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RAIMONDO LULLO

IL TRATTATO
DELLA

QUINTA ESSENZA
OVVERO
DE' SEGRETI DI NATURA

Il Trattato della Quinta essenza è una straordinaria opera sui


segreti della Natura; esso insegna qualche cosa che da nessuno,
mai, è stata insegnata; esso ci sottopone un'esperienza che forse
mai, da nessuno, è stata tentata. E ce la sottopone in maniera
assai semplice. La semplicità è la caratteristica delle grandi sco­
perte.
L'Autore, il «Divino Lullo» ha compendiato in queste pagine
l'intero scibile ermetico, cercando, con una originale sintesi, di
fornire la chiave di tutta la filosofia. Personaggio affascinante,
scienziato, teologo, filosofo, viaggiatore ed alchimista. Lullo
può essere considerato come una delle figure più rappresentati­
ve del Medioevo Occidentale. Qualcuno ha detto di lui: «Fu
amoroso come Abelardo, iniziato come Faust, alchimista come
Ermete, penitente e sapiente come San Girolamo, viaggiatore
come l'Ebreo Errante, pio e illuminato come San Francesco,
martire, infine, come Santo Stefano, e glorioso nella morte co­
me il Salvatore del mondo».

ISBN 88-7169-190-3

l
€ 14,00 1
9 788871 691909
RAIMONDO LULLO

IL TRATTATO
DELLA

QUINTA ESSENZA
OVVERO
DE' SEGRETI DI NATURA

a cura di
Enrico Cardile

ATANÒR
Proprietà letteraria riservata

©by Atanòr s.r.l. - Via Avezzano n. 16 - 00182 Roma

www.atanoreditrice.it- atanor.editrice@libero.it

Grafica: Cristina Carbonari


INTRODUZIONE

Questa non è una traduzione. Il testo del


Trattato de' Secreti di Natura o della Quinta
Essenza di Raimondo Lullo, è quasi intraduci­
bile. Esiste, è vero, un tentativo di traduzione di
M. Pietro Lauro, edito a Venezia presso Gioam­
battista e Marchio Sessa nel 1557 (del quale ci
siamo pure avvalsi), ma è incompleto, ed altera,
in molti punti, l'originale.
La traduzione del Lauro risponde alla edi­
zione latina apparsa in Venezia presso Schoffer
nel 1542 (8° picc. pag. 324) che è monca, in
quanto contiene due libri soltanto, dei tre (o
meglio, delle tre distinzioni) contenuti nell'altra
edizione latina stampata in Colonia, presso Jo.
Birckmannus nel 1567, e che è la sola completa
da noi conosciuta.
Mentre l'edizione latina di Venezia si limita
alle due sole prime distinzioni del Trattato,
e vi aggiunge, invece, il Trattato di Alberto
Magno su i minerali e le cose metalliche, l'edi­
zione di Colonia (Liber unus in tres distinctio­
nes divisus, omnibus iam partibus assolutus
adjecta est eiusdem Epistola etc.) comprende
la terza distinzione, relativa all'uso della
Quinta Essenza per le operazioni alchimisti-

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che, oltre l'Epistola al Re Roberto etc. (8°
picc. pag. 376 ) .
Più tosto che ammettere l'ignoranza del testo
originario (quale? ) completo; su cui dev'essere
stata fatta l'edizione di Colonia del 1567, noi
propendiamo a supporre nell'onesto Lauro una
preoccupazione d'indole morale che gli abbia
impedito di tradurre e divulgare il testo integra­
le. Egli infatti, avverte di voler tradurre quello
che può giovare agli uomini per la lor Salute,
intesa nel senso materiale e spirituale. La Terza
distinzione, che tratta di manipolazioni alchimi­
stiche, potrebbe, secondo lui, dar la Ricchezza.
Il probo Lauro non sa che farsene. Si contenta
di presentare parzialmente l'opera del Dottore
Illuminato. D'altronde egli traduce in modo da
far comprendere nulla. Il suo stile è, qua e là,
assolutamente indecifrabile.
Noi ci siamo attenuti pure (e non certo per
lo stesso motivo) alle due prime distinzioni.
Una ragione, d'ordine soltanto materiale, ci ha
costretti a trascurare la terza: l'estensione del la­
voro. Né, in questo, ci siamo allontanati dall'in­
tenzione del Lullo, espressa nella risposta al se­
condo Quesito del primo Dialogo. E poi, abbia­
mo tenuto presente, che sull'arte alchimistica, e
sulla trasmutazione dei metalli in genere, esiste
tutta una vasta bibliografia contemporanea. Per
esempio, dello stesso Lullo, esiste la traduzione
francese della Clavicola, eseguita da G. Poisson,
nelle conosciutissime edizioni Chacomac. Men­
tre, a quel che ci risulta, nessuno si è occupato,

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di recente, in trattazioni speciali, della Quinta
Essenza, e della sua ricerca sperimentale. In
ciò l'interesse del presente lavoro, che da certi
riguardi, potrebbe essere, non soltanto un'esu­
mazione, ma una ricostruzione e un inizio.
Abbiamo detto in principio, che il Trattato
del Lullo è quasi intraducibile. Questa premessa
è stata fatta per allontanare il lettore dall'idea
di poter avere sottocchio una fedele, rigorosa e
letterale traduzione. Né il precedente del Lauro
avrebbe potuto confortarci. Noi ci siamo atte­
nuti, nella parte teorica, il meglio possibile, alle
cognizioni scientifiche medioevali, e nella parte
sperimentale abbiamo curato di non perder di
vista l'intenzione dell'autore in rapporto agli
altri libri da lui stesso scritti, e alle correnti sin­
crone del suo tempo.
D'altro canto, poiché non poteva riuscirei
di alcuna utilità, abbiamo pure saltato l'elenca­
zione degli specifici, aggruppati per gradi e per
qualità, che è nel testo lulliano e anche nella
traduzione del Lauro.

È ora di varcare senza pregiudizio la famosa


Soglia del Mistero. Il terribile Guardiano non è che
la nostra ignoranza.
Noi abbiamo meditato. Non ci adombrano
preconcetti. Anche il campo degli studi occulti­
stici è campo di realità. Non c'è nulla di sopran­
naturale in natura. Noi non crediamo ai filosofi
ermetici che ti accompagnano sino alla Soglia,

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per una strada che si può benissimo percorrere
da soli, e poi ti dicono: - Va con Dio! -.
Dicono: «Fin qui ti ho condotto, ora sta a te
indovinare il resto>> . Ed è il momento in cui c'è
più bisogno di non restar soli.
È come se non ti avessero insegnato nulla. Il
più spesso perché anche, loro non sanno nulla.
Guardate come riesce simpatico uno dei tanti
pretesi Maestri francesi del nostro tempo: "Questo
pentacolo (è un pentacolo del Tritemio) si potrebbe
spiegare così: Il savio s'appoggia sul timore del
vero Dio, l'insensato è schiacciato dalla paura
di un falso Dio fatto a sua immagine. È questo il
senso naturale ed essoterico dell'emblema, ma,
meditandolo nel suo insieme ed in ciascuna delle
sue parti, gli adepti vi troveranno l'ultima parola
della Cabala, la formula indicibile del Grande
Arcano: la distinzione tra i miracoli e i prodigi, i
segreti delle apparizioni, la teoria universale del
magnetismo e la scienza di tutti i misteri". E chi
più ne ha, più ne metta. Ora, noi, che riteniamo
di poter vedere fin dove vede lo stesso Elifas
Levi, dichiariamo di non comprendere nulla del
Pentacolo del Tritemio.
In verità, in questo campo di studi, che è il
più difficile e pericoloso, nulla è stato aggiunto
da trecento anni a q uesta parte. O forse, soltan­
to, si sono aggiunte le esperienze del De Rochas
e le teoriche di Lodge e di Einstein. Gli occultisti
propriamente detti sono stati, tutto al più, dei
magnifici rigattieri della secolare sapienza.
Dunque: - Va con Dio! - E allora, meglio

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star soli, sin dal principio. Soli, coi grandi libri
di quelli che hanno visto, sentito e provato:
Lullo, Khunrath, Krollius, per esempio. Perfino
il testo classico, fondamentale della Magia (De
Occulta Philosophia) di Enrico Cornelio Agrip­
pa, dev'essere accolto con grandi riserve. Non è
lo stesso Agrippa, autore di un libro sulla Vanità
delle Scienze, in cui si butta giù, prima di ogni
altra, la scienza magica? . . .
Per questo, ci siamo decisi a divulgare il
Trattato della Quinta Essenza di Raimondo
Lullo. Qui, almeno, si parla chiaro. L'esperi­
mento è riportato proprio com'è stato fatto.
Senza grandi parabole allusorie e complicazioni
cabalistiche. Lullo dice soltanto: ho fatto così e
così. A quest'opera ben si adatterebbe il motto
di Enrico Khunrath: Sigillum naturae et artis
simplicitas.
Ma, bisogna credere?
Il Trattato della Quinta Essenza non è apo­
crifo.
E d'altronde, l'esperienza si può rinnovare.
Noi siamo convinti che il Lullo non mentisca.
Egli fu uno dei più veri e grandi eroi della fede
e del sacrificio. Morì, come Cristo, per la sua
carità verso gli uomini. Scienziato, missionario,
apostolo: la Chiesa lo ha beatificato, dopo che
gli uomini lo hanno ucciso.

Le opere del Lullo si calcolano in numero


non inferiore a trecento, per quanto il De Ver-

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non le faccia ammontare a tremila. Dieci volumi
in folio compongono l'edizione dell'Opera com­
pleta, edita in Magonza per i tipi di J. Salzinge­
rum nel 1722-42. Si riempirebbe un intero volu­
me dei soli titoli degli scritti che contiene, e che
sono compresi in un catalogo particolare edito
pure a Magonza nel 1714 (in go) nella stessa
collezione. Abbiamo avuto sott'occhio un'altra
edizione dell'Opera del Lullo, della quale non
parlano i bibliografi, esistente nella Biblioteca
Nazionale di Roma. Sono tre volumi in folio,
che contengono soltanto il trattato dell'Ars Ma­
gna, ed altri scritti minori di religione. È stam­
pata pure a Magonza tipografia Mayeriana, nel
1 721-1722. Altra edizione incompleta dell'O­
pera del Lullo è quella edita nel 1651- accessit
Valerii de Valerijs - Argentorati, Laz. Zetzneri,
in go di 1109 pag. e incl.
Non tentiamo di elencare i diversi trattati.
Il Testamentum, che è la più vasta opera
alchimistica del Lullo, fu pubblicato, in due
volumi, da J. Birkmannus nel 1 663 - R. Rotho­
magi sull'esemplare della Colonia Agrippina, e
contiene nel primo la Theorica e la Practica, nel
secondo le seguenti distinte trattazioni: Testa­
mentum novissimum integrum - Lux mercurio­
rum - Experimenta - Elucidatio verborum eius
- Vademecum - Compendium de transmutatio­
ne metallorum - De compositione gemmarum
et lapidum pre tiosorum- Epistola accurtatoria
ad Re gem Neapolitanum- De Medicinis secre­
tissimis- Dialogus Demogorgon etc.

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Altri importanti libri su argomenti del genere
sono i seguenti: Liber atramentorum - Codicil­
lus - Apertorium - Liber artis matrimonialis
- Origo nostrorum argentorum virorum vege­
tabiliam - Lumen Artis - Magica Raymundi
De Anima metallorum - Opus Margaritarum
- Lumen Solis - De intentione Alchymistarum
- Liber limus lapidis - Clavicola - Medicinae
Hermeticae Artificibus etc.
Scrisse pure di poesia, teologia, etica e filoso­
fia. Creatore di una nuova logica, contro quella
aristotelica, affrontò il grande colosso scola­
stico, e pensò di demolirlo sostituendo un suo
sistema speculativo originale e razionale, che
potrebbe qualificarsi la meccanica della logica.
Amador de los Rios, nella sua Historia cri­
tica de la literatura espanola (t. IV pag. 107)
definisce in tal modo il tentativo del Lullo:
«No solamente osaba separarse de la escuela
del Estagirita, sino que aspiraba a sustituir su
dialectica, reemplazàndola con un nuevo siste­
ma que abreviara los terminos de la especula­
ciòn, ponendo la ciencia al alcance de los màs
y haciendo à todos asequibles sus aplicaciones
secundarias. Llevado de tal propòsito, sostituia
el illustre hijo de Mallorca à la nueve categorias
del discipulo de Platon nueve principios abso­
lutos: à la cuantidad la bondad, à la cualidad,
la magnitud, à la relaciòn la duraciòn etc.; y
adhiriendo à cada uno de estos principios ab­
solutos otro relativo, tales corno la diferencia,
la concordancia, la contrariedad et la establecia

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a quela suerte de mètodo que, sin constttmr
fundamental sistema filosofico, daba razon
cumplida de la representaciòn de Lulio en la
historia de la Ciencia y producia una verdadera
pertubation en el campo de los escolasticos».
Notiamo qualche altra opera:
Ars generalis sive Magna (ed. a Valenza nel
1515) - Ars expositiva (id. id.) - Tabula Ge­
neralis ad omnes scientias applicabilis (id. id. )
- Arbor Scientie (Barcellona 1482 - id. 1504 -
Venezia 1514 - Lione 1515) - Ars Magna Gene­
ralis ultima ( Lione 1517) - Ars Brevis (Valenza
1515) - Liber quaestionum super quator libris
sententiarum ( Lione 1491 - Palermo 1507)
- Quaestiones Magistri Thomae Atrabatensis
solutae secondum Artem ( Lione 1491) - Tracta­
tus de Articulis Fide iChristianae demonstrative
probatis (Parigi 1558) - De demonstratione
Trinitatis (Valenza 1502) - Controversia cum
Homerio Saraceno etc. (Valenza 1510) - Liber
Natalis pueri ]esu (Parigi 1499) Liber medi­
-

tationum totius anni alias de Amico et Amato


(Rouen 1632) - Libri duodecimi principiorum
philosophiae contro Averroistas (Strasburgo
1517) - Philosophia Amoris (Parigi 1516) -
Uber Proverbiorum (Venezia 1507) - Liber
contemplationum (Rouen 1632) - Phantasticus
(Parigi 1499) - De Audito Kabbalistico (Parigi
1578) - etc. etc.
Certo, l'opera alla quale il Lullo annette
maggiore importanza, e che, senza dubbio,
costituisce il conato più formidabile dello in-

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telletto umano per schematizzare lo Scibile, per
ridurlo in formule assolute, è l'Ars Magna, con
le altre opere od applicazioni che ne dipendono.
Tracciamo un rapidissimo cenno del metodo
lulliano, con l'avvertenza che, ritenendo noi im­
possibile un'esatta e totale sintesi della Sintesi,
ci siamo attenuti alla volgarizzazione fatta da
altri, che può valere per quello che vale.
L' Ars Magna è un metodo generale destinato
a determinare tutte le forme e tutte le combi­
nazioni possibili del pensiero. È, nello stesso
tempo, una casistica o qualche cosa dello stesso
genere della macchina aritmetica del Pascal. In
effetti essa risolve tutti i quesiti senza, per così
dire, l'intermediario del ragionamento.
È riassunta in quattro figure. Nella prima sono
enumerati tutti gli attributi che si adattano a un
soggetto. Dando, per esempio, l'idea di Essere,
l'autore la decompone in nove parti: Dio, Ange­
lo, Cielo, Uomo, Imaginativo, Sensitivo, Vegeta­
tivo, Elementativo, Istrumentativo. Queste nove
parole sono collocate in nove caselle distinte
dalle lettere B. C. D. E. F. G. H. I. K. disposte
in forma di cerchio, in un cerchio più interno
Lullo colloca tutti gli attributi dell'essere, che
sono, a loro volta, nove: Bontà, Grandezza,
Perseveranza, Potere, Conoscenza, Desiderio,
Virtù, Verità, Gloria. Un terzo cerchio, com­
preso nel secondo, contiene gli stessi attributi
considerati in maniera concreta: Buono, Gran­
de, Perseverante, Potente ecc. I due primi cerchi
restano immobili, e si fa muovere il terzo. Ogni

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attributo viene così a collocarsi successivamente
sotto ogni soggetto, in modo da ottenere una
serie di proposizioni: Dio buono, Dio grande,
Dio perseverante ecc. La sintesi non potrebbe
essere più rigorosa, perché tutto si riduce a sog­
getti e attributi. Inoltre le lettere corrispondenti
a ogni casella esprimono il soggetto, l'attributo
o tutti e due insieme, secondo il desiderio di
colui che fa agire il meccanismo, di modo che la
combinazione B C. B D. etc. basta per tutte le
proposizioni immagina bili.
Una seconda figura è riservata all'analisi
degli attributi. Un cerchio diviso in nove casel­
le, come il primo, indica tutti i modi possibili
dell'Essere, che sono: la differenza, la concor­
danza, la contrarietà, il principio, il mezzo, il
fine, la superiorità, la eguaglianza, l'inferiorità;
modi rappresentati dalle lettere B. C. D. E. F.
G. H. l. K. Ogni modo ha tre sottogeneri, allo
scopo di esaminare in particolare i modi stessi.
La terza figura è un riassunto delle due prime.
È una tavola che esprime tutte le combinazioni
possibili, delle nove lettere precedenti, prese a
due a due. Ogni lettera possiede contemporane­
amente il valore che le attribuisce la prima, e il
valore che le attribuisce la seconda figura.
La quarta figura è stata immaginata allo
scopo di disimpegnare la seconda - il termine
medio - delle tre proposizioni di cui si compone
un Sillogismo (l'Ars Magna, potrebbe anche
qualificarsi come la Scienza del Sillogismo).
Essa si compone di tre cerchi concentrici che

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si fanno muovere come i cerchi sopradescritti,
e di cui le lettere, aggruppate per tre (B. C. D.
- B. C. E. - etc.) danno tutte le combinazioni
possibili delle tre proposizioni del sillogismo.
In effetti, ogni combinazione rappresenta tre
sillogismi, perché ogni lettera o proposizione
può servire da termine medio alle due altre. Se
si cambia l'ordine degli estremi se ne ha sei. Di
più, ogni lettera della prima figura ha cinque
sensi differenti, e ogni senso si trova moltiplica­
to per le distinzioni della seconda figura.
Molti sono stati i chiosatori e gli esegeti
dell'Opera lulliana. Uno dei più celebri è il clas­
sico dell'Occultismo, Enrico Cornelio Agrippa,
il quale scrisse il commentario all' Ars Brevis (In
Artem Brevem Raymundi Lullii commentarla)­
Ricorderemo, inoltre, tra i maggiori:
Bernardo Lavinheta- Artis Magnae interpre­
tatio et practica- Lione 1517-1523) .
Giordano Bruno - De Complemento Artis
Lullij- (Parigi 1582) - De Lampade Combina­
toria - (Praga 1588) .
H . Sauchez - Methodus generalis ad omnes
scientias addiscendas in qua R. Lulli Ars Brevis
explicatur- (Tarascona 1613-1619) .
Valerius D e Valeriis- Arboris Scientiae expo­
sitio ( Strasburgo - 1612-1633) .
J . Pacuis - Ars Lulliana emendata - (Parigi
1617 - Valenza e Lione 1618) .
A . Nunés - Breve declaracion del arte R.
Lulli- (Granada 1633).
N. Morestel - Encyclopaedia sive artificiosa

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ratio et via circularis ad artem Magnam Lulli -
(Rouen 1646-1648) .
Hugues Carbonel- Artis lullianae etc. (Pa­
-

rigi 1620)
Jean Belot- Oeuvres des Oeuvres -(Rouen
1640).
N. De Hauteville - L'Art de biendiscourir ou
l'Arte de Lulle- (Parigi 1664) .
A. Perroquet - Grand Art de Lulle reconnu
eclairci et appliquè- (Parigi 1667).
Kircher - Ars Magna sciendi seu ars combi­
natoria- (Amsterdam 1669).
Rossello Ed- Obras rimadas de Ramon Lui­
lo- (Palma 1859).
Jose R. de Luanco Ramon Lullo considera­
-

to corno alquimista- (Barcellona 1870).


Jose R. de Luanco- La Alquimia en Espana­
(2vol. Barcellona 1889-1897).
Tra i biografi noteremo:
Carlo Bonelles ( 1511) - Nicolas de Pax
(1519) - Luigi Giovanni Vileta (1565) - Vin­
cenzo Mute - Nicolas Mellinus (1605) - Giov.
Ségni (1606) - J. Imperialis (1640) - Frane.
Marzal (1645) - G. Colletet (1646) - Jacob
(1647) - J. M. de Vemon (1668) - Luc. Wad­
ding (1700).
Tra i più recenti:
E. Levi, A. Poisson, G. de Givry, Arthur
Edward Waite.
Quest'ultimo ha stampato il suo saggio,
breve ma interessante, nella collezione "Mystics
and Occultists" (Raymund Luily: Illuminated

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Doctor, Alchemist and Christian Mystic. - Lon­
dra W. Rider & son 1922) .

La storia della vita d i Raimondo Lullo è


fantasiosa come una leggenda. Forse è soltanto
leggenda, forse confonde personaggi ed esagera
avvenimenti: ma essa canta come Raimondo,
da valoroso cavaliera, sia divenuto, per amo­
re, il solitario, il romito, per trenta anni; canta
come, per amore, Egli sia riuscito a strappare
il più grande secreto alla scienza; canta come,
pur essendo riuscito a vincere la Morte, Egli
non abbia potuto vivere la Vita. La Donna, per
cui il Cavaliere divenne frate, e l'uomo galante
uomo di scienza, non poté dargli le dovizie della
Bellezza ch'Egli sospirò per trenta anni, e volle,
anzi, morire, per lasciare all'innamorato, in eter­
no, l'illusione di un'immagine di bellezza ch'era
ormai perduta: «Contempla, Raimundo, lo quea
mas; desiste del afecto con que me idolatràs. Pon
todo ese carino en objeto digno de la adoraci6n
de todos. Ama à Jesucristo! >>
L'uomo, divenuto, per questo, immortale e
disperato, andò, lungo tempo, per il mondo, in
cerca della Morte, senza poter morire: finché
Dio ebbe pietà di lui.
Dicesi che la donna si chiamasse Madonna
Ambrosia di Castello, genovese, e si ricorda che
qualcuno della famiglia Lullo (forse anche lui
stesso) coprì la carica di Siniscalco delle Isole e
podestà di palazzo a Maiorca.

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Storia e leggenda si confondono, dunque, e si
completano, nella vita del Lullo; non sappiamo
se sia più importante mettere in rilievo la prima
o la seconda, o scevrare la prima dalla seconda,
o cantare soltanto la leggenda, che ben si atta­
glia alla stupenda figura di questo gigantesco
contemporaneo di Dante.
Un moderno storico del magismo, dice del
Lullo: «Il Genio della Scienza fece nascere Rai­
mondo Lullo che rivendicò, per il Salvatore, fi­
glio di David, l'eredità di Salomone, e che chia­
mò per la prima volta i figli della credenza cieca
agli splendori della conoscenza universale».
«Fu amoroso come Abelardo, iniziato come
Fausto, alchimista come Ermete, penitente e
sapiente come San Girolamo, viaggiatore come
l'Ebreo Errante, pietoso e illuminato come San
Francesco d'Assisi, martire infine, come San
Stefano, e glorioso nella morte come il Salvatore
del mondo».
Egli nacque a Palma, nell'isola di Maiorca,
l'anno 1235 Ebbe, in giovinezza, vita avven­
-

turosa e tumultuosa. Temperamento audace


e combattivo, fu cavaliere valoroso e passio­
nato. <<Raimondo Lullo entrò à caballo en el
tempio para ponerse asì en presencia de la que
adoraba)). Di questo suo periodo di vita testi­
monieranno in seguito l'impeto, la polemica,
la passione ch'Egli recherà in altro genere di at­
tività, anche nel religioso, che, necessariamente,
per lui, doveva diventare apostolato, sacrificio,
martirio.

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Ritiratosi a vita solitaria a trenta (o a qua­
ranta) anni, ne trascorse altri trenta nello studio
ininterrotto. Tra l'Oratorio e il Laboratorio,
come prescrivevano i più alti dettami filosofici
del tempo. Pervenne, in tal modo, a una visio­
ne completa della Conoscenza. Udite come lo
qualificherà Krollius: «Lullius fuit divinus ac­
consummatissimus Philosophus». Ebbe modo di
meditare su tutto il passato, per piantare le basi
di una più salda costruzione scientifica a venire.
Alcuni suoi principii ora fanno ridere, ma altri,
dei quali forse si rideva ancor ieri, oggi hanno
seria conferma dalla così detta scienza ufficiale.
E però il conato del Lullo è sorprendente, in en­
trambi i campi: scienza e religione. Egli fu dot­
trinario e uomo d'azione. Poeta 1 e naturalista.
Proponendosi di bandire una crociata pacifica
contro gli infedeli, apprese la lingua araba, per­
corse prima l 'Europa, poi si dette alla predica­
zione tra le popolazioni mussulmane.

Fu caldo e impetuoso oratore. Tuonò, spes­


so, come il selvaggio Giovanni, nel deserto,
quest'uomo che aveva attinto i culmini della
suprema conoscenza. Ma tuonò, spesso, al de­
serto. Destino degli eroi e degli annunciatori!
Percorse l'Europa per attuare il suo grande
sogno come Pier l'Eremita, eremita, anche lui,

1 Si ricordano di lui due opere poetiche: "El Desconort.


scritta nel 1295 e "Lo Cani de Ramon" scritta nel 1299.

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ma Illuminato. Ai potenti non chiese armi od
armati, chiese soltanto il sostegno della loro
autorità morale. Così pure al Papa. Fu qualche
volta aiutato, il più spesso deriso. Uno schiavo
Arabo, che Egli intendeva redimere, tentò di
ucciderlo. La sua nuova crociata doveva con­
quistare i mussulmani alla religione cristiana
per mezzo, diciamo così, della penetrazione
pacifica. Da ciò la necessità della fondazione di
un istituto monastico per l'insegnamento della
lingua araba e la scuola missionaria.
Nel corso delle sue peregrinazioni a Parigi
conobbe Arnaldo Villanova, col quale ebbe
modo d'intrattenersi intorno alle mirabili sco­
perte alchimistiche. Esiste un'opera, stampata a
Francoforte nel 1599, presso Roffius, che pare
scritta in comune dai due grandi Iniziati. Porta
il seguente titolo: «Lullo Ramon et Villeneuve
Arnould Medicinae Hermeticae Artificibus Ca­
tholicae ad Hominis sanitatem eto).
Visitò la Spagna, l'Italia e la Francia; e si
soffermò in alcune delle città o Corti più impor­
tanti del tempo. Fu a Messina, a Napoli, a Ge­
nova. Nel Monastero di S. Domenieo, in Pisa,
nel gennaio del 1307, scrisse il trattato sull'Ars
Brevis. Nel suo primo viaggio in Africa fu fatto
prigioniero, condannato a morte, e graziato per
intercessione di un potente savio mussulmano
che lo aveva preso a benvolere.
Nel 1311 prese parte al Concilio di Vienna.
Eduardo II, re d'Inghilterra, volle che spe­
rimentasse innanzi a lui la trasmutazione dei

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metalli. Lo chiamò a Londra, e lo chiuse nella
famosa Torre, dove Raimondo compì la Grande
Opera: cambiò in oro rilevanti masse di mercu­
rio e stagno: il Lenglet Dufresnoy le calcola in
cinquantamila libbre. Con parte di questo oro
furono coniate le monete che presero nome di
raimondine.
Tornato in Africa per proseguire la sua ope­
ra di propaganda, fu aggredito dal popolaccio,
lapidato, sepolto sotto una montagna di pietre.
Ma non poteva morire, dicesi.
Dicesi che sia vissuto tre volte.
Dicesi che i suoi anni furono più di. trecento.
Dicesi che andò in cerca della Morte, per
tutta una vita di diversi secoli, e mai Dio gliela
volle concedere.
Così si ferma la leggenda, così si chiude la
storia.
Dalla Montagna di pietre sotto la quale sta­
va sepolto il Martire Illuminato, emanava tale
splendore che la notte equatoriale ne rimaneva
incendiata. Videro alcuni navichieri genovesi
questo sole splendere nelle tenebre, e ne furono
sconvolti. Approdarono, appresero il portento,
dissotterrarono l'Illuminato illuminatore. Se lo
recarono sulla nave, drizzarono la prora verso
Palma, e fu soltanto lì, in vista al paese natio,
che il martire straziato conobbe la Grazia, ven­
ne baciato sul fronte alla Morte, coronato dal
purissimo Sogno: nel 1313.

21
Una tavola tu/lista, psico-bio-bibliografica,
si potrebbe riassumere nei termini seguenti
(Lullo):
1° - L'uomo che fu più vicino a Dio.
W- Che ha rivelato il Gran Secreto.
III0- Che ha disobbedito Dio per la salute
degli uomini.
IV0- E per ciò fu ucciso.
vo - Ha elaborato la Sintesi più formidabile:
- Grande Arte.
Vl0 - Ha prodotto l'Oro: - Testamento.
VUO- Ha soggiogato la Morte:- Quinta Es­
senza.

Senza appartenere alla scuola degli scrit­


tori dai falsi pudori occultistici, siccome non
scriviamo per i vagabondi della letteratura,
ma soltanto per i cercatori con buona vo­
lontà, abbiamo sostituito qualche parola del
presente trattato con la corrispondente parola
ebraica, o con lettere alfabetiche tolte dallo
stesso albero filosofico lulliano (Vedi Lux
Mercuriorum).
Il riscontro non è difficile a chi voglia. Trat­
tasi, da parte nostra, di una giusta e condizio­
nata precauzione.
Non bisogna gittare perle ai porci: ammoni­
sce Arnaldo Villanuova.
Le illustrazioni sono riprodotte dalla edizio­
ne latina veneta (mancano in quella di Colonia
nella quale c'è soltanto l'Atanòr, che pure si
riproduce) e il frontespizio del presente volume

22
è ricavato da «Arbor Scientie» magnifico volume
edito in Barchinone nel1504 - presso Posa P.

23
LIBRO PRIMO

TEORICA
IL LIBRO dei secreti di natura, insegna il
modo di cavare la Quinta Essenza e di applicar­
la ai corpi umani, onde produrre opere mirabili
e quasi divine. La Quinta Essenza giova a tutta
l'arte medicinale, purché se ne sappia fare uso
per via filosofica, mentre ignorandola si sco­
nosce la vera medicina e la trasmutazione dei
metalli.
Questo libro riassumerà il pensiero di tutti
gli scrittori che si sono occupati del prezioso
dono, a noi da Dio glorioso concesso, al fine di
conservare quanto più sia possibile per natura, i
nostri corpi da corruzione, fino al termine a noi
da Dio assegnato, ed anco per far diventale per­
fetti i metalli imperfetti, o cambiarli uno nell'al­
tro. E ciò allo scopo che gli esperti di quest'arte,
contemplando Iddio, meglio lo intendano con
buone opere, l'onorino ed amino, procedano a
opere di carità, non nascondano il loro talento,
o ne facciano uso a losco fine, come scrive S.
Matteo al Cap. 26.
Fidandomi adunque di quella sentenza, che
Dio disse a Mosè: "Io sarò nella tua bocca e ti
insegnerò quello che devi parlare" ho voluto,
per divina ispirazione, manifestare questo secre-

27
tissimo mistero, di ogni altro secreto più degno,
e, aiutandomi la Sua infinita bontà, dir qualche
cosa dei suoi principii, della sua natura e delle
sue Regole.

28
TRE sono i principii che deve conoscere il
nostro artefice onde operare per virtù pro-pria
nella medicina, nell'arte alchimistica, metallica,
e minerale.
Il primo principio è la materia, che dev'essere
conosciuta dall'artefice di questa Opera, per la
medicina e la pietra che è destinata a ricevere
l'essere sostanziale. Perché se la materia è tale,
quale la natura ricerca, essa riuscirà gratissima
alla forma. Forma, materia e mezzo, cioè forze,
ecco quello che deve concorrere per la migliore
riuscita, come si dirà in proseguo.
Il secondo principio è il mezzo, molto più
semplice rispetto al primo, ed è quello per cui la
materia riceve la sua perfezione.
Il terzo è il principio della Quinta Essenza.
Il primo principio è nel mercurio volgare o
comune.
Il secondo principio è nelle acque sottili in
cui si risolve la fangosità del primo principio.
Il terzo principio, essenziale, è in relazione al­
la virtù delle stelle fisse, mobili, e dei loro diversi
aspetti. Questo principio s'infonde nella materia
per opera delle cotidiane influenze, approprian­
dolo con l'arteficio del secondo principio.

29
Il secondo principio, causa, dunque, ed è
recettibile conveniente del terzo e di tutte le sue
virtù che scendono dal cielo e che sono di ogni
cosa generata la perfezione e la forma, come si
può ben vedere dalle sue qualità caratteristiche.
Ma quello che genera, viene materialmente
dal primo, dal quale si diparte la virtù minerale,
che è materia semplice, divenuta perfetta quan­
do riceve la forma per la Quinta Essenza celeste.
Così la forza serve di' mezzo, arteficiosamente,
per la perfezione della materia, e da essa muove
l'altra minerale virtù informativa che è comune
alle pietre, alle medicine e ai metalli.
Devi conoscere la virtù con la quale è causa­
ta, e perché si causa, la congiunzione di questi
tre principii. E devi quindi badare alla quantità
e alla qualità, divise tra loro, ed anca al moto del
cielo, delle stelle, delle cose generabili e corrutti­
bili da quelle mosse ed informate. Non diciamo
però che sia necessario all'artefice di operare con
figure e immagini del cielo per conoscere i loro
moti, come affermano molti filosofi. Ma basta
averne conoscenza, per l'influenza del calore
celeste, che si rileva dalla figura del cielo e delle
stelle, e che s'infonde nella materia con oppor­
tuna opera industre e naturale, con cui l'arte si
conforma alla natura. Celeste virtù che muta la
dura materia nella sua fondamentale costituzio­
ne, si che divenga atta a generare, a ricevere le
virtù infuse nelle acque dei forti metalli, come ri­
ceve e accetta la virtù informativa dell'embrione.
Ragione di scherno ai filosofi, da parte di coloro

30
che non hanno compreso che la celeste virtù è
comune in ogni natura elementata, e che per la
sua grandissima nobiltà in ogni tempo riceve
determinazione. Nelle cose composte tanto s'in­
fluisce per arte quanto per natura: e ciò avviene
per virtù naturale. Noti ancora ogni artefice che
la natura non può operare se non alla successio­
ne di cose minime, né può ricevere alcuna virtù,
se non col successo della sua operazione; perché
non possono le costellazioni sopportare alcuna
fermezza di punto temporale, la quale immedia­
tamente non muti: dato il tempo minimo della
costellazione rispetto alla rivoluzione dei circoli.
Lasciata, adunque, da parte, la cognizione
dei movimenti stellari nella qualità e quantità,
e servendoci dell'Arte, prepariamoci a ricevere
a investigare le sopradette virtù celesti che sono
comuni a tutte le cose inferiori, e fermiamole
nell'acqua grande delle virtù minerali, al fine di
moltiplicarne le virtù in breve tempo, e fissarle
in ciò che si chiama Quinta Essenza, umana
medicina, o pietra preziosa al suo termine.
La virtù celeste è comune alla materia pri­
ma, e vi fu compenetrata per il regolare corso
delle cose di natura, ma essa è moltiplicabile
per mezzo dell'arteficio dell'ingegno, col fuoco;
e, per l'istinto attrattivo, riceve virtualmente le
potenze terribili, con le quali si colma la cosa
vacua, e le quali penetrano per l'influenza pe­
netrativa sottile, insieme ad altre potenze, nella
materia spirituale assottigliata sino alla sem­
plicità. Intendi pure, che tale attrazione delle

31
semplici virtù, sta insieme con le virtù materiali,
perché con essa operiamo nella materia, mentre
non possono in alcun tempo attrarsi se non le
materie concordevoli, e simili in natura materia­
le. Operiamo con cautela, e sino a certo punto,
in modo che la materia non ne rimanga divisa,
ciò che puossi ottenere per la grande e potente
sottilità delle essenze reali del cielo e dei pianeti.
Quindi la generale virtù, e quella insita alla natu­
ra inferiore, influiranno di continuo nelle singole
materie. Ed avviene che piglino certa determina­
zione, a causa del concorso celeste, e tengano le
cose materiali come gli spiriti l'anima, e seguono
la virtù in quel suo orientarsi, secondo il genere
della materia nella quale sono infuse.
Per ciò il basilisco ammazza, e la saetta liquefà
i denari nella borsa senza strapparla: si deve alle
Quinte Essenze raccolte e fermate in una stessa
cosa, o già contenute negli elementi di una sem­
plice materia, e ne determinano la potenza, come
si vede pel basilisco e la saetta, nelle quali cose
è la virtù del più alto elemento semplicissimo
in materia semplice, che le dette sette virtù s'in­
fondono. E come opera l'influenza del basilisco,
può riuscir letale quella delle medicine, composte
anch'esse di materia sottile proporzionata alle
dette virtù, e capaci nello stesso modo di mutare
i corpi umani e financo i metalli. Filosofi hanno
dimostrato che la natura del basilisco opera nei
metalli, assottigliando la materia, penetrando,
ritenendo ed ispessando la Quinta Essenza nella
materia stessa, si che ne fa un coagulo.

32
L'azione della Quinta Essenza può esplicarsi:
Nella medicina umana.
Nella trasmutazione dei metalli.
Nelle pietre preziose.
Occorre considerare per la prima opera le
acquee aeree.
Nella seconda e la terza le acque aeree e le
terrestri.
Come abbiamo espresso nei nostri libri detti
Lapidario, Testamento e Codicillo, le cose che si
pongono in terra hanno diversa natura di quelle
che si pongono nell'aria. Le cose che si pongono
in terra hanno una virtù fissativa e coagulativa,
mentre quelle che si assegnano all'aria hanno
virtù di solidificare, come avviene nelle miniere
per i metalli e le pietre preziose; perché dovendo
fissare, coagulare e indurire necessitano di forte
virtù minerale, senza alcun calore intensificato
da virtù celesti che hanno potere costrittivo e
si conformano alla proprietà della natura e del
luogo, in terra più che in ogni altro elemento.
Tanto grande è, dunque, la virtù dei corpi celesti
i quali influiscono sulla Terra, che produce con
la sua forza cose terribili: avendo potere recetti­
vo, costrittivo e fermativo, e generale, in figure
e forme diverse, determinato pure dal moto
circolare del sole2 che è il principale informativo
immediato di tutta la natura inferiore.
La natura inferiore si divide in tre parti prin-

2 L'antico errore, non può pregiudicare il principio


(n.d.t.)

33
cipali, e cioè animale, vegetale e minerale, come
abbiamo più espressamente specificato nel libro
dell'Intenzione degli Alchimisti e nel Codicillo.
Poiché la terra è quel luogo nel quale tutti i
raggi delle stelle influiscono le proprie virtù ope­
rative e vivificative: principale centro di adden­
samento, che resterebbe cosa morta se non fosse
vivificata dalla polarizzazione dei suoi elementi
con la virtù delle stelle.
Le nostre acque che si pongono in terra,
traggono, con le loro virtù, le forze della terra;
ma quelle che la terra riceve dal cielo traggono
assai più lontano, perché la proprietà celeste
quanto più si spande nel terrestre elemento tan­
to più aumenta, per la tendenza ad accrescersi e
a condensarsi nel suo mezzo essenziale, che è lo
spirito, cioè il soggetto dell'anima\ il più pro­
pizio alla sua soluzione. E lo spirito, si trae poi
dal suo interno, per ragion naturale.
Tuttavia noi usiamo un arteficio simile alla
natura, con propria materia, e altissimo spiri­
to. Le forze sono il retinacolo del corpo nello
spirito; ed esse per risoluzione vengono attratte
e apprese con lo spirito nostro, che è racchiuso
nel vetro che si seppellisce nella terra con la sua
propria tendenza e condensazione: e con tale
spirito congeliamo l'argento vivo del volgo in
argento di tutta prova ed eccellente, come nelle

3 Riesce difficile stabilire il significato di questa espres­


sione. Dice il testo: « quod est spiritus, quid est subiec­
•••

tum animae>> .

34
miniere, senza sottoporlo al calore del fuoco co­
mune: come si è dichiarato nel Libro degli espe­
rimenti, che è un libro principale, e la chiave di
quanti libri abbiamo composto in quest'Arte.
Intendi dunque, che cosa esso spirito può
fare col suo compenetrarsi nelle altre materie,
se senza fuoco riesce a nobilitare l'argento vivo
che è sostanza comune e rozza, inoculandovelo
con semplice mezzo naturale.
E con ciò finisco di discorrere della teorica
generale delle acque vegetabili e minerali, da
applicare all'umana medicina e alle pietre pre­
ZIOse.

35
Avendo ragionato della intenzione e consi­
derazione della Quinta Essenza delle cose, ora
dobbiamo insegnare il modo di cavarla.
E cominceremo dalla Quinta Essenza del

r�
4

essendo questa la virtù sulla quale si basa


ogni operazione compresa in questo libro. In­
torno a questo fine tutti si sono inutilmente af­
faticati, con la ricerca assidua di una cosa creata
che fosse adatta principalmente a conservare il
corpo umano da corruzione, da putrefazione e
anche la diminuzione: perché, per natura, nessu­
no vorrebbe morire.
Dico inoltre che il MAGISTERO DI
TRANSMUTARE I METALLI E LE PIETRE È
VERAMENTE RIVELATO: POI CHE IL TUT­
TO CONSISTE NELLA QUINTA ESSENZA
DEL

4 Si contentino della parola ebraica, quelli che non ne


possono sapere di più.

37
Così dice Paolo nell'Epistola ai Corinti: - <<E
che siamo noi in questi tabernacoli se non un
carico di miserie e d'infermità?» - E perciò vor­
remmo esserne alleggeriti, e trovarci con Cristo,
dice Paolo.
Pochi filosofi pervennero a notizia di questo;
perché i filosofi, i medici e i teologi di nostra età
non fanno cosa alcuna se non per acquistare de­
nari e onori, ciò che a Dio dispiace. Ma il nostro
vero filosofo Paolo dice agli Ebrei alla fine del
quarto capitolo: - « È scritto che l'uomo muoia
una volta, perciò è pazzia cercar cosa che serva
a perpetuare il corpo umano". - E Dio stesso,
nel secondo capo del Genesi: - "Acciocché for­
se Adam non ponga la mano sua, e mangi del
frutto dell'albero della vita, e viva in eterno".
- Così Iddio lo mandò fuori del Paradiso, etc.
E segue: - "Iddio pose un Cherubino con una
spada fiammeggiante e pieghevole a guardia
dell'albero della vita".
Sarebbe, per ciò, una sciocchezza affermare
che Dio possa concedere al nostro Artefice di
perpetuare la vita dell'uomo fuori del Paradi­
so dal quale lo cacciò. Ritengasi quindi certo,
perché lo dice la Sacra Scrittura, che Dio ha
assegnato a ciascuno un termine di vita oltre il
quale con nessuna abilità è possibile passare.
Ricorda Giobbe: - « l giorni dell'uomo sono

brevi, e il loro numero è accanto a te». - Per­


tanto, ripetiamo, è sciocca e vana la ricerca di
cosa che serva a prolungare il termine della
vita.

38
Non rimane dunque che cercar quella cosa
che, entro il termine della vita, possa
preservare il nostro corpo dalla corruzione,
sanarlo quando è infermo, ristorarlo quando è
estenuato, finché all'ultimo venga la morte nel
termine dall'Altissimo prefisso. E la ragione na­
turale conferma che il corpo si possa preservare
da corruttibilità e sanare da infermità, facendo
uso di cosa meno corruttibile, perché la corrutti­
bilità ed anche l'esaurimento sono contrari alla
perfezione, ed ogni simile aumenta il suo simile.
Così è pure evidente come niuna cosa, il cui
essere abbia tendenza al non essere, può con­
servarsi per mezzo di cosa a lei simile. Devesi,
invece, cercare cosa che abbia tendenza ad es­
sere; perché ogni cosa, quanto ha più tendenza
ad essere, tanto contiene in sé minor contrarietà
e corruzione; ma la medicina in cui la tendenza
ad essere sia cosi perfetta da impedire al corpo
umano, in vita, qualunque corruzione, con ef­
fetto miracoloso, non è stata a molti rivelata.
MA NESSUNA MEDICINA DI QUESTO
MONDO POTR À PRODURRE TALE EF­
FETTO, SE NON QUESTO NOSTRO MEN­
STRUO VEGETABILE, ANIMALE E CELE­
STE NOMATO QUINTA ESSENZA.
Essa preserva le carni dalla corruzione, aiuta
l'alimentazione, ristora la passata gioventù, vi­
vifica lo spirito, agevola la digestione, indurisce
le cose molli, ammollisce le dure, ingrassa le
cose magre, smagrisce le grasse, rinfresca le
cose infiammate, infiamma le raffreddate, dis-

39
secca l'umido, inumidisce il secco, sì che, pur
rimanendo invariata, opera in modi diversi,
a simiglianza del calore del Sole che produce
diversi effetti come seccare e indurire il fango e
sciogliere la cera. Nondimeno l'atto del Sole è
uno solo, e non ha in sé contrarietà alcuna.
Ma poiché questo spirito, ridotto in materia,
si orienta più in questa che in quella complessio­
ne - secondo i filosofi la prima materia è l'essere
delle cose - e poiché la forma universale brama
ogni forma: così la Quinta Essenza dev'essere
dalla complessione delle cose alle quali si ag­
giunge.
Alcuni affermano che questa materia non
sia calda, né umida, né fredda, né secca, perché
di sua natura si confà con tutte queste qualità.
Ma io, contro il loro errore formulo le seguenti
ragioni:
Ogni cosa esistente è sensuale o intellettuale:
ma nelle cose vegetabili e minerali non può es­
sere l'intellettuale, deve esservi la sensuale, che
è composta di quattro elementi.
Il composto dei quattro elementi ricerca
che in ogni elemento siano gli elementi in atto,
altrimenti le cose elementate non sarebbero
composte se non dagli accidenti degli dementi,
e così gli individui sarebbero accidenti e non
sostanza, ovvero composti da sostanza diversa
dagli elementi, ciò che è impossibile ammettere.
La Quinta Essenza, dunque, è composta da
quattro elementi, e sono in essa tutti gli elementi
in azione, e in materia e forma molto sottili e

40
prossime alla semplicità. Non intendere però
che noi parliamo di una sola specifica Quinta
Essenza, ma di tutte e cinque, secondo la loro
qualità e condizione.
I filosofi chiamarono questa cosa naturale
CIELO, perché, come il cielo, talora infonde
in noi caldo, talora umido ecc. Così la Quin­
ta Essenza opera nei corpi umani a beneficio
dell'Artefice. E alcuni la chiamarono menstruo,
perché ha la proprietà di quello, come è spiegato
in qualche altro nostro libro.
Noi ben sappiamo come tutto ciò sia igno­
rato dai nostri contemporanei, i quali non com­
prendono punto la Verità.
A questo cielo noi applichiamo le sue stelle,
che sono le piante, le pietre e i metalli, cose a
tutti comuni, per la vita e la salute.
Ippocrate, principe della medicina, ragionò
primo di questa natura, con i suoi medici, di­
cendo nei prognostici: «Se vi è ancora una cosa
celeste, che usata con prudenza diverrà ammire­
vole e stupenda, il medico non deve vietare che
se ne faccia la prova)).
Ed io dico che quella cosa esiste.
Ippocrate, forse, intese escludere la prova sui
corpi umani, per timore di produrre qualche
infermità, a cagione degli umori ineguali. Ma
una volta nota l'infermità, l'aiuto competente la
rende più tollerabile e più facile a sanare:, ben­
ché Iddio solo è quello che dà la salute.
Da ciò possiamo dedurre che il potere della
Quinta Essenza era noto ad Ippocrate.

41
Anche Galeno s'è intrattenuto della verità
della Quinta Essenza.
E Giovanni Damasceno l'ha ricordata ai
moderni nel libro delle semplici medicine, scri­
vendo in principio:
«Non si deve cercare alcuna causa se non dal
Cielo)). Ma non aggiunge di qual cielo si tratti.
IO SOLO TI HO RIVELATO QUESTO:
ACCIOCCHÈ CONOSCI IDDIO, LO AMI E
ONORI ED ABBI PRESENTE IL TUO FINE:
APPLICANDO OGNI COSA A LAUDE ED
ONORE DI ESSO DIO.

42
Non devi supporre ch'io abbia mentito su
quanto ho anzi detto circa la Quinta Essenza;
devi sapere che nessun moderno ha saputo o
compreso niente di tutto ciò; nemmeno ai no­
stri giorni c'è qualcuno che comprenda questo
secreto magistero.
Piglia

bianco o rosso del migliore che puoi trovare,


o almeno che non sia punto alterato, e, stilla G,
secondo il solito modo, per le canne brachiali
metalliche perché sia meglio

?
Aggiungo, però, che basterebbe tre volte

e poi richiudere bene, per impedire l'esala­


zione dello spirito; e molti errano dicendo che
si debba

43
sette volte. Ed eccoti un segno infallibile:
quando vedrai ardere lo zucchero in essa bagna­
to, essa è convenientemente

Ottenuta l'acqua con questa preparazione,


tu hai la materia dalla quale si cava la Quinta
Essenza.
Prendi adunque di quell'acqua e ponila nel
vaso chiamato della circolazione, ovvero pelli­
cano, che si chiama pure vaso di Hermete, la cui
forma ti disegno più sotto, e chiudigli forte la
bocca con olibano, oppure con mastice ammol­
lito, oppure con calce viva mescolata con chiara
d'uovo. Porrai quindi il vaso a mantenersi cal­
do nelle vinacce o nel letame, che di lor natura
sono caldi, avendo avuto cura di ammucchiar
prima, in un cantone della casa, una trentina di
corbe di queste vinacce o letame. Ciò deve farsi
perché il calore non manchi al vaso, per non in­
terrompere la circolazione dell'acqua. Vedrai la
nostra Quinta Essenza separarsi dal colore cele­
ste per mezzo di una linea diametrale, che divide
la Quinta Essenza, cioè la parte superiore, dalla
parte inferiore, che è composta dalle fecci, che
sono di colore torbido.

44
E questo avviene per tutte le cose del mondo,
di cui si possa mutare la natura con arteficio.
Dopo aver fatto continuare nel vaso diffe­
rente la circolazione per molti giorni, ne aprirai
la bocca già chiusa nel modo predetto, e se
l'odore che esalerà sarà tale che a niun altro
odore del mondo potrà compararsi, e trarrà a sé
tutti quelli che entreranno nella casa, o, messo
su una torre, attirerà tutti gli uccelli, facendoli
fermare all'intorno, allora tu puoi applicare
già la nostra Quinta Essenza al magistero della
trasmutazione dei metalli, perché avrai ottenuto
il Mercurio Vegetabile. Ma se non esalerà quel
magnifico odore che attrae, richiudi il vaso,
ponilo nello stesso luogo, e }ascialo finché avrai
l'atteso segno.

45
Ma la nostra Quinta Essenza così ottenuta,
non avrà ancora l'efficacia voluta, se non sia
stillato in essa il corpo che col suo aiuto la porta
a tanta sublimità', che ne risulta quella che dai
filosofi è chiamata chiave di tutta la filosofia; e
le cose verranno compiute in forma così nobile
e in così sottilissima materia, che l'artefice di
quest'arte con la sola Quinta Essenza e con le
stelle terrene sopradette farà miracoli sopra la
terra.
L'altissimo Iddio creò non solo nella G, ma
pure in ogni pianta, pietra, metallo e animale, la
Quinta Essenza durabile e mirabile.
Apri dunque l'occhio dell'intelletto per inten­
dere la Verità.
Ogni cosa generabile e corruttibile è con­
sumata dalla corruzione, ovverosia dall'azione
contraria degli elementi che la corrompono.
Piglia dunque materia non corrotta, per ca­
varne la Quinta Essenza, e fa in modo che su
essa non agiscano gli elementi di corruzione.
Cava la Quinta Essenza dalla G per le canne
brachiali, come dicemmo, di qualunque

Ed è questo il primo e il principale modo.


Il secondo è quello di pigliare un'am-polla
dal collo lungo, riempire per due parti di questa
G, si tura il collo prima con cera e poi col siste­
ma sopra detto, dopo di che si seppellisce tutta
nel luogo stesso. Quando avrai il segno già rife-

46
rito, cava la Quinta Essenza, perforando il collo
dell'ampolla. Bada a maneggiare destramente il
vaso, perché la Quinta Essenza non si mescoli
con le fecci.

I vasi con i quali si compie l'arteficio sono


quelli che ti ho descritti; lunghi un cubito, larghi
un palmo, ben intieri e ben sodi, e riempiti fin
sotto il collo di G.

47
Un altro secreto di natura è quello di saper
cavare la Quinta Essenza da tutte le piante, dalle
frutta, radici, carni animali, ecc.
Piglia dunque quale ti conviene di queste co­
se, e pestala forte e bene nel mortaio, mettila in
un vaso a CS per quaranta giorni, dopo di che la
toglierai, la D6 per lambicco tre o quattro volte,
e così otterrai la G7, che porrai in uno qualsiasi
dei vasi S8 sopra descritti, finché avrai il segno
dell'odore anzidetto. Oppure cava dalla cosa i
quattro elementi, mettendo l'aria e l'acqua nel
vaso, e fa che la S, finché otterrai il medesimo
odore.
Questa è opera grandissima fatta nel magi­
stero della Medicina.
Le Quinte Essenze cavate in tal modo ope­
rano talvolta a solo, meglio delle medicine fatte
con esse, e producono miracoli.
Come si vede l'operazione è semplicissima.
Nulla occorre aggiungere: ma il tutto si compie

5 Vedi Lux Merc.


6 ibid.
7 ibid.
8 ibid.

49
col rimuovere dalle Quinte Essenze, le cose su­
perflue.
Per cavare gli elementi dalle piante, sarà re­
gola generale che si pesti quello che è da pestare,
si ponga in vaso di vetro, si metta in letame o
sterco cavallino a C per un mese e mezzo. Passa­
to questo tempo, opera una completa D col vaso
istesso, per bagnomaria.
Togli dal bagno l'ampolla, e rinfondendo so­
pra le fecce l'acqua che hai D, chiudi come prima,
e poni a C per dieci giorni. Trascorsi questi dieci
giorni opera una nuova D al calore di cenere.

A questo punto avrai cavato due elementi:


aria e acqua.
Il calore del bagno si noma di primo grado,
quello delle ceneri di secondo grado, quello del
fuoco ardente di terzo grado. La conoscenza di
questi gradi è molto utile.
Per il calore del secondo grado, l'aria resta
in fondo al vaso. Poscia restituisci l'acqua già

50
cavata alle fecci, e, chiuso il vaso come prima,
mettilo a C per lo stesso tempo.
Opera una nuova D col calore di terzo gra­
do, e un'altra ancora, a bagnomaria. Questa
volta in fondo al vaso rimarrà il fuoco, che a
quella temperatura non può esalare. Serbato
separatamente.
Per i metalli, prima di tutto li farai dissolvere
col nostro menstruo nel letame, per una settima­
na, e fa che il menstruo sia mischiato, e perciò
più efficace, con cose vegetali. Sciolti che li
avrai, ponili a D col fuoco del primo grado, e ne
uscirà il menstruo, rimanendo nel fondo la calce
del metallo. Aggiungi nuovo menstruo sopra le
lecci, e poni tutto a C per un mese e mezzo; tor­
na poi a D come facesti per i vegetali, e aggiungi
ogni volta nuovo menstruo sopra le fecci.
Circa il modo di cavare gli elementi dai mi­
nerali, e discorde il parere dei filosofi, ma noi ne
tratteremo in altro luogo.

51
Molti filosofi dissolveano i corpi dei loro
metalli con acqua forte comune, composta di
vetriolo e salnitro, poi toglievano l'acqua per
evaporazione, si che nel vaso rimaneva la calce
dei corpi. La bagnavano quindi con acqua co­
mune che toglievano pure per evaporazione, e
finalmente dissolveano la calce con menstruo.
Ma servendosene per le loro operazioni, non
ottenevano lo scopo, perché la soluzione che
si fa con acqua forte, non è quella che ricerca
la natura. D'altro canto, coloro che operavano
in tal modo, ignoravano l'efficacia delle cose
vegetali che fanno acuto il nostro menstruo e
sconoscevano l'acqua volgare di Mercurio, che
noi abbiamo rivelata al Re Roberto, in un Com­
pendio del nostro Testamento, e in quella parte
del Codicillo dove si tratta della composizione
delle perle fatta in questo modo.
In questo Capitolo ti riveleremo il modo di
fare le calcinazioni, senza che i metalli perdano
punto della loro specie e il menstruo in poco
tempo li dissolva.
Prendi oro oppure argento ridotto in sottili
lamine, e prendi altrettanto argento vivo del
volgo, che metterai a lento fuoco. Quand'esso

53
comincia a fumare, vi porrai le lamine, agitando
con un legno; poi rovescia il tutto in un reci­
piente pieno di acqua fredda, e quando la pasta
sarà divenuta tale da potersi rompere come il
metallo delle campane, lascia evaporare più a
lungo dell'argento vivo. Metti da capo in acqua,
e quando la pasta sarà indurita, con la quarta
parte della sua quantità in sale comune, pestala
accuratamente, finché tutto divenga come un

54
sale nero. A questo punto, se vuoi conservare
l'argento vivo, passa il sale nel sublimatorio,
mentre, se non vuoi conservarlo, metti il sale in
un recipiente che sostenga il fuoco, finché tutto
il mercurio sia esalato, ovvero sublimato. Fatto
ciò metti il sale in altro recipiente soprafonden­
dovi acqua bollente quanta ti piacerà e mescola
con legno, finché il sale si risolva in acqua nera.
Lascia riposare, poi versa in modo che ne esca
soltanto l'acqua e rimanga la calce in fondo,
sulla quale infonderai nuova acqua bollente; ri­
peti una terza volta quest'operazione, finché,
vuotando, l'acqua esca chiarissima, come quan­
do l'hai messa. Poni la calce a seccare, al Sole, e
ridotta in polvere assai sottile, otterrai cosa
perfettissima, capace a produrti qualunque ope­
ra ti piacerà in quest'arte. Gli altri metalli si
calcinano in modo diverso.

55
IDDIO ha concesso tale virtù alla Quinta Es­
senza, che tu, in genere, puoi cavarla da ogni le­
gno, frutto, fiore, radice, foglia, pietra, metallo,
carni etc. specialmente se naturalmente creati.
II secreto di questo magistero è il seguente:
Quando avrai la Quinta Essenza separata
dalle fecci del

potrai con essa cavare ogni altra Quinta Es­


senza, senza fatica e pericolo, soltanto in tre ore.
Piglia, adunque, nel nome di Dio, qualunque
cosa dalla quale tu voglia cavare la Quinta Es­
senza, e ponila nella nostra Quinta Essenza di

dopo averla esposta al Sole ardente se di


primavera o in un vaso a fuoco lento; in tre ore
otterrai la Quinta Essenza di quella tal cosa me­
scolata con la nostra; la nostra Quinta Essenza
si muterà, prenderà i caratteri della cosa che ad
essa fu unita.
Se quella sarà calda, fredda, umida, secca o

57
lassativa, o di qualunque altra qualità e odore,
della stessa natura sarà la Quinta Essenza otte­
nuta, perché, come sopra ti abbiamo rivelato,
la Quinta Essenza tende ad assimilare questa
o quella complessione. Avrai quindi la Quinta
Essenza conforme alla cosa che vi hai posto
dentro, cioè dello stesso odore, sapore, comples­
sione, virtù, operazione, etc.
Per ciò bisogna usare gran cautela nella me­
dicina, essendo chiaro come una medicina può
produrre diversi effetti.
Così col nostro Cielo, e le sue stelle sopradet­
te, si faranno cose per via di natura che saranno
tenute per miracolo.

58
(Dal canone ottavo sino al canone ventidue­
simo si elencano le cose che sono calde in pri­
mo, secondo, terzo e quarto grado; le cose che
sono umide in primo, secondo, terzo e quarto
grado; le cose che sono fredde in primo, secon­
do, terzo e quarto grado; le cose che sono secche
in primo, secondo, terzo e quarto grado; per
poter/e applicare alla nostra Quinta Essenza,
aduso medicinale

ACCIOCCHÉ

l'artefice, pigliando da esse la ragione, sap­


pia investigare delle altre, tenendone presenti la
complessione, l'odore, il sapore, il peso, onde
produrre diversi effetti nel corpo umano).

59
Sono oltremodo preoccupato nel dover ma­
nifestare la qualità e la proprietà delle cose,
cioè in qual grado esse naturalmente si trovano.
Devo confutare l'opinione di quelli i quali dis­
sero trovarsi due qualità in una cosa stessa del
medesimo grado. Così del pepe e del castorio che
dissero esser caldi e secchi nel quarto grado. A
costoro io oppongo la seguente argomentazione:
Le quattro sostanze principali, che sono i
quattro elementi, hanno ciascuna la sua sfera,
nella quale la natura di ogni elemento è più
forte che nelle altre sfere, per quanto ciascun
elemento sia pure nell'altra sfera, cioè, siano
tutti nella sfera di uno, e uno nella sfera di tutti.
Questo è causa del consolidarsi e del comporsi
degli individui col naturale miscuglio delle sfere:
se non si mescolassero insieme ciò non avver­
rebbe, perché mancando la natura universale
del mondo agli elementi, verrebbe meno anche
la composizione particolare e individuale: dove
manca il generale, manca il particolare. Però
ogni elemento nella sua sfera, ha, per natura,
maggior complessione, così come il Calore è
maggiore della siccità e di qualunque altra com­
plessione, nella sfera del fuoco.

61
Del pari, ciascuno dei detti elementi ha il
proprio soggetto negli individui delle specie, e in
esso la sua complessione è maggiore degli altri
elementi, come il calore nel pepe ha più vigore
che non nello zafferano e nell'aloe.
Perciò io formulo questa ragione: Ogni ef­
fetto deve seguire la natura della sua causa. Per
esempio, nel fuoco, che è causa della distillazio­
ne, meglio sì trovano le cose che alla distillazio­
ne vengono soggette. Se una cosa avesse in sé
due complessioni eguali, come nel pepe il calore
e il secco, e nel medesimo grado, si avrebbero
nella stessa cosa due complessioni eguali contro
la frigidità. E d'altro canto potrebbe accadere
di trovare in una stessa cosa frigidità e umidi­
tà contro calore e siccità: il che è impossibile.
Tanto è vero che il pepe piglia il suo nome dal
fuoco, perché è caldo, l'aloe lo piglia dall'aria,
perché è umido, la mandragora, dall'acqua,
perché è fredda, e il mirabolano dalla terra,
perché è secco. Abbiamo detto è impossibile,
perché determinerebbe disordine negli individui
naturali, i quali non avrebbero qualità distinte
o preminenti sulle altre.
Ogni elemento ha la propria denotazione
secondo la natura della propria sfera, e in esso
nessun altro ha tanto dominio quanto lui. Nella
propria sostanza l'individuo predomina con la
propria qualità. Il fuoco è caldo per sua proprie­
tà, ed è secco per la qualità appropriata, ed in
esso il calore è maggiore della siccità.
Così per gli individui i quali debbono avere

62
una qualità propria: onde l'effetto si conformi
alla sua causa.
Questo si prova per dodici regole.
Il fuoco, che è caldo e secco, non può infon­
dere, scaldando, che calore e siccità: la siccità
meno del calore, s'intende. E quanto dicemmo
del fuoco si può estendere alle altre qualità de­
gli elementi. Il fuoco nella sua sfera è forma e
gli altri elementi sono come materia. Perciò si
conclude che nel soggetto del fuoco, la qualità
del fuoco è maggiore di qualunque altra qualità,
essa è come il Re, mentre la qualità che meglio
si conforma con quella è come il soldato, ma la
qualità che le si contrappone è come la schiava.
Con un esempio, ti renderò più chiaro il mio
dire, e ti darò modo di oppormi meglio i tuoi
argomenti in contrario.
Il pepe è caldo per sua proprietà, ed è secco
per appropriazione: perciò il calore deve essere
in esso maggiore della siccità, come pure della
umidità o della frigidità. Perciò nel pepe il ca­
lore è Re; ma poiché la siccità più di qualunque
altra qualità si conforma col fuoco, diremo che
la siccità è la Regina. Dopo la siccità viene l'u­
midità, nei rapporti col calore, e potremo dire
che essa è il soldato: soltanto la frigidità si op­
pone al calore, e quindi essa, nel pepe, potrebbe
starvi, continuando la similitudine, come schia­
va. La scala graduale delle qualità naturali è
regolata secondo una condizione di maggiorità
e di minorità.
Ora, poiché la Regina meglio si conforma al

63
Re, che il soldato o la schiava, essa Regina, più
del soldato o della schiava, deve avere impor­
tanza nella Casa Reale. Pertanto la Regina segue
il Re, pur non essendo della sua stessa dignità,
ma è di grado inferiore, e perciò si noma terza.
La siccità nel pepe è di terzo grado.
Così il soldato, nella casa reale, ha minor
importanza della Regina, questa minoranza si
esprime con un grado inferiore: è il secondo
grado, come l'umidità nel pepe. La schiava, è,
a sua volta, minore del soldato e di qualunque
altro, quindi è ancora un grado inferiore ed ap­
partiene al primo grado.
Da ciò se ne ricava che il pepe è caldo in
quarto grado, secco in terzo, umido in secondo,
e freddo in primo. E quanto diciamo del pepe si
può dire delle altre cose e qualità, nei riguardi
della loro concordanza.
Devi sapere, inoltre, che non tutte le cose
naturali hanno in se stesse completamente i
quattro gradi: ma molte cose mancano di gradi.
E perché meglio si spieghi, formule- remo
quattro punti di ogni grado, per ogni qualità,
i quali punti serviranno da fulcro atto a muo­
vere l'intelletto per comprendere come siano
composte le cose, e la diversità della loro com­
posizione.
La cognizione dei gradi è tanto confusa, che
non è al mondo scienza alcuna della quale me­
no si conosca, ma noi ora cercheremo trattane
brevemente. E diremo, anzitutto, che la cosa che
è calda in quarto grado, ha in sé gli altri gradi

64
interi: è lo stesso per le cose fredde, umide ecc.
La cosa che è calda in terzo grado, è secca nel
secondo, umida nel primo, e fredda in due pun­
ti. Quella che è umida nel terzo grado è fredda
nel secondo, calda nel primo, e secca in due
punti del primo grado; e così per le altre qualità.
Parimenti la cosa che è calda nel secondo grado,
nel primo è secca, e in tre punti dell'altro grado
umida, con due punti di freddo. Mentre la cosa
che nel primo è calda, è in tre punti dell'altro
grado, e in un punto universamente fredda.
Anche la questione del calore nel primo,
secondo e terzo grado, è questione dibattuta,
perché in uno stesso individuo può riscontrarsi
calidità nel terzo e in altro grado: ma sono dif­
ferenti secondo l'attività e la passività. Quando
in un individuo è una forma come Regina essa
patisce sotto il Re, perché il Re soltanto in ogni
individuo è forma, mentre la Regina, il soldato e
la schiava sono come materia. Adunque la fun­
zione di una qualità, che sia in diversi individui,
per la ragione sopradetta non è uguale. E inten­
di di ciò, nei riguardi dell'applicazione semplice
e singolare di ciascuno, e non nell'applicazione
di molte altre medicine congregate ad un fine.
Eccoti un esempio: La squilla, o tuscia, che è
calda nel terzo grado, e l'agno casto che è pure
caldo nel terzo; se le applichiamo ambedue al
nostro corpo, opererà meglio l'agno casto che
la tuscia, per la ragione che nell'agna casto la
calidità è Re, e nella tuscia è Regina: si che il Re,
essendo di maggiore potestà, agisce meglio. Ed

65
anche perché la calidità è nella tuscia terrificata,
e vi sta come passiva, mentre nell'agno casto è
attiva. La cosa agente ha sempre maggiore forza
della cosa paziente.
Inoltre la calidità nella tuscia ha due punti di
frigidità che le sono contrari, invece nell'agno
casto ha soltanto due punti di un grado contra­
ri. E finalmente la calidità della tuscia non fa
altro che disseccare, perché è inseparabile dalla
sua natura formata nella siccità, l'agna casto
più scalda che dissecca: insomma, in questo la
calidità è Re, la siccità è infuocata, opera prima
per natura del caldo e poi dissecca; dato che in
ogni cosa prima avviene l'atto proprio ed essen­
ziale e poi l'appropriato.
Guardisi che cosa avviene della terra, se è
messa nel fuoco; essa prima scalda, e poi dis­
secca; ciò avviene perché il fuoco al quale è
sottoposta la siccità rimove quella secondo la
propria natura.
Ecco dunque qual'è la differenza tra le cose
calde in terzo grado: e lo stesso avviene delle
cose umide, fredde e secche; ma non avviene
cosi di molte medicine composte a un medesimo
fine. Perché una qualità aiuta l'altra, si come un
grado il grado, e un punto il punto.
Eccoti un esempio:
Si componga una medicina di aloe, pepe
lungo, rose secche, mastice, garofano, succo di
finocchio e scamonea. Vediamo i gradi di que­
sta medicina. L'aloe è umido in secondo grado,
freddo nel primo, caldo in due punti di grado,

66
e secco in un punto. Il pepe lungo è caldo nel
terzo grado, secco nel secondo, umido nel pri­
mo e freddo in due punti di un grado. Le rose
secche sono secche nel secondo grado, calde nel
primo, fredde in due punti e umide in un punto.
Il mastice è secco in terzo grado, caldo nel se­
condo, freddo nel primo e umido in due punti.
I garofani sono caldi in terzo grado, secchi nel
secondo, umidi nel primo, e freddi in due punti.
II succo di finocchio è caldo nel primo grado,
secco in tre punti, umido in due, e freddo in un
punto di grado. La scamonea è calda in quarto
grado, secca nel terzo, umida nel secondo e
fredda nel primo.
Vediamo ora quanti gradi e punti stessi
abbiano queste cose, in modo che, riunendoli,
possiamo ottenere un grado semplice dalla cui
natura si riconosce la medicina.
Prendiamo prima le qualità calde, e dividia­
mo i gradi in punti, poi accoppiamo i punti a
quattro a quattro facendone gradi9•
Nell'aloe sono due punti di calidità, nel pe­
pe lungo dodici, nel mastice etto, nel garofano
dodici, nel finocchio quattro, nella scamonea
sedici. Così in questa medicina sono cinquan­
totto punti caldi.
Parimenti nell'aloe abbiamo quattro punti
freddi, due nel pepe lungo, due nelle rose, quat­
tro nel mastice, due nei garofani, uno nel succo

9 Ecco, in funzione, quella che noi abbiamo definita la


meccanica della logica, o metodo lulliano.

67
di finocchio, e quattro nella scamonea. Così
abbiamo in questa medicina diciannove punti
di frigidità.
Inoltre nell'aloe abbiamo otto punti di umi­
dità, quattro nel pepe, uno nelle rose, quattro
nei garofani, due nel succo di finocchio, due nel
mastice, e otto nella scamonea: in tutto ventina­
ve punti di umidità.
E ancora nell'aloe abbiamo un punto di sicci­
tà; otto nel pepe lungo, otto nei garofani, dodici
nel mastice, quattro nelle rose, tre nel finocchio
e dodici nella scamonea: in tutto quarantotto
punti di siccità.
Ora sommiamo tutti i punti: cinquantotto
di calidità, diciannove di frigidità, ventinove di
umidità, e quarantotto di siccità. Confrontiamo
i punti contrari e i punti delle qualità concor­
danti: la differenza è quella che deve attribuirsi
alla medicina. Togliamo quindi dai cinquantot­
to punti di calidità, i diciannove di frigidità, ri­
mangono trentanove punti di calidità. Abbiamo
inoltre ventinove punti di umidità, che tolti dai
quarantotto punti di siccità danno di questa una
differenza di diciannove punti.
Ottenuti trentanove punti di calidità e di­
ciannove di siccità, raggruppiamo I punti in
gradi. A conto completo, la medicina in esame
ci dà quattordici punti, e cioè tre gradi e due
punti. Il che vuoi dire che essa è calda in quarto
grado, ma non in modo perfetto, come avviene
di tutte le medicine composte.
Così è manifesto, come ho sopra detto,

68
che ogni qualità aiuta la sua simile. E che una
qualità che nella medicina semplice può essere
passiva, diventi attiva nella medicina composta
e viceversa.
Questa dottrina ti è sommamente necessaria
nelle medicine composte, specie per conoscere
l'ultimo grado, che è la risultante di più gradi,
e perché si possa essere certi che essa scaldi,
dissecchi, umidisca o raffreddi. Alcuni autori,
di ciò che rimaneva ignoto nelle qualità proprie
delle medicine semplici, facevano le qualità ap­
propriate, il che è cosa assurda e contro le leggi
di natura. II Re deve esser maggiore di tutti
gli altri nel suo regno, altrimenti non sarebbe
Re: ed in quel modo verrebbe ad annullarsi la
semplicità delle cose: il dominio, la proprietà
propria, l'attivo e il passivo.
Questa dottrina è molto lunga, ma noi qui
fermiamo il ragionamento, avendone trattato a
pieno in altri luoghi, come nel Libro dei Principi
di Medicina, nel libro nomato Della Gravità e
Leggerezza degli Elementi, nel libro Della ra­
gione di Sanità e nel Libro Della Dottrina dei
Gradi. In tali libri questa dottrina è assai diffu­
sa, ma ti bastino le cose sopradette, per averne
una qualche cognizione.

69
QUESTIONE - Perché non hai tu qui indi­
cate tutte le medicine che convengono coi loro
gradi, onde, secondo la dimostrata dottrina,
riuscisse agevole a manipolare le composte?
RISPOSTA - Non le ho indicate per evitare
la lunghezza: perché voglio fare il mio libro più
breve che sia possibile.
QUESTIONE - Perché almeno non hai inse­
gnato il modo con cui si conoscono i gradi delle
medicine qui non nominate?
RISPOSTA - Perché tu possa consultare
l'opinione dei filosofi per quello che riguarda
le qualità proprie alle medicine poste in grado:
per le qualità appropriate ti basti quello che è
detto sopra. Se il filosofo dice che la medicina
è calda e secca nel quarto grado della qualità
propria, comincerai a dare alla medicina quella
proprietà, perché i filosofi questo hanno con­
statato: poi giudicherai nel modo suddetto delle
altre qualità, secondo la maggiore o minore
concordanza con quella propria. Ogni quali­
tà concordante, agevola l'azione della qualità
propria e concorre ad annullare l'azione della
contraria. Nel pepe, per esempio, il calore è
qualità propria, di quarto grado. Ma altre

71
qualità esso deve possedere, che col calore si
confanno. Deve essere anche secco; ma non in
proporzione eguale. Il calore è Re, la siccità è
Regina: cioè è inferiore di un grado. E dopo la
siccità, l'altra qualità che più si concorda col ca­
lore è l'umidità, che a sua volta non può essere
eguale alla siccità, ma minore di un altro grado.
E la frigidità che è nel pepe contraria al calore
dev'essere, a sua volta, inferiore all'umidità.
Si può dunque stabilire che questa medicina è
calda in quarto grado, secca in terzo, umida in
due, frigida in uno.
Questa norma generale basti a giudicare del­
le altre qualità 1 0 •
QUESTIONE - Per quale ragione alcune
medicine riescono letali nel quarto grado ed
altre no?
RISPOSTA - Alcune medicine sono calde,
secche, umide o fredde nel quarto grado; altre
nel terzo, altre nel secondo, altre nel primo.
Poni mente a questa regola generale: Ogni me­
dicina che è nel quarto punto del quarto grado,
calda, secca, umida o fredda, è mortale. Fra le
calde ricorderemo: il napello, il cardo, il visco,

10 A questo punto le due edizioni latine e l'italiana ricor­


dano certa figura C, con l'uso della quale si può giudicare
della complessione e dei gradi delle medicine semplici e
composte. Noi ignoriamo in qual trattato si trovi questa
figura, ed è da supporre che forse in altra edizione o
magari nel codice originale, esistono delle figure che dai
riproduttori furono ommesse.

72
l'oleandro col quale si uccidono i cervi. Fra le
secche ricorderemo l'arsenico bianco e rosso,
il metallo arso, il metallo verde, il gesso. Fra le
umide ricorderemo l'argento vivo. Fra le fredde
ricorderemo la cicuta e il cervello.
Quando queste medicine discendono dal
quarto punto, riescono meno mortali.
E ciò, specialmente, se mescolate con altre
medicine non mortali. Così è, per esempio, del
giusquiamo.
QUESTIONE - Perché uccidono meglio le
cose che sono nell'ultimo punto del quarto gra­
do calde, secche, umide o fredde, che le cose che
sono tali nell'ultimo punto degli altri gradi?
RISPOSTA - Perché in quelle è compresa
maggiore semplicità dell'essenza componente;
semplicità naturata in materia sottile più che in
altri gradi: ricorda, a proposito, l'esempio del
basilisco e della saetta. Per meglio intendere i
gradi delle medicine, ti faremo qui dieci figure11
con le quali potrai muovere l'intelletto e orien­
tarlo a intendere questo, come sopra abbiamo
fatto coi gradi.
La scienza delle quattro medicine semplici
nell'ultimo punto del quarto grado, è compresa
in quattro figure, e in altre quattro figure sono
comprese quelle che sono semplici in tre punti
del quarto grado, e in altre quattro figure quelle
che sono nel terzo, e in altre quattro quelle che

1 1 Queste figure non si rinvengono.

73
sono nel secondo, e in altre quattro quelle che
sono nel primo12.

12 (Dal canone ventesimo quinto al canone quarantadue­


simo si elencano altre virtù e qualità delle cose).

74
Nello stesso modo col quale abbiamo in­
segnato a cavare la Quinta Essenza delle cose
vegetali essa si può cavare dai minerali. Ma
poiché l'intelletto può intendere più d'una cosa
specifica dando valore di dottrina particolare a
quella che è generale, sarà opportuno intratte­
nersi della Quinta Essenza dei metalli.

Piglia adunque l'acqua di Mercurio fatta


come dicemmo nel nostro Testamento, nel ca­
pitolo intitolato de' mercuriali, che comincia:
«Tu figliuolo de/ lunario /icore etc. » Dissolvi in
questa acqua cinque once di Luna purissima,
e dopo la distillazione pel filtro, separa l'ac-

75
qua dalle fecci, nelle quali va la parte fangosa
dell'acqua. Quest'acqua è risolutiva di tutti i
corpi, e specialmente dell'argento, col quale si
riformano le perle nella lor prima natura, come
dicemmo nel Testamento e nel Codicillo inviato
al Re Roberto.
La seconda acqua si fa in questo modo:
Piglia mezza oncia di piombo, e quanto basta
all'acqua predetta, e quando vedrai il piombo
solversi, separa da quello l'acqua con distil­
lazione per filtro: getta via le prime fecci che
a nulla valgono. Poscia distilla altre fecci per
bagnomaria, e con-servale per il tempo conve­
niente.
La terza acqua si fa io questo modo: Piglia
un'oncia di rame e dissolvilo in quell'acqua
della prima qualità che vorrai. Lasciata riposare
nella sua ampolla in luogo freddo per la durata
di un giorno naturale. Separa poi l'acqua verde
con la lingua del filtro, e butta via le prime fecci;
distilla ancora l'acqua coll'alambicco, e conser­
va le seconde fecci.
La quarta acqua si fa in questo modo: Pi­
glia un'oncia di stagno purissimo, dissolvilo
nell'acqua della prima qualità, e distilla. Poi
togli quest'acqua con la sua fangosità e le prime
fecci; distilla l'acqua con l'alambicco e conserva
le seconde fecci.
La quinta acqua si fa in questo modo: Piglia
un'oncia di ferro purissimo, dissolvilo in tanta
quantità d'acqua della prima qualità che basti;
distilla per filtro, togli le prime fecci e buttale;

76
distilla ancora per alambicco, e conserva le
fecci.
La sesta acqua si fa in questo modo: Piglia
un'oncia di oro purissimo, e dissolvilo col mo­
do che indicammo nel Testamento, cioè con
lunatina pura, e con altrettanto peso d'acqua di
Quinta Essenza, e pel resto fa come ti abbiamo
insegnato per gli altri metalli. Nella seconda ac­
qua del secondo puoi dissolvere il terzo metallo,
nella seconda acqua del terzo puoi dissolvere il
quarto, in quella del quarto puoi dissolvere il
quinto e in quella del quinto il sesto. La dose
dell'acqua non è prescritta: tu ne piglierai quan­
ta basterà per dissolvere il metallo.
Proprio le fangosità dei metalli sono le Quin­
te Essenze, ovvero quel Mercurio minerale con­
siderato dai filosofi nelle operazioni alchimisti­
che minerali e medicinali. Ma nelle operazioni
alchimistiche queste Quinte Essenze vengono
considerate in modo più sottile, perché sono
di materia più sottile, per pervenire alla quale
devesi procedere alla divisione degli elementi,
come diremo nel terzo libro di questo volume.
Quando i metalli saranno soluti, metterai
ciascun'acqua separatamente, dividendola in
due parti. Una parte mettila con le proprie fecci
nell'alambicco di vetro, e distilla nel fango del
deserto, che è l'aria fatta di due corpi nel forno
che prima t'abbiamo disegnato, con fuoco soa­
ve; e risplenderà con poca virtù minerale, e con
molta fangosità disposta a ricevere virtù celesti.
Metti qualunque di quelle acque in ampolla di

77
vetro col collo lungo, alla quale turerai la bocca
con cera comune e con mastice, e portala in luo­
go aperto, ma tale che non si corra il rischio di
rompere il vetro. Prendi le fecci materiali dalle
quali hai ottenuto il fango, cioè le seconde, per
l'evaporata sublimazione avvenuta all'a-perto.
Ponile in un'ampolla di vetro dal collo lungo
due palmi, e aggiungi parte dell'acqua fangosa;
chiudi le ampolle con cera e mastice come pri­
ma hai fatto, e seppellisci l'ampolla nell'orto, in
terra molto grossa, un palmo e mezzo profonda.
Ve la terrai un anno intero. Cosi farai nell'alchi­
mia trasmutatoria, e tutto seppellirai sotterra,
ivi avrai l'aria e la terra, perché per intendere
questa triplice scienza, devi conoscere in qual
modo il loco di sua propria natura genera il
locato.
Sono di un'istessa natura le acque che si
pongono in terra, e di un'altra quelle che si pon­
gono nell'aria. Quelle che si pongono in terra
hanno forza indurativa e fissativa, quelle che si
pongono in aria hanno la proprietà d'indurire e
fissare, ma intendi, passivamente.
Trascorso l'anno avrai tutto quello che si può
desiderare nel mondo con quest'opera, ovvero il
mezzo di fare tutto quello che vuoi, sia nel ma­
gistero alchimistico, come nella medicina.

78
LIBRO SECONDO

APPLICAZIONE
Nel Primo Libro abbiamo detto del Magiste­
ro, e insegnato la Teorica della Quinta Essenza,
ora vediamo come essa si applichi al corpo
umano, per curare tutte le infermità credute in­
curabili secondo il parere dei più recenti medici.
Chi vuole profondamente investigare i principi
di natura, benché non sia possibile conoscerli a
pieno, deve conoscere le cose che contrastano le
infelicità di natura, la loro formazione e la loro
potenza: quelle che additeremo in questo Libro,
saranno tali da procurare rimedi quasi miraco­
losi al corpo umano.
Perché nel presente libro si dichiara partico­
larmente la dottrina di curare tutte le infermità
dal capo sino ai piedi: e ciò è avvenuto contro
mia intenzione, dato il mio proposito di scrivere
cosa breve. Ma, se non altro, cercherò dare una
regola generale onde guarire tutte le infermità,
con la nostra Quinta Essenza. Quindi passere­
mo all'esame di qualche caso specifico, in modo
che, con la guida di esso e la regola generale se­
condo la dottrina, sappia ciascun investigatore
praticarne degli altri.

81
Se ti occorra conoscere il rimedio contro la
perdita del sonno, e vuoi che ti si rinnovi la pri­
ma gioventù, curando ogni infermità, considera
anzitutto di che genere e specie sia l'infermità
medesima. Studiane la qualità, la quantità e
gli effetti dolorosi. Poi ricorri al nostro Libro
delle Semplici Medicine, e vedi quali fra esse
sono adatte a lenire tale infermità, applicale
alla nostra Quinta Essenza, e somministrale per
bevanda o via esterna.
QUESTIONE - In qual modo conoscerò io
il grado e la qualità della malattia, se nessun
filosofo ha mai trattato di questa dottrina nei
suoi Libri ?
RISPOSTA - Ricorri ai Principi di Medicina
al Libro del governo della Salute, e al Libro
delle vene e dei polsi, da me composti sull'arte
della medicina.
QUESTIONE - Come conoscerò le dette me­
dicine, se non potrò avere il Libro dei Semplici?
RISPOSTA - Ricorri ai Libri dei Filosofi, e
quantunque noi ne avessimo trattato in modo
perfetto, tu opererai meglio con la loro dottrina
che senza alcuna guida. I malanni si possono
evitare, e si può ristorare la trascorsa gioventù

83
fino al termine a no} da Dio assegnato, nel mo­
do seguente: Prendi la Quinta G13 condizionata
secondo il modo detto nel primo libro, e infon­
di/e la Quinta Essenza d'oro e di perle, ovvero
lo stesso oro e le perle. Beva il vecchio di questa
bevanda, due volte al giorno, la mattina e la se­
ra, ogni volta in quantità non maggiore a quella
che può essere contenuta in un guscio di noce,
e in pochi giorni riacquisterà fermezza e vigore,
e si avvedrà chiaramente di essere tornato alla
prima gioventù. Ma deve usare in questi giorni
buoni cibi e bere vino temperato. Se poi al vino
aggiunge la Quinta Essenza comune, l'effetto
sarà più immediato e sicuro.
QUESTIONE - Mi pare cosa impossibile
che dalla vecchiezza si possa ritornare alla gio­
ventù. Se cosi fosse, nessun principe, tiranno o
altra persona, che usasse questa medicina, mo­
rirebbe. E in tal modo verrebbe a contradirsi la
Scrittura al Capo sesto del Genesi.
RISPOSTA - Non ti dico che ritorni addie­
tro la vecchiezza per gli anni considerata, ma
ti parlo di quella vecchiezza precoce che vince
la natura prima degli anni. Incontriamo ogni
giorno uomini di appena cinquanta anni che
per la loro complessione e il loro disfacimento
ne dimostrano sessantacinque, ed altri di trenta
che ne dimostrano cinquanta. Questi tali inten­
diamo soccorrere con la nostra dot-trina: e noi
vogliamo impedire che l'uomo invecchi più di

1 3 Vedi "Arbor Operationis", in "Lux Mercuriorum ".

84
quanto invecchierebbe naturalmente, ridonan­
dogli il vigore dell'intelletto, l'energia del corpo,
il colore rosso ai bianchi cappelli, fino al termi­
ne della vita, da Dio assegnatogli.

85
Ora t'insegno il Magistero di far rivivere i
morti, che è uno dei grandissimi secreti di que­
sto Libro.
Bada, però, che noi intendiamo per morti,
non già quelli che sono del tutto estinti, ma
quelli che si trovano in istato disperato, abban­
donati dai medici e privi degli atti della vita e
della conoscenza. A questo morto, ed in simile
disperazione, noi porgiamo aiuto, facciamo in
modo che si alzi e parli, se però non è giunto al
termine ordinatogli da Dio.
Il Magistero di questo secreto, consiste nel
dare a bere all'infermo la Quinta Essenza da
sola, e subito si riavrà; perché, una volta nel
corpo, la Quinta Essenza rifletterà sul cuore un
raggio naturale di vita. Vedrai l'organismo subi­
to ristorarsi, non appena trascorsa una ventina
di minuti. Gli astanti crederanno che si tratti di
illusione o di miracolo rivelato.
Prendi poi la chelidonia, il cui fiore e frutto
sono di color d'oro, e cavane i quattro elementi
col modo già insegnato nel primo Libro. Giovati
dell'elemento del fuoco, che somiglia all'olio, e
applicane quanto un grano di frumento alla no­
stra Quinta Essenza. Se l'infermo potrà riceverla

87
nello stomaco, si alzerà da letto in brevissimo
tempo. Confortalo poi, tornando a dargli la
Quinta Essenza da sola, e sta certo che sanerà
perfettamente, se Dio non ha proprio determi­
nato che muoia.
Aggiungo che quello che t'insegno è cosa
utilissima, e, tra i Moderni non c'è che uno solo
che la conosca. Gli altri dicono che la natura
oppressa si può risollevare con le medicine co­
muni, senza la nostra Quinta Essenza, ma dico­
no cosa impossibile.
E quando vedono l'uomo morire affermano
che nulla può giovargli in natura, e che Dio solo
può salvarlo: ma noi affermiamo il contrario.
Tu opera secondo la dottrina esposta in questo
Canone, farai cose mirabili sopra la terra.

88
Poiché il giusto Dio, a castigo dei nostri pec­
cati, ci assegnò molti gradi d'infermità, e, fra
gli altri, la detestabile piaga della lebbra, che
riesce difficile e talvolta impossibile curare, noi
diremo dei rimedi che valgano contro la lebbra
prodotta da corruzione di umori, o da veleni
che guastano l'organismo.
Prendi, dunque, la nostra Quinta Essenza
d'oro e di perle, e danne al paziente, per otto
giorni, ogni mattina, una piena noce, e così lo
vedrai sanare perfettamente.
Un altro modo per curare questa infermità,
è quello di prendere acqua di fragole frutti, di
quelle che si producono in maggio, e di unirla
alla nostra Quinta Essenza con la Quinta Es­
senza d'oro e di perle. Tale acqua inoltre lava
e nasconde la lebbra, ungendone le macchie,
e meglio quando venga mescolata con acqua
ardente.
La paralisi è malattia difficile a curare, tanto
che i medici moderni credono che sia addirittura
impossibile. Non è cosi.
Applica alla nostra Quinta Essenza l'erba
chiamata iva, con salvia e grani di senape; dan­
ne a bere all'infermo, ungendolo pure di fuori,

89
e facendogli un bagno caldo e umido con queste
erbe. Egli sanerà perfettamente, tanto da sem­
brar di non avere mai avuto il male; camminerà
sano e salvo.
Potrai anche ottenere lo stesso effetto se
applichi alla nostra Quinta Essenza le cose
che purgano gli umori vischiosi; e dandone al
paziente nel modo suddetto, lo vedrai comple­
tamente guarire.
Per coloro che sono consunti nel corpo o
troppo macilenti, come i fanciulli, gli uomini di
debole costituzione, i tisici ecc., la vera cura sarà
la nostra Quinta Essenza. Essa conforta la natu­
ra indebolita, la ristora e la conserva, produce
la carne nel corpo macilento e consumato. Ed
il più complicato Magistero è quello di cavare
dall'erba chelidonia 14 i quattro elementi con
l'arteficio che ho insegnato nel primo Libro.
Prendi l'elemento del metallo, che è del colo­
re di ottimo olio, e, mescolatolo con la nostra
Quinta Essenza, in poco tempo lo vedrai agire
in modo ristoratore e miracoloso: si che l'uomo
diventerà oltremodo grasso. Non c'è altra cosa
naturale che valga più di questa, per simili ri­
medi- Parimenti se pigli carne di granchi, cioè
polvere del fiume di Alessandro, e mescoli con
la nostra Quinta Essenza, ottieni l'effetto.

14 L'ottimo Sig. Lauro nella sua traduzione dimentica


addirittura di citare quest'erba: s'intende che di tutto il
periodo, anzi di tutto il canone, per tale omissione, nulla
si capisce.

90
E nota, che questa è l'ultima cura in ogni ge­
nere e specie di febbre. Inoltre questo secreto ci
preserva dagli uomini iniqui e malvagi.

91
La vera esperienza insegna che tutti 1 ma­
linconici sono preda a pensieri orribili, il tetro
umore è loro prodotto dalla milza, e per influs­
so di porosità si trasmette sino al cervello, dal
quale muovono la fantasia e l'immaginazione
che ne risentono forte turbamento. Il sonno
produce orribili fantasmi e la veglia cogitazioni
spaventose. Talvolta tale umore è cosi violento
da generare epilessia o apoplessia. Per di più, a
queste infermità qualche volta si aggiungono i
Demoni, che, con quelle, tormentano il malato.
Accade che qualche infermo impazzisca, parli
con se stesso, sembri discutere con altri uomini
invisibili, e venga a cosi acuta disperazione, da
uccidersi.
La cura di queste infermità è la nostra Quin­
ta Essenza, oppure la nostra Quinta Essenza,
nella quale si pongano le seguenti medicine:

Erba fumaria
Centaurea maggiore
Epitimo
Timo
Pietralazola
Elleboro nero.

93
Tieni queste medicine nella nostra Quinta
Essenza per tre ore e poi danne all'infermo due
volte al giorno ed una volta la notte, ungendo
pure con quella esternamente tutto il corpo, ma
in modo particolare dalla parte della nuca. Que­
sto rimedio depura il cervello, toglie la malinco­
nia, rallegra l'infermo, e, se non s'interrompe, lo
sana perfettamente in dieci giorni.

QUESTIONE - Com'è possibile che i De­


moni, i quali non hanno corpo, si scacciano dai
corpi con medicine? Essi non possono sentire
gli effetti e le impressioni delle medicine, perché
è chiaro che ogni potenza per agire deve avere
un obietto.
RISPOSTA - A risolvere tale questione, pos­
sono addursi diverse ragioni: ragioni logiche e
ragioni tolte dalle Sacre Scritture. E comincian­
do da queste ultime, ricordiamo che nel Libro
di Tobia è detto come i Demoni si possano
scacciare con la virtù delle medicine materiali:
con suffumigi e sacrifici. E ciò si prova per fe­
de. Dicesi inoltre al cap. 6 del medesimo Libro
che Tobia pose una parte del fegato sui carboni
ardenti, e scacciò il Demonio da tutta la casa:
((Tobia pose parte del fegato sopra la brace, e fu
cacciata ogni sorta di Demoni)) .
Ma volendo spiegare la questione con ra­
gioni naturali, teniamo presenti i tre principi
di causa, effetto e giustizia. Rimossa la causa si
rimuove l'effetto: Giustizia è, poi, quella, con
la quale si dà a ciascuno ciò che è suo. Ora i

94
Demoni si uniscono ai corpi per la mala di­
sposizione dell'umore corrotto, o dell'infezione
malinconica che crea nella fantasia figure tristi,
lugubri, orribili e conturba l'intelletto: i Demoni
usano prendere simili forme e abitare in luoghi
oscuri e solitari. Ma essendo cacciato dal corpo,
per virtù della Quinta Essenza quell'umore che
era causa della venuta dei Demoni nel corpo,
segue che essi Demoni se ne vanno non avendo
dove soffermarsi.
E d'altro canto la Divina Onnipotenza, che
può e potrà far stare nell'Inferno le qualità
degli elementi senza le loro proprie sostanze,
e coessenziali, sino al giorno del Giudizio, per
castigo imposto dalla sua divina giustizia, può,
pure, far partire essi Demoni sotto l'operazione
di cose materiali: acciocché la verità della sua
potenza, che si commuta con essa giustizia, ab­
bia un soggetto nel quale operare col suo atto,
secondo la gravità della colpa. In caso diverso,
l'uguaglianza della sua verità sarebbe distrutta
per mancanza di libero arbitrio, che produrreb­
be un uso limitato della potestà divina, secondo
lo stato e la disposizione delle creature, il che è
impossibile. È, invece, vero, che Dio ha libero
arbitrio, e può usarlo con le creature disponen­
do la pena secondo la quantità della colpa, e
la gloria secondo il merito. Non è, dunque, da
dubitare, che Dio, per sua giustizia, non sotto­
ponga i Demoni ad alcune cose materiali.
La risoluzione di questo quesito è anche ma­
nifesta nella clavicola di Salomone, per la quale

95
si dimostra che gli uomini sono costretti a fare
buone o tristi opere, con virtù di parole, pietre
e piante.
Il fuoco infernale e i Demoni tormentano
le anime dannate, a moltiplicazione della loro
pena, e per quanto la sostanza di queste anime
non sia composta dei quattro elementi, tuttavia
il supplizio si avvera per ordine della divina giu­
stizia. Perché chi pecca contro una sostanza in­
finita, pecca, diremo, infinitamente, ed è degno
di qualunque pena. Ora, oltre all'essere privati
della visione di Dio, i dannati sono sottoposti a
materiali tormenti.
Dobbiamo, quindi, riconoscere, che le mate­
riali medicine sono di potente rimedio a scaccia­
re i Demoni da qualunque corpo.
Userai dunque la medicina sopradetta, e sa­
nerai tutti gli indemoniati, apoplettici e malin­
conici: ma specialmente se vi aggiungerai l'erba
ipericon, altrimenti chiamata caccia Demoni,
ovvero erba perforata. Il suo profumo manda
via i Demoni da ogni corpo e da ogni casa.

96
Si possono curare quelli che sono esausti per
debolezza dopo una malattia, e si può ripristi­
nare la loro forza e la loro audacia.
Non è cosa vana quella che diciamo, per
quanto sia straordinaria, ché lingua umana non
può narrare la miracolosa virtù che Dio ha po­
sto in questa Quinta Essenza del

e di tutte le cose elementate. Ma a questo


scopo tra tutte le Quinte Essenze sono preferi­
bili quelle di peonia, di angelica, di zafferano,
di perle e d'oro.
E se mescolerai tutte queste Quinte Essenze
con quella del

e le darai a bere all'infermo, subito, e quasi


per miracolo, esso perderà il timore, e la debo­
lezza, ricupererà le forze e l'ardire dell'animo,
non temerà la morte anzi acquisterà coraggio
ed energia.

97
Per curare gli uomini di veleno, ricerca la
causa dell'avvelenamento, e la piaga prodotta.
Perché può dipendere da punture di scorpioni,
vipere, cani arrabbiati o altri animali vele­
nosi.
Prendi ancora la Quinta Essenza del

ovvero le Quinte Essenze d'oro, zafferano,


peonia, angelica, ruta e raffano, e somministrate
all'infermo, il quale sarà subito sanato.
Per rendere il rimedio più efficace puoi ag­
giungere le Quinte Essenze di dittamo e scopa­
regia, le quali tengono il primato su tutte le cose
che servono di contro-veleno, bolo, genziana,
corno e liocorno, se si possono avere. Oppure
metti queste cose nella nostra Quinta Essenza,
e, tenutevele per tre ore, danne a bere all'infer­
mo, il quale sarà subito sanato. Ti consiglio di
ungere, con le nostre medicine, anche la ferita.

Per curare gli umori infetti del nostro corpo


che producono infiammazioni, pruriti ed inset­
ti, segui quello che ti diremo. La causa di tali
infermità deriva dalla corruzione, infezione e
putrefazione degli umori nel corpo umano; l'in­
fermo è tra-vagliato da ansie e inquietitudini, e
non trova diletto in alcuna cosa. Perciò bisogna
impedire che il corpo subisca corruzione, ed
eliminare gli umori corrotti. Se tu darai a bere
all'infermo la nostra Quinta Essenza, e ne un-

98
gerai il corpo, in pochi giorni otterrai l'effetto.
Per l'uso esterno mescola alla nostra Quinta
Essenza l'argento vivo.

Ti avverto che quando gli insetti sono man­


dati per castigo di Dio, allora non si possono
curare. Negli Atti degli Apostoli si legge al cap.
6 di Erode che fu percosso dall'Angelo, perché
non dette onore a Dio, sì che da vermi consu­
mato mori. Un altro Imperatore Romano non
poté essere liberato dagli insetti in alcun modo,
talché corroso, passò ad altra vita. Noi, quindi,
non ti suggeriamo rimedi, se non per i mali
naturali.

QUESTIONE - In qual modo conoscerò


quale sia la naturale infermità e quale sia l'in­
fermità mandata da Dio?
RISPOSTA - Questo tu potrai perfettamente
conoscerlo, dando all' infermo la nostra Quinta
Essenza, con le cose e nei modi opportuni: se
esso non ne sentirà beneficio, potrai senza meno
giudicare che l'infermità non viene da natura
ma da castigo divino: perché non è possibile che
dandogli la nostra Quinta Essenza egli non ne
rimanga guarito.
Il Medico che in pochi giorni riuscisse a cura­
re la quartana, sarebbe reputato eccellentissimo,
per tutto il mondo, trattandosi di infermità ter­
restre e di lunga durata.
Ma tu, se vuoi curare la quartana in tre o
quattro giorni, dà a bere all'infermo della no-

99
stra Quinta Essenza, ed ungigli la milza. Potrai
anche aggiungervi le medicine prescritte avanti
per gli indemoniati e i malinconici. E per rende­
re più efficace la cura, stillando due o tre goccie
di succo di savina nelle orecchie dell'infermo, il
quale sarà subito sanato.
Delle febbri terzane alcune sono vere ed
altre non vere. Per conoscerne la natura devi
ricorrere alla dottrina da noi insegnata nei libri
sopracitati: E quantunque il nostro rimedio non
sia simile a quello dai moderni adoperato, noi
intendiamo con una sola medicina provvedere
per ogni febbre terzana.
Prendi rabarbaro al peso di due denari e
mettilo nella nostra Quinta Essenza, con pura
scamonea, e lasciaveli tre ore; danne all'infermo
quanto mezzo guscio di noce per tre giorni con­
tinui, e sarà perfettamente guarito.
Ma poiché la terzana non propria è prodotta
anche da flemma, aggiungerai turbito, siena e
polipodio, sempre che trattisi d'infermità natu­
rale, e non mandata da Dio.

La febbre quotidiana deriva da corruzione


e abbondanza di flemma, perciò vi è la febbre
quotidiana propria e quella non propria. La
propria è causata da flemma naturale, e la non
propria è causata da flemma non naturale, con
le quali si corrompe qualche umore. Ma questa
febbre, qualunque essa sia, curasi con la nostra
Quinta Essenza, dandola a bere nel tempo di tre
giorni. Potrai aggiungervi cose che purgano la

1 00
flemma, e son quelle dette sopra, efficacissime;
oppure l'erba mercuriale: basta introdurre tre
gocce del succo di questa nelle orecchie dell'in­
fermo per farlo risanare.
Esistono diverse specie di febbre continua;
quella che deriva dal sangue e quella che deriva
dalla bile. La prima dipende o dall'afflusso o
dalla corruzione; la seconda si produce nella re­
gione del cuore o del cervello. Quest'ultima può
essere anteriore o posteriore, e, inoltre, minore,
terzana o maggiore.
Altre febbri vengono prodotte da flemma15•
Nelle febbri causate dal sangue bisogna far
precedere la cura da un salasso: poi si mescola
la nostra Quinta Essenza ai granchi di fiume e
alla canfora e si dà all' infermo.
Nella febbre collerica bisogna invece unire
alla nostra Quinta Essenza cose refrigeranti,
dandone a bere, ed ungendo di fuori l'amma­
lato: vi si può aggiungere canfora e granchi di
fiume.
Nella febbre flemmatica, applica alla nostra
Quinta Essenza le cose che purgano la flemma,
riscontrando le tavole del Primo Libro.
Nella febbre occipitale, occorre ungere que­
sta parte del capo con la nostra Quinta Essenza,
mescolata con le cose calde, ma dando all'infer­
mo cose rinfrescative.
Se, poi, con tutte le cose sopradette, mesco-

15 Flemma, nel significato arcaico: umore corrotto, spur­


go.

101
lerai la Quinta Essenza del sangue umano, otte­
nuta nel modo detto nel primo canone del Libro
primo, otterrai effetti miracolosi nella cura di
qualunque febbre.

T'insegnerò pure a conoscere la cura della


febbre pestilenziale, cura ignota a qualunque
medico, perché di tale febbre s'ignora la na­
tura. Adunque, con l'aiuto di Cristo, tu darai
all'infermo la nostra Quinta Essenza, da sola,
un mezzo guscio di noce, e l'infermo sanerà
perfettamente.
Ma volendo fare la medicina più potente,
metterai nella nostra Quinta Essenza delle cose
seguenti:
Dittamo rosso, Castoreo, Garofolato, Scopa­
regia, Bolo Armeno, Ruta selvatica
e, !asciatevele per tre ore, darai di questa mi­
rabile medicina al paziente, il quale dopo averne
gustata, sentirà un raggio di vita rifluire al cuore
e sarà sicuro della salute.
Lo spasimo, infermità mortale, si cura con la
bevanda e l'unzione della nostra Quinta Essen­
za, alla quale si aggiungeranno le cose umide
prescritte nella prima parte di questo Trattato.
In questa infermità, occorre, anzitutto, pro­
vocare la febbre. E ciò si ottiene, unendo l'erba
flammula alla nostra Quinta Essenza; dopo
avervela lasciata dentro per tre ore, si unge e
si fortifica bene il corpo dell'ammalato, specie
sulle arterie e sulla schiena: poi si copre con
cura, e la febbre verrà. Venuta la febbre cessa

102
lo spasimo. Continua quindi la cura con le
carni dei granchi di fiume mescolate alla nostra
Quinta Essenza e somministrate in pozione e
per unzione.
Se lo spasimo deriva da evacuazione, fa che
l'ammalato mangi; se deriva da ferita, conforta
quella, prima con ferro ardente, indi adope­
rando cose che corrompono, e provvedi a far
ricrescere la carne con le cose avanti elencate.

103
La più gran parte dei filosofi da tempo im­
memorabile, non ha cessato d'investi-gare il
modo di somministrare le medicine lassative.
E ciò per non incorrere nel rischio di produrre
maggior male allo infermo, o per non annullare
l'effetto della medicina, o per operare senza pe­
ricolo nelle parti più secrete e cavarne gli umori
corrotti. Tempera, dunque, con la nostra Quinta
Essenza le dette medicine, e non potrai errare
nella tua cura. Abbiamo più volte ripetuto che,
prima di somministrare la tua medicina adatta
a questo o a quel malore, tu devi }asciarla stare
nella nostra Quinta Essenza per almeno tre ore.
QUESTIONE - Perché ordini che si diano le
medicine lassative con la nostra Quinta Essen­
za ? Poiché è manifesto, per mezzo della Quinta
Essenza, che ogni virtù viene moltiplicata cento
volte più di quanto vale da sola, come evitare
che questo genere di medicina diventi mortale?
RISPOSTA - Ordiniamo che si diano le me­
dicine lassative con la nostra Quinta Essenza,
perché si espelle meglio e più fortemente la ma­
teria malsana dal corpo; e anche per risparmio
di spesa.
D'altronde, per non incorrere nel rischio di

105
produrre maggior danno, puoi limitare la quan­
tità della medicina, e cioè darne meno di quella
che daresti senza l'applicazione della nostra
Quinta Essenza. Se, per esempio, di una medi­
cina tu dai un'oncia, unita alla Quinta Essenza
puoi darne una dramma.

Iddio nostro, per sua infinita bontà destinò


anche la nostra Quinta Essenza per la cura della
gotta: e più precisamente la Quinta Essenza del
sangue umano. La Quinta Essenza semplice o la
Quinta Essenza del sangue umano, o tutte e due
insieme, per pozione ed unzione curano questo
malore. Ma volendo ottenere un effetto anco
maggiore, aggiungi a queste Quinte Essenze
la Quinta Essenza dell'ebulo, ovvero mescola
questa con le altre, e, dopo tre ore, danne a
bere all'infermo e ungigli il corpo: così in poco
tempo egli sanerà perfettamente.

106
Ora intendo insegnarti rapidamente qualche
cura di chirurgia.
Se la ferita è sulla testa, per percossa, cerca
diligentemente col ferro o col dito se vi sia cosa
mossa o rotta, procura la corruzione della car­
ne, ponendovi sopra, per cinque giorni, rosso
d'uovo ed olio rosato, poi aggiungi la Quinta
Essenza consolidativa con quelle cose che fanno
ricrescere la carne.
Se la percossa non ha prodotto lacerazio­
ne del cuoio capelluto, ma la rottura interna
dell'osso (il che si conosce per il violento dolore
e la nausea) si apra il cuoio e si cavi l'osso se
si può; non essendo ciò possibile, vi si ponga
sopra la medicina che corrompe i tessuti che
lo tengono in modo che si riesca a cavarlo. Se
l'osso del capo è fermo, vi si ponga la Quinta
Essenza consolidativa, che avrà il suo effetto
in cinque giorni. Per vedere se sia rotta la dura
madre, vi si ponga subito la detta Quinta Essen­
za, e la rottura sarà evidente per le pustole che
appariranno sui margini. Altro segno della rot­
tura della dura madre è il colore plumbeo della
faccia del ferito. Cura poi la ferita con la Quinta
Essenza che fa ricrescere la carne.

107
Lo stesso potrai operare per le altre membra
lese o tagliate da spada: per le vene, i nervi,
le ossa ecc. Onde arrestare l'uscita del sangue
medica subito con terebentina, olio e vino me­
scolato alla Quinta Essenza. Però, se l'osso è
talmente smosso e staccato da potersi togliere,
cavalo pure, e medica con stoppa e chiara d'uo­
vo, mescolandovi alquanta della nostra Quinta
Essenza.
Nella seconda medicatura si badi che non sia
rimasto qualche residuo d'osso, e si cavi, ove
esista. E poi, torna a medicare come sopra.
Può essere il corpo ferito da freccia, coltello
o spada in modo assai profondo, e con ferita
stretta. Se il colpo ha toccato il cervello, non si
può sperare la guarigione se non per divino mi­
racolo, ma se è nel petto o nelle spalle, in modo
da toccare i membri spirituali, vi si ponga sola­
mente la Quinta Essenza coagulativa, e poi si
curi con galla involta nella Quinta Essenza con­
solidativa e in quella che fa ricrescere le carni.
Quando la ferita è in altra parte del corpo,
si soccorra subito con la terebentina calda
mescolata con olio e Quinta Essenza, poi vi si
pongano sopra le predette stappate, e si curi
come le altre.
Nota, inoltre, per regola generale, che ogni
nuova ferita in qualsiasi parte del corpo, eccetto
che nel capo, nel volto e nei membri spirituali,
si deve cauterizzare o darle il fuoco. Ogni ferita
in qualsiasi parte del corpo, eccetto che nel capo
e nel volto, si deve cucire con filo, se è profon-

108
da. Ogni osso rotto con percossa di pietra si
deve cavare. Se dalla percossa saranno rotte le
viscere, vi s'introduca un bocciuolo di canna
che passi due dita oltre la ferita, da entrambe
le parti, poi devesi cucire con seta e ago sotti­
lissimo, ponendovi inoltre della Quinta Essenza
consolidativa. Cucita, inoltre, la parte esterna,
si curi come le altre.
Se della percossa resterà molta traccia, come
avviene spesso sul volto e in altre parti appa­
riscenti del corpo, prendi tre once di mastice,
due once di pomi granati, due once di gomma,
un'oncia di zafferano, due once di Cipro, quat­
tro once di olio di ulive antichissimo, il tutto
polverizzato e crivellato, e impastalo con tere­
bentina e carpobalsamo, poi metti a distillare
con olio a fuoco lento. Raccogli quello ché ot­
terrai dalla distillazione, e copertolo, mettilo nel
letame oppure nelle vinacce per quattro giorni,
poi toglilo e usalo come si fa col balsamo, e
sparirà qualunque traccia.
In ogni apostema usa la Quinta Essenza pu­
trefattiva, che calma il dolore e pulisce, e quella
che fa rinascere la carne e l'epidermide.
Le fistole ed il cancro impiegate si curino
prima con la Quinta Essenza corrosiva, poi con
quella mondificativa, e finalmente con quella
che fa rinascere la carne. Si osservino queste
regole generali nelle cure dei chirurgi; e tanto
basti di questo.

109
CONCLUSIONE
Qui il Trattato della Quinta Essenza di Rai­
mondo Lullo può dirsi giunto al suo termine.
Malgrado le omissioni, le adattazioni e le defi­
cienze dei testi originari, esso rimane, in questa
nuova e prima edizione italiana, documento
preciso delle possibilità scientifiche del grande
medico illuminato del secolo decimoterzo. Esso
insegna, qualche cosa che da nessuno, mai, è
stata insegnata: esso ci sottopone un'esperienza
che forse mai, da nessuno, è stata tentata. E ce
la sottopone in maniera assai semplice. La sem­
plicità è la caratteristica delle grandi scoperte.
Resiste tale scoperta al controllo e all'evoluzio­
ne scientifica dei Tempi ?
Non è compito nostro dare, in merito, il de­
finitivo giudizio.
Certo, la seconda parte del Trattato, quella,
specialmente, che si riferisce all'ingenuo ricet­
tario, poteva essere omessa, anche da noi: ché,
qualcuno, tra i più severi e cattedratici lettori,
potrebbe rinvenirvi materia di riso, per il carat­
teristico, e qualche volta infantile, sistema delle
prescrizioni, o la fiducia assoluta nella Clavicola
di Salomone, o la dottrina degli indemoniati.
Oggi la farmacopea non è proprio quella del

1 13
trecento, ma se spmto d'ironia non ci guida,
dobbiamo pure riconoscere e convenire, che,
ancora, in massima parte, le prescrizioni del
Lullo si adoperano, ed hanno efficacia. Esse,
malgrado tutto, costituiscono il substrato della
scienza dei farmaci moderai. E quando si pensi
che, a quel tempo, tutto il patrimonio scientifico
medicinale si risolveva negli aforismi d'Ippocra­
te o nei dettami di Galeno adattati dalle occulte
manipolazioni di qualche grande medico arabo,
e che, da quel tempo a oggi, più di sei secoli
sono trascorsi, viene meno la voglia di ridere, e
subentra, più tosto, il desiderio di meditare. Me­
ditazione, che è senz'altro, tacita ammirazione,
volontà di ritorno, tentativo di riesumazione.
Forse seicento anni fa, con le approssimazione
dei medici astrologi e alchimisti, l'umanità pote­
va disporre di maggiori risorse a beneficio della
salute fisica! Forse.
Ad ogni modo, circa la Quinta Essenza, l'ap­
plicazione non infirma il principio. La casistica
sulla quale si sofferma il Lullo, può considerarsi
assai elementare nei confronti della scienza
medica e farmacologica attuale, ma, come di­
mostrativa, nei riguardi del principio ha un suo
indiscutibile valore. Essa è, diciamo così, un'a­
dattazione della teoria. La scoperta non avreb­
be alcuna utilità se non fosse immediatamente
utilizzata: anche la Quinta Essenza, panacea
universale, diverrebbe lettera morta, se non
fosse autenticata dall'applicazione. Il filosofo, è,
sopratutto, sperimentatore. L'Oratorio e il La-

1 14
boratorio, secondo la successiva e totale visione
di Kunrath, si avvicendano e si completano già
in Raimondo Lullo.
Per quale intuizione geniale, per quale pro­
fondo travagliò dottrinario, sia giunto il Lullo
alla scoperta del suo sorprendente preparato,
noi non sappiamo. Però, innanzi alle complica­
te cabale occultiste di tutti i tempi, e, più, dei
nostri tempi, ci sembra respirare, col trattato
di Raimondo Lullo, la vera aria della Rivela­
zione. La rivelazione umana e concreta, e cioè
la rivelazione risolutiva: ci sembra di avere già
strappato almeno un brano dell'impenetrabile
velario che asconde all'occhio del ricercatore
la meravigliosa statua leggendaria dell'Iside
occulta.
Dopo Lullo verrà Paracelso, verrà Krollius.
Poi la medicina cambierà indirizzo, radicalmen­
te. Si abbandoneranno le influenze astrali, si
trascureranno le segnature delle cose.
La medicina ermetica si ridurrà soltanto a
medicina materialistica.
La tremenda tormenta si scatenerà nei secoli
sino ai giorni nostri, sino alla Guerra immane,
che provvederà alla eliminazione degli uomini,
come la più terribile ed improvvisa delle malat­
tie. Anch'essa, forse, prodotto del materialismo
assoluto dei tempi.
Ora, un tardo, un quasi nostalgico ritorno
s'impossessa degli spiriti più colti ed evoluti.
Una specie di torpore mistico invade le membra
carnali, per rituffare l'intelletto investigatore in

1 15
un nuovo lavacro di misticismo, che bea gli uo­
mini come la migliore e la più dolce delle medi­
cine. Se ancora qualcuno, come Henri Barbusse,
tenti il conato conclusivo dell'illusione sensua­
listica, si desta una ribellione tacita e profonda
negli spiriti che invocano la pace:

PERCHÈ LA PACE PUÒ ESSERE


SOLTANTO CON L'AMORE
E CON DIO.

116
INDICE

Introduzione pag. 5

Libro Primo
TEORICA )) 25

Libro Secondo
APPLICAZIONE )) 79

Conclusione )) 111

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LAVS DEO .
Finito di stampare nel mese di Giugno 2017
a cura del Consorzio Grafico s.r.l.
Via Empolitana, Km. 6,400 - 00024 Castel Madama (Roma)
Tel. 0774 449961/2 - Fax 0774 440840

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