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AMMINOACIDI E PROTEINE 2
LEGAME PEPTIDICO 5
PROTEINE FIBROSE 12
PROTEINE GLOBULARI 14
CARBOIDRATI 20
LIPIDI 28
MEMBRANE BIOLOGICHE 34
NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI 38
ENZIMI 46
CINETICA ENZIMATICA 51
COENZIMI 58
VITAMINE 63
BIOENERGETICA E METABOLISMO 65
GLICOLISI 69
GLUCONEOGENESI 77
VIA DEL PENTOSIO FOSFATO 80
PRODUZIONE DI ACETIL-CoA 82
CICLO DELL'ACIDO CITRICO 84
SINTESI DI ATP 89
METABOLISMO DEI LIPIDI 100
CATABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI 102
CORPI CHETONICI 108
BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI 110
BIOSINTESI DEI FOSFOLIPIDI E DEI TRIGLICERIDI 115
BIOSINTESI DEL COLESTEROLO 116
METABOLISMO DELLE PROTEINE 117
CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI 120
ESCREZIONE DELL'AZOTO E CICLO DELL'UREA 125
SINTESI PROTEICA 127
REGOLAZIONE ORMONALE 129
REGOLAZIONE COORDINATA DI GLICOLISI
E GLUCONEOGENESI 132
BIOSINTESI E DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO 134
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AMMINOACIDI, PEPTIDI E PROTEINE
Le proteine mediano praticamente tutti i processi che hanno luogo nelle cellule.
Sono le macromolecole biologiche più abbondanti e presenti in tutti i tipi di cellule e
funzioni subcellulari.
Le proteine inoltre sono gli strumenti molecolari mediante i quali si esprime l'informazione
genetica.
Le unità monomeriche delle proteine sono gli AMMINOACIDI. Ogni amminoacido ha una
catena laterale con specifiche proprietà chimiche.
Per generare una particolare proteina gli amminoacidi vengono legati covalentemente in
una caratteristica sequenza lineare che prende il nome di STRUTTURA PRIMARIA della
proteina.
AMMINOACIDI
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amminoacido possiamo analizzare cosa succede durante la sua titolazione.
Se nella catena laterale non sono presenti gruppi dissociabili allora le possibili forme
dell'amminoacido sono 3 come nel caso dell'ALANINA.
La forma AA+ è la forma totalmente protonata mentre la forma AA- è la forma totalmente
deprotonata.
La forma AA° è la forma zwitterionica che ha una carica netta pari a 0, a pH=7, che può
comportarsi sia da acido che da base (ANFOTERO o ANFOLITA).
Il pH caratteristico al quale la carica netta è 0 si chiama PUNTO ISOELETTRICO o pH
ISOELETTRICO.
Gli amminoacidi che hanno un gruppo R ionizzabile hanno curve di titolazione complesse
con 3 fasi di ionizzazione.
Distinguiamo amminoacidi BASICI e amminoacidi ACIDI.
Inoltre esistono amminoacidi aromatici e amminoacidi polari carichi e non carichi oltre a
quelli apolari (non carichi e non ionizzabili a livello della catena laterale).
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Oltre ai 20 amminoacidi comuni le proteine possono contenere dei residui amminoacidici
formati per modificazione chimica solo una volta che sono già stati incorporati gli
amminoacidi STANDARD nella catena polipeptidica.
Ad esempio ricordiamo:
• 4-Idrossiprolina
• 5-Idrossilisina
LEGAME PEPTIDICO
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I piani ammidici sono in grado di individuare degli angoli diedri che prendono il nome di
angoli PHI e PSI.
La rotazione attorno ai legami Calfa-N non è totalmente libera per motivi sterici e quindi la
variabilità conformazionale è limitata.
I valori di psi (tra Calfa e COO-) e phi (tra Calfa e NH) stericamente permessi e non sono
individuati dal grafico di RAMACHANDRAN che si basa sul calcolo delle energie relative a
ciascuna conformazione.
Quindi lo studio della struttura spaziale di numerose proteine ha messo in evidenza che in
alcuni tratti la catena polipeptidica assume conformazioni ordinate in cui i piani ammidici
individuano angoli phi e psi che si ripetono lungo il tratto. Queste zone prendono il nome di
STRUTTURE SECONDARIE.
In linea di principio phi e psi possono assumere valori compresi tra -180° e +180°, ma dal
momento che vi è impedimento sterico la conformazione per cui phi e psi assumono
valore pari a 0°non è permessa ma viene utilizzata come punto di riferimento.
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ALFA-ELICA
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BETA-FOGLIETTO
Il foglietto beta a sua volta può assumere una sua conformazione che prende il nome di
RIPIEGAMENTO BETA o BETA-TURN, una struttura pieghettata che consente alle catene
polipeptidiche di assumere una conformazione globulare.
Il ripiegamento beta è dato da sequenze di 4 residui che
contengono la PROLINA in posizione 2, la ci catena
laterale ingombrante ha una streochimica particolare che
gli altri amminoacidi non hanno, e la GLICINA in
posizione 3.
La glicina, avendo una catena laterale più piccola delle
altre, dà stabilità alla struttura senza causare
impedimento sterico.
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I piani ammidici del foglietto beta non giacciono sullo stesso piano e quindi la sua struttura
non è planare.
La formazione di queste strutture secondarie non è guidata solo dalla formazione di legami
H.
Le strutture secondarie si formano con lo scopo di produrre delle strutture compatte.
Questa è l'origine comune di alfa-eliche e foglietti beta.
In base alla sequenza amminoacidica è possibile immaginare la struttura che una catena
peptidica potrebbe assumere tramite l'utilizzo di 3 parametri che rappresentano la
probabilità che vari residui amminoacidici hanno di trovarsi nelle strutture secondarie:
• Palfa (alfa-elica)
• Pbeta (beta-foglietto)
• PT ( ripiegamento beta)
Lo studio di numerose proteine ha permesso di individuare organizzazioni strutturali
ricorrenti in cui elementi di struttura secondaria sono combinati per dare strutture
supersecondarie o motivi nella cui costituzione vi sono anche vari elementi di
connessione.
Un motivo comprende diversi tipi di struttura secondaria e ne sono stati individuati diversi
tipi:
• ELICA-GOMITO-ELICA:
Detto anche alfa-alfa CORNER. Questo motivo è comune nelle proteine che legano il Ca . 2+
STRUTTURA TERZIARIA
Una struttura terziaria corrisponde alla struttura tridimensionale completa di una catena
polipeptidica in base alla quale possiamo individuare diversi tipi di proteine che
suddividiamo in due classi: FIBROSE e GLOBULARI.
Una regione di proteina stabile e
ripiegata indipendentemente dal
resto della proteina è un tipo di
struttura terziaria che prende il
nome di DOMINIO.
In ogni motivo possono essere
presenti uno o più motivi
strutturali.
La struttura terziaria quindi
comprende elementi di struttura
secondaria.
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Polipeptidi con qualche centinaio di residui amminoacidici (o più) spesso si avvolgono
nello spazio formando due o più domini che talvolta svolgono funzioni diverse.
Il dominio di una proteina generalmente mantiene il suo ripiegamento anche se viene
separato dal resto della struttura proteica.
In una proteina con molti domini ciascuno può apparire come un lobo globulare distinto e
possono interagire tra loro mediante ampie superfici di contatto per cui distinguerli diventa
difficile.
Domini differenti di una stessa proteina svolgono funzioni diverse.
Generalmente le proteine di piccole dimensioni hanno un solo dominio e il dominio quindi
costituisce l'intera proteina.
Diversi tipi di interazioni stabilizzano la
struttura terziaria:
• PONTE DISOLFURO
• LEGAME H
• PONTE SALINO
• FORZE IDROFOBICHE
Queste interazioni si formano anche fra
amminoacidi molto distanti nella catena
polipeptidica.
Il folding delle proteine è guidato dalla
competizione tra le interazioni interne e le
interazioni con l'H2O; per via dell'effetto
idrofobico le catene laterali apolari degli
amminoacidi tendono a minimizzare il
contatto con l'acqua, che è destabilizzante,
raggruppandosi tra loro all'interno tramite
interazioni idrofobiche (es. Van Der Waals).
Disponendosi in questo modo le catene apolari trascinano verso l'interno anche i gruppi
ammidici polari che non potendo formare legami H con l'acqua li formano tra di loro.
La struttura terziaria di una proteina rappresenta la sua forma più attiva che è la forma
nativa.
La forma nativa comprende elementi di struttura 1 a, 2a e 3a.
La perdita parziale o totale di elementi di struttura 2 a e 3a porta alla DENATURAZIONE.
Lo stato ripiegato o folding di una proteina è uno stato energicamente favorito
(termodinamicamente) e il ripiegamento è un processo lungo e spontaneo.
Il processo di ripiegamento delle proteine è un processo che all'interno delle cellule
avviene con l'ausilio di altre proteine dette CHAPERONI MOLECOLARI che interagiscono
con i peptidi ripiegati parzialmente o in modo improprio facilitando il processo di
avvolgimento.
Le CHAPERONINE rappresentano una delle famiglie più comuni di chaperoni molecolari e
sono degli enzimi necessari per il ripiegamento.
A volte capita che il ripiegamento non avvenga in maniera corretta e perciò le proteine mal
ripiegate vengono eliminate e degradate nella cellula.
Se i meccanismi di controllo da parte degli chaperoni non vengono attuati in maniera
corretta, le proteine mal ripiegate vengono accumulate nella cellula e formano degli
aggregati, in particolare con l'invecchiamento, andando a provocare diverse malattie come
le AMILOIDOSI che portano all'accumulo di proteine amiloidi (alla base delle quali si trova
il foglietto beta) che formano delle fibre che non possono essere rimosse dalle proteasi
perchè sono molto resistenti. Patologie legate all'accumulo di proteine amiloidi sono:
• Morbo di Alzheimer
• Morbo di Parkinson
• Malattia di Huntington
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DENATURAZIONE
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CLASSIFICAZIONE DELLE PROTEINE
Possono essere classificate in due tipi differenti a seconda della morfologia complessiva
che comporta un differente ruolo assieme a una differente distribuzione.
PROTEINE FIBROSE
ALFA-CHERATINE
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COLLAGENO
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PROTEINE GLOBULARI
MIOGLOBINA ED EMOGLOBINA
MIOGLOBINA o Mb
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Due residui polari di Istidina si trovano all'interno e partecipano a
interazioni con il gruppo EME e l'O 2 legato.
Il gruppo EME è inserito in una TASCA IDROFOBICA della parte
proteica della molecola; la sua presenza influenza la conformazione
del polipeptide.
La numerazione alla catena della Mb può essere data riferendosi
alla POSIZIONE occupata dal residuo di una delle 8 eliche o in un
segmento interelica.
GRUPPO EME
E' costituito dallo IONE METALLICO Fe (II) e da una parte organica, la PROTOPORFINA
IX, costituita da 4 anelli a 5 membri che hanno la struttura base del pirrolo e sono uniti da
5 ponti METINILI (-CH=) per formare una struttura planare quadrata.
Sono presenti 6 siti di legame
ione-metallo nell'atomo di ferro; 4
dei 6 siti sono occupati dagli atomi
di N degli anelli pirrolici, il sito 5 è
occupato da uno degli atomi di N
dell'imidazolo della catena laterale
dell'His e il sito 6 è il sito in cui si
lega l'Ossigeno.
I siti 5 e 6 sono su lati opposti sul
piano dell'anello PORFIRINICO
che costituisce una struttura
MACROCICLICA.
Il Fe (III) non è in grado di legare
l'O2; il Fe (II) quando lega l'O2 si
ossida.
La funzione della proteina intorno
è quella di creare un ambiente
idrofobico in cui l'EME possa
essere inserito (TASCA DELL'EME).
Questa tasca è formata da una particolare disposizione dell'elica “E” e dell'elica “F” e al
suo interno sono contenute le catene laterali di amminoacidi non polari che quindi tengono
lontane le molecole di H2O e viene impedita l'ossidazione.
(Ciò non toglie che l'EME si ossida in minima parte).
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EMOGLOBINA o Hb
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Inoltre l'Emoglobina presenta due diversi spettri di assorbimento tra:
• Forma OSSIGENATA
• Forma DESOSSIGENATA
A seconda dell'assorbimento alle varie lambda può essere definita la saturazione.
Forma ossigenata e desossigenata presentano due differenti conformazioni che sono
state osservate grazie ai raggi X.
L'OSSIGENAZIONE induce delle variazioni nella struttura terziaria della catena che lega
l'O2.
Questa variazione si riflette in una MODIFICAZIONE della struttura quaternaria in quanto il
dimero alfa1-beta1 ruota rispetto al dimero alfa2-beta2.
Quindi le strutture terziarie dell'Hb (desossigenata) e dell'Hb (O 2)4 (ossigenata) sono
differenti e di conseguenza varia anche la struttura quaternaria.
In seguito alla rotazione del dimero alfa 1-beta1 variano anche le interazioni con gli
amminoacidi dell'altro dimero e varia anche la cavità interna al tetramero che diventa
minore con l'ossigenazione.
L'Hb desossigenata presenta l'EME con una forma a CUPOLA per motivi di ingombro
sterico e stabilità.
La variazione conformazionale indotta dall'O 2 permette che l'EME assuma una struttura
PLANARE e quindi meno stabile.
Il legame dell'O2 con l'EME conseguentemente modifica una porzione dell'elica F che
entrando in contatto con l'EME lo destabilizza.
Il movimento dell'elica F è dato dal fatto che l'His prossimale porta la proteina ad
assumere una nuova conformazione in cui anche le catene non legate all'O 2 mutano il loro
riarrangiamento spaziale rendendo più accessibile il sito di legame all'O 2 e quindi
aumentando l'AFFINITA'.
Inoltre vengono rotti dei ponti salini e ciò porta
ad una DESTABILIZZAZIONE dell'Hb
desossigenata.
Il legame cooperativo di un ligando può essere
descritto quantitativamente grazie
all'EQUAZIONE DI HILL.
Compare come termine nH che è il
COEFFICIENTE DI HILL, una misura del grado
di cooperatività che coincide con la pendenza
della retta.
Nel caso della Mb nH=1. Se nH>1 si ha
cooperatività.
L'affinità dell'Hb per l'O2 è influenzata da diversi
fattori:
• pH
• Concentrazione di fosfati organici
• CO2
L'effetto del pH sull'affinità Hb/O2 si spiega solo ammettendo che la reazione di
ossigenazione comporti una reazione ACIDO-BASE.
Le forme OSSIGENATA e DESOSSIGENATA subiscono anche una reazione di
PROTONAZIONE/DEPROTONAZIONE durante l'ossigenazione.
Quindi le due conformazioni hanno diversa acidità.
L'Hb desossigenata è meno ossigenata e quindi lega gli H+ in maniera differente rispetto a
quella ossigenata.
L'Hb deve trasportare l'O2 dai polmoni ai tessuti.
Il pH del sangue è diverso nei due distretti; nei tessuti infatti il pH è più BASSO, e quindi
più acido, a causa delle reazioni del metabolismo per via della formazione di CO 2.
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Nei polmoni il pH è un pochino meno acido (più ALTO).
Questo diverso valore di pH contribuisce al rilascio di O 2 da parte dell'Hb ossigenata dove
il pH è più acido a causa della [H+] maggiore e diventa meno affine verso l'O 2 rilasciandolo
con più facilità.
Sia gli H+ che la CO2 legano l'Hb influenzando la sua affinità per l'O 2.
L'effetto indotto dagli H+ è detto EFFETTO BOHR.
Può essere dovuto alla diversa acidità dell'His beta-146 nelle conformazioni R
(ossigenata) e T (desossigenata).
La catena laterale dell'Asp-94 forma quindi una coppia ionica con l'His-146 rendendo più
stabile la forma T (riduce la sua acidità).
L'Hb è definita una proteina ALLOSTERICA perchè può modificare il legame con il ligando
grazie ad EFFETTORI ALLOSTERICI come:
• IHP (Inositolo Pentafosfato)
• ATP (Adenosina Trifosfato)
• 2,3 BPG (2,3 Bisfosfoglicerato)
intermedio ottenuto dall'1,2 BPG; è un
derivato del glicerato la cui
concentrazione influenza l'affinità dell'Hb
nei confronti dell'O2 stabilizzando la forma
T. Anche il sito del 2,3 BPG viene
modificato durante la transizione R<--->T.
La tasca in cui si inserisce il fosfato è più piccola
in R mentre nella forma T il legame è
PREFERENZIALE e quindi si stabilizza la forma
a bassa affinità per l'O2.
In condizioni di diversa pO2 possiamo osservare un adattamento dell'organismo; a basse
pressioni di O2 aumenta il 2,3 BPG e i tessuti risultano meno ossigenati (viceversa ad alte
pressioni).
Il legame con il 2,3 BPG è di tipo ELETTROSTATICO perchè le sue cariche negative
interagiscono con quelle positive presenti a livello della tasca.
La CO2 NON si lega all'EME!
La CO2 si lega covalentemente con i gruppi amminici terminali dell'Hb che quindi è in
grado di trasportarla sotto forma di CARBAMMATI. Infatti l'HCO 3- reagisce con i gruppi
amminici terminali producendo H+ che favoriscono la forma T e permettono il rilascio di O 2
nei tessuti. Dai tessuti viene trasportato il 20% dell'Hb verso i polmoni.
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EMOGLOBINA FETALE
Anzichè avere 2 catene alfa e 2 catene beta, l'Hb FETALE possiede 2 catene ALFA e 2
catene GAMMA che anziché un'His presentano Ser in posizione 143.
Questa sostituzione è rilevante nel legame con il 2,3 BPG per cui presenta una minore
affinità e perciò le catene gamma mostrano una maggiore affinità verso l'O 2 consentendo
quindi lo scambio tra Hb materna e Hb fetale.
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CARBOIDRATI
MONOSACCARIDI
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formare un gruppo carbonilico mentre tutti gli altri atomi sono legati a dei gruppi ossidrilici.
Gli zuccheri che hanno un numero di atomi di C uguale o maggiore di 4 possono formare
in acqua delle strutture cicliche; la chiusura dell'anello comporta la formazione di un
ulteriore centro chirale che aumenta la complessità della molecola dal punto di vista
stereochimico.
I comuni monosaccaridi hanno delle strutture cicliche.
In natura sono molto diffusi anche zuccheri pentosi a 5
atomi di carbonio come il RIBOSIO e il
DEOSSIRIBOSIO, due aldosi che sono importanti
costituenti rispettivamente di RNA e DNA.
Il monosaccaride più abbondante in natura è il
GLUCOSIO (o DESTROSIO), uno zucchero a 6 atomi di
C (fa parte quindi degli zuccheri esosi).
Tra gli esosi più importanti ricordiamo anche GALATTOSIO, MALTOSIO e FRUTTOSIO.
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anomerico si trova al di sopra del piano della molecola.
Le forme anomeriche del D-glucosio possono interconvertirsi per MUTAROTAZIONE; in
questo processo l'anello assume per un breve istante la conformazione con catena lineare
per poi richiudersi nell'altra forma anomerica.
Due conformazioni sono interconvertibili se non si ha la rottura di legami covalenti. Se
viene rotto un legame covalente non vengono invertite le conformazioni (ad esempio nel
caso della rottura del legame con l'atomo di O).
Nel caso del glucosio si forma un anello a 6 termini di cui 5 sono atomi di carbonio e uno è
un atomo di ossigeno. Tale struttura costituisce un PIRANOSIO perchè deriva dal pirano,
un anello eterociclico a 6 termini.
Gli anelli a 5 atomi di carbonio aldosi e i chetoesosi invece, nella ciclizzazione, formano un
FURANOSIO che deriva dal furano, un anello eterociclico a 5 termini di cui uno è un
atomo di ossigeno e 4 sono atomi di carbonio.
I chetoesosi formano quindi nella ciclizzazione un legame emichetalico come nel caso del
beta-D-fruttofuranosio.
Le strutture cicliche degli zuccheri sono rappresentate dalle formule prospettiche di
Haworth e non dalle proiezioni di Fischer che vengono utilizzate generalmente per la
rappresentazione dei monosaccaridi nella loro forma con struttura lineare.
Nelle formule di Haworth l'anello a 6 membri è inclinato in maniera quasi perpendicolare al
piano del foglio.
Nella sintesi e nel catabolismo degli zuccheri gli intermedi chimici che si formano durante
le reazioni sono dei derivati fosforilati.
Ad esempio il glucosio-6-fosfato è un derivato del glucosio che condensa con una
molecola di acido fosforico mediante il suo gruppo ossidrilico collocato sull'atomo di
carbonio 6 per formare un ESTERE FOSFORICO.
Gli zuccheri fosforilati sono dei composti relativamente stabili a pH
fisiologico e presentano una carica netta negativa. Inoltre la
fosforilazione impedisce che gli zuccheri diffondano al di fuori della
cellula che non possiede i trasportatori specifici per zuccheri
fosforilati.
L'ossidazione degli zuccheri permette all'organismo di ottenere
energia metabolica utile per completare i vari processi vitali.
Gli zuccheri aldosi possono essere ossidati in maniera tale che il
gruppo aldeidico diventi un gruppo carbossilico.
Quando un'aldeide si ossida, gli agenti ossidanti si riducono (ad esempio il Cu2+ che è un
ossidante blando); per questo motivo gli zuccheri aldosi vengono detti zuccheri riducenti.
Inoltre i gruppi ossidrilici degli zuccheri possono reagire con acidi e derivati per formare
degli ESTERI (tra i più importanti abbiamo gli esteri fosfati).
È possibile che il gruppo ossidrilico di un carbonio anomerico reagisca con un altro
ossidrile; in questo modo si forma il legame glicosidico che sta alla base della formazione
di oligosaccaridi e polisaccaridi.
Cellulosa e amido ad esempio sono due polisaccaridi che però differiscono, come
vedremo, nel tipo di legame glicosidico instaurato tra i monomeri che coinvolge atomi di
carbonio anomerici beta nella cellulosa e alfa nell'amido.
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OLIGOSACCARIDI
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Se invece si forma un legame di tipo beta1-4 tra due menomeri di
beta-D-glucosio si forma il disaccaride CELLOBIOSIO che viene
ottenuto dall'idrolisi della cellulosa.
L'uomo non è in grado di scindere il cellobiosio ma possiede gli
enzimi atti alla scissione del maltosio.
Il TREALOSIO invece è uno zucchero non riducente, che
presenta legami alfa1-1 tra monomeri di alfa alfa-D-glucosio,
e perciò impegna entrambi i carboni anomerici nella
formazione del legame glicosidico. Il trealosio viene utilizzato
come dolcificante.
POLISACCARIDI
I polisaccaridi sono polimeri che contengono più di 20 unità monosaccaridiche e sono detti
anche GLICANI.
Possono essere costituiti da un'unica catena lineare o possono essere presenti in forma
ramificata.
Sono molto diffusi in natura ed è la forma in cui troviamo la maggior parte degli zuccheri.
I vari polisaccaridi differiscono tra loro per diverse caratteristiche:
– tipo di unità monosaccaridiche che legano
– lunghezza della catena
– tipo di legami glicosidici coinvolti
– grado di ramificazione
A differenza delle proteine in genere non hanno una massa molecolare definita e ciò
dipende dal fatto che i meccanismi di sintesi di queste due classi di polimeri sono diversi.
Infatti per la sintesi dei glicani non esiste uno stampo, come accade invece nel caso delle
proteine, ma il programma di sintesi è intrinseco agli enzimi che catalizzano l'unione delle
varie unità monomeriche senza che vi sia uno specifico punto di interruzione di sintesi
della catena.
Distinguiamo due classi principali in cui si suddividono i polisaccaridi
– omopolisaccaridi
– eteropolisaccaridi
OMOPOLISACCARIDI
Gli omopolisaccaridi contengono un solo tipo di unità monomerica e possono svolgere
diverse funzioni. Alcuni svolgono un ruolo di riserva delle sostanze nutrienti, che sono i
monosaccaridi, altri svolgono un ruolo strutturale.
Tra gli omopolisaccaridi di riserva ricordiamo l'amido e il glicogeno che si trovano
all'interno delle cellule sotto forma di granuli. Sono delle molecole fortemente idratate
perchè possiedono dei gruppi OH che possono formare dei legami idrogeno con le
molecole d'acqua.
L'AMIDO si trova nelle piante e contiene
unità monomeriche di alfa-D-glucosio che si
organizzano a formare due polimeri principali
che entrano nella costituzione dell'amido:
– AMILOSIO: è un polimero dell'alfa-D-
glucosio che si lega con le altre unità
monomeriche mediante un legame
glicosidico di tipo alfa 1-4.
La configurazione più comune
dell'amilosio è quella di un'elica che
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possiede 6 residui per giro.
– AMILOPECTINA: è un polimero a catena ramificata in cui i residui di alfa-D-glucosio
sono uniti tra loro sempre mediante legami di tipo alfa 1-4, però ogni 24/30 residui
si trovano dei punti di ramificazione in cui si uniscono delle catene di D-glucosio
legandosi alla catena mediante legami alfa 1-6.
Il GLICOGENO invece è un polimero ramificato che
si trova in maniera particolarmente abbondante
nelle cellule animali a livello di fegato e muscolo
scheletrico.
In particolare negli epatociti si trova sotto forma di
grossi granuli costituiti ciascuno da tanti piccoli
granuli di glicogeno.
È molto simile all'amilopectina ma differisce da
essa in quanto le ramificazioni si trovano in numero
maggiore (all'incirca ogni 10 residui).
La lunghezza media di una ramificazione è di circa 13 residui e possiede 12 livelli di
ramificazioni.
Al centro di ogni molecola di glicogeno si trova la GLICOGENINA, una proteina che è il
punto di partenza per la sintesi del polisaccaride.
La degradazione del glicogeno e dell'amido avviene grazie all'azione di enzimi che, a
partire dalle estremità non riducenti, aumentano la velocità d'idrolisi del polimero nelle
varie unità monosaccaridiche.
I DESTRANI invece sono polisaccaridi che sono un'importante fonte di glucosio per i
batteri che vanno a formare la placca dentaria.
Sono formati da molecole di poli-D-glucosio e possiedono diverse ramificazioni.
Per quanto riguarda gli omopolisaccaridi strutturali invece ricordiamo la cellulosa e la
chitina che possiedono legami beta-D-glicosidici.
La CELLULOSA è una fibra resistente e insolubile in acqua
che si trova a livello della parete delle cellule vegetali per
conferire resistenza.
È un polimero del beta-D-glucosio in cui tutti i residui sono
uniti mediante legami beta 1-4.
Le varie catene di cellulosa possono unirsi tra loro
parallelamente mediante dei legami H che conferiscono alle
fibre resistenza meccanica.
Il legame beta 1-4 inoltre non può essere idrolizzato
nell'uomo ma solo dalla maggior parte dei mammiferi che possiede gli enzimi necessari.
Un altro omopolisaccaride di struttura è la CHITINA che contiene sempre legami beta 1-4
ma, a differenza degli altri omopolisaccaridi di cui abbiamo parlato, contiene residui di
N-ACETIL-BETA-D-GLUCOSAMMINA .
La chitina forma delle fibre insolubili ed estese
perchè i singoli filamenti si uniscono, come nel
caso della cellulosa, mediante dei legami
idrogeno che nel complesso conferiscono
stabilità e resistenza alle fibre.
La chitina si trova nell'esoscheletro di molti
insetti e crostacei.
I legami idrogeno che i polisaccaridi possono
formare sono molto importanti in quanto
influenzano il ripiegamento della struttura nello spazio.
Inoltre le strutture macromolecolari formate possono formare delle interazioni idrofobiche,
di Van der Waals ed elettrostatiche.
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Alcune porzioni determinano ingombro sterico e quindi possono determinare una minore
possibilità di rotazione attorno ai legami impedendo l'assunzione di alcune conformazioni
nello spazio che risultano meno stabili di altre.
ETEROPOLISACCARIDI
Gli eteropolisaccaridi sono dei polimeri di monosaccaridi che non sono tutti uguali tra loro.
Tra gli eteropolisaccaridi ricordiamo i GAG o GLICOSAMMINOGLICANI che costituiscono
la matrice cellulare che è detta anche sostanza basale.
I GAG rappresentano una famiglia di polimeri lineari composti da unità disaccaridiche che
si ripetono.
Non si trovano nelle piante e sono molto solubili.
Il disaccaride che costituisce i GAG può essere formato da:
– N-ACETILGLUCOSAMMINA o N-ACETILGALATTOSAMMINA
– ACIDO URONICO o D-GLUCURONICO o L-IDURONICO
Alcuni GAG contengono dei gruppi solforici esterificati che conferiscono una densità di
carica negativa più alta che li porta ad assumere una conformazione estesa per
minimizzare la repulsione.
Inoltre le soluzioni di GAG sono molto viscose.
La caratteristica successione dei residui solforati e costituisce un importante segnale per il
riconoscimento da parte di proteine che si legano ad essi mediante delle interazioni di tipo
elettrostatico.
Questo avviene nel caso di proteine extracellulari come collageno, elastina, fibronectina e
laminina con cui i GAG vanno a costituire i PROTEOGLICANI.
Uno dei GAG più noti è l'ACIDO IALURONICO che forma delle soluzioni chiare e viscose
che servono come lubrificante a livello del liquido sinoviale delle giunzioni, dell'umorvitreo
degli occhi, nella cartilagine e nei tendini. L'acido ialuronico è costituito da N-
acetilglucosammina e acido-D-gluguronico.
Gli altri GAG in genere sono più piccoli dell'acido ialuronico e sono legati covalentemente
a specifiche proteine.
Una o ambedue le unità monomeriche del disaccaride costituente differiscono da quelle
dell'acido ialuronico.
Il CHERATAN SOLFATO contiene D-galattosio ed N-acetilglucosammina, ha un contenuto
di solfato variabile e si trova a livello della cornea, dei capelli, delle unghie, della cartilagine
e delle ossa.
Il CONDROITIN SOLFATO invece contiene acido D-glucuronico ed N-
acetilgalattosammina, si trova a livello delle cartilagini, dei tendini, dei legamenti e delle
pareti dell'aorta in cui conferisce resistenza.
Il DERMATAN SOLFATO contiene acido L-iduronico e N-acetilgalattosammina, si trova a
livello di cute, valvole cardiache e vasi sanguigni.
L'EPARAN SOLFATO contiene quantità variabili di zuccheri solforati e non, il disaccaride
costituente è formato da acido L-iduronico o D-glucuronico e da N-acetilglucosammina e le
parti solforate interagiscono con numerosi fattori di crescita.
È prodotto dalle cellule animali ed è il principale costituente dell'eparina.
In generale i proteoglicani possono formare delle
strutture sopramolecolari in cui i vari GAG
(principalmente cheratan solfato e condroitin solfato) si
legano ad un'unica proteina per formare gli aggrecani
che a loro volta si legano ad un'unica molecola di acido
ialuronico per formare gli AGGREGATI
PROTEOGLICANICI.
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Il legame tra un GAG e la proteina avviene a livello di residui particolari e può essere di
due tipi:
– O-GLICOSIDICO
Detto anche legame O-LINKED e unisce ad esempio l'N-acetilglucosammina a
residui di serina e treonina (a livello della funzione ossidrilica)
– N-GLICOSIDICO
Detto anche N-LINKED e unisce ad esempio l'N-acetilgalattosammina ad un
residuo di arginina
I proteoglicani quindi sono delle semplici macromolecole della superficie o della matrice
extracellulare di cui sono i costituenti principali.
I GLICOSFINGOLIPIDI invece sono componenti della membrana le cui teste idrofile sono
oligosaccaridi che agiscono come specifici siti di riconoscimento.
Sono abbondanti nel cervello e partecipano alla conduzione nervosa e al processo di
sintesi della mielina.
Giocano un ruolo fondamentale nella conduzione nervosa.
27
LIPIDI
LIPIDI DI RISERVA
I lipidi come cere, oli, ecc sono derivati degli acidi grassi che a loro volta derivano dagli
idrocarburi che hanno praticamente lo stesso stato di ossidazione (basso).
ACIDI GRASSI
Si tratta di acidi carbossilici con una lunga catena idrocarburica contenente da 4 a 36
atomi di carbonio.
L'estremità che presenta il gruppo carbossilico è l'estremità polare mentre la coda
idrocarburica rappresenta l'estremità non polare.
Se nella catena sono presenti dei doppi legami C=C l'acido
grasso viene detto INSATURO, se ci sono solo legami singoli
l'acido grasso viene detto SATURO.
Inoltre gli acidi grassi possono presentare delle ramificazioni ma
quelli più comuni in natura sono quelli a catena non ramificata.
I doppi legami di quasi tutti gli acidi grassi sono nella
configurazione cis.
Gli acidi grassi a pH=7 presentano il gruppo carbossilico nella
forma ionizzata di carbossilato.
La configurazione cis del C=C impone alla molecola un
ripiegamento in modo tale da ridurre le possibili interazioni.
Tanto più lunga sarà la catena e tanto più forti saranno le
interazioni.
Maggiori sono le interazioni di Van der Waals tra
le molecole e più elevato sarà il punto di fusione
rispetto ai corrispondenti insaturi (condizioni di
impacchettamento).
Gli acidi grassi con uno o più legami cis non
possono impacchettarsi saldamente come
accade agli acidi grassi saturi, per cui instaurano
con le altre molecole delle interazioni più deboli e
quindi hanno un punto di fusione più basso.
Esistono acidi grassi trans per cui la forma della molecola non è ripiegata ma allungata in
modo che questi siano più simili agli acidi grassi saturi (prodotti dalla fermentazione del
rumine negli animali da latte).
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TRIACILGLICEROLI
Sono triesteri del glicerolo. Sono i lipidi più semplici costituiti a partire da acidi grassi e
derivano dalla condensazione di 3 acidi grassi e una molecola di glicerolo tramite la
formazione di legami estere con i gruppi ossidrilici.
Il GLICEROLO è un composto semplice che contiene 3 gruppi ossidrilici.
I triacilgliceroli o trigliceridi SEMPLICI sono quelli che legano in tutte e 3 le posizioni un
unico tipo di acido grasso e prendono il nome dall'acido grasso che legano.
La maggior parte dei triacilgliceroli MISTI contiene invece due o più acidi grassi differenti.
I gruppi esterei rappresentano la porzione polare ma in generale i trigliceridi sono
molecole non polari, idrofobiche e insolubili in acqua.
I triacilgliceroli si accumulano nel tessuto
adiposo, in particolare all'interno di cellule
specializzate dette ADIPOCITI sotto forma di
gocce di grasso citosoliche.
Negli adipociti riempiono quasi
completamente la cellula.
Quando un organismo utilizza gli acidi grassi
idrolizza i legami esterei tramite enzimi che
prendono il nome di LIPASI rilasciando acidi
grassi utilizzabili per la produzione di energia.
In alcuni animali i trigliceridi svolgono una funzione di isolamento termico contro le basse
temperature e si depositano sotto la pelle.
CERE
Sono esteri di acidi grassi saturi e insaturi a catena lunga con alcoli
a catena lunga.
Hanno un punto di fusione più elevato rispetto a quello dei
triacilgliceroli.
In natura svolgono diverse funzioni strettamente correlate alle loro proprietà idrorepellenti
e alla loro consistenza, fungono infatti da RIVESTIMENTO PROTETTIVO per piante e
animali.
LIPIDI STRUTTURALI
I lipidi strutturali o di membrana sono molecole di natura anfipatica che mostrano
un'estremità IDROFOBICA (CODA) e un'estremità IDROFILICA (TESTA).
La cosa corrisponde alla catena alifatica di molecole di ACIDI GRASSI o della
SFINGOSINA (AMMINOALCOL).
La testa dei lipidi strutturali è formata da un residuo di ACIDO FOSFORICO esterificato
con molecole come ZUCCHERI e altri GRUPPI CHIMICI COMPLESSI (molecole di natura
alcolica di composizione variabile).
Possiamo suddividere i lipidi strutturali in due grandi classi:
– GLICOLIPIDI: la testa contiene zuccheri semplici o complessi
– FOSFOLIPIDI: la testa contiene un gruppo fosforico
GLICEROFOSFOLIPIDI
Vengono detti anche fosfogliceridi; sono lipidi di membrana in cui due acidi grassi sono
legati tramite legami estere al primo e al secondo atomo di C del glicerolo mentre il terzo
lega un gruppo fosfato (molto polare) tramite un legame FOSFODIESTERE.
I GLICEROFOSFOLIPIDI sono derivati dell'ACIDO FOSFATIDICO e da esso (dal tipo di
acido fosatidico) prendono il loro nome.
L'acido fosfatidico è un DIACILGLICEROLO-3-FOSFATO che generalmente presenta:
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– FOSFATO
– GLICEROLO
– ACIDO GRASO SATURO
– ACIDO GRASSO INSATURO
Se viene esterificato con un alcol a livello del gruppo fosforico forma
sempre un GLICERFOSFOLIPIDE.
Anche l'ACIDO FOSFATIDICO STESSO E' UN
GLICEROFOSFOLIPIDE.
Nel momento in cui l'acido fosfatidico lega un alcol a livello del gruppo fosfato si forma un
ESTERE FOSFATIDICO che è il glicerofosfolipide.
In generale i glicerofosfolipidi contengono un acido grasso saturo a 16-18 atomi di C in C1
e un acido grasso insaturo a 18-20 atomi di C in C2.
Inoltre presenta dei gruppi variabili legati al fosfato in C3 tramite la loro funzione
ossidrilica.
Appartengono a questa classe diverse molecole di notevole importanza biologica come:
– FOSFATIDILETANOLAMMINA:
costituita da glicerolo, due acidi grassi, un residuo di acido fosforico e
l'ETANOLAMMINA.
L'etanolammina è un composto a due atomi di carbonio con un gruppo amminico e
un gruppo alcolico che permette a quest'ultima di formare un legame fosfoesterico
con il gruppo fosfato.
Il gruppo amminico della fosfatidiletanolammina è protonato a pH fisiologico.
– FOSFATIDILCOLINA:
è costituita da glicerolo,
due acidi grassi, un
residuo di acido fosforico
e la COLINA.
La colina è un derivato
dell'etanolammina in cui
l'N risulta trimetilato.
– FOSFATIDILSERINA:
presenta una molecola di
glicerolo, due acidi
grassi, un gruppo fosfato
e la SERINA.
La serina è un amminoacido polare la cui catena laterale può subire fosforilazione.
– FOSFATIDILINOSITOLO:
contiene glicerolo, due acidi grassi, un gruppo fosfato e l'INOSITOLO.
L'inositolo è un cicloesano in cui ogni atomo di C dell'anello lega una funzione
alcolica e che in posizione 4 e 5 può essere fosforilato ulteriormente per formare
INOSITOLO 4-5 BISFOSFATO.
SFINGOLIPI
Costituiscono una classe di composti che contengono
SFINGOSINA al posto del glicerolo, un acido grasso e una
testa polare alcolica.
La sfingosina è un ALCOL AMMINICO A LUNGA CATENA
INSATURA.
Quando una molecola di acido grasso si lega mediante un
legame AMMIDICO all'NH2 della sfingosina si forma un
CERAMIDE.
Il ceramide è l'unità fondamentale comune a tutti gli sfingolipidi.
30
Quindi un ceramide è dato dall'insieme di:
– SFINGOSINA
– ACIDO GRASSO
Dalle ceramidi derivano le SFINGOMIELINE, GLICOLIPIDI NEUTRI e GLICOLIPIDI
ACIDI.
SFINGOMIELINE
Derivano dall'esterificazione con acido fosforico dell'OH in posizione 1 della sfingosina.
A sua volta il residuo fosforico può legare:
– COLINA
– ETANOLAMMINA
Strutturalmente le
sfingomieline somigliano alla
fosfatidilcolina o alla fosfatidiletanolammina per via della testa polare ma differiscono per
la coda apolare.
Ciò conferisce un diverso ruolo a livello delle membrane biologiche.
La sfingomielina costituisce la guaina mielinica di alcuni assoni.
Le membrane contenenti sfingomielina in quantità elevata risultano più fluide e tra le
molecole di sfingomielina vi sono delle interazioni più forti rispetto a quelle che si formano
tra le molecole di fosfatidilcolina o fosfatidiletanolammina.
GLICOSFINGOLIPIDI
Sono localizzati a livello della superficie esterna della
membrana plasmatica; una testa polare formata da uno o
più zuccheri legati direttamente all'OH in posizione 1 del
ceramide. Non contengono gruppi fosforici.
Distinguiamo glicosfingolipidi NEUTRI e glicosfingolipidi
ACIDI.
Tra i glicosfingolipidi neutri troviamo:
– CEREBROSIDI
contengono una singola unità saccaridica
(modosaccaride):
- D-glucosio per formare un GLUCOSILCEREBROSIDE
- D-galattosio per formare un GALATTOSILCEREBROSIDE
– GLOBOSIDI
legano disaccaridi, trisaccaridi e tetrasaccaridi per formare ad esempio il
LATTOSILCERAMIDE. In genere il legame si forma con residui di D-GLUCOSIO o
D-GALATTOSIO
Vengono definiti NEUTRI perchè a pH fisiologico non possiedono carica e legano zuccheri
neutri.
Tra i glicosfingolipidi troviamo anche quelli acidi come ad esempio i GANGLIOSIDI.
Legano il ceramide ad un oligosaccaride complesso che prende il nome di ACIDO
SIALICO, cioè un oligosacaride con una funzione acida (carbossilica) che gli conferisce
una carica negativa a pH fisiologico.
Gli SFINGOLIPIDI che si trovano nella membrana cellulare servono come siti per il
riconoscimento biologico (grazie alo zucchero che presentano).
Ad esempio nel caso del riconoscimento del gruppo sanguigno.
Fosfolipidi e sfingolipidi vengono degradati nei lisosomi dove sono presenti degli enzimi
idrolitici specifici per ogni tipo di legame.
Le FOSFOLIPASI idrolizzano i legami estere dei fosfolipidi e possono essere suddivise in
31
diversi tipi a seconda del legame che idrolizzano.
La FOSFOLIPASI A1 catalizza l'idrolisi del legame tra l'acido grasso e l'OH in posizione 1
a cui è legato.
La FOSFOLIPASI A2 agisce in modo selettivo sul legame estere che lega l'acido grasso in
posizione 2.
Un caso particolare è rappresentato dall'ACIDO ARACHIDONICO, precursore di
LEUCOTRIENI, PROSTAGLANDINE e TROMBOSSANI, su cui agisce la fosfolipasi A2
andando a rompere il legame estere in C2 provocando una serie di risposte intracellulari in
particolari condizioni.
L'acido arachidonico è un acido grasso poliinsaturo.
La FOSFOLIPASI C riconosce e agisce sul legame tra glicerolo e fosfato legato in
posozione 3 rompendo il legame estereo.
La FOSFOLIPASI D idrolizza il legame estereo tra il fosfato e il residuo alcolico della testa
polare. Ad esempio rompe il legame tra acido fosfatidico e inositolo del fosfatidilinositolo
4-5 bisfosfato e lo fa sotto stimolo ormonale; viene liberato in questo modo l'inositolo 4-5
bisfosfato che a sua volt va ad agire sulla concentrazione intracellulare di calcio che è
molto importante nella cellula a livello enzimatico, ormonale e metabolico.
STEROLI
Sono lipidi strutturali presenti nella membrana di molte cellule eucariotiche.
Consistono di 4 anelli fusi: 3 possiedono 6 atomi di carbonio e uno ne possiede 5.
Gli anelli fusi rendono il composto molto stabile e “planare”.
La rotazione è impedita attorno ai legami C-C.
Il colesterolo è lo steroide più importante, precursore di moltissimi ormoni e importante
costituente delle membrane biologiche.
Il colesterolo è ANFIPATICO e presenta una catena laterale sul C-17, che insieme al
nucleo steroideo rappresenta la parte idrofoba, e in C-3 un OH che rappresenta la parte
idrofila.
Nella sua forma estesa è lungo come un acido grasso a 16 atomi di C.
Il colesterolo inoltre è un importante precursore anche degli ACIDI BILIARI, dei derivati
polari che agiscono da emulsionanti , cioè come detergenti a livello dell'intestino che
rendono i grassi più accessibili alle lipasi (ad esempio l'ACIDO TAUROCOLICO).
LIPIDI-ETERE
Si tratta di glicerofosfolipidi in cui una delle due catene di acido grasso è legata al glicerolo
tramite un legame etere e non estere.
La catena legata tramite legame etere può essere sia satura, per formare LIPIDI ETERE
ALCHILICI, che insatura tra C1 e C2 come nel caso del PLASMALOGENO.
Lipidi-etere e in particolare plasmalogeni sono particolarmente abbondanti nel tessuto
cardiaco dei vertebrati.
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Gli eicosanoidi possono essere suddivisi in 3 classi:
– PROSTAGLANDINE
Sono state isolate per la prima volta nel nel liquido prostatico e svolgono diverse
funzioni. Partecipano nella contrazione muscolatura uterina, nella regolazione del
flusso sanguigno, nel ciclo veglia-sonno e nella risposta in alcuni tessuti indotta da
adrenalina e glucagone.
Inoltre aumentano la temperatura corporea e causano infiammazione e dolore.
La loro produzione è inibita da serina, aspirina, steroidi e cortisone.
– TROMBOSSANI
Vengono prodotti dalle piastrine e agiscono nella formazione di coaguli sanguigni
riducendo il flusso verso il sito del coagulo.
La loro produzione è inibita da antinfiammatori non steroidei.
– LEUCOTRIENI
Scoperti nei leucociti, sono potenti segnali biologici coinvolti nella contrazione della
muscolatura liscia degli alveoli.
La sovrapproduzione di leucotrieni induce attacchi asmatici.
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MEMBRANE BIOLOGICHE
Il LIPOSOMA è una sfera cava internamente che non presenta, a differenza del semplice
doppio strato, margini idrofobici a contatto con l'acqua.
Queste strutture vengono utilizzate per facilitare l'assorbimento di farmaci che vengono
intrappolati all'interno della sfera che racchiude un ambiente polare.
È molto probabile che i precursori delle prime cellule fossero simili a liposomi.
Le membrane biologiche sono costituite da doppi strati lipidici dello spessore di 3 nm e i
lipidi sono distribuiti sulle due facce della membrana in maniera asimmetrica.
I lipidi del doppio strato delle membrane biologiche possono diffondere da un lato all'altro
tramite un processo, molto lento a temperature biologiche, detto FLIP-FLOP.
Questo movimento, dal momento che è molto lento, deve essere catalizzato da enzimi.
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Le FLIPPASI accelerano il processo di trasferimento dal foglietto esterno a quello
citosolico.
Le FLOPPASI accelerano il trasferimento di lipidi dal foglietto citosolico a quello esterno.
Questo processo, se non viene opportunamente catalizzato, è molto lento perchè il lipide
deve immergere la testa nel doppio strato per poi posizionarsi nel foglietto opposto.
I lipidi di membrana possono anche spostarsi lateralmente (sullo stesso piano) e tale
processo è molto più rapido del FLIP-FLOP.
Il movimento laterale dei lipidi avviene tramite lo scambio tra le molecole vicine che vanno
incontro a MOVIMENTI BROWNIANI (molto rapidi).
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Quindi nelle membrane biologiche i doppi strati lipidici sono associati a proteine che
vengono suddivise sulla base della loro interazione con il doppio strato lipidico, in:
– PERIFERICHE o ESTRINSECHE
– INTEGRALI o INTRINSECHE
La porzione polare dei lipidi si lega, tramite interazioni idrofiliche (ponti disolfuro e legami
H), a proteine periferiche e alla porzione superficiale delle proteine integrali.
Le proteine periferiche inoltre si legano, tramite interazioni covalenti (legami tioestere e
ammidici), alle ancore lipidiche.
Le proteine immerse nel doppio strato, cioè proteine TRANSMEMBRANA, legano tramite
le loro catene laterali idrofobiche le catene idrocarburiche degli acidi grassi presenti
all'interno del doppio strato.
Le proteine sono libere di muoversi nel doppio strato lipidico ma hanno una mobilità
inferiore rispetto ai lipidi.
Alcune proteine sono più bloccate rispetto ad altre in quanto interagiscono con altre
proteine che fanno parte del CITOSCHELETRO.
Le proteine intrinseche presentano uno o più domini idrofobici le cui interazioni idrofobiche
vengono rotte mettendo in competizione il doppio strato con una sostanza che possiede
più o meno le stesse proprietà (detergente) e che si lega quindi alla proteina.
La presenza di proteine nel doppio strato aumenta per i fosfolipidi la possibilità di muoversi
nel doppio strato lipidico rendendo più veloce di circa 100 volte il movimento flip-flop.
Nel momento in cui le proteine interagiscono con il doppio strato fosfolipidico possono
assumere due strutture secondarie:
– ALFA-ELICA (prevalentemente)
– BETA-BARREL (struttura supersecondaria meno comune)
Nelle membrane biologiche si osservano distribuzioni non omogenee dei lipidi anche a
livello dello stesso foglietto.
Questo è il caso delle ZATTERE LIPIDICHE (Lipid Rafts), dei microdomini formati da
sfingolipidi, colesterolo e proteine ancorate.
In queste zone si ha un'elevata quantità di CAVEOLINE, implicate nei meccanismi di
trasporto vescicolare.
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Lo studio delle PROTEINE INTRINSECHE è difficile in quanto non è semplice separale
dai lipidi senza denaturarle o senza distruggere l'integrità della membrana.
È possibile però prevedere quale sia la loro struttura tridimensionale tramite gli INDICI DI
IDROPATIA, dei parametri che dipendono dalle variazioni di energia libera quando
vengono usate delle soluzioni in due fasi.
Questi parametri sono associati a ciascun amminoacido e ne descrivono la natura polare
grazie alla catena laterale che assume, quando immersa nel doppio strato, una struttura
secondaria (generalmente alfa-elica).
Se vogliamo avere delle informazioni sulla sequenza amminoacidica dobbiamo
necessariamente ricorrere alla denaturazione e in questo modo possiamo prevedere come
la catena attraversa il doppio strato.
Per attraversare il doppio strato sono necessari circa 20 amminoacidi nel caso dell'alfa-
elica.
Non tutte le proteine integrali di membrana assumono una struttura ad alfa-elica all'interno
della membrana, ma anche strutture supersecondarie come la BETA-BARREL che
presenta da 8 a 22 filamenti polipeptidici richiusi su loro stessi.
Troviamo BETA-BARREL nelle PORINE, canali proteici come la MALTOPORINA, dei
batteri GRAM NEGATIVI e nelle membrane esterne di mitocondri e cloroplasti.
La GLICOFORINA è una proteina che attraversa il doppio strato una sola volta con un
tratto ad alfa-elica e che lega zuccheri sul tratto extracellulare in cui presenta gli
amminoacidi Serina, Treonina e Asparagina.
Generalmente i residui positivi (amminoacidi basici) sono localizzati sul versante
citoplasmatico conferendo alla faccia citoplasmatica una carica positiva.
I residui di Tirosina e Triptofano si trovano generalmente in corrispondenza dell'interfaccia
lipide-acqua.
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NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI
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DNA ed RNA che sono fondamentali per il mantenimento della struttura tridimensionale.
Sono tautomere due molecole che interconvertono per spostamento di atomi di H ed
elettroni.
Quindi ribosio e deossiribosio danno origine rispettivamente a RIBONUCLEOTIDI e
DEOSSIRIBONUCLEOTIDI tramite l'unione di un nucleoside con uno o più gruppi fosforici.
Si possono formare dunque nucleosidi monofosfati, difosfati e trifosfati per reazione con
l'acido fosforico dell'OH in posizione 5' del nucleoside per formare il legame estere.
Se la soluzione è molto acida il fosfato si trova nella forma totalmente protonata.
Negli acidi nucleici i nucleotidi sono uniti mediante LEGAME FOSFODIESTERE che
coinvolge il gruppo fosforico legato in posizione 5' dello zucchero e l'OH in 3' dello
zucchero del nucleotide successivo. Quindi lo scheletro è costituito da un'alternanza di
residui di pentosio e gruppi fosforici.
Lo scheletro di DNA ed RNA può andare incontro a una lenta idrolisi non enzimatica dei
legami fosfodiestere.
Un acido nucleico relativamente piccolo di solito contiene un massimo di 50 nucleotidi e
viene definito OLIGONUCLEOTIDE.
Al di sopra di 50 nucleotidi si parla di POLINUCLEOTIDI.
Nella condensazione i due nucleotidi viene eliminata una molecola d'acqua.
Gli acidi nucleici sono dei polinucleotidi biologici la cui sequenza nucleotidica va letta dalla
porzione 5' terminale verso quella 3' terminale e il legame che lega i nucleotidi è un
legame di tipo DIREZIONALE.
La sequenza caratteristica di un nucleotide può essere semplicemente indicata tramite
l'ordine delle basi azotate da 5' a 3'.
ACIDI NUCLEICI
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Questi acidi nucleici presentano delle differenze nelle relative strutture primarie e in
particolare secondarie e terziarie.
DNA
La molecola di DNA è formata da un doppio filamento polinucleotidico.
È il materiale responsabile della trasmissione dei caratteri genetici.
Chargaff, studiandone la struttura, stabilì che la composizione nucleotidica rispetta sempre
la seguente regola: il numero di adenine è sempre uguale al numero di timine mentre il
numero di citosine è sempre uguale al numero di guanine.
Chargaff giunse anche alle seguenti conclusioni:
1. La composizione in basi del DNA varia da una specie all'altra
2. Molecole di DNA isolate da tessuti differenti della stessa specie hanno la stessa
composizione in basi
3. La composizione della struttura primaria non si modifica con l'età, con lo stato
nutrizionale dell'individuo o a causa di variazioni esterne.
Nel 1953 Watson e Crick proposero un modello tridimensionale del DNA secondo cui le
due catene della molecola risultano avvolte in maniera elicoidale attorno ad uno stessi
asse per formare una DOPPIA ELICA DESTRORSA.
Le basi azotate sono disposte in modo da formare una colonna di anelli paralleli tra loro e
perpendicolari all'asse della molecola.
Lo scheletro covalente idrofilico si trova all'esterno della doppia elica mentre le basi sono
impilate all'interno.
La possibilità di formare i legami H tra le basi ed i rigidi requisiti strutturali richiesti da
questo legame fanno si che gli accoppiamenti più stabili tra le basi siano:
– A-T (mediante due legami H)
– G-C (mediante tre legami idrogeno)
Lo stesso avviene nell'RNA con l'uracile al posto della timina.
I legami H rappresentano le interazioni non covalenti più forti e specifiche che, nel caso
delle basi azotate, vanno a formarsi tra gli atomi di H dell'NH e l'O del carbonile. Inoltre i
due filamenti che costituiscono le molecole di DNA sono antiparalleli e complementari.
Ma perchè la conformazione del doppio filamento è un'elica?
Gli anelli aromatici delle basi azotate a pH fisiologico sono idrofobici.
Il ripiegamento del doppio filamento permette di minimizzare il contatto tra le basi e
l'acqua.
Quindi, in questo modo, le basi azotate aumentano i contatti tra loro e sono sovrapposte
(impilate) con una distanza di 3,4 A l'una dall'altra.
Questa distanza è circa uguale al raggio di Van der Waals di composti aromatici planari ed
è la distanza minima che ci si può aspettare prima che insorgano interazioni repulsive.
Il DNA può avere forme tridimensionali
diverse.
Le strutture a doppia elica differiscono per un
certo numero di importanti caratteristiche:
– numero di coppie di basi per spira
– inclinazione delle coppie di basi
(angolo tra le coppie e l'asse della
molecola)
– torsione delle coppie di basi (angolo tra
i piani contenenti due basi appaiate)
– diametro dell'elica
– forma dei solchi dell'elica
La struttura del DNA è piuttosto flessibile; in particolare grazie all'anello dello zucchero e
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del suo legame con il fosfato che gli permette di assumere due conformazioni.
La struttura a doppia elica del DNA può assumere conformazione sin o anti a causa di
impedimenti sterici delle basi puriniche.
Le pirimidine di solito si trovano nella conformazione anti.
Le principali conformazioni sono A, B e Z.
La forma B della molecola di DNA è quella più stabile ed è quella assunta dal modello di
Watson e Crick.
Rappresenta un riferimento standard per tutti gli studi sulla sequenza del DNA.
La forma A è preferita in un mezzo relativamente povero di acqua (in cui il DNA
cristallizza).
La forma Z presenta, a differenza delle forme A e B, una rotazione in verso sinistrorso, 12
coppie di basi (nelle forme A e B sono circa 10) e le purine si trovano in conformazione sin.
Gli atomi che costituiscono le due catene polinucleotidiche della doppia elica non
riempiono completamente la struttura cilindrica immaginaria ma lasciano degli spazi vuoti
noti come solchi.
Distinguiamo due tipi di solchi che presentano dimensioni variabili nelle forme A, B e Z.
Distinguiamo un solco maggiore e un solco minore ed entrambi rappresentano dei siti a
livello dei quali farmaci o proteine possono legarsi al DNA.
I solchi dipendono dalla disposizione delle basi sulla struttura cilindrica.
Si pensa inoltre che il DNA Z derivi dalla forma B in seguito ad un capovolgimento in
quest'ultima di una porzione dello scheletro.
Alcune sequenze di DNA adottano strutture insolite.
Un tipo abbastanza comune è il palindromo che si legge nello stesso modo da 5' a 3' e
viceversa.
Le sequenze di DNA palindromiche (o di RNA) possono formare strutture alternative con
un appaiamento intracatena delle basi. Se l'appaiamento intracatena avviene per un solo
filamento si parla di struttura a FORCINA; se sono interessate entrambe le catene si parla
di struttura a CROCE.
Alcune strutture di DNA poco comuni sono formate da 3 o 4 filamenti.
Ad esempio si possono formare triple eliche o DNA TRIPLEX perchè i nucleotidi che
partecipano alla formazione di legami H grazie a gruppi funzionali del solco maggiore in
porzioni della catena dette POSIZIONI DI HOOGSTEEN per formare APPAIAMENTI DI
HOOGSTEEN.
Quatto filamenti invece possono unirsi per formare strutture TETRAPLEX o
QUADRUPLEX.
CROMATINA
Il DNA all'interno del nucleo delle cellule eucariotiche è associato a delle proteine per
formare la cromatina.
Le proteine associate al DNA costituiscono i NUCLEOSOMI.
I nucleosomi possono essere ottenuti trattando la cromatina con un'ENDONUCLEASI che
degrada i filamenti di DNA tra un nucleosoma e l'altro.
I singoli nucleosomi appaiono come particelle compatte e ciascuno di essi contiene 200
paia di basi di DNA associate ad un complesso di 8 proteine detto OTTAMERO.
Le proteine che costituiscono gli ottameri sono gli ISTONI H2A, H2B, H3 e H4 mentre gli
istoni H1 sono interposti tra un nucleosoma e l'altro.
Il DNA compie due giri attorno all'ottamero e si associa e lascia il nucleosoma in due punti
precisi che sono i siti di legame dell'H1.
L'H1 può essere rimosso senza alterare la struttura del nucleosoma; ciò suggerisce che si
trova all'esterno del nucleosoma.
Gli istoni presentano residui di ARGININA e LISINA che, considerando il pH nucleare,
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avranno una carica positiva.
Ciò rende possibile un'interazione di tipo elettrostatico con il DNA che presenta delle
cariche negative a livello dei residui di acido fosforico.
Delle modificazioni degli istoni possono alterare l'interazione con il DNA e quindi anche
l'espressione di un gene.
La forma inattiva del DNA è quella condensata a formare la cromatina.
La forma ATTIVA è quella decondensata (despiralizzata) ed è determinata
dall'ACETILAZIONE.
DENATURAZIONE
Come le proteine, anche il DNA può essere denaurato.
La denaturazione comporta la separazione dei due filamenti grazie alla rottura dei legami
H e dei legami di Van der Waals che sono molto importanti per il mantenimento della
struttura a doppia elica.
La rottura dei legami avviene grazie alla somministrazione di energia.
La denaturazione può essere indotta da:
– variazioni di pH
– aumento della temperatura
– variazioni di forza ionica
La denaturazione è un processo reversibile in quanto la forma stabile del DNA e la doppia
elica e quindi tende a tornare nella sua struttura tridimensionale spontaneamente.
La denaturazione comporta un aumento di assorbimento della luce a 260 nm.
Quindi possiamo studiare la denaturazione del DNA in soluzione con uno spettrofotometro
e determinarne l'assorbanza.
La rinaturazione del DNA avviene in diverse fasi e la prima fase prende il nome di
NUCLEAZIONE.
La denaturazione del DNA al CALORE è detta anche FUSIONE.
Può eseguita sperimentalmente e in determinate condizioni è possibile evidenziare la
TEMPERATURA DI FUSIONE, un punto caratteristico della curva diffusione diverso per
ogni tipo di DNA.
Si tratta della temperatura alla quale la molecola di DNA è denaturata al 50%.
La temperatura di fusione dipende dalla quantità di legami tra C e G presente. Se
confrontiamo due molecole quella con la quantità di C e G maggiore presenterà una
temperatura di fusione più elevata mentre quella con un contenuto di C e G minore avrà
una temperatura di fusione minore.
Ciò dipende dal fatto che la molecola con un contenuto di C e G maggiore contiene di
conseguenza un maggior numero di legami H, quindi la temperatura da raggiungere per
portare il DNA al 50% della sua denaturazione sarà più elevata rispetto a quella della
molecola con un contenuto di C e G minore e che quindi ha un minor contenuto di legami
H da rompere.
La rinaturazione del DNA denaturato è possibile mediante RAFREDAMENTO LENTO.
DEGRADAZIONE
La degradazione del DNA può avvenire in diversi modi:
– idrolisi del legame glicosidico
– modifiche strutturali a livello delle basi
– idrolisi del legame fosfodiestere
L'idrolisi del legame glicosidico è più rapida per le purine che per le pirimidine.
In ambiente acido la velocità di idrolisi aumenta.
In particolare se incubiamo il DNA a pH=3 rimuoviamo selettivamente tutte le basi
puriniche e otteniamo un derivato che prende il nome di ACIDO APURINICO.
La degradazione del DNA è irreversibile e generalmente interessa solo un filamento
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nucleotidico.
Trasformazioni non enzimatiche a carico del DNA portano a modificazioni delle basi
azotate.
Tali trasformazioni avvengono in vivo, sono lente ma significative perchè alterano
l'informazione genetica.
Se queste reazioni vengono accelerate dall'acido nitroso portano alla perdita spontanea di
GRUPPI AMMINICI ESOCICLICI tramite un processo detto DEAMMINAZIONE.
Il gruppo amminico viene sostituito con un OH.
L'adenina si trasforma in IPOXANTINA 100 volte più lentamente rispetto alla citosina che
si trasforma in uracile.
Queste trasformazioni sono riconosciute come delle ANOMALIE.
Le radiazioni UV portano alla formazione di FOTOADDOTTI.
Se nelle molecole di DNA si trovano delle Timine adiacenti nella struttura primaria, le
radiazioni UV inducono la formazione di due legami trai C5 e i C6 entrambi gli anelli di
timina.
Si formano dei legami covalenti che portano alla formazione di un ciclobutano e di
conseguenza a una deformazione del DNA che quindi non svolge la sua funzione.
La doppia elica del DNA può interagire con il BROMURO DI ETIDIO che permette di
evidenziare la presenza di DNA inserendosi tra i piani interposti tra le basi azotate
deformando la molecola.
Il bromuro di etidio è un AGENTE INTERCALANTE costituito da una struttura aromatica
planare policiclica.
Si possono usare anche ARANCIO DI ACRIDINA o ANTINOMICINA D e la presenza di
DNA, in tutti e 3 i casi, viene utilizzata tramite l'utilizzo di un gel.
La scissione delle catene polinucleotidiche può essere ENZIMATICA e avviene ad opera
della FOSFODIESTERASI che idrolizza il LEGAME FOSFODIESTERE.
RNA
Detto anche ACIDO RIBONUCLEICO, è instabile in ambiente basico.
Esistono diversi tipi di RNA:
– RNA TRANSFER (tRNA)
– RNA RIBOSOMIALE (rRNA)
– RNA MESSAGGERO (mRNA)
– piccoli RNA NUCLEARI (snRNA)
– micro RNA (miRNA)
– piccoli RNA INTERFERENTI (siRNA)
I vari tipi di RNA partecipano alla sintesi delle proteine in una serie di reazioni che vengono
dirette dalla sequenza di basi del DNA cellulare.
Le sequenze delle basi di tutti i tipi di RNA sono determinate da quelle del DNA tramite un
processo in cui l'ordine delle basi viene trasmesso dal DNA all'RNA detto
TRASCRIZIONE.
Tutti gli RNA sono costituiti da singole catene a doppio filamento in cui le basi azotate
sono appaiate tramite legami H.
La catena può presentare dei rigonfiamenti.
In prossimità di regioni di autocomplementarietà la catena può piegarsi su se stessa per
formare ANSE A DOPPIO FILAMENTO che appaiono come delle protrusioni.
Alcune porzioni prendono il nome di FORCINA e si ha il ripiegamento di un singolo
filamento in prossimità di porzioni che presentano autocomplementarietà.
Il legami H dell'RNA possono essere rotti in seguito a denaturazione e la molecola assume
una struttura ad avvolgimento casuale.
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RNA MESSAGGERO
Si ottiene per trascrizione dal DNA e agisce da intermediario per la sintesi proteica.
Presenta una struttura elicoidale destrorsa contenente porzioni codificanti e non
codificanti.
È il meno abbondante tra i vari tipi di RNA.
L'mRNA viene utilizzato per trasferire l'informazione dal DNA ai ribosomi dove viene
utilizzato come stampo per specificare la sequenza amminoacidica delle catene
polipeptidiche.
Se l'mRNA degli eucarioti sono MOCISTRONICI, quelli dei procarioti sono
POLICISTRONICI.
La lunghezza della molecola di mRNA dipende dalla lunghezza del polipeptide codificato.
Ogni amminoacido è codificato da 3 nucleotidi che costituiscono una TRIPLETTA.
I tratti di RNA non codificanti includono sequenze di RNA che regolano la sintesi proteica.
Prima di passare nel citoplasma, l'mRNA deve essere modificato mediante una serie di
eventi noti come MATURAZIONE DELL'RNA MESSAGGERO:
• aggiunta del cappuccio al 5' (costituito da 7-metilguanosina) che rappresenta il sito
d'inizio della traduzione e che protegge il trascritto dall'azione delle
RIBONUCLEASI che idrolizzano l'RNA
• processamento degli introni (tramite l'eliminazione delle porzioni non codificanti)
• aggiunta della coda di POLI (A) in 3' (costituita da 80-250 residui di A che serve
come sito di legame per una o più proteine specifiche e come protezione da enzimi
degradativi)
RNA TRANSFER
La maggior parte delle cellule contiene da 40 a 50 diversi
tRNA che presentano una struttura generale e costante a
TRIFOGLIO che contiene dai 73 ai 93 nucleotidi.
Un singolo filamento è ripiegato in modo da garantire
l'appaiamento tra le basi complementari formando 3 anse.
Questa molecola può dare origine ad una serie di legami H
avvicinando le basi azotate tra loro in una caratteristica
struttura ad L che rappresenta la forma biologicamente attiva
del tRNA.
Il tRNA funziona da adattatore tra gli amminoacidi e l'mRNA
durante la sintesi proteica.
È il più piccolo dei 3 principali tipi di RNA.
L'ansa D contiene due o tre residui di DIIDROURIDINA che
può essere presente in posizioni variabili.
Presenta poi un'ansa T-PHI-C che contiene:
– RIBOTIMIDINA (particolare timina legata al ribosio)
– PSEUDOURIDINA (indicata dalla lettera greca phi, presenta URACILE e RIBOSIO
legati da un legame C-GLICOSIDICO tra la posizione 5 dell'uracile e 1 del ribosio)
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Quindi si ha un appaiamento tra la sequenza dell'ANTICODONE del tRNA e la sequenza
del CODONE dell'mRNA che presentano COMPLEMENTARIETA' tra i 3 nucleotidi che
formano ciascuna di queste sequenze in maniera ANTIPARALLELA.
Il numero di tRNA è superiore a quello degli amminoacidi e inferiore a quello dei codoni.
Gli RNA transfer riconoscono i codoni per mezzo dell'appaiamento tra le basi del codone e
dell'anticodone.
Studi condotti nei LIEVITI hanno evidenziato che la terza base del codone si appaia
tramite un debole legame formando un appaiamento non convenzionale.
Ciò ha portato alla teoria sul VACILLAMENTO NELL'APPAIAMENTO TRA BASI e
comporta il fatto che diversi codoni possano essere letti dallo stesso tRNA.
Ad esempio, una sequenza GAG del'anticodone può essere appaiata normalmente ad una
sequenza CUC o appaiato in maniera vacillante con una sequenza CUU come nel caso
della LEUCINA (le prime due basi formano appaiamenti normali).
Ciò spiega perchè lo stesso tRNA può interagire con diversi codoni e quindi esistono 50
tRNA e 61 codoni.
Uno stesso amminoacido può legarsi a diverse molecole di tRNA tramite un legame estere
che necessita di energia. L'energia viene ricavata dall'idrolisi di due legami dell'ATP.
Alcune amminoacil-tRNA-sintetasi svolgono anche l'azione di PROOFREADING, cioè
correggono eventuali errori dovuti ad un legame dell'amminoacido con il tRNA sbagliato (1
su 10000 amminoacidi).
Questo errore si può presentare per amminoacidi simili come VALINA e ISOLEUCINA.
Quello che si forma è un AMMINOACIL-tRNA.
Il gruppo carbossilico dell'amminoacido attacca il fosfato in alfa dell'ATP formando il
5'-AMMINOACIL-ADENILATO.
Il gruppo amminoacilico viene trasferito direttamente:
– Al 3'-OH dell'ADENOSINA formando un AMMINOACIL-tRNA (ESTERE)
– Al 2'-OH dell'ADENOSINA liberando AMP (ESTERE). Avviene poi una
transesterificazione che trasferisce il gruppo amminoacilico sul 3'-OH
dell'adenosina stessa per formare Amminoacil-tRNA.
RNA RIBOSOMIALE
Componente strutturale dei ribosomi combinato con proteine.
Le molecole di rRNA sono piuttosto estese e ne esistono di pochi tipi.
Gli snRNA sono presenti solo nelle cellule eucariotiche e facilitano le reazioni di
modificazione degli RNA.
I miRNA sono coinvolti nella regolazione genica, sono non codificanti e lunghi circa 22
nucleotidi.
I siRNA influenzano l'espressione genica e sono responsabili dell'interferenza che induce il
silenziamento di alcuni geni.
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ENZIMI
Qualche enzima può essere modificato (fosforilato, glicosilato, ecc...) e molte alterazioni
chimiche sono coinvolte nella regolazione dell'attività enzimatica, in modo tale che la
velocità con cui viene formato un prodotto non superi la quantità richiesta dalla cellula.
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COME LAVORANO GLI ENZIMI
Un enzima genera un ambiente specifico in cui una data reazione è favorita dal punto di
vista energetico.
Le reazioni catalizzate dagli enzimi avvengono a livello del SITO ATTIVO, una tasca in cui
si lega la molecola che deve essere sottoposta all'azione dell'enzima, cioè il SUBSTRATO.
Si forma quindi un complesso ENZIMA SUBSTRATO (ES), punto di partenza per
l'elaborazione matematica che definisce il comportamento cinetico delle reazioni
catalizzate da enzimi.
È importante sottolineare che gli enzimi agiscono sulla velocità di una reazione ma non ne
modificano gli aspetti termodinamici, quindi non modificano gli equilibri.
Qualsiasi reazione viene analizzata dal punto di vista energetico e l'energia viene
espressa in termini di ENERGIA LIBERA (G).
Il punto di partenza viene definito come lo stato BASALE e corrisponde al contributo di
energia libera fornito al sistema da una molecola.
Quindi, nel corso di una reazione, nel passaggio dal SUBSTRATO (S) al prodotto (P), si ha
una variazione di energia libera.
Per descrivere la variazione di energia libera della reazione, i chimici hanno definito delle
CONDIZIONI STANDARD. La variazione di energia a cui il sistema può andare incontro in
queste condizioni viene definita come VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD.
Se si prende in considerazione anche la concentrazione di protoni H+ per cui il pH=7, si
parla di VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD BIOCHIMICA.
47
corrisponde ad una specie chimica vera e propria. Perciò non va confuso con un
intermedio di reazione perchè si tratta di un intermedio molecolare transitorio e instabile.
L'enzima durante questo processo non viene consumato e l'equilibrio viene raggiunto
rapidamente.
Una reazione enzimatica procede attraverso diverse tappe in cui si ha la formazione e la
scomparsa di specie chimiche transitorie dette INTERMEDI DI REAZIONE con un tempo
di vita finito.
I complessi ES ed EP sono dei complessi stabili.
La velocità della reazione è determinata dalla tappa con l'energia di attivazione più elevata
che viene detta TAPPA CHE LIMITA LA VELOCITA'.
In generale, in presenza di un enzima, la trasformazione del substrato in prodotto avviene
in almeno 2 TAPPE:
1. FORMAZIONE DEL COMPLESSO ES
2. TRASFORMAZIONE DEL COMPLESSO IN E+P
In genere la decomposizione del complesso con formazione del prodotto è più lenta e da
questa tappa dipende la velocità dell'intero processo.
La velocità e gli equilibri delle reazioni hanno precise definizioni termodinamiche.
Gli equilibri sono strettamente correlati alle variazioni di energia libera standard mentre le
velocità sono strettamente correlate all'energia di attivazione.
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trasferito transitoriamente dal substrato all'enzima.
Tutto ciò, come abbiamo detto, avviene nel sito attivo degli enzimi che generano una VIA
ALTERNATIVA A BASSA ENERGIA per la reazione.
Per la formazione dei vari complessi, come quello ES, sono necessarie delle interazioni
deboli non covalenti che aiutano la stabilizzazione.
L'interazione tra substrato ed enzima è mediata da legami H, interazioni idrofobiche e
interazioni ioniche.
La formazione di ogni interazione è accompagnata da un piccolo rilascio di energia detta
ENERGIA DI LEGAME, fonte principale di energia libera usata dall'enzima per abbassare
l'energia di attivazione.
Le interazioni deboli diventano ottimali nello stato di transizione.
Nello stato di transizione l'enzima deve essere COMPLEMENTARE.
Le interazioni deboli tra E e S rappresentano quindi la forza trainante della catalisi, in
particolare quelle che si formano nello stato di transizione.
La stessa energia di legame che favorisce la catalisi determina anche la specificità
dell'enzima, cioè la capacità di discriminare tra substrato e molecole simili ad esso.
Se il sito attivo dell'enzima possiede gruppi funzionali disposti in modo da formare diverse
interazioni ottimali con il substrato, l'enzima non sarà in grado di interagire altrettanto bene
con un'altra molecola.
Distinguiamo diversi fattori fisici e termodinamici che contribuiscono a determinare il valore
dell'energia di attivazione:
1. RIDUZIONE DELL'ENTROPIA
Una diminuita libertà di movimento delle molecole in soluzione permette di ridurre i
moti e di mantenere i substrati nell'orientamento e nella posizione corretti,
aumentando quindi la velocità della reazione.
2. MOLECOLE DI ACQUA DI SOLVATAZIONE
I legami idrogeno con le molecole d'acqua stabilizzano le molecole in soluzione.
La formazione di legami deboli tra enzima e substrato porta a una
DESOLVATAZIONE del substrato. Le interazioni deboli sostituiscono una buona
parte dei legami H tra il substrato e la molecola d'acqua che altrimenti
impedirebbero la reazione.
La formazione di queste interazioni deboli genera energia di legame.
3. DISTORSIONE DEL SUBSTRATO
Quando un enzima lega un substrato può andare incontro ad una modificazione
conformazionale indotta dalle molteplici interazioni deboli; si tratta di un
meccanismo che prende il nome di ADATTAMENTO INDOTTO e porta il sito attivo
ad assumere la corretta struttura.
L'adattamento indotto è comune a tutte le proteine che legano reversibilmente i loro
ligandi.
4. CORRETTO ALLINEAMENTO TRA I GRUPPI FUNZIONALI CATALITICI DEL SITO
– CATALISI ACIDO-BASE
Favorisce le reazioni in cui si forma un intermedio carico instabile, che tende a
degradarsi rapidamente, impedendo alla reazione di arrivare a compimento.
Questi intermedi carichi possono essere stabilizzati dal trasferimento di H+ al o dal
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substrato o da un intermedio per formare specie chimiche che si convertono nei
prodotti molto più facilmente rispetto ai reagenti di partenza.
Distinguiamo due tipi di catalisi ACIDO-BASE:
- SPECIFICA: l'accettore o il donatore di H+/oh- è L'ACQUA
- GENERALE: gli accettori o i donatori di H+ sono le catene laterali ionizzabili di
residui di amminoacidi presenti nel sito catalitico
– CATALISI COVALENTE
Si forma un legame covalente transitorio tra enzima e substrato.
Avviene in due tappe:
- Attacco nucleofilo sul substrato ad opera della catena laterale di un amminoacido
dell'enzima (o coenzima) come His, Cys, Lys, Ser e Asp.
- Formazione di un intermedio in cui l'enzima è modificato covalentemente che,
grazie all'intermedio di un nucleofilo esterno, scinde il legame con l'enzima
formando l'enzima non modificato e il prodotto.
Entrambe le tappe devono essere veloci.
Il legame covalente che si forma tra enzima e substrato può attivare un substrato
inducendo un'altra reazione con un meccanismo specifico per quel particolare
gruppo.
50
formazione di un complesso ES molto stabile.
Perciò anche lo stato di transizione, risultando più stabile, avrebbe un livello
energetico troppo alto ma comunque avrebbe una minore complementarietà
rispetto al complesso ES molto stabile che si forma grazie al sito attivo dell'enzima
ne suo stato fondamentale.
Per questo motivo è più svantaggioso un sito attivo perfettamente complementare
allo stato di transizione.
La specificità di legame fa si che il complesso ES si formi facilmente ma comunque
le interazioni diventano ottimali solo nello stato di transizione. In questo caso la
barriera energetica da superare risulta minore perchè il complesso enzima-
substrato risulta meno stabile del precedente.
CINETICA ENZIMATICA
Uno dei fattori chiave che modificano la velocità di una reazione enzimatica è la
concentrazione del substrato che varia durante il corso del processo.
È importante effettuare una prima valutazione per quanto riguarda la velocità iniziale che
può essere valutata variando la concentrazione di substrato e verificando gli effetti.
La concentrazione di S può essere aumentata sempre di più e, al variare di questo
parmetro, varia anche la velocità iniziale (V0) finchè non arriva ad un punto in cui si
raggiunge una velocità vicina a Vmax in cui gli aumenti relativi all'aumento della
concentrazione di substrato sono di entità sempre minore.
Michaelis e Menten ipotizzarono che l'enzima per prima cosa si combinasse in modo
reversibile con il substrato formando il complesso ES in una tappa veloce e reversibile.
Il complesso ES si decompone in una seconda tappa più lenta che produce l'enzima libero
e il prodotto della reazione P.
La seconda reazione avviene più lentamente e quindi limita la velocità della reazione
complessiva che quindi risulta proporzionale alle specie chimiche che reagiscono nella
tappa 2, cioè proporzionale a ES.
Vmax si osserva quando tutto l'enzima è nella forma ES e la concentrazione di enzima
libero è trascurabile: in queste condizioni l'enzima è saturato.
L'effetto saturante del substrato è responsabile dell'appiattimento della curva, quindi la
velocità di reazione non può aumentare perchè tutti i siti attivi degli enzimi in soluzione
sono occupati.
Quando l'enzima viene mescolato con un eccesso di substrato vi è un periodo iniziale
detto STATO PRESTAZIONARIO durante il quale avviene la formazione del complesso
ES. È un periodo breve che non può essere osservato.
La reazione raggiunge rapidamente lo STATO STAZIONARIO in cui la concentrazione del
complesso ES rimane approssimativamente stabile nel tempo.
La relazione tra la concentrazione di substrato e la velocità iniziale viene espressa
matematicamente e graficamente.
L'equazione di Michaelis-Menten descrive algebricamente il parametro velocità iniziale e
venne ipotizzata partendo dal presupposto che la tappa limitante di una reazione
enzimatica fosse quella di demolizione del complesso ES.
La velocità iniziale è uguale al rapporto tra il prodotto di Vmax con la concentrazione di
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substrato e la somma della costante di Michaelis-Menten (Km) e la concentrazione di
substrato.
Tutti i termini possono essere valutati sperimentalmente.
La velocità in generale dipende dalla demolizione di ES con cui ha un rapporto di
proporzionalità diretta.
La la concentrazione di ES non è facilmente misurabile, perciò può essere introdotto il
termine Et (concentrazione di enzima totale).
Quindi la somma della concentrazione di enzima libero E più la concentrazione del
complesso ES da la concentrazione di enzima totale Et.
Dati questi parametri, consideriamo nel dettaglio le tappe della loro valutazione in termini
algebrici.
La VELOCITA' DI FORMAZIONE E DEMOLIZIONE di ES possono essere determinate in
base a delle costanti di velocità: k1 per quanto riguarda la formazione del complesso e k-1
e k2 per quanto riguarda la demolizione del complesso.
k-1 corrisponde alla scissione di ES in E e S, k2 invece corrisponde alla scissione del
complesso ES in E+P.
Quindi:
Velocità di formazione di ES = k1 ([Et]-[ES])[S] = k1 [E][S]
Velocità di demolizione di ES = k-1 [ES] + k2 [ES]
La velocità iniziale della reazione riflette uno STATO STAZIONARIO in cui [ES] è costante
e la sua velocità di formazione è uguale a quella di demolizione.
Per cui: k1 ([Et]-[ES])[S] = k-1 [ES] + k2 [ES]
[ES] = [Et][S]/([S]+Km)
sappiamo anche che Vmax viene raggiunta quando tutto l'enzima è saturato con il
substrato, quindi [ES] = [Et] e Vmax = k2 [Et] (di conseguenza k2 = Vmax/[Et]).
Risulta infine:
52
Vi sono però diversi CASI LIMITE:
– [S] tende a 0
Perciò la [S] nella somma Km + [S] è irrilevante, quindi V0 = Vmax [S]/Km
(in cui il rapporto Vmax/Km è costante e si tratta dell'equazione di una retta che
passa per l'origine).
– V0 = Vmax/2
Se la velocità iniziale è uguale a metà della velocità massima, allora, dopo aver
sostituito il termine V0 con Vmax/2, il termine Vmax può essere eliminato
dall'equazione per ottenere Km = [S]
Questo principio, per cui la velocità iniziale è uguale alla velocità massima, è valido
per tutti gli enzimi che seguono la CINETICA DI MICHAELIS-MENTEN (tranne gli
enzimi regolatori).
La costante Km fornisce informazioni sull'affinità che l'enzima ha nei confronti del suo
substrato.
È specifica per ogni diverso enzima nei confronti di un dato substrato.
Se la costante è grande allora la tendenza a dissociarsi del complesso ES sarà maggiore.
Più piccola è la costante e minore sarà la tendenza del complesso ES a dissociarsi.
Per reazioni a più tappe, la Km diventa una funzione più complessa che dipende da varie
costanti cinetiche.
I valori di Vmax variano a seconda dell'enzima.
Se un enzima reagisce con un meccanismo a due tappe, Vmax = k2 [Et] e k2 è la costante
della tappa che limita la velocità.
La maggior parte degli enzimi giunge a saturazione nella forma EP e Vmax = k3.
Quindi è importante definire una costante di velocità generale Kcat che descrive la tappa
limitante la velocità.
Kcat = Vmax/[Et] ed è una costante di primo ordine espressa dal reciproco del tempo.
Viene definita anche come il numero di TURN-OVER, cioè il numero di eventi catalitici che
avvengono nel sito attivo dell'enzima nell'unità di tempo.
Quindi misura quanto velocemente un dato enzima può catalizzare una data reazione ed è
specifica per ogni enzima.
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Molti enzimi catalizzano reazioni a due o più substrati e possono essere analizzate sulla
base della teoria di Michaelis-Menten.
Generalmente le reazioni che coinvolgono due o più substrati comportano il trasferimento
di un atomo o di un gruppo funzionale da un substrato all'altro.
INIBIZIONE ENZIMATICA
INIBIZIONE REVERSIBILE
In questo tipo di meccanismo gli inibitori legano l'enzima e interferiscono con la loro attività
modificando la Vmax, la Km o entrambe.
Questi inibitori si legano all'enzima mediante un'interazione non covalente stabilendo un
equilibrio che porta alla formazione del complesso inattivo EI.
Distinguiamo diversi di inibitori coinvolti in questo tipo di meccanismo.
– INIBITORI COMPETITIVI
Competono con il substrato per il sito attivo dell'enzima e, quando gli inibitori si
legano nel sito attivo, impediscono il legame del substrato con l'enzima.
In genere la loro struttura è analoga a quella del substrato.
In presenza di un inibitore competitivo aumenta la Km perchè aumenta il valore di
k-1 che delinea un aumento della velocità di degradazione del complesso ES.
In presenza di inibitore competitivo basta aumentare la concentrazione di substrato
per aumentare la probabilità che a quest'ultimo si leghi all'enzima.
La Km osservata in presenza dell'inibitore viene detta alfa-Km o Km apparente.
La Km è molto minore rispetto alla alfa-Km.
Inoltre dal grafico dei doppi reciproci può essere ricavata la Ki, costante di equilibrio
per il legame dell'inibitore con l'enzima.
– INIBITORI INCOMPETITIVI
Si osserva la loro azione solo con enzimi a due o più substrati.
Si legano all'enzima solo dopo che si è formato il complesso ES in un sito diverso
da quello del substrato.
L'inibitore incompetitivo fa diminuire sia la Vmax, perchè diminuisce la quantità di
ES, sia la Km, perchè l'equilibrio si sposta verso la formazione del complesso ES
ed ESI.
k1 aumenta quindi la Km è molto minore rispetto alla costante apparente.
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– INIBITORI MISTI
Si legano in un sito diverso rispetto a quello del substrato e possono legarsi sia ad
E che a ES.
Anch'essi modificano i valori di Vmax e Km.
INIBIZIONE IRREVERSIBILE
Nell'inibizione irreversibile gli inibitori si legano covalentemente all'enzima inattivandolo ed
eliminando i gruppi funzionali, essenziali alla loro attività, presenti nel sito attivo.
In questo modo viene impedito il legame dell'enzima con il substrato e quindi la
trasformazione di quest'ultimo.
Distinguiamo diversi tipi di inibitori irreversibili.
Un tipo di inibitore comune comprende gli INATTIVATORI SUICIDI, dei composti
relativamente stabili fino a che non si legano al sito attivo dell'enzima. A livello del sito
attivo vengono trasformati in composti estremamente reattivi.
– pH
Gli enzimi hanno un pH ottimale per cui la loro attività diventa massima.
Ciò dipende dal fatto che gli enzimi sono delle proteine e quindi le catene laterali
degli amminoacidi possono agire da acidi e basi deboli. In questo modo le catene
laterali possono svolgere funzioni che dipendono dal loro stato di ionizzazione.
Quindi a seconda del pH l'attività enzimatica può variare per via del coinvolgimento
delle catene amminoacidiche laterali.
Alcuni processi enzimatici necessitano di valori di pH estremi.
– TEMPERATURA
Anche la temperatura è un parametro importante che influenza l'attività enzimatica.
La temperatura comporta un aumento cinetico ma allo stesso tempo destabilizza
l'enzima e, dal momento che quest'ultimo è una proteina, va incontro a
denaturazione.
ENZIMI REGOLATORI
L'attività catalitica di un enzima che agisce in una data via metabolica può essere regolata
in vari modi:
– REGOLAZIONE A LUNGO TERMINE
La quantità di enzima può essere controllata regolando la velocità della sua sintesi
o degradazione.
– REGOLAZIONE A BREVE TERMINE
Tramite la modulazione di ENZIMI REGOLATI.
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L'attività di questi ENZIMI REGOLATORI aumenta o diminuisce in risposta a determinati
segnali.
L'attività aumenta quando aumenta la concentrazione di substrato o diminuisce la
concentrazione del prodotto e viceversa.
Questa azione viene svolta da:
– MODULAZIONE ALLOSTERICA NON COVALENTE
– MODULAZIONE COVALENTE (REVERSIBILE o IRREVERSIBILE)
MODULAZIONE COVALENTE
La trasformazione covalente di enzimi regolati è una modificazione post-traduzionale
operata da altri enzimi MODIFICATORI che a loro volta possono essere regolati.
Per modificare le proteine vengono utilizzati diversi gruppi che possono attuare i seguenti
meccanismi:
– FOSFORILAZIONE
– ADENILAZIONE
– URIDILAZIONE
– ADP-RIBOSILAZIONE
– METILAZIONE
ecc...
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In particolare la FOSFORILAZIONE dei residui amminoacidici dell'enzima è la forma più
comune di modulazione covalente.
Una proteina CHINASI trasferisce il gruppo fosforico dall'ATP sul sito di fosforilazione
dell'enzima.
La rimozione del gruppo fosforico avviene ad opera della PROTEINA FOSFATASI.
La fosforilazione può inibire o attivare un enzima.
Alcuni enzimi vengono regolati per scissione proteolitica di un precursore enzimatico che
prende il nome di ZIMOGENO e che si trova nella forma inattiva.
Molti enzimi proteolitici di STOMACO e PANCREAS vengono coinvolti in questo processo
di modulazione.
Prendiamo ad esempio la cascata di attivazione delle proteasi pancreatiche;
TRIPSINA e CHIMOTRIPSINA vengono sintetizzate inizialmente sotto forma di zimogeni
(tripsinogeno e chimotripsinogeno) che possono essere attivati per rottura di specifici
legami peptidici che producono una modificazione strutturale.
Questo tipo di attivazione è irreversibile, quindi per inattivare questi enzimi, quando è
necessario, sono necessari altri meccanismi attuati da inibitori competitivi.
Le proteasi seriniche presentano nel sito attivo 3 residui amminoacidici molto vicini tra loro
(ACIDO ASPARTICO, ISTIDINA e SERINA) che formano la TRIADE CATALITICA.
Vicino al residuo di serina è presente una tasca che deve accogliere la porzione di catena
peptidica tagliata.
Sul fondo della tasca tasca è presente una catena laterale negativa che interagisce con la
catena laterale Arg o Lys della catena da tagliare nel caso della Tripsina.
Nel caso della chimotripsina la tasca è più larga e presenta catene idrofobiche che legano
le catene laterali di amminoacidi aromatici.
La triade della chimotripsina agisce attraverso un meccanismo di catalisi sia covalente che
acido-base.
L'anello imidazolico dell'ISTIDINA rimuove un protone H+ dalla catena laterale di una
serina formando un ALCOSSIDO che a sua volta, essendo un potente nucleofilo, attacca il
C=O del legame peptidico che deve essere scisso.
L'anello imidazolico trasferisce un protone all'N del legame peptidico che si deve scindere
e si forma un legame estere fra l'enzima e il C del carbonile (ACIL-ENZIMA).
Il frammento peptidico col gruppo amminico verrà rilasciato.
Nel sito attivo entra una molecola d'acqua da cui l'istidina rimuove un protone generando
un OH che attacca il C=O dell'estere ACIL-ENZIMA.
L'istidina dona un protone alla serina favorendo la scissione del legame acilico e liberando
il frammento peptidico che presenta una Phe nella porzione C-terminale.
57
COENZIMI
Molti enzimi richiedono l'associazione con particolari cofattori per esplicare la loro
funzione.
Questi cofattori in alcuni casi possono essere IONI ESSENZIALI come IONI ATTIVATORI
(Mg 2+, K+ o Ca 2+), che si legano debolmente in maniera reversibile, o IONI METALLICI
(dei metalloenzimi) come Zn 2+ e Cu 2+ che si legano fortemente.
In particolare il magnesio è uno ione essenziale nel caso delle CHINASI per schermare le
cariche negative dei gruppi fosfato.
I coenzimi sono parte integrante del sito attivo, partecipano alle reazioni enzimatiche
attivamente e possono essere distinti in:
– COSUBSTRATI (legati debolmente all'enzima)
– GRUPPI PROSTETICI (legati fortemente all'enzima, a volte covalentemente)
I coenzimi vengono MODIFICATI TEMPORANEAMENTE e hanno il compito di trasferire
gruppi funzionali in modo specifico attraverso il loro CENTRO REATTIVO.
Molti coenzimi derivano da VITAMINE IDROSOLUBILI che quindi devono essere assunte
con la dieta ricavandole da piante e microorganismi.
Tra i coenzimi ricordiamo i trasportatori universali di elettroni che vengono detti COENZIMI
DELLE DEIDROGENASI e sono il NADH e il FADH2.
Il processo di demolizione dei nutrienti è caratterizzato da una serie di reazioni redox in cui
gli elettroni vengono trasferiti dal SUBSTRATO RIDOTTO a intermedi specifici:
– NAD+ (NICOTINAMMIDE ADENIN DINUCLEOTIDE)
– FAD (FLAVIN ADENIN DINUCLEOTIDE)
NAD+
Il NAD+ presenta l'anello della
NICOTINAMMIDE che possiede un atomo di C
non simmetrico.
L'anello della nicotinammide subisce un attacco
stereospecifico da parte dello ione IDRURO
(:H-) sopra o sotto.
L'azoto dell'anello possiede una carica positiva
ed è legato tramite un legame N-GLICOSIDICO
al D-RIBOSIO.
L'idruro attacca in posizione 4 l'anello per
formare il NADH.L'OH in posizione 2 dell'anello
del D-ribosio può essere fosforilato per formare
NADPH che è un importante donatore di elettroni nei processi biosintetici.
Il trasferimento riguarda sempre coppie di elettroni tramite lo ione idruro ed è
STEREOSPECIFICO.
Il NAD+ e il NADH presentano spettri di assorbimento
differenti.
La forma ridotta presenta un massimo di assorbimento a
340 nm dovuto all'ANELLO DIIDROPIRIDINICO.
Questo diverso spettro di assorbimento consente di:
– Quantificare il rapporto NAD+/NADH
– Seguire nel tempo le reazioni enzimatiche
catalizzate da deidrogenasi e misurarne la
velocità.
58
FAD
Il nucleotide flavinico che deriva dalla
vitamina RIBOFLAVINA, presenta
una struttura ad anelli fusi che
subisce delle riduzioni reversibili.
Anche il FLAVIN MONONUCEOTIDE
(FMN) è un nucleotide flavinico.
Quando un nucleotide flavinico
ossidato accetta un solo elettrone, si
genera la forma SEMICHINONICA
dell'anello, che è detto ANELLO
ISOALLOSSANIZINICO, che può
essere abbreviata come FADH° e
FMNH°.
Le forme completamente ridotte sono
rappresentate dalle formule FADH2 e FMNH2.
Il semichinone che si forma quando FAD e FMN accettano un solo atomo di idrogeno
(come ione idruro) è un radicale libero che consente di procedere con il trasferimento di un
solo elettrone per volta.
Il FAD può scambiare elettroni anche con il NADH.
Le forme parzialmente ridotte assorbono la luce a 450 nm mentre le flavoproteine
completamente ridotte assorbono a 360 nm.
59
Tra i coenzimi derivanti dalle proteine ricordiamo:
– BIOTINA
Sintetizzata dai batteri intestinali per essere
subito assorbita.
È il gruppo prostetico di enzimi che catalizzano
reazioni di carbossilazione ATP-dipendenti.
Si lega al sito attivo attraverso un legame
carbammidico con un residuo di Lys dell'enzima.
Presenta un anello con due atomi di N che sono
il centro reattivo della molecola.
L'ATP trasforma la biotina in
CARBOSSIBIOTINA; uno ione bicarbonato
viene fosforilato e quindi reso reattivo dall'ATP.
Si forma il CARBOSSIFOSFATO, un'anidride che reagisce con un azoto della
biotina legata all'enzima producendo CARBOSSIBIOTINIL-ENZIMA + Pi (fosfato
inorganico).
Il carbossibiotinil-enzima è un coenzima delle carbossilasi come la PIRUVATO-
CARBOSSILASI che catalizza la formazione di ossalacetato.
– COENZIMA A
Si occupa del trasferimento di GRUPPI ACILICI
nelle reazioni di ossidazione di molecole
energetiche e di biosintesi di carboidrati e lipidi.
Deriva dall'ACIDO PANTOTENICO o VITAMINA
B5.
Il centro reattivo del COENZIMA A o CoA-SH è
rappresentato dal gruppo SH con cui forma il legame tioestere con i gruppi acilici
che trasferisce.
Con l'idrolisi del legame tioestere viene liberata una notevole quantità di energia.
L'acido pantotenico si lega con la BETA-MERCAPTOETILAMMINA da un lato
tramite un legame ammidico e con il 3'-P-ADP (3'-FOSFOADENOSINA
DIFOSFATO).
60
– PIRIDOSSALE 5' FOSFATO (PLP)
Deriva dalla famiglia delle vitamine B6 (PIRIDOSSALE e
PIRIDOSSINA).
È un gruppo prostetico di enzimi che catalizzano reazioni di
TRANSAMMINAZIONE, DECARBOSSILAZIONE e
RACEMIZZAZIONE che coinvolgono amminoacidi.
Presenta un anello di PIRIDINA con dei sostituenti tra cui un
gruppo aldeidico che rappresenta il centro reattivo.
Il PLP si lega all'enzima per formare una BASE DI
SCHIFF (immina) tramite una Lys, presente nel sito attivo
dell'enzima, e il suo gruppo aldeidico
per addizione nucleofila.
Durante questo processo si ha la
perdita di una molecola di acqua.
L'anello piridinico positivo funziona da trappola per gli elettroni e
stabilizza il carbanione che si forma durante il processo.
– TETRAIDROFOLATI
Derivano dal FOLATO che viene ridotto in
7-8 e 5-6 mediante l'aggiunta di una
catena di POLIGLUTAMMATO più o meno
lunga.
Questa catena ancora il coenzima al sito
attivo dell'enzima.
I vari tetraidrofolati differiscono per:
- Grado di insaturazione dell'anello pterinico
- Lunghezza della catena di poliglutammato
L'anello pterinico è una struttura eterociclica che presenta due anelli
condensati.
In genere i centri reattivi sono gli atomi di azoto in 5 e in 10 che sono
punti di attacco per unita monocarboniose.
La funzione dei tetraidrofolati è essenziale per la biosintesi di basi puriniche e
pirimidiniche e per il metabolismo degli amminoacidi.
– LIPOAMMIDE
L'ACIDO LIPOICO è un acido carbossilico a 8
atomi di carbonio con due gruppi tiolici (SH) in C-6
e in C-8.
Il LIPOATO o ACIDO LIPOICO si lega con
l'amminogruppo di una Lys presente nel sito arrivo
dell'enzima.
È il gruppo prostetico di DIIDROLIPOAMMIDI-
ACETIL TRASFERASI (come nel caso della
PIRUVATO DEIDROGENASI) che fanno parte di
complessi multienzimatici.
I gruppi tiolici possono trovarsi nella forma
ossidata, a formare un PONTE DISOLFURO, o
nella forma ridotta, come semplici gruppi -SH.
Il lipoammide funziona come un braccio oscillante che
trasferisce gruppi acilici.
È molto importante nella formazione dell'Acetil-CoA (nella
formazione del legame tioestere).
61
– VITAMINA C o ACIDO ASCORBICO
L'ACIDO ASCORBICO o ASCORBATO è un carboidrato che
deriva dal glucosio e si trova sotto forma di LATTONE (presenta
l'anello lattonico).
Agisce da agente riducente nella biosintesi del COLLAGENE, in
particolare nell'idrossilazione di Pro e Lys.
Inoltre è un ANTIOSSIDANTE che partecipa alla detossificazione
dei ROS cellulari (radicali reattivi all'ossigeno che danneggiano le membrane
cellulari).
Dalla riduzione dell'acido ascorbico si ottiene l'ACIDO
DEIDROASCORBICO.
62
VITAMINE
– IDROSOLUBILI
- VITAMINA C (carenza: SCORBUTO)
- VITAMINE DEL COMPLESSO B
- TIAMINA o B1 (carenza: BERIBERI)
- RIBOFLAVINA o B2 (carenza: RITARDO MENTALE)
- NIACINA o B4
- BIOTINA (carenza: DERMATITE)
- ACIDO PANTOTENICO o B5
- ACIDO FOLICO (carenza: ANEMIA)
- PIRIDOSSINA o B6
- COBALAMINA o B12
- ACIDO LIPOICO
– LIPOSOLUBILI
- VITAMINA A (RETINOLO)
- VITAMINA D (COLECALCIFEROLO)
- VITAMINA K (FILLOCHINONE)
- VITAMINA E (TOCOFEROLO)
- COENZIMA Q (UBICHINONE)
VITAMINA A o RETINOLO
Lipide a 20 atomi di C che
presenta una catena poliinsatura
con doppi legami coniugati.
Viene ottenuta anche dal BETA-
CAROTENE tramite un taglio
ossidativo.
Possiede una funzione alcolica in
C-15 che subisce un'ossidazione
per diventare un'aldeide.
Questa è la forma presente
nell'organismo in condizioni di
buio; è un pigmento che prende, nella forma ossidata, il nome di 11-CIS-RETINALE e
costituisce il gruppo prostetico di particolari enzimi (opsine) con cui forma le RODOPSINE,
proteine dei fotorecettori della retina.
L'assorbimento della luce converte il cis-retinale in trans-retinale.
63
VITAMINA E o ALFA-TOCOFEROLO
E' formata da un anello biciclico con un
atomo di ossigeno e una lunga catena
isoprenoide.
Agisce da antiossidante nella rimozione di
ROS per la prevenzione da stress
ossidativo.
Ciò avviene grazie alla presenza di un OH
sull'anello aromatico che si può ossidare.
VITAMINA K o FILLOCHINONE
E' richiesta per la sintesi di proteine coinvolte
nella coagulazione del sangue.
Agisce sui residui di ACIDO GLUTAMMICO, che
vengono carbossilati per rendere attiva la
vitamina, dei fattori di coagulazione (substrato
specifico).
VITAMINE D
Costituiscono un gruppo di lipidi correlati che vengono attivati
dalle radiazioni UV. Svolgono un ruolo molto importante
nell'omeostasi del calcio (assorbimento intestinale e
deposizione ossea).
La vitamina D3 o COLECALCIFEROLO si forma in modo non
enzimatico nella pelle, in presenza di luce solare, a partire dal
7-DEIDROCOLESTEROLO.
La vitamina D2 è un derivato metilato della vitamina D3 e
viene attivata in modo simile. 7-DEIDROCOLESTEROLO
COLECALCIFEROLO
64
BIOENERGETICA E METABOLISMO
Un sistema in condizioni standard prevede che sia [A] che [B] siano pari a 1 M, ad una
temperatura di 298 K e P di 1 atm.
Per cui in queste condizioni ΔG = ΔG°.
In biochimica si usa ΔG'°, un valore di ΔG° particolare utilizzato nel caso in cui nel sistema
sono presenti ioni [H+] in una concentrazione pari a 10^-7, quindi pH = 7 (fisiologico).
Il valore di ΔG'° è direttamente correato alla costante di equilibrio.
Quando un sistema è all'equilibrio abbiamo detto che ΔG = 0.
Sappiamo che all'equilibrio Keq= [B]eq/[A]eq.
Perciò la formula precedente, sostituendo, diventa: 0 = ΔG'° + R*T*ln (Keq)
65
Di conseguenza: ΔG'° = – R*T*ln (Keq)
Dunque una reazione energicamente sfavorita può essere accoppiata ad una reazione
spontanea che liberi un'energia superiore a quella richiesta e questa strategia viene usata
nelle vie metaboliche.
In genere alcune molecole si accoppiano ad altre molecole, come ad esempio l'ATP, per
liberare l'energia necessaria grazie all'idrolisi di legami ad alto contenuto energetico che
forniscono l'energia necessaria per il processo.
La reazione chimica netta quindi ha un valore di ΔG'° pari a ΔG'°tot.
IDROLISI DELL'ATP
L'energia libera standard di idrolisi dell'ATP è circa uguale a -7,3 Kcal/mol o -30 KJ/mol.
Quindi questo processo libera energia in forma chimica grazie alla scissione in ADP e Pi.
Nelle cellule il rapporto [ATP]/[ADP] è elevato, quindi l'equilibrio della reazione è spostato
verso destra.
L'enzima ADENILATO CICLASI, in presenza di elevate [ADP] entra in azione favorendo la
reazione reversibile di conversione di due molecole di ADP in ATP e AMP, in presenza di
ioni Mg 2+, che ha inoltre una ΔG'° circa uguale a zero.
Questa reazione avviene quando l'ADP si accumula a causa di eccessive contrazioni
muscolari e interferisce con il processo di contrazione muscolare ATP-dipendente.
I composti fosforilati possono essere classificati in base alle loro energie libere standard di
idrolisi.
I gruppi fosforici vengono trasferiti da composti ad alta energia (come l'1,3-BPG,
FOSFOENOLPIRUVATO e FOSFOCREATINA) a composti a bassa energia (come
GLICEROLO e GLUCOSIO).
Questo flusso di gruppi fosforici è catalizzato da enzimi chiamati chinasi.
L'idrolisi di composti fosforilati a bassa energia rilascia Pi.
66
Prendiamo ora come esempio la donazione di un gruppo fosforico dal
FOSFOENOLPIRUVATO (PEP) all'ADP.
La reazione è termodinamicamente possibile in quanto il distacco del Pi dal PEP rilascia
più energia di quella necessaria per la condensazione del Pi con l'ADP.
In questo caso, la donazione del residuo fosforico dal PEP all'ADP, avviene in maniera
diretta.
Questa reazione è detta FOSFORILAZIONE A LIVELLO DEL SUBSTRATO.
I TIOESTERI vanno incontro a una minore stabilizzazione per risonanza rispetto agli esteri
normali.
L'idrolisi dell'estere genera un acido carbossilico che si ionizza assumendo diverse forme
di risonanza.
L'idrolisi dell'Acetil-CoA presenta un ΔG'° simile a quello misurato
per l'idrolisi di ATP (- 31,4 KJ/mol).
Nel caso dell'energia ricavata dall'idrolisi dell'ATP non è la sua semplice scissione in ADP
e Pi o AMP e PPi che permette di ottenere l'energia necessaria per far avvenire
determinati processi.
La semplice idrolisi produce solo calore perciò l'ATP fornisce energia trasferendo il gruppo
fosforico o l'adenilato.
In questo modo attiva la molecola che deve subire la trasformazione.
Successivamente l'intermedio fosforilato viene idrolizzato (processo favorito dal punto di
vista energetico) per ottenere il prodotto finale.
67
REAZIONI METABOLICHE DI OSSIDORIDUZIONE
Queste reazioni implicano la perdita di elettroni dalla specie RIDUCENTE che vengono
trasferiti alla specie OSSIDANTE che viene ridotta.
Il flusso di elettroni è responsabile, sia direttamente che indirettamente, di tutto il lavoro
prodotto dagli organismi viventi.
Al flusso di elettroni viene attribuita la ΔG nelle reazioni redox che avvengono nei sistemi
biologici attraverso:
– TRASFERIMENTO DIRETTO DI e- (centri Fe-s, citocromi)
– TRASFERIMENTO DI 1 H+ e di 1 e- (FAD, ubichinone)
– TRASFERIMENTO DI 1 :H- e di 2 e- (NAD+)
– COMBINAZIONE DIRETTA DI UN RIDUCENTE ORGANICO CON OSSIGENO
CHE VIENE INCORPORATO COME OH o COOH DA PARTE DI ENZIMI DETTI
OSSIGENASI
Il trasferimento degli elettroni dipende dalle affinità relative dell'accettore di elettroni di ogni
coppia.
Il POTENZIALE DI RIDUZIONE STANDARD (E°) è una misura di tale affinità.
Per calcolare ΔE'° quindi si parte dai E'° (rintracciabili sulla tabella) delle semireazioni
coinvolte.
All'aumentare del potenziale di riduzione aumenta l'affinità per gli elettroni.
In condizioni standard la reazione redox è favorita energeticamente.
Bisogna prendere in considerazione anche le concentrazioni qualora uno o più
componenti non si trovino in condizioni standard (concentrazione 1M).
Si deve applicare quindi l'equazione di Nernst:
68
GLICOLISI
È un processo mediante il quale una molecola di glucosio viene degradata mediante una
serie di reazioni catalizzate da enzimi.
Grazie alla glicolisi vengono prodotte due molecole a tre atomi di carbonio che prendono il
nome di PIRUVATO.
Parte dell'energia rilasciata viene recuperata sotto forma di ATP e NADH.
Si tratta della via centrale del catabolismo del glucosio da cui dipendono molti organismi
anaerobi per ottenere energia e alcuni tipi di cellule come ERITROCITI, del CERVELLO
e spermatozoi.
La degradazione anaerobia del glucosio o di altri nutrienti invece prende il nome di
FERMENTAZIONE e permette di ottenere energia sotto forma di ATP.
La glicolisi può essere suddivisa in due fasi principali.
La demolizione del glucosio in oltre può essere suddivisa in 10 tappe di cui le prime 5
costituiscono la fase PREPARATORIA.
Il glucosio liberato dalla degradazione dei polisaccaridi di riserva o dagli oligosaccaridi
consumati viene trasportato all'interno delle cellule.
Vediamo nel dettaglio quali sono le tappe del processo glicolitico:
TAPPA 1
Il glucosio viene fosforilato a livello del gruppo OH in posizione C6 formando il D-
GLUCOSIO-6-FOSFATO.
La fosforilazione avviene ad opera dell'ESOCHINASI, un enzima che catalizza, come le
altre chinasi (sottoclasse delle trasferasi), il trasferimento di un gruppo fosforico terminale
dall'ATP ad un accettore nucleofilico.
L'esochinasi necessita di ioni Mg 2+ per la sua
attività catalitica.
L'esochinasi va incontro ad una modificazione
conformazionale, un ADATTAMENTO dell'enzima
indotto dal legame con il substrato.
I due lobi dell'esochinasi si avvicinano e
racchiudono il glucosio in un ambiente idrofobico
(privo di acqua).
Se l'acqua entrasse nel sito attivo attaccherebbe il
fosfato dell'ATP idrolizzando i legami
fosfoanidridici e formano ADP e fosfato
inorganico.
L'esochinasi è una proteina citosolica solubile e distinguiamo 4 diversi isozimi codificati da
geni diversi:
- I, II e III: inibite allostericamente dal glucosio 6 fosfato. L'esochinasi 2 in particolare si
trova nei miociti e ha un'elevata affinità per il glucosio (l'enzima è saturo ad una
concentrazione di glucosio pari a 0,1 mM).
- IV: non è inibita allostericamente dal glucosio 6 fosfatoe risponde a forti aumenti di
glicemia (concentrazione di glucosio ematico maggiore a 5 mM).
L'esochinasi IV è detta anche GLUCOCHINASI ed è presente negli epatociti. Differisce
dalle altre forme di esochinasi per le sue proprietà cinetiche e per il meccanismo di
regolazione e ciò ha una notevole importanza a livello fisiologico.
Si definiscono ISOZIMI delle proteine diverse che catalizzano la stessa reazione.
Questa tappa è irreversibile.
69
TAPPA 2
Il glucosio 6 fosfato prodotto nella prima tappa viene
convertito in FRUTTOSIO 6 FOSFATO ad opera della
FOSFOESOSIO ISOMERASI (o fosfoglucosio isomerasi).
Si tratta di un'isomerizzazione reversibile del glucosio 6
fosfato, che è un aldosio, a fruttosio 6 fosfato, che è un
chetosio.
La variazione di energia libera standard è relativamente
piccola.
Il passaggio da glucosio 6 fosfato a fruttosio 6 fosfato induce un riarrangiamento tra il
carbonio 1 e il carbonio 2 che è essenziale per le tappe 3 e 4.
Nel sito attivo dell'enzima è presente un residuo di istidina che partecipa nell'apertura
dell'anello dello zucchero fosforilato a 6 termini che, grazie ad una serie di riarrangiamenti,
forma un anello a 5 termini.
TAPPA 3
Il fruttosio 6 fosfato viene fosforilato sul C1 formando D
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATO.
Tale processo avviene ad opera della
FOSFOFRUTTOCHINASI 1 o PFK 1 che trasferisce un
gruppo fosforico dall'ATP al fruttosio 6 fosfato.
Quasta reazione è irreversibile nellecondizioni cellulari
fisiologiche.
Il fruttosio 1,6 bisfosfato è un intermedio esclusivo della
via glicolitica mentre glucosio 6 fosfato e fruttosio 6
fosfato possono subire altri destini metabolici.
L'attività della PFK 1 aumenta al diminuire di ATP
intracellulare e aumenta all'aumentare dei suoi prodotti.
La PFK 1 è inibita quando vi sono elevati livelli di ATP ed è definita come ENZIMA
ALLOSTERICO.
TAPPA 4
Il fruttosio 1,6 bisfosfato viene scisso in due
molecole a 3 atomi di carbonio che sono la
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO (aldosio) e il
DIIDROSSIACETONE FOSFATO (chetosio).
La reazione è catalizzata dalla FRUTTOSIO
1,6 BISFOSFATO ALDOLASI che catalizza in
questo caso l'inverso di una condensazione
aldolica che è reversibile.
Dalla reazione che ha luogo in questa tappa si formano 2 zuccheri triosi; il processo può
avvenire anche con basse concentrazioni di reagenti e la variazione di energia libera è
abbastanza modesta. Questa tappa è detta anche tappa litica.
In questa tappa l'aldolasi agisce sul carbonio 2 attraverso un residuo di lisina presente nel
sito attivo con la formazione intermedia di un'IMMINA.
TAPPA 5
Il diidrossiacetone fosfato viene isomerizzato in una seconda molecola di
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO.
Ciò avviene solo perchè la gliceraldeide 3 fosfato può essere degradata nelle tappe
successive della glicolisi.
La reazione di conversione è reversibile ed è catalizzata dalla TRIOSIO FOSFATO
70
ISOMERASI.
Si conclude in questo modo la FASE PREPARATORIA della glicolisi.
Dopo la tappa 5 ha inizio la FASE DI RECUPERO
ENERGETICO che genera ATP e NADH.
Ogni molecola di gliceraldeide 3 fosfato viene
ossidata e fosforilata dal fosfato in organico.
La formazione delle due molecole di PIRUVATO è
accompagnata dalla formazione di 4 molecole di
ATP a partire dall'ADP.
La resa netta di ATP è di 2 molecole per ogni
molecola di glucosio perchè due molecole sono state consumate nella fase preparatoria
della glicolisi per fosforilare la molecola in C1 e in C6.
TAPPA 6
La gliceraldeide 3 fosfato viene ossidata a 1,3 BISFOSFOGLICERATO, ad opera della
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO DEIDROGENASI, a livello del gruppo aldeidico per
formare un'anidride che è un ACIL FOSFATO che ha un'elevata energia libera standard di
idrolisi.
La gliceraldeide 3 fosfato si lega
covalentemente alla deidrogenasi durante
la reazione; il gruppo aldeidico reagisce
con il gruppo tiolico di un residuo di
cisteina del sito attivo grazie al legame
con il NAD+ che rende l'enzima più
reattivo portandolo ad assumere la
FORMA TIOLATA.
In questa fase si forma un
TIOEMIACETALE (legame
tioemiacetalico).
La quantità di NAD+ presente nella
cellula è di gran lunga inferiore rispetto a quella del glucosio intracellulare metabolizzato.
Perciò il NADH, che sui forma strappando uno ione idruro dal C1, deve essere
continuamente riossidato e quindi riciclato per avere NAD+ sempre disponibile.
Il NADH lascia sempre il suo sito attivo per lasciare spazio al NAD+.
La formazione di NADH consente di formare un ACILTIOESTERE (derivato per
ossidazione da parte del NAD+ che si riduce).
Il tioestere formato va incontro ad una FOSFOROLISI grazie all'ingresso di fosfato
inorganico e viene rilasciano 1,3 BISFOSFOGLICERATO.
TAPPA 7
Durante questa tappa l'enzima
FOSFOGLICERATO CHINASI trasferisce all'ADP
un gruppo fosfato dell'1,3 BPG (bisfosfoglicerato)
che diventa 3 FOSFOGLICERATO o 3PG.
L'enzima agisce come una chinasi in entrambe le
direzioni (reazione reversibile).
Si ha quindi la formazione di ATP.
Le tappe 6 e 7 costituiscono un esempio di
ACCOPPIAMENTO ENERGETICO
complessivamente esoergonico.
La tappa 7 consuma il prodotto della tappa 6 che è un intermedio comune e quindi
accoppia le due reazioni.
71
La formazione di ATP per trasferimento di un gruppo fosforico è detta FOSFORILAZIONE
A LIVELLO DEL SUBSTRATO e coinvolge ENZIMI SOLUBILI e INTERMEDI CHIMICI (a
differenza della FOSFORILAZIONE ACCOPPIATA ALLA CATENA RESPIRATORIA che
coinvolge enzimi legati alla membrana mitocondriale e gradienti protonici transmembrana).
TAPPA 8
Il 3PG viene convertito in 2 FOSFOGLICERATO o 2PG grazie all'enzima
FOSFOGLICERATO MUTASI che richiede Mg 2+.
L'enzima catalizza lo scambio reversibile del gruppo fosforico tra il C2 e il C3 del glicerato.
Questa reazione avviene in 2 tappe:
1. Un gruppo fosforico legato ad un residuo di
istidina della mutasi viene trasferito all'ossidrile in
C1 del 3PG.
2. Il gruppo fosforico in C3 viene trasferito allo
stesso residuo di istidina. Si forma così il 2PG e
l'enzima fosforilato viene rigenerato. Il processo
è REVERSIBILE.
La fosfoglicerato mutasi inizialmente deve
essere fosforilata, perciò è necessario che vi sia
2,3 BPG in piccole quantità per dare inizio al ciclo catalitico.
Un caso particolare è rappresentato dai GLOBULI ROSSI in cui circa il 20% dell'1,3 BPG
è dirottato verso la formazione del 2,3 BPG ad opera della BISFOSFOGLICERATO
MUTASI che rilascia il 2,3 BPG dal sito attivo che a sua volta può prendere 2 strade
differenti:
- MODULAZIONE DELL'OSSIGENAZIONE DELL'EMOGLOBINA
- SE E' IN ECCESSO INTERVIENE LA 2,3 BPG FOSFATASI che forma il 3PG che a sua
volta rientra nella glicolisi
TAPPA 9
In questa tappa si ha la
deidratazione del 2PG a
FOSFOENOLPIRUVATO o PEP ad
opera dell'ENOLASI.
Si tratta della rimozione reversibile
di una molecola d'acqua.
Tale reazione prevede la
formazione di un intermedio
enolico stabilizzato dal Mg 2+.
Il composto che si forma ha un elevato potenziale di trasferimento del gruppo fosforico.
TAPPA 10
In questa tappa (ultima della
glicolisi) si ha il trasferimento di
un gruppo fosforico dal
fosfoenolpiruvato all'ADP ad
opera della PIRUVATO
CHINASI che richiede Mg 2+,
Mn 2+ e K+.
In questa fosforilazione a livello
del substrato il piruvato compare prima nella sua forma enolica che poi tautomerizza nella
forma chetonica rapidamente e non enzimaticamente (forma prevalente a pH fisiologico).
72
La variazione di energia libera standard è negativa e quindi la reazione è spontanea.
Metà dell'energia libera rilasciata dall'idrolisi del PEP viene conservata nell'ATP appena
formato in questa tappa.
L'energia rimanente rappresenta la forza trainante che spinge la reazione verso la sintesi
di ATP.
73
Le due molecole di piruvato contengono la maggior parte dell'energia utilizzabile presente
originariamente nella molecola di glucosio.
Per quanto riguarda il bilancio complessivo della glicolisi risulta che da ciascuna molecola
di glucosio, 2 molecole di NAD+, 2 di ADP e 2 di fosfato inorganico si formano 2 molecole
di piruvato, 2 di NADH, 2 H+, 2 ATP e 2 molecole d'acqua.
Il numero effettivo di molecole di ATP sintetizzate dipende da come vengono trasportati nei
mitocondri gli elettroni presenti sul NADH che come tale non può attraversare la
membrana mitocondriale interna.
Nelle reazioni sequenziali della glicolisi, tre tipi di trasformazione chimica sono molto
importanti:
1. DEGRADAZIONE DELLO SCHELETRO CARBONIOSO DEL GLUCOSIO nel
composto non saccaridico che è il piruvato
2. FOSFORILAZIONE DI ADP AD ATP DA PARTE DI UN COMPOSTO AD ALTA
ENERGIA che si forma durante la glicolisi
3. TRASFERIMENTO DI ATOMI DI H O DI ELETTRONI AL NAD+ PER FORMARE
NADH
Tutti i nove intermedi glicolitici tra glucosio e piruvato sono fosforilati e ciò ha una notevole
importanza a livello funzionale:
– LA MEMBRANA PLASMATICA (generalmente) NON PRESENTA
TRASPORTATORI PER ZUCCHERI FOSFORILATI.
Ciò impedisce che gli zuccheri fuoriescano dalla cellula e quindi nessun dispendio
energetico per mantenerli all'interno.
– I GRUPPI FOSFORICI SONO ESSENZIALI NEI PROCESSI ENZIMATICI DI
CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA METABOLICA.
I composti fosforilati rilasciano energia nel momento in cui donano i loro gruppi
fosforici e tale energia viene immagazzinata nelle molecole di ATP (es. 1,3 BPG e
fosfoenolpiruvato).
– NEL SITO ATTIVO DI UN ENZIMA SI FORMA UN LEGAME CON IL GRUPPO
FOSFORICO CHE PRODUCE UN'ENERGIA DI LEGAME.
Ciò cntribuisce ad abbassare l'energia di attivazione e ad aumentare la specificità
della reazione catalizzata dall'enzima (formazione di siti per il Mg 2+ formando così
dei complessi che consentono di portare avanti l'attività catalitica).
74
Quando la fosforilasi incontra un legame glicosidico alfa 1-6 (PUNTO DI
RAMIFICAZIONE) la sua azione viene interrotta perchè agisce a questo punto un enzima
DERAMIFICANTE.
Il glucosio 1 fosfato viene convertito poi in glucosio 6 fosfato dalla FOSFOGLUCOSIO
MUTASI.
I monosaccaridi diversi dal glucosio entrano nella glicolisi in diversi punti.
Alcuni esosi entrano nella glicolisi dopo essere stati fosforilati.
Ad esempio il D-FRUTTOSIO viene fosforilato in FRUTTOSIO 6 FOSFATO con consumo
di ATP (formazione di ADP) a livello muscolare ad opera dell'ESOCHINASI.
A livello del fegato l'enzima fruttochinasi invece catalizza la trasformazione del D-
FRUTTOSIO in FRUTTOSIO 1 FOSFATO con formazione di ADP.
Il fruttosio 1 fosfato non è un intermedio della glicolisi e viene convertito in
DIIDROSSIACETONE FOSFATO e GLICERALDEIDE ad opera della FRUTTOSIO 1
FOSFATO ALDOLASI.
Il diidrossiacetone fosfato viene convertito in GLICERALDEIDE 3 FOSFATO dalla
TRIOSIO FOSFATO ISOMERASI.
La gliceraldeide viene fosforilata ad opera della TRIOSIO CHINASI per formare
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO.
A questo punto la gliceraldeide 3 fosfato può entrare nella glicolisi.
Il MANNOSIO invece viene fosforilato in C6 dall'ESOCHINASI e viene poi isomerizzato in
fruttosio 6 fosfato dalla FOSFOMANNOSIO ISOMERASI per poter entrare nella glicolisi.
Dall'idrolisi di diversi DISACCARIDI si ottengono diversi monosaccaridi.
Dall'idrolisi del LATTOSIO si ottiene anche il D-GALATTOSIO che a livello epatico viene
fosforilato in C1 per ottenere il GALATTOSIO 1 FOSFATO ad opera della
GALATTOCHINASI.
Il galattosio 1 fosfato viene convertito nel suo epimero in C4 (glucosio 1 fosfato)
dal'URIDINA DIFOSFATO (UDP).
L'epimerizzazione comporta l'ossidazione dell'OH in posizione 4 e poi la riduzione di
questo a ossidrile con inversione di configurazione.
In questa reazione il NAD funziona da cofattore sia per l'ossidazione che per la riduzione.
Un difetto in questa via porta alla GALATTOSEMIA che comporta ritardi nello sviluppo ,
difficoltà di linguaggio, deficienza mentale e danno epatico.
La lattasi intestinale è l'enzima che ha il compito di degradare il disaccaride lattosio.
In carenza di lattasi il latosio passa nel colon dove i batteri lo convertono in prodotti tossici
che causano crampi addominali e diarrea.
Inoltre il lattosio aumenta l'osmolarità del contenuto intestinale e favorisce la ritenzione
idrica nell'intestino.
I disaccaridi vengono quindi idrolizzati a monosaccaridi prima di poter penetrare nelle
celule intestinali.
Gli enzimi responsabili di tale idrolisi sono ancorati alla superficie esterna delle cellule
dell'epitelio intestinale e si suddividono in:
– DESTRINASI (scinde le destrine in monomeri di glucosio)
– MALTASI (scinde il maltosio in monomeri di glucosio)
– LATTASI (scinde il lattosio in glucosio e galattosio)
– SACCARASI (scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio)
– TREALASI (scinde il trealosio in monomeri di glucosio)
75
DESTINO DEL PIRUVATO
Il piruvato che si forma dalla glicolisi viene metabolizzato ulteriormente.
Il piruvato può andare incontro a 3 vie cataboliche:
– DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA
Il piruvato viene ossidato con perdita del suo gruppo carbossilico sotto forma di
anidride carbonica e con formazione di acetilCoA che entra poi nel ciclo di krebs.
Gli elettroni sottratti in questa reazione vengono trasferiti all'ossigeno attraverso
una catena di traportatori mitocondriali permettendo conseguentemente la sintesi di
ATP.
– FERMENTAZIONE
La fermentazione è un processo che permette di riottenere il NAD+ utilizzando il
NADH come agente riducente.
Con il termine fermentazione si intende ogni processo in cui viene estratta energia
sotto forma di ATP senza consumo di ossigeno. Distinguiamo due tipi principali di
fermentazione:
– LATTICA
Si tratta della riduzione del piruvato a lattato.
Questo processo avviene in condizioni di IPOSSIA quando il muscolo
scheletrico si contrae vigorosamente.
In questo caso il NADH non può essere riossidato a NAD+ che a sua volta è
necessario come acettore di elettorni per l'ulteriore ossidazione del piruvato.
Il piruvato viene quindi ridotto e accetta elettroni
dal NADH generando LATTATO e NAD+ affinchè
la glicolisi possa procedere.
Il lattato prodotto è essenziale in alcuni tipi di
cellule (eritrociti, parte del cervello, midollare
renale e cornea) che producono quest'ultimo dal
glucosio.
La riduzione del piruvato in questa via avviene ad opera della LATTATO
DEIDROGENASI.
Il lattato può essere riciclato, trasportato fino al fegato e convertito in glucosio ad
opera della LATTATO DEIDROGENASI EPATICA che converte il lattato in
piruvato (CICLO DI CORI).
A sua volta il piruvato può entrare nel CICLO DI KREBS o nella
GLUCONEOGENESI.
– ALCOLICA
La fermentazione alcolica è detta anche enolica perchè conduce alla formazione
di etanolo e anidride carbonica.
Questa reazione avviene
sempre in condizioni
ANAEROBICHE o
IPOSSICHE ed è
caratterisitica dei lieviti.
Nella fermentazione
alcolica la PIRUVATO DECARBOSSILASI converte il piruvato in ACETALDEIDE
(con utilizzo di TPP come coenzima).
Un'ALCOL DEIDROGENASI poi, con l'intervento del NADH derivato dalla
deidrogenazione della gliceraldeide 3 fosfato, porta alla formazione di
ETANOLO.
Il piruvato può anche seguire una VIA ANABOLICA che permette di fornire lo scheletro
carbonioso per la sintesi di ALANINA e ACIDI GRASSI oppure può entrare nela
GLUCONEOGENESI.
76
GLUCONEOGENESI
E' il processo di sintesi del glucosio a partire da precursori non saccaridici che sono:
– GLICEROLO
– PIRUVATO (LATTATO)
– AMMINOACIDI
Avviene principalmente nel fegato e il glucosio prodotto passa nel sangue per rifornire gli
altri tessuti.La via metabolica della gluconeogenesi non è l'esatto opposto della glicolisi.
Tre reazioni della glicolisi infatti sono irreversibili:
– TAPPA 1: conversione del glucosio in glucosio 6 fosfato ad opera dell'ESOCHINASI
– TAPPA 3: fosforilazione del fruttosio 6 fosfato a fruttosio 1,6 bisfosfato ad opera
della FOSFOFRUTTOCHINASI 1 (PFK 1)
– TAPPA 10: conversione del fosfoenolpiruvato in piruvato ad opera della PIRUVATO
CHINASI
Queste 3 reazioni hanno una variazione di energia libera fortemente negativa mentre le
altre 7 reazioni della glicolisi hanno una variazione di energia libera molto vicina allo zero e
sono perciò reversibili.
Nella gluconeogenesi, le 3 tappe irreversibili della glicolisi non sono perciò percorribili in
senso inverso ma possono essere superate attraverso un diverso gruppo di enzimi che
catalizzano 3 REAZIONI DI DEVIAZIONE.
Quindi, affinchè avvenga la gluconeogenesi, devono essere inibite l'esochinasi, la
fosfofruttochinasi 1 e la piruvato chinasi che sono gli enzimi che regolano il flusso di
glucosio nel verso dell'ossidazione.
Oltre a questi 3 enzimi è inibita anche la piruvato deidrogenasi per le stesse
caratteristiche.
Gluconeogenesi e glicolisi sono regolate in maniera dipendente l'una dall'altra tramite dei
meccanismi di controllo specifici di ogni reazione.
La gluconeogenesi è stimolata dall'ormone GLUCAGONE.
Gli intrmedi del ciclo di krebs e molti amminoacidi sono gluconeogenici.
Si tratta di intermedi a 4,5 e 6 atomi di carbonio come CITRATO, ISOCITRATO, ALFA-
CHETOGLUTARATO, SUCCINIL-CoA, SUCCINATO, FUMARATO e MALATO.
Gli amminoacidi gluconeogenici invece possono essere catabolizzati a:
– PIRUVATO
(ALANINA, CISTEINA, GLICINA, SERINA, TREONINA e TRIPTOFANO)
– ALFA-CHETOGLUTARATO
(GLUTAMMATO, GLUTAMMINA, ARGININA, ISTIDINA e PROLINA)
– SUCCINIL-COA
(ISOLEUCINA, METIONINA, VALINA e TREONINA)
– FUMARATO
(FENILALANINA e TIROSINA)
– OSSALACETATO
(ASPARAGINA e ASPARTATO)
77
MECCANISMO DELLA GLUCONEOGENESI
La sintesi del glucosio parte dalla sintesi del FOSFOENOLPIRUVATO che non può essere
sintetizzato attraverso la reazione inversa della tappa 10 della glicolisi perchè si tratta di
una reazione irreversibile.
Il piruvato viene prima CARBOSSILATO a OSSALACETATO
e poi trasformato in FOSFOENOLPIRUVATO tramite
due reazioni esoergoniche.
Si tratta della prima, in ordine cronologico, delle 3
reazioni di deviazione.
Il piruvato viene prima di tutto trasferito dal CITOSOL ai
MITOCONDRI o trasferito dall'ALANINA ai
MITOCONDRI per TRANSAMMINAZIONE, cioè per
trasferimento del gruppo alfa-amminico ad un alfa-
chetoacido con formazione del PIRUVATO.
Il primo enzima che catalizza la conversione del PIRUVATO in OSSALACETATO è la
PIRUVATO CARBOSSILASI, un enzima tetramerico che richiede il coenzima BIOTINA.
La BIOTINA è coinvolta come trasportatore del bicarbonato attivato tramite fosforilazione
da parte dell'ATP formando un'anidride mista che è il CARBOSSIFOSFATO.
Il cofattore biotina è legato covalentemente all'enzima tramite un legame ammidico al
gruppo epsilon-amminico di un residuo di lisina del sito attivo per formare così un biotinil-
enzima.
La piruvato carbossilasi presenta 2 siti catalitici. Nel primo sito catalitico lo ione
bicarbonato viene convertito in anidride carbonica a spese dell'ATP; il bicarbonato viene
quindi attivato e convertito in CARBOSSIFOSFATO per essere utilizzato per carbossilare
la biotina. Il carbossi fosfato libera prima l'anidride carbonica producendo anche fosfato
inorganico. L'anidride carbonica prodotta a questo punto può carbossilare la biotina.
Quindi si forma un carbossibiotinil-enzima. La biotina forma un lungo braccio che assieme
alla catena laterale della lisina e tale braccio trasferisce l'anidride carbonica del
carbossibiotinil-enzima al sito catalitico 2 dove viene rilasciata. Il piruvato, sempre a livello
del sito 2 invece, subentra nella reazione e viene convertito dalla forma chetonica alla
forma enolica.
A questo punto l'anidride carbonica reagisce con il piruvato nella sua forma di enolato
formando l'ossalacetato e rigenerando il biotinil enzima.
La piruvato carbossilasi richiede l'acetil-CoA come effettore allosterico positivo.
L'OSSALACETATO ottenuto nella prima fase deve essere ridotto a MALATO dalla
MALATO DEIDROGENASI MITOCONDRIALE, prima di essere trasportato nel citosol, ad
opera del NADH.
Quindi il malato esce dal mitocondrio mediante un trasportatore specifico della membrana
mitocondriale interna.
Nel citosol il malato viene riossidato ad OSSALACETATO con produzione di NADH
citosolico.
Ora l'ossalacetato può essere convertito in
FOSFOENOLPIRUVATO dalla PEP
CARBOSSICHINASI, un enzima Mg 2+
dipendente che richiede GTP come donatore
del gruppo fosforico (elevato contenuto
energetico).
Il fosfoenolpiruvato viene consumato
rapidamente in altre reazioni e quindi la sua concentrazione deve essere mantenuta
sempre bassa.
L'anidride carbonica persa grazie alla fosfoenolpiruvato carbossichinasi è la stessa che
78
era stata aggiunta dalla piruvato carbossilasi.
Quando invece il precursore della prima reazione di
deviazione non è il piruvato ma il LATTATO
predomina una seconda reazione di deviazione.
Tale processo ha luogo a livello del fegato (ciclo di
Cori).
Il lattato viene convertito in PIRUVATO dalla LATTATO
DEIDROGENASI generando il NADH a livello epatico.
Il piruvato viene poi trasportato nei mitocondri dove
viene trasformato in ossalacetato che a sua volta poi
viene convertito in fosfoenolpiruvato dalla FOSFOENOLPIRUVATO CARBOSSICHINASI.
Il fosfoenolpiruvato esce dal mitocondrio ed entra nella via gluconeogenetica.
Quindi distinguiamo due tipi di fosfoenolpiruvato carbossichinasi, una citosolica e una
mitocondriale, che sono codificate da geni nucleari differenti.
La seconda reazione di deviazione è quella della conversione del fruttosio 1,6 bisfosfato in
fruttosio 6 fosfato.
Tale reazione è catalizzata da un
enzima Mg 2+ dipendente, la
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATASI che
promuove l'idrolisi irreversibile del
legame tra il C1 e il gruppo fosforico ad
esso legato formando il FOSFATO
INORGANICO e non ATP.
La terza reazione di deviazione prevede la conversione del glucosio 6 fosfato in glucosio.
Si tratta della reazione finale della
gluconeogenesi, reazione inversa a quella
catalizzata dall'ESOCHINASI che è
catalizzata dalla GLUCOSIO 6 FOSFATASI
e che richiede Mg 2+.
Si tratta di una semplice idrolisi di un estere
fosforico con conseguente produzione di
fosfato inorganico e non di ATP anche in
questo caso.
La GLUCOSIO 6 FOSFATASI è localizzata nel lume RE di:
– EPATOCITI
– CELLULE RENALI (corteccia)
– CELLULE EPITELIALI DEL TENUE
Il glucosio prodotto viene trasportato a muscoli e cervello tramite il flusso sanguigno.
La gluconeogenesi è un processo dispendioso dal punto di vista energetico ma
essenziale.
Per ogni molecola di glucosio che si forma nella gluconeogenesi vengono consumati 6
legami fosforici ad alta energia, 4 dell'ATP e 2 dal GTP.
Inoltre vengono usate due molecole di NADH per la riduzione di due molecole di 1,3
bisfosfoglicerato.
Molta energia libera viene spesa per rendere la gluconeogenesi un processo irreversibile.
Quando il flusso del glucosio procede attraverso la glicolisi, il flusso del piruvato verso la
formazione di glucosio rallenta e viceversa.
79
VIA DEL PENTOSIO FOSFATO
Nella maggior parte dei tessuti animali il glucosio 6 fosfato viene trasformato in piruvato.
Il glucosio 6 fosfato può essere metabolizzato in altri modi; ad esempio può essere
ossidato a pentosio fosfato tramite la via dei pentosi fosfati detta anche VIA DEL
FOSFOGLUCONATO o dell'ESOSIO MONOFOSFATO.
In questa via l'accettore di elettroni è il NADP+ e si ha quindi produzione di NADPH.
Viene intrapresa dal glucosio 6 fosfato in cellule che si dividono rapidamente (intestino,
midollo osseo, pelle e tumori) per formare RIBOSIO 5 FOSFATO che viene poi utilizzato
per costruire molecole come RNA, DNA e coenzimi.
L'apporto di NADPH è molto importante nei tessuti che sintetizzano ACIDI GRASSI,
COLESTROLO e ORMONI STEROIDEI (come fegato, adipe e tessuto ghiandolare).
Negli eritrociti il NADPH è particolarmente importante per prevenire il danno ossidativo
come nel caso di una carenza di glucosio 6 fosfato deidrogenasi.
Si ha una prima fase che è detta FASE OSSIDATIVA e che produce RIBOSIO 5
FOSFATO e NADPH.
La prima reazione è catalizzata dalla GLUCOSIO 6 FOSFATO DEIDROGENASI che
converte il glucosio 6 fosfato in 6 FOSFOGLUCONO delta LATTONE che è un estere
intramolecolare.
Il lattone viene poi idrolizzato a 6 FOSFOGLUCONATO LIBERO da uno specifico enzima
che prende il nome di LATTONASI.
Il 6 FOSFOGLUCONATO va poi incontro a DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA ad
opera della 6 FOSFOGLUCONATO DEIDROGENASI formando poi il RIBULOSIO 5
FOSFATO che è un CHETOPENTOSIO.
Dopo, la FOSFOPENTOSIO ISOMERASI converte il ribulosio 5 fosfato in RIBOSIO 5
FOSFATO che è un suo isomero di struttura.
Successivamente può esservi o no una FASE NON OSSIDATIVA che ricicla i pentosi
fosfato in glucosio 6 fosfato.
La fase non ossidativa inizia con la conversione del ribulosio 5 fosfato in XILULOSIO 5
FOSFATO ad opera della RIBULOSIO 5 FOSFATO EPIMERASI.
Grazie ad una serie di riarrangiamenti, 6 molecole di zucchero a 5 atomi di carbonio
vengono convertite in 5 molecole a 6 atomi di carbonio che sono degli zuccheri fosforilati.
In questo meccanismo intervengono 2 enzimi molto importanti che sono :
– TRANSCHETOLASI: catalizza il trasferimento di un frammento a due atomi di
carbonio da un chetosio donatore.
– TRANSALDOLASI: catalizza il trasferimento di un frammento a 3 atomi di carbonio.
La transchetolasi catalizza quindi il trasferimento di un frammento a 2 atomi di carbonio
dallo XILULOSIO 5 FOSFATO al RIBULOSIO 5 FOSFATO per formare la
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO e il SEDOEPTULOSIO 7 FOSFATO.
La transaldolasi catalizza poi la reazione di trasferimento di un frammento a 3 atomi di
carbonio dal SEDOEPTULOSIO 7 FOSFATO alla GLICERALDEIDE 3 FOSFATO per
ottenere il FRUTTOSIO 6 FOSFATO ed un treosio fosfato che è l'ERITROSIO 4
FOSFATO.
Infine la transchetolasi agisce ulteriormente formando FRUTTOSIO 6 FOSFATO e
GLICERALDEIDE 3 FOSFATO mediante il trasferimento di un frammento a 2 atomi di
carbonio dallo XILULOSIO 5 FOSFATO all'ERITROSIO 4 FOSFATO.
In due cicli consecutivi si formano due molecole di gliceraldeide 3 fosfato che possono
essere convertite in una molecola di fruttosio 1,6 bisfosfato e che ad opera dell
FRUTTOSIO 1,6 BISFOSFATASI (FBPasi 1) e della FOSFOESOSIO ISOMERASI viene
convertito in glucosio 6 fosfato con la formazione intermedia di fruttosio 6 fosfato.
La transchetolasi richiede come coenzima il TPP mentre la transaldolasi forma una base di
Schiff con la catena laterale di una lisina presente nel sito ativo e il gruppo carbonilico del
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chetosio per una maggiore stabilizzazione.
Tutti gli enzimi della via del pentosio fosfato sono presenti nel citosol e tale via è
interconnessa con la glicolisi e la gluconeogenesi per la condivisione di diversi intermedi
ed enzimi.
Quindi il glucosio 6 fosfato è ripartito tra la glicolisi e la via del pentosio fosfato e le
quantità nella ripartizione dipendono dal fabbisogno momentaneo della cellula e dalla
concentrazione di NADP+ citosolica.
Quando il NADPH aumenta il NADP+ diminuisce e aumenta la glicolisi.
81
PRODUZIONE DI ACETIL-CoA
82
La prima tappa è quella più lenta ed è quindi quella che limita la velocità dell'intero
processo.
La tappa 2 prevede l'ossidazione del gruppo idrossietilico a livello di acido carbossilico
(acetato). Tale reazione è catalizzata sempre dall'enzima E1 e gli elettroni vengono
trasferiti dall'idrossietil-TPP alla forma ossidata della lipoil-lisina dell'enzima E2.
I due elettroni rimossi in questa fase riducono il ponte disolfuro del gruppo lipoilico
formando 2 gruppi tiolici -SH.
Sempre in questa tappa il gruppo acetilico viene esterificato su uno dei due gruppi -SH del
gruppo lipoilico formando un ACILTIOESTERE con il gruppo lipoilico ridotto.
Nella terza tappa il gruppo acetilico viene transesterificato al CoA formando ACETIL-CoA e
la forma completamente ridotta di DITIOLO del gruppo lipoilico.
Le tappe 4 e 5 rappresentano una serie di trasferimenti elettronici necessari a rigenerare
la forma ossidata del ponte disolfuro della lipoil-lisina e a preparare il complesso per
un'ulteriore ossidazione.
Nella tappa 4 infatti la diidrolipoil deidrogenasi catalizza il trasferimento di due atomi di
idrogeno del gruppo lipoilico ridotto al suo gruppo prostetico FAD ripristinando in questo
modo la forma ossidata della lipoil-lisina.
Nella tappa 5 il FADH2 ridotto cede un idruro al NAD+ formando NADH e in questo modo
il complesso è pronto per un altro ciclo.
Il punto centrale di questo processo è rappresentato dal braccio mobile LIPOIL-LISINICO
dell'E2 che accetta dall'E1 due elettroni e l'acetile derivato dal piruvato e che trasferisce
poi tutti gli elettroni all'E3.
Fanno parte del complesso anche due proteine regolatrici: una proteina chinasi e una
proteina fosfatasi.
Il meccanismo per cui gli intermedi chimici non abbandonano mai la superficie dell'enzima
prende il nome di INCANALAMENTO DEI SUBSTRATI ed evita l'utilizzo del guppo
acetilico attivato da parte di altri enzimi di cui potrebbe essere il substrato.
La PDH è fortemente inibita dall'ATP, dall'acetil-CoA e dal NADH.
83
CICLO DELL'ACIDO CITRICO
Alcune cellule sono in grado di ottenere l'ATP tramite la fermentazione e quindi in assenza
di ossigeno.
Dopo la sintesi del piruvato possono aver luogo una serie di processi che nel complesso
ossidano i combustibili organici ad anidride carbonica e acqua con una notevole
produzione di energia.
Tale processo prende il nome di RESPIRAZIONE CELLULARE.
La respirazione cellulare si svolge in 3 fasi principali.
Nella prima fase GLUCOSIO, ACIDI GRASSI e alcuni AMMINOACIDI vengono ossidati
per produrre l'ACETIL CoA, un frammento a 2 atomi di carbonio.
Nella seconda fase l'acetilCoA entra nel ciclo di krebs in cui i gruppi acetilici vengono
ossidati enzimaticamente ad anidride carbonica.
L'energia liberata viene conservata come NADH e FADH2.
Nella terza fase i coenzimi ridotti vengono riossidati liberando H+ ed elettroni.
Gli elettroni vengono trasferiti all'ossigeno, l'accettore finale, attraverso molecole
trasportatrici della CATENA RESPIRATORIA.
Il trasferimento di elettroni rilascia una parte notevole di energia che viene poi conservata
sotto forma di ATP tramite la FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA.
Il piruvato prodotto dalla glicolisi deve essere prima di tutto convertito in gruppi acetilici e in
questo modo può entrare nel ciclo di krebs o CICLO DEGLI ACIDI TRICARBOSSILICI o
DELL'ACIDO CITRICO.
Alcuni intermedi del ciclo di krebs sono anche precursori di alcune vie biosintetiche molto
importanti.
Per questo motivo il ciclo dell'acido citrico è coordinato con altre vie metaboliche.
Per iniziare un giro del ciclo, l'acetilCoA dona il suo gruppo acetilico ad un composto a 4
atomi di carbonio, l'OSSALACETATO, per formare il CITRATO (composto a 6 atomi di C).
Il citrato viene poi trasformato in ISOCITRATO che viene deidrogenato, con perdita di
anidride carbonica, per formare l'ALFA-CHETOGLUTARATO o OSSOGLUTARATO.
L'alfa-chetoglutarato perde un'altra molecola di anidride carbonica per per formare
SUCCINIL-CoA e poi SUCCINATO.
Il succinato viene convertito enzimaticamente in 3 tappe in FUMARATO, MALATO e infine
in OSSALACETATO.
In ogni giro del ciclo entra un acetilCoA ed escono due molecole di anidride carbonica.
Quattro delle otto tappe che rappresentano questo processo sono delle OSSIDAZIONI in
cui l'energia viene conservata mediante la formazione di NADH e FADH2.
Il mitocondrio è la sede in cui avvengono le reazioni di ossidazione che producono energia
e in cui si ha la sintesi di ATP accoppiata a queste reazioni.
84
La concentrazione dell'ossalacetato generalmente è molto bassa.
La citrato sintasi è un enzima monodimerico le cui due subunità sono costituite ciascuna
da un unico polipeptide con due domini.
Un dominio è grande e rigido mentre l'altro è piccolo e flessibile.
Il sito attivo è localizzato tra i due domini e quando l'ossalacetato si lega all'enzima induce
un'estesa modificazione conformazionale del dominio flessibile creando un sito di legame
per l'acetilCoA.
Si forma nel sito attivo il Citril-CoA ma un'altra modificazione conformazionale causa
un'idrolisi del tioestere e si stacca il CoA-SH.
La reazione termina con il rilascio del citrato che deriva essenzialmente dalla
CONDENSAZIONE DI CLAISEN tra l'acetilCoA (tioestere) e l'ossalacetato (chetone).
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elettroni e il CoA è il trasportatore del succinile.
Questo complesso è del tutto simile a quello della PDH sia per quanto riguarda la struttura
che per quanto riguarda la funzione: presenta 3 enzimi (E1, E2 e E3) e 5 coenzimi (TPP,
Lipoato, FAD, NAD e CoA).
86
la reazione del TRANS-FUMARATO ma non dell'isomero cis (maleato).
Inoltre il D-malato non è substrato dell'enzima.
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Si crea una condizione di equilibrio dinamico tra le reazioni che rimuovono intermedi dal
ciclo e quelli che le riforniscono.
La più importante reazione anaplerotica avviene nel RENE e nel FEGATO ed è la
CARBOSSILAZIONE REVERSIBILE DEL PIRUVATO per formare ossalacetato (ad opera
della PIRUVATO CARBOSSILASI).
Questa reazione è necessaria quando la concentrazione di ossalacetato o di qualsiasi
altro intermedio è troppo bassa.
Questo processo richiede energia fornita dall'ATP.
In assenza di acetilCoA la piruvato carbossilasi è inattiva quindi è il suo modulatore
allosterico positivo.
L'enzima piruvato carbossilasi richiede il coenzima BIOTINA, gruppo prostetico
trasportatore di anidride carbonica.
Si tratta di un trasportatore specializzato di gruppi a 1 atomo di carbonio nella loro forma
più ossidata.
I gruppi carbossilici vengono attivati in una reazione che idrolizza ATP e lega anidride
carbonica alla BIOTINA che a sua volta è legata all'enzima. L'anidride carbonica viene
quindi attivata e donata ad un accettore.
La piruvato carbossilasi posiede 4 subunità identiche e una molecola di BIOTINA per
ciascuna subunità (legata covalentemente mediante un legame ammidico tra il gruppo
epsilon-amminico di un residuo di lisina presente nel sito attivo).
LIPOATO, BIOTINA e PANTENOATO entrano nella cellula con lo stesso trasportatore e
sono coinvolte nell'INCANALAMENTO DEI SUBSTRATI.
Anche la PEP CARBOSSICHINASI partecipa a reazioni anaplerotiche quando il ciclo
dell'acido citrico è troppo lento e non utilizza tutto il piruvato prodotto dalla glicolisi.
L'azione della PEP CARBOSSICHINASI è stimolata dal fruttosio 1,6 bisfosfato.
Il ciclo dell'acido citrico è controllato tramite il controllo degli enzimi di comando da parte di
EFFETTORI ALLOSTERICI e MODIFICAZIONI COVALENTI.
Tale regolazione assicura la produzione di intermedi e prodotti alla velocità giusta e nelle
quantità necessarie.
Il flusso di atomi di carbonio dal piruvato al ciclo dell'acido citrico viene controllato a due
livelli:
– nella conversione del piruvato ad acetilCoA
– nell'ingresso di acetilCoA nel ciclo dell'acido citrico
Il ciclo dell'acido citrico viene controllato a livello di:
– formazione dell'alfa-chetoglutarato
– formazione del succinil-CoA
88
SINTESI DI ATP
Differenze nella concentrazione dei protoni tra le due facce della membrana
rappresentano un modo per conservare l'energia estratta dalle ossidazioni metaboliche;
questo è il principio su cui si basa la TEORIA CHEMIOSMOTICA.
L'energia libera delle reazioni redox della catena respiratoria viene quindi utilizzata per
trasferire protoni dalla matrice mitocondriale verso l'esterno.
Il potenziale elettrochimico generato è dato quindi dal movimento spontaneo dei protoni.
Il movimento spontaneo dei protoni è ESOERGONICO e fornisce in questo modo
l'energia necessaria.
Se la membrana mitocondriale viene danneggiata non può formarsi il gradiente protonico.
FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
MITOCONDRI
Sono circondati da una membrana esterna e una membrana interna che sono molto
diverse tra loro in quanto presentano una permeabilità differente che contribuisce nella
formazione del gradiente elettrochimico presente ai lati della membrana.
La membrana esterna è facilmente permeabile a piccole molecole e a ioni che si muovono
liberamente attraverso delle proteine canale (transmembrana) dette PORINE.
La membrana interna è caratterizzata dalla presenza di CRESTE che aumentano la
superficie di assorbimento anche se la sua permeabilità è minore rispetto a quella della
membrana esterna.
La membrana interna è impermeabile agli ioni H+ e a
quasi tutti gli ioni e per questo presenta meno
proteine di membrana.
Il passaggio degli ioni H+ è consentito dalla
ATPsintetasi che fa parte della catena di trasporto
degli elettroni ed è un COMPLESSO ENZIMATICO.
Lo spazio compreso all'interno della membrana
interna è detto MATRICE MITOCONDRIALE e
89
contiene il complesso della PDH, gli enzimi del ciclo di krebs, delle vie della beta-
ossidazione e dell'ossidazione degli amminoacidi.
Dal momento che la membrana mitocondriale interna è molto selettiva, determina una
separazione netta tra gli enzimi metabolici e gli intermedi dei processi che avvengono nel
citosol e nella matrice mitocondriale.
ADP e fosfato inorganico vengono trasportati all'interno dei mitocondri mediante specifici
trasportatori e contemporaneamente l'ATP neosintetizzato può uscire nel citosol.
Vi sono anche dei trasportatori specifici per piruvato, acidi grassi e amminoacidi.
La fosforilazione ossidativa ha inizio con l'ingresso degli elettroni nella catena respiratoria
in cui vengono incanalati verso accettori universali.
La maggior parte degli elettroni deriva dall'azione delle deidrogenasi che li raccolgono nei
processi metabolici e poi li incanalano verso gli accettori universali di elettroni che sono il
NAD+ (o NADP+) e il FAD (o FMN).
Le DEIDROGENASI DIPENDENTI DA NUCLEOTIDI NICOTINAMMIDICI o NAD (NADP)
DIPENDENTI catalizzano reazioni reversibili di ossidazione del substrato.
Le deidrogenasi NAD-DIPENDENTI rimuovono due atomi di H dai loro substrati; uno di
questi atomi di H viene trasferito sotto forma di IONE IDRURO al NAD+, mentre l'altro H
viene trasferito sotto forma di H+.
NADH e NADPH si associano alle deidrogenasi in maniera reversibile.
Il NADH trasporta gli elettroni dalle reazioni cataboliche al complesso della NAD-
DEIDROGENASI, primo punto di ingresso degli elettroni nella catena respiratoria.
Il NADPH generalmente è coinvolto nelle reazioni anaboliche.
NADH e NADPH non possono attraversare la membrana mitocondriale interna mediante
trasportatori mentre gli elettroni possono entrare nei mitocondri.
90
Nella catena respiratoria agiscono altri 3 gruppi trasportatori di elettroni:
– UBICHINONE
– CITOCROMI
Sono proteine con un'elevata capacità di assorbire la luce visibile grazie alla
presenza di un GRUPPO EME (prostetico) contenente ferro.
I citocromi sono proteine che si trovano in tutti gli organismi tranne che in alcuni
anaerobi obbligati.
Nei mitocondri distinguiamo 3 classi di citocromi che possono essere distinti in base
al loro spettro di assorbimento in a, b e c.
il gruppo eme dei citocromi è saldamente legato alle proteine associate ma senza
legami covalenti per i tipi a e b (proteine integrali della membrana interna).
I gruppi eme, nei citocromi nella forma ridotta, mostrano nel visibile 3 picchi di
assorbimento detti alfa, beta e gamma.
La banda alfa è assente nella forma ossidata.
Il gruppo eme dei citocromi c invece è legato covalentemente alla proteina
mediante due residui di cisteina di quest'ultima.
L'atomo di ferro all'interno del gruppo eme è legato a un residuo di ISTIDINA e a
una METIONINA e perciò non può legare altri ligandi (a differenza dell'Hb).
Il citoctomo c dei mitocondri è una proteina solubile che si lega alla superficie
esterna della membrana interna mediante un'interazione elettrostatica.
91
Il potenziale di riduzione del ferro che fa parte dell'eme dipende dalle interazioni
con le proteine.
– PROTEINE FERRO-ZOLFO
Il ferro è associato ad atomi di zolfo inorganico o ad atomi di zolfo di residui di
cisteina della proteina.
Si tratta di centri ferro-zolfo (Fe-S) che possono avere strutture molto semplici in cui
l'atomo di ferro è coordinato con 4 atomi di zolfo di catene laterali di residui di
cisteina, oppure possono presentare da due a 4 atomi di ferro.
Le proteine di Reiske sono particolari proteine Fe-S in cui il Ferro è coordinato a
due residui di istidina.
Nella reazione complessiva catalizzata dalla catena respiratoria nei mitocondri, gli elettroni
passano dal NADH o da altri donatori primari di elettroni attraverso le flavoproteine, Q,
centri ferro-zolfo e citocromi per arrivare infine all'ossigeno.
Nei centri ferro-zolfo lo ione ferro trasferisce l'elettrone cambiando stato di ossidazione da
Fe 3+ a Fe 2+.
L'ordine dei trasportatori può essere dedotto dall'ordine del potenziale di riduzione
crescente.
I trasportatori di elettroni funzionano sottoforma di complessi multienzimatici, dei complessi
sopramolecolari intermembrana che possono essere tra loro separati e isolati.
Questi complessi si suddividono in:
– COMPLESSO I (NAD-DEIDROGENASI)
– COMPLESSO II (SUCCINATO DEIDROGENASI)
– COMPLESSO III (UBICHINONE:CITOCROMO c REDUTTASI)
– COMPLESSO IV (CITOCROMO OSSIDASI)
I complessi I e II catalizzano il trasferimento degli
elettroni da due diversi donatori (NADH e
Succinato) all'ubichinone.
Il complesso III trasferisce gli elettroni
dall'ubichinolo al citocromo c e il complesso IV
trasferisce gli elettroni dal citocromo c
all'ossigeno.
COMPLESSO I
E' detto anche NADH:UBICHINONE OSSIDO-
REDUTTASI.
È un enzima di grandi dimensioni contenente più di 40
catene peptidiche diverse fra cui una flavoproteina
contenente FMN e 6 centri ferro-zolfo (o al massimo 8
centri ferro-zolfo).
Il complesso I presenta una forma ad L; possiede un
92
braccio immerso nella membrana mitocondriale interna e uno orientato verso la matrice.
I centri ferro-zolfo trasportano un solo elettrone per volta e costituiscono un canale che
indirizza gli elettroni all'accettore finale (Q).
Il complesso I catalizza due processi accoppiati e simultanei:
– TRASFERIMENTO ALL'UBICHINONE DI UN IDRURO DAL NADH e di un protone
dal solvente acquoso alla matrice. Tale processo è esoergonico.
– TRASFERIMENTO ENDOERGONICO DI 4 PROTONI dalla matrice allo spazio
intermembrana.
La reazione è di tipo VETTORIALE; i protoni si muovono in una specifica direzione da una
zona all'altra.
L'ubichinolo (Q nella forma ridotta) diffonde attraverso il doppio strato fosfolipidico dal
complesso I al complesso III.
COMPLESSO II
Il complesso II è più piccolo del complesso I e contiene 5 gruppi prostetici di due tipi
diversi e 4 subunità proteiche.
È detto anche SUCCINATO:UBICHINONE OSSIDO-REDUTTASI ed è un enzima coinvlto
nel ciclo di krebs che catalizza l'ossidazione del succinato a fumarato a carico del FAD.
Le subunità proteiche sono dette A, B, C e D.
Le subunità proteiche C e D sono proteine di membrana integrali che contengono un
gruppo EME b e un sito di legame per l'ubichinone.
Una parte del NADH viene prodotto nel citosol con la GLICOLISI e gli elettroni devono
essere traslocati all'interno del mitocondrio per mezzo di sistemi navetta, funzione svolta in
questo caso dalla GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI citoplasmatica che converte
il diidrossiacetone fosfato in glicerolo 3 fosfato.
Sulla faccia esterna della membrana mitocondriale esterna è presente un enzima, che è
una flavoproteina, detto GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI MITOCONDRIALE
FAD-DIPENDENTE che riconverte il glicerolo 3 fosfato in diidrossiacetone fosfato.
Questo processo contribuisce alla formazione di ubichinolo che viene riossidato nel
complesso III.
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COMPLESSO III
E' detto anche complesso del CITOCROMO bC1 oppure anche
UBICHINONE:CITOCROMO c OSSIDO-REDUTTASI.
Questo complesso accoppia il trasferimento degli elettroni dall'ubichinolo al citocromo c
con un trasporto vettoriale di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana.
In questa fase avviene il pompaggio dei protoni che producono un gradiente elettrochimico
(visto che vengono trasportati contro il loro gradiente).
L'energia potenziale prodotta viene utilizzata per far avvenire la fosforilazione ad opera
dell'ATP-SINTASI.
L'unità funzionale del complesso III è un dimero che possiede un CITOCROMO C
localizzato a livello dello spazio intermembrana.
Ciascun monomero presenta:
– 1 CITOCROMO C1 (con un gruppo eme C1)
– 2 CITOCROMI b (con un gruppo eme bH e un eme bL)
– 1 PROTEINA FERRO-ZOLFO o ISP (contiene un centro 2Fe-2S in cui il ferro è
coordinato da due residui di istidina)
I dimeri del complesso III sono inseriti nella membrana mitocondriale interna.
Il citocromo C è l'accettore finale degli elettroni ed è una proteina solubile.
È stato proposto il modello del CICLO Q secondo cui il trasferimento di elettroni è regolato
da un trasportatore a due elettroni (ubichinolo) a trasportatori a un solo elettrone
(citocromi) e ciò permette di traslocare 4H+ per ogni coppia di elettroni trasferita.
Quindi l'ubichinolo, che è libero di muoversi dal lato della matrice della membrana allo
spazio intermembrana, viene ossidato a ubichinone e due molecole di citocromo C
contemporaneamente vengono ridotte.
COMPLESSO IV
Detto anche CITOCROMO OSSIDASI, trasporta gli elettroni dal citocromo C all'ossigeno
riducendolo ad acqua.
È un enzima di grandi dimensioni, una proteina transmembrana costituita da 13 subunità,
che si trova a livello della membrana mitocondriale interna.
Distinguiamo la subunità II che contiene 1 centro redox contenente un centro binucleare a
due atomi di rame che formano dei complessi con gli -SH di due residui di cisteina (Cu-a).
La subunità I contiene invece 3 centri redox:
– 1 eme a (Fe 3+)
– 1 eme a-3 (Fe 3+)
– 1 atomo di Cu-b
Gli elettroni passano dal citocromo C al centro Cu-a, poi passa all'eme a e infine al centro
a-3/Cu-b.
L'eme a-3 e il Cu-b formano un centro binucleare che riduce l'ossigeno.
Tutti i centri redox del complesso IV trasferiscono 1 elettrone per volta.
Per ridurre completamente l'ossigeno ad acqua sono necessari 4H+; di conseguenza
devono giungere 4 elettroni dal citoromo C al complesso IV e i 4H+ provengono dalla
matrice.
Questa reazione redox avviene senza la formazione di intermedi ridotti incompleti; perciò
gli intermedi restano strettamente legati al complesso finchè non vengono totalmente
convertiti in acqua.
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Per ogni molecola di NADH che viene ossidata, il sistema di trasporto degli elettroni
pompa 10H+ nello spazio intermembrana.
L'energia associata al trasporto degli elettroni viene conservata efficientemente sotto
forma di gradiente protonico.
Durante la respirazione mitocondriale l'azione di molti enzimi del metabolismo energetico
mantiene il rapporto [NADH]/[NAD+] al di sopra dell'unità e perciò la variazione di energia
libera della reazione di riduzione dell'ossigeno da parte di una molecola di NADH è molto
negativa rispetto a quella misurata in condizioni standard.
Durante il processo, la quantità di energia libera rilasciata equivale a quella rilasciata dal
trasporto di una coppia di elettroni dal NADH all'ossigeno in condizioni standard.
Gran parte di questa energia viene usata per pompare protoni fuori dalla matrice
mitocondriale.
L'energia elettrochimica contenuta in questo gradiente viene detta FORZA MOTRICE
PROTONICA che spinge gli ioni H+ all'interno della matrice mitocondriale e che si
suddivide in due componenti:
– ENERGIA POTENZIALE CHIMICA (dovuta alla differenza di concentrazione di H+)
– ENERGIA POTENZIALE ELETTRICA (generata dalla separazione delle cariche che
si ottiene quando un protone si sposta da un lato all'altro della membrana senza un
flusso contrario di pari carica)
La variazione di energia libera può essere correlata alla concentrazione degli ioni ai due
lati della membrana.
Nei mitocondri e nei batteri aerobici l'energia elettrochimica del gradiente protonico porta
alla sintesi di ATP da ADP e fosfato inorganico.
SINTESI DI ATP
Il trasferimento di elettroni rilascia circa 200 KJ per mole di coppia di elettroni; quantità
sufficiente alla produzione di 1 mole di ATP che invece richiede 50 KJ circa.
95
Abbiamo detto che alla base del meccanismo di sintesi dell'ATP si trova il MODELLO
CHEMIOSMOTICO secondo cui l'energia elettrochimica contenuta nel gradiente protonico
porta alla sintesi di ATP quando il flusso protonico si inverte, cioè i protoni tornano alla
matrice attraverso un canale protonico associato all'ATPsintasi.
L'inibizione del flusso di protoni blocca la sintesi di ATP e viceversa l'inibizione della sintesi
di ATP blocca il trasferimento di elettroni nei mitocondri intatti.
L'ATP-SINTASI presenta due domini funzionali: F1 ed Fo.
È un complesso enzimatico della membrana mitocondriale interna che catalizza la
formazione di ATP da ADP e fosfato inorganico accompagnata dal flusso protonico che va
dallo spazio intermembrana alla matrice mitocondriale.
L'ATPsintasi è detta anche COMPLESSO V ed è formata da due componenti distinti tra
loro:
• F1 è una proteina periferica della membrana
• Fo è una proteina integrale di membrana. Il pedice o sta a indicare la sensibilità per
l'oligomicina.
Fo possiede un CANALE PROTONICO attraverso il quale gli ioni possono passare con
una velocità pari a quella del pompaggio dovuto al trasferimento degli elettroni.
La porzione F1 è isolata e catalizza l'idrolisi di ATP (per questo motivo originariamente era
detta F1-ATPasi).
Sulla superficie dell'enzima la reazione di formazione, a partire da ADP e fosfato
inorganico, di ATP e acqua è facilmente reversibile.
La variazione di energia libera necessaria alla sintesi di ATP è vicina allo 0.
STRUTTURA DELL'ATP-SINTASI
Ogni complesso F1 dei mitocondri è formato da 9 subunità di 5 tipi diversi:
• 3 subunità ALFA
• 3 subunità BETA
• 1 subunità GAMMA
• 1 subunità DELTA
• 1 subunità EPSILON
Ciascuna delle subunità BETA possiede un sito catalitico per
la sintesi di ATP che può assumere 3 diverse conformazioni:
– APERTA (0) che rilascia l'ATP e accoglie ADP e fosfato
inorganico
– ALLENTATA (L) che lega saldamente ADP e fosfato
inorganico
– STRETTA (T) che favorisce la condensazione di ADP e
fosfato inorganico per formare ATP
La porzione F1 ha una caratteristica forma a pomello costituita da un'alternanza di
subunità alfa e beta disposte come gli spicchi di un'arancia e che sono la sede di sintesi
dell'ATP (siti).
La subunità gamma forma una specie di asse centrale che attraversa tutto il complesso F1
e un altro dominio di gamma è associato ad una subunità beta che è detta subunità BETA-
96
VUOTA; tale associazione permette alle 3 subunità beta di assumere conformazioni
differenti nonostante presentino la stessa sequenza amminoacidica. Tali differenze
conformazionali si riflettono anche a livello dei loro siti di legame con ADP e ATP.
I 3 siti attivi di F1 catalizzano a turno la sintesi di ATP e questo processo prende il nome di
MECCANISMO DI CATALISI ROTAZIONALE.
Una subunità beta comincia il ciclo di catalisi nella conformazione beta-ADP in cui lega
ADP e fosfato inorganico.
A questo punto la subunità beta cambia conformazione diventando poi beta-ATP.
Infine la subunità modifica ulteriormente la sua conformazione assumendo quella beta-
vuota che presenta una bassissima affinità per l'ATP.
Da qui ha inizio un altro ciclo di catalisi in cui la subunità assume nuovamente la
conformazione beta-ADP.
Le modificazioni conformazionali sono dovute al passaggio di protoni nella porzione Fo
che provoca la rotazione del cilindro costituito dalle subunità c attorno alla subunità
gamma che attraversa anche il centro della struttura formata dalle subunità beta e alfa e
che è tenuta fissata rispetto al resto della struttura dalle subunità b2 e delta.
Ogni rotazione di 120° pone gamma in contatto con una differente subunità beta
costringendola ad assumere la conformazione beta-vuota.
Tale rotazione quindi permette al sito aperto di diventare allentato e a quest'ultimo di
diventare un sito stretto che a sua volta diventa beta-vuoto.
Le 3 subunità interagiscono tra di loro in modo tale che, quando una assume una
conformazione, le altre due assumono le altre conformazioni e ciascuna compie il proprio
ciclo.
Questo MODELLO DI ALTERAZIONE DI LEGAME fa pensare che la subunità gamma
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possa ruotare in una direzione per sintetizzare ATP e nell'altra per idrolizzarlo.
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In questo modo il potenziale elettrochimico viene dissipato sotto forma di calore
necessario a mantenere costante la temperatura dell'organismo.
Il tessuto adiposo bruno lo ritroviamo nei neonati e negli animali adattati al freddo e la
termogenina costituisce circa il 15% delle proteine della membrana mitocondriale interna.
99
METABOLISMO DEI LIPIDI
– VLDL
Sono lipoproteine a densità molto bassa.
I trigliceridi che costituiscono le VLDL vengono sintetizzati nel fegato,
principalmente dai carboidrati.
– IDL
Sono lipoptroteine a densità intermedia.
Vengono generate nei capillari man mano che i chilomicroni vengono privati dei
100
triacilgliceroli.
– VHDL
Sono lipoproteine ad alta densità.
Tasportano colesterolo dai tessuti periferici al fegato.
– Le TESTE POLARI dei fosfolipidi e le porzioni polari degli amminoacidi sono rivolte
verso l'ESTERNO.
A livello dei due tessuti gli acidi grassi trovano utilizzi differenti:
– nel MUSCOLO vengono ossidati per ricavare energia
– nel TESSUTO ADIPOSO vengono riesterificati a triacilgliceroli per essere
conservati
I resti dei chilomicroni che contengono ancora colesterolo e apolipoproteine passano dal
sangue al fegato dove vengono internalizzati per endocitosi mediata da recettore.
Se con la dieta vengono assunti acidi grassi in eccesso, questi vengono convertiti nel
fegato in triacilgliceroli e associati ad apolipoproteine per formare VLDL per essere
conservati poi negli adipociti del tessuto adiposo che incorpora i trigliceridi.
101
all'azione di 3 lipasi che agiscono su MONOGLICERIDI, DIGLICERIDI e TRIGLICERIDI
rilasciando ACIDI GRASSI e GLICEROLO.
Gli ACIDI GRASSI LIBERI diffondono fuori dall'ADIPOCITA dove si legano all'ALBUMINA
DEL SIERO che li trasporta ai vari tessuti come muscolo scheletrico, cuore e corteccia
renale.
Qui gli acidi grassi si dissociano dall'albumina e vengono trasferiti a trasportatori posti
sulla membrana plasmatica che li portano nel citosol della cellula dove vanno incontro al
loro destino metabolico.
Il glicerolo viene fosforilato e ossidato a DIIDROSSIACETONE FOSFATO che può entrare
nella via glicolitica o nella gluconeogenesi.
Il glicerolo viene fosforilato dalla GLICEROLO CHINASI per formare GLICEROLO 3
FOSFATO che poi viene ossidato dalla GLICEROLO 3 FOSFATO DEIDROGENASI a
DIIDROSSIACETONE 3 FOSFATO e poi convertito dalla TRIOSIO FOSFATO ISOMERASI
in GLICERALDEIDE 3 FOSFATO che può essere ossidata nella via glicolitica.
102
L'Acil-CoA si forma per mezzo di un
LEGAME TIOESTERE tra il gruppo
carbossilico dell'acido grasso e il gruppo
tiolico del CoA.
Contemporaneamente l'ATP viene
scisso in AMP e PPi con formazione di
un intermedio ACIL-ADENILATO che poi
viene scisso dall'energia liberata
dall'idrolisi del pirofosfato inorganico per
formare due molecole di Pi.
Gli Acil-CoA formati sul versante
citosolico della membrana mitocondriale
esterna possono essere:
- trasportati all'interno del mitocondrio
per successive ossidazioni
- utilizzati nel citosol per la sintesi di
lipidi di membrana
L'ingresso degli acidi grassi nella matrice mitocondriale è la tappa limitante per
l'ossidazione degli acidi grassi e rappresenta un importante punto di regolazione.
1. Gli acidi grassi vanno incontro alla rimozione ossidativa di unità bicarboniose sotto
forma di Acetil-CoA (beta-ossidazione)
2. L'unità acetilica dell'acetil-CoA viene ossidata ad anidride carbonica nel CICLO DI
KREBS
3. I coenzimi che sono stati ridotti durante i processi ossidativi , NADH e FADH2,
donano alla catena respiratoria gli elettroni che arrivano poi all'ossigeno con la
concomitante fosforilazione dell'ADP ad ATP in cui viene immagazzinata energia.
103
BETA-OSSIDAZIONE
Questo processo avviene in 4 reazioni enzimatiche:
1. DEIDROGENAZIONE
Produce un doppio legame tra il carbonio alfa e il carbonio beta per formare il
TRANS-DELTA2-ENOIL-CoA.
Questa prima reazione viene catalizzata da una famiglia di 3 isozimi, ciascuno
specifico per un certo ambito di lunghezza della catena di acido grasso, della ACIL-
CoA-DEIDROGENASI:
- VLCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena lunga da 12 a 18 atomi di C
- MCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena media che hanno da 4 a 14 tomi di C
- SCAD
deidrogenasi degli acidi grassi a catena corta da 4 a 8 atomi di C
Questi 3 isozimi sono delle FLAVOPROTEINE che possiedono come gruppo
prostetico il FAD a cui vengono trasferiti gli elettroni rimossi dall'Acil-CoA durante
l'ossidazione e che a loro volta vengono trasferiti dal FADH2 ad un trasportatore
della catena respiratoria mitocondriale che è la FLAVOPROTEINA CHE
TRASFERISCE ELETTRONI (ETF)
3. DEIDROGENAZIONE
Il prodotto della seconda tappa viene deidrogenato a BETA-CHETOACIL-CoA
tramite l'L-BETA-IDROSSIACIL-CoA DEIDROGENASI.
Il NAD+ è l'accettore degli elettroni e li dona poi alla NAD DEIDROGENASI
(trasportatore della catena respiratoria)
4. TIOLISI
Quarta e ultima fase della beta-ossidazione catalizzata dalla TIOLASI (beta-cheto-
tiolasi) o ACIL-CoA ACETIL-TRASFERASI in cui il BETA-CHETOACIL-CoA
reagisce con una molecola di CoA libero formando l'ACETIL-CoA tramite la
porzione di 2 atomi di C carbossi-terminale della molecola di acido grasso.
Le ultime 3 tappe della beta-ossidazione sono catalizzate da due gruppi di enzimi che
tengono conto della lunghezza della catena acilica.
Le prime 3 reazioni creano legami singoli C-C molto meno stabili e il carbonio alfa è legato
a due carboni carbonilici.
La funzione chetonica nel carbonio beta rende questo atomo un buon elettrofilo tanto da
poter subire l'attacco nucleofilo da parte dell'SH del CoA da parte della TIOLASI.
104
Per cui l'acetil-CoA è un
buon gruppo uscente.
Le 4 reazioni della beta-
ossidazione si ripetono
partendo dal tioestere del
CoA che contiene una
catena accorciata di due
atomi di carbonio e così via.
Ogni molecola di FADH2 dona una coppia di elettroni alla ETF della catena respiratoria
producendo 1,5 molecole di ATP da sommare alle 2,5 molecole di ATP prodotte dal
trasferimento di una coppia di elettroni dal NADH all'O2 ad opera della NADH
DEIDROGENASI.
In totale abbiamo 4 molecole di ATP per unità bicarboniosa.
Inoltre viene prodotta anche una molecola d'acqua per ogni coppia di elettroni trasferita.
L'Acetil-CoA prodotto viene ossidato ulteriormente nel CICLO DI KREBS producendo CO2
e ACQUA.
Nel caso di ACIDI GRASSI INSATURI sono necessarie due ulteriori reazioni perchè i
doppi legami CIS presenti naturalmente nelle molecole sono resistenti all'ENOIL-CoA
IDRATASI che invece è specifica per doppi legami TRANS.
Perciò sono necessari due ulteriori enzimi per la beta-ossidazione degli acidi grassi
insaturi:
– Un'ISOMERASI come la delta3-delta2 ENOIL-CoA ISOMERASI per acidi grassi
monoinsaturi e poliinsaturi
– Una REDUTTASI come la 2,4 DIENOIL-CoA REDUTTASI che agisce solo nel caso
di acidi grassi poliinsaturi insieme all'isomerasi.
L'ISOMERASI ha il compito di convertire il legame CIS in legame trans e ciò permette
all'ENOIL-CoA IDRATASI, che riconosce solo i legami trans, di procedere con la beta-
ossidazione.
L'azione combinata dell'ENOIL-CoA IDRATASI e della ENOIL-CoA ISOMERASI consente
al composto di entrare nella beta-ossidazione.
105
Prendiamo in esame l'ossidazione di un acido
grasso monoinsaturo come l'acido oleico che
viene convertito in OLEOIL-CoA che presenta
un doppio legame tra il C-9 e il C-10.
Prima di tutto avvengono 3 cicli di beta
ossidazione (normale) che portano alla
produzione di 3 molecole di Acetil-CoA (quindi
all'eliminazione di 6 atomi di carbonio dalla
catena principale).
Dopodichè il doppio legame cis si trova
localizzato tra il C-3 e il C-4 del CIS-DELTA3-
DODECENOIL-CoA che viene sottoposto
all'azione della DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA
ISOMERASI che catalizza il trasferimento del
doppio legame tra il C-2 e il C-3 che assume la
conformazione di un doppio legame TRANS.
A questo punto può agire l'ENOIL-CoA
IDRATASI, a cui il doppio legame trans non è
resistente, e la beta-ossidazione può proseguire
con altri 5 cicli per produrre altre 6 molecole di
Acetil-CoA.
Vediamo adesso l'ossidazione di un acido grasso poliinsaturo come l'acido linoleico che
viene convertito in LINOLEIL-CoA che presenta due doppi legami: uno tra il C-9 e il C-10 e
l'altro tra il C-12 e il C-13.
106
Avvengono 3 cicli di beta-ossidazione, e i due doppi legami sono localizzati tra C-3 e C-4 e
il C-6 e il C-7. Dopodichè interviene la DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA ISOMERASI che
catalizza il trasferimento del primo doppio legame tra il C-2 e il C-3. Quest'ultimo assume
la conformazione trans e la beta ossidazione può proseguire con un'ulteriore ciclo.
Rimane il secondo doppio legame che è localizzato tra il C-4 e il C-5 e che viene
sottoposto all'azione dell'ACETIL-CoA DEIDROGENASI che porta alla formazione di un
DIENE CONIUGATO che non può essere idratato. Quindi il diene deve essere prima
ridotto, ad opera della 2,4-DIENOIL-CoA REDUTTASI, formando un acil-CoA
monoinsaturo in cui il doppio legame è localizzato tra il C-3 e il C-4.
Interviene poi la DELTA3-DELTA2-ENOIL-CoA ISOMERASI che catalizza il trasferimento
tra il C-2 e il C-3 e la beta-ossidazione può proseguire normalmente.
L'ossidazione degli acidi grassi è rigidamente regolata in modo che si possa attivare solo
quando la cellula richiede energia (dal momento che consuma sostanze nutrienti
importanti).
Nel fegato gli Acil-CoA possono andare incontro a due destini differenti:
– BETA-OSSIDAZIONE NEI MITOCONDRI
– SINTESI DI LIPIDI NEL CITOSOL
La scelta della via metabolica dipende dalla velocità di trasferimento degli Acil-CoA nei
mitocondri.
Quindi lo SHUTTLE DELLA CARNITINA rappresenta un'importante punto di regolazione
perchè limita la velocità dell'ossidazione.
Il MALONIL-CoA, primo intermedio della biosintesi citosolica degli acidi grassi a partire
dall'Acetil-CoA, è un inibitore dello shuttle della carnitina, in particolare della CARNITINA-
ACILTRASFERASI I e la sua concentrazione aumenta all'aumentare del rifornimento di
carboidrati.
Quindi l'inibizione della CARNITINA-ACILTRASFERASI I da parte del MALONIL-CoA
rallenta l'osidazione degli acidi grassi quando il fegato dispone di molto glucosio come
combustibile.
Due degli enzimi coinvolti nella beta-ossidazione sono regolati anche da due meccanismi
che segnalano un'abbondanza energetica.
Quando il rapporto [NADH]/[NAD+] è elevato, la BETA-IDROSSIACIL-CoA
107
DEIDROGENASI è inibita.
Inoltre se la concentrazione di [Acetil-CoA] è elevata viene inibita la TIOLASI.
Durante il digiuno e l'esercizio fisico intenso, la diminuzione della concentrazione di ATP e
l'aumento della concentrazione di ADP attivano l'AMPK, una CHINASI che fosforila molti
enzimi tra cui l'ACETIL-CoA CARBOSSILASI che catalizza la sinesi del MALONIL-CoA.
La fosforilazione inibisce l'enzima ACETIL-CoA CARBOSSILASI facendo diminuire la
concentrazione del MALONIL-CoA che quindi non può inibire a sua volta la CARNITINA-
ACILTRASFERASI I.
CORPI CHETONICI
L'Acetil-CoA che si forma nel fegato durante l'ossidazione può anche essere trasformato in
CORPI CHETONICI come:
– ACETONE
– ACETOACETATO
– D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO
I corpi chetonici vengono trasportati poi verso gli altri tessuti. Vengono prodotti quando i
livelli di acidi grassi in circolo sono elevati come nel caso di:
– DIGIUNO
– DIABETE
– DIETA RICCA DI GRASSI
L'ACETONE viene eliminato con la respirazione mentre gli altri due vengono trasportati
verso tessuti extraepatici per entrare poi nel ciclo dell'acido citrico a livello di CUORE,
CERVELLO e CORTECCIA RENALE.
Quando non c'è glucosio disponibile, il cervello si adatta e usa ACETOACETATO e D-
BETA-IDROSSIBUTIRRATO.
108
L'ACETOACETATO LIBERO viene convertito in:
– D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO dalla D-BETA-IDROSSIBUTIRRATO
DEIDROGENASI
– ACETONE dalla ACETOACETATO DECARBOSSILASI
109
BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI
In tutti gli organismi le lunghe catene degli acidi grassi vengono sintetizzate mediante la
ripetizione di 4 tappe enzimatiche le cui reazioni sono catalizzate dal complesso
multienzimatico che prende il nome di ACIDO GRASSO SINTASI che al centro presenta
l'ACP, proteina che trasporta gli acili.
110
enzimatiche, diventa il substrato della successiva condensazione con un gruppo malonico.
In ogni passaggio attraverso questa via anabolica, la catena dell'acido grasso si allunga di
due atomi di carbonio.
Nella beta-ossidazione NAD+ e FAD funzianano come accettori di elettroni e il gruppo
attivatore è l'-SH del CoA.
Nel processo inverso, quindi nella biosintesi, il donatore di elettroni è il NADPH e i gruppi
attivatori sono due differenti gruppi -SH di due proteine enzimatiche differenti.
L'acido grasso sintasi dei mammiferi è denominata FAS I e consiste di una lunga catena
polipeptidica multifunzionale che possiede 7 differenti domini, ognuno con un sito attivo
per 7 reazioni separate.
Il sistema FAS I permette di sintetizzare un unico prodotto, l'acido grasso, senza il rilascio
degli intermedi che restano sempre ancorati al complesso.
La FAS II invece si trova nelle cellule vegetali ed è costituita da proteine separate.
L'acido grasso sintasi dei mammiferi possiede molteplici siti attivi. I domini dell'unica
catena polipeptidica che costituisce la FAS I si comportano come degli enzimi distinti.
Il sito attivo di ogni enzima si trova in un dominio separato del peptide.
Nel processo di sintesi degli acidi grassi gli intermedi restano legati covalentemente come
tioesteri a uno dei due gruppi tiolici.
Quindi prima che si inneschino le reazioni i due gruppi acilici devono essere condensati
con i gruppi tiolici del complesso:
– Uno è il gruppo -SH di un residuo di cisteina di uno dei domini della sintasi
– Uno è il gruppo -SH dell'ACP
L'idrolisi del legame tioestere è ESOERGONICA e l'energia rilasciata serve a rendere
favoriti termodinamicamente i due passaggi di condensazione nella sintesi di acidi grassi.
L'acido grasso sintasi lega gruppi acetilici e malonici.
Prima che abbiano inizio le reazioni di condensazione che portano alla sintesi dell'acido
grasso, i due gruppi tiolici vengono caricati con i gruppi acilici corretti.
111
Dall'ACETIL-CoA, ad opera della MALONIL/ACETIL-CoA ACP TRASFERASI o MAT, il
gruppo acetilico viene trasferito dal gruppo -SH del CoA al gruppo -SH dell'ACP. L'ACP fa
parte dell'enzima BETA-CHETOACIL-ACP-REDUTTASI che appartiene al complesso
dell'ACIDO GRASSO SINTASI.
Dopodichè, sempre ad opera della MAT, il gruppo ACETILICO viene trasferito dall'ACP al
gruppo -SH di un residuo di CISTEINA presente a livello del sito attivo di un'altro dominio
del peptide che è l'enzima denominato BETA-CHETOACIL-ACP SINTASI.
Il MALONIL-CoA, ottenuto precedentemente dall'azione dell'ACETIL-CoA
CARBOSSILASI, viene trasferito ad opera della MAT dal gruppo -SH del CoA al gruppo
-SH dell' ACP appartenente all'enzima BETA-CHETOACIL-ACP REDUTTASI.
A questo punto può iniziare il processo di sintesi catalizzato dal complesso dell'ACIDO
GRASSO SINTASI attraverso 4 tappe:
1. CONDENSAZIONE
Si tratta di una condensazione di Claisen che avviene tra i gruppi attivati
ACETILICO e MALONILICO per formare l'ACETOACETIL-ACP (un BETA-
CHETOACIL-ACP) con liberazione di anidride carbonica.
L'anidride carbonica che viene eliminata in questa tappa è la stessa che era stata
aggiunta nella carbossilazione dell'acetil-CoA ad opera dell'ACETIL-CoA
CARBOSSILASI.
La reazione è catalizzata dalla BETA-CHETOACIL-ACP SINTASI.
112
2. RIDUZIONE DEL GRUPPO CARBONILICO
L'ACETOACETIL-ACP subisce la riduzione del C=O presente in C-3 diventando D-
BETA-IDROSSIBUTIRRIL-ACP. La reazione è catalizzata dalla BETA-CHETOACIL-
ACP REDUTTASI e il donatore di elettroni è il NADPH.
3. DEIDRATAZIONE
Rimozione catalitica di una molecola di acqua per formare un doppio legame e
ottenere il TRANS-DELTA2-BUTENOIL-ACP (un TRANS-DELTA2-ENOIL-ACP) ad
opera della BETA-IDROSSIACIL-ACP DEIDRATASI.
113
4. RIDUZIONE DEL DOPPIO LEGAME
Il doppio legame del TRANS-DELTA2-BUTENOIL-ACP viene ridotto generando
BUTIRRIL-ACP in una reazione catalizzata dalla ENOIL-ACP REDUTTASI.
Il donatore di equivalenti riducenti è sempre il NADPH.
5.
Gli acidi grassi neosintetizzati vengono incorporati nei TRIACILGLICEROLI, che svolgono
un ruolo di riserva energetica, e nei FOSFOLIPIDI, che costituiscono le membrane
biologiche.
La RIPARTIZIONE dipende dalle necessità cellulari e i precursori dei due destini degli
acidi grassi per la formazione delle due classi di composti sono:
– ACIL-CoA
– GLICEROLO-3-FOSFATO
114
BIOSINTESI DEI TRIACILGLICEROLI E DEI FOSFOLIPIDI
Le prime tappe sono identiche in entrambi i processi che partono dalla formazione di esteri
del glicerolo con Acidi grassi.
Si parte dall'acil-CoA e dal glicerolo-3-fosfato e susseguono una serie di reazioni
enzimatiche.
La prima fase, quella comune, riguarda la sintesi di ACIDO FOSFATIDICO in cui i due OH
liberi del glicerolo-3-fosfato vengono ACILATI con 2 molecole di ACIL-CoA per generare il
DIACILGLICEROLO-3-FOSFATO (Acido Fosfatidico).
115
BIOSINTESI DEL COLESTEROLO
116
METABOLISMO DELLE PROTEINE E DESTINO DEGLI AMMINOACIDI
Quando il contenuto dello stomaco passa nel tenue, il pH basso stimola la produzione di
SECRETINA, un ormone gastrico che passa nel sangue e giunge al pancreas per
stimolare la produzione di BICARBONATO e la secrezione di quest'ultimo nel tenue per
neutralizzare l'acidità dell'acido cloridrico proveniente dallo stomaco e portando in breve
tempo il valore del pH vicino a 7.
Gli amminoacidi arrivano nel duodeno causando il rilascio dell'ormone
COLECISTOCHININA che stimola la produzione di alcuni enzimi pancreatici quando il pH
è ottimale (circa 7/8).
Questi enzimi vengono secreti come zimogeni e tra questi ricordiamo:
• TRIPSINOGENO
Zimogeno della TRIPSINA in cui viene convertito dall'ENTEROPEPTIDASI.
La tripsina libera catalizza la conversione di altro tripsinogeno in tripsina che a sua
volta attiva chimotripsinogeno, protealasi e procarbossipeptidasi.
La tripsina è inibita dall'INIBITORE PANCREATICO DELLA TRIPSINA che
impedisce la produzione prematura di enzimi proteolitici.
La tripsina è specifica per LISINA e ARGININA.
• CHIMOTRIPSINOGENO
Zimogeno della CHIMOTRIPSINA che scinde i legami di TIROSINA,
FENILALANINA e TRIPTOFANO.
• PROTEALASI
Zimogeno dell'ELASTASI che ha la proprietà di scindere l'elastina e in particolare i
legami di GLICINA, SERINA e ALANINA.
• PROCARBOSSIPEPTIDASI A e B
Zimogeni delle CARBOSSIPEPTIDASI A e B.
Le carbossipeptidasi A e B, assieme alle AMMINOPEPTIDASI, scindono i legami C-
N terminali.
117
Le PROTEASI PANCREATICHE sono attivate in modo IRREVERSIBILE da un TAGLIO
PROTEOLITICO.
– LISOSOMI
Nei lisosomi circa 50 enzimi sono coinvolti nella degradazione e il pH è inferiore a 5
– PROTEASOMI
Nei proteasomi le proteine sono indirizzate in seguito al legame con l'UBIQUITINA.
Si tratta di una via ATP-dipendente.
L'ubiquitina si lega covalentemente alle proteine in fase di degradazione in una via
che utilizza 3 enzimi distinti.
Le PROTEINE UBIQUINATE vengono riconosciute da un grande COMPLESSO
detto PROTEASOMA 26s che consiste di due copie di 32 subunità ciascuna.
Il proteasoma srotola le proteine e le introduce nel proprio nucleo proteolitico in cui
avviene la PROTEOLISI UBIQUITINA-DIPENDENTE che ha un ruolo cruciale per
la regolazione di molti processi cellulari.
Tale proteolisi produce separatamente UBIQUITINA e FRAMMENTI PEPTIDICI che
vengono degradati da proteasi specifiche.
La vita di una proteina dipende dalla sua struttura primaria e più esattamente
dall'amminoacido terminale.
L'emivita è di circa 20 ore se l'amminoacido terminale è:
– METIONINA
– GLICINA
– ALANINA
– SERINA
– TREONINA
– VALINA
Se l'amminoacido terminale è l'ARGININA l'emivita è di circa 2 minuti.
Inoltre l'emivita di una proteina dipende anche dalla presenza di sequenze particolari
come la sequenza PEST (prolina, glutammato, serina e treonina) che denota un'emivita
molto breve.
118
Quindi, riassumendo, le proteine intracellulari vengono degradate in amminoacidi così
come quelle introdotte con la dieta.
Questi amminoacidi possono essere riutilizzati per:
– PROCESSI BIOSINTETICI di
- altri amminoacidi
- nucleotidi
- ammine biologiche
– FORMAZIONE DI CARBAMIL FOSFATO
- ciclo dell'urea
- formazione di nucleotidi
– COSTITUZIONE DELLO SCHELETRO CARBONIOSO DI ALFA-CHETOACIDI
- ciclo di krebs
– DEGRADAZIONE
- processi ossidativi
– SINTESI PROTEICA
119
CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI
Il gruppo prostetico è il PLP o PIRIDOSSAL FOSFATO che deriva dalla vitamina B6. Il PLP
è legato covalentemente all'enzima.
Rappresenta la forma coenzimatica della PIRIDOSSINA o vitamina B6.
Agisce come un trasportatore di gruppi amminici a livello del sito attivo dell'enzima.
Il PLP va incontro a trasformazioni reversibili tra la sua forma aldeidica, che accetta un
gruppo amminico, e la sua forma amminata che è la PIRIDOSSAMMINA FOSFATO che
può donare il suo gruppo amminico ad un alfa-chetoacido.
Il PLP si lega nel sito attivo dell'enzima formando una BASE DI SCHIFF tramite un legame
ALDIMMINICO con il gruppo amminico epsilon di una catena laterale di un residuo di lisina
presente nel sito attivo.
In generale il metabolismo degli amminoacidi passa attraverso la formazione di una base
di schiff con il PLP.
Una base può strappare il protone in alfa alla base di schiff che quindi perde un protone
H+ formando un INTERMEDIO CHINOIDE.
Da questo intermedio si possono formare:
– 1 ALFA-CHETOACIDO (reazione di transamminazione)
– 1 D-AMMINOACIDO (reazione di racemizzazione)
– 1 AMMINA (reazione di decarbossilazione)
120
La reazione di transamminazione prevede un RIARRANGIAMENTO dell'intermedio
chinoide e un'idrolisi della base di schiff per formare un alfa-chetoacido e la
PIRIDOSSAMMINA FOSFATO.
La piridossammina fosfato può reagire con un alfa-chetoacido e trasferire ad esso un
gruppo amminico compiendo le stesse reazioni a ritroso.
121
La reazione di DEAMMINAZIONE OSSIDATIVA
prevede l'eliminazione definitiva dell'azoto, e
quindi del gruppo amminico, dal glutammato
formato dalla transamminazione.
In questa reazione il gruppo amminico esce come
ione ammonio e l'amminoacido glutammato
diventa un alfa-chetoacido.
La reazione è catalizzata dalla L-GLUTAMMATO
DEIDROGENASI, enzima che si trova nella
matrice mitocondriale.
Questa reazione avviene negli EPATOCITI in cui il
glutammato viene trasferito dal citosol ai
mitocondri.
L'enzima può usare solo NAD+ o NADP+ come accettori di equivalenti di riduzione.
Nell'uomo lo ione ammonio è tossico e viene eliminato in gran parte sotto forma di urea, la
cui sintesi è attiva a livello delle cellule epatiche.
L'ammoniaca che viene prodotta invece negli altri tessuti è lo stesso molto tossica per i
tessuti animali e perciò deve essere trasformata in UREA.
L'ammoniaca prodotta nei tessuti si combina con il glutammato per formare la
GLUTAMMINA ad opera della GLUTAMMINA SINTETASI che richiede ATP.
Quindi nei mitocondri degli epatociti lo ione ammonio viene trasformato in CARBAMIL
FOSFATO, importante intermedio del ciclo dell'urea.
Un individuo che consuma 100 g di proteine al giorno elimina 17 g di AZOTO sotto forma
di UREA al 90% e AMMONIO e URATO al 10%.
L'ammoniaca libera in eccesso causa IPERAMMONEMIA e di conseguenza uno stato
comatoso.
122
Nel rene l'ammonio in eccesso, causato dall'acidosi metabolica, forma dei sali con gli acidi
metabolici.
In questo modo viene contrastata l'acidosi metabolica insieme al bicarbonato ematico che
funziona da tampone (prodotto dall'alfa-chetoglutarato nel ciclo dell'acido citrico).
I 6 prodotti ottenuti dal catabolismo degli amminoacidi possono entrare nel ciclo dell'acido
citrico.
Gli scheletri carboniosi sono indirizzati alla gluconeogenesi o alla chetogenesi oppure
vengono completamente ossidati ad anidride carbonica e acqua.
123
A livello del fegato l'acetoacetil-CoA porta alla formazione di CORPI CHETONICI; dalla
sua degradazione si ottengono ACETONE e BETA-IDROSSIBUTIRRATO. Per questo
motivo questi amminoacidi sono detti CHETOGENICI e la capacità degli amminoacidi di
produrre corpi chetonici è particolarmente evidente nel DIABETE MELLITO non
controllato. Alcuni di questi 7 amminoacidi vengono detti GLUCOGENICI e vengono
convertiti in PIRUVATO, ALFA-CHETOGLUTARATO, FUMARATO, SUCCINIL-CoA e
OSSALACETATO per essere riutilizzati nella sintesi di GLUCOSIO e GLICOGENO.
Le parti degli amminoacidi che non entrano nel ciclo dell'acido citrico degli scheletri
carboniosi degli amminoacidi ma che generano Acetil-CoA vengono completamente
ossidate nella FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA.
124
ESCREZIONE DELL'AZOTO E CICLO DELL'UREA
La via metabolica del ciclo dell'urea ha luogo quasi esclusivamente nel fegato ed è il
destino metabolico della maggior parte dell'ammoniaca che vi giunge.
L'urea poi passa nel sangue e raggiunge i reni dove viene escreta tramite le urine.
La prima tappa avviene nel MITOCONDRIO in cui il carbamilfosfato reagisce con l'ornitina
per formare CITRULLINA grazie all'enzima ORNITINA TRANSCARBAMILASI cedendo il
suo gruppo carbamilico con contemporaneo rilascio di fosfato inorganico (Pi).
L'ornitina non fa parte dei 20 amminoacidi standard presenti comunemente nelle proteine
e viene sintetizzata a partire dal glutammato.
La citrullina esce dai mitocondri e il ciclo continua nel citosol.
Le due tappe successive forniscono il secondo gruppo amminico la cui fonte è l'aspartato
prodotto per transamminazione nei mitocondri e trasportato nel citosol.
125
FUMARATO IDRATASI e poi il malato viene convertito dalla MALATO DEIDROGENASI in
ossalacetato che entra poi nel ciclo di krebs.
Nella quarta tappa l'enzima ARGINASI scinde per idrolisi l'arginina in UREA e ORNITINA.
L'ornitina rientra nei mitocondri per cominciare un nuovo ciclo.
L'UREA prodotta possiede un atomo di azoto proveniente all'ammoniaca incorporata nel
carbamilfosfato mentre l'altro atomo di azoto proviene dall'aspartato.
L'atomo di carbonio invece proviene dal bicarbonato.
126
SINTESI PROTEICA
In generale la sintesi delle biomolecole polimeriche può essere suddivisa in stadi di inizio,
allungamento e terminazione.
La sintesi proteica avviene i 5 stadi.
2. INIZIO
L'mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma e all'amminoacil-tRNA.
Dopodichè si lega la subunità maggiore del ribosoma e si forma il COMPLESSO
D'INIZIO.
Tale complesso scorre sulla molecola di mRNA in direzione 5'->3' fino ad
individuare il codone AUG del messaggero che codifica l'amminoacido METIONINA
che segnala l'inizio della catena polipeptidica.
Questo processo richiede GTP ed è promosso da proteine citosoliche che vengono
dette FATTORI D'INIZIO. Questo processo ha luogo nel sito P del ribosoma.
3. ALLUNGAMENTO
La catena polipeptidica si forma grazie all'unione covalente delle unità
amminoacidiche successive.
In questa fase sono necessari:
- GTP
- FATTORI DI ALLUNGAMENTO (3 proteine citosoliche solubili)
- AMMINOACIL-tRNA
- COMPLESSO D'INIZIO
Ciò avviene nel sito A del ribosoma.
4. TERMINAZIONE
Il completamento della catena polipeptidica è segnalato da un CODONE DI
TERMINAZIONE dell'mRNA e avviene grazie all'intervento dei fattori di rilascio.
I codoni di terminazione sono: UAA, UGA e AUG.
Si ha un elevato investimento di energia che però garantisce la fedeltà della
traduzione.
127
La sintesi proteica tra PROCARIOTI ed EUCARIOTI presenta delle notevoli differenze.
Nei procarioti il codone d'inizio 5' AUG viene diretto verso la sua corretta posizione da un
segnale d'inizio detto SEQUENZA DI SHINE-DALGARNO all'interno della molecola di
mRNA.
Procarioti ed eucarioti differiscono per il numero di componenti e nei dettagli dei
meccanismi.
Le cellule eucariotiche hanno almeno 12 fattori d'inizio mentre le cellule procariotiche ne
hanno solo 3.
Inoltre nei procarioti troviamo ribosomi 70s, 1 tRNA per la METIONINA e un tRNA per la N-
FORMIL METIONINA.
Negli eucarioti sono coinvolti nella sintesi proteica ribosomi 80s e il tRNA per la metionina
è diverso da quello batterico.
MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI
Le modificazioni post-traduzionali di molte proteine eucariotiche cominciano nel RE a cui
sono destinate le proteine che devono essere secrete, integrate nella membrana o incluse
nei lisosomi.
Le proteine destinate a mitocondri, cloroplasti e nucleo utilizzano 3 meccanismi separati
mentre quelle destinate al citosol restano dove sono state sintetizzate.
Tutte le proteine che devono essere trasportate nei vari distretti possiedono una sequenza
segnale e che viene rimossa durante o dopo il trasporto.
Ogni classe di sequenza segnale viene riconosciuta da una particella di riconoscimento
(SRP) che si lega alla sequenza segnale quando ancora il peptide è legato al ribosoma e
sia il peptide incompleto che il ribosoma vengono trasferiti al reticolo endoplasmatico dove
vengono trasformati e trasferiti all'apparato di Golgi che li indirizza nei vari distretti.
Un ruolo chiave viene svolto dalla GLICOSILAZIONE che porta alla formazione di
glicoproteine in cui gli oligosaccaridi si legano a residui di asparagina in N.
Quindi tra le modificazioni post-traduzionali ricordiamo:
• MODIFICAZIONI AMMINOTERMINALI
• MODIFICAZIONI CARBOSSITERMINALI
• PERDITA DI SEQUENZE SEGNALE
• MODIFICAZIONI DI SINGOLI AMMINOACIDI
• AGGIUNTA DI CATENE LATERALI GLUCIDICHE
• AGGIUNTA DI GRUPPI ISOPRENILICI
• AGGIUNTA DI GRUPPI PROSTETICI
• MODIFICAZIONI PROTEOLITICHE
• FORMAZIONE DI PONTI DISOLFURO
Le proteine che devono essere portate nel nucleo possiedono una sequenza segnale
interna che non viene scissa una volta che la proteina giunge a destinazione.
128
REGOLAZIONE ORMONALE
La richiesta di tali sostanze da parte dei tessuti extraepatici varia da organo a organo e si
basa anche sull'attività dell'organismo.
129
Quindi il fegato si comporta come un CENTRO DI DISTRIBUZIONE per tutto il corpo che
esporta le sostanze nutrienti nella corretta misura agli altri organi annullando le
FLUTTUAZIONI DEL METABOLISMO dovute all'assunzione intermittente del cibo e
trasformando i gruppi amminici in eccesso in UREA e altre sostanze di scarto eliminate
tramite i reni.
TESSUTO ADIPOSO
Il TESSUTO ADIPOSO BIANCO è amorfo e ampiamente distribuito nel corpo (15% della
massa).
Gli ADIPOCITI del tessuto adiposo bianco sono molto attivi metabolicamente.
Il loro metabolismo è integrato con quello epatico, quello cardiaco e muscolare scheletrico,
soprattutto per quanto riguarda il metabolismo glucidico, la via del ciclo di krebs e della
fosforilazione ossidativa (tutto ciò sotto stimolo ormonale).
Inoltre, in seguito a elevate concentrazioni di glucosio, viene stimolata la sintesi di acidi
grassiche vengono poi depositati come TRIACILGLICEROLI (65% della massa cellulare
degli adipociti).
Quindi il tessuto adiposo svolge la funzione principale di deposito di combustibile
metabolico ma svolge anche un ruolo molto importante come organo endocrino
producendo e rilasciando ormoni che segnalano lo stato delle riserve energetiche,
coordinando in questo modo il metabolismo dei grassi e dei carboidrati (REGOLAZIONE
DA ADRENALINA-INSULINA).
Nell'adipocita, sintesi e degradazione dei trigliceridi avvengono di continuo sotto il controllo
di LIPASI ORMONE-DIPENDENTE.
Nelle cellule del tessuto adiposo non esiste la GLICEROLO CHINASI, quindi la sintesi può
avvenire solamente a partire da diidrossiacetone fosfato.
Inoltre la concentrazione di glucosio regola la sintesi e il metabolismo del tessuto adiposo.
130
Nel FETO umano, il tessuto adiposo bruno, inizia a formarsi durante la ventesima
settimana di gestazione dal differenziamento dei FIBROBLASTI.
Alla nascita costituisce circa l'1% della massa corporea ed è localizzato in zone che
impediscono il raffreddamento delle zone vitali quando il neonato entra a contatto con un
ambiente più freddo (ad esempio cuore e visceri).
Subito dopo la nascita comincia a formarsi il tessuto adiposo bianco mentre quello bruno
tende a scomparire.
In un individuo adulto, gli adipociti bruni sono sparsi tra quelli bianchi andando a costituire
circa l'1% degli adipociti totali.
Gli adulti possiedono dei PREADIPOCITI che vengono indotti a differenziarsi in adipociti
bruni nei fenomeni di adattamento a basse temperature.
TESSUTO MUSCOLARE
I muscoli utilizzano ATP, per produrre lavoro meccanico, che viene prodotto dai miociti
come fonte di energia immediatamente utilizzabile per la contrazione.
Il muscolo contiene grandi quantità di FOSFOCREATINA che può generare rapidamente
ATP ad opera della CREATINA CHINASI.
A seconda del grado di attività muscolare, i muscoli possono utilizzare:
– GLICOGENO MUSCOLARE durante l'attività muscolare intensa
– ACIDI GRASSI, CORPI CHETONICI e GLUCOSIO EMATICO durante un'attività
muscolare leggera o a riposo.
Il muscolo cardiaco differisce dal muscolo scheletrico per il fatto che è continuamente in
attività con un ritmo regolare di contrazione e rilassamento.
Il metabolismo delle cellule miocardiche è completamente aerobio e perciò contengono
molti più mitocondri (costituiscono più della metà del volume cellulare) e utilizzano come
nutrienti glucosio, acidi grassi e corpi chetonici.
Il muscolo cardiaco non conserva grandi quantità di glucidi o glicogeno e solo piccole
quantità di energia vengono conservate sotto forma di fosfocreatina.
CERVELLO
131
REGOLAZIONE COORDINATA DI GLICOLISI E GLUCONEOGENESI
132
La GSK-3 media alcune delle azioni dell'insulina.
Il legame dell'INSULINA con il suo recettore attiva una TIROSINA CHINASI presente nel
recettore stesso.
La tirosina chinasi determina, tramite una serie di eventi, l'attivazione della PKB che
fosforila la GSK-3 inattivandola.
Questa inattivazione permette alla PP1 di defosforilare la GSK-3 attivandola per stimolare
la sintesi di glicogeno.
In questo modo l'insulina è in grado di stimolare la sintesi di glicogeno.
133
BIOSINTESI E DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO
Il glicogeno immagazzinato nei tessuti animali (soprattutto nel fegato e nei muscoli) può
essere mobilizzato grazie ad una reazione FOSFOROLITICA endocellulare catalizzata
dalla GLICOGENO FOSFORILASI.
Questo enzima catalizza l'attacco da parte del FOSFATO INORGANICO del legame
GLICOSIDICO alfa 1-4 che unisce gli ultimi residui di glucosio al resto della molecola a
livello di un'estremità NON RIDUCENTE.
Viene generato da questa reazione il GLUCOSIO 1 FOSFATO e un polimero accorciato di
un residuo di glucosio.
La fosforilasi consente di conservare parte dell'energia del legame glicosidico nel glucosio
1 fosfato prodotto.
L'enzima agisce ripetitivamente finchè non giunge ad un punto di ramificazione in cui è
presente un legame glicosidico alfa 1-6 dove la sua azione si interrompe.
Interviene perciò un ENZIMA DERAMIFICANTE per rimovere le ramificazioni.
Il glucosio 1 fosfato prodotto dalla glicogeno fosforilasi viene convertito in GLUCOSIO 6
FOSFATO dalla FOSFOGLUCOMUTASI.
Le mutasi sono enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo funzionale da una
porzione all'altra all'interno di una stessa molecola.
Le mutasi sono una sottoclasse delle isomerasi, che interconvertono gli stereoisomeri, gli
isomeri strutturali o quelli di posizione.
La demolizione del glicogeno introdotto con la dieta nel tratto gastrointestinale viene
demolito attraverso una serie di enzimi diversi che lo convertono in glucosio libero.
134
In questo modo l'enzima è ripristinato per continuare a compiere la sua azione catalitica e
il glucosio 6 fosfato può entrare nella glicolisi e servire come fonte energetica per la
contrazione muscolare (a livello del muscolo scheletrico).
Nel fegato la scissione del glicogeno ha lo scopo di permettere il rilascio di glucosio nel
circolo ematico quando la glicemia diminuisce (come nell'intervallo tra due pasti).
La scissione richiede l'intervento della GLUCOSIO 6 FOSFATASI che è presente a livello
di fegato e reni ma non in altri tessuti.
La glucosio 6 fosfatasi è una proteina integrale di membrana del reticolo endoplasmatico
il cui sito attivo è rivolto verso il lume del RE.
Dopo la rimozione sequenziale dei residui terminali di
glucosio da parte della glicogeno fosforilasi, i residui di
glucosio vicini ad un punto di ramificazione (quattro
residui) sono rimossi mediante un processo a due
tappe che prevede l'azione di un ENZIMA
DERAMIFICANTE BIFUNZIONALE.
L'enzima deramificante quindi compie due attività:
– TRASFERASICA
– GLICOSIDASICA
L'attività TRASFERASICA di questo enzima sposta
dapprima un blocco di 3 residui dalla ramificazione
all'estremità non riducente vicina e legandolo ad essa
mediante un legame alfa 1-4.
Resta un singolo residuo di glucosio sul punto della
ramificazione che resta attaccato alla catena mediante
un legame alfa 1-6.
Questo residuo viene rilasciato grazie all'azione
GLICOSIDASICA dell'enzima che permette di produrre
un residuo di glucosio libero.
Si ottiene quindi un polimero deramificato che può
subire l'azione della fosforilasi.
La sintesi del glicogeno avviene praticamente in tutti i tessuti animali, ma soprattutto nel
fegato e nel muscolo scheletrico.
Il punto di partenza per la sintesi del glicogeno è GLUCOSIO 6 FOSFATO che può
derivare dal glucosio libero mediante fosforilazione da parte dell'ESOCHINASI I e II nel
muscolo o dell'ESOCHINASI IV (GLUCOCHINASI) nel fegato.
Una parte del glucosio ingerito durante un pasto segue
una via più lunga prima di essere convertita in glicogeno.
Il glucosio entra prima negli eritrociti dove sono convertite
in LATTATO in seguito a glicolisi e fermentazione lattica; il
lattato esce dai globuli rossi e raggiunge il fegato in cui la
gluconeogenesi permette di convertirlo in GLUCOSIO 6
FOSFATO.
Il glucosio 6 fosfato viene convertito dalla
FOSFOGLUCOMUTASI in GLUCOSIO 1 FOSFATO.
Il glucosio 1 fosfato viene convertito in UDP-GLUCOSIO
dalla UDP-GLUCOSIO PIROFOSFORILASI a partire da
GLUCOSIO 1 FOSFATO e UTP con liberazione di PPi.
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L'UDP-GLUCOSIO è il donatore delle unità di glucosio nella reazione catalizzata dalla
GLICOGENO SINTASI, enzima che catalizza il trasferimento del residuo glucosidico
dall'UDP-GLUCOSIO a un'estremità non riducente di una molecola ramificata di glicogeno.
Quindi una catena di glicogeno viene allungata dalla glicogeno sintasi con formazione di
legami glicosidici alfa 1-4.
La glicogeno sintasi non può formare legami alfa
1-6 presenti al punto di ramificazione della
molecola di glicogeno; questi legami sono
formati dall'enzima ramificante GLICOSIL (4-6)
TRASFERASI.
L'enzima ramificante catalizza il trasferimento di
6-7 residui appartenenti ad un segmento
terminale; questo segmento viene trasferito
dall'estremità non riducente di una catena lineare
di glicogeno lunga almeno 11 residui al C-6 di un
residuo di glucosio della stessa catena o di
un'altra catena, localizzato in un punto più
interno.
La glicogeno sintasi può procedere con
l'aggiunta di altri residui glicosidici alla nuova
ramificazione.
La glicogeno sintasi non può dare inizio alla
sintesi de novo del glicogeno.
L'enzima richiede un innesco o primer, cioè di
una catena preformata di alfa 1-4 poliglucosio o
di una ramificazione che abbia almeno 8 residui
di glucosio.
Per formare però una nuova molecola è
necessaria una proteina detta GLICOGENINA
che svolge sia la funzione di PRIMER per dare
inizio alla sintesi che l'azione di
CATALIZZATORE per assemblare il primo tratto
della molecola di glicogeno.
La prima tappa di sintesi del glicogeno a partire dalla glicogenina prevede il trasferimento
di un residuo di glucosio dall'UDP-glucosio al gruppo ossidrilico di un residuo di TIROSINA
localizzato in posizione 194 della catena peptidica della glicogenina.
Tale reazione è catalizzata dall'azione glucosil-trasferasica della molecola stessa di
glicogenina.
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La glicogenina catalizza la
reazione di aggiunta di altri 7
residui glucidici per formare una
catena con 8 residui di glucosio,
ciascuno dei quali deriva
dall'UDP-glucosio.
Entra in gioco a questo punto la
glicogeno sintasi che estende
ulteriormente la catena di
glicogeno.
La glicogenina rimane inglobata
nella molecola ed è legata a
quest'ultima mediante un legame
covalente a livello dell'estremità
riducente.
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