO.
La piridossammina fosfato può reagire con un alfa-chetoacido e trasferire ad esso un
gruppo amminico compiendo le stesse reazioni a ritroso.

Gli amminoacidi possono essere DECARBOSSILATI


per ottenere delle ammine che hanno funzione
regolativa e sono molto importanti dal punto di vista
biologico.

Dall'ISTIDINA si ottiene, grazie all'azione dell'ISTIDINA


DECARBOSSILASI e tramite una reazione ATP-
dipendente che prevede l'utilizzo di PLP come
coenzima, l'ISTAMINA, mediatore chimico delle
infiammazioni e delle reazioni allergiche.

Dal TRIPTOFANO, ad opera della MONOOSSIGENASI


che attua un'idrossilazione in C5 e della
DECARBOSSILAZIONE attuata dal PLP sul carbonio
alfa, si forma la SEROTONINA (neurotrasmettitore).

Sulla FENILALANINA la MONOOSSIGENASI attua


un'idrossilazione sul C4 che porta alla formazione di
TIROSINA.
A sua volta la tirosina, sempre ad opera della
monoossigenasi, viene idrossilata in C3 per formare DOPA
(3,4-diidrossi-L-fenilalanina), un
intermedio che porta alla formazione
di MELANINE o, per
decarbossilazione attuata da PLP, di
DOPAMINA.
Per idrossilazione sul carbonio beta
della dopamina si ottiene, tramite una
reazione ASCORBATO dipendente, la
NORADRENALINA che a sua volta da
per transmetilazione l'ADRENALINA.

121
La reazione di DEAMMINAZIONE OSSIDATIVA
prevede l'eliminazione definitiva dell'azoto, e
quindi del gruppo amminico, dal glutammato
formato dalla transamminazione.
In questa reazione il gruppo amminico esce come
ione ammonio e l'amminoacido glutammato
diventa un alfa-chetoacido.
La reazione è catalizzata dalla L-GLUTAMMATO
DEIDROGENASI, enzima che si trova nella
matrice mitocondriale.
Questa reazione avviene negli EPATOCITI in cui il
glutammato viene trasferito dal citosol ai
mitocondri.
L'enzima può usare solo NAD+ o NADP+ come accettori di equivalenti di riduzione.
Nell'uomo lo ione ammonio è tossico e viene eliminato in gran parte sotto forma di urea, la
cui sintesi è attiva a livello delle cellule epatiche.
L'ammoniaca che viene prodotta invece negli altri tessuti è lo stesso molto tossica per i
tessuti animali e perciò deve essere trasformata in UREA.
L'ammoniaca prodotta nei tessuti si combina con il glutammato per formare la
GLUTAMMINA ad opera della GLUTAMMINA SINTETASI che richiede ATP.

La glutammina è la principale forma di trasporto non tossico dell'ammoniaca e per questo


la sua concentrazione ematica è più elevata di quella di altri amminoacidi.
La reazione di formazione della glutammina avviene in due
fasi.
1. Il glutammato e l'ATP reagiscono tra loro formando
ADP e un composto intermedio detto GAMMA-
GLUTAMMILFOSFATO.
2. Il gamma-glutammilfosfato reagisce con
l'ammoniaca generando GLUTAMMINA e FOSFATO
INORGANICO.

La glutammina in eccesso viene trasportata verso


intestino, fegato e reni.
Nei mitocondri degli epatociti l'azoto ammidico viene
rilasciato sotto forma di ione ammonio e la glutammina
viene trasformata in glutammato grazie all'enzima
GLUTAMMINASI.
L'ammonio che viene rilasciato nell'intestino e nei reni
grazie all'azione della glutamminasi viene trasportato
sempre verso il fegato dove può essere poi trasformato in
UREA.
La maggior parte del glutammato entra nelle reazioni di
transamminazione necessarie alla biosintesi degli
amminoacidi o per altri processi metabolici.

Quindi nei mitocondri degli epatociti lo ione ammonio viene trasformato in CARBAMIL
FOSFATO, importante intermedio del ciclo dell'urea.
Un individuo che consuma 100 g di proteine al giorno elimina 17 g di AZOTO sotto forma
di UREA al 90% e AMMONIO e URATO al 10%.
L'ammoniaca libera in eccesso causa IPERAMMONEMIA e di conseguenza uno stato
comatoso.

122
Nel rene l'ammonio in eccesso, causato dall'acidosi metabolica, forma dei sali con gli acidi
metabolici.
In questo modo viene contrastata l'acidosi metabolica insieme al bicarbonato ematico che
funziona da tampone (prodotto dall'alfa-chetoglutarato nel ciclo dell'acido citrico).

Nel muscolo e negli altri tessuti gli amminoacidi


vengono degradati per essere usati come combustibili.
I gruppi amminici degli amminoacidi diventano i gruppi
amminici del glutammato per via della
transamminazione.
Oltre a poter essere convertito in glutammina, il
glutammato in alternativa può trasferire il suo gruppo
alfa-amminico al PIRUVATO prodotto dalla GLICOLISI
che avviene nel muscolo grazie all'enzima ALANINA-
AMMINOTRASFERASI.
Da questa reazione si forma l'amminoacido ALANINA
che passa nel sangue per trasportare l'azoto verso il
fegato.
L'alanina giunge nel citosol degli epatociti in cui
l'alanina-amminotrasferasi trasferisce il gruppo
amminico all'alfa-chetoglutarato formando PIRUVATO e
GLUTAMMATO.
Il glutammato poi può entrare nel mitocondrio in cui può
rilasciare ammonio o andare incontro a
transamminazione con l'ossalacetato per formare ASPARTATO (importante nella sintesi
dell'urea).
Dal piruvato ottenuto grazie all'azione dell'alanina-amminotrasferasi si può ottenere il
glucosio che a sua volta viene trasportato, attraverso il flusso sanguigno, dal fegato ai
muscoli. A livello muscolare il glucosio va incontro a glicolisi per formare nuovamente
piruvato che ad opera dell'alanina-amminotrasferasi lo riconverte in alanina per iniziare un
altro ciclo. Questo processo ciclico prende il nome di CICLO GLUCOSIO-ALANINA.

L'AMMONIACA è in grado di attraversare facilmente la barriera ematoencefalica


provocando danni deleteri come la perdita di neuroni, formazione non corretta delle
sinapsi e difetti nel metabolismo delle cellule cerebrali.
Il glutammato invece è precursore del GABA (acido gamma-amminobutirrico), un
importante neurotrasmettitore la cui carenza altera il bilancio osmotico.

I 6 prodotti ottenuti dal catabolismo degli amminoacidi possono entrare nel ciclo dell'acido
citrico.
Gli scheletri carboniosi sono indirizzati alla gluconeogenesi o alla chetogenesi oppure
vengono completamente ossidati ad anidride carbonica e acqua.

Sette amminoacidi vengono degradati completamente o in parte ad ACETIL-CoA o


ACETOACETIL-CoA e sono:
• FENILALANINA
• TIROSINA
• ISOLEUCINA
• LEUCINA
• TRIPTOFANO
• TREONINA
• LISINA

123
A livello del fegato l'acetoacetil-CoA porta alla formazione di CORPI CHETONICI; dalla
sua degradazione si ottengono ACETONE e BETA-IDROSSIBUTIRRATO. Per questo
motivo questi amminoacidi sono detti CHETOGENICI e la capacità degli amminoacidi di
produrre corpi chetonici è particolarmente evidente nel DIABETE MELLITO non
controllato. Alcuni di questi 7 amminoacidi vengono detti GLUCOGENICI e vengono
convertiti in PIRUVATO, ALFA-CHETOGLUTARATO, FUMARATO, SUCCINIL-CoA e
OSSALACETATO per essere riutilizzati nella sintesi di GLUCOSIO e GLICOGENO.

Sono sia CHETOGENICI che GLUCOGENICI:


• TRIPTOFANO
• FENILALANINA
• TIROSINA
• TREONINA
• ISOLEUCINA

LEUCINA e LISINA sono esclusivamente chetogenici.

Di tutti i 20 amminoacidi, 6 vengono degradati a PIRUVATO e sono:


• ALANINA
• CISTEINA
• GLICINA
• SERINA
• TREONINA
• TRIPTOFANO

Vengono convertiti in GLUTAMMATO:


• ARGININA
• PROLINA
• GLUTAMMINA
• ISTIDINA
A sua volta il glutammato viene convertito in ALFA-CHETOGLUTARATO.

Il SUCCINIL-CoA può essere ottenuto da:


• ISOLEUCINA
• METIONINA
• TREONINA
• VALINA

Gli amminoacidi a catena ramificata come LEUCINA, VALINA e ISOLEUCINA non


vengono degradati nel fegato ma in tessuti extraepatici in cui è presente
un'amminotrasferasi assente nel fegato che produce i corrispondenti chetoacidi.
ARGININA e ASPARTATO vengono degradati a OSSALACETATO che nei mammiferi
viene convertito in MALATO per entrare nel ciclo dell'acido citrico mentre nei batteri entra
nel ciclo sotto forma di ossalacetato.
L'ossalacetato viene convertito a MALATO nel citosol e quindi trasportato all'interno della
matrice mitocondriale.
FENILALANINA e TIROSINA vengono convertite invece in FUMARATO.

Le parti degli amminoacidi che non entrano nel ciclo dell'acido citrico degli scheletri
carboniosi degli amminoacidi ma che generano Acetil-CoA vengono completamente
ossidate nella FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA.

124
ESCREZIONE DELL'AZOTO E CICLO DELL'UREA

La via metabolica del ciclo dell'urea ha luogo quasi esclusivamente nel fegato ed è il
destino metabolico della maggior parte dell'ammoniaca che vi giunge.
L'urea poi passa nel sangue e raggiunge i reni dove viene escreta tramite le urine.

L'urea viene prodotta in 4 tappe enzimatiche.


La prima tappa ha luogo nei mitocondri mentre le 3 tappe successive avvengono nel
citosol degli epatociti.
L'ammonio nei mitocondri viene
immediatamente utilizzato insieme all'anidride
carbonica prodotta nella respirazione
mitocondriale, presente sotto forma di
bicarbonato, per formare il CARBAMIL
FOSFATO (con formazione intermedia del
CARBAMATO).
Questa reazione è ATP-DIPENDENTE ed è
catalizzata dalla CARBAMILFOSFATO
SINTETASI I, un enzima regolatore che esiste
anche nella forma citosolica di CARBAMIL
FOSFATO SINTETASI II e che catalizza la
reazione di sintesi delle pirimidine.

La carbamilfosfato sintetasi I viene attivata allostericamente dall'N-


ACETILGLUTAMMATO, principale regolatore del ciclo dell'urea.
La reazione di sintesi del CARBAMILFOSFATO è molto dispendiosa dal
punto di vista energetico.
Il carbamilfosfato può essere considerato un DONATORE di GRUPPI
CARBAMILICI ATTIVATI ed entra quindi nel ciclo dell'urea, una via
metabolica ciclica che avviene in 4 tappe enzimatiche.

La prima tappa avviene nel MITOCONDRIO in cui il carbamilfosfato reagisce con l'ornitina
per formare CITRULLINA grazie all'enzima ORNITINA TRANSCARBAMILASI cedendo il
suo gruppo carbamilico con contemporaneo rilascio di fosfato inorganico (Pi).
L'ornitina non fa parte dei 20 amminoacidi standard presenti comunemente nelle proteine
e viene sintetizzata a partire dal glutammato.
La citrullina esce dai mitocondri e il ciclo continua nel citosol.

Le due tappe successive forniscono il secondo gruppo amminico la cui fonte è l'aspartato
prodotto per transamminazione nei mitocondri e trasportato nel citosol.

Nella seconda tappa il gruppo amminico dell'ASPARTATO si combina con il gruppo


carbamminico della citrullina, che è detto gruppo UREIDICO, generando il composto
ARGINOSUCCINATO grazie all'enzima ARGINOSUCCINATO SINTETASI che richiede
ATP e procede attraverso la formazione di un intermedio detto CITRULLIL-AMP.

Nella terza tappa l'arginosuccinato viene scisso dall'ARGINOSUCCIANTO LIASI che


libera ARGININA e FUMARATO tramite una reazione reversibile (l'unica del ciclo
dell'urea).
Il fumarato prodotto entra nei mitocondri e diventa un intermemdio del ciclo di krebs.
Infatti il ciclo di krebs può essere ricollegato al ciclo dell'urea proprio perchè il FUMARATO
prodotto viene prima convertito a MALATO nel citosol grazie alla FUMARASI o

125
FUMARATO IDRATASI e poi il malato viene convertito dalla MALATO DEIDROGENASI in
ossalacetato che entra poi nel ciclo di krebs.

Le reazioni catalizzate dalla fumarasi, dalla malato deidrogenasi e dall'arginosuccinato


liasi costituisco lo SHUNT DELL'ASPARTATO-ARGINOSUCCINATO che genera quindi i
collegamenti metabolici tra le due vie.

Nella quarta tappa l'enzima ARGINASI scinde per idrolisi l'arginina in UREA e ORNITINA.
L'ornitina rientra nei mitocondri per cominciare un nuovo ciclo.
L'UREA prodotta possiede un atomo di azoto proveniente all'ammoniaca incorporata nel
carbamilfosfato mentre l'altro atomo di azoto proviene dall'aspartato.
L'atomo di carbonio invece proviene dal bicarbonato.

L'attività del ciclo dell'urea è regolata a due livelli:


• SINTESI EPATICA DEI 4 ENZIMI COINVOLTI NEL CICLO DELL'UREA
• AZIONE DELLA CARBAMILFOSFATO SINTETASI I che viene attivata
allostericamente dall'N-acetilglutammato che viene sintetizzato dall'acetil-CoA e dal
glutammato grazie all'N-ACETILGLUTAMMATO SINTASI.
Il livello di N-acetilglutammato è mantenuto stazionario dalle concentrazioni di
glutammato, acetil-CoA e arginina.

126
SINTESI PROTEICA

In generale la sintesi delle biomolecole polimeriche può essere suddivisa in stadi di inizio,
allungamento e terminazione.
La sintesi proteica avviene i 5 stadi.

1. ATTIVAZIONE DEGLI AMMINOACIDI


Il gruppo carbossilico di ciascun amminoacido deve essere attivato per facilitare la
formazione del legame peptidico.
Inoltre deve essere stabilita una corrispondenza tra un nuovo amminoacido e
l'informazione contenuta nell'mRNA che lo codifica.
Questi requisiti vengono ottenuti tramite l'attacco dell'amminoacido al tRNA che
rappresenta un punto cruciale.
Questa fase di formazione degli AMMINOACIL-tRNA avviene nel citosol grazie
all'azione di enzimi specifici detti AMMINOACIL-tRNA SINTETASI (Mg 2+
dipendenti) con la simultanea scissione dell'ATP in AMP e PPi (pirofosfato
inorganico).
Alcune amminoacil-tRNA sintetasi attuano un meccanismo di correzione delle
bozze detto PROOF-READING che garantisce la fedeltà della sintesi proteica.

2. INIZIO
L'mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma e all'amminoacil-tRNA.
Dopodichè si lega la subunità maggiore del ribosoma e si forma il COMPLESSO
D'INIZIO.
Tale complesso scorre sulla molecola di mRNA in direzione 5'->3' fino ad
individuare il codone AUG del messaggero che codifica l'amminoacido METIONINA
che segnala l'inizio della catena polipeptidica.
Questo processo richiede GTP ed è promosso da proteine citosoliche che vengono
dette FATTORI D'INIZIO. Questo processo ha luogo nel sito P del ribosoma.

3. ALLUNGAMENTO
La catena polipeptidica si forma grazie all'unione covalente delle unità
amminoacidiche successive.
In questa fase sono necessari:
- GTP
- FATTORI DI ALLUNGAMENTO (3 proteine citosoliche solubili)
- AMMINOACIL-tRNA
- COMPLESSO D'INIZIO
Ciò avviene nel sito A del ribosoma.

4. TERMINAZIONE
Il completamento della catena polipeptidica è segnalato da un CODONE DI
TERMINAZIONE dell'mRNA e avviene grazie all'intervento dei fattori di rilascio.
I codoni di terminazione sono: UAA, UGA e AUG.
Si ha un elevato investimento di energia che però garantisce la fedeltà della
traduzione.

5. RIPIEGAMENTO E MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI


Per acquisire la sua forma biologicamente attiva, ogni polipeptide deve assumere la
sua conformazione tridimensionale ed eventualmente subire modificazioni da parte
degli enzimi come la rimozione di uno o più amminoacidi o l'aggiunta di gruppi
funzionali (acetile, fosfato, metile, carbossile), oligosaccaridi o gruppi prostetici.

127
La sintesi proteica tra PROCARIOTI ed EUCARIOTI presenta delle notevoli differenze.
Nei procarioti il codone d'inizio 5' AUG viene diretto verso la sua corretta posizione da un
segnale d'inizio detto SEQUENZA DI SHINE-DALGARNO all'interno della molecola di
mRNA.
Procarioti ed eucarioti differiscono per il numero di componenti e nei dettagli dei
meccanismi.
Le cellule eucariotiche hanno almeno 12 fattori d'inizio mentre le cellule procariotiche ne
hanno solo 3.
Inoltre nei procarioti troviamo ribosomi 70s, 1 tRNA per la METIONINA e un tRNA per la N-
FORMIL METIONINA.
Negli eucarioti sono coinvolti nella sintesi proteica ribosomi 80s e il tRNA per la metionina
è diverso da quello batterico.

MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI
Le modificazioni post-traduzionali di molte proteine eucariotiche cominciano nel RE a cui
sono destinate le proteine che devono essere secrete, integrate nella membrana o incluse
nei lisosomi.
Le proteine destinate a mitocondri, cloroplasti e nucleo utilizzano 3 meccanismi separati
mentre quelle destinate al citosol restano dove sono state sintetizzate.

Tutte le proteine che devono essere trasportate nei vari distretti possiedono una sequenza
segnale e che viene rimossa durante o dopo il trasporto.
Ogni classe di sequenza segnale viene riconosciuta da una particella di riconoscimento
(SRP) che si lega alla sequenza segnale quando ancora il peptide è legato al ribosoma e
sia il peptide incompleto che il ribosoma vengono trasferiti al reticolo endoplasmatico dove
vengono trasformati e trasferiti all'apparato di Golgi che li indirizza nei vari distretti.

Un ruolo chiave viene svolto dalla GLICOSILAZIONE che porta alla formazione di
glicoproteine in cui gli oligosaccaridi si legano a residui di asparagina in N.
Quindi tra le modificazioni post-traduzionali ricordiamo:
• MODIFICAZIONI AMMINOTERMINALI
• MODIFICAZIONI CARBOSSITERMINALI
• PERDITA DI SEQUENZE SEGNALE
• MODIFICAZIONI DI SINGOLI AMMINOACIDI
• AGGIUNTA DI CATENE LATERALI GLUCIDICHE
• AGGIUNTA DI GRUPPI ISOPRENILICI
• AGGIUNTA DI GRUPPI PROSTETICI
• MODIFICAZIONI PROTEOLITICHE
• FORMAZIONE DI PONTI DISOLFURO

Le proteine che devono essere portate nel nucleo possiedono una sequenza segnale
interna che non viene scissa una volta che la proteina giunge a destinazione.

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REGOLAZIONE ORMONALE

Il controllo dei processi coinvolti nel mantenimento dell'omeostasi coninvolge la


regolazione ormonale.
Quindi il controllo dei cambiamenti percepiti dalle cellule dei tessuti avviene tramite dei
messaggeri che sono gli ORMONI.
Il fegato modifica e distribuisce le sostanze nutrienti.
Nei mammiferi carboidrati, lipidi e proteine vanno incontro a idrolisi enzimatica con
liberazione delle loro unità monomeriche.
Quasi tutti gli zuccheri e gli amminoacidi (più una parte dei triacilgliceroli) passano nel
sangue e vengono assunti dagli EPATOCITI che trasformano le unità in componenti che
possono generare energia e in precursori necessari ad altri tessuti, verso cui viaggiano
attraverso il flusso sanguigno.
Le sostanze giungono al fegato tramite la VENA PORTA, via principale di trasporto delle
sostanze dagli organi dell'apparato digerente al fegato.
La parte dei triacilgliceroli che non vengono assorbiti dagli epatociti entra nel sistema
linfatico per giungere poi agli adipociti.

I tipi e la quantità di sostanze prodotte dal fegato viaria in base a:


– composizione della dieta
– intervallo di tempo fra un pasto e l'altro

La richiesta di tali sostanze da parte dei tessuti extraepatici varia da organo a organo e si
basa anche sull'attività dell'organismo.

Gli ZUCCHERI, una volta degradati e digeriti, entrano nel fegato.


Il glucosio a livello epatico viene fosforilato a glucosio 6 fosfato dall'ESOCHINASI IV o
GLUCOCHINASI che ha una KM elevata.
Il fruttosio, il galattosio e il mannosio vengono convertiti in glucosio 6 fosfato.
Il glucosio 6 fosfato nel fegato può prendere 5 vie differenti sulla base delle necessità
dell'organismo e il flusso di glucosio in ciascuna viene regolato allostericamente.
Si tratta di vie anaboliche e cataboliche che permettono di distribuire glucosio nei vari
organi.

Gli AMMINOACIDI possono intraprendere molte vie a livello epatico.


Tra queste vie è molto importante il loro coinvolgimento nel TURNOVER delle proteine che
nel fegato è piuttosto elevato (hanno una vita media di pochi giorni).
Negli intervalli tra un pasto e l'altro il fegato utilizza gli amminoacidi provenienti dalla
degradazione delle proteine muscolari sotto forma di ALANINA per deamminarla a
PIRUVATO, trasformarla in glucosio e rimandarla nel muscolo costituendo il CICLO
GLUCOSIO-ALANINA che rende meno rilevanti le variazioni di glicemia tra un pasto e
l'altra.

I LIPIDI ugualmente possono intraprendere vari destini.


La BETA-OSSIDAZIONE degli acidi grassi produce ACETIL-CoA; quando viene prodotto
in eccesso viene trasformato in corpi chetonici che sono un'importante fonte di energia per
cuore (30%) e cervello (60%) durante il digiuno prolungato.
Gli acidi grassi inoltre vengono convertiti in fosfolipidi e triacilgliceroli e legati alle
lipoproteine plasmatiche che li trasportano al tessuto adiposo.
Una parte degli acidi grassi liberi viene legata all'ALBUMINA SERICA (che lega al
massimo 10 acidi grassi) che li trasporta a cuore e muscolo scheletrico che a loro volta li
assorbono e li ossidano per ricavare energia.

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Quindi il fegato si comporta come un CENTRO DI DISTRIBUZIONE per tutto il corpo che
esporta le sostanze nutrienti nella corretta misura agli altri organi annullando le
FLUTTUAZIONI DEL METABOLISMO dovute all'assunzione intermittente del cibo e
trasformando i gruppi amminici in eccesso in UREA e altre sostanze di scarto eliminate
tramite i reni.

Il fegato è attivo anche nella detossificazione da composti organici estranei all'organismo


(farmaci, conservanti, ecc...) comportando modificazioni chimiche che sono necessarie per
rendere tali sostanze solubili ed eliminabili dall'organismo (come ad esempio
l'ossidrilazione).

TESSUTO ADIPOSO

Il tessuto adiposo immagazzina e distribuisce acidi grassi.


Distinguiamo due tipi di tessuto adiposo:
– WAT o TESSUTO ADIPOSO BIANCO
– BAT o TESSUTO ADIPOSO BRUNO

Il TESSUTO ADIPOSO BIANCO è amorfo e ampiamente distribuito nel corpo (15% della
massa).
Gli ADIPOCITI del tessuto adiposo bianco sono molto attivi metabolicamente.
Il loro metabolismo è integrato con quello epatico, quello cardiaco e muscolare scheletrico,
soprattutto per quanto riguarda il metabolismo glucidico, la via del ciclo di krebs e della
fosforilazione ossidativa (tutto ciò sotto stimolo ormonale).
Inoltre, in seguito a elevate concentrazioni di glucosio, viene stimolata la sintesi di acidi
grassiche vengono poi depositati come TRIACILGLICEROLI (65% della massa cellulare
degli adipociti).
Quindi il tessuto adiposo svolge la funzione principale di deposito di combustibile
metabolico ma svolge anche un ruolo molto importante come organo endocrino
producendo e rilasciando ormoni che segnalano lo stato delle riserve energetiche,
coordinando in questo modo il metabolismo dei grassi e dei carboidrati (REGOLAZIONE
DA ADRENALINA-INSULINA).
Nell'adipocita, sintesi e degradazione dei trigliceridi avvengono di continuo sotto il controllo
di LIPASI ORMONE-DIPENDENTE.
Nelle cellule del tessuto adiposo non esiste la GLICEROLO CHINASI, quindi la sintesi può
avvenire solamente a partire da diidrossiacetone fosfato.
Inoltre la concentrazione di glucosio regola la sintesi e il metabolismo del tessuto adiposo.

L'azione delle lipasi viene incrementata dall'ADRENALINA che stimola la fosforilazione


della PERILIPINA cAMP-dipendente permettendo alle lipasi di avere accesso alle gocce
lipidiche dei triacilgliceroli.
L'INSULINA controbilancia l'effetto dell'adrenalina riducendo l'attività della LIPOLISI.
Il 70% degli acidi grassi liberi viene riutilizzato per formare trigliceridi.

Il TESSUTO ADIPOSO BRUNO è detto TERMOGENICO in quanto è strettamente


coinvolto nella termogenesi. Le cellule del tessuto adiposo bruno sono più piccole rispetto
agli adipociti del tessuto adiposo bianco.
Hanno una forma molto poligonale e possiedono molti mitocondri, molte piccole gocce
lipidiche e una maggiore capillarizzazione.
La maggiore capillarizzazione comporta un contenuto di emoglobina più elevato che
conferisce al tessuto un colore più scuro.

130
Nel FETO umano, il tessuto adiposo bruno, inizia a formarsi durante la ventesima
settimana di gestazione dal differenziamento dei FIBROBLASTI.
Alla nascita costituisce circa l'1% della massa corporea ed è localizzato in zone che
impediscono il raffreddamento delle zone vitali quando il neonato entra a contatto con un
ambiente più freddo (ad esempio cuore e visceri).
Subito dopo la nascita comincia a formarsi il tessuto adiposo bianco mentre quello bruno
tende a scomparire.
In un individuo adulto, gli adipociti bruni sono sparsi tra quelli bianchi andando a costituire
circa l'1% degli adipociti totali.
Gli adulti possiedono dei PREADIPOCITI che vengono indotti a differenziarsi in adipociti
bruni nei fenomeni di adattamento a basse temperature.

TESSUTO MUSCOLARE

I muscoli utilizzano ATP, per produrre lavoro meccanico, che viene prodotto dai miociti
come fonte di energia immediatamente utilizzabile per la contrazione.
Il muscolo contiene grandi quantità di FOSFOCREATINA che può generare rapidamente
ATP ad opera della CREATINA CHINASI.
A seconda del grado di attività muscolare, i muscoli possono utilizzare:
– GLICOGENO MUSCOLARE durante l'attività muscolare intensa
– ACIDI GRASSI, CORPI CHETONICI e GLUCOSIO EMATICO durante un'attività
muscolare leggera o a riposo.

Il muscolo cardiaco differisce dal muscolo scheletrico per il fatto che è continuamente in
attività con un ritmo regolare di contrazione e rilassamento.
Il metabolismo delle cellule miocardiche è completamente aerobio e perciò contengono
molti più mitocondri (costituiscono più della metà del volume cellulare) e utilizzano come
nutrienti glucosio, acidi grassi e corpi chetonici.
Il muscolo cardiaco non conserva grandi quantità di glucidi o glicogeno e solo piccole
quantità di energia vengono conservate sotto forma di fosfocreatina.

CERVELLO

Il cervello utilizza energia per trasmettere impulsi nervosi.


Il cervello dei mammiferi ha un metabolismo particolare:
1. Normalmente usa solo glucosio come sostanza nutriente, mentre solo gli astrociti
usano gli acidi grassi come fonte di energia.
2. Ha un metabolismo respiratorio molto attivo; consuma circa il 20% dell'ossigeno e
tale consumo non si modifica molto in funzione delle diverse attività dell'organismo.
3. Contiene pochi granuli di glicogeno all'interno delle cellule, perciò dipende
continuamente dal glucosio ematico.
Se il glucosio nel sangue dovesse scendere sotto un livello critico, potrebbero
avvenire modificazioni profonde anche irreversibili nelle funzioni cerebrali.

Le fonti di energia del cervello variano con gli stati nutrizionali.


Anche se i neuroni non possono utilizzare gli acidi grassi e i lipidi come sostanze nutrienti
in maniera diretta, utilizzano BETA-IDROSSIBUTIRRATO prodotto dagli acidi grassi a
livello epatico e lo utiizzano, ossidandolo, per formare ACETIL-CoA che riveste un ruolo
molto importante durante periodi di digiuno prolungato.

131
REGOLAZIONE COORDINATA DI GLICOLISI E GLUCONEOGENESI

La gluconeogenesi e la glicolisi hanno 7 enzimi in comune, che catalizzano le reazioni


reversibili delle due vie.
Nelle altre tre tappe, le reazioni in una direzione e in quella inversa sono catalizzate da
enzimi diversi e costituiscono i punti di regolazione delle due vie.

In situazioni di glicemia bassa o alta, è molto importante che la sintesi e la degradazione


del glicogeno siano coordinate.
La GLICOGENOLISI coinfìvolge l'enzima GLICOGENO FOSFORILASI che degrada il
glicogeno a glucosio 1 fosfato.
La glicogeno fosforilasi è regolata sia allostericamente che ormonalmente.
La glicogeno fosforilasi può avere due forme interconvertibili:
– GLICOGENO FOSFORILASI A
– GLICOGENO FOSFORILASI B
La fosforilasi B rappresenta la forma inattiva (defosforilata) mentre la fosforilasi A
rappresenta la forma attiva (fosforilata).
La fosforilasi viene attivata tramite una cascata enzimatica attivata a sua volta da
ADRENALINA e GLUCAGONE.
L'ADRENALINA si lega a specifici recettori dei miociti, il GLUCAGONE invece si lega a
recettori specifici presenti sulla membrana degli epatociti.
Questi recettori sono associati a proteine G che legano il GTP.
Le subunità alfa di queste proteine G sono attivate e innescano un aumento della
concentrazione di cAMP che a sua volta attiva la PKA (protein chinasi A).
Da qui si attiva una serie di fosforilazioni: la PKA attiva la FOSFORILASI B CHINASI che a
sua volta attiva la GLICOGENO FOSFORILASI (passa dalla forma B alla forma A).
Si tratta di un effetto a cascata che amplifica il segnale iniziale.
Il risultato finale è la demolizione del glicogeno per formare GLUCOSIO che può essere
ossidato al fine di produrre ATP attraverso la via glicolitica a livello muscolare.
Questo ATP è necessario per promuovere la contrazione muscolare.
Nel fegato il glucosio può essere introdotto nel circolo ematico per giungere agli altri organi
(condizioni di ipoglicemia).
Quindi l'adrenalina e il glucagone promuovono la glicogenolisi e di conseguenza l'ingresso
di glucosio nella via glicolitica.

Anche la GLICOGENO SINTASI è regolata mediante fosforilazione/defosforilazione.


La forma defosforilata è attiva ed è la GLICOGENO SINTASI A, la forma fosforilata è
inattiva ed è la GLICOGENO SINTASI B.
La fosforilazione dell'ezima avviene a livello di diversi residui di serina presenti a livello
delle due subunità che costituiscono l'enzima.
La GLICOGENO SINTASI può essere fosforilata da almeno 11 differenti tipi di PROTEINA
CHINASI.
La proteina chinasi più importante è la GLICOGENO SINTASI CHINASI 3 (GSK-3) che
aggiunge residui fosforici a livello di 3 residui di Serina molto vicini all'estremità carbossi-
terminale della glicogeno sintasi, rendendo quest'ultima quasi del tutto inattiva.
L'azione della GSK-3 è permessa solo grazie all'intervento della CASEINA CHINASI (CK-
II) che fosforila un residuo amminoacidico vicino al sito di fosforilazione della GSK-3;
questo processo viene detto PRIMING o INNESCO.
La GLICOGENO SINTASI B è convertita nella forma attiva dalla FOSFOPROTEINA
FOSFATASI (PP1) che è legata alla particella di glicogeno.
Nel fegato la PP1 rimuove i gruppi fosforici dai 3 residui fosforilati della GS e catalizza
anche la defosforilazione, con conseguente inattivazione, della glicogeno fosforilasi.

132
La GSK-3 media alcune delle azioni dell'insulina.
Il legame dell'INSULINA con il suo recettore attiva una TIROSINA CHINASI presente nel
recettore stesso.
La tirosina chinasi determina, tramite una serie di eventi, l'attivazione della PKB che
fosforila la GSK-3 inattivandola.
Questa inattivazione permette alla PP1 di defosforilare la GSK-3 attivandola per stimolare
la sintesi di glicogeno.
In questo modo l'insulina è in grado di stimolare la sintesi di glicogeno.

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BIOSINTESI E DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO

Il glicogeno immagazzinato nei tessuti animali (soprattutto nel fegato e nei muscoli) può
essere mobilizzato grazie ad una reazione FOSFOROLITICA endocellulare catalizzata
dalla GLICOGENO FOSFORILASI.
Questo enzima catalizza l'attacco da parte del FOSFATO INORGANICO del legame
GLICOSIDICO alfa 1-4 che unisce gli ultimi residui di glucosio al resto della molecola a
livello di un'estremità NON RIDUCENTE.
Viene generato da questa reazione il GLUCOSIO 1 FOSFATO e un polimero accorciato di
un residuo di glucosio.
La fosforilasi consente di conservare parte dell'energia del legame glicosidico nel glucosio
1 fosfato prodotto.
L'enzima agisce ripetitivamente finchè non giunge ad un punto di ramificazione in cui è
presente un legame glicosidico alfa 1-6 dove la sua azione si interrompe.
Interviene perciò un ENZIMA DERAMIFICANTE per rimovere le ramificazioni.
Il glucosio 1 fosfato prodotto dalla glicogeno fosforilasi viene convertito in GLUCOSIO 6
FOSFATO dalla FOSFOGLUCOMUTASI.
Le mutasi sono enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo funzionale da una
porzione all'altra all'interno di una stessa molecola.
Le mutasi sono una sottoclasse delle isomerasi, che interconvertono gli stereoisomeri, gli
isomeri strutturali o quelli di posizione.
La demolizione del glicogeno introdotto con la dieta nel tratto gastrointestinale viene
demolito attraverso una serie di enzimi diversi che lo convertono in glucosio libero.

DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO

La degradazione del glicogeno è


detta anche GLICOGENOLISI e
prevede la degradazione del
glicogeno a GLUCOSIO 1 FOSFATO.
Quindi, nel muscolo scheletrico e nel
fegato, le unità di glucosio provenienti
dal glicogeno entrano nella glicolisi
per azione di 3 enzimi:
– GLICOGENO FOSFORILASI
– ENZIMA DERAMIFICANTE
– FOSFOGLUCOMUTASI
La glicogeno fosforilasi, che catalizza
la reazione di scissione del legame
glicosidico alfa 1-4, permette di
formare il glucosio 1 fosfato per VIA
FOSFOROLITICA che è ben diversa
dall'IDROLISI che viene attuata
invece nel caso della scissione dell'amido.
Il PIRIDOSSAL FOSFATO (PLP) è un cofattore essenziale della glicogeno fosforilasi: il
suo gruppo fosforico agisce com un catalizzatore acido promuovendo l'attacco del Pi sul
legame glicosidico.
Il glucosio 1 fosfato viene convertito poi dalla FOSFOGLUCOMUTASI in GLUCOSIO 6
FOSFATO tramite una reazione reversibile.
La fosfoglucomutasi è fosforilata inizialmente a livello di un residuo di Serina che dona il
suo gruppo fosforico all'atomo C-6 del substrato e accetta poi il gruppo fosforico dal C-1
dello stesso substrato.

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In questo modo l'enzima è ripristinato per continuare a compiere la sua azione catalitica e
il glucosio 6 fosfato può entrare nella glicolisi e servire come fonte energetica per la
contrazione muscolare (a livello del muscolo scheletrico).
Nel fegato la scissione del glicogeno ha lo scopo di permettere il rilascio di glucosio nel
circolo ematico quando la glicemia diminuisce (come nell'intervallo tra due pasti).
La scissione richiede l'intervento della GLUCOSIO 6 FOSFATASI che è presente a livello
di fegato e reni ma non in altri tessuti.
La glucosio 6 fosfatasi è una proteina integrale di membrana del reticolo endoplasmatico
il cui sito attivo è rivolto verso il lume del RE.
Dopo la rimozione sequenziale dei residui terminali di
glucosio da parte della glicogeno fosforilasi, i residui di
glucosio vicini ad un punto di ramificazione (quattro
residui) sono rimossi mediante un processo a due
tappe che prevede l'azione di un ENZIMA
DERAMIFICANTE BIFUNZIONALE.
L'enzima deramificante quindi compie due attività:
– TRASFERASICA
– GLICOSIDASICA
L'attività TRASFERASICA di questo enzima sposta
dapprima un blocco di 3 residui dalla ramificazione
all'estremità non riducente vicina e legandolo ad essa
mediante un legame alfa 1-4.
Resta un singolo residuo di glucosio sul punto della
ramificazione che resta attaccato alla catena mediante
un legame alfa 1-6.
Questo residuo viene rilasciato grazie all'azione
GLICOSIDASICA dell'enzima che permette di produrre
un residuo di glucosio libero.
Si ottiene quindi un polimero deramificato che può
subire l'azione della fosforilasi.

SINTESI DEL GLICOGENO

La sintesi del glicogeno avviene praticamente in tutti i tessuti animali, ma soprattutto nel
fegato e nel muscolo scheletrico.
Il punto di partenza per la sintesi del glicogeno è GLUCOSIO 6 FOSFATO che può
derivare dal glucosio libero mediante fosforilazione da parte dell'ESOCHINASI I e II nel
muscolo o dell'ESOCHINASI IV (GLUCOCHINASI) nel fegato.
Una parte del glucosio ingerito durante un pasto segue
una via più lunga prima di essere convertita in glicogeno.
Il glucosio entra prima negli eritrociti dove sono convertite
in LATTATO in seguito a glicolisi e fermentazione lattica; il
lattato esce dai globuli rossi e raggiunge il fegato in cui la
gluconeogenesi permette di convertirlo in GLUCOSIO 6
FOSFATO.
Il glucosio 6 fosfato viene convertito dalla
FOSFOGLUCOMUTASI in GLUCOSIO 1 FOSFATO.
Il glucosio 1 fosfato viene convertito in UDP-GLUCOSIO
dalla UDP-GLUCOSIO PIROFOSFORILASI a partire da
GLUCOSIO 1 FOSFATO e UTP con liberazione di PPi.

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L'UDP-GLUCOSIO è il donatore delle unità di glucosio nella reazione catalizzata dalla
GLICOGENO SINTASI, enzima che catalizza il trasferimento del residuo glucosidico
dall'UDP-GLUCOSIO a un'estremità non riducente di una molecola ramificata di glicogeno.
Quindi una catena di glicogeno viene allungata dalla glicogeno sintasi con formazione di
legami glicosidici alfa 1-4.
La glicogeno sintasi non può formare legami alfa
1-6 presenti al punto di ramificazione della
molecola di glicogeno; questi legami sono
formati dall'enzima ramificante GLICOSIL (4-6)
TRASFERASI.
L'enzima ramificante catalizza il trasferimento di
6-7 residui appartenenti ad un segmento
terminale; questo segmento viene trasferito
dall'estremità non riducente di una catena lineare
di glicogeno lunga almeno 11 residui al C-6 di un
residuo di glucosio della stessa catena o di
un'altra catena, localizzato in un punto più
interno.
La glicogeno sintasi può procedere con
l'aggiunta di altri residui glicosidici alla nuova
ramificazione.
La glicogeno sintasi non può dare inizio alla
sintesi de novo del glicogeno.
L'enzima richiede un innesco o primer, cioè di
una catena preformata di alfa 1-4 poliglucosio o
di una ramificazione che abbia almeno 8 residui
di glucosio.
Per formare però una nuova molecola è
necessaria una proteina detta GLICOGENINA
che svolge sia la funzione di PRIMER per dare
inizio alla sintesi che l'azione di
CATALIZZATORE per assemblare il primo tratto
della molecola di glicogeno.
La prima tappa di sintesi del glicogeno a partire dalla glicogenina prevede il trasferimento
di un residuo di glucosio dall'UDP-glucosio al gruppo ossidrilico di un residuo di TIROSINA
localizzato in posizione 194 della catena peptidica della glicogenina.
Tale reazione è catalizzata dall'azione glucosil-trasferasica della molecola stessa di
glicogenina.

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La glicogenina catalizza la
reazione di aggiunta di altri 7
residui glucidici per formare una
catena con 8 residui di glucosio,
ciascuno dei quali deriva
dall'UDP-glucosio.
Entra in gioco a questo punto la
glicogeno sintasi che estende
ulteriormente la catena di
glicogeno.
La glicogenina rimane inglobata
nella molecola ed è legata a
quest'ultima mediante un legame
covalente a livello dell'estremità
riducente.

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