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Capitolo 7: grandi ideali e grandi massacri

Madrid era oppressata dal nuovo Cid, ossia il grande generale Francisco Franco, il quale durante la sua
attività mostrava una ferocità, faceva venir giù sulla capitale un enorme carico di bombe. Durante la prima
guerra mondiale, 1914, città come Parigi, Londra, subirono dei bombardamenti a opera di un dirigibile
rigido (zeppelin). Madrid fu la prima città però a dover subire degli attacchi del genere, con effetti distruttivi
e mortali. L’8 novembre 1936, alcune squadriglie di aerei per lo più tedeschi, attuarono dei bombardamenti
che divennero sempre più quotidiani, precisamente nei quartieri popolari, scuole e ospedali; ciò comporta
un migliaio di morti. Quello che impressionò molto alla popolazione di tutti i paesi, che faceva rabbrividire
di paura, non erano tanto i numeri dei morti ma piuttosto le atroci immagini di bambini mutilati, case
squarciate. Nei paesi in cui non arrivavano le immagini arrivavano le notizie, e dove non arrivavano
quest’ultime arrivava la poesia (come quella di Pablo Neruda). Franco quindi per vincere la guerra non si
faceva problemi ad utilizzare armi moderne e distruttive, con lo scopo di colpire anche città lontane dalla
zona di combattimento. Probabilmente nel barrio Salamanca, Franco diede l’ordine di non attaccarla,
poiché risiedevano lì alcuni suoi sostenitori e a quel punto una grande parte della popolazione di Madrid
decise di andare a trovare riparo in quella parte. C’è da dire che la città di Madrid si mostrò molto
coraggiosa difronte a questi avvenimenti atroci, molti cittadini madrileni, anche se erano invitata a lasciare
la città, diedero la prova di essere molto resistenti, dando appoggio l’uno all’altro senza manifestare scende
di fuga. I cittadini erano sollecitati da combattenti del partito, per lo più comunisti, i quali gli trasmettevano
fiducia ed entusiasmo. Tra questi emergeva una grazia divina la Pasionaria, madre del popolo, con un volto
di pietra che incitava le donne e gli uomini a trasformare Madrid in una fortezza impossibile da attaccare,
inattaccabile. Franco sottovalutò i suoi avversari mettendo in atto un piano semplice: finse di condurre
l’aggressione su tutta la zona meridionale lungo il Manzanarre, ma in realtà condusse l’attacco da ovest
attraverso il bosco della Cada de Campo, ossia la via d’accesso che avrebbe garantito una rapida conquista.
L’8 novembre le truppe di Franco penetrarono per il bosco in attesa delle unità dell’esercito repubblicano
che sarebbe stato poi attaccato. In questa battaglia diedero il massimo di sé le Brigate Internazionali. Tra l’8
e il 10 novembre entrò in battaglia l’XI Brigata, comandata dal generale russo Emilio Kleber.Nella seconda
parte di novembre Franco potenzia come non mai i bombardamenti terroristici sulla città, in più rafforza le
difese aumentando il numero degli uomini. Dopo alcuni giorni, le truppe dei repubblicani erano allo stremo,
come lo saranno anche i nazionalisti esausti da non poter approfittare di questo affaticamento dei loro
avversari. Il 23 novembre Franco, Mola e Varela decidono di mettere fine all’attacco frontale e di tentare di
circondare la capitale per conquistarla.

1. Uomini e stati. Luglio 1937, Madrid è ancora contaminata dai nemici, come lo sarà per tutto il corso della
guerra. Presso la Residencia de Estudiantes si sono riuniti un gran numero di scrittori venuti a celebrare il II
congresso internazionale per la difesa della cultura.Uno dei temi ricorrenti di questo congresso fu la
condanna di Andè Gide, colpevole di aver pubblicato un anno prima un libro che andava contro il regime
sovietico. La grande maggioranza degli scrittori e intellettuali per lo più comunisti si schierò per la
Repubblica. Uno degli autori americani a scrivere durante gli anni trenta fu il famosissimo Hemingway, il
quale partecipò alla guerra civile spagnola schierandosi dalla parte dei repubblicani, precisamente dal
dicembre del 1936 alla fine del 1938, svolgendo attività come corrispondente di guerra, come istruttore
militare e soprattutto come scrittore di diverse opere letterarie (‘’per chi suona la campana’’). Un gran
numero di scrittori britannici si schierarono lo stesso a favore della Repubblica, a differenza degli
intellettuali francesi che si mostravano contrariati alla Repubblica.Unamuno, che si era sempre più
distanziato dalla sinistra repubblicana, indicò in alcuni suoi scritti privati che l’insurrezione militare fosse un
mezzo straordinario per riportare l’ordine e instaurare una Repubblica conservatrice liberale. Molto più
degna di rispetto fu la il comportamento di coloro che scelsero una posizione indipendente, la così detta
‘Terza Spagna’. Questi rappresentavano la gran massa degli spagnoli, che erano stati costretti a vivere
questa guerra civile, senza avere la possibilità di esprimere un accordo. Gli intellettuali che si mostravano a
favore della Repubblica capirono che il rischio della guerra non era solo la sua sopravvivenza, ma valori di
libertà e democrazia che la superarono;la guerra ottenne un significato simbolico, di principio, in gran parte
gli intellettuali schierati con la Repubblica come intellettuali-soldati, si batterono tutti nelle Brigata
Internazionali, poiché erano formata in maggioranza da comunisti. Queste Brigata avevano di un esercito
comunista i segni esteriori, ossia il saluto col pugno chiuso, spesso la stella rossa su berretti e camicie, canti
di truppa, e il commissario politico che si occupò dell’educazione politica dei volontari.Nel secondo
dopoguerra numerosi brigatisti furono a capo delle dittature comuniste dell’Europa dell’est. I combattenti
comunisti erano in gran parte giovani, la loro politica sembrava una lotta al fascismo. L’antifascismo era un
enorme punto di forza, l’argomento centrale di quasi tutti coloro che entrarono a far parte delle Brigate
Internazionali. L’obiettivo dell’antifascista era quello di far incontrare al suo nemico da battere i diversi
interessi, culture, uomini semplici ed intellettuali. Germania e Italia capirono dall’uscita di Franco che
occorreva un impegno diretto che sostenesse l’esercito nazionalista, imponendo al Caudillo Franco una
maggiore responsabilità della Spagna. L’esercito di Franco era formato da una quantità di uomini piuttosto
limitata, così che i due dittatori fascisti, Mussolini ed Hitler, decisero di partecipare direttamente alle
operazioni. L’esito della spedizione dell’esercito italiano fu del tutto vittorioso, quindi nel dicembre del
1936 i due sostenitori di Franco aumentarono il loro sforzo comune. Così che da dicembre fino a febbraio
del 1937 arrivarono in soccorso più di 48 mila soldati italiani che costituivano il ‘Corpo Truppe Volontarie’
(CTV). Durante la battaglia a Madrid fu inviata anche una piccola flotta aerea, ‘Legione Condor’, composta
da numerosi uomini di caccia e bombardieri. Inoltre, gli italiani e i tedeschi decisero di dividersi i compiti, la
parte germanica si occupava delle operazioni aeree, dei bombardamenti, mentre la parte italiana doveva
partecipare alle operazioni di terra. Nel febbraio 1937 Franco ottenne un grande successo con la presa di
Malaga che gli consentì di attaccare dal sud fino a Cartega (porto militare in cui venivano sbarcati
rifornimenti sovietici) e anche fino a Valencia. La mattina dell’8 Marzo l’esercito italiano volle realizzare la
stessa operazione di Malaga su un fronte più grande, le difese repubblicane subito cedettero, ma a causa di
una pioggia insistente si vennero a creare alcuni problemi che rendevano difficile ogni manovra. Il giorno 13
però i repubblicani approfittarono a far ritirare gli italiani attaccandogli con un insieme di truppe
combattenti. La sconfitta degli italiani non era stata così fallimentare, non ci fu un grande numero di morti.
Agli inizi del gennaio 1937 la Gran Bretagna e L’Italia misero in atto un accordo basato sul reciproco
impegno a rispettare gli interessi dell’area mediterranea, e per volontà italiana la Francia fu esclusa da
questi accordi.In seguito, fu anche applicata una legge in cui si impediva ogni esportazione di beni di
interesse militare alla Spagna.

2. Lavarci di sangue. Garcés, in cui Azana si autorappresentava, denunciava le uccisioni che si


commettevano nella zona repubblicana, in entrambi i territori della Repubblica come in quello nazionale, si
verificarono spaventosi massacri che provocarono migliaia e migliaia di vittime, tra le 150.000 e le 200.000.
Le relative vittime della repressione nazionalista comprendono anche quelle della sanguinaria giustizia di
Franco. Nelle due zone ci furono delle diversità, in quella franchista le giustizie e gli eccidi vennero
controllati dalle autorità militari; mentre nella zona repubblicana vennero eseguiti da comitati locali o
gruppi politico-sindacali che agivano autonomamente. Nessuna autorità politica o militare andava contro al
massacro dei ‘rossi’ nelle retrovie. Le autorità di polizia erano talvolta artefici dell’opera sterminatrice.
Iniziò così una sorta di vendetta, molti nemici, che nel giorno del golpe avevano provocato vittime con il
loro attacco furono abbattuti sul posto dopo la resa. Il principale movente, anche in questo caso, della
strage era stato la vendetta, le vittime furono selezionate scegliendo in gran parte tra gli uomini catturati
quelli che mostravano sulla spalla la ferita provocata dal fucile. L’ira dei prigionieri si scatenava spesso a
causa delle vicende belliche, come ad esempio compagni caduti sui fronti o sulle retrovie nemiche, o come
ad esempio successe nell’ottobre del 1936 quando una falsa notizia provocò uno sterminio di prigionieri in
molte località della regione. Ma a causare i più frequenti assalti furono i bombardamenti nelle carceri.
Anche il territorio nazionalista fu bombardato. Nella Spagna di Franco si attuò un grande massacro degli
oppositori in modo tale da terrorizzare qualsiasi resistenza. I primi infatti ad essere colpiti furono coloro che
si opponevano alla sollevazione militare. Ma la limpieza, una delle parole più in uso del lessico di morte
nelle due Spagne, ebbe come obiettivo l’annientamento di tutti coloro che erano stati punti di riferimento
nell’ambito della sinistra democratica e rivoluzionaria. Questa parola quindi non colpi soltanto i militanti dei
partiti estremi ma anche il personale politico-amministrativo repubblicano e liberale, gli intellettuali e gli
educatori. La vittima più nota fu Garcìa Lorca, il quale esprimeva un grande odio nei confronti dei
repubblicani. Questa repressione franchista colpì anche i più umili lavoratori, e anche coloro che erano stati
scarcerati dal Fronte Popolare. Uomini inseguiti e trovati in ogni dove, venivano portati nelle prigioni, al
paseo o nella cuneta doveva successivamente venivano abbattuti. Artefici di questi massacri furono per lo
più uomini della Falange. Molti degli uomini del partito di Josè Antonio furono tra i primi a partire volontari
per il fronte e a sacrificarvi la vita, secondo Unamuno erano uomini che si dirigevano verso la morte per
poter uccidere. Un ex squadrista bolognese, Bonaccorsi, alla fine dell’agosto 1936, fu inviato da parte di
Mussolini a Maiorca, con il compito di dover rafforzare il controllo nazionalista dell’isola poiché attaccato
da un corpo di spedizione catalano di Alberto Bayo, il quale sarà costretto nei primi di settembre ad
abbandonare all’impresa. In seguito. Bonaccorsi, sterminò dei potenziali oppositori, indifesi e
disorganizzati. Il capo della falange di Maiorca raccolse alcune testimonianze di nazionalisti e conservatori
disgustati dalle imprese di Bonaccorsi. Nei primi mesi, dopo la sollevazione militare, agirono liberamente
numerosi delinquenti, i così detti ‘’incontrolados’’, ma in gran parte anche i comitati locali. Nelle grandi città
come Madrid, Barcellona e Valencia, gruppi della CEKA, la prima polizia politica della Russia rivoluzionaria,
portavano spesso al paseo i nemici politici; in particolare la capitale durante i primi mesi fu terrorizzata da
più di 200 gruppi della polizia, costituiti dai rappresentanti dei diversi partiti del Fronte Popolare, i quali
avevano come presupposto quello di salvare uomini messi in grave pericolo spesso anche dalla loro
appartenenza sociale. I paesi come la Francia e il Messico, favorevoli alla Repubblica, offrirono asilo ai
perseguitati nelle loro sedi diplomatiche. A Malaga furono così frequenti le uccisioni in strada durante tutto
il periodo repubblicano che i partiti del Fronte Popolare decisero di tappezzare la città di manifesti in cui si
condannavano queste brutalità. Nella località in prossimità dei fronti venne realizzata la così detta ‘quinta
colonna’, in particolare a Madrid questa realizzò un’attività di distruzione, spionaggio, creando così un clima
ossessivo. A partire dal 7 novembre 1936, vennero coinvolti nelle quattro carceri madrilene quei prigionieri
selezionati secondo il grado militare, la militanza politica, la professione e l’estrazione sociale.
Successivamente vennero istituiti dei tribunali straordinari definiti ‘tribunali popolari’, il cui compito era
quello di giudicare atti nocivi alla Repubblica. Ci sono alcune differenze per quanto riguarda la giustizia
rivoluzionaria e i tribunali straordinari, i primi avevano lo scopo di ripulire la società dai nemici politici
mentre i secondi avevano come scopo quello di punire le azioni. I tribunali speciali fecero eseguire pene
capitali, la vittima più famosa di quest’ultimo tribunale fu José Antonio, il quale fu accusato di ribellione
militare, venne giudicato quindi dal tribunale giungendo persino alla sentenza di morte. Nella zona
repubblicana, l’attività dei tribunali popolari divenne sempre più minore affermandosi così gli organi di
giustizia formati da magistrati, giuristi e pubblici funzionari. Mentre nella zona nazionalista i massacri
lasciati alla Falange furono sostituiti dalle sentenze di tribunali di guerra e da regolari esecuzioni; si trattò di
un cambiamento formale. Nei territori conquistati dai nazionalisti venne di nuovo messa in pratica la
pratica dei paseos, mentre in zona repubblicana un’amministrazione della giustizia diminuì il numero delle
esecuzioni capitali. Durante la guerra di Spagna si vennero a creare molte crudeltà per aumentare più odio,
nel primo caso gli artefici della violenta erano i miliziani repubblicani, nel secondo caso fu una truppa di
militari dell’esercito franchista.

3. La crociata contro i senza Dio. Il 30 settembre il vescovo di Salamanca pubblicò una lettera pastorale in
cui diceva che la guerra che si combatteva in Spagna non era una guerra civile ma una crociata per
lareligione, per la patria e per la civiltà, ed era una lotta tra le due città di sant’Agostino, da una parte quella
dei comunisti dall’altra quelli innalzati dall’amore divino. Con il termine ‘crociata’ si definisce una guerra
iniziata dai militare, divenne un termine messo in uso durante le manifestazioni delle autorità
ecclesiastiche, La lettera collettiva dei vescovi spagnoli, spinta da Franco, denunciava le aggressioni che la
chiesa subiva da parte dei repubblicani. Stabiliva una certa stabilità tra la Repubblica del 1931 e quella della
guerra civile. Le autorità religioso sosteneva la parte nazionalista poiché vi era una forte solidarietà tra la
chiesa e i militari. Nella Spagna repubblicana ogni forma di espressione cattolica era proibita, vennero
incendiati molti edifici religiosi e chiese, il clero fu del tutto oppresso, al punto che circa 6.800 preti, monaci
e suore furono uccisi. Quasi tutte le uccisioni si consumarono entro il settembre 1936. Successivamente le
condanne che subì la Chiesa furono denunciate dal cattolico Manuel Irujo nel gennaio 1937. I governanti
della Repubblica erano impotenti di controllare quell’anticlericalismo sanguinario. I militari nazionalisti
ebbero un grande appoggio da parte della Chiesa, sia all’interno del paese sia sul piano internazionale,
come lo stesso Papa Pio XI dichiarò il suo appoggio nel settembre 1936. Fuori dalla Spagna vi erano cattolici
che si rifiutavano della zona franchista.Nella chiesa catalana molti cattolici democratici riuscirono a mettersi
in salvo arrivando per fino a schierarsi dalla parte di Franco. Il Paese Basco fu l’unico territorio repubblicano
in cui la chiesa non fu perseguitata. Nell’ottobre 1936 il leader nazionalista Josè Antonio giurò fedeltà alla
fede cattolica. Né il papa, né il Vaticano non andarono mai contro le posizioni dei cattolici baschi. La chiesa
locale tenne uniti i suoi fedeli in una scelta politica di destra. Negli ultimi giorni di vita lo scrittore Unamuno
scrive che quello che più gli angoscia della spagna è il suo aspetto religioso.

CAPITOLO 8 la Spagna repubblicana

Successivamente allo scoppio della guerra civile, la democrazia borghese fu vista dalla maggior parte della
gente del tutto scomparsa. L’immaturità democratica degli Azaña e Giral aveva contribuito a mandare in
rovina il paese durante quella guerra civile (fratricida). Nella Spagna Repubblicana, divenuta simbolo di una
democrazia da difendere, quella democrazia borghese apparve irriconoscente e paradossale. Nel dicembre
1936 Largo Caballero ricevette una lettera da parte di Stalin in cui si suggerivano diverse misure che il
governo spagnolo avrebbe dovuto utilizzare in modo tale da poter arrivare alla vittoria, in più facendo
partecipare come aiuto le Cortes. Caballero sosteneva che in quel momento i repubblicani non erano capaci
di poter riportare la Repubblica in quello stato di democrazia liberale, democrazia di guerra, in cui
l’esecutivo e i comandi militare potevano avere il dominio sugli altri poteri.

1.La rivoluzione incompleta. Il processo rivoluzionario, messo in atto durante la Repubblica, assunse un
carattere discontinuo e disomogeneo causato dalla mancanza di potere statale che lo guidasse. Esso si
avviò al ribaltamento dei rapporti di potere locali e alla trasformazione dell’economia, assumendo un
diverso aspetto nelle diverse aree a seconda dell’orientamento politico-ideologico. La parte meno
problematica della rivoluzione fu quella dell’eliminazione degli uomini, delle istituzioni e dei simboli del
vecchio ordine; mentre la parte più conflittuale fu l’edificazione del nuovo ordine politico-economico. Il
compito dell’economia era quello di sostenere lo sforzo di guerra, i contrasti dei nuovi ordini di proprietà e
gestione; i problemi e i conflitti dovevano essere redistribuiti e gestiti individualmente o in gruppo. A
Barcellona, gli anarchici, avevano dato un grande contributo popolare alla sconfitta del golpe, e in più
furono adottate misure più radicali; Barcellona fu il centro urbano in cui ebbero molte possibilità di fare
esperienza di comunismo libertario. A quel punto il capoluogo catalano divenne ‘’la capitale della
rivoluzione’’, in cui ne vennero a far visita per lo più pellegrini rivoluzionari e stranieri. Le giovani donne del
popolo, armate, attuarono una ribellione che si diffuse nella città e nelle masse in fermento.
Quell’individualismo, l’appartenenza di gruppo a volte avevano un gran potere sulla solidarietà e sul senso
della collettività. Gli amministratori cittadini invitarono sulla stampa a non cambiare i nomi delle strade
intitolate a compagni caduti, a non tagliare gli alberi per ricavarne legna, e a non coltivare a orto le strade e
le piazze non pavimentate.Gli omicidi e i saccheggi notturni furono il risultato dello svuotamento delle
carceri, quelli femminile fu del tutto demolito. Gli anarchici a quel punto decisero di tappezzare i muri delle
strade più abbandonate e messe male, con manifesti colorati che incitavano le donne ad abbandonare il
loro mestiere. Una grande trasformazione per gli anarchici la ebbero l’economia e l’appropriazione dei
mezzi di produzione. Tutte le fabbriche, stabilimenti tessili, chimici, le piccole imprese andarono nelle mani
dei comitati operari. Questo fu chiamato con il nome di ‘collettivazione’ e nessuno poteva opporre alcuna
resistenza. Per far funzionare per bene la nuova società durante questo clima di rivoluzione c’era il bisogno
anche di regolare la produzione secondo leggi che favorivano al popolo di poter aumentare il proprio
benessere con la determinazione degli operai di controllare le fabbriche. Tutto ciò richiedeva di assumersi
le proprie responsabilità politiche ed amministrative. Nel settembre 1936 gli anarchici dovettero entrare a
far parte di Barcellona, essi ebbero diverse responsabilità come ad esempio nella difesa e l’ordine pubblico,
nei rifornimenti, la sanità, l’assistenza pubblica e soprattutto nella riorganizzazione di tutto l’ordinamento
economico. Il 24 ottobre 1936 fu emanato un decreto di collettivizzazione dell’industria e del commercio
con un numero superiore ai 100 funzionari. Anche molte imprese più piccole furono affidate alla gestione
operaia, perché questo decreto prevedeva che qualsiasi fabbrica, azienda e officina di piccole dimensioni
potevano essere soggetti a questa collettivizzazione, addirittura anche ai proprietari di destra. Inoltre, il
decreto ordinava che le imprese inferiori a 50 addetti restassero private e allo stesso tempo controllate
dagli operai. Questa collettivizzazione danneggiava gli interessi dei grandi capitalisti, proprietari e
fabbricanti ed anche i piccoli imprenditori e commercianti di qualsiasi settore. Nel capoluogo i cantieri
navali, i trasporti, i servizi pubblici, l’industri chimica e l’edilizia furono collettivizzati a differenza
dell’industria tessile e il commercio che lo furono parzialmente. In altre città o zone industriali l’economa
ebbe un carattere abbastanza variato, a Madrid passarono sotto il controllo operaio i trasporti urbani, le
compagnie di elettricità e gas, ma nessun settore della produzione fu sindacalizzato. Quasi dappertutto la
gestione operaia-sindacale dell’industria e del commercio fu conseguenza dell’abbandono delle imprese da
parte dei padroni o dei gestori con un successivo decreto. Diverse furono le conseguenze della rivoluzione
nelle campagne. Il partito agricolo aveva numerosi soci nella federazione dei lavoratori della terra (FNTT).
Fu collettivizzata non solo la produzione di terre ma anche l’intera economia con l’annullamento del piccolo
commercio e del denaro. È quindi stato abolito il denaro e collettivizzato il lavoro, i beni sono passati nelle
mani della comunità e gli articoli di consumo sono stati socializzati. La produzione agraria fu collettivizzata
più o meno integralmente, nella maggior parte dei paesi tutta l’agricoltura fu collettivizzata. Nelle città la
collettivizzazione suscitò delle opposizioni da parte dei piccoli impresari, commercianti ed anche dagli stessi
operai delle fabbriche attuarono un atteggiamento di non collaborazione e insofferenza; il comitato di
gestione sindacale chiedeva un aumento della produzione e un allungamento della giornata lavorativa,
tutto ciò richiedeva sacrifici da parte degli operai, essi stessi decisero di protestare per l’aumento degli orari
e dei bassi stipendi. Anche nelle campagne ci furono delle resistenze, i piccoli proprietari terrieri andarono
contro questa collettivizzazione, ad essere ostili ne furono anche i pensionati che per anni avevano coltivato
le loro proprietà. Le uniche zone sotto il controllo della Repubblica subirono le forti tensioni tra collettivisti
e individualisti; quest’ultimi non potevano difendersi e reagire senza avere a fiancouna forza politica. Il 7
ottobre 1936 fu pubblicato un decreto che stabiliva la privazione di tutte le terre appartenenti a individui
compromessi con il golpe del 17 luglio. Tutti i proprietari di destra non furono accettati da questo decreto. Il
decreto di Uribe (esponente del ministero dell’agricoltura) si presentava come uno strumento democratico
dei rapporti sociali nelle campagne. L’opposizione verso la collettivizzazione fu motivata dai comunisti con
lo scopo di non creare conflitti nelle campagne.

2. il trionfo della controrivoluzione.Il 3 maggio 1937 a Barcellona si effettuarono colpi d’arma da fuoco che si
udivano provenire dalla parte dell’edificio della Centrale Telefonica; quel giorno erano in funzione ben 57
cinema anch’essi colpiti da questi colpi. La maggior parte dei cittadini anziché allontanarsi da quella
brutalità si ammassarono nella piazza a poca distanza dalla centrale telefonica. Le forze d’ordine, che
avevano il compito di mandare i colpi, erano guidate dal comandante della Sicurezza, Rodriguez Salas, esse
occupavano il pianoterra e i piani superiori; mentre i miliziani anarchici avevano il controllo dei servizi
telefonici di tutta la città. i militanti anarchici e del POUM non si rifiutavano mai ai loro compiti e il tentativo
di cacciarli li spinse a mettere in atto una specie di controrivoluzione. In seguito alla rivoluzione il POUM (il
partito operaio) decise di far venire a collaborare Trockij con il suo giornale ‘LA BATALLA’, c’era una forte
affinità tra il leader bolscevico poiché tutti e due avevano come obiettivo quello di portare a compimento la
rivoluzione con lo scopo di conquistare il potere politico. L’unico problema che si manifestava è che il
POUM non era il partito bolscevico ma dipendeva dagli orientamenti dei dirigenti del movimento anarchico.
A quel punto il PSUC (partito socialista) mirava a estromettere il POUM dal governo e a privare agli
anarchici il controllo della distribuzione della merce alimentare in città, perché riteneva che essi erano i
responsabili della scarsità dei prodotti, degli alti prezzi e del mercato nero. Quando venne reintrodotto il
libero mercato da parte del consigliere degli Approvviogionamenti, la situazione non migliorò affatto,
poiché la produzione agricola era insufficiente ai bisogni di una popolazione molto vasta. Nel momento in
cui il governo della Generalitat ordinò lo scioglimento di tutti i corpi armata e la creazione di un unico corpo
di polizia, gli ex ufficiali della guardia civile si mostrarono contrari a tutto ciò. Questo provvedimento mise in
evidenza una grave debolezza mostrando una spaccatura all’interno del movimento anarchico. Alla fine di
marzo Isgleassi ritirò dal governo della Generalitat comportando così la crisi. Il PSUC lasciò un ‘piano per la
vittoria’ i cui punti principali erano: la creazione di un esercito catalano come parte dell’esercito della
Repubblica, la nazionalizzazione dell’industri di guerra, la creazione di un corpo unico di sicurezza e il
sequestro di tutte le armi da parte del governo. I tentativi degli Asaltos e della Guardia Nacional
Republicana di disarmare i miliziani, ebbe dei risultati negativi. L’ostilità tra CNT e UGT era così grande che a
Barcellona, città della rivoluzione, non venne celebrata la Festa dei Lavoratori. Le sedi dei partiti e dei
sindacati si trasformarono in fortezze. Il giorno 4 marzo arrivarono a Valencia Vàquez e il ministro Garcìa
Oliver, il quale dal palazzo della Generalitat annunciò per radio un lungo discorso durante il quale lui
sosteneva che si trattasse di un movimento condannato a un fallimento sanguinoso. Gli unici che si
mostrarono suoi sostenitori furono i dirigenti del POUM. Le più importanti vittime politiche della rivolta di
Barcellona furono Largo Caballero e gli anarchici. Il 13 si tenne il consiglio dei ministri, i due rappresentanti
comunisti attaccarono la politica attuata in guerra e all’ordine pubblico, a quel punto Largo C. diede luogo a
un violento scontro con il risultato che i due ministri comunisti abbandonarono il Consiglio determinando la
crisi. Successivamente Azaña diede l’incarico a Largo Caballero di formare un nuovo governo in cui egli
conservava la presidenza e il ministero della guerra. Largo mostrò un grande sentimento di indipendenza,
volle evitare intrusioni durante la guerra da parte del paese la cui armatura era essenziale alla salvezza della
Repubblica; egli riteneva di dover escludere dal paese i rappresentanti di quel paese che erano gli incaricati
della sua ideologia e dei suoi interessi, al punto tale da essere emarginati. Il 17 maggio si venne a costituire
un nuovo governo di Fronte Popolare, governato da Negrìn. Con la caduta di Caballero il POUM fu sconfitto;
il 16 giugno i dirigenti del POUM furono arrestati e trasferiti a Valencia accusati di tradimento, mentre le
sedi del partito vennero chiuse. Il dato più grave in quel periodo fu, sia il ruolo che i comunisti assunsero e
sia come la polizia sovietica agiva indipendentemente dalle autorità repubblicane. Un’altra tappa
importante fu l’eliminazione del Consiglio dell’Aragona, controllato dagli anarchici, il quale diede l’adesione
che nella regione molti militanti della UGT o del PSUC potevano essere perseguitati o uccisi. Il 10 agosto il
governo di Negrìn pubblicò un decreto in cui vennero eliminate le comuni sostituite in seguito da consigli
municipali straordinari; vennero arrestati numerosi membri della CNT. Il popolo fu il principale bersaglio
dell’operazione, le terre furono restituite ai piccoli proprietari o assegnate ai latifondisti o agli agricoltori.

3.RICOSTRUIRE LO STATO PER VINCERE LA GUERRA. L’episodio raccontato da Garcìa Oliver nel suo libro di
memorie sembra rappresentare un dato politico evidente: l’assoluta unità di intenzioni tra russi, comunisti
e politici borghesi. Uno dei fondamentali propositi comune fu quello di restituire allo stato l’assoluta
autorità e pienezza dei poteri in modo tale da vincere la guerra; a quel punto era necessario ridimensionare
il potere di anarchici e del POUM, i quali collaborarono a sgretolare il potere dello stato. I partiti di Azaña e
Barrio mancavano di forti radici popolari e Prieto non aveva la giusta determinazione per affrontare
quell’impresa che avrebbe causato un diretto conflitto con Caballero e i suoi seguaci. I comunisti, invece, le
avevano le basi popolare e quindi erano in forte progresso in quel momento, anche se il Partito Comunista
continuò ad avere una base fondamentalmente povera. Gli obiettivi che i comunisti indicavano erano:
vincere la guerra e ricostruire lo stato. I comunisti combattevano per una Repubblica democratica di tipo
nuovo. Nella Spagna repubblicana sparirono i grandi e i medi proprietari terrieri, industriali e banchieri. La
repubblica democratica di tipo nuovo appariva una vera rivoluzione da cui prendere le distanze; il partito
comunista non sembrava volesse restaurare un sistema economico capitalistico. Azaña accettando
l’ingresso nel governo degli anarchici, ebbe dovuto agire con determinazione per poter concludere la
rivoluzione. Azana ebbe sempre un atteggiamento del tutto negativo nei confronti del POUM e verso il suo
segretario. Negrìn venne accusato di essere una creatura pure dei comunisti, il quale nel novembre 1937
sostituì Caballero come Presidente del consiglio. Negrìn ebbe una certa affinità con Prieto, lo seguì in ogni
sua vicenda della Seconda Repubblica. Negrìn iniziò subito ad attuare nella sua politica a sciogliere il
consiglio dell’Aragona con il consenso del Fronte Popolare. Negrìn che non aveva un legame con la base
militante e soprattutto privo di popolarità, per realizzare un compito doveva scontrarsi con forti resistenze
popolari; solo i comunisti potevano sostenerlo, a scontrarsi violentemente con i settori politici e sindacali. I
comunisti cercavano scontri per farla finita con il POUM, gli anarchici e Caballero, e probabilmente lo
scontro alla centrale telefonica volle essere una provocazione per suscitare la rivolta degli anarchici.
Attraverso la Centrale dei telefoni di Barcellona, controllata dagli anarchici, passavano non solo le
comunicazioni tra la Generalitat e il governo di Valencia, ma anche le comunicazioni con l’estero. Le
frontiere, attraverso le quali passavano armi, uomini e merci, erano protette dagli anarchici e il governo
della Repubblica aveva il compito di controllarle.Negrìn nel maggio 1937 era impegnato a controllare il
commercio estero delle divise e dell’importazioni di armi. Molto importante fu per il governo di Valencia il
controllo dell’industria di guerra che era in gran parte nelle mani della Catalogna; la stampa comunista
cominciò a denunciare l’insufficiente produzione dell’industria di guerra catalana a causa della caotica
gestione operai, in cui la Generalitat si opponeva di assumere il pieno controllo della fabbricazione di
armamenti. La produzione bellica ebbe un grande danneggiamento da parte del governo di Valencia;
l’obiettivo dei comunisti era quindi quello di controllare totalmente la produzione di armi. Alla fine del
mese successivo il governo centrale decise di trasferire la sua sede da Valencia a Barcellona. Uno dei motivi
principali di questo spostamento riguardava sia l’industria di guerra ma soprattutto anche l’intero territorio
catalano, il quale aveva una buona posizione geografica che garantiva risorse e potenzialità economiche.
Durante i primi mesi della guerra civile, le autorità catalane si attribuirono grandi poteri che andavano al di
là di quelli che lo statuto di autonomia aveva previsto. Sia i catalanisti che i rivoluzionari ricevettero un duro
colpo dallo stabilimento, insediamento del governo centrale a Barcellona; furono in parte sconfitti che
continuarono a resistere alla centralizzazione dello Stato. In seguito, la Generalitat assunse una completa
gestione della produzione bellica da parte del governo centrale, tanto che il governo, nell’agosto 1938, si
appropriò di tutta l’industria catalana di guerra. I rivoluzionari proposero a loro volta una specie di ricatto,
ossia dovevano essere liberi di fare la rivoluzione, e in caso contrario loro non avrebbero fatto guerra, non
avrebbero partecipato allo sforzo comune; si comportarono di conseguenza anche i miliziani, molti operai e
contadini, decisero di ispirarsi a questa logica, di comportarsi con tale minaccia.

4.SE LA GUERRA NON SI VINCE.Nella primavera/estate del 1937 il governo di Negrìn manteneva un
sostegno popolare, poiché, in molte aree la ‘controrivoluzione’ non aggredì del tutto il potere operaio-
sindacale nei luoghi di lavoro. Attraverso la propaganda i comunisti riuscirono a dare una svolta vittoriosa
alla guerra; essi si allontanarono da Caballero perché appariva un intralcio alle loro mire di assorbimento
del Partito Socialista e di controllo dello Stato e dell’esercito. Nell’aprile 1937 il capo del governo emanò un
decreto in cui allontanava il commissario generale consegnando al presidente del Consiglio tutti i suoi
poteri di incarico, e organizzò un’estromissione del corpo in cui si sarebbero imbattuti i commissari
comunisti. Questo duro atteggiamento da parte di Caballero provocò all’interno del partito comunista forti
preoccupazioni con la volontà di liberarsi di lui. Caballero nel novembre 1936 annullò i gradi di maresciallo
e sottotenente, promuovendo ufficiali tutti coloro che li possedevano. Sul piano militare Largo ebbe una
grande debolezza, non aveva alcuna esperienza in materia e conosceva poco i comandanti, per questo i
comunisti riuscirono a rimuoverlo come ostacolo militare, e soprattutto politico. I comunisti nella loro
politica reclamavano misure necessarie per aumentare la possibilità alla Repubblica di vincere la guerra, e
attraverso quelle misure si assicurarono delle posizioni di potere per condurre la guerra a buon esito. I
comunisti però andarono incontro ad un grande fallimento, la Repubblica continuò a perdere la guerra, già
all’inizio di aprile Franco cominciò una lenta azione contro il nord repubblicano. Il suo obiettivo principale
era quello di appropriarsi di tutte le ricchezze minerarie della regione cantabrica (regione autonoma della
Spagna) e le industri siderurgiche dell’area di Bilbao (città della spagna del nord). La difesa della Repubblica
era molto limitata a causa dei loro scarsi armamenti. Il 19 giugno 1937 le truppe di Franco riuscirono ad
occupare Bilbao, e alla fine del mese tutto il territorio Basco.Un nuovo elemento di guerra fu l’uso massiccio
dell’aeronautica, Franco poté utilizzare circa 100 apparecchi da caccia e bombardamento di cui 70 erano
nelle mani della Legione Condor. Nel Paese Basco vennero effettuate operazioni, l’aereonautica tedesca
sperimentò nuove tecniche di guerra, sia riguardo alla tattica tra aviazione, artiglieria e fanteria e sia
riguarda all’efficacia distruttiva dei bombardamenti.Il primo bombardamento strategico fu rappresentato
da Pablo Picasso nel suo più celebre quadro intitolato ‘Guernica’, in cui il pittore mostrò la tragedia di quella
guerra intensiva diretta contro la popolazione civile.La strategia dei comandi repubblicani appoggiò la
realizzazione di offensive in altre zone che costringessero l’esercito di Franco a fermare gli attacchi sul nord,
in modo tale da entrarci. Quando il paese basco fu perduto, l’esercito repubblicano riuscì a realizzare il
grande attacco in un punto del fronte a nord di Madrid. Il colonnello Rojo, capo di stato maggiore di tutto
l’esercito, ebbe come principali obiettivi quello di avvolgere con una manovra da nord a sud e da est a over
le forze nazionaliste, e costringere Franco a interrompere la sua campagna contro il nord repubblicano;
questa si può dire che fu la prima grande battagli offensiva intrapresa dalla Repubblica. Più in là i comunisti
videro in pericolo tutta la loro politica, il 21 ottobre le truppe nazionaliste entrarono vittoriose negli estremi
ridotti repubblicani, la caduta del nord fu un duro colpo per la Repubblica. Le forze armate repubblicane
avevano dei gravi limiti, la sconfitta fu dovuta anche dalla superiorità aerea dei nazionalisti; i comandi
intermedi furono incapaci di condurre gli uomini ai loro ordini, in oltre le truppe di riserva erano molto
meno addestrate. I comandi intermedi, i commissari politici e tutta l’amministrazione dello Stato furono per
i comunisti i principali problemi. Con il passar del tempo gli esiti della Repubblica stavano andando sempre
più in basso, l’obiettivo più importante del Partito Comunista fu quello di occupare i posti di comando.
Tutto ciò produsse una certa antipatia da parte degli uomini e dei partiti, si sentivano come degli esclusi.
Dopo la crisi di maggio, Azaña sembrò aver recuperato il suo ruolo politico e puntava molto su Prieto e
Negìn per ricostruire lo stato.

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