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... Potrei definirli, scherzi della


solitudine, che alle volte ti assale... anche
se sai che non sei solo..., mai solo, che
qualcuno sicuramente ti pensa..., e ti
trovi a fare cose che forse mai ti
sarebbero venute in mente... ma
l'importante è pensare e sapere che ci sei
sempre Tu a pensarti ....

Giancarlo

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L'EREDITA' NEL TASCHINO
" La vendetta di Primo "

Sommario.
Cap. 1 Un Amaro caffè. 5
Cap. 2 E la mente gira. 12
Cap. 3 Le Telefonate. 22
Cap. 4 Il Freddo e L'Azzardo. 36
Cap. 5 Claudine 3. 50
Cap. 6 A.A. 59
Cap. 7 L'arrivo di “Segugio”. 72
Cap. 8 Claudine. 84
Cap. 9 Al Matrimonio. 97
Cap. 10 Due biglietti. 119
Cap. 11 La Spiegazione. 128
Cap. 12 Le Confidenza a un Amico. 136
Cap. 13 Un Segugio a Londra. 148
Cap. 14 La visita Informale. 156
Cap. 15 Al bar dello Sport. 171
Cap. 16 De BlancVille. 188
Cap. 17 Una luce all'orizzonte. 203
Cap. 18 All'Aeroporto. 221
Cap. 19 La Lettura. 234
Cap. 20 Ora parlo IO. 251
Cap. 21 Il Bluff. 268
Cap. 22 Il Dubbio. 286
Cap. 23 E la Musica cambia. 298
Cap. 24 La Via più breve. 312
Cap. 25 La Trappola. 323
Cap. 26 L'Erede. 333
Cap. 27 La Famiglia. 342

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L'EREDITA' NEL TASCHINO
“La vendetta di Primo”

Introduzione

Una famiglia, tanti caratteri, ....


 L'arrivista con la furbizia con la scaltrezza con la genuità.
 L'arrivista con la perfidia con l'azzardo con la spregiudicatezza.
 L'arrivista con il fascino con la furba intelligenza con la bontà
con la tradizione.
 Il tranquillo l'accomodante…, senza ambizioni… che sapeva
perdonare...
Una famiglia, una fortuna creata con la grande guerra in paesino
dell'alta padovana.
Una famiglia degli anni 90, una fortuna creata, con una parte di
quella della guerra, nello stato dell'Arkansas...
Una famiglia, da creare, negli anni 2000, una fortuna da creare
da zero nella Londra della finanza con il fascino, la scaltrezza… ma
buona, il rischio e l'intelligenza...che però dimentica l'esistenza
delle bucce di banana...
Una famiglia rinata...nel paesino dell'alta Padovana pronta a
riprendersi il perduto, sommerso, nello stato dell'Arkansas e fare il
nuovo nella Londra della finanza...
Una Famiglia, un triangolo con il vertice il paesino dell'alta
Padovana e i lati della base lo stato dell'Arkansas e Londra.
Entrare o trovarsi, per caso, in situazioni intriganti e contorte,
complice, forse, un vizietto e riuscire ad uscirne, passeggiando
lungo la lama di un rasoio.
La soddisfazione di riuscire a mantenere il desiderio di chi aveva
creato e poi ritrovarsi a reinventare...
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Il percorso veloce di una famiglia o meglio di tre generazioni.
Giuseppe Argenton, (Joseph Arghenstone), fa parte della terza
generazione, che dopo aver ricevuto una notizia, si trova a
ripercorre, seppur brevemente, sprazzi della sua infanzia e
giovinezza.
La notizia della morte di zio Arturo Argenton (Arthur
Arghenstone) e varie coincidenze lo portano a trovarsi coinvolto in
un omicidio e senza accorgersene diventare un po' “detective”,
scoprendo lati oscuri e intriganti di persone a lui vicine, ora e
prima; trovandosi poi, quasi d'istinto, a prendere decisioni che
svelano il suo vero carattere.
L'ispettore Gordine (Segugio), si trova a dover rivedere lo scenario
di un delitto che già poco lo convinceva.

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Un amaro caffè.

Primo martedì di aprile, giornata fredda, fosca, piovosa,


sembra febbraio, una di quelle giornate alla quale i Londinesi
nonostante fossero abituati, detestavano e in particolare i
portalettere.
Il tabarro impermeabile, dato in dotazione ai portalettere
faceva a malapena il suo dovere e Jeremy, poco più di
cinquant’anni e portalettere da circa quindici, fa servizio nel
quartiere di Londra centro 2 zona pedonale e come ogni
mattina, vento, pioggia o sole, fa il suo solito giro.
Ore nove, si trova davanti a civico 33 di Leicester Square,
suona il campanello e come ogni volta, quando gli capita di
dover consegnare la posta a Mr. Joseph Arghensthone, l’attesa
risultava sempre la più breve rispetto agli altri, come se lo
stesse ad aspettare...; mai come in questa giornata a Jeremy
faceva più piacere suonare quel campanello.
«Buongiorno Jeremy, dice al citofono il Mr. Joseph, la
chiave è al solito posto, entri pure arrivo...»
«Grazie Mr. Joseph. »
Era ormai un'abitudine e per Jeremy un piacere
consegnare la posta a Mr. Joseph, infatti questi lo ospitava nel
locale sotto l'ingresso che fungeva da salottino-ufficio.
Il locale era piccolo, poco più di 20 mq, arredato in modo
essenziale: una libreria stile anni 40, uno scrittoio in legno con
il piano in pelle, tutta consunta che sapeva di vissuto, la sedia
girevole in legno; appoggiata al muro di fianco la porta di
ingresso, che consente l'accesso dall'interno, una credenza

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dalla quale erano state tolte le ante per adattarla a mobile per
la musica, giradischi sopra e quant'altro per un buon ascolto e
all'interno, una fornita collezione di dischi in vinile; a fianco
la credenza un piccolo mobile bar con sopra una vecchia
macchina per il caffè, una piccola Breda da bar, tutta lucida,
tenuta in modo maniacale e che faceva il vero e buon
espresso... come si suol dire all'Italiana o meglio, per gli
amanti del caffè, alla Napoletana e per Mr. Joseph era cosa
irrinunciabile... d'altronde era Italiano..., di quelli di e con
buon gusto; quasi in centro alla stanza, la poltrona con a
fianco un tavolino e dietro la poltrona sulla sinistra del
portoncino che da all'esterno un vecchio pianoforte,
accordato, dove ogni tanto Joseph si dilettava...
Da circa cinque anni, da quando aveva iniziato a
recapitargli la posta, Mr. Joseph si era dimostrato gentile ed
affabile; era arrivato da poco a Londra e sapeva bene che
avere per "amico “il postino era cosa buona... e Jeremy,
sapeva esserlo e soprattutto era discreto, mai una domanda
fuori posto e come altre volte era accaduto non chiedeva mai...
“dov'è stato di bello Mr. Joseph...?”; cosa che avrebbe potuto
fare questa mattina, visto che non consegnava la posta al suo
"amico” da 15 giorni.
Come sempre Joseph entrò nella stanza dalla porta, che
del sul vano scale, chinandosi di un buoni 15 cm per evitare di
sbattere la testa contro lo stipite della porta, salutando con la
sua voce elegante e profonda, impossibile da non ascoltare,
inoltre il suo bell'aspetto, aiutava a non distogliere
l'attenzione.

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«Oh bravo Jeremy…vedo che hai già acceso la macchina
del caffè e messo su il mio disco preferito...»
«Oh buongiorno Mr. Joseph... come sta oggi, dormito
bene? si il suo disco preferito e dovrebbe saperlo che Ella
Fitzgerald è una delle mie preferite e a quest'ora mi sembra
adatta..., se permette il caffè lo faccio io stamane, ormai mi ha
fatto diventare uno specialista»
«Bene bene grazie, mio caro fidato amico... e cosa mi hai
recapitato…oggi? mi auguro buone nuove e non le solite
bollette o solleciti di pagamento.... Dovrebbe esserci varia
posta visto che in questo periodo sono stato un po' assente.»
«Eh Mr. Joseph, lei vuol sempre scherzare ma chi mai può
permettersi di sollecitarle dei pagamenti... comunque ho
poggiato il tutto sul tavolino: quattro buste... il solito
settimanale finanziario, quello della settimana scorsa e di
questa e altre riviste... ah dimenticavo, c'è una lettera è di
oggi, proveniente dall'America, è una raccomandata e per
questa dovrebbe firmarmi la ricevuta di consegna.»
Jeremy conosceva bene la posta che consegnava e sapeva
riconoscere i solleciti di pagamento da una normale lettera ma
è stato sempre discreto e di questo comportamento Mr. Joseph
si era accorto e lo apprezzava.
«Dall’America!!! esclamò Mr. Joseph, chi mai mi scrive
dall'America e con avviso di ricevimento? Bah...»
«Sarà il famoso zio d'America... lo sto aspettando da
tempo anch’io…» rispose Jeremy.
E scoppiano tutti e due in una risata....
«Come stanno le tue figlie Jeremy...»
«Bene grazie... sempre gentile Lei».

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Nel frattempo il caffè era pronto e con il suo intenso
aroma aveva inondato la piccola stanza.
«Ho posato la sua tazzina qui, Mr. Joseph, sul tavolino a
fianco la poltrona.»
«Grazie Jeremy, da quel che percepisce il mio olfatto il
segnale è che sia veramente venuto bene il caffè stamane...» e
iniziò ad aprire la corrispondenza...
Jeremy, che aveva bevuto il suo caffè e riposto la tazzina,
in un piccolo e pulito lavandino a fianco la macchina del
caffè, si accorse di non aver sentito il solito tintinnio del
cucchiaino che Mr. Joseph usava fare nel girare il caffè, anche
se non metteva lo zucchero, era come se senza quel preludio
non potesse gustarselo...
Si girò e vide Mr. Joseph fermo, quasi impietrito che
fissava la carta da lettere estratta dalla busta proveniente
dall'America.
La stanza piccola non permetteva distanze tali che si
potesse creare della privacy e a Jeremy non sfuggì
l'intestazione, a caratteri grandi posti sulla carta, Associate
Attorney.
«Mr. Joseph tutto bene...!?, chiese Jeremy che
dall'espressione del suo amico, aveva capito che le poche
righe scritte in quel foglio non dicevano certamente cose
piacevoli...; dovrei andare per continuare il mio solito giro...
anche se con questo tempo..., però se ha bisogno di qualcosa
non si faccia problemi, tanto con la giornata di oggi i ritardi
son più che consentiti.»
«No grazie Jeremy nulla di cui allarmarsi... ah... un
attimo, e come sempre mette nel taschino della giacca di

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Jeremy tre sterline..., per il gelato di tue figlie... aggiunge, e
alla prossima...»
«Lei le vizia...», con questa frase Jeremy riuscì
ugualmente a strappare un sorriso a Mr. Joseph, lui che era
sempre pronto a regalarne uno a tutti o, preferibilmente a
tutte; ma Jeremy si accorse che quel sorriso non assomigliava
assolutamente ai soliti sorrisi del suo amico; uscì
ringraziando, si era accorto che qualcosa aveva turbato Mr.
Joseph..., si rimise il tabarro e dopo pochi metri scomparve fra
la pioggia e la nebbia.
Egr. Mr. Joseph Arghensthone.
Quali legali e procuratori di Mr. Arthur Arghensthone
siamo purtroppo ad informarla del decesso di Mr. Arthur
Arghensthone scoperto dieci giorni orsono dalla data della
presente precisamente il giorno....
La informiamo che siamo i lettori testamentari di Mr.
Arthur Arghensthone.
La informiamo inoltre che dato il tipo di decesso è stata
aperta un'indagine.
La invitiamo a mettersi in contatto con il ns studio per
prendere tutti gli accordi del caso.
La medesima comunicazione è stata inviata a tutti gli
eventuali ulteriori aventi diritto l'eredità e alle persone
indicate nel testamento.
Distinti saluti e Sentite Condoglianze.
La lettera portava la data di una settimana fa.
Joseph stava in piedi, di fianco alla sua amata poltrona,
una vecchia Frau-Chesterfield color marrone, ormai stinto per
l'età e per il numero di volte che diverse persone si erano

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sedute e alzate; fu uno dei primi acquisti, fatto d'impulso,
perché gli ricordava un'altra poltrona alla quale era
affezionato, che aveva nella casa in Italia dove, da piccolo, era
solito raggomitolarsi stando lì ad ascoltare i discorsi e le
discussioni dei grandi.
Aveva fatto questo acquisto subito dopo aver firmato il
contratto d'affitto dell'appartamento in cui ancora abitava e, se
non fosse stato per la simpatia che Joseph aveva saputo
trasmettere ai proprietari, il contratto si sarebbe risolto non si
sa quante volte, causa ritardo pagamento pigione...; ma Joseph
questi non li sentiva dei problemi, sapeva come destreggiarsi
in determinate situazioni e in determinati ambienti... lo aveva
imparato ascoltando i grandi...
Si lasciò andare, sprofondando nella poltrona che sapeva
bene come accoglierlo, nonostante la sua mole, un metro e 97
di altezza per 95 kg di muscolatura ben tornita dalle ore di
palestra.
Rilesse più volte quelle poche fredde e amare righe,
immaginando l'espressione di chi le aveva scritte, o meglio
dettate.
Prese la tazza di caffè, che Jeremy aveva lasciato sul
tavolino, ormai era diventato freddo e non emanava più quel
suo gradevole aroma.
Joseph era teso e scosso e come un automa, iniziò a girare
pian piano il caffè; il tintinnio del cucchiaino che girando
sbatteva l'interno della tazzina, diffondeva le sue onde sonore
nella piccola stanza che prima si amplificavano e poi man
mano andavano a svanire.

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Portò la tazzina alla bocca e quel caffè, che beveva
sempre senza zucchero, quella mattina lo sentì amaro molto
più amaro..., rimise la tazzina sul piattino e iniziò nuovamente
a girare il cucchiaino.
I suoi occhi fissavano il caffè che girava..., girava il disco,
ormai a vuoto, perché Ella aveva finito di cantare.... E girava
girava girava, girava la mente di Joseph... però... all'indietro.

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E la mente gira.

«No No e poi No,» continuava a ripetere Primo ad Arturo


il suo primogenito, mentre Achille, il fratello minore che stava
seduto in disparte e con cenni della testa dava ragione al papà.
Ida, la mamma, stava seduta su una sedia intrecciata di
bambù, vicino alla finestra e ogni tanto guardava fuori come
se aspettasse che dal lungo viale d'ingresso dovesse arrivare
qualcuno, ascoltava quello che diceva il marito ma con una
certa indifferenza, forse era abituata a quei suoi modi di fare,
quasi fosse da despota anche se non lo era, la sua altezza era
come la sua lealtà e il suo amore per la famiglia era forte,
questo voleva ora e nel futuro per La Famiglia Argenton.
«Mi devi spiegare bene perché... perché vuoi andare in
America», ripeté nuovamente Primo Argenton.
Arturo aveva tentato più volte di dare una risposta ma
non appena dava cenno di parlare, veniva nuovamente
interrotto dalla voce tonante di papà Primo che gli ripeteva
nuovamente la stessa cosa, come fosse un disco con il solco
graffiato che non riesce ad andare avanti...
«E io...io..., dovrei vendere parte delle campagne che con
gli anni ho acquistato per fare che!!!? per darti la
liquidazione!!! perché è così tu la chiami!! e per far cosa? per
andare in America!! e a fare cosa... magari pensando di andare
a fare fortuna li...; frasi dette tutte d'un fiato tanto che il volto
aveva cambiato colore diventando quasi paonazzo...; No No e
poi No e poi di che liquidazione stai parlando ... non hai mai

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fatto niente, solo auto, donne e bella vita; la liquidazione la si
dà a chi lavora bene e sodo. »
Giuseppe, questo il vero nome di Joseph prima di
cambiarlo assieme al cognome, se ne stava lì rannicchiato
nella sua poltrona; all'epoca Giuseppe aveva poco più di
tredici anni e delle sfuriate di nonno Primo non sembrava
granché impaurito, anzi lo ascoltava con occhi attenti.
Nonno Primo gli era simpatico ma non come lo zio
Arturo, lo ammirava e ascoltava qualsiasi cosa dicesse e
sempre con attenzione; osservava il suo gesticolare mentre
spiegava o diceva qualsiasi cosa che, per quanto futile fosse,
la faceva diventare importante, riuscendo a cogliere
l'attenzione di tutti e poi... sempre la battuta pronta.
Agli occhi di Giuseppe, ancora ragazzino, risaltavano
queste caratteristiche, mentre quelle più negative come la
perfidia, la superbia e la spregiudicatezza, non riusciva ancora
a percepirle.
Primo Argenton, ormai settantacinquenne ma sempre in
forma e combattivo, faceva parte di una delle tante famiglie
ancora patriarcali, forse una delle poche rimaste che
popolavano quel paesino dell'alta provincia Padovana dove
l'agricoltura era uno dei lavori principali.
Primo, che sempre voleva distinguersi fra tutti, oltre
all'agricoltura praticava anche il commercio del bestiame e da
questo nacque la sua fortuna; un po' alla volta riuscì ad
acquistare campi e campi; prima tutti quelli confinanti il
casolare dove abitava, rimasto a lui dopo che i suoi genitori e
il suo fratello minore morirono sotto un bombardamento della

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seconda Guerra; poi altri terreni, ovviamente sempre
confinanti con i terreni che aveva acquistato in precedenza.
La proprietà terriera era la sua primaria ambizione.
Si, la sua fortuna l'aveva fatta con il commercio del
bestiame, iniziando con l’acquisto di alcune vacche e due tori,
come si dice in questo caso "da monta”: le faceva figliare e al
momento giusto rivendeva i vitelli al mercato del bestiame
facendo poi ritorno a casa, sempre con altre vacche e, se
riusciva, anche con un altro toro.
Questo per vari anni.
Agli inizi si recava al mercato del bestiame con l'unico
mezzo che aveva, un carro, trainato da un cavallo, che ben
poco aveva del cavallo e legando dietro cinque o sette vitelli.
Un dì gli si presentò l'occasione di acquistare un camion, una
vecchia motrice della OM, che adattò a uso carico bestiame...,
fu il primo di tanti altri... e iniziò la fortuna.
Ma la sua vera fortuna fu l'invasione dei tedeschi, eh sì la
guerra porta disgrazie a tanti forse a tutti ma, ad alcuni.., i più
"scaltri"... la fortuna e Primo, oltre ad essere scaltro, aveva
una cosa della quale madre natura lo aveva dotato, l'altezza e
la presenza fisica, poi la simpatia e sebbene non aveva
granché studiato, a mala pena aveva finito le elementari quelle
degli anni 20, riuscì ad apprendere i rudimenti dell'idioma
germanico, quel che bastava per intendersi; però... oltre a
queste caratteristiche ne aveva una che risaltava soprattutto
per i germanici di quel periodo, era biondo... e tutti, compresi
i suoi genitori, si erano sempre chiesti come mai quel loro
figlio fosse nato biondo..., che fra gli antenati ci fosse stato
qualcuno di nazionalità nord europea...o di razza ariana

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Sta di fatto che queste caratteristiche, messe assieme, lo
avevano aiutato a fare affari con gli invasori; era diventato
uno dei maggiori fornitori di carni di tutta l'armata del nord-
est... ma con l'arrivo della liberazione e la fine della guerra,
fortunatamente per noi ma sfortunatamente per lui, cessò il
commercio con quei “clienti..., chissà…forse sarebbe
arrivato…a vendere il bestiame...sino a Berlino!!!? ma la sua
fortuna ormai era fatta.
C'è chi diceva che i tedeschi volevano fargli fare "razza",
probabilmente lo avevano scambiato per un animale, cosa
usuale per “quelli” ... di quel periodo....
Per questo suo lavoro o meglio per questi suoi i “clienti”,
venne soprannominarono “PrimoSS” e ciò gli dava veramente
fastidio, anche perché i tedeschi non gli piacevano affatto ma,
la sua voglia di distinguersi o forse il poter continuare ad
acquistare terreni, gli aveva fatto superare quel certo
disgusto...
Questo suo modo di essere, ha permesso però alla gente,
del suo paese e limitrofi, di essere “protetti” e in quel periodo
certamente non guastava, infatti era lui che indicava ai
tedeschi chi fosse suo lavoratore o collaboratore e, in buona
sostanza, quasi tutti e tutti portavano a casa il mangiare per la
famiglia e qualcuno pure in abbondanza.
«Senti papà, riuscì finalmente ad intervenire Arturo, io
voglio andare in America perché in questo paesino non voglio
più starci, mi sta stretto e mi sta stretta anche la provincia, qui
non mi posso realizzare come voglio, non vedo grandi
prospettive, pertanto con o senza la mia "liquidazione", io ci
vado. »

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«Ancora con questa liquidazione,» lo riprese il papà...
«Ma si, chiamala come vuoi non mi interessa, replicò
Arturo, alzando le braccia al cielo, sta di fatto che io fra
quindici giorni parto, ho già prenotato l'aereo e un amico lì,
mi ha trovato un'ottima campagna da acquistare nella zona del
Arkansas. Guarda guarda..., continuò tutto euforico,
poggiando sulla sedia al suo fianco, la cartellina che più volte
aveva sventolato durante il suo gesticolare; la apri e prese
delle foto, dicendo al papà...; guarda che pascoli guarda che
fattoria, è quasi il quadruplo della nostra e costa poco più
della metà...» sapeva bene Arturo come attirare l'attenzione
del papà, bastava la parola "terreni-campagne".
Arturo, che dal padre aveva preso molto, tra cui il
gesticolare, estrasse dalla cartellina una mappa, piegata in
quattro parti, iniziò a sgomberare il tavolo e chiamando o
forse ordinando a Giuseppe...
«Giuseppe, dai dai forza viene qui dammi una mano. »
«Si si zio,» rispose Giuseppe che si levò dalla poltrona
come fosse una molla che all'arresto del suo ondeggiare fece
capire la statura di Giuseppe nonostante la giovane età.
«Sposta quel vaso..., no non metterlo lì non vedi che è in
bilico, bene piega la tovaglia ed ora dammi una mano a
stendere questa mappa sul tavolo...; era grande e tutta stesa
occupava il tavolo dove comodamente trovavano posto dieci
persone; bene bravo.... dai dai che poi ti porto con me in
America...»
Giuseppe alzò gli occhi di scatto, lo sguardo era
meravigliato e inorgoglito.

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Si sentivano solo i rumori dello spostamento dei vari
oggetti che occupavano il tavolo e della carta della mappa che
Giuseppe stava stendendo sul tavolo; nel frattempo Arturo
continuava a parlare... e gesticolare, non voleva che qualcuno
lo interrompesse.
Achille, fratello minore di Arturo aveva un carattere
chiuso quasi apatico, legava con pochi, nemmeno al bar dello
Sport, il locale più frequentato anche perché l'unico del paese,
stava quasi sempre da solo, qualche partita a carte ma niente
più, mai una discussione, quelle da bar, qualche risata se
veniva coinvolto; se ne stava lì, seduto a fianco al grande
camino spento, sigaretta accesa e quando serviva, con
movimento tranquillo, allungava il braccio e con gesto lento
batteva l'indice sulla sigaretta per far cadere la cenere nel
camino; forse per la discussione che stava prendendo una
piega strana.. le sigarette, quella sera, erano quasi una dietro
l'altra, ma non era innervosito, sembrava più attratto a capire
come andava a finire e probabilmente aveva voglia di
intervenire, anche se non lo faceva quasi mai.
«Ma dai Arturo..., intervenne stranamente Achille; come
fai a credere a certe cose!!?» Continuando o meglio finendo il
suo intervento con una risata da presa in giro... tra l'altro non
condivisa...
«Taci te, ribatté Primo, non parli mai e quando lo fai dici
sempre le stesse cose e dopo...»
«Dopo rido...rispose velocemente Achille. »
Questa volta Giuseppe sorrise, guardò papà Achille e gli
fece occhiolino...

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Giuseppe non era mai riuscito a legare bene con il papà,
Achille, che però rispettava; forse, il fatto di vivere tutti nella
stessa casa, veniva più attirato, dato il suo carattere, da chi si
dimostrava predominante e nello stesso tempo gioviale e
scherzoso.
In casa con Giuseppe vivevano Nonno Primo, Nonna Ida
e zio Arturo poco più di quaranta-tre anni che ogni tanto
portava a casa una nuova morosa e non si decideva mai a
sposarsi; poi Achille papà di Giuseppe e Alfredo, fratello
minore di tre anni; c'era anche Serena, così si chiamava la loro
mamma che da poco più di un anno, un bel mattino dopo aver
lasciato una lettera sul comodino di Achille, con scritte poche
righe.... "Vado via non riesco più a stare in questa famiglia
stai attento ai bambini soprattutto a Giuseppe... Ciao Serena";
se n'era andata, probabilmente era serena solo di nome e
chissà, forse... dopo quella decisione è tornata ad essere
“serena” di fatto...
Sembra che madre natura, per quella famiglia, avesse
usato solo due stampi, per carattere e fisicità quello di Primo e
il figlio Arturo seguiti dal nipote Giuseppe; Achille, al
contrario, aveva preso dalla mamma, taciturno, di media
statura, pochi interessi come Alfredo il secondogenito, che
come tutte le sere poco dopo cena, quasi sempre senza
salutare, si ritirava nella sua camera accendeva la televisione
entrando, come per incanto, in un altro mondo sino ad
addormentarsi...; poi Giuseppe, prima di coricarsi, spesso per
ultimo, entrava in camera del fratello spegneva la televisione
ed usciva, senza però non aver dato una carezza in testa al
fratellino.

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Due persone predominavano in quella casa: Primo e
Arturo mentre quella sempre interessata e pronta a partecipare
ai discorsi dei grandi era Giuseppe.
«Vediamo di cosa si tratta continuò Primo rivolgendosi ad
Arturo.»
Era riuscito a cogliere l'attenzione e la curiosità del padre,
un primo passo era fatto.
«Ecco vedi papà, si tratta di una ottima opportunità, a
parte l'estensione della fattoria che è più di 8.000 campi;
riprese Arturo che di proposito aveva usato la parola campi,
avrebbe fatto più effetto, infatti nelle loro zone quando si
acquista un terreno agricolo è consuetudine usare come unità
di misura il campo, che corrisponde a 3.813 mq invece di
ettaro o, come sarebbe stato più giusto, acro dal momento che
si trattava di una proprietà in America e continuò; poi ci sono
stalle per oltre 5.000 capi di bestiame..». Arturo finì con
questa parola perché sapeva bene quale effetto aveva su papà
Primo...
«5.000 capi di bestiame!!!! 8.000 campi!!!! Esclamò
Primo, ma sono più di sei volte i nostri... dai è una follia!!!
chissà cosa chiedono? »
«Non più di quanto possa valere l'intera nostra proprietà e
inoltre c'è la casa padronale; si, questo aggettivo ci stava bene;
ha una superficie quasi tre volte la nostra, poi ci sono tre
grandi magazzini per il ricovero attrezzi, trattori, mietitrebbia,
seminatrici a altro che può servire in un'azienda. »
Eh si, Arturo era proprio come il padre, era riuscito ad
attirare ben bene l'attenzione, parlava e muoveva le mani sulla
grande mappa spostandole qua e là, indicava i fabbricati,

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descriveva le caratteristiche di un terreno da quello
opposto; ... che l'avesse già visitata!!?
Giuseppe, alternava lo sguardo fra la mappa e lo zio
Arturo e, di tanto in tanto, cercava di intervenire facendo
domande, tipo:
«Questo cos'è zio Arturo, qui potrei fare un bel campo da
calcio che si potrebbe poi affittare ai ragazzi del paesi vicini. »
L'ingenuità del ragazzino... che già dimostrava di avere
uno spirito imprenditoriale mischiato con il finanziario; infatti
dopo undici anni, prenderà la laurea in economia e finanza,
argomentando la tesi nel settore finanziario speculativo
applicato strettamente nell'agricoltura, che lo premierà con la
lode.
Achille, sempre seduto a fianco il caminetto, non fumava
più, il mozzicone della sigaretta gli si era spento fra le dita,
non se n'era accorto; guardava Arturo con invidia miscelata a
rabbia; quel fratello con il quale sin da bambino non era mai
riuscito a legare, o essere alla pari. Poi guardò Giuseppe e
l’attenzione con cui seguiva le parole dello zio; la sua
sensazione in quel momento, come già in altri, era come se
tutti si fossero dimenticati di lui.
Mamma Ida, forse per capire meglio o forse perché era un
po' sorda..., si era spostata da vicino alla finestra e portando
con se la sua sedia di bambù intrecciato, si sedette vicino a
suo figlio Arturo; a lei piaceva l'entusiasmo di quel figlio, lei
che per tutta la vita non aveva mai parlato di lavoro con il
marito, che d'altronde non l'aveva coinvolta più di tanto,
aveva accettato il suo compito di moglie e mamma.

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«Bah...no saprei...dice Primo, ne parliamo domani ora si
va a dormire. »
«Bene io esco..., ne parliamo domani e si definisce
domani...» ribatté in modo deciso Arturo
Erano circa le due di notte, Arturo, dopo essere stato un
po' con la sua ultima morosa, era rientrato e sceso dal coupé
entra in casa; dalla grande cucina intravede una luce che filtra
da sotto la porta, entra e....in piedi mani appoggiate sul tavolo
con la testa un po' china, c'era papà Primo intento ad osservare
la mappa, di fronte a Primo, in ginocchio sulla sedia, c'era
ovviamente Giuseppe.
Arturo volutamente aveva l'aveva lasciata ancora stesa sul
tavolo... sapeva bene che qualcuno non sarebbe andato a
dormire subito.
«Si non preoccuparti...; si rivolge Primo verso Arturo, non
avevo sonno sono sceso a prendere un bicchiere d'acqua poi
ho visto la mappa e mi son fermato un attimo finché bevevo e
poi è arrivato tuo nipote Giuseppe ».
« Ciao Zio,» dice Giuseppe.
«Nessun problema...» risponde Arturo, che con
un'occhiata veloce in giro si accorge che non c'era alcun
bicchiere d'acqua, la cucina era così come l'aveva lasciata...
« Allora mi hai detto che ci vorrebbe quanto?»
« Non l'ho detto, papà... »
« A no!? Pensavo lo sapessi visto che hai detto che valeva
poco meno della nostra proprietà... Comunque ho deciso, se è
come dici la comperiamo... o meglio la compero » dice Primo.
« Come sarebbe a dire...replica Arturo.. e poi io dovrei
andare a gestirla per farti tutti i rapporti!!?....No no...ti sbagli

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papà questa è una cosa che voglio fare io.....con o senza la mia
parte che mi spetterebbe della nostra proprietà.»
« Nostra proprietà!!!? È la mia proprietà la proprietà della
Famiglia e diventerà vostra dopo che tua mamma ed io non ci
saremo più...»
Giuseppe, dalla sedia, si era sprofondato nella poltrona,
aveva capito che stava per nascere una discussione...
«Senti Arturo....non ho voglia di svegliare chi sta
dormendo... te lo dico una volta per tutte non vendo una parte
della proprietà per darti i soldi per andare in America a fare
quell'acquisto... e se decido di comperarla vado a parlare con
in banca con Giovanni...» ed iniziò a tossire forte come ormai
da tempo faceva... sino a diventare viola in viso...
« Vedi ti prende la tosse e non sei ancora andato a farti
vedere dal medico sono mesi che te lo diciamo.»
« Ci sono stato l'altro giorno....non è niente ha detto il
medico non è niente; prese la bottiglia d'acqua se la portò alla
bocca e ne ingurgito un bel po'; bene ora vado a dormire...ci
vediamo domani » facendo altri colpi di tosse.
Diede un pizzicotto sulla guancia a Giuseppe dicendogli
« Buonanotte nipote caro vai a dormire che domani hai gli
esami e non va bene presentarsi assonnati e vedi di farli bene
che poi iniziano le scuole importanti.»
Intendeva dire le superiori, scuole che Arturo aveva fatto
sino a metà mentre Achille era riuscito ad ultimarle, con fatica
ma non sono servite a nulla...
« Buonanotte nonno si vado subito.»
Arturo si avvicinò al tavolo un ultimo sguardo alla mappa,
la ripiega con cura riponendola nella cartellina assieme le

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foto, si diresse verso l'uscita della cucina uno sguardo in giro
quasi come per salutarla, chiuse l'interruttore della luce e andò
a coricarsi.

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Le Telefonate

Talmente piaceva a Joseph il tintinnio del cucchiaino nella


tazzina, mentre girava il caffè, che trovò una suoneria per il
telefono, identica a quel suono.
Il telefono, che era appoggiato sopra il pianoforte, in quel
momento iniziò a squillare e la suoneria si mescolò con il
tintinnio del cucchiaino; solo il rumore del telefono che cade
per terra, a causa dall'inserimento della vibrazione, destò
Joseph dal suo andare all'indietro con la memoria.
Raccolse il telefono da terra e guardò il nome di stava
chiamando...
Claudine3 D... era il nome che lampeggiava, proprio la
Claudine... la nr 3, persona che in quel momento come in altri,
non gli andava di sentire ma per forza di cose... volente o
nolente doveva farlo...
Claudine Dorrel era la figlia di ser Charles Dorrel,
presidente dell’RBC -Royal Bridge Circle-, uno dei circoli di
bridge più esclusivi di Londra; per far parte dell’RBC non era
molto importante saper rispondere a Nord dopo che Est
buttava la sua carta e capire cosa avesse in mano Ovest, in
buona sostanza non era indispensabile saper giocare a Bridge,
lo era invece, il pedigree, ovvero il conto in banca o di chi eri
parente.
Joseph conobbe Claudine, dopo circa un anno dal suo
arrivo a Londra, ad un festa organizzata da Alfred, un amico
Londinese conosciuto all'Università, che appena seppe del
trasferimento di Joseph, che lui conosceva come Giuseppe,

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cercò di rendergli facile l'inserimento nella buona società; a
parte per l'amicizia, lo aveva fatto perché sapeva come Joseph
si comportava in compagnia e soprattutto se c'erano delle
donne gli sarebbe tornato buono, infatti Joseph gli aveva
insegnato come e quando accodarsi...
Joseph non aveva bisogno di Alfred per conoscere delle
donne, questo era appurato ma, per quel che a lui interessava
si..., voleva conoscere gente e donne di ambiente aristocratico,
sapeva come comportarsi con certe persone, gli veniva
naturale e questo non l'aveva certamente appreso da nonno
Primo o zio Arturo, anche perché, lì nel paesino dell'alta
padovana, determinati ambienti non esistevano...
Ancora qualche squillo e poi il pollice clicca su rispondi
«Oh mio caro Mr. Joseph..., sussurra una voce, che
cercava di essere suadente, tenendo il microfono quasi
attaccato alla bocca come fosse l'orecchio di chi ascolta; come
stai? dove sei sparito? lo sai che non posso stare molto senza
sentirti e molto meno senza vederti».
«Ciao Claudine, ero in doccia per quello ho risposto un
po' in ritardo, scusami...» alzando gli occhi al cielo...
«In doccia!!!?, vuoi dirmi che sei stato in doccia per più di
10 giorni!!? Non so quante volte ti ho chiamato, iniziavo a
preoccuparmi...»
«Ma come non ti avevo avvisato che stavo fuori per
lavoro e che dove andavo il telefono non riceveva, già un'altra
volta era successo...se ti ricordi»
«No mio caro irresistibile uomo misterioso...non mi avevi
detto nulla... comunque, ora che ti sento, tutto passa in
secondo piano. »

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Mentre Claudine3 parlava Joseph diede una scorsa veloce
ai messaggi ed infatti non l'aveva avvisata; Claudine1 si e gli
aveva anche risposto “Aspetto il tuo ritorno con ansia”;
Claudine2 “Va bene grazie” ...
«Scusami tantissimo ero convinto di avertelo detto
l'ultima volta che ci siamo visti...»
«L’ultima volta che siamo visti eravamo presi a parlare
durante un lungo momento e anche molto piacevole... sai di
cosa parlo vero!!!? e vorrei riprendere da dove ci siamo
lasciati. »
«Se questo è il modo per farmi perdonare... vorrà dire che
mi farò perdonare...» rispose Joseph.
«Si dai Joseph...fatti perdonare...quando? Dove? visto che
eri in doccia resta così come sei che arrivo subito...»
«Senti Claudine ora dovrei, anzi devo andare di corsa
dall'avvocato per un contratto importante che devo chiudere,
penso che ne avrò per un paio d'ore però...»
«Allora fra un paio d'ore sei da me vero?» lo interrompe
Claudine
«No non penso... perché sicuramente dovrò fermarmi per
colazione ma nel primo pomeriggio sarò da te»
«Va beneeee... se prima non è possibile, ti aspetto per le
14.00, vorrà dire che telefono al club per informare che non
posso essere presente alla riunione di inizio mese.»
Joseph sapeva benissimo della riunione e sperava che
Claudine gli dicesse che appunto doveva presenziare...
«Perfetto rispose alle 14.00 sono da te... anzi sarò con
te...»

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«Si mi piace di più il sarò con te... ti aspetto... non farmi
aspettare di più... ti saluto con un caldo bacio…e ricorda è
solo un anticipo...»
«Ok... a dopo... ciao...» e chiuse la comunicazione.
Quanto poco gli interessava Claudine3... ma, per forza di
cose, doveva reggere la parte...ma non quella dello
innamorato..., no quella non gli riusciva molto bene, però
quanto meno doveva dare parvenza che stare in sua
compagnia gli dava piacere...
Claudine3, trentatré anni tre più di lui, la trovava una
donna vuota, senza alcun interesse particolare anche se
laureata in filosofia, materia che certamente non l'aveva
mentalmente coinvolta o stimolata più di tanto; si crogiolava
del fatto che il papà era il presidente del Royal-Bridge-Club
oltre che uno fra i più stimati commercialisti della Londra che
conta, consigliere di due banche private una di Londra e altra
di Glasgow oltre ad altre cariche...
Per quanto tempo Joseph avrebbe resistito con questa
recita...!!!?. Il tempo giusto di entrare nelle “grazie” di
qualcuno che conta nell'ambiente della finanza e lui come un
ottimo cane da “punta” aveva puntato bene, sapeva chi
frequentava il Royal-Bridge-Club; infatti era riuscito e senza
tanta fatica, a simpatizzare... e non poco, con Claudine che,
con il suo intervento, gli ha fatto ottenere l'iscrizione al club...
e questa fu una referenza; altra il suo cognome, non quello
vero..., gli Argenton non erano nessuno lì a Londra, ma
Arghensthone... sì Arghensthone, cognome che nel mondo del
commercio internazionale delle granaglie e del bestiame... e
da qualche anno anche in quello finanziario, era

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conosciutissimo; poi altra referenza..., la sua presenza e il suo
modo di fare che lo faceva passare tutt'altro che inosservato.
Arghensthone era il cognome di Arthur in origine Arturo
Argenton, suo zio.
Chiusa la telefonata con Claudin3, Joseph aveva aperto la
porta che da sul vano scale per andare nell'appartamento,
ma..., nel mentre chinava il capo per passare sotto lo stipite
della porta, un nuovo tintinnio di cucchiaino nella tazza lo
bloccò, questa volta però era la sola suoneria del telefono, che
aveva lasciato sul tavolino; poco meno di tre passi, tale era la
distanza dalla porta al tavolino e prese il telefono, sul visore
lampeggiava il nome di Alfredo...
Tre quattro squilli e rispose.
«Ciao Giuseppe, come va? hai sentito della notizia?»
«Ciao Alfredo, si bene grazie e tu come stai? Di quale
notizia parli!!? »
Joseph... che presumeva a quale notizia si riferiva suo
fratello Alfredo, rispose nel modo di chi non sapeva...; infatti
Alfredo, a parte le telefonate di convenevoli che si fanno in
occasione delle festività o altre ricorrenze, non l'aveva mai
chiamato per il semplice motivo di sentire come stava.
«Come non hai saputo!!!? Zio Arturo...» ribatté Alfredo
«Zio Arturo...cosa!!?»
«Zio Arturo è morto!! »
«Alfredo quando imparerai ad esprimerti in modo meno
brusco... non pensi sia meglio usare il termine è mancato o
non è più fra noi..., comunque non ne so nulla... ma tu quando
l'hai saputo?»

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«Sei sempre il solito... non manca occasione che non
approfitti per riprendermi o farmi delle osservazioni,
d'altronde l'hai sempre fatto o meglio l'avete sempre fatto, sia
il papà ma soprattutto zio Arturo...»
«Dai non fare la vittima...»
«È vero..., l’unico che non mi diceva mai nulla era il
nonno, forse perché per lui nemmeno esistevo...; comunque
mi è arrivata la comunicazione oggi con una lettera, da uno
studio legale americano..., ho dovuto farmela tradurre da
Girolamo, te lo ricordi il geometra.
Puntuali e tempestive le poste, recapito sia a Londra che
nel paesino dell'alta padovana in contemporanea, pensò
Joseph.
«Girolamo...!!!, esclamò Joseph, persona più discreta non
potevi trovare per farti tradurre la lettera, possibile che non sei
ancora riuscito a leggere l’inglese»
«Ma insomma io ti avverto della morte dello zio e tu non
fai altro che farmi osservazioni.»
«Si hai ragione...scusami; probabilmente anzi certamente
questa è la prima volta che Giuseppe chiede scusa ad Alfredo,
non ne sapevo nulla, ma come è successo?»
«Non si sa, c'è scritto che è stata aperta un'indagine, ma a
te non è arrivato nulla? strano... perché parla di aventi diritto
all'eredità e dovresti esserci anche tu…»
«No non mi è arrivato nulla, probabilmente, a causa del
tempaccio di oggi, i portalettere avranno saltato il turno. »
«Vuoi che ti faccia inviare un fax? »

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«Si bravo e magari vai dal tabaccaio per inviarmi un fax è
sufficiente Girolamo per dare la notizia in paese, lascia
perdere tanto domattina mi arriverà sicuramente. »
Alfredo alla parola scusami da parte del fratello, sentì una
leggera gioia accendersi che si spense poi, con l'ultima
risposta.
«Va bene ma non capisco... anche se l'ultima volta non
l'ho visto gran che bene zio Arturo, non pensavo..., che si è
lasciato andare dopo la morte, ah... scusa mi correggo, la
perdita di zia Giuliette e la cuginetta Geraldine!!!?...sono
passati due mesi mi sembra.» dice Alfredo
«Si, forse anche tre mesi e da quel che so ancora non c'è
ancora una spiegazione…; ma... non ho capito come sarebbe a
dire l'ultima volta che sei stato in America...!!! aggiunge
Giuseppe
«Si, circa venti giorni fa, giorno più giorno meno.»
«Venti giorni fa!! e perché non mi hai avvisato che andavi
in America o telefonato al tuo ritorno!!?
«Perché tutte le volte che sei andato in America mi hai
mai informato? No mai! Comunque si trattava di un viaggio di
dieci giorni organizzato dal bar dello Sport, eravamo in dodici
e gli ultimi due giorni, visto che eravamo a poche centinaia di
chilometri da zio Arturo ho approfittato e sono andato a
trovarlo, tant'è che poi ha spedito una cartolina al bar
ringraziando della visita.»
«Non capisco lo vai a trovare solo tu e lui invia una
cartolina al bar ringraziando della visita...mah. !!!, va bene
Alfredo ora devo salutarti, che ho da fare.»
«Ok Giuseppe ci sentiamo nei prossimi giorni.»

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«Un momento Alfredo ma dimmi una cosa...riprese
Giuseppe
«Si dimmi»
«Non capisco se ti ha dato di volta il cervello...»
«Perché!!! »
«Come perché, quella foto che mi hai inviato per
email...in cui ti sei fatto biondo...non capisco...»
«Non capisci!!!?, fa conto che mi sono presentato da zio
Arturo... appunto biondo... come nonno Primo volevo vedere
che effetto gli avrebbe fatto...»
«Si e allora...!!!!?» chiede Giuseppe
«Allora...!! a momenti gli prendeva un colpo...» risponde
Alfredo.
«Bah...non ho parole..., replicò Giuseppe, ci sentiamo nei
prossimi giorni perché penso che dovremmo andare in
America..., salutami papà, nonna Ida e Lorella, ciao»
«Si penso sia necessario andarci Ciao.»
Alfredo non fece a tempo a finire il suo ciao che Giuseppe
aveva già staccato la comunicazione.
Devo andare dall’avvocato per un contratto aveva detto a
Claudine3, ho da fare ad Alfredo ma effettivamente Joseph
non aveva un granché da fare... anzi non aveva nulla; sarebbe
potuto andare al circolo del bridge per vedere di fare il punto
cardinale ma meglio evitare, Claudine3 sarebbe venuta a
saperlo immediatamente...
China il capo e attraversa la porta chiudendola dietro di
sé, nessun giro di chiave e prende la rampa di scale che lo
avrebbe portato all'appartamento.

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Appartamento!!!...si fa per dire, Joseph aveva cercato casa
nel centro di Londra, in una delle zone più esclusive...
possibilmente pedonale, tanto l'auto non l'aveva e il
pagamento di un garage non poteva permetterselo.
Era aprile... quando arrivò a Londra, trovò da sistemarsi in
un ostello, preferì così che andare a casa di Alfred; il giorno
successivo iniziò a cercare un appartamento in affitto e fu
proprio lì, nel bistrò a poche centinaia di metri da dove ora
risiede, che per caso conobbe Miss. e Mr. Berringh.
Una coppia, marito e moglie, anziani e senza figli, che da
subito presero in simpatia Joseph, d'altronde non poteva
essere altrimenti; gli raccontò un po’ la sua storia, in parte
vera e in parte condita con qualche disavventura e fu così che
i Bering si offrirono di fargli vedere le stanza con bagno
separato più un seminterrato e che da tempo cercavano di
locare ma...,vuoi per le caratteristiche della zona e il tipo di
“appartamento”, si erano sempre presentate “delle care
donnine particolari” e i Berringh si rifiutavano anche di farlo
visitare; e in quel momento, l'aver trovato un persona a modo
come Joseph, gentile, cordiale, colta e con un dottorato in
finanza non gli pareva vero.
Visto l'appartamento e soprattutto il fatto che vi fosse un
seminterrato, con acceso sia dall'esterno che dall'interno, al
quale Joseph pensò subito quale destinazione e sistemazione
dare, studio e stanza di primo “ricevimento”, non ebbe dubbi e
disse:
«Ms. e Mr. Berringh spero non vi offendiate se vi chiamo
zia e zio di Londra? la sistemazione mi piace non potevo
essere più fortunato.» disse Joseph.

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«Certo Joseph con piacere e siamo contenti di locarla a
lei, o meglio a te, visto che dovremmo essere i tuoi zii di
Londra.»
«Grazie grazie, nel pomeriggio passo con il contratto e vi
porto il deposito cauzionale e l'affitto per i primi due mesi.»
disse Joseph.
«Va bene Joseph ma il contratto non serve l'abbiamo già
noi, ora mia marito va prenderlo, è sufficiente scrivere i tuoi
dati così nel pomeriggio puoi già portare le tue cose, tanto
avrai notato che l'appartamento è a posto, imbiancato e
pulito.»
Salì la rampa di scale, dodici gradini, sul pianerottolo,
sulla sinistra la porta della sua stanza, davanti un'altra rampa
di scale, più lunga però, che portava all'appartamento dei
Berringh, un vero appartamento.
«Joseph Joseph,» era la signora Berringh che sentendolo
entrare nella sua stanza si affacciò alla porta.
«Dimmi cara “Zia” cosa ti serve?». rispose Joseph
«Nulla, volevo dirti che se non avevi impegni per pranzo
potresti venire su da noi... avrei comprato la carne per fare lo
spezzatino e mi domandavo, se ti andava, di prepararlo come
sai fare tu...?»
Si, Joseph era un appassionato di cucina, forse un artista
della cucina..., almeno questa la parvenza che voleva dare;
ogni piatto era una “rivisitazione alla Joseph” diceva lui; così,
dopo essere stato invitato e aver dato prova della sua arte
culinaria, se non aveva impegni andava a pranzo o a cena dai
Berringh, gli inviti erano abbastanza frequenti e qualche volta
acquistava lui il cibo...

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«Certo, volentieri, rispose Joseph ho un appuntamento
alle 15.00 pertanto... si può fare... fra trenta minuti salgo e
faccio il tutto, nel frattempo prepara il necessario...»
«Va bene ti aspettiamo a dopo...» disse Miss Berringh
Bene bene pensò Joseph e anche il pranzo è sistemato.
Altro squillo del telefono, guarda il visore... Laurette...,
clicca occupato, ed invia contestualmente un messaggio con
scritto: “Sono in riunione sino a sera, richiamo io” e
finalmente entra nell'appartamento.
Sulla destra della porta un ampio letto, in stile moderno,
posto di fronte alle due uniche ma ampie finestre che si
affacciavano sulla piazzetta la cui visuale però, era quasi
totalmente coperta da due grandi alberi, utili sicuramente a
fare ombra, se Londra fosse una città assolata; gli alberi
seguivano, per tutta la sua altezza la casa dei Berringh sino
superarla per circa tre quattro metri; a sinistra l'armadio in
legno massiccio a cinque ante, la centrale tutta a specchio,
ottima per guardarsi se fosse tutto a posto prima di uscire; a
Joseph piaceva essere sempre a posto; il servo muto a fianco
l'armadio con un paio di pantaloni ben inseriti nell'apposito
alloggiamento; a sinistra dell'armadio la porta del bagno,
ampio e in ordine, i mobili giusti per renderlo accogliente e
sopra il lavandino la mensola con tutto ciò che serve per una il
perfetto benessere, in fila una serie bottigliette e campioncini
di vari parfume pour homme.
Non era ciò che avrebbe voluto Joseph ma prima o poi
avrebbe abbandonato quella stanza per trasferirsi in una vero
appartamento, possibilmente all'ultimo piano di un palazzo
esclusivo con il servizio di portineria.

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Nuovo tintinnio del cucchiaino nella tazzina, guarda il
visore Claudine1, secondo squillo e subito Joseph risponde.
«Ciao Claudine pensavo appunto a te, come stai, quando
ci vediamo...»
«Ohh caro Joseph, quanta fretta... intanto ben ritrovato, mi
auguro che il tuo viaggio in America sia stato piacevole e
soprattutto fruttuoso...»
Joseph, stacca immediatamente il telefono dall'orecchio,
clicca su mute, abbassa il braccio mentre suoi occhi si
trovarono a fissare la finestra e lo sguardo fermarsi su uno dei
folti alberi...
Nessuno sapeva che era andato in America, come faceva
Claudine1 a esserne venuta a conoscenza.
«Pronto pronto Joseph, sei sempre lì pronto pronto...»
«Si Claudine, scusami devo assolutamente cambiare il
telefono è già la terza volta che mi fa questo scherzo oggi; non
ho capito cosa mi avevi detto...»
«Ti avevo chiesto come era andato il viaggio in America,
mio dolce e misterioso Joseph.»
«Quale viaggio in America!!! Ti sei inventata una bella
scusa per vedermi, ti avevo avvisato che ero fuori per qualche
giorno ma non mi sembra di aver specificato dove...»
«Non ho bisogno di inventarmi nulla per vederti e lo sai
benissimo e nemmeno tu, sai benissimo che siamo fatti l'uno
per l'altro e abbiamo imparato tutti e due a leggerci dentro.»
rispose Claudine
Era vero, Claudine1 diceva la verità, era l'unica donna che
era riuscita a prendere Joseph, non nel senso figurato ma
cerebralmente, la sua simpatia il suo modo di fare il suo

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charme, la sua figura e soprattutto il suo saper far l'amore che
a Joseph piaceva e non poco anche a Claudine1; avrebbe tolto
molto volentieri l'1 dopo il suo nome, lasciando solo Claudine
e cancellato la 2 e la 3, ma l'opportunismo in questo momento
aveva il sopravvento... ma con questa Claudine nessun
opportunismo...
L'opportunismo!!!..., prima nonno Primo, servito forse per
necessità; poi zio Arturo forse e solo per superbia, iniziato in
quel paesino dell'alta Padovana anche se privo di opportunità
e finito in America e ora, Giuseppe forse per ambizione...o
perché trasmessogli...
«Ma dai Claudine...dimmi di sì...» disse Giuseppe.
«Si per cosa!!?»
«Per questa sera alle ventuno da te e per cosa...ho tante
cose da sussurrati nell'orecchio destro e poi nel sinistro.»
«Come faccio a dirti di no...se questo dovrebbe essere il
programma!!! si si ti aspetto... così mi sussurrerai come è
andato il viaggio in America... Ciao Amore fai venire presto
sera...Ciao.»
«Ciao a stasera...» rispose Joseph.
Joseph è perplesso... cosa aveva fatto o dimenticato di
fare...
Guarda l'orologio è passata quasi mezz'ora e deve andare
su dai Berringh altrimenti salta il pranzo per lui e per loro...

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Il Freddo e L'Azzardo.

Il mattino seguente, Arturo si alzò più presto del solito,


Primo era già in giro per le stalle da più di due ore.
Entrò in cucina, il caffè era sul fornello, prese una tazza e
ne versò una quantità quasi da riempirla e lo bevve, senza
preoccuparsi se fosse caldo, tanto lo sapeva era lì fatto da più
di mezz'ora, aveva sentito la mamma uscire da non molto.
Poggiò la tazza sul tavolo ed uscì, quasi di fretta.
«Buongiorno Arturo, come stai come mai qui!!?
solitamente chi entra da noi non sta tanto bene.» chiese
Loredana la segretaria del medico.
«Ciao Lory, sempre bella e fresca…tranquilla, sto bene e
lo sai..., dandole un buffetto sulla guancia, c'è per caso il
dottore? avrei bisogno di parlargli.»
«Si c'è, però è occupato con una paziente, non penso ne
abbia per molto, vuoi che lo chiami? »
«No non serve aspetto, mi siedo e sfoglio qualche rivista.
»
Quasi solo riviste mediche, con termini per Arturo, quasi
incomprensibili; le sposta e proprio sotto scorge una rivista
con stampata sulla copertina l'immagine del Gran Canyon, la
prende velocemente; era una rivista Americana, come se
qualcuno l'avesse messa lì proprio per lui, americana originale
per giunta, infatti era scritta tutta in Americano, pagine
dedicate alle auto, ai locali, agli immobili ed alcune
all'agricoltura. Devo proprio fare un corso accelerato di lingua
Inglese anzi no Americana, pensò Arturo, di quelli intensivi,

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quelli ti fanno stare sotto del tutto, come si chiamano pensava
Arturo...
«Mi sa che dovresti fare un bel corso full immersion se
vuoi leggere certe riviste, altrimenti devi accontentarti di
guardare le fotografie.» disse Lory, rivolgendosi sorridendo ad
Arturo
«Penso che hai proprio ragione...tu lo conosci se non
sbaglio...potresti darmi delle ripetizioni...in privato...»
«Certo, volentieri...ma sei certo che faremmo lezione
d'inglese!!?» rispose sorridendo e accarezzandosi le labbra
con la lingua...
In quel momento si aprì la porta dello studio privato del
dott. Antonio Ambrogiani che accompagnava la sua paziente
dicendo:
«Allora bene signora, ci rivediamo fra un mese e
controlliamo il risultato della cura che le ho dato...»
«Si grazie dottore, rispose la paziente, passerò fra un
mese. »
Salutò la segretaria ed uscì.
«Ciao Arturo..., salutò Antonio, che ci fai qui? »
«Ciao Antonio, no nulla sto bene, volevo solo chiederti
una cosa. »
«Prego accomodati sono da te fra qualche minuto. »
«Grazie» rispose Arturo.
Entrò e si accomodò in una delle due sedie di finta pelle
nera di fronte alla bianca scrivania.
Pensava alla rivista che poc'anzi sfogliava e fece una
riflessione, se invece di pensare alle donne alle auto avessi
finito gli studi, l'inglese lo saprei abbastanza ma non si

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preoccupò più tanto, un po' se lo ricordava e per le lingue
straniere era abbastanza portato, le imparava facilmente e
poi... se si era destreggiato papà Primo con i tedeschi, lui che
non aveva fatto solo le elementari...
«Allora Arturo dimmi cosa ti è successo, come mai qui...
disse il medico entrando e sedendosi, non al suo posto ma
sulla sedia a fianco ad Arturo».
Sembrava avesse percepito che sarebbe stata una
chiacchierata delicata e confidenziale.
«Senti Antonio, ho bisogno di sapere una cosa. »
«Dimmi.» rispose il dottore
«Mi riferisco a Primo, mio papà, so che la settimana
scorsa è venuto da te, me lo ha detto o meglio gli è scivolato
di dirlo, in momento in cui si discuteva un po' animatamente,
poi gli è presa la solita tosse e conoscendolo, non avrà detto
niente neppure a mia mamma. »
«Si effettivamente è passato di qui la settimana scorsa,
dopo la seconda volta che lo avevo visitato. « »
«Tre visite!!!?». Esclamò Arturo
«Si Arturo è più di tre mesi che tengo sotto controllo tuo
padre, o meglio sono riuscito a convincerlo a farsi tenere sotto
controllo, mi ha fatto promettere che non avrei detto nulla a
nessuno e come medico sarei tenuto a farlo ma io e te ci
conosciamo da quando eravamo piccoli e ti ringrazio di essere
venuto tu da me...»
«Ma cos'ha dimmi...»
«Ha che...» e si interruppe per un attimo

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Antonio, nonostante fosse medico e in determinate
situazioni già si era trovato, questa per lui era più difficile,
conosceva bene Arturo e anche Primo.
Suo padre più di qualche volta gli aveva raccontato cosa
Primo avesse fatto durante la guerra per dare un po' di
protezione alla sua e a tante altre famiglie.
«Alfredo..., riprese Antonio, tuo papà penso non abbia
molto da vivere, già tre mesi fa quando è venuto da me era
troppo tardi, speravo di sbagliarmi invece la settimana scorsa
ho avuto la conferma...»
«Quella brutta tosse, non so quante volte gli ho detto,
dopo che mi sono accorto che gli veniva sempre più intensa,
di farsi visitare dal medico, vai da Antonio gli dicevo vai da
Antonio e lui..., mi rispondeva che aveva preso un colpo d'aria
che non era niente, che ne aveva passate di peggiori e poi mia
mamma nemmeno lei insisteva anzi diceva: “Tuo padre se
veramente sta male vedrai che al momento giusto andrà dal
medico”; ma effettivamente cos'ha? »
«Arturo, mi sono consultato con dei colleghi, specializzati
in malattie di forma tumorale, quelle che chiamano le malattie
del secolo; alcune sono aggredibili anche se in stato avanzato
altre no, alcune portano a far sorgere delle disfunzioni
cardiocircolatorie e respiratorie; questo è il caso di tuo papà e
purtroppo siamo ormai in una fase nella quale non si può far
nulla...anche il suo cuore è ancora abbastanza forte».
«Ma per quanto ne ha ancora…ma ci sono delle cure
speciali, degli specialisti possiamo portalo in qualche clinica
specializzata i mezzi non ci mancano...»

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«Non è questione di mezzi Arturo..., un tempo preciso in
questo caso non si può dare, finché il cuore regge e ti ripeto
anche se il cuore di Primo è ancora abbastanza forte»
«E la sofferenza, c'è o ci sarà sofferenza!!!? »
«Dipende dai casi...forse facendo delle analisi più
approfondite... ma deve essere lui a deciderlo o dovreste
essere voi a convincerlo e conoscendolo come lo conosci tu
immagino la risposta, immagino la reazione quando viene a
sapere che ho parlato con te, anche se questa sarebbe l'ultima
delle mie preoccupazioni però, importante sarebbe che
accettasse di fare ulteriori indagini...»
«Ma dimmi secondo te servono...!!?»
«Arturo, riprese Antonio, io sono un medico condotto ma
di queste cose ne capisco ugualmente, ti posso solo dire che se
vai ad un consulto con uno specialista ti dirà che, nonostante
la situazione sia grave, ci sarebbero essere delle cure da fare o
meglio da provare per non dire da sperimentare...»
«Ma se fosse tuo padre che faresti!!?. »
« Se fosse mio padre, tu sai che mio padre l'abbiamo
trovato seduto sul divano con un'espressione quasi sorridente
o meglio rilassata... non aveva nulla stava bene e son già
passati quasi 8 anni.., non saprei risponderti ti potrei dire che
proverei a fare di tutto e di più... ma in determinate situazioni
bisogna trovarsi, bisogna viverle, poi ogni malato è un caso
assestante, magari sei in periodo della vita che te la senti di
affrontare qualsiasi cosa o magari no... dimmi tu cosa vuoi
fare...»
Arturo non rispose..., appoggiò la mano sul ginocchio
dell'amico medico...e si alzò dicendo

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«Grazie Antonio della tua sincerità, stanotte sono andato a
letto pensando a quest'incontro e si è svolto come pensavo...
delle volte mi spavento di me stesso, sentì un brivido
“Freddo” che per un attimo gli percorse la schiena, si riprese
subito e salutò, Ciao Antonio. »
Tre passi, aprì la porta e se ne andò.
«Ciao Loredana.» così la salutò Arturo
Non l'aveva mai chiamata con il suo vero nome, infatti da
subito quando la conobbe, gli disse: “io ti chiamerò sempre e
solo Lory”.
Uscì dall'ambulatorio, guardò a destra, la coupé era
parcheggiata all'ombra di un ontano, la lasciò li, anche se il
tettuccio era completamente aperto e si incamminò verso il
centro del paese, una passeggiata di 5 minuti con il suo lungo
passo.
«Giulio, mi porti un buon caffè caldo e mi raccomando
non mettere lo zucchero...» chiese Arturo senza salutare...
Si era seduto in uno dei tavolini del bar dello Sport,
scegliendo un posto, in angolo sulla destra lontano
dall'ingresso del bar; Giulio era uno dei figli del proprietario.
«Ciao Arturo, si agli ordini ma come mai seduto qui in
fondo!!?» chiese Giulio.
«Ho bisogno d'aria e questo è il posto più ventilato...».
Ribatté Joseph sventolando le grandi mani davanti al viso
come per mimare due ventagli...
«Ho capito...replica Giulio, non vuoi gente attorno...ti
capisco...»
Ti capisco!!!..., pensò Arturo ma cosa vuoi capire Giulio,
diciotto anni appena compiuti, cercava sempre di fare lo

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spiritoso ma per quanto si impegnasse non gli riusciva
granché bene... Ti capisco...!!! ma cosa vuoi capire... se avessi
appena ricevuto una notizia tipo quella che ricevuto io... Ti
capisco...!!! ma cosa vuoi capire... ieri sera avevo dei
programmi... ed ora... ora sono svaniti... forse...
Non era un sorriso quello che Arturo stava facendo ma più
una smorfia, quasi di autocompiacimento, si sarebbe battuto
una mano sulla spalla... come per congratularsi..., non se ne
accorse o forse sì, ma... lo fece.
«Ecco il caffè Arturo ed è già pagato...»
«Pagato!!!, e da chi? »
«Ah da un certo Achille era dentro il bar, dice di essere
tuo fratello...»
«Giulio..., aggiunge Arturo, provi e provi ma non riesci a
essere spiritoso... grazie e ringrazia Achille da parte mia. »
Achille era dentro il bar ed aveva visto arrivare Arturo,
ma aspettò un po' prima di andare a sedersi con lui.
«Ciao fratello...» disse Achille.
«Ciao fratello...» rispose Arturo.
«Ho visto che hai parcheggiato l'auto lì in fondo, vicino lo
studio di Antonio, come mai?» chiede Achille
«Li c'è più ombra di qui...e mi sono accorto ma solo ora,
che c'è anche meno gente che fa domande...» risponde Arturo
«Scusami non volevo essere curioso...»
«No no scusami te... è che mi son svegliato con un cerchio
alla testa stamane...» dice Arturo
«Si sì... non è che sia il cerchio dell'America!!!?» chiede
Achille

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«Ma fammi il piacere, replicò Arturo e proseguì, ora vado
che c'è gente che mi aspetta... a me... ciao fratello»
Si alzò e andandosene, diede una pacca sulla spalla al
fratello risalutandolo..., in fondo gli voleva bene...
«Ciao fratello...» rispose Achille
Prese l'auto e partendo fece stridere le gomme; percorse
poco più di sei chilometri e si fermò davanti all'agenzia e sede
della banca del paese, un credito cooperativo, banca piccola
ma molto solida, raccoglieva i risparmi di quasi tutti, se non
tutti, gli abitanti dei paesini nel raggio di trenta chilometri...
Alfredo stette dieci minuti in auto prima di scendere, poi
decise... "Azzardo"..., scese dall'auto ed entrò in banca.
«Ciao Laura, c'è Giovanni il direttore?» chiese Arturo
Laura prima di rispondere guardò Arturo, gli fece una
sorriso...quasi di compiacimento nel vederlo, sarà perché la
sera prima era stata con lui.
«Ciao Arturo...stai bene si? Il direttore c'è lo chiamo
subito...; risponde Laura che dopo aver guardato velocemente
in giro si portò le dita della mano sinistra alla bocca, le baciò e
girandole verso Arturo fece un leggero soffiò... e aggiunse;
per te mio caro...»
«Carissimo Arturo come va? e come va il nostro
altrettanto carissimo Primo...» era il ragioniere Giovanni
Petrinotti il direttore della banca, persona affabile, forse un po'
troppo per qualcuno...
«Ciao Giovanni bene grazie, rispose subito Arturo e
continuò, senti avrei bisogno di parlarti se hai un po' di tempo.
»

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«Certo seguimi nel mio ufficio, nel frattempo ci facciamo
portare un caffè...»
Altro caffè pensò Arturo, voleva non accettare ma...
«Certo molto volentieri, ne ho bisogno e senza
zucchero...»
«Certo lo so...rispose Laura che in questo caso decise di
diventare addetta ai caffè...»
Entrarono assieme, quasi uno a fianco all'altro, nell'ufficio
di Giovanni, infatti la porta doppia con tutte e due le ante che
si aprivano contemporaneamente, lo consentiva.
L'ufficio non sembrava quello di una banca di credito
cooperativo, boiserie tutta attorno le pareti con libreria
alternata a porzione di parete vuota che accoglieva alcuni
quadri, qualcuno di buon gusto altri meno, comunque sempre
di buone firme; la scrivania rispecchiava la tonalità del legno
della boiserie, la poltrona del direttore, stile presidenziale e tre
poltroncine sempre in stile, davanti la scrivania; il pavimento
in parquet era ricoperto di tappeti...
«Vieni Arturo, sediamoci qui nel salottino...»
Ovviamente, immancabile il salottino, peccato lo stile del
divano delle poltrone, dire pacchiano era una gentilezza,
d'altronde non ci si poteva aspettare di più se una parte
dell'arredo l'aveva scelto il direttore..., bastava guardagli il
vestito che indossava ma soprattutto il nodo delle cravatta...
sembravano tre messe assieme... per quant'era grosso.
«Si bene perfetto» rispose Arturo.
Nemmeno il tempo di sedersi che entrò Laura.
«Permesso, Giovanni...ehm scusi, sig. direttore...» servì il
caffè e se ne andò senza dire altro.

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Arturo aveva capito dal tono confidenziale del saluto che
Laura aveva fatto al direttore, sicuramente in modo
involontario, che non si trattava del semplice rapporto
direttore-impiegata, lascio perdere e guardando Giovanni
accennò un sorriso.
«Allora dimmi Arturo di cosa vuoi parlarmi. »
«Una semplice curiosità o meglio un chiarimento, sai se
ne sentono molte in giro...»
«Ah sì certo, ci sono persone che aprono bocca per niente
e magari pensano di essere degli esperti o strateghi finanziari
e non sanno un bel nulla...» aggiunse Giovanni.
Arturo doveva improvvisare, d'altronde ciò che stava per
chiedere gli era venuto in mente nemmeno un'ora fa mentre
aspettava il caffè al bar.
«Qualche giorno fa ero con un noto professionista della
provincia, per discrezione non posso farti il nome, ma se sarà
il caso organizzerò un incontro per un pranzo o per una cena.»
«Si non preoccuparti...dimmi dimmi rispose Giovanni»
«Si parlava del più e del meno, appunto del settore
finanziario o meglio di alcuni strumenti finanziari e mi ha
detto che a un suo cliente, un'importate istituto del nord, gli ha
concesso un prestito dando in garanzia…»
«Prestando a garanzia...» interrompe Giovanni come per
correggerlo.
Arturo conosceva bene alcuni termini ma fare la parte, in
questo caso, dell'ignorante pensava fosse opportuno...
«Si hai ragione... sai non sono un tecnico...prestando a
garanzia..., una eredità ...» e qui si bloccò... ecco ce l'aveva

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fatta... era riuscito l'Azzardo... e a mettere sul piatto quella sua
strana idea.
«Si Arturo, effettivamente ne ho sentito parlare e penso
sia una cosa che si possa fare, però...» rispose Giovanni
«Però!'...» Chiese Arturo
«Ma... scusami, è una cosa che interessa a te!!?» chiese
incuriosito Giovanni
«No ma che dici...» rispose Arturo che aspettava quella
domanda.
«Si appunto...stavo per dire; continua Giovanni, penso
debba essere supportata da un testamento... e poi si dovrebbe
essere certi che il testatore non lo cambi... o che abbia altre
determinate convinzioni...»
«Convinzioni!!!? In che senso scusa...cosa intendi...non
capisco...»; chiese Arturo
«Beh semplice, se non vi sia alcun testamento tutto resta
esclusivamente agli eredi legittimi.»
«Vale a dire?» chiede Arturo
«Vale a dire...che alla moglie spetta un terzo e il restante,
in parti uguali ai figli..., ma può variare da casi a casi...»
«Con questo vorresti dire che quel che ha detto questo
professionista è fattibile.» chiese Arturo
«Sì certo...e potrebbe anche non servire l'assenso del
testatore, però sono operazioni “finanziarie” un po' particolari,
infatti non vengono nemmeno pubblicizzate o contemplate nei
servizi finanziari di una banca..., poi servirebbero delle perizie
e quant'altro riferito alla quota che si erediterebbe..., se
permetti ti faccio un esempio... però è un puro esempio...non
vorrei essere frainteso.»

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«Certo grazie e perché mai dovrei fraintendere.» rispose
Arturo.
« Conosco molto bene tuo papà Primo, ci conosciamo da
oltre vent'anni infatti è lui che mi ha spinto ad entrare in
questa banca..., ecco, e ripete; conoscendo come conosco io
Primo e il fatto che non sopporta i testamenti, anche perché
vivrebbe con l'ansia, sai quanto sia diffidente ma a parte
quest'ansia, sapendo qual è per lui il significato di Famiglia...
e che tutto deve restare in quella e niente dovrebbe andare
sperduto con altri che non ne facciano parte, sicuramente non
farà mai un testamento...; e qui Giovanni si fermò un attimo e
riprese; di conseguenza, ovviamente e un esempio, gli eredi
legittimi conoscono già a quanto ammonterebbe la loro quota
e..., comunque trovo questa cosa un po' perfida...» così
concluse Giovanni anche se a lui, in questo caso non
interessava molto la perfidia di una persona... guardava il suo
lavoro e di conseguenza suoi interessi...che fosse anche lui un
perfido!!!?...
Nuovamente quel brivido Freddo percorse la schiena di
Arturo, pensando appunto a come potesse essergli venuta in
mente una simile cosa... soprattutto dopo il colloquio che ebbe
con Antonio, il medico, sta di fatto però che si faceva luce la
possibilità di acquistare la proprietà lì, nel Arkansas e. di
colpo il brivido sparì...
«Va bene Giovanni, come sempre sei stato gentilissimo e
preciso...»
«Ma che dici Arturo, per te questo ed altro e se ti serve
qualcosa... qualsiasi cosa, sai dove trovarmi...». Giovanni

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dicendo quel “qualsiasi cosa”, lo fece poggiando la mano sulla
gamba di Arturo... stringendola un po'.
«Grazie, Giovanni... lo ricorderò ci rivediamo.»
«Presto, mi auguro.» rispose.
«Si può essere...» replicò Arturo.
Si alzarono tutti e due, Giovanni accompagno Arturo alla
porta, una pacca sulla spalla, non forte però e un ultimo
saluto.
«Allora a presto Arturo. Ciao.» disse Giovanni...
Arturo lo guardò ed uscì.
Qualcosa aveva intuito Giovanni, il direttore di
banca...che un po’ conosceva le caratteristiche di Arturo;
stessa cosa aveva pensato Arturo soprattutto quando
Giovanni... aveva fatto “l’esempio” ... ma gli andava bene!!?
Arturo scese le scale, quasi di corsa, non usò l'ascensore si
diresse verso l'uscita, un saluto sorridente e veloce a Laura e
uscì dalla banca.
Salì in auto, non sapeva se andare a casa a vedere se era
tornato papà o se andare a fare una corsa in auto..., si sentiva
strano e pensando a Giovanni, il direttore della banca, che
ripeté quel “qualsiasi cosa...” stringendogli la gamba... si
convinse che Giovanni aveva capito...

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Claudine3

«Oggi ti sei proprio superato Joseph, lo spezzatino era


sublime, ma come fai da vari pezzetti di carne far uscire tanti
sapori, non vorrei mai mandare giù il boccone solo al pensiero
che poi tutti quegli aromi spariscono.» disse la Miss Berringh
sul finire del pranzo.
«Grazie grazie zia Berringh, sempre troppo gentile però tu
sai bene quale carne comperare.» rispose Joseph bevendo
l'ultimo bicchiere di vino.
«Certo, me l'hai insegnato tu.» aggiunse zia Berringh.
Joseph guardò l'orologio mancavano 20 minuti alla 14.00,
sapeva che aveva un appuntamento.
«Dovete veramente scusarmi, ma devo assolutamente
andare altrimenti faccio tardi al mio appuntamento.» disse
Joseph che alzandosi dalla sedia, mise una mano in tasca al
giubbetto della tuta e uscì una busta.
«Zia Berringh ecco metto qui questa busta, ci sono 6.000
Dollari che in Sterline corrispondono agli affitti degli ultimi
due mesi oltre quelli dei prossimi tre; però se avete difficoltà a
cambiarli ci penso io.»
«Bene, grazie mio caro, abbiamo un conto in dollari, li
verseremo su quello, ma non serve che ci anticipi i prossimi
tre mesi, se ti servono puoi tenerli non abbiamo urgenza.»
disse zia Berringh
«No tranquilla, ho chiuso una buona operazione in borsa e
posso permettermelo senza problemi; ora devo veramente

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andare.» Si avvicinò a zia Berringh si chinò un bel po' e le
diede un bacio in fronte.»
Zio Berringh, già da 10 minuti si era seduto in poltrona e
come ogni pomeriggio, alla solita ora, stava facendo il suo
sonnellino.
Joseph scese velocemente le scale, entrò nella sua stanza e
per prima cosa inviò un messaggio a Claudine3, “Ciao
scusami ritardo di circa 30min ma recupererò trattenendomi di
più. Bacio”
Apri l'anta destra del grande armadio....e guardò il suo
non molto fornito ma essenziale guardaroba, quattro camicie,
due uguali, tinta azzurro chiaro in tessuto Oxford con collo
botton down, una bianca ed una sportiva, quattro paia di
pantaloni due grigio scuro uno blu scuro e un jeans, una
decina di cravatte e quattro giacche, 1 blu, 1 grigio scuro e
due sportive in Prince of Galles, ovviamente, taglio classico
inglese, un cappotto blu, un impermeabile, rigorosamente
Burberry e un giaccone sportivo; questo il guardaroba
invernale, l'estivo cambiava solo per quanto riguarda la
pesantezza e tipo di tessuti delle giacche, le tinte le medesime;
pochi capi ma di buona sartoria tutti su misura e con tessuti di
prima qualità.
Indossa un pantalone grigio scuro abbinato a giacca blu
con sotto camicia azzurra e cravatta regimental, uno sguardo
dalla finestra, pioveva poco, prese l'impermeabile, il giusto
abbigliamento, d'altronde aveva appuntamento da un
avvocato..., questo aveva detto a Claudine3.
Un'occhiata allo specchio, tutto in ordine, possiamo
andare...disse fra se e se.

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Una volta in strada trovò immediatamente un taxi, al
parcheggio.
Erano le 14.45 quando suonò il campanello di Claudine
Dorrel.
«Non ci speravo più, questa fu la prima cosa che Claudine
disse al citofono; dai dai sali di corsa.»
L'appartamento di Claudine3 era posto all'ultimo piano di
una elegante palazzina in stile liberty di due piani, in Hertford
Street, due soli ampi appartamenti.
La cura dell'esterno che quella dell'interno, le finiture, i
particolari dell'ingresso, rispecchiavano le caratteristiche del
proprietario, che era il papà di Claudine3, presidente del
Royal Bridge Circle ... etc… etc...
Arrivato al secondo piano, uscì dall'ascensore, la porta
dell'appartamento era socchiusa, fece un respiro e un sospiro
ed entrò dicendo:
«È permesso!!? C'è qualcuno in casa!!? »
Si tolse le scarpe ed appena attraversò la porta del
corridoio che portava al reparto notte, quando d'improvviso,
da dietro, due mani le coprirono gli occhi e una voce non
particolarmente soave, un po' stridula, almeno così lui la
sentiva, cercò di sussurrargli all'orecchio
«È certo di cercare la persona giusta!!? Non pensa che
possa già essere andata via e mandato un'altra a sostituirla!!?
e, se così fosse, l'accetterebbe ugualmente facendo le stesse
cose che fa a Claudine.»
«Veramente dovrei prima vedere di che persona si
tratta...ma sarei un esigente in questi casi... se permette mi
volto per controllare.» rispose Joseph.

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«E no…ora prosegua dritto ...tranquillo la guido io e poi
si vedrà...»
Il proseguire dritto portava ovviamente nella stanza da
letto, le cui dimensioni erano una volta e mezza la stanza di
Joseph, con un caminetto acceso da poco e posto proprio di
fronte al letto...
«Un momento ancora…, sussurrò, staccò le mani dagli
occhi di Joseph e riprese; ecco ora si può voltare...»
Joseph iniziò a voltarsi lentamente, non gradiva
particolarmente la voce di Claudine3, infatti cercava sempre
di parlare lui quando stavano assieme, ma Claudine aveva un
corpo che faceva dimenticare la sua voce...; appena girato si
trovò davanti Claudine3 che indossava un baby doll nero,
trasparente che faceva intravedere che sotto non indossava
nulla, aveva in mano due flûte di Prosecco millesimato, lei ne
aveva fatta una scorta, sapeva che Joseph lo preferiva a
qualsiasi altro vino con le bollicine come lo chiamava lei.
«Ecco questo è il mio primo bentornato...; gli porse un
flûte mentre con il suo si accarezzò le labbra e continuò, a noi
due...Amore.»
«Ahh... A noi due dici!!? E allora a noi due» rispose
Joseph, poco convinto di quel brindisi, pensava a ben altro.
Claudine gli si avvicinò per baciarlo, appoggiò le labbra
alle sue e percepì che non veniva corrisposta, fece per
allontanarsi ma Joseph la prese da sotto un braccio e....cercò
di baciarla mettendoci un po' di passione ma... non gli riuscì
molto bene...; Claudine non se ne accorse e così proseguì; lei
gli tolse la giacca, poi la cravatta, sbottonò il collo della
camicia facendo la stessa a discesa con gli altri bottoni.

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Di ricambiare Joseph non ne aveva voglia e,
fortunatamente, visto l'abbigliamento di Claudine3 doveva far
gran poco era...tutto era già fatto.
Claudine spinse Joseph vicino al letto, gli tolse la camicia
appoggio le mani sul petto del “suo” uomo, pensava lei, e lo
spinse indietro sino a farlo sdraiare.
La cosa che più desiderava Joseph in quel momento era
quella di sdraiarsi su di un letto, però per chiudere gli occhi e
cercare di rilassarsi..., quello però non era il letto giusto...
«Amore...cosa c'è mi sembri un po' strano... disse
Claudine cercando sempre di fare una voce sensuale e che già
era sdraiata su Joseph.»
«No nulla...ho avuto una mattinata un po' tesa con
l'avvocato... sai un contratto un po' contorto e poi ha ordinato
un pranzo thailandese che penso, anzi di sicuro, non ho
digerito.»
«Dai rilassati…vedrò di farti fare digestione io...» rispose
Claudine, slacciandogli i pantaloni ed entrando con la mano
all'interno.
Joseph non ce la fece più... sperava che si chetasse, ma
Claudine3 era priva di sensibilità, guardava solo il suo
piacere; poggiò la mano sulla sua spalla e senza alcuna fatica
gli fece fare mezzo giro sul fianco e l'altro mezzo
accompagnando il corpo alla sua destra; poi alzò il capo e
rivolto verso Claudine3 e, cercando di sussurrargli in modo
fra il garbato seccato gli disse:
«Ma quando mai imparerai a percepire se ho o meno
voglia di far l'amore con te...?» E si sdraiò nuovamente...

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«Con te!!!!, cosa intendi dire con il, con te...» replicò
Claudine
«Intendevo dire che non è momento buono.
«E no... ho capito bene..., hai detto con te e per me questo
vuol dire che se non fossi io lo faresti...» aggiunse Claudine
...Forse ha ragione, anzi ha sicuramente ragione, pensò
Joseph, d'altronde, la prima volta che fece l'amore con
Claudine è stato perché attirato dal suo corpo e il continuare a
farlo è stato solo perché lei era la figlia di ser Charles Dorrel e
il suo fine era entrare nel Royal Bridge Circle ai quali ai soci
veniva data inoltre la tessera di iscrizione ad una delle più
esclusive darsene appena fuori Londra..., la “Royal Boats
Circle”, che consentiva, ovviamente, di entrare ed uscire senza
problemi o controlli e a Joseph, tutto ciò che era
Royal....Circle, interessava... perché sapeva che in quei circoli
avrebbe trovato prima o poi i finanziatori di qualche suo
nuovo o qualcuno dei vecchi progetti speculatavi-finanziari
che aveva nel cassetto, aspettava di trovare la persona giusta e
quelli erano i posti giusti.
«Senti Claudine, non è il caso, veramente, la mia
mattinata non è stata delle migliori, pertanto ti prego facciamo
come se non avessi detto nulla...come se non fosse successo
nulla...»
«E no mio caro…esigo una spiegazione...non mi interessa
se la tua mattinata non è stata delle migliori... e io ho
rinunciato ad andare al consiglio di inizio mese che sai quanto
importante è per me!!! »
A quella risposta, se fosse arrivata in una giornata come
tante altre..., Joseph non gli avrebbe dato peso, anzi

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probabilmente non ci sarebbe stata, avrebbe fatto l'amore,
“velocemente” ... quel tanto che serviva per farla contenta...
ma in quel momento, dopo la notizia della mattina e ciò che
gli stava passando per la mente, fu come se qualcuno avesse
aperto il contatto di un interruttore e fatto accendere la
lampadina...
« Ma quale interesse per il consiglio, non l'hai mai avuto e
tanto meno oggi e se non ti presenti i facenti parte son più che
felici, a cominciare da... per finire a...; ed elencò nome e
cognome dei sei consiglieri, con i quali aveva stretto buona
amicizia, con ognuno dei quali aveva vinto più qualche partita
a bridge e un torneo con il vicepresidente e riprese; Sei “IN-
CON-SI-DE-RA-TA” e non l'hai mai capito... e questo non
vale solo per loro...; per quale motivo credi che io abbia
continuato a vederti e a fare l'amore con te..., ma lo ha capito
almeno!!?...e ora lascia che ti dica ancora una cosa...»
Claudine...restò quasi ammutolita dalla reazione di
Joseph... prese un po' di fiato e replicò.
«Immagino già cosa vuoi dirmi... scusami amore non
volevo dirti queste cose..., ti avvicinerai a me e mi bacerai
come solo tu sai fare...» disse Claudine.
«Non ti dico altro Claudine non serve... tanto se non ti
senti ferita dopo quel che ho detto a che serve continuare.»
concluse Joseph.
Si alzò dal letto, prese la camicia e la cravatta e uscì dalla
camera mostrando a Claudine3 le sue larghe spalle e la
schiena ben tornita e con le fasce muscolari ben disegnate che
Claudine adorava accarezzare...; ma...lei aveva capito che
quella era l'ultima volta che guardava quella schiena…!!?

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Presa la giacca e il Burberry che aveva appoggiato sulla
poltroncina in ingresso, Joseph aprì la porta e la accompagnò
per chiuderla, onde sbatterla, scese le scale e nel mentre lo
faceva si metteva la camicia, lasciandola fuori dai pantaloni,
indossò la giacca e mise la cravatta in una tasca; apri la porta
d'ingresso per uscire e...., si trovò davanti ser Charles, il papà
di Claudine3, che restò non poco meravigliato nel vedere
Joseph uscire vestito non completamente in ordine.
«Ciao Joseph, vai di fretta? Claudine è nel suo
appartamento? Vieni vorrei parlarti appunto di voi due.» disse
ser Charles che sapeva bene della relazione fra Joseph e sua
figlia...
«Scusami Charles; Joseph dava del tu al papà di Claudine,
c'era della confidenza visto che qualche incontro con delle sue
“amiche” glielo aveva organizzato lui... e continuò; penso non
ci sia assolutamente nulla di cui parlare su me e Claudine;
scusami nuovamente ma vado un po' di fretta. Ciao ci
vediamo» e proseguì la sua strada.
Charles restò di stucco alla risposta di Joseph e
ovviamente la prima cosa che fece fu quella di salire
nell'appartamento di Claudine per avere delle spiegazioni.
Fortunatamente non pioveva più, un pallido sole era
riuscito a farsi spazio fra le grigie nuvole, Joseph si mise il
Burberry sulle spalle e pensò: l'ho fatta veramente grossa...
forse dovevo aspettare ancora un po'... ora mi arriverà la
lettera di estromissione dal circolo...; poi, riflettendoci, arrivò
alla conclusione che non gli avrebbero inviato nulla a molti
era simpatico nel circolo e poi Charles... sapeva che io
sapevo... pertanto...attento Charles...; estrasse il telefono dalla

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tasca, andò su: Rubrica-Cerca-Claudine3 D-cancella-Ok... e lo
fece sorridendo; Rubrica-Cerca-Claudine1- Chiama, due
squilli...
«Joseph, ciao cosa è successo? Non dovevi passare da me
stasera?»
«Si però...se ci sei passerei fra un po'...»
«Certo...rientro a casa per le diciotto a dopo.»
«Grazie, ciao a dopo.»
Riattaccarono entrambi nello stesso istante.
Joseph guardò l'ora, poco più delle sedici, ancora due ore
per incontrare Claudine1, sempre che non ritardasse; abitava
dalla riva opposta del Tamigi in un quartiere immerso nel
verde di un parco e a piedi, da dove si trovava ora, serviva
almeno un'ora se il passo era lesto; pensò che erano 15 giorni
che non andava in palestra, pertanto, quale buona occasione
per una sana passeggiata, anche se l'abbigliamento non era di
quelli adatti, sarebbe inoltre stata una buona occasione per
riflettere...e si incamminò.

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A.A

Sono passati circa nove anni da quella sera... quando


Arturo disse a papà Primo che sarebbe andato in America e
fatto le sue richieste.
Sono passati circa nove anni da quel giorno... quando
Arturo andò a parlare, prima con Antonio il medico e poi con
Giovanni il direttore della banca.
Sono passati circa nove anni da quel pomeriggio...quando
Arturo incontrò Giovanni, non in banca, ma in una trattoria a
venti chilometri dal loro paesino; era stato Giovanni a
chiamarlo chiedendogli di incontrarsi e a quell'incontro iniziò
il discorso con:
«Si può fare...Arturo, ho valutato il tutto e da quel che ho
visto...ti ripeto che si può fare...»
Arturo rimase o fece finta di rimanere un po' meravigliato
per quel che Giovanni gli diceva...e rispose
«Si può fare!!!?...ma da cosa hai capito che quanto ti ho
chiesto la settimana scorsa era riferito a me e a…»
«Ti conosco bene e come ti avevo detto conosco bene tuo
papà e se vuoi nell'arco di dieci giorni posso far predisporre
un importo pari al trenta-percento delle proprietà Argenton…
che è pari a....»
Arturo non credeva a ciò che sentiva...
«Ma... ma... Giovanni, qualcosa mi sfugge... tu sai
qualcosa di più...»
«Effettivamente penso di sapere quasi tutto, Primo è
passato in banca il giorno successivo la tua visita, mi ha

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chiesto che tipo di prestito e quanto avrebbe potuto ottenere,
spigandomi il motivo...»
«E..replicò Arturo.»
«E che volevi fare l'operazione da solo...e ti aveva
risposto che in caso avrebbe acquistato lui... da questo ho
capito che... e mi son permesso di fare una verifica e ti
ripeto...Si può fare...»
Erano seduti sotto la pergola della trattoria, sul tavolo del
pane e una bottiglia di vino in attesa che arrivasse ciò che
avevano ordinato per pranzo...e ripetendo quel "Si può
fare"...Giovanni, come fece nell'incontro in banca, poggio la
mano sulla gamba di Arturo stringendogliela un po'...
Arturo capì... e questa era la conferma di ciò che si
vociferava...sul conto di Giovanni...
«Allora cosa dici Arturo, pensi che dieci giorni vadano
bene per avere a disposizione la somma che ti serve!!?» chiese
Giovanni...
«Si dieci giorni sarebbe perfetto..., però la somma che mi
serve non sarebbe veramente quella corrispondente al trenta
percento della proprietà ma quanto meno il sessantacinque-
percento.»
«Il sessantacinque-percento!!!! Mi sembra esagerato e
forse sarebbe un'imprudenza...» rispose Giovanni.
«Son certo che se vuoi... Si può fare... gli rispose Arturo e
questa volta fu lui a poggiare la mano sulla gamba di
Giovanni, stringergliela un po'...»
Sono passati circa nove anni da quell'incontro... quando,
finito di pranzare, Giovanni e Arturo occuparono una delle
stanze sopra la trattoria...e....

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Sono passati circa nove anni da quando Giovanni...,
qualche giorno successivo quell'incontro, appose cinque
firme, dove gli indicava Giovanni senza leggere cosa stesse
firmando... era certo di potersi fidare, infatti Giovanni, dopo le
firme gli mise a disposizione e immediatamente fece
trasferire, come dà indicazioni di Arturo, la somma
corrispondente al cinquantacinque-percento della proprietà
Argenton...
Arturo non chiese come avesse fatto a fargli avere quella
somma, sapeva però cosa aveva fatto... lui per averla...
E dopo circa nove anni in un tiepido mattino di maggio, il
postino consegnò direttamente nelle mani di Giuseppe, una
grande busta proveniente dall'America con il logo e nome del
mittente che non si leggevano bene, erano sbiaditi, come se la
busta avesse preso dell'acqua; era indirizzata appunto alla
Famiglia Argenton.
La casa degli Argenton era sempre la solita, quel dì erano
presenti tutti, mamma Ida, Achille, con qualche capello bianco
anche se non ancora cinquantenne e cha da un po' di tempo si
era accompagnato con una donna semplice e pure carina,
Lorella, che ben aveva legato con i figli Giuseppe e Alfredo
presenti anche loro; nonno Primo era mancato circa nove anni
fa....
Giuseppe, che aveva quasi ventiquattro frequentava
l'università si stava per laureare e i risultati erano più che
ottimi, come quelli con le donne..., per quest'ultimi chissà da
chi aveva preso...
«Papà papà è arrivata una busta dall'America penso sia zio
Arturo.» disse Giuseppe

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«Ne sei certo!!?» rispose Achille
«Ho detto penso..., comunque chi vuoi che ci scriva
dall'America...conosci qualcun'altro!!!'» rispose Giuseppe.
«Aprila e se è lui... vediamo che ci scrive e tu Alfredo vai
chiamare nonna Ida, anzi no è meglio che andiamo noi da lei
che fa fatica a muoversi.»
E si nonna Ida che aveva da poco aveva superato i
settantacinque anni e da quando Primo se n'era andato, non
era più lei.
Primo l'avevano trovato lì dove ogni mattina andava, in
una delle tre stalle della tenuta, la prima; era disteso a terra la
faccia sul fieno, sembrava lo stesse odorando, gli piaceva
tanto quell'odore; lo faceva spesso, prendeva una manata di
fieno e se lo portava al naso e lo odorava....; era lì, con una
mano stringeva i guanti che avrebbe dovuto infilarsi per poi
prendere la forca e mettere il quotidiano nutrimento nelle
mangiatoie delle sue vacche e l'altra mano sulla bocca come
se stesse per soffocare un urlo... il cuore gli si era spezzato...
«Nonna nonna, grida Alfredo, è arrivata una busta
dall'America. »
«È arrivata cosa!!? Parla più lentamente che non capisco.»
«Una busta dall'America mamma» ripete il Achille.
«Se chi scrive è Arturo, spero ci sia qualche
spiegazione...» disse mamma Ida... che sempre pensava a quel
figlio.
Si, mamma Ida sperava ci fosse appunto qualche
spiegazione, perché dopo che Primo se n'era andato fra i
pascoli del cielo, erano successe molte cose... una della quali
riferite alla proprietà Argenton... si era poco più che

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dimezzata...; erano passati circa nove anni, da quando Arturo
aveva apposto le cinque firme in ufficio di Giovanni, solo che
invece di un finanziamento il buon Giovanni, “affidabile
amico e direttore di banca” gli aveva fatto firmare la vendita
di una cosa futura, esattamente il cinquantacinque-percento
della proprietà Argenton comprese due stalle e due casolari
già ristrutturati... vale a dire l'intera quota spettante ad Arturo
e una parte di quella di Achille che però riuscì al salvare in
quanto mamma Ida decise di dare la sua, praticamente quasi
tutta...
Ovviamente questa faccenda non era stata presa bene da
Achille anche se alla fine si era buttato, forse..., tutto alle
spalle; ai figli ancora piccoli non era stato aveva detto nulla,
preferì non informarli, non voleva dargli preoccupazioni,
voleva che stessero tranquilli; ora però era giunto il momento
che sapessero.
«Allora Giuseppe, hai aperto questa benedetta busta»
disse Achille.
Giuseppe prese un coltellino che solitamente usava come
tagliacarte, fece entrare la punta fra i lembi che chiudevano la
busta e iniziò a spingere pian piano andando su e giù con la
lama...
«Muoviti Giuseppe, lo incitò Alfredo suo fratello...
straccia i bordi che fai prima...
«Quando mai imparerai Alfredo a essere un po' più
garbato, rispose Giuseppe, anche quando apri le buste devi
metterci un po' di garbo... altrimenti la sorpresa
dov'è...immagina sempre di aver a che fare con una
donna...capito fratellino...»

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Tale risposta portò, ovviamente, a una piccola risata
generale.
Giuseppe arrivò alla fine del bordo della busta, una volta
aperto lo allargò un po' per vedere cosa conteneva...; infilò
due dita, l'indice e il pollice come fosse il becco di una pinza,
strinse il becco ed afferrò una serie di fogli, forse una decina e
li sfilò...., erano all'interno di un foglio più grande piegato in
due che fungeva da cartellina e fermati con una clip al centro,
tolse la clip e apri la cartellina; presa una prima, grande
fotografia a colori e la pose sul tavolo; era la foto del porto
industriale di Little Rock , capoluogo dello stato
dell'Arkansas, appunto dall'omonimo fiume; sino a qui niente
di particolare ma, in primo piano sulle banchine del porto
erano attraccate 10 chiatte, non in fila, 4 attraccate alla
banchine e le altre su due file attraccate alle prime e, da quelle
che avevano la murata libera risaltava una scritta con lettere
gialle su un fondo marrone scuro: A.A., ben evidenziato, in
alto e poi sotto: “Arthur Arghensthone inc.” e subito sotto la
scritta, “Trade of corn and livestock. Little Rock - Arkansas
-”
Spostarono quella foto e altre sempre del porto con le
chiatte ben in vista, ma da angolazioni diverse. Poi le
successive foto non erano di un fiume o di chiatte, ma dello
una scalo ferroviario di Little Rock, più precisamente le foto
erano dello scalo della compagnia ferroviaria Union Pacific e
in primo piano, una serie di convogli ferroviari, alcuni con
vagoni atti al trasporto bestiame, forse 20-30 vagoni, per
convoglio e su ogni vagone risaltava la medesima scritta delle

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chiatte: “A.A. Arthur Arghensthone inc. -Trade of corn and
livestock- Little Rock -Arkansas-”
Tutti guardavano quelle foto senza appunto capire...cosa
volessero significare, tutti... tranne Giuseppe.
«Ma cosa significherebbero queste foto...» interruppe il
silenzio Achille.
«Ma papà, replicò Giuseppe, non l'hai capito!!!?...è zio
Arturo...»
«Come zio Arturo...» aggiunse nonna Ida.
«Si è sicuramente la società di zio Arturo e potrebbe
essere che abbia cambiato nome e cognome.»
«Ma cosa dici Giuseppe...vuoi dire che Arturo ha
cambiato nome e cognome? E per quale motivo!!? forse si
vergognava di essere un Argenton...?» replicò Achille
diventando un po' scuro in volto.
«Non penso si vergognasse ma ritengo che abbia cambiato
effettivamente nome e cognome, infatti A.A sono le medesime
iniziali, comunque qui c'è una lettera vediamo cosa c'è
scritto.» aggiunse Giuseppe.
Achille allungò la mano per prendere lettera, un'occhiata
veloce poi la diede a Giuseppe dicendogli:
«Tieni leggila tu è scritta in inglese, mi sembra, ma non
vorrai che tuo zio ci scriva in inglese!!!?.» Aggiunse
A quella frase Alfredo si mise a ridere, nonna Ida invece
era seria, curiosa di sentire cosa c'era scritto in quella lettera.
Non è in inglese ma in americano, dice Giuseppe, le
lingue gli piacevano e l'inglese lo parlava fluentemente
La lettera inizia con

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“Scrivo a tutti voi. Sono passati circa 9 anni da quando
sono partito e di cose qui ne sono successe molte e tutte
positive, posso dire che la fortuna mi ha sorriso, tutto è andato
come avevo programmato e forse di più. L'azienda agricola
che ho acquisto che già era grande, circa 8000 acri, ora è di
10.000 e do lavoro a circa 200 persone.
Le chiatte e i vagoni ferroviari che vedete nelle foto,
appartengono alla A.A., "Arthur Arghensthone inc."che sono
io; la A.A., è conosciuta a livello internazionale e il suo mais e
bestiame sono commercializzati in tutta l'America, vorrei
arrivare anche in Europa ma è difficile... “difficile lo credi tu,
pensò Giuseppe” mentre leggeva. Ho saputo che papà Primo
se n'era andato dopo due mesi dal mio arrivo qui; ovviamente,
ho provato molto dolore non essere presente, sicuramente ora
sarebbe contento di vedere quello che ho creato qui, da solo.”
«Sarebbe stato contento di quello che hai creato ma non di
quello che hai fatto per crearlo...» borbottò Achille.
«Come sarebbe a dire, quello che ha fatto per crearlo»
chiede Giuseppe, interrompendo la lettura.
«Lascia che Giuseppe continui a leggere», replicò nonna
Ida.
Giuseppe riprese con la lettura
“Ho anche un'altra notizia da darvi, fra non molto e
precisamente fra due mesi, mi sposo con Giuliette Florand,
figlia di Gilbert Florand il vecchio proprietario dell'azienda
che aveva anche un figlio più giovane deceduto da circa un
anno causa una grave malattia.
Mi piacerebbe e vorrei avervi tutti al mio matrimonio;
nella busta più piccola troverete quattro biglietti di aereo in

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business-class, sono per il viaggio di andata e ritorno; il volo è
il più veloce poco più di dodici ore e un solo uno scalo; potete
scegliere voi la data di partenza e ugualmente quella di
ritorno; per l'alloggio non ci sono problemi avrete una casa
vicino alla mia a completa disposizione con personale di
servizio e quant'altro; e tu mamma Ida non preoccuparti non
te ne accorgerai nemmeno del viaggio l'areo è comodissimo.
Datemi conferma di quando partite io sarò all'aeroporto di
Little Rock ad aspettarvi.
Un abbraccio a tutti.
ARTURO.”
«Almeno la firma l'ha scritto in Italiano», chiede mamma
Ida,
«Si nonna è in Italiano guarda.», risponde Giuseppe
facendogli vedere la lettera.
«Comunque, riprende nonna Ida non ci penso nemmeno a
prendere l'areo e tanto meno ad andare al suo matrimonio,
chissà quale puttanella avrò trovato da sposare li... alzò gli
occhi al cielo e continuò... Ahhh!!! Primo... Primo… mio,
dammi la forza di non andare...»
«Ma dai nonna cosa dici... replica immediatamente
Giuseppe; d'altronde lo aveva detto zio Arturo che ci avrebbe
portati in America, quella famosa sera...»
«Veramente..., replica papà Achille, l'aveva detto a te... e
mi sembra che sei ancora qui; lo ricordo bene anche se me ne
stavo lì seduto vicino al caminetto e a tutto avevo pensato... e
poi farsi sentire solo ora, anzi scrivere, perché di farsi sentire
non ha il coraggio, dopo aver fatto quel che ha fatto...»

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«Papà..., continuò Giuseppe, si può mai sapere cosa ha
avrebbe fatto zio Arturo prima di partire...»
«Cosa ha fatto!!!?...bene ora è il momento che sappiate
bene tutto, siete grandi ormai tu e tuo fratello... e continuò, ma
dove pensate abbia trovato i soldi per comperare la campagna
in America a Lit Ro...»
«Papà si dice Little Rock...» precisò Giuseppe.
« Si vabbè ci siamo capiti... comunque i soldi non glieli ha
dati nonno Primo ma..., il caro zio Arturo ha venduto una
parte dell'azienda e nessuno sapeva nulla... e non si è limitato
a vendere solo la sua parte ma anche quella di nonna Ida e
questo con la complicità di Giovanni, il suo “amichetto” ex
direttore della banca che, sapendo della malattia del nonno,
non solo gli ha fatto avere i soldi ma l'ha pagata poco della
metà di quel che valeva, infatti dopo nemmeno una settimana
dal funerale di nonno Primo ci è arrivata una comunicazione
del notaio e non potevamo fare nulla, il caro Giovanni aveva
rivenduto la parte della campagna e fortunatamente i nuovi
proprietari che avevano acquistato per investimento e non per
lavorarla l'hanno data in gestione a me, ecco perché non vi
siete mai accorti di nulla, erano cambiati una parte dei
proprietari ma non chi gestiva e lavorava il tutto..., avete
capito ora come stanno le cose!!!? finendo la frase con il tono
della voce più alto.
Giuseppe e Alfredo ascoltavano con attenzione e la loro
espressione cambiava man mano che papà Achille raccontava.
«Ma papà, lo interruppe stranamente Alfredo, il direttore
della banca che fine ha fatto... perché se è in giro io lo fermo
e....»

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«Giovanni, il direttore della banca si era licenziato subito
dopo... forse per andare a godersi il gruzzoletto, solo che non
se l'è goduto più di molto...»
«In che senso, chiede Giuseppe..., è stato arrestato!!? »
«No no...ci ha pensato la giustizia divina...è morto dopo
pochi mesi di quella malattia che può colpire chi ha dei
determinati vizietti...
«Vuoi dire che aveva l'Aids, ma era...gay!!?» chiede
Giuseppe...
«Non so se lo fosse, so solo che gli piaceva andare con gli
uomini..., ci aveva provato anche con me... strano perché in
giro si diceva che amava più i tipi come zio Arturo...»
«Come...!!!? vorresti dire che zio Arturo...». Replicò
Giuseppe.
«Non lo so... non dico nulla... non dico altro, dobbiamo
pensare cosa rispondere, cosa dici mamma Ida…»
Si voltò e ripeté..."cosa dici mamma Ida..."
Mamma Ida, che non sedeva più sulla sua solita
poltroncina di bambù ma su una di quelle poltrone che si
alzano per dare aiuto a chi ha problemi di articolazioni e
mamma Ida ne aveva, si era addormentata...anche se mattina...
ogni tanto gli capitava..., che quella mattina l'abbia fatto
volutamente!!!?.
«Va bene ragazzi lasciamola dormire...poi si deciderà se
andare o meno...» disse Achille
«Io ho già deciso...risponde Giuseppe...ci vado, il biglietto
c'è sia per l'andata e il ritorno, domani mi informo se serve il
visto e in quanto tempo lo danno...»

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Achille guardò Giuseppe e non con molto stupore,
aspettava questa una risposta simile e replicò:
«Ho già sentito questa frase, non proprio uguale ma l'ho
sentita...mi auguro che tu abbia assimilato solo questo da tua
zio..., comunque si deciderà nei prossimi giorni assieme a
nonna Ida e poi io vorrei portare anche Lorella...
«Mi sembra giusto». disse Giuseppe...
«Si anche Lorella, replicò Alfredo..., vado a dirglielo»
Da quando Arturo era partito e Primo dipartito..., Alfredo
era cambiato o forse aveva messo in mostra il suo carattere...
era sempre stato di poche parole, ma ora... chiare e decise.
«Ne parliamo nei prossimi giorni, nei prossimi giorni a
cena; ripeté in modo deciso Alfredo dirigendosi verso la stalla
nr 1... e accennando un sorriso non molto convinto..., andate a
fare il vostro dovere che è più importante.» disse.
«Ok papà.» risposero in coro di due fratelli.

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L'arrivo di “Segugio”

Era la seconda volta, nell'arco di quasi tre mesi che


“Segugio” così era soprannominato il commissario Philippe
Gordine di origine francese, capo e referente delle squadre
omicidi dell'Arkansas, che si recava a far visita e non di
piacere, in casa Arghensthone.
La prima volta, circa tre mesi fa, dopo che in uno strano
incidente stradale perirono la moglie di Arthur, Giuliette e la
figlia Geraldine di sei anni.
Con la prima visita “Segugio” dopo varie e delicate
domande fatte ad Arthur gli chiese come mai avesse cambiato
cognome, cosa peraltro fattibile nello stato dell'Arkansas fatto
salvo l'avere determinate caratteristiche, in primis le
informazioni sulla buona condotta, soprattutto penale, poi
dimostrare di essere proprietario o di aver la possibilità di
divenirlo acquistando una proprietà immobiliare e..., 8.000
acri erano una proprietà oltremodo soddisfacente..., ulteriori
referenza erano il proprietario dell'azienda agricola che Arturo
stava acquistando ed era delle migliori..., per ultima il fatto
che si era fidanzato con Giuliette, la figlia Gilbert Florand,
anche se non serviva, ma Arturo aveva questa dote, attraeva
ed era attratto dalle donne... e non solo....
Soddisfatta quest'ultima curiosità, il commissario Philippe
Gordine aveva interrogato, uno alla volta e spesso
d'improvviso, tutto il personale di servizio, nove persone, dai
domestici alla cuoca, dal giardiniere all'autista Martin

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sostituito da suo figlio Paolo, in quanto, da poco più di un
mese il padre era mancato a causa di uno strano incidente.
Paolo, come papà Martin, oltre che autista era un po' il
factotum di Arthur, infatti, oltre che alla gestione del ricco
parco macchine, composto di 14 automezzi fra auto d'epoca,
suv o campagnole, auto sportive di rappresentanza, si occupa
sia della contabilità di casa sia della gestione del personale di
servizio.
Tutte le auto dovevano essere sempre pronte a partire, Mr.
Arthur voleva che almeno una volta al mese, venissero
sottoposte a una verifica generale.
Era un sabato della seconda settimana di marzo che una
spider gialla, di un noto marchio automobilistico tedesco,
stava percorrendo la statale che da Little Rock porta al Pinacle
Mountain State Park, la giornata era limpida e ben soleggiata;
Giuliette su insistenza della figlia Geraldine aveva rallentato
sino a raggiungere la velocità consentita per aprire il tetto
dell'auto, che con movimento dolce è perfetto andava poi a
nascondersi nel bagagliaio, il suono del cicalino indicava che
era possibile riprendere velocità, cosa che Giuliette fece.
La strada iniziava ad inerpicarsi su per il Pinacle
Mountain e le curve che si susseguivano Giuliette le
conosceva bene, le aveva imboccate a varie velocità e l'auto
che guidava invitava a farlo ma con Giuliette a fianco, la sua
guida era tranquilla, anche perché voleva ascoltare la voce
della figlia stava canticchiando la sua canzone preferita.
A sinistra la montagna, a destra un panorama mozzafiato
che faceva vedere la vallata con lo sfondo delle colline e dei
boschi colorati dei colori di quel periodo dell'anno, molte le

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sfumature dal verde al giallo, dal marrone al rosso chiaro,
colori che si intervallavano a seconda della posizione e della
luce del sole.
Geraldine continuava a cantare e Giuliette pregustava
l'arrivo al cottage, regalatogli da Arthur e posto in prossimità
dell'ingresso del Pinacle Park
Lì, a cento metri la curva del Corvo, soprannominata così
perché molti di quegli uccelli neri andavano a riposare fra gli
alberi; Giuliette conosceva bene quella curva, una leggera
pressione sul pedale del freno, per rallentare l'andatura ma... il
pedale scende sino a fine corsa, Giuliette è costretta a sterzare
bruscamente, l'auto tiene la strada sino a metà curva e poi,
nonostante i controsterzo dati, inizia a sbandare, due giri su se
stessa, urta il guardrail, a protezione della scarpata, l'auto
rimbalza dalla parte opposta dove c'era un verde prato e un
solo albero, una quercia secolare con ampi rami che
sembravano grandi braccia pronte ad abbracciare... e così
fecero quasi in contemporanea con Giuliette e Geraldine, dopo
che la spider gialla, urtato il cordolo del marciapiede, ha
catapultato quei due corpi verso quelle braccia.
Passò più di un'ora prima che qualcuno, lì di passaggio, si
fermasse e chiamasse i soccorsi che arrivarono dopo circa
quindici minuti... ma era troppo tardi..., quella fu l'ultima volta
che le colline del Pinacle vedevano passare in auto Giuliette e
Geraldine.
Solo verso sera, il personale di servizio, del cottage di
Pinacle, preoccupato perché Giuliette non era ancora arrivato,
chiamò in villa Arghensthone e poco la notizia arrivò ad
Arthur.

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L'auto venne posta sotto sequestro e ancora parcheggiata
nel garage del comando di polizia di Little Rock su ordine del
commissario Philippe, in attesa che venisse effettuata
un'attenta perizia del mezzo...
Il giorno della scoperta del corpo di Mr. Arthur, al suo
arrivo nella proprietà Arghensthone, il commissario trovò già
la scientifica.
La casa, un grande casa bianca, in puro stile coloniale
all'interno si presentava tutto in ordine; in un salottino d'attesa
posto immediatamente a destra dell'imponente ingresso stava
radunato tutto il personale di servizio, chi stava seduto sul
divano chi sulle poltroncine chi in piedi, passeggiando avanti
e indietro.
Più avanti sulla sinistra, un'ampia scalinata bianca si
alzava sinuosa, introducendo chi la saliva al primo piano per
poi continuare, dopo un ampio ballatoio, verso il secondo; in
fondo all'ingresso dopo un ampio salone la generosa sala da
pranzo si trovava il grande studio di Mr. Arthur, dotato di una
camera da letto e un bagno il cui accesso era attraverso una
porta camuffata a libreria che occupava un'intera parete di
circa sei metri di lunghezza.
Nello studio due agenti della scientifica e il medico legale
che all'ingresso del commissario lo salutò con l'apostrofo:
«Ciao Segugio.»
«Ciao Dottore, rispose il commissario che gli piaceva
chiamare così il suo amico di lavoro, nonostante conoscesse
bene il nome e cognome; allora che mi dici»
«Sono arrivato da poco...ma dallo stato delle fibre e
dall’odore che emana, nonostante l'ottima areazione del

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locale, a mio parere è qui da tre-quattro giorni» rispose
Dottore.
Si riferiva al corpo di Mr. Arthur che si trovava seduto
sulla poltrona dietro la grande scrivania in legno massiccio,
colma di carte e vari soprammobili, portapenne, portacarte,
alcuni in cristallo altri in argento; in centro ma verso il bordo
esterno della scrivania, un'aquila in bronzo con le ali ben tese
e il becco aperto, rivolta verso chi si sedeva di fronte, a lato
della scrivania un grande pc portatile; alle spalle della
scrivania un mobile basso a tre ante.
Arthur stava lì con il busto e il capo riverso sulla
scrivania, la folta chioma, quasi totalmente grigio bianca, che
si presentava come se avesse fatto una corsa in moto senza
casco; un braccio, il destro, a penzoloni e l'altro appoggiato
sulla scrivania sopra un blocco note e fra le dita un refill della
Montblanc; ai piedi gli mancava la scarpa destra, ma non era
lontana, il tappeto sotto la scrivania era piegato quasi a
fisarmonica, come se qualcuno l'avesse spinto il bordo verso
l'esterno.
«Se fosse come dici te, replicò il commissario, come mai
l'allarme sarebbe stato dato così in ritardo? »
«Non saprei…forse l'impianto di aerazione copriva
l'odore, comunque il “Segugio” sei tu ...» rispose Dottore...
In quel momento entrò un poliziotto
«Mi scusi commissario, mi son permesso di prendere
l'iniziativa di far radunare il personale di servizio nel salottino.
»
«Si mi ero accorto di questa cosa, grazie, ehm...come ti
chiami?» Chiese Gordine.

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«Agente Henry Baats...»
«Grazie Henry, hai fatto bene, puoi andare.»
Philippe era in piedi, quasi in mezzo allo studio e ogni
tanto faceva uno scatto girandosi verso destra e poi si
fermava, osservava ciò che aveva di fronte, poi un altro scatto
e un'altra sosta sino ad aver compiuto un giro di 360°.
«Dottore hai fatto una prima ispezione al povero Mr.
Arthur...» chiese Gordine
«Inizio ora, poi in laboratorio più accurata» rispose
Dottore
«Certo non avrei mai pensato di tornare in questa casa
dopo nemmeno tre mesi; quando ho parlato con il Mr. Arthur
la prima volta, anzi la seconda perché la prima non mi è
riuscito..., era troppo sconvolto; il suo dolore era
principalmente per la perdita di Giuliette la figlia mentre per
la moglie mi sembrava non provasse granché dispiacere, ne
parlava come se chi se n'era andato non era una persona di
famiglia...» era la riflessione del commissario detta però a
voce alta...
Dottore probabilmente aveva capito... infatti riprese con:
«Non vedo segni di violenza per il momento, anche se di
primo acchito oserei dire che il decesso è dovuto ad asfissia...,
vorrei vedere se per caso il Mr. Arthur assumeva delle
medicine particolari» e si rivolse ai due giovani agenti della
scientifiche chiedendo di guardare un po' in giro se ci sono dei
medicinali"
«Ok dottore rispose uno degli agenti.»
«Bene...riprese il commissario rivolgendosi sempre agli
agenti, mettete in una scatola tutto ciò che c'è sulla scrivania,

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compreso il pc e catalogate il tutto e poi portate nel mio
ufficio».
«Ok commissario» rispose sempre lo stesso agente.
«Ai miei tempi si rispondeva agli ordini... disse Gordine,
ok.... allora vado nel salottino a fare due chiacchiere con il
personale di servizio, attendo un rapporto Dottore e grazie in
anticipo.»
«Agli ordini commissario, sarà fatto come sempre...»
ripose ironicamente il dottore.
Gordine si girò e guardò “Dottore” da sopra le lenti degli
occhiali come per chiedere se lo stava prendendo in giro.
Segugio si diresse verso il salottino, entrò, uno sguardo
veloce, ad uno ad uno a tutto il personale e iniziò:
«Buon giorno signori, son certo che mi conosciate
pertanto non servono presentazioni, nell'arco di tre mesi son
passato di qui più di una volta, oserei dire che e uno strano
modo di sentirsi di casa...visti i motivi per i quali son qui; si
zittì per qualche secondo; allora oggi è martedì...; nuova pausa
guardando tutti negli occhi e riprese; chi è di voi che ha
scoperto il signor Arthur? »
Dalla poltrona, vicino alla finestra, a fianco ad uno dei
divanetti, si alzò Consuelo, una signora di origine messicana,
la carnagione scura lo faceva presupporre; poco più di mezza
età, grassoccia e con un viso che, normalmente, emanava
bontà e simpatia, non oggi però..., infatti teneva in mano due
fogli di quella carta assorbente da cucina e di tanto in tanto si
strofinava gli occhi ormai rossi di lacrime; Consuelo oltre che
alla cucina e servire la prima colazione ai suoi padroni, ormai

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ex...., si occupava alla pulizia della camera privata e solo
quella, che si trova nello studio di Mr. Arthur.
«Ho trovato io il Mr. Arthur signor commissario, risponde
Consuelo, questa mattina verso le otto. »
Il commissario si ricordava bene di Consuelo, gli aveva
parlato varie volte per cercare di conoscere le abitudini della
Miss Giuliette, se era ben voluta in casa e quant'altro...
Ciao Consuelo, posso darti del tu vero?
«Certo signor commissario. »
«Allora sei stata tu trovare Mr. Arthur e, se non ricordo
male quando ci siamo visti l'ultima volta, in una triste
occasione, mi hai detto che tu non potevi entrare nello studio
del signor Arthur in quanto preferiva tenerlo in ordine lui, tu
eri addetta solo alla pulizia della sua camera privata, giusto?
questo mi è stato confermato a suo tempo anche da Paolo...,
ma come mai stamane sei entrata...»
Consuelo...sbarrò gli occhi alla puntualizzazione di
Segugio...fece un respiro e rispose:
«Si è vero, rispose Consuelo, non potevo entrare nello
studio, però questa mattina, mentre ero in cucina ho sentito
suonare il cicalino d'allarme dell'impianto dell'aria
condizionata, ho aperto l'armadietto della centralina che si
trova in cucina e ho visto che indicava come “zona pericolo”
lo studio del padrone, Mr. Arthur, mi sono preoccupata e sono
entrata...» e scoppia a piangere...
«Su su Consuelo...capisco tranquilla è una semplice
domanda niente di più...»
«Confermo signor commissario, interviene Francisco uno
dei giardinieri, quando ho sentito Consuelo urlare mi sono

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affrettato a correre in casa, non sapevo dove fosse ho seguito
le sue urla e il cicalino dell'allarme l'ho spento io.»
«Ola Francisco...hai risposto in anticipo alla domanda che
avrei fatto...bravo.»
Il commissario fece altre domande ma di poco conto e
finì.
«Bene signori.» altra occhiata al personale e si accorse
che mancava qualcuno...
Proprio in quel momento tutto affannato e correndo entrò
Paolo, si fermò davanti all'ingresso del salottino guardò tutti,
poi si diresse verso Consuelo e la abbracciò forte e lei
ricambiò....
Paolo considerava Consuelo come una seconda mamma,
la sua vera, non l'aveva mai conosciuta; Mr. Arthur aveva
chiesto a Consuelo di prendersi cura di Paolo e lei accettò con
vero piacere, figli non ne aveva e accudire i bambini era una
delle cose amava; in quel periodo Paolo aveva poco più di un
anno poi, dai sei sino ai sedici anni, frequentò un istituto
scolastico dove, oltre a studiare, vi restava mangiare e
dormine per cinque giorni alla settimana.
«Paolo buongiorno, disse il commissario, mi stavo
appunto domandando come mai non ti avevo ancora visto.»
«Buongiorno commissario, se buon giorno si può dire,
portandosi le grandi mani al volto come per soffocare il
pianto; è una grande perdita per me signor commissario.»
«Per tutti noi...» ripete quasi in coro tutto il personale
presente.
«Potrei vedere Mr. Arthur...», chiede Paolo al
commissario

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«Penso di sì, aspetta un momento; rispose il commissario,
che sporgendosi dal salottino e quasi dimenticandosi che si sta
parlando di una persona che ormai non c'è più, a gran voce
chiede; Dottore come sei messo lì, è possibile far entrare una
persona? »
«Tutto come prima Philippe, tutto come prima, però solo
dalla porta non voglio confusioni.» rispose Dottore
«Bene... hai sentito Paolo? Solo sulla porta.» disse
Gordine
«Grazie signor commissario.» rispose Paolo e si
incamminò verso lo studio.
«Bene signori, potete andare, non ho più bisogno di voi,
per il momento» disse Gordine.
Segugio estrasse dalla tasca un piccolo registratore, per
controllare lo stato della microcassetta; gliel'aveva regalato
una sua vecchia “fans”, diceva lui, e si era abituato a
registrare, poi riascoltare e prendere appunti nel suo taccuino;
le registrazioni non le cancellava mai; quando sostituiva la
microcassetta apponeva, su quella registrata, un'etichetta con
su scritto nome del caso, data avvenimento e data
registrazione; nel frattempo era incamminato verso lo studio.
Paolo era lì, fermo sulla porta.
«Allora Paolo, ti sei ripreso un po’?» Gli chiese il
commissario, appoggiando o meglio alzando il braccio, quasi
del tutto per potergli poggiare la mano sulla spalla.
«Ma come è successo, non capisco..., anche se dopo la
perdita della figlia e la moglie, non era più lo
stesso...prendeva a stento le sue medicine e qualche volta le
sostituiva con altro...»

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«Bene vai ora, ci sentiamo nei prossimi giorni e mi
raccomando non allontanarti..., dimenticavo ho bisogno che tu
mi dia il libro del personale che se non sbaglio lo tieni tu? ...
niente di particolare una formalità sai il mio lavoro richiede
attenzione a tutto.»
«Ma certo signor commissario, le serve subito? c'è l'ho nel
mio ufficio in garage.»
«È' sufficiente che tu lo dia al dottore prima che se ne
vada.»
«Va bene...grazie» rispose Paolo.
«Bene vai pure.»
Paolo diede un'ultima occhiata a Mr. Arthur, alzò la mano
come per salutarlo... “Ciao Arthur...” disse...
«Dottore hai sentito, Paolo ti porterà il libro del personale,
mettilo assieme agli altri documenti e poi fammelo avere in
ufficio, io vado ciao.»
«Ciao Segugio, ciao.»
Philippe Gordine il commissario, detto “Segugio” uscì,
sapendo che quella non sarebbe stata l'ultima volta in cui
usciva da casa Arghensthone; salì sulla sua vecchia ma fedele
Pontiac, imboccò il grande viale di ghiaia bianca e rossa che
portava verso l'uscita, lasciando dietro di se una leggera e
inevitabile nuvola di polvere.

82
Claudine

Il cielo si era un po' aperto e il pomeriggio sembrava


ideale per una buona passeggiata.
Joseph, sicuramente per via degli eventi della giornata,
non camminava con il suo bel passo e l'abituale portamento
austero; la testa un po' bassa e quando gli capitava di trovare
un ramo non molto grande, rimasuglio delle ultime potature,
gli dava un calcio facendolo rotolare o saltellare avanti a se
per poi ricalciarlo.
Ogni tanto si accorgeva di questo suo modo di fare, che
non gli si addiceva, scuoteva un po' la testa come per
rimettersi in sesto ma durava pochi minuti.
Si trovava sulla sponda del Tamigi di rimpetto South
Kensington, il quartiere dove abitava Claudine3 “la ex”, aveva
camminato per circa un’ora.
Aveva raggiunto la sponda opposta attraversando l'Albert
bridge e subito, oltre una la larga strada, iniziava il Battessea
Park, più di ottanta ettari di verde, dove dalla parte opposta si
trovava lo York Mansions Residence, era lì che Claudine1
abitava, al quarto e ultimo piano, un appartamento di circa
100 mq con uno grande terrazzo dal quale si godeva la vista
delle fitte chiome degli alberi del parco, che alle volte, quando
soffiava un po' vento, davano la parvenza di un tappeto che
ondeggiava e più in là si intravvedeva il Tamigi.
A poche decine di metri, appena entrato nel parco, vide
una panchina, guardò l'orologio mancavano poco più trenta
minuti alle diciotto; ho camminato veramente piano pensò,

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arrivò alla panchina e si sedette; prese il telefono, cominciò a
scorrere la rubrica e, arrivato alla lettera C, scorse sino a che
non apparve il nome Claudine1, clicco sul nome, su modifica,
cancellò il nr 1 e poi su salva; il nome successivo Claudine2,
clicco sul nome, su cancella e poi ok e anche Claudine2 come
la 3 non facevano più parte della rubrica.
Fatta questa azione, gli spunto un sorriso, un bel respiro
e disse: "E anche questa è fatta...", lo disse non a voce alta ma
qualche tanto che bastava per attirare l'attenzione di due belle
ed eleganti signore che passavano di lì e una di queste,
sicuramente la più simpatica disse:
«Bene!!!..., mi auguro che la cosa fatta sia stata una cosa
buona... mio bel giovanotto...» finendo la frase con un bianco
sorriso.
«Sono certo proprio di sì mia gentile signora... e vi
auguro che sia buona anche la vostra passeggiata.» rispose
Joseph ricambiando il sorriso.
«Grazie, grazie...» Rispose la signora alzando la mano e
muovendola prima a destra poi a sinistra dolcemente, come si
saluta un amico... che proseguì prendendo sottobraccio la sua
amica...e iniziando a confabulare...
Se non fosse stata la giornata che è stata, Joseph le
avrebbe invitate a sedersi sulla panchina, certamente loro
avrebbero accettato, poi, per una migliore conoscenza, davanti
ad una buona tazza di tè e poi…chissà...
«Sono io, ciao» Joseph aveva appena suonato al
campanello di Claudine.
«Ciao sali, sono arrivata da poco.»

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Non prese l'ascensore, probabilmente la lunga passeggiata
gli aveva risvegliato i muscoli e la voglia di muoversi.
Arrivato al piano, Claudine era lì, all'ingresso
dell'appartamento ad attenderlo e lo ricevette con il suo
splendido sorriso che Joseph avrebbe riconosciuto fra tanti;
appena sulla porta lei gli si avvicinò e le diede un bacio sulla
guancia, come si usa con gli amici più cari, Joseph ricambiò.
«Entra cosa fai lì fermo sulla porta?» disse Claudine.
«Si certo, mi ero fermato un attimo a gustarmi questo
piacevole momento, quello di rivederti...»
«Stavo per fare il caffè...» aggiunse Claudine
«Una tazzina molto volentieri».
«Ovviamente amaro...» precisò Claudine anche se lo
sapeva benissimo.
«Ovviamente...»
Joseph appese l'impermeabile sull'appendiabiti si tolse la
giacca, tirò fuori la cravatta dalla tasca e la appese assieme
alla giacca.
Claudine dalla cucina, guardava Joseph e si accorse
dall'espressione che qualcosa non andava, quei movimenti
lenti e poi la cosa strana... vedere che aveva la cravatta nella
tasca della giacca...non era cosa da Joseph
«Vieni il caffè è pronto...nel frattempo, se permetti, vado a
mettermi in tenuta da casa...»
«Grazie...certo fai tranquilla ma velocemente... io mi
siedo in terrazzo e porto fuori anche il tuo caffè», rispose
Joseph.
Claudine si presentò in terrazzo, in tenuta non
propriamente da casa..., una semplice canottierina azzurra che

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gli arrivava appena più giù delle natiche, dei pantaloncini corti
di seta, quasi una culotte.
Appena Claudine apparve sul terrazzo, Joseph smise di
girare il caffè e di conseguenza cessò anche il classico
tintinnio della cucchiaino contro la tazzina...; si fermò a
guardare Claudine.
«Cosa c'è Joseph, sembra sia la prima volta che mi vedi?
chiese Claudine».
«Si effettivamente mi sembra sia la prima volta, sarà la
luce di questo pallido sole ma questo è l'effetto...».
«Però...nonostante la giornata...la tua intendo, precisò
Claudine, mi sembra che non hai perso la tua verve di
adulatore che, come sai, mi piace molto...»
«La mia giornata!!! cosa intendi, forse mi sfugge
qualcosa…?»
Claudine conosceva Joseph da circa 4 anni, infatti era la
nr1, aveva imparato a conoscerlo bene, sia per quanto riguarda
l'aspetto esteriore, nel fisico e soprattutto intimamente, che in
quello interiore, anche se Joseph per quest'ultimo, non si fosse
mai scoperto del tutto e Claudine non glielo aveva mai fatto
notare anche se avrebbe voluto; forse aveva paura di
perderlo!!!?....
Claudine, sia per presenza, portamento ed intelligenza,
certamente non avrebbe e non ha tutt'ora problemi a trovare
un bell'uomo e mirando sicuramente molto in alto.
Si, ci teneva a Joseph, forse per quel suo portamento,
questo suo modo di fare; non le aveva mai fatto molte
domande sulla sua famiglia, la provenienza, magari per capire
quale fosse la sua estrazione sociale, anche aveva intuito non

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fosse bassa; Claudine aveva vari interessi, lui sapeva quali tipi
di persone frequentasse e lo faceva sempre sola, raramente
con lui; probabilmente ciò andava bene a tutti e due.
«Si la tua giornata Joseph..., non sottovalutarmi...ti
conosco bene, più di quanto tuoi creda e mi sono accorta
subito che qualcosa ti ha turbato e ti turba ancora...»
«Ma dai, cosa dici? Come prima cosa non ti ho mai
sottovalutata anzi...»; ma nel mentre diceva questo, Joseph
pensava che effettivamente Claudine aveva visto giusto...
«Vedi Joseph...è la prima volta dopo 4 anni, fra un mese e
qualche giorno che ci conosciamo...»
«Però anche il giorno ti ricordi!!!? Io ricordo il Callooh
Callay, il bar dove per errore, con un movimento maldestro mi
hai rovesciato mezzo bicchiere d'acqua sulla giacca...»
«Però!!!? Non pensavo ti ricordassi anche tu!!! Allora
devi sapere che non è stato un movimento maldestro ma
voluto... non sapevo come attirare la tua attenzione...»
«Hai fatto bene...ma veramente bene...perché se non lo
facevi tu, qualcosa mi sarei inventato io... chissà forse facendo
cadere un bicchiere d'acqua sul quel bel vestitino blu che
indossavi...» aggiunse Joseph…che si alzò e chinatosi verso
Claudine le mise una mano sotto il mento per poi farla salire
sulla guancia, si avvicinò alla sua bocca e poggiate le labbra...
Come in automatico inizia un bacio appassionato..., lei le pone
una mano sul collo per avvicinarlo di più a se... solo per un
po', poi lo allontana per dirgli sussurrando...
«Una delle cose che mi ha fatto notare che qualcosa non
andava... è il non mi avermi baciata subito così, come hai fatto
ora... è sempre stato il tuo primo saluto...e poi, dopo il bacio

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arrivava il Ciao come stai... e ora, hai voglia di dirmi cosa mai
ti è capitato...!!!?»; Claudine non fece domande sul viaggio in
America.
«Veramente, rispose Joseph, la voglia che avrei o meglio
che ho ora..., è quella di stringere il tuo corpo...come piace a
me e come piace a te...»
«Se è per questo siamo giusti in sintonia... però per questo
abbiamo tempo... anche perché ho deciso che stasera se non
hai impegni, io cucinerò per te e domattina tu mi porterai la
colazione a letto...»
«Ritengo che dire di no, non se ne parla...» risponde
Joseph.
«Esatto hai colto nel segno...stasera il non posso oppure
ho da fare, non vale, soprattutto per me...»
«Sono a tua completa disposizione...questa dovrebbe
essere la risposta giusta...» disse Joseph.
Si guardarono e si sorrisero... questa volta è Claudine che
si alza per andare a sedersi cavalcioni su Joseph, gli si
avvicina all'orecchio e gli sussurra, scandendo una a una le
parole:
«Ora...se vuoi dirmi cosa ti è successo oggi o com'è
andato il viaggio in America..., gli morse leggermente il lobo
dell'orecchio e continuò, certamente poi starai meglio...»
Joseph fu percorso da un brivido lungo tutto la schiena...e
Claudine, lì a cavalcioni su di lui, senti quale effetto aveva
procurato quel suo fare...; passato il brivido Joseph la prese
per le braccia e la spostò, non le era difficile farlo, quel tanto
che bastava per poterla guardare negli occhi...e rispose:
«Io ti dico cosa è successo se tu mi dici...»

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In quel momento il telefonino di Joseph, che era sul
tavolo cominciò a vibrare, niente tintinnio del cucchiaino, si
trattava di un messaggio... dal visore si vedeva il lampeggio
del nr che aveva inviato il messaggio, solo il numero pertanto
non si trattava di qualcuno registrato nella rubrica.
«Non leggi il messaggio?» gli chiede Claudine.
«Non ha nome, saranno i soliti messaggi pubblicitari».
«Ne sei certo...? »
«Se vuoi leggi tu...le mia mani sono impegnate...nel
percorrere la tua schiena...»
“Appena puoi chiamami. Ciao...”; Claudine aveva letto il
messaggio a voce alta e dopo aver letto anche il nr del
“messaggiante” continuò...; non è pubblicità...e aggiunge,
penso che sia Dorrel... anzi per la precisione Claudine
Dorrel...»; una strana e bella sensazione pervase Claudine
nello scoprire che Joseph aveva cancellato quel nome...
sperando che “il cancellato” non si riferisse solo a quel nome
di donna...e non solo dalla rubrica...
Le mani di Joseph che, incrociate, accarezzavano la
schiena di Claudine, si fermarono all'istante, la destra
all'altezza della spalla destra, l'altra all'altezza del fianco
sinistro..., appoggiò il viso sul suo petto e la spinse indietro
quel tanto che bastava, per guardarla negli occhi e gli chiese,
scandendo lui le parole:
«Ora,
mi...devi...dire...a..che...gioco...stai...giocando...o....a quale
gioco mi stai invitando a partecipare...»
«Comincia a far freschetto, rientriamo...? rispose
Claudine.»

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Erano da poco passate le diciannove di quel primo
martedì di aprile, la giornata, iniziata con una mattinata
fredda, era stata poi riscaldata da un tiepido sole; l'aria stava
ritornando fresca e Claudine non aveva certo l'abbigliamento
giusto per star fuori in terrazzo; si alzò prese per mano Joseph
e lo portò in soggiorno, lo spinse a sedere sul divano e…
riprese la posizione di prima... a cavalcioni sopra di lui...e:
«Il gioco mia caro Joseph si chiama... È ora di scoprire le
carte...vale a dire... Diciamoci la verità...»
«Scopriamo le carte!!!? Diciamoci la verità!!!?, replicò
Joseph, mantenendo la voce con tono basso e gentile, senza
nessun segno di alterazione... anche se era rimasto più che
meravigliato del fatto che Claudine conoscesse il nr della
Claudine3..., bene ci sto e la prima domanda faccio io».
«Son qui...tutta per te dimmi...», rispose Claudine
sussurrando e con il solito suadente sorriso, sicura di se.
«Quanti altri numeri conosci a memoria che fanno parte
delle mia rubrica!!?» chiese Joseph.
«Forse qualcun altro ma probabilmente non del tutto... te
lo giuro..., solo questo l'ho memorizzato bene… è quello dal
quale ricevi o ricevevi..., più telefonate oltre che messaggi,
non ricordo il periodo preciso ma penso dopo circa due anni
che abbiamo iniziato a frequentarci.
«Touché…, risponde Philippe, ora tocca a te...».
«No continua te... ti prego, rispose Claudine sempre
sussurrando, d'altronde il suo viso non era a più di dieci
centimetri da quello di Joseph; mi piace vedere la tua bocca
che si muove e sentire la tua voce...»

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Joseph non si era mai sentito così..., fra l'imbarazzato o il
meravigliato non sapeva cosa chiedere o meglio lo sapeva... e
riprese
«Allora, visto che si tratta del gioco “È ora di scoprire le
carte” dimmi come fai a sapere che sono andato in America
quindici giorni fa...!!!?»
«Mio caro Giuseppe..., risponde Claudine, tu mi stai
facendo delle domande non stai scoprendo le carte...e non mi
sembra corretto...sfiorandogli le labbra con le dita...»
Giuseppe!!! perché mai mi ha chiamato così? pensò
meravigliato Joseph.
«Ebbene sì il mio vero nome è Giuseppe...e con questo!!!?
Ci trovi qualche problema?»
«Assolutamente no, anzi ti dirò che pronunciare Giuseppe
in Inglese lo trovò più sensuale..., non credi? »..
«Detto da te, si..., però ora dimmi dell'America... come fai
a saperlo...non avrai un amico alla TWA che ti dice chi parte e
chi arriva...» replica Giuseppe.
«No, assolutamente no... anche perché hai preso un volo
American Air Lines...» risponde Claudine.
«Touché...un'altra volta…, rispose Giuseppe e continuò;
ora Giuseppe, ti sfiora le labbra con le sue dita...»; e lo fece
mentre lo diceva...
«Vedi caro Giuseppe, tutti abbiamo dei segreti... i nostri
però, non sono fatti per nascondere qualcosa che non andava
fatto o almeno non tutti, possono far parte di scelte, casi o
imposizioni della vita.».

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«Perché dici nostri? questo vuol dire che anche tu hai dei
segreti...!!!? perché, se così fosse, a questo punto non ci
troverei assolutamente nulla di strano...»
«Dici!!!? ne sei convinto...?» replica Claudine.
«Certamente sì... a meno che il tuo segreto non sia che
provieni da un altro pianeta o che sei il frutto della mia
immaginazione su come vorrei una donna..., in tal caso
crederei certamente al secondo... che chiamo “seconda
opzione”»
La seconda “opzione”... fece un effetto particolare su
Claudine che appoggiate le mani sulla testa di Giuseppe, la
avvicinò al suo seno per stringerla appassionatamente...
«Si ho anch'io i miei segreti...; riprese Claudine, o meglio
un solo segreto e… non fatto per scelta...».
«Come sarebbe a dire non fatto per scelta…!!!» chiese
Giuseppe che cominciava ad incuriosirci man mano che
Claudine parlava...
«Vedi Giuseppe, io ti ho detto che mi chiamo Claudine...»
Giuseppe scosse la testa come per dire...e dice
«No...., scusa, ma non capisco dove vuoi arrivare...»
«Stiamo facendo il gioco della verità non ricordi? ...allora
che c'è di strano...io dico la mia...»
«Continua la cosa comincia a piacermi...» dice Giuseppe
«Si io sono Claudine...ma non Claudine Carson...ma...
Claudine de BlancVille...»
«Francese!!?» chiese Giuseppe cercando con questa
domanda di camuffare lo stupore...
«Si l'origine è quella però sono nata a Londra lo giuro» ed
incrociò le dita portandosele alla bocca baciandosele.

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«Ma come... un così altisonante cognome e l'hai cambiato
con uno tanto comune come Carson...»
«Non l'ho cambiato io, me l'hanno cambiato quando
avevo poco più di 5 anni..., l'ho saputo circa7 anni fa, avevo
20 anni. Mia madre come già ti avevo detto è mancata che non
avevo ancora 5 anni e ho sempre vissuto con mio padre, il mio
amato padre, il paparino, così mi piace chiamarlo»
«Si ricordo bene tuo padre me l'hai presentato circa otto
mesi fa, una persona semplice simpatica e molto attenta un
buon osservatore, tipico del lavoro dell'impiegato di banca, e
questo te l'avevo già detto se non sbaglio e ricordo bene che
mi avevi parlato di tua madre».
«Esatto...»
«Ora però…, e ti rifaccio la domanda, come hai fatto
sapere che sono stato in America. Altrimenti il gioco non
vale...»
«Da mio padre... anzi ti posso dire dove sei stato…con
precisione...»
A questo punto Joseph prese Claudine da sotto le cosce, la
alzò senza alcuna fatica, facendo il medesimo movimento
quando in palestra fa pesi, la sedette sul divano..., si alzò e
riprese a parlare, però la sua voce non era più tranquilla come
prima... era l'altisonante voce di Giuseppe accompagnata dal
gesticolare, tipo quello di nonno Primo e zio Arturo assieme...,
alzando prima le braccia al cielo per poi farle ricadere sulle
cosce e contemporaneamente dicendo:
«Ma come si permette, come si è permesso tuo padre ad
indagare su quel che faccio dove vado o con chi vado...come
si è permesso».

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«Fermati...calmati, Giuseppe, ora ti darò “La
Spiegazione” di tutto e capirai che non c'è stata alcuna
indagine...ti fidi me? ... ti prego fidati...»; si alzò dal divano...
e si avvicinò a Giuseppe.
«Si mi fido di te altrimenti non sarei qui...a parlare e ti
dirò di più...non avrei certamente cancellato dalla mia rubrica
Claudine 2 e 3...»
«Grazie, è una bella cosa quella che hai detto e che hai
fatto, son certa che capirai...» e gli dette un ennesimo bacio
che Giuseppe ricambiò abbracciandola.
Erano ormai le 20.00, Claudine prese per mano Giuseppe
e lo portò verso la sua camera..., dal corridoio si intravedeva
la luce tremolante delle candele che illuminavano la stanza...

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Al Matrimonio

Come appunto aveva detto Achille, “ne parleremo nei


prossimi giorni a cena”, una sera qualche giorno successivo
l'arrivo della lettera di Arturo, la famiglia Argenton era seduta
a tavola, salvo eccezioni si cenava tutti assieme, questo ad
Achille piaceva; sebbene fossero stati in 5, nonna Ida, Achille,
Giuseppe, Alfredo e Lorella, la nuova compagna di Achille
che i due fratelli ormai consideravano come la loro seconda
mamma; la tavola aveva sempre due posti liberi, uno a
capotavola, dove sedeva sempre Primo e alla sua sinistra il
posto di Arturo, lo aveva chiesto nonna Ida e nessuno ebbe da
obbiettare...
«Allora come è andata la giornata ragazzi...chiese Achille
ai figli.»
«Si bene papà...rispose Alfredo, ho deciso, mi iscrivo a
sociologia...».
«Sociologia!!!?, esclamò il papà..., va bene se ritieni che
sia una cosa che ti piace..., anche se non capisco cosa centri
con il diploma di agraria che hai preso l'hanno scorso.»
«Si è vero, rispose Alfredo, però quel diploma è più che
buono per portare avanti l'azienda... ma per alcuni fatti
successi in questi ultimi anni “ho riflesso” e deciso per
sociologia.»
«Si sì... bravo, interviene Giuseppe, voglio proprio vedere
quando troverai lavoro con una laurea in sociologia se ti
laureerai...soprattutto coniugando i verbi come fai spesso e hai

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fatto ora... “ho riflesso” ... ahahah, ma che sei uno specchio!!?
Ho riflettuto si dice ho riflettuto...
«Spero proprio, risponde Alfredo, che una volta che ti
sarai laureato in "alta finanza", come per prenderlo in giro, tu
vada a fare un bel giro così non sento più le tue solite
osservazioni...»
«Su su ragazzi...vediamo di stare calmi», interviene
Lorella.
Achille la guarda e sorridendo gli fa un con cenno di
assenso su quel che aveva appena detto.
Effettivamente, dopo la dipartita di Primo e la partenza di
Arturo le cose erano un po' cambiate soprattutto il rapporti di
Achille con i figli…; che fosse questo, uno degli eventi a cui
si riferiva Alfredo e che gli hanno fatto scegliere la facoltà di
sociologia.
Ad un certo punto, Giuseppe estrae da tasca una busta con
all'interno un libretto color mattone con una stella in centro...
«Cos’hai in quella busta Giuseppe, chiede papà Achille,
quel tuo sguardo mi ricorda qualcuno che sedeva lì, alla
sinistra di nonno Primo».
«Avevi detto che ne avremmo riparlato fra qualche giorno,
a cena, penso che sia arrivato quel giorno..., risponde
Giuseppe estraendo il libretto e continua, è il passaporto,
rinnovato e con il visto per entrare in America.»
«Ah sì... ho deciso non si va in America, tuo zio non
merita la nostra presenza.» replica papà Achille.
«Su Achille, intervenne Lorella; non pensi che sia il caso
di mettere una pietra sopra…? »

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«Una pietra sopra dici!!?, a mettere quella pietra sulla
tomba di papà lui non c'era, sapeva come stava... prima di
partire, ma niente, è partito e non ha portato con se sola la sua
figura di arrogante e sbruffone... ha portato via anche
qualcos'altro... pertanto ho deciso a Lit Roc o come cavolo si
chiama quella città non si va... o almeno e di certo io non ci
vado...»
«Ed io resto qui con te», aggiunse mamma Ida.
«Io invece voglio andare con Giuseppe», replicò
Alfredo...
«Fate come volete...siete tutti e due maggiorenni e non
voglio fare il despota... i biglietti gli avete e già pagati, sia per
l'andata che il ritorno, non aggiungo altro... e per la
precisione… altro è riferito anche a...., nemmeno un Euro...,
penso di essere stato chiaro...»
Restarono tutti in silenzio... non avevano mai sentito
Achille parlare con così tanta fermezza... eh si, le cose erano
un po' cambiate...
«Ok papà...» rispose Giuseppe...
«Ah sei già diventato Americano...» borbotta Achille
fissando negli occhi Giuseppe.
«Va bene papàaa, riprese Giuseppe, io uso una parte dei
soldi della borsa di studio... poi una volta li cercherò di
spendere il meno possibile... tanto il dormire e mangiare è
assicurato...va bene?»
«Se per te va bene...!!! replica papà Achille».
«Ed io...» disse Alfredo.
«E tu!!? rispose Achille... se hai qualcosa da parte...vai
assieme a tuo fratello... io non aggiungo altro...» ripeté.

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«Ma papà... replicò Alfredo, sapete bene che... e poi mi
piacerebbe molto guardare in faccia zio Arturo...»
«Mi dispiace Alfredo... come ho detto non aggiungo
altro... nemmeno un euro... e inoltre, rivolgendosi a Giuseppe,
da qui all'aeroporto devi arrangiarti...nessun passaggio...
«Nemmeno sino alla stazione dei treni!!?» chiese
Giuseppe...
«No…e l’argomento chiuso…; ora ascoltate, soprattutto te
Alfredo che magari mi sai dare una risposta, sentite cosa è
successo oggi nella stalla 2...»; così Achille chiuse il discorso
e ne apri un altro... che più gli interessava, forse...
Dopo poco più di un'ora, finita la cena con i vari
chiarimenti anche per quanto era successo nelle stalla 2, tutti
si alzarono, Giuseppina la signora che si occupava di tenere in
ordine la casa e preparare la cena, ovviamente sotto le
indicazioni di nonna Ida, iniziò a sparecchiare...
Lorella prese sotto braccio Achille e si incamminarono
fuori sotto il portico, voleva provare, se gli riusciva, a fargli
cambiare idea...ma nulla.
Quattro giorni prima del matrimonio di Arthur con
Giuliette, una utilitaria, non nuova, si dirigeva verso la
stazione ferroviaria, guidava Alfredo e stava accompagnando
Giuseppe a prendere il treno; la giornata era calda i finestrini
completamente aperti, la radio a volume alto trasmetteva della
musica country, così... tanto per entrare nell'ambiente dove
Giuseppe stava andando.
Ad un certo punto Giuseppe abbassò la radio.
«Mi dispiace che tu non venga con me fratellino caro, ma
ti prometto che guarderò bene negli occhi zio Arturo, poi a me

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viene meglio perché sono un alto come lui...o forse di più, te
lo prometto che lo farò...»
«Si...e digli quel che si merita...fallo anche per me...anzi,
fallo appena lo incontri e poi, lo saluti, o anche no, prendi e
torni a casa...»
Iniziarono a ridere e ognuno ad immaginare come avrebbe
reagito zio Arturo...
Giuseppe per un attimo pensò a ciò che aveva scritto a zio
Arturo.
"Caro Zio Arturo o My dear uncle Arthur, come preferisci
che ti chiami... ti scrivo per informarti che verrò al tuo
matrimonio, però solo io. Non vedo l'ora di riabbracciarti. A
presto tuo nipote Giuseppe.
Little Rock Airport. H. 10.30 AM. Delta Airlines Fly ATL
xj798 – landed.
Giuseppe, dopo poco più di 12 ore di volo atterrò
all'aeroporto di Little Rock; il viaggio era stato perfetto,
rilassante; anche perché zio Arturo aveva prenotato in
business class, soprattutto per mamma Ida che però...; ancor
più rilassante lo era stato perché..., sebbene Giuseppe cercasse
di avere un fare rilassato, come a far vedere una certa
abitudine ai voli transoceanici, non riuscì a farlo molto bene e
questo giocò a suo favore...; infatti una hostess, una delle più
carine, se ne accorse e spesso, nei momenti di pausa, alcuni
brevi altri un po' più lunghi, si sedeva a fianco a Giuseppe; la
business class non era completamente occupata e guarda caso
il posto a fianco Giuseppe era libero...; gli parlava come per
tranquillizzarlo, parlavano del più e del meno.

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Che la hostess parlasse per tranquillizzarlo o perché
attratta dalla bella e interessante presenza di Giuseppe
nonostante ventitreenne non ancora un vero uomo, questo non
è dato a sapere...
Parlarono a singhiozzo, alle volte brevemente altre più a
lungo, per il fatto che Margheret, così si chiamava la hostess
che aveva circa 10 anni più Giuseppe, doveva assentarsi per
qualche servizio; questa compagnia ovviamente a Giuseppe
faceva molto piacere ma anche a Margheret, visto che, a poco
più di 3/4 del viaggio, ci fu qualche scambio di carezze e
qualche bacio...ovviamente nei limiti, anche se qualche volta
si lasciavano andare...
Prima di scendere ci fu lo scambio dei nr di telefono,
Margheret gli invio poco dopo un messaggio con l'elenco,
riferito al mese corrente, dei suoi viaggi e la durata di
eventuali scali negli aeroporti Italiani...
Questa avventura aveva fatto crescere Giuseppe di
qualche chilo…, di centimetri non aveva certo necessità...
Svolte tutte le formalità doganali, Giuseppe recuperò il
suo bagaglio e si diresse all'uscita e si guardò attorno.
In piedi appoggiato ad una limousine, scorse un signore
alto, capelli leggermente brizzolati che stava parlando al
telefono, il braccio libero gesticolava come se chi stesse
all'altro capo del “filo” potesse vederlo...; inconfondibile quel
gesticolare e man mano che si avvicinava distingueva meglio
la voce; erano quasi dieci anni che non la sentiva ma la
riconobbe immediatamente..., era quella di zio Arturo...
Nel frattempo, un uomo sui cinquant'anni non molto alto,
di media corporatura che dall'abbigliamento si percepiva fosse

100
una persona di servizio, si stava avvicinando a Giuseppe, era
Martin, l'autista, che con un lento Americano, giusto per farsi
capire chiese:
« Good Morning, Mr. Giuseppe...? The Nephew of Mr.,
Arthur Arghensthone? »
«Godd Morning, Yes I am.» rispose Giuseppe con un
buon accento inglese.
«Please...» ribatté Martin prendendo un parte del bagaglio
dalla mano di Giuseppe che, ringraziando e con un cenno fece
capire che non serviva, ma Martin insistette.
Zio Arturo era sempre al telefono e quando si accorse che
Giuseppe gli stava andando incontro, sventolò,
immediatamente il braccio, sia per farsi riconoscere che per
salutarlo e, quasi immediatamente, terminò la telefonata.
«Giuseppe, Giuseppe, e lo abbracciò forte, poi lo
allontanò un po' e continuò, fatti guardare fatti guardare... ma
sei un uomo ormai...sei anche più alto di me...»
«Ciao Zio Arturo o Arthur... come devo chiamarti?» e si
riabbracciarono.
«Come vuoi, ma meglio Arthur e senza zio, dai dai sali in
auto, andiamo andiamo, abbiamo tante cose da raccontarci,
dopo tutto questo tempo eh sì... è passato un bel po' di
tempo...» replicò Arthur.
«Eh sì zio sono più di nove anni...più di nove anni...»
Arthur salì nella limousine e Giuseppe lo seguì
agevolmente, nonostante l’altezza.
«Però...ti tratti bene..., disse Giuseppe, facendo girare il
braccio come per far vedere e notare l'auto all'interno...»

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«È una delle mie 14 auto... questa la adopero per le grandi
occasioni, e questa lo è....» si affrettò a ribattere Arturo o
Arthur.
Giuseppe, non sapeva come continuate, o meglio sapeva
cosa dire ma forse era presto...
«Martin, disse Arthur, possiamo andare, fai però un giro
un po' più lungo, non prendere la tangenziale, costeggiamo un
po' l'Arkansas, (il fiume che attraversa Little Rock) così
Giuseppe o meglio a Joseph... si rende conto della città e dei
bei paesaggi.
«Si bene Arthur... ma scusa perché hai detto... Joseph!!?»
chiese Giuseppe.
«Ma così, mi piace di più o forse perché mi piace
americanizzare i nomi...non lo so...comunque nessun
problema va bene ugualmente...»
«Bah!!!...se ti piace così...» rispose Giuseppe facendo una
risata non molto convinta...
«Più di nove anni...e dimmi come mi vedi...come mi
vedi...?» chiese Arthur.
Giuseppe...dopo le parole “Più di nove anni” si aspettava
che Arthur, per lui era zio Arturo, quanto meno gli chiedesse
per prima cosa di mamma Ida... e avrebbe voluto fargli
un'osservazione su ciò...; Arturo le faceva spesso ad Achille,
suo fratello...; Giuseppe preferì sorvolare…non era il caso...
ancora e magari Arthur avrebbe sbottato....
«Beh ti vedo molto bene...si, nonostante il tempo
passato... che un po' ha fatto la sua parte...infatti, la tua bella
chioma nera sta diventando un po' grigia...»

102
«E si...forse i pensieri...rispose Arthur, però, in compenso
c'è l'hai te per me...e dimmi i tuoi studi come vanno?»
«Si bene...ho consegnato la prima parte della tesi, proprio
la settimana scorsa.»
«Tesi!!!? Vuoi dirmi che avrò un nipote dottore? e in che
cosa? »
«Veramente, avrai due nipoti dottori...»
«Ah sì...ti riferisci a tuo fratello…A..A..»
«Alfredo si chiama Alfredo...» disse Giuseppe con tono
seccato, tono che Arthur non percepì.
«Si sì Alfredo... mi auguro non abbia preso da suo padre
che poi sarebbe mio fratello, Achille.»
Però...!! si è ricordato di avere un fratello ed anche il
nome e pure un altro nipote...; il suo istinto, in quel momento
sarebbe stato di dire a Martin di fermare l'auto e scendere
all'istante... ma anche questa volta, Giuseppe, preferì lasciar
perdere.
«Comunque mi sto laureando in Economia e Finanza e la
tesi è strettamente legata al settore finanziario speculativo
applicato nell'agricoltura.» riprese Giuseppe.
«Hai capito mio nipote Joseph che testolina ha!!!?
Interessante molto interessante...»
«Si effettivamente, ha detto la stessa cosa anche il
professore che mi segue» rispose Giuseppe
Interessante!!!?..., pensò Giuseppe... e rivolgendosi ad una
persona che non c'è più... se riesco spiegargli quel che ho in
mente... ti riprendo tutto nonno Primo e con gli interessi...
«Ma dimmi..., e si fermò un attimo...cercando di prendere
un po' di fiato...; ma non vi riuscì bene, gli serviva un aiuto...,

103
estrasse una bomboletta dalla tasca della giacca la mise vicino
alla bocca e schiacciò due tre volte... inalando la
nebulizzazione prodotta...che gli fece riprendere fiato e
continuò; come sta Ida mia mamma, come sta? perché non è
venuta?»
Era ora... si è ricordato che ha una mamma..., e poi
quell'asma... da dove e come è arrivata... nessuno in casa
l'aveva...; nonno Primo era stato colto da infarto... anche se
causato dalla malattia che aveva, la tosse si l'aveva... ma non
gli capitava di rimanere senza fiato, qualche volta forse
quando si agitava e poi aveva più di settanta cinque anni...,
che sia una cosa ereditaria...o un segno della giustizia
divina!!!?
«Nonna Ida, tua mamma zio... ha ormai la sua età
quest'anno sono settantatré, non se la sentiva di venire, poi
capita che mentre parla si addormenta... insomma non poteva
affrontare un viaggio così lungo, anche se comodo, poi al jet
lag...non si sa come avrebbe reagito...
«Si forse è stato meglio così...mi dispiace non sapevo...»
«Per saperlo... sufficiente alzare il telefono ogni tanto...»
affermazione che a Giuseppe venne naturale....
Con questa sua frase che aveva il sapore di... anzi era
un'osservazione, Arturo si sentì trattato come lui a suo tempo
trattava suo fratello Achille e ciò gli dette fastidio...
«Ma...ma...come ti permetti di farmi un'osservazione del
genere...come ti permetti...» disse Arthur alzando a voce
«Scusa ma mi è venuta spontanea e poi non era
un'osservazione..., chissà quante volte avrai pensato di

104
telefonare ma, preso da tutte le cose devi fare e sono tante,
non vero Arthur che sono tante? ... Ti è passato di mente...»
«Si...è vero ora hai detto la cosa giusta...»
Giuseppe era riuscito a rivoltare la sua osservazione...
suggerendo la scusa allo zio...; rideva dentro di se... il nipote
del furbo ha battuto il furbo...questa volta.
«Comunque a parte il tuo matrimonio io sono venuto
perché mi faceva piacere rivederti e poi quando mi sarebbe
ricapitato...un viaggio in America in business class...!??» e
finì la frase con una risata...
«A proposito, Martin..., riprese Arthur; quando arriviamo
telefona subito all'agenzia di viaggi e vedi di farti rimborsare,
od ottenere un buono, dei tre biglietti aerei che non sono stati
utilizzati, mi raccomando, qui non si regala nulla a nessuno...
«Certo Arthur...oh mi scusi...si Mr. Arthur...» si corresse
immediatamente Martin.
Il tu spontaneo di Martin verso Arthur... lasciò un po'
meravigliato Giuseppe...ma sorvolò...
«Ah caro Joseph... ho in mente grandi cose... e dopo che ti
sarai laureto ti voglio qui in azienda da me a lavorare... nel
senso di gestire la parte finanziaria...» disse Arthur.
Si sì..., pensò Giuseppe..., subito subito... a lavorare con
te... a farmi comandare da te...si si subito...
«Potrebbe essere una buona cosa..., rispose Giuseppe...
Potrebbe essere una buona cosa...» ripeté.
Avevano percorso circa 30 miglia... e del paesaggio e
quant'altro ci fosse…, per Giuseppe non ci fu modo di
osservare molto..., la sua mente pensava ad altro... e Arthur
non gli aveva fatto notare granché..., anzi nulla...

105
Avevano lasciato la panoramica e imboccato la
tangenziale..., tangenziale!!!..., cinque corsie che, dato
l'orario, non erano totalmente occupate come nelle ore di
punta; 15 minuti di tangenziale ed uscirono allo svincolo che
indicava East End e sotto l'indicazione dell'uscita un'altra
indicazione che risaltava e non poco, la scritta era
“Arghensthone Property - right 3 miles.”
A poche centinaia di metri da un grande cancello in ferro
battuto, le cui ante erano attaccate ad un alto muro di cinta in
mattoni, Martin prese un telecomando, ne aveva tre o quattro,
diede l'impulso e il cancello cominciò ad aprirsi; sopra il
cancello sempre in ferro battuto...la scritta “Arghensthone”...;
Giuseppe trovò, lo stile del cancello e soprattutto della scritta,
di pessimo gusto... gli ricordava l'ingresso di un luogo molto
triste...,fortunatamente in disuso e che sicuramente mai
rientrerà... si spera...
Percorso lentamente, il lungo viale in ghiaino bianco e
rosso-mattone..., arrivarono davanti ad una grande casa in stile
coloniale con un ampio colonnato sul fronte...
Giuseppe cercò di essere il più indifferente possibile,
d'altronde dalle foto che aveva inviato, un po' si era
immaginato cosa avrebbe visto...; ultima riflessione...di
Achille suo fratello...nessuna domanda...
Girò la testa e vide l'espressione soddisfatta di Arthur...
che appena la limousine si fermò disse:
«Eccoci a casa Joseph...»
«Molto bene, rispose... Joseph che non fece complimenti
particolari ne trasparire alcuna meraviglia...e continuò...; avrei
veramente bisogno di fare una buona doccia...»

106
«Certamente Joseph, ora Consuelo ti accompagnerà alla
tua camera, fai come se fosse casa tua, ovviamente.»
«Grazie Arthur...ci vediamo fra venti minuti...» disse
Giuseppe che non aveva nessuna voglia di dare soddisfazione
a sua zio...
Martin prese il bagaglio di Joseph, una valigia e un
borsone sportivo, nel frattempo Consuelo gli si era avvicinata
e disse:
«Ben arrivato Mr. Joseph io sono Consuelo»
Joseph!!! pensò Giuseppe, vuoi vedere che mi già ha
cambiato nome...
«Grazie Consuelo piacere mio» e gli diede la mano.
Martin arrivò vicino a Consuelo e gli porse il bagaglio,
ma immediatamente:
«Dia pure a me Martin, disse Giuseppe, non sia mai che
una signora mi porti il bagaglio...»
Martin e Consuelo si guardarono, poi si girarono verso
Giuseppe facendogli un sorriso.
Erano le 15.00 e da più di un'ora Arthur guidava un
fuoristrada Giuseppe gli stava seduto a fianco; dopo un veloce
pasto lo zio aveva detto, ovviamente non chiesto:
«Forza Joseph vieni che ti faccio fare un giro per
l'azienda, se partiamo subito prima dell'ora di cena siamo di
ritorno...»
Giuseppe avrebbe preferito restare sotto il colonnato,
steso su una delle comode chaise-longue a rilassarsi e smaltire
il jet-lag.

107
«Va bene andiamo, rispose Giuseppe aggiungendo, ma
Arthur quand'è che mi fai conoscere la sposa o meglio la mia
nuova zia?».
«Non preoccuparti Giuliette sarà a cena con noi, vedrai ti
piacerà».
Durante il viaggio Arthur parlò quasi sempre lui, non
lasciava spazio a Giuseppe, gli fece visitare o meglio vedere le
40 e più stalle sparse per la proprietà, descriveva le
caratteristiche del terreno che davano la possibilità di fare due
raccolti all'anno...raramente tre...; gli confidò che qualche
volta trattava i terreni con percentuali di OGM leggermente
superiori, da quelli consentiti...
«Dimmi Joseph a proposito della tesi che stai facendo,
quali prospettive avresti nell'applicarla nell’agricoltura?»
Giuseppe si aspettava quella domanda... e quello che non
percepiva da piccolo su zio Arturo lo captava ora...
« Vedi Arthur non una cosa molto semplice... ma in buona
sostanza dopo un' analisi finanziaria sull'azienda, si tratterebbe
di parcellizzarla e immettere nel mercato finanziario le
parcellizzazioni mediante dei contratti, diciamo di
investimento, con questo sistema piazzando il 60-70 percento
del parcellizzato si otterrebbe un importo pari al 100 percento
del valore immobiliare...e successivamente, entrare nel
mercato borsistico mondiale delle materie prime..., più facile a
dirsi che a farsi, questo è spiegato in modo sintetico...»
rispose così Giuseppe...di proposito, parole che potevano dire
poco o nulla....
«Non ci ho capito granché, però mi sembra
interessante...molto interessante... e sì dopo la laurea tu devi

108
venire qui... ma nel frattempo potresti farmi avere una copia
della tesi mi piacerebbe molto dargli una letta...»
Si la tesi... a te... prima mi laureo e poi si vedrà, poi nella
tesi, di quel che ho ti ho detto non c'è scritto nulla..., pensò
Giuseppe.
«Sino a che una tesi non è corretta, consegnata accettata
dal docente e dalla commissione non posso farlo...»
«Si capisco, risposte Arthur...ma la leggerei solo io...»
«Arthur per favore non insistere su questa cosa..., rispose
in modo deciso Giuseppe, comunque ci penserò...ci
penserò...»
Erano quasi le venti, Arthur e Giuseppe erano rientrati da
poco, il tempo di una rinfrescata e poi a cena; durante il giro
nell'azienda Arthur si era più volte inalato la soluzione
nebulizzata bronco dilatatoria...
«Ohhh, finalmente conosco Joseph...» così esclama
Giuliette andando incontro a Giuseppe che appena a giusta
distanza le porse la mano che Giuliette prese tirando a se
Joseph così da poter abbracciare quel bel nipotone...
«Ma Arthur non mi avevi informato di come era tuo
nipote... se non ti conoscessi mi verrebbe da corteggiarlo,
comunque potrebbe sicuramente essere tuo figlio... quanto
meno per l'altezza...anzi no lui è un po' più alto di te...»
«Però sei già riuscita a misurarlo...» rispose con un certo
sarcasmo Arthur.
«Complimenti Joseph complimenti...se non fossi ormai
promessa o compromessa con tuo zio...» aggiunse Giuliette.

109
«Grazie signorina Giuliette, ancora per un giorno, perché
da domani lei sarà la signora Giuliette Arghensthone.» disse
Giuseppe.
«Nessuna signorina ne signora...solo Giuliette, rispose, e i
tuoi come stanno come mai non sono venuti?
«Beh mia nonna Ida, la mamma di Arthur, per l'età e per
gli acciacchi, si è preferito stesse a casa.
«E tuo papà...?» chiese Giuliette.
«Mio papà Achille…, fratello di Arturo...» di proposito
Giuseppe rafforzò... “fratello di Arturo...”
«Arthur, please, Arthur...» lo interruppe Arturo.
Giuseppe lo guardò... nessun sorriso o altro...e continuò
«Si sì…ha preferito stare a casa con la mamma...e poi ha
l'azienda da portare avanti...»
«Si azienda...» rimbrotto Arthur...
«Si azienda...azienda..., ridotta al 45 percento dopo che
qualcuno se n'è andato...» ripeté Giuseppe guardando Arthur,
quasi in segno di sfida...
Arthur ricambiò lo sguardo ma non di simpatia, cercò di
cambiare discorso... ma non fece a tempo perché Giuliette
chiese:
«Come sarebbe a dire ridotta al 45 percento dopo che una
persona se n'è andata...»
«No niente, scusa Giuliette, rispose Giuseppe, è una storia
lunga e poi...io non l'ho vissuta direttamente..., rischierei di
dire cose sbagliate...»
Questa volta lo sguardo che Arthur diede a Giuseppe fu
quasi di compiacimento..., quello di Giuseppe assolutamente
no.

110
«Bene si sono fatte le 23.00, direi di andare a letto, disse
Arthur..., o meglio voi, io vado sino in città, rientrerò fra
un'ora circa...»
«Certo mi sembra giusto, anche perché avrei qualche ora
di sonno da recuperare..., buona uscita Arthur e buona notte
Giuliette» rispose Giuseppe alzandosi.
Si alzò anche Giuliette salutandolo con un bacio sulla
guancia...
«Un’ultima cosa..., dice Arthur, sai Giuliette che Joseph
appena laureato, vale dire fra qualche mese verrà a lavorare
qui in azienda...!! ora vado a domani...»
«Ma è una bellissima notizia!!!» esclamò Giuliette...
Arthur era già salito in auto.
«Nuovamente buona notte...» ripeté Giuseppe.
«Giuseppe...così lo chiamò Giuliette... mi farebbe piacere
fare ancora due chiacchiere con te, se non sei stanco...»
«Ma certo Giuliette… con vero piacere»
Si sedettero sotto il colonnato, sdraiati su due chaise-long,
vicine..., la serata non era particolarmente fresca...
«Dice che sta via un'oretta e poi diventano due o tre...»
disse Giuliette...
Giuseppe non replicò...non sapeva cosa rispondere...
Giuliette aveva 36 anni, quasi 13 in meno di Arthur...ed
era una donna molto piacente...
Iniziarono a parlare del più e del meno...; ad un certo
punto Giuliette fece cadere la mano lungo la chaise-longue
sfiorando quella di Giuseppe che non spostò..., lo sfiorare
divenne uno stringere...e poi... si trovarono in camera...quella
di Giuliette, dormiva da sola...

111
Erano circa le 01,30 AM, Arthur non era ancora
rientrato...; Giuseppe uscì dalla camera di Giuliette, per
andare nella sua, tre porte più avanti..., entrò lasciò i vestiti
sulla poltroncina a fianco il letto...e si coricò... non prima però
di aver fatto un sorriso e rivolgendosi con il pensiero a…
“Alfredo..., un prima, piccola e piacevole vendetta è stata
compiuta nei confronti di zi Arturo” ...
Il giorno seguente, Giuseppe si alzò alle 11.00, i prepararti
del matrimonio erano quasi ultimati; nella casa c'era un andi e
rivieni di persone, chi gridava chi ordinava...ma ormai era
quasi tutto preparato.
La cerimonia più che fastosa, a Giuseppe parve pacchiana,
una così detta americanata... niente di un po' elegante o
raffinato.
Circa 400 invitati, la maggior parte facevano parte del
“mondo” finanziario o bancario, infatti Arthur non perdeva
occasione di presentare Joseph e accennando dell'idea del
nipote...; con uno in particolare, il direttore finanziario di una
banca, che dal modo di fare di entrambi si capiva chiaramente
che c'era della complicità, Arthur aveva cercato più volte che
Joseph spiegasse il suo progetto, anche se lo zio qualche
accenno, non perfetto, già lo aveva dato; Giuseppe però,
riusciva sempre a cambiare discorso e per facilitarsi la cosa
ogni tanto si prendeva qualche ragazza sotto braccio oppure
arrivava la nuova zia... per chiedergli un ballo...
Erano le tre di notte e gli ospiti gli ultimi se ne stavano
andando, qualcuno forse un po' brillo o un po' cafone,
sgommando con l'auto fece saltare un po' di ghiaino che arrivò
quasi sotto il colonnato...

112
Giuliette, già vicina a Joseph, gli si avvicinò di più per
ringraziarlo della partecipazione e per…; poi si diresse verso
Arthur, forse un po' alticcio... gli prese la mano e andarono a
dormire; Joseph lo fece anche lui, dopo aver scambiato due
chiacchere con Martin e Consuelo.
Il giorno seguente o meglio nel tardo pomeriggio,
nonostante le insistenze della nuova zia a fermarsi qualche
altro giorno, Joseph aveva deciso di rientrare accampando la
scusa che un'urgenza lo costringeva al rientro... anche se
qualche giorno in più avrebbe potuto fermarsi.
Effettivamente un'urgenza c'era ed era... il messaggio
ricevuto verso le 11.00 PM da Margheret. “Ciao io mi
imbarco domani alle 12.30 AM da Atlanta destinazione
Milano e mi fermo lì 2 giorni...spero di vederti o meglio
sarebbe se facessimo il viaggio assieme. Ciao Bacio”.
Alle 05.00 PM Martin prese il bagaglio di Joseph lo
carico in auto, non era la limousine ma ugualmente un'auto
che si faceva notare, Arthur non lo accompagnò aveva gli
ispettori del consorzio, disse...; uscì dall'ufficio per salutarlo,
gli ripeté che lo aspettava dopo la laurea e gli ricordo di
inviargli la tesi e per ultimo di salutare tutti a nome suo...un
abbraccio veloce e rientrò in ufficio.
Giuseppe salì in auto e si sedette a fianco a Martin che lo
guardò quasi stupito...
«Posso farle i complimenti Mr. Joseph per come parla
bene la nostra lingua», disse Martin.
«Grazie Martin ed io posso farti una domanda? »
«Certo?» rispose Martin

113
«Mi sono accorto che quando sei venuto a prendermi ti sei
rivolto con fare amichevole, dando del “tu” a Mr. Arthur e poi
ti sei corretto subito...»
«Si è vero, Mr. Joseph lei è molto attento...»
«Conosci da molto Mr. Arthur.»
«Si da circa 13 anni... ci siamo conosciuti con il primo
viaggio che fece appunto 13 anni fa, sono stato io ad
informarlo che l'azienda era in vendita, già lavoravo qui e
quando siamo da soli ci parliamo sempre con il “tu” ... però
deve essere una cosa che sa solo lei...»
«Certo tranquillo...Martin…, solo io...tranquillo»
«Lui poi mi ha tenuto in azienda a lavorare come autista e
amministratore del personale e delle spese della casa…»
«Da quanto tempo mio zio fa uso dello spray per respirare
meglio?», Giuseppe preferì termini non prettamente tecnici.
«Penso ormai da setto-otto anni e lo adopera sempre
più...»
«Ho capito, ho capito... E dimmi tu non sei sposato...»
«Lo ero... mia moglie è morta per una strana malattia...
dopo poco più di un anno che era nato nostro figlio Paolo.»
«Oh...scusami non volevo, mi dispiace...»
«E come mai il nome Paolo?»
«Me lo ho chiesto mia moglie, le piaceva quel nome»
rispose Martin e continua, però sono stato fortunato perché
Consuelo è diventata la sua seconda mamma...
«Non l'ho visto in casa, quanti anni ha ora?
«Ha 12 anni, frequenta una scuola privata, cinque giorni
la settimana, la paga Mr. Arthur...»
«Bene bene...» esclamò Giuseppe.

114
Parlando parlando erano arrivati all'aeroporto in meno di
un'ora, Martin aveva preso la tangenziale.
«Eccoci arrivati Mr. Joseph.»
«Grazie Martin, anzi puoi darmi il tuo numero di telefono
non si sa mai.»
«Certo con piacere, rispose Martin, +1-501-....... Martin
Pedrolivar» disse.
«Messicano?» chiese Giuseppe.
«Si di origine ma non so nemmeno dove e come sia il
Messico, sono andato una sola volta da piccolo.»
Martin fermo l'auto proprio davanti l'ingresso
dell'aeroporto fece per aprire il bagagliaio ma lo avena già
fatto Giuseppe...
«Grazie Martin faccio io, tranquillo» disse Giuseppe
porgendogli la mano per salutarlo.
Martin sembrava più dispiaciuto di Mr. Arthur che Joseph
partisse; lo salutò chiedendogli se poteva dargli un abbraccio,
Giuseppe non esitò.
Entrato in aeroporto Giuseppe prese il telefono, aprì il
messaggio ricevuto da Margheret e rispose:
“Ciao, parto alle 19.00 da Little Rock arrivò ad Atlanta
alle 20.30.”
Dopo dieci minuti il messaggio di risposta
“Questa è veramente una cosa piacevole... ciao ti aspetto
agli arrivi...”

115
Due biglietti.

Il medico legale entrò nella stanza di Segugio e come


sempre, quando lo vedeva seduto dietro la scrivania, gli
veniva da sorridere...
Da sotto la scrivania si vedevano i piedi del commissario
che andavano avanti e indietro avanti e indietro, mancavano
un tre quattro centimetri per toccare il pavimento che veniva
sfiorato con la punta della scarpa, ogni volta che un piede
andava indietro; d'altronde, per poter poggiare comodamente i
gomiti sulla scrivania doveva alzare del tutto la poltroncina e
di conseguenza i piedi...
Non superava il metro e sessanta, tarchiatello con la testa
di un tondo perfetto e quasi completamente calvo, occhi neri e
grandi con uno sguardo sveglio che trasmetteva tranquillità e
il naso, ben disegnato, con su appoggiati un paio di occhiali
senza montatura.
Il modo di fare emanava simpatia e nel suo ambiente,
quando Segugio parlava, tutti lo ascoltavano...
«Permesso, ciao commissario come stai…» disse Dottore
entrando nello studio.
«Ciao Dottore...si si come sto...!!?, rispose alzando il capo
da alcuni documenti che stava controllando..., sto che in
quella famiglia Arghensthone non so, ma c'è qualcosa mi
sfugge e tu...hai per caso novità?»
«Si si... allora Mr. Arthur è deceduto per asfissia, era
asmatico, prendeva numerosi farmaci e in buona quantità,

116
faceva anche uso frequente di broncodilatatori, quasi
certamente la morte è naturale.» disse Dottore
«Bene bene..., rispose il commissario e continuando; la
prima è che Arthur è deceduto per asfissia, la seconda che
soffriva di asma, ormai cronica, visti i tipi di farmaci e le dosi
che prendeva..., però...»
«Però!!? ripeté Dottore. »
«Però...tu sai come la penso... solo chi subisce, a meno
che non venga preso alle spalle, sa effettivamente chi è il suo
assassino, pertanto, se mi dici quasi certamente, vuol dire che
non ne sei certo...giusto?» replicò Segugio...
«Si...esatto ma...» Rispose Dottore quasi balbettando.
«Ecco io non posso di iniziare un'indagine se non ho la
certezza che c'è un assassino... pertanto ti sarei grato se
ritornassi sostituendo il Quasi e con È...È...»
«Ok Segugio...rivado a fare un ulteriore ispezione al
corpo...»
«Bene...vai...ti raggiungo nel laboratorio.»
Il commissario alzò la cornetta del telefono digitò 11, il
numero dell'interno dell'agente Murphy:
«Murphy, hai recuperato quelle informazioni che ti avevo
chiesto.»
«Si commissario, sto finendo di sistemarle, tempo venti-
trenta minuti e son da lei...»
«Ok forza forza...e grazie.» Rispose Segugio.
L'anta destra della porta a vento del laboratorio si aprì e
con il suo camminare, tipo quello di un pinguino nervoso,
venne avanti Segugio, lasciò l'anta che si richiuse alle sue
spalle ondeggiando.

117
Prese un paio di guanti verdi di cellulosa, se l'infilò, quasi
a fatica, aderivano alla perfezione, forse un po' troppo...
«Allora che mi dici..., chiese Segugio a Dottore e
avvicinandosi al corpo di Arthur steso su un piano di acciaio,
guardò quel corpo ed aggiunse; però era bello alto il Mr.
Arthur, occupa quasi tutto il piano; a me ne basterebbe
metà...»
Dottore chino su quel corpo, alzò la testa accennò un
sorriso e rispose:
«Che vuoi che ti dica commissario, sto cercando qualcosa
che mi faccia eliminare il “Quasi” ...»
Segugio si avvicinò al viso di quel corpo freddo...e con
l'indicò la narice sinistra:
«Che mi dici di questa narice...molto più scura
dell'altra...» chiese il commissario
«Probabilmente è scura perché essendo asmatico si
soffiava più volte il naso...»
«Probabilmente..., replicò Segugio che toccò quella
narice, poi la destra e ritoccò la sinistra che senti
molto...troppo malleabile a differenza dell'altra e riprese, senti
Dottore è possibile verificare perché questa narice è più molle
dell’altra. !!? »
«Certo, rispose Dottore, ma non ne vedo l'utilità... però se
ti fa star meglio...»
Si spostò di qualche metro, prese e allungò il braccio della
macchina per i raggi X, avvicinò la fotocellula al naso da
verificare...qualche secondo e....
«Ecco fatto...disse il medico, il tempo che le immagini
vengano trasferite al computer e poi controlliamo...»

118
Nel frattempo il commissario se era già portato davanti al
computer e nel video vide la scritta: “nuovo file RX”.
«Dottore vieni il file è arrivato...»
Nello schermo apparvero tre immagini del naso, una
dell'intero, poi particolare della narice lato destro e l'altra del
lato sinistro.
Dottore le osservò attentamente...
«Penso proprio che posso togliere il “quasi”, come mi
avevi chiesto caro commissario...»
«Cioè!!!?» chiede Gordine
«Si nota chiaramente, la narice sinistra ha la cartilagine
completamente de-retinata...a differenza di quella destra che si
presenta compatta... questo vale dire che qualcuno ha stretto
talmente forte quel naso da creare la de-retinatura della
cartilagine, sicuramente qualcuno che stava alle spalle della
vittima e sicuramente sul lato destro... gli ha turato il naso e
forse tappato anche la bocca, l'asma ha facilitato il tutto...
pertanto posso asserire che è stato assassinato. »
Il commissario guardò il dottore e disse:
«Bene ora posso aprire l'indagine per omicidio... e Grazie
Dottore... ma sulla bocca nessun segno?» chiede Gordine.
«Grazie!!?...nessun grazie; esclamò sorridendo Dottore;
anzi ho il presentimento che mi vuoi rubare il lavoro»
«Tranquillo mi basta il mio e ne avanza... a proposito sulla
bocca nessun segno?» chiese Gordine.
«Verifico e ti so dire...» rispose il Dottore
«Ok, torno su in ufficio e quando hai finito portami la
relazione..., magari assieme ad un caffè così siamo pari.»

119
Gordine spinse la stessa anta di quando entrò in laboratorio ed
uscì.
Sulla sua scrivania, Segugio trovò una scatola con
all'interno quello che si trovava sulla scrivania di Mr. Arthur;
ogni singolo oggetto chiuso in una busta; a fianco la relazione
dell'agente Murfy, ordinata e precisa come lui gli aveva
insegnato dovesse essere.
Iniziò con l'estrarre ogni singolo oggetto, portapenne,
ferma carte, blocco notes, e altri oggetti vari tra cui anche
l’aquila in bronzo, “che me ne farò mai” pensò Segugio, e
lasciandola nella scatola...; telefono nr 11 e:
«Murphy, avevo chiesto il pc che era sulla scrivania dia
Mr. Arthur e il libro del personale che tiene Paolo, l'autista,
ma non li vedo...? »
«Provvedo subito commissario, qualcuno se n'è scordato
mi scusi!!» rispose Murphy
«No comment..., rispose e proseguì, hai fatto fare la
verifica delle impronte digitali sugli oggetti?»
«Si fatto, è tutto nella relazione, comunque nello studio
solo impronte di Mr. Arthur, nella camera varie fra le sue è
quelle della domestica, Consuelo, mentre sulla maniglia della
porta altrettante ma indecifrabili perché sovrapposte l'una
all’altra.
«Ok bene…, provvedi a recuperare quel che manca...
Grazie ciao.» concluse Segugio riagganciando il ricevitore.
Cominciò a leggere la relazione dell'agente Murphy.
1. Arthur Arghensthone, origine italiana, Arturo Argenton
naturalizzato americano circa 17 anni fa, provenienza da un

120
paese alta Padovana, primo viaggio negli State circa 20 anni
fa.
2. Padre, Primo Argenton defunto circa 17 anni fa.
3. Mamma vivente.
4. Un fratello Achille Argenton, abita nel luogo di nascita;
nessun viaggio in America.
5. Un nipote Alfredo Argenton figlio di Achille, abita nel
luogo di nascita; un solo viaggio in America, visto d'entrata 25
giorni fa a Saint Louis; ha noleggio un auto per tre giorni,
visto uscita, lunedì antecedente il ritrovamento del corpo di
Mr. Arthur. Segugio aggiunse con una matita color verde, gli
piaceva in color verde, ne aveva sempre una in tasca: “Vale a
dire il lunedì successivo l'assassinio”.
6. Altro nipote, Joseph Arghensthone, origine italiana,
naturalizzato Americano... circa 7 anni fa, senza alcun motivo,
risiede a Londra. Vari viaggi in America:
1° viaggio circa 9 anni fa, in occasione del matrimonio
Mr. Arthur e Giuliette Florand, visto entrata Atlanta un giorno
prima del matrimonio rientro il giorno successivo matrimonio.
2° viaggio circa 7 anni fa, visto entrata 15 maggio,
naturalizzato americano il 25 maggio, visto uscita 15 giugno.
3° vari viaggi negli ultimi tre anni, permanenza max. 5
giorni, tutti a N.Y.
4° ultimo viaggio 15 giorni prima il ritrovamento del
corpo Mr. Arthur..., visto entrata Atlanta, non risulta alcun
visto d'uscita. Segugio prese la sua matita verde, sottolineo il
resoconto della nota relativo all'uscita ed aggiunse, sempre in
verde: “entrata 12 giorni prima dell'assassinio, nessun visto
di uscita”.
121
Comincio ad osservare i vari oggetti che aveva messo in
ordine, come gli aveva estratti, ma non vi trovò nulla che gli
potesse solleticare la mente...e, nonostante l'esperienza,
sempre di un triste solletico si trattava, quantomeno per lui.
Quando iniziava un’indagine, che normalmente era
riferita ad un omicidio, prima di formalizzare l'accusa... non
doveva esserci alcun forse è ma solo e solamente “È”.
Prese il blocco note, cominciò prima ad aprirlo, pagina
per pagina, solo appunti, nomi numeri di telefono, date di
partenza carichi, indicazioni del tipo: dare a $...... per
sdoganamento, oppure far consegnare da Paolo la busta con
all'interno $…. al dir. porto; poi con cadenza di cinque sei
fogli, un piccolo riquadro con scritto: cassa, entrate-uscite-
saldo e l'ultimo risaliva al venerdì prima di essere ucciso.
Alcuni di questi appunti sebbene potessero essere prove di
corruzione, non gli servivano, anche perché accusare un morto
di corruzione sarebbe stato un po'... ridicolo; si c'erano il
nome o l'incarico del potenziale corrotto ma a parte delle note,
null'altro...;era risaputo che al porto più di qualcuno prendeva,
altrimenti con il solo stipendio come facevano determinati
funzionari a mantenere un tenore di vita superiore alla
media...; se era il caso avrebbe consegnato il blocco a chi di
competenza, nel frattempo Segugio prese la matita, verde, e
sottolineo “far consegnare da Paolo”.
Era circa a metà del blocco note e fece per chiuderlo,
prese la metà sinistra facendola cadere sull'altra metà..., quel
movimento creò un piccolo spostamento d'aria sufficiente
però da far uscire, da in mezzo non si sa quali fogli, un serie
di capelli... forse una decina...; Segugio... come un cane da

122
punta...si fermò, prese la lente e guardò attentamente, alcuni
erano bianchi o grigi altri biondi..,si notava chiaramente, non
tocco nulla... con movimenti lenti alzò la cornetta e digito 16
l'interno del laboratorio, suonava libero...
«Ecco Segugio», disse Dottore entrando nello studio di
Gordine
Immediatamente il commissario gli fece il gesto di
fermarsi, si appoggiò il dito sul naso come a ordinare di far
silenzio perché qualcuno lo ascoltava... e con l'altra mano però
spostata su tutta la destra fece cenno al dottore di avvicinarsi e
quando fu a portata, quasi sottovoce gli disse:
«Hai per caso uno di quelle tue bustine dove metti le
prove? »
«Si» rispose Dottore.
«Bene e anche delle pinzette?»
«Si certamente.» rispose ancora.
«Allora...guarda qui...prendi quei capelli...e falli
analizzare immediatamente e soprattutto se possibile vedi di
far estrarre il DNA.»
Dottore, assentì uscendo lentamente dallo studio
«Dottore» disse il Segugio con voce un più sostenuta...
«Si» rispose Dottore voltandosi...
«Non serve che cammini piano...l'operazione è fatta... via
vai...veloce veloce.» disse sorridendo e scuotendo quella sua
tonda e lucida testa.
Alzò la cornetta, digitò 11.
«Dica commissario» rispose l'agente Murphy.
«Murphy, è urgente..., fammi prenotare due biglietti aerei
di andata, il primo per Londra e l’altro Londra-Venezia, e il

123
ritorno da Venezia…, velocemente grazie, voglio partire al
massimo domani sera e ricorda data e orario aperti.
Riagganciò, si appoggiò con la schiena alla poltrona e
cominciò a dondolare i piedi...

124
La Spiegazione

Erano circa le 22.00; Claudine e Giuseppe, così aveva


deciso di chiamarlo da ora in poi, stavano lì, rilassati stesi in
diagonale nel letto sfatto, le gambe che si incrociavano erano
il vertice di un triangolo e le loro teste gli angoli della base;
erano svegli ma con gli occhi chiusi, dopo qualche ora di
sospiri, abbracci, baci...
Le candele profumate, ormai quasi consumate, avevano
invaso la stanza da letto con i loro aromi.
«Il programma che avevo in mente me l'hai
completamente rovesciato...» disse Claudine.
«Come sarebbe a dire...me l'hai rovesciato...rispose
Giuseppe...»
«E si mio amato uomo, dovevamo prima cenare e poi
venire a venire a letto...»
«Veramente sei stata tu che mi hai preso per mano e
portato qui...»
«Touché...lo dico io ora...è vero...ma se questo è l'effetto
che mi fai...cosa ci posso fare!!!? »
«Penso ti convenga approfittarne... perché trattenersi...
comunque se lo vuoi sapere ho una fame da lupo...e volevo
ricordarti che mi devi "la spiegazione”. Anche
perché...altrimenti...»
Claudine aveva capito cosa intendesse con quel
"altrimenti"...e lei voleva tornare lì dove erano ora...appena
terminata la cena.

125
«Certo...non l'ho dimenticato..., rispose Claudine
alzandosi dal letto per indossare la “lunga” canottiera, dai ti
aspetto in cucina... il tuo accappatoio è al solito posto come
pure qualche tua maglietta...»
Claudine era intenta ai fornelli, stava preparando un sugo
di pomodoro come gli aveva insegnato Giuseppe che in quel
momento, entrando in cucina piano piano, si mise alle spalle
di Claudine per darle un bacio sul collo...
«Fermo lì, Giuseppe, gli rispose sorridendo, altrimenti
addio sugo e spaghetti, ti vanno bene gli spaghetti verso?»
chiese Claudine.
«Certochessi rispose Giuseppe, qualsiasi cosa fai e mi fai
tu mi va bene...»
«Fermo anche con le parole...renditi utile invece, in frigo
c'è una bottiglia di vino bianco fermo, aprila e versamene un
bicchiere...Grazie.»
«Va bene agli ordini», rispose Giuseppe che sembrava
avesse dimenticato i fatti della mattinata, sembrava!!!...
Claudine impiattò gli spaghetti dopo averli saltati in
padella con il sugo, mise i due piatti a tavola e si
sedette...Giuseppe era difronte a lei.
«Allora…come ti dicevo, il mio vero cognome è de
BlancVille e mio padre non è effettivamente un impiegato di
banca...mi segui?» Iniziò subito Claudine
«Certo certo... tranquilla... una cosa sola... gli spaghetti
sono ottimi.»
«Grazie...»
«Non è un impiegato di banca...e questo l'ho
capito...replicò Giuseppe.

126
«Si non è un impiegato di banca..., e io l'ho saputo o più
precisamente me l'ha detto lui circa 7 anni fa, riteneva che
fosse ora lo sapessi; soprattutto perché, una sera, stanca di
sentirmi chiedere con chi uscivo o chi frequentavo e dopo
qualche giorno, arrivava paparino e mi diceva: attenta a
quello, attenta a quell'altro..., ha fatto questo, stagli alla larga;
allora e per l'appunto stanca...di ciò ho giocato con lui… a
"scopriamo le carte"»; Claudine diceva tutto ciò sempre con
quel suo sottile e sensuale sorriso...
«Bene ed alla fine..., la interruppe Giuseppe, scoperte le
carte è venuto fuori che...!!! che magari è un agente segreto
sotto copertura...!!? facendo una ironica risatina...
«Si...esattamente...rispose Claudine...e puoi benissimo
soffocare quella tua risatina ironica... anzi tienila pure tanto si
soffocherà da sola...»
Giuseppe resto per un attimo fermo, con la forchetta con
su arrotolati gli spaghetti all'entrata della bocca...poi abbassò
il braccio e appoggiò fa forchetta sul piatto...si mise braccia
conserte, si appoggiò allo schienale della sedia e disse:
«Ti prego continua...»
« Ebbene...dopo che ti ha conosciuto... o meglio quando
gli ho detto che ti frequentavo, circa un anno fa e prima che te
lo presentassi, dopo qualche giorno mi disse qualcosa
limitandosi solo al fatto che avevi cambiato cognome in
America e che Arthur Arghensthone era tuo zio...; ieri mattina,
ma ha chiesto di passare in banca da lui perché doveva dirmi
una cosa, passai, andammo a bere un caffè e mi disse di aver
saputo che Arthur Arghensthone era deceduto e che c'erano

127
convinzioni da pare degli inquirenti, che si trattasse di
omicidio...
«Ti prego continua...» ripeté Giuseppe...
«Mio padre sa che ci tengo a te e ti posso dire che dopo
che siamo stati a pranzo assieme, circa sei mesi fa, gli sei
entrato in simpatia...»
«Si grazie...ma lasciamo perdere questo ora...Ti prego
continua...» chiese Giuseppe
«Si... mi ha detto di tuo zio, che eri stato in America circa
25 giorni fa e inoltre... che non risultava anzi che a tutto ieri è
presumo anche oggi la tua uscita dall'America...»
Claudine, anche se era riuscita a nasconderlo, era un po'
tesa mentre diceva quelle parole tutte d'un fiato e quando
smise, riuscì con nonchalance ad imboccare la forchetta con
una piccola dose di spaghetti, iniziando a masticarli
lentamente... e guardando Giuseppe negli occhi che,
ovviamente, restò come di stucco, non sapeva se stava
entrando in sorta di giallo o se, probabilmente, non ne facesse
parte...
Deglutiti gli spaghetti, Claudine posò la forchetta sul
piatto prese la salvietta si pulì le labbra da quel poco rosso di
sugo, prese il bicchiere di vino ne sorseggiò un po' e sempre
guardando Giuseppe negli occhi e continuò:
«Ora a te la parola...o continuo io...» disse
«Si sono partito per l'America circa 20 giorni fa e non ho
fatto il visto d'uscita perché sono ritornato via mare con uno
yacht da altura, velocissimo, assieme ad un americano e la sua
famiglia; mi è stato chiesto se potevo fare questo "piacere" da
un membro del Royal Bridge Club, mi hanno pagato il

128
biglietto di andata e fatto un regalo o meglio dato compenso di
15.000 $ per questo viaggio.»
«Fino a qui, a parte il regalo o compenso come dici tu,
tutto combacia... ma prima del ritorno...» chiese Claudine che
aveva perso un po' della tensione.
«In che senso prima del ritorno...»
«Si prima del ritorno...prima di andare a Daytona Beach,
perché è da lì che sei partito…cosa hai fatto!!!?»
Ma assolutamente nulla... ho trovato all'aeroporto di
Atlanta un'auto noleggiata a mio nome che ho poi lasciato a
Daytona Beach; son rimasto in Marina due o tre giorni non
ricordo bene e poi siamo salpati...
«Atlanta, Little Rock, sono circa 500 miglia e in dieci
undici ore ci si arriva tranquillamente…; non è che tu sia
andato a trovare tuo zio Arthur...» chiede Claudine
«Ma no assolutamente no...anche perché mi ero
ripromesso di non cercarlo più dopo quello che mi aveva
fatto...»
«E cosa ti avrebbe fatto!!!?»
«A nulla...niente di che…, ha semplicemente “rubato” si
rubato una mia idea che, nonostante l'abbia o meglio i suoi
esperti finanziari l'abbiano sviluppata male, è diventato,
nell'arco di due anni, uno dei più importanti gruppi Agro-
Finanziari, entrando nella borsa mondiale delle materie
prime...ecco, solo questo ha fatto!!!...» Rispose Giuseppe con
una certa rabbia.
«Senti Giuseppe, amore mio, non è che tu mi stia
nasconda altro...» chiese Claudine
«NON STO NASCONDENDO NULLA NULLA...»

129
«Avete attraccato alla Royal club Yachting ed hai aiutato a
scaricare i bagagli, vero?» chiede Claudine
«Si ma cosa c'è di strano...mi sembra normale...»
«Certo...per te si che è normale, non per l'armatore
americano; tu potevi entrare ed uscire dalla darsena senza
problemi, visto che ne sei socio, così hai portato fuori due sue
valigie...; vuoi dirmi di non sapere chi era la persona che poi ti
regalato anzi scusa dato un compenso di 15.000 $ oltre alle
altre spese, ma pensi davvero che te li ha dati per avergli fatto
compagnia...!!?»
«» Bah...sinceramente a certi livelli non ci trovo nulla di
strano...; comunque non capisco a cosa e dove intendi
arrivare...mi stai facendo un interrogatorio? Perché se così è,
tuo padre...l'agente sotto copertura, ti ha insegnato bene...»
Claudine sorrise...capiva l'imbarazzo di Joseph e anche lei
ne aveva e, per non farlo trasparire in quel momento, non le
era stato facile; dirgli e fargli quelle domande per lei era
importante sapere; sapeva ed aveva capito che Joseph aveva in
quell'occasione peccato di ingenuità e proprio quella sua
ingenuità gli avrebbe potuto procurare dei guai..., ma paparino
l'aveva istruita bene...
Si alzò, prese la bottiglia di vino, che Giuseppe aveva
riposto in frigo, ne versò un po' nel suo bicchiere è un po' in
quello di Giuseppe, gli andò vicino, con fatica ma aiutata da
Giuseppe voltò la sedia dove era seduto e, come piaceva a lei,
gli si sedette cavalcioni; gli porse il bicchiere e disse:
«Senti Giuseppe, mio padre è effettivamente quel che ti
ho detto e mi ha chiesto lui di chiederti certe cose, ha saputo
che fra qualche giorno, potrebbe essere giovedì e in modo

130
molto garbato, qualcuno, accompagnato da un agente di
Scotland Yard verrà a farti visita...»
«Ma ma...cosa stai dicendo...»
«Stai tranquillo, è una formalità mi ha detto, pertanto stai
tranquillo... di le cose come effettivamente sono e se ti chiede
il nome di chi ti ha invitato ad andare in America e poi
ritornare via mare, dilli senza farti remore...anche perché
quando saprai...capirai...»
Giuseppe è sempre stato sicuro di se... mai nulla era
riuscito a turbarlo... però questa situazione oltre che turbarlo
gli aveva messo un po' d'angoscia.
«Va bene farò come dici tu...»
«Bene...» rispose Claudine appoggiando il bicchiere.
Si alzò lo prese per mano come aveva fatto nel
pomeriggio e lo portò nella stessa stanza...
Si misero a letto...
«Senti...Claudine, disse Giuseppe...scusami ma ho
bisogno di dormire...»
«Si...veramente anch'io...» gli diede un bacio...poi si alzò
dal letto, si inumidì le dita le avvicinò alle ultime due candele
ancora accese e le spense.
Tornò a letto dopo aver spento tutte le luci, Giuseppe si
era già addormentato... gli si avvicinò gli fece una carezza...e
si addormentò quasi subito anche lei appoggiata su una spalla
di Giuseppe.

131
La confidenza all'Amico

«Buongiorno Amore, dice Claudine vedendo Giuseppe che


stava preparando la colazione.»
«Buongiorno a Te, si voltò un passo indietro per darle un
bacio.»
Erano le sette del mattino, la giornata non era come la
precedente, il cielo abbastanza sereno qualche nuvola bianca
sparsa a macchia di leopardo.
«Dormito bene,» chiese Claudine.
«Ti dirò, rispose Giuseppe, che nonostante la giornata
passata pensavo ad una notte insonne, mi son svegliato due tre
volte...per pensare ma una volta rigirato prendevo sonno e poi
vedendo te che dormivi così di gusto. Mi rilassava».
«Cosa fai esci subito!!?»
«Si rispose Giuseppe..., mentre imburrava delle fette di
pane tostato, vorrei andare a casa ho delle cosine da fare e dal
momento che mi hai detto che dovrei ricevere visite...vorrei
farmi trovare; si girò e le fece un sorriso...»
«Scusami...vedi di non far capire che gli aspettavi..., mi
raccomando...» rispose Claudine.
«Non preoccuparti, anche se non sono assolutamente
abituato a questo tipo di visite...cercherò di trasmettere,
meglio che posso, il senso di meraviglia...»
Erano ormai quasi le otto, Giuseppe voleva essere a casa
per le nove, si vestì in fretta ma con attenzione, mettendosi la
cravatta che ieri, dopo essere uscito da Claudine3, aveva
messo in tasca.

132
«Si penso tu stia meglio di ieri.» disse Claudine
Giuseppe si voltò con uno sguardo interrogativo...
«Si, vista la solita attenzione nel vestirti, ne deduco che
non sei agitato, oppure, sai camuffare bene...»
«Penso che la seconda sia più azzeccata come deduzione;
tirò a se Claudine un saluto accompagnato da un dolce bacio,
apri la porta e uscendo disse: Ciao Amore, Grazie ci sentiamo
stasera o più tardi.»
«Ciao» rispose quasi incredula Claudine, era la prima
volta che Giuseppe la salutava aggiungendo la parola Amore,
sapeva che era sincera; per quanto fosse gentile con le donne e
soprattutto con lei, non era tipo da regalare determinate frasi o
parole.
Nemmeno 10 minuti e il taxi si fermò al parcheggio nelle
vicinanze di casa, Joseph scese, pagò e si incamminò con
passo lesto, il suo, il solito...; arrivato a circa 100 metri da
casa, dalla parte opposta, vide Jeremy che stava entrando per
consegnare della posta; rallentò il passo così da poter
incrociarlo nel mentre usciva ed infatti dopo nemmeno cinque
minuti...
«Mr. Joseph Mr. Joseph» era Jeremy a poco più di trenta
metri.
Joseph fece finta non essersi accorto, si voltò alzò il
braccio per salutare Jeremy e gli chiese:
«Hai nulla per me!!?»
«No oggi nulla Mr. Joseph.»
«Fa niente il caffè lo beviamo ugualmente se non sei di
fretta...»

133
«Si grazie...con piacere, rispose Jeremy ormai a fianco a
Giuseppe, sempre gentilissimo, oggi giornata calma...e più si
va avanti più calme diventano eh si..., la gente non scrive più
come una volta, ora tutti con email, messaggi, anche il numero
di abbonamenti alle riviste sono diminuiti..., a parte i suoi.»
disse Jeremy.
Giuseppe già da ieri sera aveva voglia di raccontare un po'
di se, spontaneamente, a qualcuno sul quale contare
discrezione.
Non sapeva precisamente a chi, ma solo dopo aver visto
Jeremy pensò che era lui la persona, sicuramente disponibile
ad ascoltarlo e chissà... magari sentire un suo parere...; una
cosa gli premeva era raccontare... ma se poi il racconto veniva
interpretato come se volesse crearsi un alibi..., vedremo pensò
fra se e se...in caso sarà solo per il tempo di un caffè...
«Accomodati Jeremy, stamane preparo io.» disse Joseph.
«Grazie..., rispose Jeremy e proseguì, niente musica
stamane!!?»; gli parve strano...solitamente la prima cosa che
faceva, Mr. Joseph era quella di far suonare uno dei suoi
dischi...
Jeremy si era accorto che il disco di Ella Fitzgerald che
ieri aveva fatto suonare lui, era ancora sul piatto del
giradischi, il braccetto ancora a fine corsa...; una cosa inusuale
per il Mr. Joseph lasciare un disco fuori a prendere polvere.
«Tue figlie come stanno?» chiese Joseph glissando la
giusta risposta che avrebbe dovuto dare.
«Si bene...e la ringraziano per il gelato che si sono
comprate ieri...»

134
«Mi scusi Mr. Joseph..., riprese Jeremy con tono un po'
imbarazzato, posso permettermi di farle chiederle una cosa,
forse...personale !?»
«Dimmi Jeremy...» rispose Joseph...
Jeremy provava un po' di imbarazzo nel fare quella
domanda o forse faceva un po' di scena...e iniziò.
«Si...ebbene. Ieri...dopo che ha aperto quella lettera
proveniente dall'America l'ho vista un po' turbata... anzi senza
dubbio lo era..., per puro caso mi sono accorto che la carta
intestata era di uno studio legale...; Jeremy era po' impacciato
ma il suo impaccio non era dovuto alla curiosità ma forse a un
po' di preoccupazione; mi deve scusare non voglio
assolutamente che lei pensi che voglio farmi gli affari suoi...,il
fatto è che in circa cinque anni che ogni mattina o quasi, passo
da lei... ieri è stata la prima volta e non ne ricordo altre... di
aver percepito un certo turbamento..., mi scusi nuovamente
per questa mia domanda...»
Nel frattempo il caffè era già nelle tazzine, Joseph prese
quella di Jeremy nella quale aveva già messo due cucchiaini
di zucchero e la porse al suo Amico che era seduto sulla sedia
della scrivania, dopo averla girata verso il centro della stanza.
«Il tuo caffè Jeremy due di zucchero se non erro»
Ecco pensò Jeremy, ho fatto la gaffe della giornata...,
Joseph nel frattempo si sedette sulla sua Frau Chesterfield
iniziando il suo rituale tintinnio...
«Jeremy, quanto tempo hai stamane? pensi di poterti
fermare una mezz'ora?» chiese Joseph,
«Si Mr. Joseph forse anche dieci minuti in più...» rispose

135
«Bene...allora la lettera che ho ricevuto ieri è di uno
studio legale di Little Rock...»
«Arkansas se non erro... mi scusi interruzione» aggiunse
subito Jeremy.
«Si, Arkansas esatto..., nella lettera mi informavano del
decesso di un mio zio, fratello di mio padre...»
«Oh Mr. Joseph, mi dispiace e le porgo le più sentite
condoglianze...se preferisce cambiamo discorso...»
«No…no…, tranquillo, anzi grazie per le condoglianze...
anche se io non ne sono granché dispiaciuto...»
«Beh...se mi dice così avrà le sue ragioni..., d’altronde
quasi ogni famiglia ha la sua pecora nera in casa..., sapesse.»
Aggiunse Jeremy.
«Il fatto è che sembrerebbe sia stato assassinato, infatti
sulla lettera c'era scritto che sono state aperte delle indagini...»
Jeremy si fermò per un attimo nel sorseggiare il caffè,
mentre Joseph continuava con il suo tintinnio.
«Guardi che fra un po' il caffè si fredda... disse Jeremy»
«Si grazie... rispose Joseph sorridendo e
contemporaneamente poggiò il cucchiaino e bevve il caffè
tutto d'un fiato, era tiepido e riprese...; il fatto è che...» e si
interruppe... non sapeva da dove cominciare...
«Il fatto è!!?» ripeté Jeremy
«Vedi...io non mi chiamo Joseph Arghensthone ma
Giuseppe Argenton, sono Italiano, ma quest'ultima mi sembra
di avertela detta.»
Jeremy rimase un po' stupito e rispose.
«Giu..Giu..Giusepe...!!?» ripeté Jeremy

136
«Si Jeremy, ma con due P, Giuseppe Giuseppe, ora però
lasciami continuare.»
«Si mi scusi.» rispose Jeremy
«Ugualmente lo zio d'America di cognome è Argenton
non Arghensthone e di nome Arturo non Arthur; ha cambiato
nome circa 17 anni fa quando è andato in America. Zio Arturo
era una persona che fin da bambino io ammiravo... stavo
attento a tutto quel che diceva...o faceva... gli piacevano molto
le donne... (qui Giuseppe non aggiunse altro) ..., poi ho saputo
e ci sono stati dei fatti e poi dei comportamenti..., uno in
particolare che mi ha portato ad odiarlo.»
«Ma allora suo zio sarebbe il famoso Arghensthone il re
del grano e del bestiame dove almeno una volta al mese i
giornali specializzati, soprattutto quelli finanziari, scrivono
qualcosa di lui!!!?» chiede Jeremy
«Si esatto, come fai a saperlo? chiese Giuseppe, ti
interessi di finanza?»
«No veramente ho visto, più volte, su qualche giornale
che le ho portato che lei sottolineava o cerchiava ogni articolo
in cui scrivevano di Arghensthone, però erano della casualità
lei li lasciava aperti, forse se non sottolineava o cerchiava gli
articoli non avrei mai saputo chi fosse l'Arghensthone... oh mi
scusi non intendevo curiosare...»
«No no non preoccuparti Jeremy, sicuramente l'avrei
notato anch’io, e riprese il discorso; sta di fatto che l'altro
giorno, dopo il mio rientro, ti ricordi che sono stato via circa
15 giorni?»
«Sì certo lo ricordo...» rispose Jeremy

137
«Ecco...devi sapere che sono stato in America, ero a circa
500 miglia da mio zio... ma non sono andato a trovarlo...»
«Si vede che non se la sentiva o non ne aveva voglia, se
appunto mi ha detto che un comportamento l'ha portato ad
odiarlo...anche se penso non sia effettivamente così...»
«No no è così... lui, il signor Arturo Argenton era già ricco
ma dopo che mi ha “rubato” un mio progetto, lo è diventato
ancora di più... e non mi ha riconosciuto mai nulla...mai dico
mai...»
«Si non è effettivamente una buona cosa...»
«E io continuo a fare le acrobazie per mantenere un certo
tenore di vita, che d'altronde per quel che vorrei fare è quasi
necessario altrimenti non ti danno retta...»
«Si ma mi scusi Mr. Joseph o Giuseppe...» replicò Jeremy
sorridendo...
«Come preferisci Amico mio come preferisci»
«Allora Mr. Joseph... perché ha cambiato cognome?»
«Dopo circa un anno che mi sono laureato, ho prima
scritto e poi telefonato a mio zio che mi ha detto di andare da
lui...pensavo mi inviasse il biglietto, ma non importa son
partito ugualmente, anche se mio papà, suo fratello, è mio
fratello erano contrari... erano più arrabbiati di me con zio
Arturo e lo sono diventati ancor di più successivamente.
Jeremy ascoltava e guardava l'orologio, Giuseppe se ne
accorse e:
«Oh scusami Jeremy, se devi andare non vorrei ...»
«No no nessun problema... rispose dopo aver guardato la
borsa della posta, quasi tutta pubblicità, se non la consegno
son contenti...mi scusi continui.»

138
« Arrivato a Little Rock, son passati circa 6 anni da quel
periodo, dissi a mio zio Arthur, che mi sarebbe piaciuto
prendere il cognome come il suo, Arghensthone, da prima
sembrava non volesse poi dopo qualche giorno, eravamo a
cena, mi sembra di ricordare, e mi disse che era tutto fatto
dovevo solo recarmi da un legale firmare alcune carte e sui
documenti, passaporto compreso, sarei stato Mr. Joseph
Arghensthone...; avevo chiesto questo perché sarebbe stata,
come lo è stata, una buona opportunità e referenza per entrare
in determinati ambienti qui a Londra. »
«Si purtroppo è così, anche se non concepisco il fatto che
se una persona ha un cognome importante può frequentare...,
anche se non sa fare nulla; purtroppo però, giusta o sbagliata
che sia è quasi una regola... lo vedo io con le mie figlie, per
metterle in una scuola di un certo tipo non so quante referenze
mi hanno chiesto, mi sono anche spacciato per un funzionario
delle poste non come postino...e non son riuscito a far nulla.»
«Forse eri un funzionario basso livello» rispose
Giuseppe».
«Vice direttore... Mr. Joseph, vice direttore... ma non
importa fa niente, si vedrà» disse Jeremy.
Si guardarono e sorrisero.
Però... pensò Giuseppe hai capito l'amico Jeremy da vice
direttore delle poste si era camuffato.
« Comunque, come ti dicevo; riprese Giuseppe, dopo
esser diventato Joseph Arghensthone e passati non più di
quindici giorni, mi sono accorto che il comportamento di mio
zio, nei miei confronti era cambiato e senza alcun motivo...;
un bel giorno lo affrontai e gli chiesi cosa mai fosse

139
successo... e cominciò a fare dei discorsi strani, ogni tanto
inalava il spray suo broncodilatatore... e alla fine capii che
aveva raggiunto il suo scopo..., dovevo andarmene... però non
prima di avergli detto tutto ciò che si meritava... in merito ai
suoi comportamenti e quant'altro..., avevo capito dopo che
l'aiutarmi al cambio di nome e cognome era stato un mezzo
per carpire il mio progetto..., finimmo con litigare, e ci
lasciammo in malo modo e lui finì con la frase... MAI UN
ARGENTON nel mio testamento... Il giorno seguente partii,
il suo autista o meglio il factotum Martin mi accompagnò
all'aeroporto, ... povero Martin era l'unica persona con la quale
avevo legato, gli telefonavo o mi telefonava spesso, se ci
penso bene sentivo più di frequente lui che mio fratello.»
«Ma non lo sente più...» chiese Jeremy.
« Martin era legato da una forte amicizia, almeno questo
sembrava, con mio zio e non so ancora per quale motivo... mi
teneva informato di tutto... sta di fatto che, circa due mesi fa,
era un po' che non lo sentivo, ho telefonato e mi ha risposto
una voce che non conoscevo che mi dice: “ Sono Paolo, il
figlio di Martin, mio papà purtroppo ha avuto un grave
incidente e non c'è più, però prima di andarsene mi ha
raccontato di lei che eravate amici e mi ha chiesto di esserlo
anch'io”..., ovviamente non seppi cosa rispondere lo salutai
dicendogli che l'avrei richiamato... e l'ho fatto, con l'ultimo
mio viaggio, avremmo dovuto incontrarci a Memphis ma
all'ultimo momento mi ha chiamato che aveva un imprevisto;
comunque ti sembra strano ma mi è dispiaciuto di più della
scomparsa di Martin che di quella di Arthur.» .

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«Mi sembra tutto molto triste e intricato... ma perché è
preoccupato...» chiese Jeremy.
«Sono o forse mi sto preoccupando e non serve..., ma 15
giorni fa sono andato in America... e ora sono qui ma...»
«Ma...» ripeté Jeremy...
«Ma per la dogana americana io sono ancora in America
sono tornato senza visto d'uscita...sono tornato via mare..., e
sulla lettera c'è scritto che è stata aperta un'indagine...»
«E sarebbe questo il problema...!!? Se si tratta del visto...
e vuol star tranquillo penso che qualcosa si possa fare..., per il
resto... affronti la cosa man mano che arriva... e si prepari che
dovrà tornare in America…da qual che ho capito...»
«Come sarebbe a dire, chiese Giuseppe, con qualcosa si
può fare...»
«Mr. Joseph ormai un po' ci conosciamo, altrimenti non
saremmo qui a parlare se non avessimo, se mi permette, stima
l'un dell'altro..., allora, mi lasci andare a trovare alcuni amici
alla dogana portuale Americana e, qualora fosse, il visto
d'uscita dall'America che data dovrebbe portare?» disse
Jeremy
Dire che Giuseppe fosse leggermente stupito, dopo aver
sentito Jeremy, sarebbe veramente riduttivo...
«Jeremy... ti ringrazio ma non voglio assolutamente che tu
ti trova nei guai a causa mia...
«Mr. Giusepe... rispose ridendo e sorriso dovuto al fatto
della pronuncia del nome; stia tranquillo... se riesco già
stasera le so dire qualcosa... però se si può fare avrò bisogno
del suo passaporto.»

141
«D’accordo Jeremy, e aggiunse, ma non fare nulla se vedi
che…, guarda l'orologio e continua, scusami ti ho fatto far
tardi ti ho tenuto bloccato quasi due ore...»
«Nessun problema e sa che le dico...che rientro a casa e
farò il giro domani e se mi chiedono qualcosa rispondo che
sono stato a parlare con un Amico...posso?» disse Jeremy
«Assolutamente si...» rispose Giuseppe, mise la mano in
tasca ma Jeremy gliela blocco...dicendo
«Mr. Giusepe... il gelato alle mie figlie lo offre lei
direttamente un altro giorno»
Si salutarono con una stretta di mano come mai c'è stata
fra loro
Giuseppe...si era convinto di essere entrato effettivamente
in un giallo...; ieri sera Claudine con il papà agente sotto
copertura, ora Jeremy il postino che forse può fargli avere il
visto d'uscita dall'America, nei prossimi giorni anzi domani
forse la visita della polizia...
“Ma cosa ho sbagliato...” pensò.

142
Un Segugio a Londra

Le due di notte e agli arrivi internazionali dell'aeroporto di


Londra un agente di Scotland Yard, assieme all'ispettore capo,
tutti e due con gli occhi assonnati, stavano lì in piedi, ad
aspettare che le porte automatiche si aprissero per far uscire i
viaggiatori in arrivo.
All'altoparlante il solito din-don quale preavviso di un
annuncio:
Attenzione si avverte che il volo Delta Airlines Fly ATL
xj777 proveniente da Atlanta atterrerà con 40 minuti di
ritardo.
L'agente e l'ispettore si guardarono:
«Meglio che andiamo a prenderci un altro caffè disse il
commissario capo all'agente.»
«Si capo, penso proprio di sì, e sarebbe il quinto... rispose
l'agente che continuò; ma non c'era un volo che arrivasse con
un orario più decente!!?»
«Lasciamo perdere che è meglio, l'unica cosa che mi
consola è che anche ai nostri colleghi d'oltreoceano quando
devono viaggiare, i biglietti corrispondono sempre a voli più
economici...tipo questo che arriva a notte inoltrata.»
Al piano seminterrato del civico 33 di Leicester Square,
nonostante l'orario la luce era ancora accesa, probabilmente
qualcuno non riusciva a dormire... musica soffusa, una tazza
di caffè fumante, poggiata sul tavolino a fianco ad altre due
vuote; il dito fa scorrere la rubrica e, arrivato al nome Martin,
pigia sul tasto e chiama.

143
Giuseppe non aveva cambiato il nome, da Martin a Paolo,
suo figlio, non serviva lui aveva sostituito in papà in tutto.
«Si pronto, ciao Paolo sono Joseph come stai? qui sono le
due di notte passate penso che fra un po' andrai a cena.»
«Buonasera Joseph, come vuole che stia dopo quel che è
successo, penso le sia arrivata la notizia...»
«Si sì Paolo, proprio ieri mattina; ma dimmi come è la
situazione lì...cosa si dice?»
«C’è molta confusione e la polizia è venuta già tre volte, o
meglio il commissario Philippe Gordine; ha interrogato varie
persone, ovviamente anche me, ha portato via un po' di cose
dallo studio di Mr. Arthur».
«Nient’altro?»
«No…, anzi si mi ha chiesto il registro delle presenze del
personale ed ho dimenticato di darglielo.»
«Consuelo come sta?» chiede Giuseppe.
«È la più dispiaciuta di tutti, prima Miss. Giuliette, che
conosceva bene e la figlia, poi a pochi mesi di distanza mio
padre e ora Mr. Arthur che per di più ha scoperto lei... provi
un po' a pensare come sta..., poverina.»
«Mi dispiace tantissimo per lei e tu come stai...?»
«Cosa vuole, ho ancora il dolore di mio padre, una morte
così assurda, cosa mai era andato a fare nel magazzino delle
trebbiatrici e da solo e quell'ora...» rispose Paolo.
«Ma hanno poi capito come è successo!!?»
«No..non ancora...aveva una ruota sopra il torace che
gliel'aveva mezzo schiacciato, in ospedale sembrava che ce la
facesse...ma niente è riuscito a dirmi alcune cose...»
«Alcune cose...tipo?» chiese Joseph.

144
« Si riferite al lavoro e dove trovare i documenti del
personale e altro... rispose Paolo riprendendo e cambiando
discorso; mi deve scusare Mr. Joseph se non siamo riusciti a
vedersi l'ultima volta ma un contrattempo mi ha fatto
dimenticare che dovevamo incontrarci, poi quando mi son
ricordato ho provato a chiamarla e giustamente lei mi ha detto
che non poteva aspettare; ho pensato che vista la distanza da
Memphis a Little Rock, che si raggiunge in poco più di un’ora
di viaggio, sarebbe potuto arrivare qui e magari... non sarebbe
successo nulla. »
«Non c'è problema...»
«Senta lei verrà per i funerali?» chiede Paolo
«Non so... e nemmeno ho idea di quando saranno; so che
dovrò prendere contatto con uno studio legale che mi ha
scritto per prendere accordi, ci sarebbero delle formalità
riferite al testamento...ma non so ancora nulla»
«Comunque penso che i funerali non si potranno fare
prima di 10/15 giorni perché il corpo del Mr. Arthur è ancora a
disposizione della polizia; ora però la devo lasciare altrimenti
la mia fidanzata, che presto, forse, sarà mia moglie non mi dà
più da mangiare.»
«Ti sposi!!? così giovane!!!? bene bene...ma un'ultima
cosa...»
«Mi dica Mr. Joseph...»
«Una semplice curiosità... ma a quel commissario... hai
detto che dovevamo incontrarci?»
«No no... a Segugio non ho detto nulla...» risponde Paolo
«Segugio!!!?»
«Si così è soprannominato.»

145
Si salutarono..., Paolo andò a cenare e Giuseppe a finire il
suo terzo o quarto caffè, non prima però di girarlo un po'...e
quel girare lo fece pensare ancora.”
L'agente stava lì, a pochi metri, di fronte le porte d'uscita
passeggeri, con un foglio formato A3, tenuto steso con le due
mai appoggiate sul petto e con scritto Philippe Gordine...
«Ecco disse l'ispettore capo dovrebbe essere quello lì,
circa metro e 60 che cammina come un pinguino, testa
pelata...così me l'hanno descritto oltre ad avermi detto che era
soprannominato Segugio.»
Gordine, Philippe Gordine gridò l'agente...
Segugio si accorse del cartello prima di sentire la voce, un
sorriso poi alzò un braccio per farsi riconoscere, lo abbassò
portando l'indice all'altezza del naso ad indicare di fare
silenzio...
«Commissario Gordine...ben arrivato sono l'ispettore capo
Gastronomo...disse, porgendo la mano per incrociare quella di
Ordine per salutarlo.
«Molto lieto...rispose Ordine stringendogli la mano...e
continuando; mezz'ora e più sopra Londra perché il pilota non
riusciva ad agganciare bene la pista d'atterraggio, sarebbe da
fare un esposto alla Delta Berlinese...»
«Importante essere atterrati, risponde l’agente,
premurandosi di prendere il bagaglio del commissario e
aggiungendo; permette commissario dia pure a me...»
«Grazie caro, replicò Ordine con il suo solito modo
simpatico.»
«Allora caro collega cosa la porta qui. chiede Garston»
«Garston se non erro...» ribatte subito Segugio.

146
«Si esatto...risponde Garston
«Vedi abbiamo già qualcosa in comune.» aggiunge
Segugio
«Sarebbe!!?» Chiede l'ispettore Garston
«La G, risponde Gordine, l'iniziale del cognome...»
Garston fece un accenno di sorriso...quella battuta se
battuta doveva essere, non rispecchiava assolutamente l’umor
inglese..., Segugio si accorse del mancato effetto...
«Sono qui perché dovrei, dico dovrei perché non ho un
appuntamento specifico, incontrare una persona per avere dei
chiarimenti» continuò Gordine.
«E presumo desideri che lo invitiamo da noi a Scotland
Yard.»
«Non serve grazie ti chiedo solo se domani, anzi questa
mattina verso le 9,30/10.00 mi puoi accompagnare
all'indirizzo che ti dirò e durante il tragitto ti spiegherò quel
che serve».
Questa risposta non piacque molto all'ispettore capo
Garston...; riteneva che Gordine gli spiegasse subito...il
perché...e aggiunse con tono seccato.
«Come credi..., ma non riuscì trattenersi e
continuò...anche se ritengo di dover essere informato sul
perché della sei venuto qui.»
«Ogni cosa a suo tempo...ogni cosa a sua tempo, non è un
indagine internazionale.»
«Si però...» continuò Garston...
Nel frattempo era già in direzione della pensione che
Gordine aveva fatto prenotare, nelle vicinanze di Scotland

147
Yard, infatti diede l'indirizzo all'agente che si era dimostrato
più simpatico del suo capo.
«Scusami collega... Segugio usò il medesimo termine, che
tra l'altro non gradiva e rivolgendosi con il tu; se non erro la
persona che ha ti ha informato del mio arrivo, dovrebbe aver
detto chiaramente che questa mia visita doveva essere intesa
come una gita veloce, anzi una visita informale, infatti
dopodomani nella primissima mattinata, ho un volo
prenotato...»
«Ah se la metti così...rispose l'ispettore capo...»
Nel frattempo erano arrivati vicino alla pensione...
«Scusa ma non capisco questo tono..., replicò Gordine.
Facciamo così non è necessario che ti scomodi domani o
meglio più tardi, erano ormai quasi le quattro del mattino...se
puoi chiedere all'agente qui...» rivolgendosi poi all'agente
scusandosi per non avergli chiesto come il nome.
«Agente Richard Jamstuck sig. commissario, rispose
l'agente...»
«Grazie, agente Richard piacere di conoscerti, rispose
Segugio e continuando verso Garston, se vuoi chiedere a
Richard se domani mi può accompagnare mi faresti cosa
grata...collega.»
«Nessun problema, si intromette l'agente Richard, domani
è il mio giorno libero pertanto alle 09.00 l'aspetto qui sotto la
pensione.»
«Grazie caro..., rispose Gordine e rivolgendosi
all'ispettore capo finì; ecco fatto collega, poi, in caso ti
spiego... ora se permettete vado a dormire». Prese la valigia di
medie dimensioni posta fra lui e l'ispettore capo, come da

148
fungere un divisorio e scese salutando con il suo solito grande
sorriso...
Giuseppe sembrava “collegato” a Segugio…, era andato e
dormire alla stessa ora solo o meglio si era addormentato sulla
poltrona e poco prima delle 08.00 venne svegliato di
soprassalto dal tintinnio del telefono, rispose dopo tre quattro
squilli, era Claudine:
«Ciao Amore dormito bene!?» Chiese Claudine...
«Ciao a te Gioia mia... bene è un po' difficile a dirsi,
molto meglio ieri sera...comunque ho dormito». Preferì non
dire dove si era addormentato.
«Volevo dirti che è arrivato, pertanto fatti trovare...che
tutto resta “in casa” per ora...»
«Grazie, ringrazia papà...rispose e gli disse del colloquio
con Jeremy e di quello che gli aveva detto in merito al…».
«Chiamo papà e ti so dire...ciao ciao» e chiuse
immediatamente il telefono.
Meglio andare a fare una buona doccia, pensò Giuseppe e
salì le scale per vedere andare in camera, non fece a tempo a
entrare che venne scosso dal suono del campanello, guardò
dalla finestra era Jeremy, era vestito normale, gli aprì il
cancelletto e scese di corsa le scale, Jeremy questa volta entrò
dall'ingresso principale:
«Ciao Jeremy, cosa fai qui e senza divisa?»
Jeremy stava per rispondere che venne interrotto dal
tintinnio del telefono di Giuseppe che rispose senza guardare
chi chiamava:

149
«Ciao, era Claudine, fai fare immediatamente e se
possibile con la data di lunedì o martedì.» Ciao Bacio scappo
che sono in ritardo.
«Scusami Jeremy dimmi cos'è successo?»
«Mr. Joseph si può fare..., mi dia il passaporto»
Joseph l'aveva già in tasca...
«Se possibile la data di lunedì o martedì.»
«Vado e torno» rispose Jeremy...
«Guarda che potrebbe essere che sia occupato quando
torni, pertanto se non apro subito...aspetta un po’...»
«Tranquillo Mr. Joseph tranquillo...» rispose Jeremy.
Lo salutò ed uscì.
Il solito pensiero di Giuseppe... e questa volta senza
domanda... ma con una convinzione... “son finito dentro un
giallo” ...
«Richard, buongiorno», dice Gordine appena incontra
l'agente fuori dalla pensione.
«Buongiorno commissario Gordine, dormito bene?»
Chiede Richard...

150
La visita informale

Giuseppe, dopo la telefonata con Paolo, girando il terzo


caffè gli venne in mente quel pomeriggio della seconda
settimana di febbraio al circolo del Bridge dove Lord Patrick
Johanson, poco più di cinquant'anni, lo aveva invitato a bere
un tè al suo tavolo.
Lord Johanson, aveva capito bene le caratteristiche di
Joseph che pur di emergere e magari più di suo zio, era
disposto, forse, a qualsiasi cosa e quale miglior occasione...,
quella di unire l'utile al dilettevole...!!!; gli fece la proposta,
“un viaggio in America, tutto spesato andata in aereo,
ovviamente in business class, ritorno via mare...”
L'utile..., intascare 15.000 $ cash, che in quel momento gli
facevano più che comodo; il dilettevole..., navigare, una delle
passioni di Joseph che ne aveva molte; in questo caso su
trattava di navigare a bordo mega-yacht, assieme all'armatore,
un noto e discusso magnate della finanza.
Nessuno aveva mai capito bene quale attività, lecita o
meno, svolgesse Lord Patrick, visto appunto il suo tenore di
vita e che la maggior parte del tempo lo passava da un circolo
all'altro...
Finito questo breve pensiero, Giuseppe si era
addormentato in poltrona, comoda certamente per star seduti
ma non per dormire e soprattutto e per lui, da bambino gli
risultava più facile; aveva dormito poco più di tre ore, era
completamente anchilosato e per raddrizzarsi del tutto gli ci
vollero tre o quattro piegamenti dopo che, poco prima delle

151
08.00 venisse svegliato di soprassalto dal tintinnio del
telefono e parlato con Claudine.
Subito dopo l'incontro con Jeremy, Giuseppe era tornato
in camera per vedere se gli riusciva, velocemente, di farsi una
doccia e darsi una sistemata.
«Bene commissario Gordine questo è il civico 33 di
Leicester Square a chi dovremmo suonare?» chiede l'agente
Richard.
«Si ora ti dico, però prima vorrei che, appena la persona
che devo incontrare ci apre, tu ti presentassi, giustamente
come agente di Scotland Yard e poi presenti me..., al resto ci
penso io... e ricorda questa non è un'indagine internazionale,
voglio darti fiducia per questo ti chiedo il massimo riserbo.»
«Non dubiti commissario... non dubiti non parlerò e non
ascolterò...forse...» Gli confermò l'agente Richard.
Gordine si avvicina alla placca dei campanelli, due soli, e
pigia il campanello di Mr. Joseph Arghensthone.
Joseph, scosta la tenda e vede le due persone giù, davanti
al cancello, va al citofono e:
«Si chi è?» Chiede.
«Buongiorno il Mr. Joseph Arghensthone, sono l'agente
Richard Jamstuck, ci può aprire per cortesia avremmo bisogno
di parlare con lei...»
Joseph, anche se preavvertito di questa visita, non era
granché rilassato... pensava a varie cose ma soprattutto a
Jeremy..., qualora fosse arrivato... come avrebbe fatto a ...!!?
«Si sono io... qualcosa non va? rispose e aggiunse; scendo
in 5 minuti.»

152
«Grazie, attendiamo... replica Richard... che dopo aver
sentito il clic di chiusura del citofono si rivolge al Gordine e
quasi meravigliato gli dice... Qualcosa non va!!!, come mai ha
detto ciò Mr. Joseph!!?»
«Scusami Richard... sei un cittadino qualunque, alle 9.30
del mattino suonano al campanello due persone che si
presentano come poliziotti, mi sembra normale che la prima
cosa che pensi sia... qualcosa non va... e qualcuno, come in
questo caso ha fatto il pensiero a voce alta...» gli fa osservare
Gordine.
«Si vero...ha ragione...» replica l'agente.
«E mi raccomando segui come da copione... Grazie...»
«Senta commissario... se preferisce dopo che siamo entrati
io con una scusa qualunque esco e l'aspetto in auto» riprende
Richard.
«Non serve non serve... però fai come vuoi...io farò
ugualmente come se tu non ci fossi... deve sembrare un
incontro informale.»
«D’accordo ho capito...» conclude Richard
In quel momento si aprì il portoncino di ingresso e mentre
il cancelletto, davanti ai due agenti, fece un scatto e si scostò
leggermente.
Joseph scese i quattro scalini per andare incontro ai due,
non inattesi, "ospiti" che nel frattempo avevano varcato il
cancello.
«Buongiorno, sono Mr. Joseph Arghensthone mi
dicevate...!!?»
«Si buongiorno, Mr. Arghensthone sono l'agente Richard
Jamstuck e questo è il commissario Philippe Gordine...»

153
«Si bene, ma scusate non è per diffidenza...»
«Si ha ragione ci scusi lei Mr. Arghensthone, rispose
subito Gordine che aveva capito a cosa si riferiva Joseph;
questo è il mio tesserino» l'aveva già pronto in mano
«E questo...è il mio», aggiunse l'agente Richard dopo
averlo preso dalla tasca interna della giacca.
«Grazie, rispose Joseph, ma prego accomodatevi, faccio
strada.»
«Si grazie» rispose Gordine, seguito a ruota da Richard.
«Purtroppo, continuò Joseph chiudendosi il portoncino
alle spalle, non ho un appartamento con vero un salotto,
dovrete accontentarvi di questa stanza che ho adibito allo
scopo, prego accomodatevi». Aprì la porta che dava al
seminterrato chinò come sempre il capo prima di entrare
«Non si preoccupi...non ci formalizziamo per queste
cose...» rispose Gordine.
«Bene, anche perché di più non potrei, al piano superiore
ho una stanza, fortunatamente grande, con bagno ed essendo
solo è più che sufficiente, in attesa che arrivino tempi
migliori...» replicò Joseph.
Entrando, Gordine si guardò bene attorno, si diresse verso
la sedia della scrivania e chiese:
«Le dispiace se mi siedo qui?».
Dove le sembra più comodo, rispose Joseph, se preferisce
c'è la poltrona...»
«No bene qui... non vorrei sprofondare e poi fare fatica ad
alzarmi...» rispose Gordine facendo una risatina.
«Ditemi come mai questa visita? Come posso esservi
utile? a proposito gradite un caffè?»

154
«Un caffè volentieri» rispose Richard, Gordine lo seguì
anche lui con un si grazie.
«Lei commissario, Gordine se non sbaglio..., chiese
Joseph che era di spalle in quanto stava preparando il caffè,
non è di qui... mi lasci indovinare... il cognome mi sembra di
origine Francese però la parlata è Americana...»
«Diciamo che ha indovinato...» Rispose Gordine.
«Allora mi dica commissario come posso esserle di
aiuto. !!!' se di aiuto si tratta...» Continuò Joseph
«Scusi dr Joseph, perché pensa che dovrebbe essere di
aiuto a me visto che siamo in due...» rispose Segugio.
Joseph, deglutì un po' di saliva, come se avesse capito di
aver fatto una domanda sbagliata, si voltò guardò dalla sua
altezza Gordine che se stava lì seduto con il suo sorriso un po'
sornione e quei grandi occhi dietro le lenti, che guardavano
Joseph che riprese:
«Beh mi scusi, non vorrei offenderla ma, data la
differenza d'età e il grado, presumo che non sia lei ad
accompagnare l'agente..., si interruppe per un attimo e riprese,
mi scusi agente non ricordo il suo nome.» riprese Joseph
«Richard Jamstuck» rispose l'agente.
«Posso dire che ha indovinato anche questa...come la mia
provenienza» replicò Segugio...
Nel frattempo i caffè erano, pronti... Joseph chiese ai suoi
“ospiti” quanto zucchero volessero, chiedendo scusa per non
avere una zuccheriera, due zollette per tutti due e porse loro le
tazzine.
«Lei niente caffè» chiese Gordine...
«Si ora lo faccio.»

155
Due passi e prese le tre tazzine che erano sul tavolino,
cosa che Gordine aveva già notato, visto l'ordine che c'era in
quella stanza...
«Fatto tardi ieri sera Mr. Joseph?» Chiese Gordine
«Effettivamente si.... Anzi le dirò che mi sono
addormentato in poltrona avevo del lavoro arretrato...»
...Ma quando comincia con le domande vere... sto
commissario Gordine...pensava Joseph...
«Non si chiede perché siamo o meglio perché sono qui
Mr. Joseph Arghensthone.»
«Veramente sig. commissario, l’avevo già chiesto prima,
dicendo appunto come potevo esserle di aiuto... si mi sembra
proprio di avere usato questa frase...» rispose con estrema
sicurezza Joseph.
«Sono il commissario capo di Little Rock -Arkansas-
United State...conosce?» Disse Gordine...
Joseph, stava guardando il suo caffè scendere dalla sua
Breda e arrivato quasi a metà tazzina la prese, si preparò
un’espressione meravigliata e si voltò rispondendo:
«Purtroppo sì...commissario Gordine...purtroppo si...»
Ripeté; e cominciò a girare il suo caffè e contemporaneamente
iniziò il tintinnio...
Richard era seduto sullo sgabello del pianoforte, Joseph,
sempre girando il suo caffè si sedette sulla poltrona,
chiedendo scusa per le spalle all'agente.
«Perché gira il caffè se non mette lo zucchero?» Chiese
Segugio...
«Me lo chiedono tutti quelli che non mi conoscono, non lo
so nemmeno io, mi piace, forse per raffreddarlo un po' o forse

156
perché mi piace il tintinnio del cucchiaino contro la tazzina...»
smise di girare tolse il cucchiaino e bevve il suo caffè.
«Ognuno ha le sue manie, rispose Gordine, anch'io ne ho
una vuol sapere quale...?»
«Se le fa piacere... mi auguro però che anche la sua non
provochi un tintinnio perché potremmo fare un concertino...»
Replicò Joseph
«AhAhAhAh... una risatina, la risposta di Gordine, questa
è proprio simpatica...e aggiunse ripetendo, perché mi ha detto
purtroppo si?» per riallacciarsi alla precedente risposta di
Joseph...»
Joseph si alzò, andò verso il commissario che per
guardalo aveva la testa quasi tutta all'indietro e:
«Scusi commissario, se sposta leggermente il braccio,
Grazie»
Gordine spostò il braccio che aveva poggiato sul bordo
della ribalta del mobile scrivania, Joseph aprì leggermente la
ribalta, infilò il braccio dentro e fece uscire la busta che aveva
ricevuto giorni fa.
«Grazie, disse Joseph estraendo il foglio all'interno della
busta e porgendola a Gordine continuò; prego legga questo è
il motivo del purtroppo si... sig. commissario Philippe
Gordine di Little Rock» con un tono quasi di sfida...
«Grazie e se si siede mi farebbe una cortesia, rispose
Gordine, prendendo il foglio; non vorrei che per guardarla mi
restasse il collo bloccato all'indietro...AhAhAhAh...»
«Anche questa è simpatica» aggiunse Joseph, andandosi a
sedere.

157
L'agente Richard non parlava, guardava quei due
personaggi, perché dei personaggi sembravano, che si
punzecchiavano a vicenda e aspettava che qualcosa di più
interessante succedesse...
«Intanto sentite condoglianze,» disse Gordine...
«Grazie..., rispose Joseph guardando prima Gordine e
ripetendolo, girandosi verso Richard, che anche lui le aveva
esternate aggiungendo “anche se non so chi sia la persona
scomparsa”.
Forse era effettivamente una visita informale, pensò
Joseph, infatti se Richard avesse saputo il motivo della visita
di certo sapeva chi era la persona scomparsa... a meno che non
stesse recitando a copione...
«Grazie...riprese Joseph ma non penso che lei
commissario, abbia attraversato l'oceano per venire a
porgermi le condoglianze, anche se la persona scomparsa era
nota a Little Rock...»
«Non solo a Little Rock mio caro Joseph, non solo a Little
Rock ripeté Gordine; lei lo sa benissimo, si interruppe un
attimo e riprese, avrei qualche da domanda farle se permette.»
«Prego...aspettavo da quando si è presentato...»
«E come mai...aspettava?» chiede Gordine.
«Beh visto quanto c'è scritto nella lettera che le ho
consegnato, mi sembra di poter dedurre che la persona
scomparsa non lo è stato per causa naturale...»
Quando Gordine, leggendo al lettera arrivò alla frase “è
stata aperta un'indagine” pensò subito che Joseph
Arghensthone, anche se non immaginava di questa visita,

158
sicuramente qualche risposta se l'era preparata, qualora ci
fosse stata qualche domanda...
Gordine, aveva notato che Joseph non aveva mai
pronunciato il nome di suo zio Arthur e non gli era parso
granché dispiaciuto...; in quel momento la risposta chiara che
avrebbe voluto... era appunto perché? ...
«Quand’è che ha visto l'ultima volta suo zio Arthur
Arghensthone, Mr. Joseph» chiese Gordine.
L'agente Richard capi di chi si stava parlando...sebbene
non fosse dell'ambiente, ma gli era capitato di sfogliare
qualche giornale finanziario e nella pagina dedicata alle
materie prime il nome Arghensthone non mancava mai.
«La data esatta non la ricordo, comunque circa sei sette
anni fa..., se vuol sapere mese e giorno preciso dovrei
guardare la data dei voli...» rispose Joseph
«Non mi serve... questo già lo so... ma è certo di non
averlo visto di recente? per recente intendo qualche giorno
prima che... o magari quel giorno?»
Joseph, che stava osservando la bocca di Gordine mentre
gli parlava e quegli occhi, che nonostante le domande che
faceva emanavano ugualmente una certa simpatia, rispose
senza tanto penarci.
«Commissario...disse Joseph, ritiene che debba chiamare
il mio avvocato per continuare a rispondere?»
«Non ne vedo la necessità, per il momento, potrebbe
essere che le serva e ripeto potrebbe essere, qualora venisse
aperta un'indagine...»
«Come sarebbe a dire...ma se...»

159
«Si sulla lettera dello studio legale c'è scritto che è stata
aperta un'indagine, ma sa gli avvocati ogni tanto dicono o
scrivono qualcosa di sbagliato e questo è uno di quei “ogni
tanto”, si sente più rilassato ora?»
Gordine forse bluffava e Joseph... non sapeva se e come
stare al gioco...
«Sbaglio o è stato in America da poco..., se dico circa 20
giorni fa non penso di dire una cosa sbagliata vero?» disse
Gordine
«Si ma non vedo perché necessariamente sarei dovuto
andare a Little Rock e per di più da Arthur... io lo chiamavo
così…»
«Sempre medesimo scalo... sia all'andata che al ritorno...
tutte le volte. Solo che...» disse Gordine
Questa domanda o meglio la precisazione di Gordine
venne interrotta dallo scampanellare...di qualcuno
all'ingresso...
«Prego vada pure...» disse Segugio.
«Grazie...a quest'ora...!!!? non saprei chi può essere...»
replicò Joseph.
«È il postino...» disse Richard che d'istinto si era girato e
sbirciato dalla finestra? ...
Joseph era un po' in confusione... ma si riprese e disse:
«A quest'ora... sarà uno nuovo, dal momento che il solito
stamane non è passato...» aggiunse Joseph nel mentre che
apriva la porta che dà direttamente all'esterno...
«. Mr. Joseph buongiorno, sono in ritardo stamattina...»
Era Jeremy...si era messo la sua solita divisa

160
«Jeremy, disse Giuseppe, mi sembrava che non fossi
passato stamattina»
«Si è vero c'è stato un contrattempo, nello smistamento
della posta, sono in ritardassimo e poi, all'ultimo momento,
dall'ufficio oggetti smarriti mi hanno dato questa busta per
lei...»
«Per me...!!!? ma non sarà per caso.» disse Joseph
cercando di dare un tono di meraviglia...
«Si è proprio il suo passaporto... l'ha portato un ragazzino
ieri sera... l'ha trovato sotto una panchina nel parco dall'altra
parte del Tamigi, rispose Jeremy»
«Vuoi vedere che mi è scivolato ieri, quando
camminando, mi son tolto l'impermeabile, stavo andavo a
trovare la mia fidanzata che abita nel residence oltre il parco
ma questo ragazzino ha lasciato il nome mi sembra giusto
dargli una ricompensa...
«Purtroppo no, mi hanno detto che se n’è andato di
corsa...» Rispose Jeremy
Joseph mise le mani in tasca per prendere il portafoglio
ma...
«Lasci stare disse immediatamente Jeremy non serve..., e
nel mentre che stava per uscire incrociò lo sguardo di Richard
e continuò, ma tu sei il figlio di Claud Jamstuck sei...sei
Richard... se non sbaglio»
«Si, rispose l'agente, ...sono proprio Richard sono proprio
io... vedo che sta bene aggiunse e che...»
Jeremy lo incalzò subito con un'altra domanda...
«E papà come sta, sta bene? È stato un piacere...
salutamelo tanto quando lo vedi, ora devo scappare che sono

161
in ritardo, mi sa che oggi salto il pranzo... arrivederci a tutti...»
Jeremy aveva già la maniglia della porta stretta fra la mano,
nel mentre diceva velocemente quelle parole, aprì la porta ed
uscì chiudendosela alle spalle.
Il commissario Gordine era rimasto lì... quasi come
dimenticato dagli altri... e la cosa gli dette un po' di fastidio
ma riprese senza far trasparire alcun che...
«Bene, per un attimo mi sembrato di assistere a un
incontro fra vecchi amici... comunque tutto è bene ciò che
finisce bene... e continuò dicendo... le dispiace se riprendiamo
da dove siamo stati interrotti...Mr. Joseph?» disse Gordine.
«Certo commissario... mi scusi ma dove eravamo rimasti,
disse Joseph anche se lo sapeva benissimo; ma sa, il solo il
pensiero di dover rifare il passaporto...»
«Certo... immagino sarebbe stata una gran seccatura...,
magari il dover dare alcune spiegazioni e poi penso che le
servirà fra non molto...» disse Gordine.
«Veramente mi serve spesso, preferisco sempre presentare
il passaporto quando viaggio...» replicò Joseph.
«. Le chiedo una cortesia Mr. Joseph...» riprese Gordine.
«Mi dica commissario se posso ben volentieri...» rispose
Joseph forse un po' più rilassato...
«. Potrei veder il suo passaporto?»
«Certo anche se non capisco il perché...»
«Capirà capirà...» Rispose Segugio con il suo solito
sorriso... quasi pregustando il prosieguo della chiacchierata se
chiacchierata era...
Joseph sfilò il passaporto dalla busta... cercando di
nascondere un certo imbarazzo anche perché non sapeva se...,

162
appena in mano fece scorrere velocemente le pagine e
intravide anche se non bene quel che gli interessava e con il
suo sorriso che mai aveva fatto vedere quella mattinata, porse
il passaporto al commissario.
«Prego commissario...mi auguro che non me lo
sequestri...» disse Joseph come per sfottere...
Gordine, stese il braccio per prendere il documento che
Joseph gli stava porgendo, guardandolo negli occhi e questa
volta il suo sguardo non era il solito...sembrava uno sguardo
di chi sa avere in mano la situazione..., la spavalderia che
Joseph aveva sfoggiato sino ad ora, soprattutto in quest'ultimo
momento gli dava un po' di fastidio...e sperava di spegnerla.
Prese il passaporto ed iniziò a sfogliarlo pagina per
pagina, aveva bene in mente le date del rapporto fatto
dall'agente Murphy, arrivò alla pagina dove c'era impresso il
timbro dell'ultima entrata negli United State volto pagina ed
impresso trovò il timbro d'uscita, o meglio quello del rientro
in Inghilterra.
«Come è rientrato in Inghilterra dagli State l'ultima volta
Mr. Joseph Arghensthone» chiese Gordine...
«Come sarebbe dire come sono rientrato» rispose con una
domanda Joseph.
«Si come è rientrato o con che mezzo…, se la cosa le è
più chiara.» Riprese Segugio.
«Ah mi scusi commissario ero sopra pensiero, sono
rientrato o meglio ho fatto la traversata transoceanica con un
yacht anzi un mega yacht di un conoscente, barca, anche se
dire barca è estremamente riduttivo, velocissima e sicura 5
giorni e 9h, Daytona Beach-Coney Island.

163
«Questo vuol dire che ha fatto dogana, quella marittima,
quando è arrivato a Londra...
«Come è d'uso quando si viaggia in mare... ovviamente...»
Rispose Joseph
«Ovviamente, ripeté Gordine..., ovviamente. E quanto è
durata questa transoceanica...?»
«Gliel’ho detto prima...5 giorni e 9h..dei minuti non ho
preso nota»
Nel frattempo Segugio aveva estratto da tasca il
registratorino e chiese:
«Le dispiace se...»
Joseph lo interruppe...
«Si mi dispiace, non perché abbia qualcosa da nascondere
ma non capisco, gli avvocati scrivono che è stata aperta
un'indagine lei mi dice di no... ora vorrei capire con tutte
queste domande dove vuole arrivare...»
«Vorrei arrivare ad aprire l'indagine...anzi le dirò di più
l'ho fatta aprire...proprio stamane...»
«Bene, rispose Joseph; buon per lei...vorrà dire che da
questo momento in poi risponderò solo in presenza del mio
avvocato, devo chiamarlo ora?» disse con fermezza Joseph.
Gordine si senti un po' spiazzato dalla reazione di Joseph,
non se l'aspettava...
«Lei, commissario Philippe Gordine di Little Rock,
riprese Joseph; si è presentato qui con l'inganno... e questo
non mi sta bene pertanto se permette ora avrei qualche
impegno.»
«Nessun problema rispose Gordine, nessun problema... e
rivolgendosi all'agente Jamstuck disse; Richard, possiamo

164
andare e ricorda... questa a Mr. Joseph Arghensthone è stata
una pura visita informale. E, rivolgendosi nuovamente a
Joseph continuò, vede come ha sentito si trattava e si è trattata
di una pura visita informale... ma la formalità le sarà
comunicata quanto prima, o qui o a Little Rock... tutto a suo
tempo Mr. Joseph Arghensthone, tutto a suo tempo.»
«Giusto rispose, Joseph, tutto a suo tempo tutto a suo
tempo e perdoni la mia irruenza...ma...»
«Grazie del buon caffè, lo interruppe Gordine; Richard
possiamo andare...»
Joseph, che era in piedi si diresse verso la porta che dà
all'esterno dicendo.
«Scusate se vi faccio uscire da qui, ma è più pratico...»
«L’importante è uscire, rispose Segugio e ripeté;
l'importante è uscire da qualsiasi parte e cosa dott.
Arghensthone...»
Stese la mano per salutarlo, Joseph era già pronto,
Segugio gli strinse la mano e poi, mollata la presa, gliela girò
e disse...
«Però...proprio una mano grande... giusta per coprire
senza problemi un volto altrettanto grande...arrivederci a
presto» ed uscì.
Joseph diede la mano anche all'agente Richard che
seguiva il commissario.
La porta si chiuse alle spalle dei due ospiti... non ben
accetti... Joseph si avvicinò alla sedia della scrivania, dove era
seduto Gordine, prese il passaporto che il commissario dopo
che si era alzato aveva appoggiato sulla seduta della sedia, lo
aprì velocemente alla pagina dove era apposto l'ultimo

165
timbro..., era rettangolare in inchiostro rosso dove si leggeva:
Dogana of Coney Island..., la data riportata corrispondeva ai 3
giorni antecedenti la data indicata nella lettera dello studio
legale che precisava il giorno della scoperta del corpo di
Arthur....
Joseph fece due conti rapidi...e pensò... mi sa che la
formalità mi arriverà...

166
Al bar dello Sport

Volo AZ 6754 delle ore 12.30 Londra Venezia landed...


Dopo un'ora e poco più di volo il commissario Gordine
atterrò all'aeroporto di Venezia.
Durante il volo ebbe modo di continuare a pensare, come
già aveva fatto, all'incontro con Joseph e ad alcune cose che
gli aveva detto l'agente Richard.
«Cosa ne pensi Richard,» chiese il commissario,
«Non conosco bene la storia e nonostante lei mi abbia
detto di far finta di non ascoltare…non ho potuto farne a
meno..., ma esiste o no un'indagine sig. commissario...»
«. Effettivamente un'indagine esiste ma non è relativa a
questo episodio ma penso la si possa legare... infatti stanotte,
ho i telefonato al mio comando e dato tutte le disposizioni del
caso anche se alcuni riscontri non li ho i ancora avuti... ma
arriveranno presto...però mi raccomando...»
«Ho capito...rispose Richard, anche se non molto ma
qualcosa ritengo di aver capito... lei pensa che il dr Joseph
Arghensthone in qualche modo sia implicato e non le hanno
dato soddisfazione le risposte...giusto?»
«Una serie di coincidenze che potrebbero dare una prova
ma che potrebbero anche depistare... comunque non c'è
problema non c'è problema, al mio rientro si inizia a far sul
serio con gli interrogatori..., ma dimmi di quel postino...»
«Si riferisce a Jeremy? Rispose Richard.
«Si mi sembra si chiamasse così...» replicò Gordine.

167
«Una vecchia conoscenza di mio padre, sa anche lui era
agente, lo ho arrestato più di una volta molti anni fa, per reati
di truffa e falsificazione documenti... ma da quando è
diventato papà ormai da 12/13 anni... ha messo la testa a
posto, fa il postino è solo quello...almeno così mi risulta...»
«Dici...! io ho prova che sette casi su dieci... “la volpe
perde il pelo e non il vizio...”» replicò Segugio.
«Cosa intende dire!!?»
«Ma non so...una serie di coincidenze...ora ti dico una
cosa, però per il momento deve restare fra me e te, poi se sarà
il caso ti chiamerò e dovrai fare alcune visite se serve...»
«Visite informali!!?» chiese Richard...
«Vedremo, ogni cosa a suo tempo..., accetti o no?»
«Certo, si... si può fidare...anzi le dico io una cosa...ho un
amico a Little Rock, un investigatore privato che mi ha parlato
molto bene di Lei...» aggiunse Richard.
Segugio, lo guardò con il suo solito sorriso...e rispose...
«Si lo so... sono stato io a chiedergli se conosceva
qualcuno a Scotland Yard... per una telefonata ma non
immaginavo si riferisse a te e ora penso che possiamo
fidarci...»
«Penso proprio di si...»
«Allora come ti dicevo, oggi a me premeva vedere il
passaporto del dott. Arghensthone ed ero certo che non avrei
trovato il timbro di uscita dall'America perché sino a una
settima fa circa, non risultava ancora uscito... poi l'arrivo del
postino e quel che mi hai detto di lui... mi sembrano delle
strane coincidenze...»

168
«. Ecco perché, l'hanno soprannominata Segugio, dice
Richard, aggiungendo subito: mi scusi non volevo prender
confidenza...»
«. Tranquillo...se hai parlato con Gilbert, l'investigatore
privato son certo che è la prima cosa che ti ha
detto...comunque tempo al tempo» ...ripeté Gordine
Il mattino seguente alle 07.00 Gordine sali nell'auto di
Richard che lo aspettava da qualche minuto davanti la
pensione per accompagnarlo all'aeroporto, arrivati, un ultimo
scambio di parole e si salutarono cordialmente.
Solito cartello...con scritto Philippe Gordine, questa volta
però fra me mani di un appuntato carabiniere, che però non
chiama a voce alta come Richard il nome scritto..., sta lì
fermo... quando, ad un certo punto si sente toccare sul
gomito... si gira, abbassa leggermente lo sguardo ed incrocia
quello sorridente del commissario che in uno stentato italiano
gli dice sorridendo:
«. Sono la persona scritta sul foglio...appuntato...» disse
Gordine, facendogli vedere il tesserino.
«Buongiorno commissario, risponde l'appuntato Antonio
lo Giudice in un buon inglese, non l'avevo vista o più
precisamente non mi hanno dato una sua descrizione, l'avrei
riconosciuta sicuramente...»
«Bravo, appuntato... molto arguto replicò sorridendo
Gordine e aggiungendo; ...cosa dice... andiamo o restiamo qui
a complimentarci l'un con l'altro...»
«. Prego prego...faccio strada, mi segua ho l'auto appena
all'uscita dell’aeroporto».

169
«Bene...A...A....» dice Gordine facendo finta di non
ricordare il nome dell'appuntato.
«Antonio..., appuntato Antonio lo Giudice signor
commissario.»
«Si si Antonio...e tu chiamami tranquillamente solo
Gordine...»
Salirono in auto, una semplice berlina blu scuro, quasi
anonima, una così detta auto civetta che, se non fosse stato per
le due antenne laterali e la divisa di chi la guidava, poteva,
forse, essere non riconosciuta come un'auto civetta...
«Allora Gordine, come da istruzione andiamo subito nel
paesino che ha chiesto, tempo un'ora e mezza siamo lì...»
«Grazie Antonio...ma dimmi è da molto che vesti questa
bella divisa...»
«Sono 25 anni Gordine...e ne vado orgoglioso...»
«Si so bene come Voi agenti dell'Arma, se non erro è così
che si dice in Italia, per identificare i Carabinieri ci tenete...»
riprende Gordine.
«Dice giusto Gordine...; comunque sei fortunato perché
ho prestato servizio sino a due anni fa e per circa quindici
anni, alla stazione dei Carabinieri di quel bel paesino dove
siamo diretti...»
«Molto bene, pensò e disse Gordine e ripetendo, molto
bene...e ti hanno detto chi dovrei andare a trovare...?»
«No assolutamente...mi ha chiamato l'altro giorno,
direttamente il colonnello De Santis...»
«. Ah il caro De Santis il carissimo amico, l'avevo
appunto chiamato io direttamente sulla sua linea privata...»

170
«Si il colonnello De Santis, continuò Antonio, mi ha
gentilmente ordinato...di venire a prenderla e stare a sua
disposizione sino alla sua partenza..., anzi ha aggiunto che era
l'occasione per ricambiare una cortesia di molti anni fa, mi ha
detto che l'ha aiutato a catturare un mafioso che abitava a
Little Rock e lei non ha voluto accollarsi alcun merito...
«Certo rispose Gordine, quale merito...quello era tutto del
tuo caro colonnello De Santis, aveva fatto tutto lui... lui si che
è un autentico cane da caccia...»
«Si...rispose l'appuntato è vero, un segugio... proprio
come Lei Gordine...così mi ha detto il colonnello...»
«Troppa pubblicità troppa pubblicità..., aggiunge Gordine;
mi sa che se andiamo avanti così i prezzi dei cani da caccia
aumenteranno sicuramente...»
Tutti e due si misero a ridere… e proprio di gusto.
Parlando e ridendo...l'ora e mezza era passata ed
arrivarono al paesino dell'alta padovana...
«Eccoci arrivati Gordine...se vuole dirmi da chi
dovremmo andare...?»
«Si caro Antonio...e per cortesia basta con questo lei... ora
però ti chiedo...»
«So già tutto..., il colonnello de Santis mi ha detto
tutto...che “muto devo stare e muto starò” ...
«Bene...bene..., allora dovrei anzi...voglio incontrare
Alfredo Argenton..., disse Gordine...
Per l'appuntato sarebbe stato sufficiente Alfredo, perché di
Alfredo in quel paesino c'era solo lui; Alfredo Argenton lo
conosceva bene... infatti più di qualche volta era stato a cena
da loro invitato o da papà Achille o dallo zio Arturo...

171
«Dici davvero... rispose l'appuntato... Alfredo!!' lo
conosco bene, anzi per la precisione conosco bene papà
Achille... e se Alfredo non ha perso l'abitudine solitamente a
quest'ora dovremmo trovarlo, assieme al papà a bere lo spritz,
lì in quel bar, il bar dello Sport... c'è solo quello in paese...»
«Lo spritz!!?» Chiede Gordine e cosa sarebbe...
«Si scusami...Gordine, risponde l'appuntato; lo spritz è un
aperitivo, vino bianco, Aperol o Campari, dipende dai gusti,
un po' di seltz o acqua minerale gassata e un oliva...»
«Allora direi Che è il caso di andare a bere uno Sp.Spr...»
«Spritz…disse Antonio, uno Spri-tz
«Esatto...quella roba là...»
Altra risatina in contemporanea...
Nel paesino dell'alta padovana, la giornata era
discretamente calda, c'era il solito mercato settimanale e i
banchi degli ambulanti, dato l'orario, stavano iniziando a
chiudere..., anni fa restavano aperti sino al tardo pomeriggio...
ma da qualche anno, vuoi per la crisi vuoi per l'avvento dei
centri commerciali...facevo quattro/cinque ore di lavoro per
poi trasferirsi quanto prima nel paese limitrofo.
Non c'era traffico, la gente era a piedi o in bicicletta,
soprattutto persone di mezza età o anziane...
Gordine guardava con quei suoi occhi curiosi...e disse...
«Però...penso che in paesini come questo si viva
veramente bene..., sembra che per dei momenti il tempo si sia
fermato o forse che scorra più lentamente..., le persone quasi
tutte sorridono, si salutano.... eh sì eh sì…» E tacque.
«Dici bene Gordine, dici bene però... non tutto sembra
quello che è...., anche qui ci sono i problemi, magari li

172
tengono nascosti in casa... anche perché una volta fuori da
quelle mura, in poco tempo tutti vengono a sapere... e
pertanto...»
«Pertanto, vantaggi da una parte e svantaggi dall'altra...
replica il commissario e continua, che sia perché non siamo
mai contenti di dove siamo o di quel che facciamo...!!?»
«Forse...risponde Antonio cambiando immediatamente
discorso; ecco Gordine come ti dicevo... sia Alfredo che papà
Achille Argenton son seduti fuori dal bar delle Sport...»
L'utilitaria blu scuro, “insospettabile”, si fermò al
parcheggio poco dopo il bar, prima di scendere l'appuntato
chiese a Gordine come intendeva muoversi, se preferiva
subito incontrare Alfredo o.; ovviamente Gordine optò per
l'o..., vale a dire... approfittare della buona conoscenza di
Antonio, l'appuntato..., saranno sicuramente loro che
andranno a salutare e magari sedersi al tavolo assieme...
I due “colleghi” si sedettero due tavolini dietro a quello
degli Argenton, ovviamente Antonio si era mosso come per
farsi vedere ma inutilmente...strano pensò...
«Gordine posso fare un il curioso?» chiese l'appuntato...
«Ti stavo appunto aspettando... rispose Gordine e
continuò; sono qui solamente per conoscere Alfredo... e tu che
già lo conosci, cosa sai dirmi di lui...?»
«Bah...ti dirò...una persona tranquilla da quel che
ricordo... un po' come suo padre..., certamente non ha preso
dallo zio Arturo che da anni si sa poco di lui. Alfredo ha un
fratello Giuseppe maggiore di due o tre anni, simile in molte
cose ed anche nell'aspetto allo zio Arturo e al nonno Primo;
qualcuno pensava fosse suo un figlio, nascosto, di zio Arturo;

173
Giuseppe mi sembra anzi son certo si sia trasferito a Londra...
qualche anno dopo o quasi subito dopo essersi laureato...e
si...Giuseppe era uno che sapeva cosa voleva...almeno per
quel che ricordo...» Antonio aveva parlato...
Nel frattempo si avvicina al tavolo il cameriere, era
sempre lui Giulio, il figlio del proprietario, che avvicinatosi al
tavolo disse:
«Appuntato de Santis quale sorpresa vederla qui, come
sta...?»
«O caro Giulio ti vedo bene...un po' più in carne ma ti
vedo bene..., si sto bene grazie, son di passaggio qui con
questo mio amico che viene dall'America» rispose Antonio
Gordine, anche se non aveva capito tutto, guardò de
Santis con espressione molto compiaciuta per la risposta che
aveva dato e che non permetteva altre domande...
«Porto due spritz...» riprese Giulio...
«Certamente..., rispose l'appuntato; siamo qui per quelli e
ben fatti e anche due fettine di salame quello vostro buono...e
qualche grissino»
«Ovviamente quello buono...quello degli Argenton... son
seduti proprio lì... e a voce un po' alta chiamo... Alfredo
Alfredo...guarda chi c'è qui...»
I due colleghi si guardarono, ebbero lo stesso pensiero...
“perfetta coincidenza”.
Alfredo si girò... seguito poi da papà Achille dopo che suo
figlio gli fece il gesto di voltarsi ed ovviamente...come
previsto, presero i loro spritz e si avvicinarono al tavolo
dell'amico Antonio, l'appuntato...

174
Antonio immediatamente spostò le altre due sedie del
tavolino in segno di invito a sedersi...
«Ma che sorpresa disse Achille» rivolgendosi
all'appuntato, che già in piedi e proprio come fanno due
vecchi amici, abbracciò Achille, la stessa cosa fece con
Alfredo...
«Prego sedetevi...disse Antonio... ah scusate, vi presento
un amico, un collega che viene dall’America, il commissario
Gordine...»
Gordine non è che apprezzasse molto il fatto che
l'appuntato lo chiamasse collega... ma il suo interesse era
raggiungere lo scopo che si era prefissato...
«Pi…pi…piacere di conoscere Voi» disse Gordine nel suo
stentato italiano...
«Piacere nostro» rispose Achille.
Alfredo dopo aver pensato un po' disse.
« Nice to meet you...Mr. Agent...»
«Ma cosa hai fatto ai capelli...» chiese Antonio ad
Alfredo...
«Si si, lì ho fatti biondi come quelli di nonno Primo»
rispose Alfredo...
«Penso sia diventato matto, aggiunse Achille rivolgendosi
ridendo ad Antonio e continuò; mi auguro che li riporti quanto
prima al loro bel colore, quasi nero...»
«Tranquillo papà lo farò… lo farò...» aggiunse Alfredo.
Gordine stava seduto, aveva sorseggiato un po' dello
spritz, sorrideva così…, per compagnia anche se qualche
parola ma il senso del discorso si...e sorridere gli sembrava
buona cosa.

175
Antonio, che si accorse di ciò, chiese a Gordine se aveva
capito e ovviamente lui gli rispose, no; tradusse sia le
domande che le risposte... e il sorriso di Gordine non fu di
allegria ma di una lieve contentezza..., come se avesse trovato
un altro tassello del puzzle..., infatti la prima cosa che gli
venne in mente fu... “la data del viaggio in America di Alfredo
e quei capelli biondi usciti dai fogli del blocco notes...”,
estrasse il blocchetto da tasca prese la solita matita verde,
“chiamare per sentire risultati DNA” e sottolineò.
Alfredo chiese ad Antonio da quale città venisse il suo
collega...
«Da Little Rock rispose Antonio...»
Alfredo e Achille immediatamente si guardarono...
«Da Little Rock!!! con stupore ripeté Alfredo... ci sono
passato proprio circa 15 giorni fa...»
Antonio si rivolse a Gordine per tradurre, quanto aveva
appena detto Antonio ma fu interrotto.
«Si grazie Antonio, disse Gordine, questa cosa... l'ho
capita e senza perdere tempo chiedigli se è passato a trovare
un certo Mr. Arthur Arghensthone. »
Antonio senza farsi ripetere la domanda, la pose seduta
stante ad Alfredo... che, quasi immediatamente, prima di far
trasparire lo stupore, arrossì...e poi rispose...
«Si sono passato a trovare Mr. Arthur che è mio zio Arturo
e rivolgendosi all'appuntato Antonio continuò... forse non
sapevi che mio zio aveva cambiato nome ed anche il
cognome...»
«No....!! non lo sapevo, rispose Antonio; e da quando...?»
domandò.

176
«Da quando se n'è andato...son passati ormai di più di
quindici anni...»
«Diciassette precisò Achille...diciassette…ripeté e a
qualcuno hanno portato sfortuna...»
Gordine chiese ad Antonio se poteva tradurre quel che si
erano detti, lo fece in modo sintetico ma più che sufficiente
per capire i vari passaggi...
«Ora chiedigli... riprese Gordine se si ricorda il giorno
esatto in cui è passato a trovare Mr. Arthur e, qualora si fosse
fermato lì, per quanto tempo. »
Antonio tradusse pari pari la domanda di Gordine ad
Alfredo che rispose, quasi irritato...
«Cosa sta cercando di sapere il tuo collega di Little
Rock... se in qualche modo centro con la morte di Mr. Arthur
o Arturo...?» rispose Alfredo.
«Ma come si permette questo signore, intervenne Achille;
viene qui e fare certe domande e poi a mio figlio come se...; si
Arturo è morto... che sia di morte naturale o a causa di un
assassinio non mi interessa..., magari se lo meritava... anche
se è mio fratello..., questo mi viene da dire e pensare in questo
momento...»
Eh si Achille era cambiato dopo che Arturo se n'era
andato.
«Scusate..., riprese Antonio; ma sinceramente non sapevo
che Arturo fosse mancato...e da quel che mi sembra di capire è
cosa recente».
«Si, rispose Alfredo; lo abbiamo saputo qualche giorno fa,
ci è arrivata una lettera da uno studio legale di Little Rock in
cui ci informava di ciò, dobbiamo prendere contatto per

177
andare da loro per l'apertura del testamento...questo mi
sembra di ricordare ci sia scritto.»
Antonio si rivolse a Gordine traducendo quanto aveva
detto Achille; Gordine lo ringraziò, guardò Alfredo con un
sorriso quasi beffardo e si rivolse ad Achille facendo il gesto
con la mano, di stare calmi... e con il suo stentato Italiano gli
disse:
«Mr. Achille e Mr. Alfredo, in America quando muovo
mano così, penso che anche in Italia... ha stesso valore,
Please..., e nuovamente fece andare la mano dal basso verso
l'alto, lentamente, più volte... guardando fisso negli occhi
Alfredo.»
Antonio si sentì un po' imbarazzo per la situazione che si
era creata, d'altronde non era preparato...; guardò Gordine e
gli disse
«Penso che poi una piccola spiegazione me la devi...»
«Of course..., rispose Gordine sempre con il suo mezzo
sorriso e continuò; vorrei che chiedessi ad Alfredo se ha preso
un'auto noleggio per recarsi a Little Rock, però prima digli
che non c'è nessuna indagine che sono qui solo per
capire...niente di più...»
«D’accordo rispose Antonio...però poi...»
«Of course» ripeté Gordine...
Antonio, l'appuntato pose ad al Alfredo la domanda.
Alfredo ascoltò e nel mentre stava dare la risposta vide
Marco Carretti l'avvocato di famiglia.
«Marco, Marco..., puoi venire qui un attimo?»
Marco era pochi passi e si diresse verso Alfredo.

178
«Ciao Alfredo...dimmi.». Si presentò a chi non conosceva
prese una sedia e si sedette a fianco ad Alfredo che gli spiegò
il motivo e sicuramente non la causalità di quella “riunione”;
Marco sentito il tutto si rivolse immediatamente a Gordine
con un discreto Inglese ma più che comprensivo
«Allora, disse l'avvocato rivolgendosi a Segugio; sig.
commissario Gordine, se non sbaglio è così il suo nome?»
«Giusto..., commissario Philippe Gordine, ed esibendo il
tesserino continuò; sono il commissario capo di Little Rock
nonché primo consigliere della corte di giustizia dello stato
dell'Arkansas, poi se serve qualcos'altro può sempre chiedere
informazioni...». Prese una fetta di salame con le mani la
piegò in quattro e se la mise tutta in bocca...
«Volevo sapere cosa sono tutte queste domande che sta
facendo al sig. Alfredo Argenton... anche perché mi sembra un
po' fuori dalla sua giurisdizione... e non di qualche
chilometro...» gli disse in modo pacato e quasi scanzonato
l'avvocato Marco guardando, sul finire del suo piccolo
intervento, l'appuntato De Santis...che sortì con...
«Mi scusi avvocato non mi sembra il caso di...»
«Appuntato, lo interruppe subito l'avvocato, ma a lei
sembra normale che si oltrepassi l'oceano per venire a fare
delle domande a della tranquille persone, dopo che hanno
ricevuto una triste notizia... e poi senza alcuna motivata
giustificazione che, in questo caso sarebbe una sola...
un'indagine internazionale...; non è stata fatta a suo tempo nei
confronti di Arturo ed ora...; appuntato traduce lei al
commissario o lo devo fare io?»
«Faccio...penso sia giusto così...» rispose Antonio

179
L'appuntato Antonio De Santis tradusse parola per parola
quanto aveva detto l'avvocato Carretti; Gordine nel frattempo,
sfilò dalla tasca interna della giacca un fazzoletto, che aprì
bene per poi passarselo sulla testa lucida e luccicante dal
sudore, il sole gli batteva giusto lì da quasi un'ora; dopo aver
fatto questo servizio, ripiegò il fazzoletto, il tutto guardando
alternativamente Alfredo e l'avvocato... e rispose sempre
sorridendo...
«Effettivamente oggi fa caldo, caro avvocato Careti,
volutamente aveva tralasciato la doppia R e la doppia T, non
pensavo questo caldo..., consiglierei ai sigg. Achille e Alfredo
Argenton di portarsi degli abiti leggeri quando prossimamente
verranno a Little Rock e al sig. Alfredo se ritiene di farsi
accompagnare da lei caro Careti sarò ben lieto di presentarle
qualche valido collega li, a Little Rock e, ce ne sono, non tanti
ma ce ne sono. Io son venuto qui per capire se era il caso o no
di far aprire un'indagine internazionale e dal comportamento
del sig. Alfredo e soprattutto dal suo, caro avvocato Careti..., e
ancora volutamente dimentica le doppie; penso che lo farò. »
«Intanto mi chiamo Carr...», ma non fece a tempo finire
che Segugio lo interruppe.»
«Lo so lei si chiama Car-ret-ti due R e due T., ma la prego
continui...» lo interruppe Segugio.
«Meglio salutarci qui commissario...» rispose l'avvocato
che aveva capito la presa in giro..., si alzò e quasi
contemporaneamente anche Segugio che, per primo, gli tese la
mano per salutarlo.
«Bene cari signori, disse Gordine facendo cenno ad
Antonio di tradurre man mano; penso sia il caso di salutarci, è

180
stato un piacere conoscervi, probabilmente non lo è stato per
voi, comunque mi sento di dire a presto...» porse la mano per
salutare, prima Achille e poi Alfredo al quale, nel mentre gli
stringeva la mano gli chiese:
«Mr. Alfredo, quale marca di tinta ha usato per i suoi
capelli, vorrei consigliarla a mio figlio che è molto ma molto
più giovane di lei, Antonio traduci prego...»
Gordine non aveva figli e nemmeno era sposato.
«Non è una marca professionale, non la ricordo,
comunque l'ho acquistata al supermercato qui di fronte, la
bottiglia è verde con etichetta gialla c'è solo quella.»
«Grazie molto gentile...e nel lasciargli la mano, girò
dicendo, però complimenti una bella mano grande giusta per
coprire un viso grande...»
Antonio, chiamò Giulio, ma fu interrotto da Achille.
«Appuntato Antonio, non sia mai...siete nostri ospiti...
anzi se passate sino da me vorrei regalarvi un buon salame».
Antonio tradusse e Gordine rispose sorridendo non prima
di aver guardato in giro...
«Potrebbe essere interpretata come una corruzione ma...
accetto ne vale la pena...»
«Allora vi aspetto a casa replicò Achille, tu sai dove abito
appuntato...»
«Si certo, arriviamo.»
Papà Achille con il figlio Alfredo si incamminarono verso
la loro auto che era parcheggiata dalla parte opposta da quella
dei due colleghi.
Una volta in auto Gordine disse:

181
«Antonio per cortesia fermati al supermercato che vorrei
comperare la tinta per capelli che mi ha detto Alfredo, poi
ricordati che io ti devo dire una cosa ma tu, ne devi dire altre a
me...»
Antonio guardò Gordine e rispose «Of course...Of course
my American police-man friend... »

182
De BlancVille

Solo nella tardo pomeriggio, successivamente la visita del


commissario Gordine, Giuseppe dopo varie telefonate, era
riuscito a parlare con Claudine.
«Pronto, ciao Amore, dice Giuseppe senza aspettare la
voce di Claudine, è da stamane che ti cerco...»
«Si lo so, risponde, sono stata impegnata tutta la mattinata
con una delegazione francese per la promozione di scambi
culturali fra Londra e Parigi e il telefono si era scaricato
scusami scusami...»
Claudine, era laureata in architettura ma gli piacevano ed
portata per le pubbliche relazioni; con l'aiuto di qualche
conoscenza del papà, era entrata a far parte della commissione
Cultura della Camera di Commercio e l'ottima conoscenza del
francese le aveva permesso un posto di primo piano.
«Dimmi, riprende Claudine, come è andata? »
«Non lo so..., il postino mi ha consegnato il
tutto...all'ultimo momento, ma alcune cose non mi
quadrano...»
Claudine percepì quello che voleva chiedergli Giuseppe.
«Senti... replica Claudine, cosa dici se ci incontriamo a
cena con paparino? »
«Ecco, questa è una delle tante cose che mi piace di te...
riesci a leggere i miei pensieri, anche se»
«Si sì...non fare l'adulatore è da poco che
riesco...d'altronde sei tu che mi inviti..., poi mi dirai cosa
intendevi con il... anche se...»

183
«Avec plaisir..., risponde Giuseppe; comunque hai colto
nel segno, si mi farebbe piacere incontrare tuo padre.»
«D’accordo, però prima il saluto al telefono..., come ogni
tanto ci piace fare... e poi lo chiamo...»
«Con piacere... e se poi ci prende la mano, o meglio le
parole, magari si fa tardi e lui non può...» replicò Giuseppe.
«Hai ragione...prima il dovere e poi...poi il piacere...»
«Perfetto..., ciao e a dopo...» rispose Joseph.
Ora si sentiva più rilassato... anzi, lo sarebbe stato quando
Claudine l'avrebbe richiamato per confermargli l'incontro con
suo papà.
Pochi minuti e il tintinnio del cucchiaino... Giuseppe
rispose senza guardare chi fosse
«Ciao Giuseppe... ti è arrivata la comunicazione dello
studio legale?» era Alfredo
«Si ciao Alfredo, proprio questa mattina...»
Si questa mattina...gli era arrivata una visita...
«E allora cosa ne pensi...!!? »
«Bah...non saprei. Di certo penso che dovremmo
organizzarci per andare a Little Rock e la cosa mi secca un
po'... anche se magari qualcosa ci scappa...»
«Si ma non capisco perché ci sia scritto che è stata aperta
un'indagine, ciò mi secca di più, uso il tuo verbo che non
sarebbe quello giusto...come pure “ci scappa”» disse Alfredo
«Ehi fratellino, hai imparato a fare le
osservazioni...risponde Giuseppe sorridendo..., non vedo di
cosa dovresti preoccuparti...»
«Beh. Replica Alfredo..., non ho detto che sono
preoccupato, ti ho detto sono stato a trovare lo zio... proprio in

184
quei giorni...e ovviamente era vivo...ma, quando hanno
scoperto che...»
«Io ho letto le stesse cose che hai letto tu...» replica
Giuseppe.
Giuseppe, che già aveva ricevuto la visita di Gordine, era
indeciso se dirlo o meno ad Alfredo.
«Io non sono esperto di queste cose... però se avessero
aperto effettivamente un'indagine dovrebbe essere circoscritta
nello stato dell'Arkansas...»
Questa osservazione di Alfredo... fece capire a Giuseppe
che suo fratello aveva fatto vedere la comunicazione a qualche
legale e altro non poteva essere che l'avv. Marco Carretti,
legale di famiglia da anni.
Se Gordine, che era stato da lui al mattino, anche se fosse
partito subito dopo la visita, fra l'andare all'aeroporto fare il
volo e poi arrivare al paesino, sarebbe sicuramente giunto i
serata, a meno che la visita “informale” non fosse già stata
organizzata..., no non era possibile e sicuramente Gordine
sarebbe partito il giorno successivo al mattino presto...
«Sento che ti sei informato...rispose subito Giuseppe...
«Effettivamente ho approfittato di un appuntamento che
avevo con Marco, ti ricordi?
«Si sì ricordo. Assentì Giuseppe che aveva visto giusto»
«Si l'ho incontrato perché abbiamo scoperto che un fattore
faceva la cresta sul grano così ho approfittato per chiedergli
un parere...»
Giuseppe indirettamente era stato informato della visita di
Gordine pertanto gli sembrò giusto...

185
«Ascolta Alfredo...ascolta bene e non interrompermi che
aspetto una telefonata importante..., stamane ho ricevuto una
visita...; gli spiegò non tutto, non serviva e finito il breve
raccontò ultimò con... a mio parere potrebbe essere che
domani... tu riceva una visita “informale” ... vedi cosa fare o
dire.»
Alfredo, con voce un po' concitata...rispose...
«Ma cosa stai dicendo...cosa stai dicendo.»
«Alfredo scusami ma ho un avviso di chiamata...ci
sentiamo nei prossimi giorni e salutami tanto papà, nonna Ida
ah si è anche la tua nuova moglie...»
«Lorella si chiama...Lorella...»
«Si appunto Lorella...scusami non mi era dimenticato,
ciao fratellino... a presto e non preoccuparti.».
Alfredo restò...attonito...non sapeva cosa fare...andò da
papà Achille gli disse della telefonata...e chiamarono Marco e
anche se non sapevano se e quando…qualcosa pensarono.
«Allora cosa ha detto tuo papà...» chiede subito Giuseppe
a Claudine non appena aprì la comunicazione.
«Ma come...nemmeno ciao..., risponde Claudine...con la
sua solita suadente voce che riusciva a mantenere anche nei
momenti un po' concitati, stasera alla 21.00 al ristorante
dell'ultima volta che poi è stata la prima...»
«Ciao Amore...scusami hai ragione...bene grazie allora
passo a prenderti?» dice Giuseppe
«Ma se non hai nemmeno l'auto risponde sorridendo
Claudine, meglio se passo io, facciamo alla 20.30 vicino al
parcheggio dei taxi è l'unico posto dove ci si può fermare...»

186
«Touché..., si perfetto...se vuoi anche un po' prima a casa
mia...»
«Si si...così saltiamo la cena...un bacione ciao ciao a
dopo...»
Ecco ora Giuseppe si sentiva più rilassato..., era anche
contento di aver avvisato il fratello... ma un po' meravigliato
nell'aver sentito il tono di Alfredo un po' concitato...; forse
non s'era accorto, anche se riusciva a nasconderlo, ma anche
lui era nello stesso stato d'animo...
Le 20.30, Giuseppe è fermo al parcheggio dei taxi ma di
Claudine nemmeno l'ombra; strano, è sempre puntuale, forse
lo sciopero dei mezzi pubblici ha reso il traffico più caotico...
e infatti arrivò con 20 minuti di ritardo la prima cosa che disse
fu...
«Assurdo assurdo più di trenta minuti per arrivare qui
quando di solito ne impiego dieci..., ma cosa cavolo vogliono
o cosa pensano di ottenere con questi scioperi...e poi quelli
della metropolitana che di stress da traffico non possono
assolutamente averne...» disse tutto d'un fiato e senza la sua
suadente voce...anzi....
Giuseppe la lasciò al suo breve sfogo... poi gli si
avvicinò...
«Ciao Amore» e gli diede un bacio sulla guancia...
«Ciao ciao scusami ma non voglio far tardi...»
«Tranquilla...vedrai che lo stesso problema lo avrà anche
tuo padre...»
Claudine lo guardò sorrise e rispose...
«Tu non conosci mio padre...vedrai sarà lì seduto al tavolo
con un bicchiere di scotch già a metà.»

187
«Dici?» risponde Giuseppe
«Vuoi scommettere?» Replica Claudine...
«Ok andata cosa scommettiamo?» dice Giuseppe.
«Se vinco io, stasera dormi da me... mentre se vinci tu...
sarò io a dormire da te...»
«Veramente mi sembra che si vinca in due...» replica
Giuseppe.
«Ehhh no mio caro, da me metto l'auto in garage mentre
da te ci toccherà girare e girare per trovare un parcheggio... e
sarebbe solo tempo rubato a noi...» allungò la mano e gli
accarezzò il viso.
Per Mr. Carson, (de BlancVille) papà di Claudine, era il
secondo scotch…, guardò l'orologio, indicava le 21.25..., e
proprio in quel momento:
«Scusami paparino caro, scusami...» era ovviamente
Claudine...che fini il saluto con un bacio...
«Veramente cominciavo a preoccuparmi, poi mi son
ricordato dello sciopero e conoscendoti... che non sarebbe
passato per l'anticamera del quel tuo bel cervellino, ho
immaginato un ritardo... di 25 minuti...ed infatti»
«È colpa mia...intervenne Giuseppe, mi scusi Mr.
Carson...»
«Giuseppe, è molto galante da parte tua prenderti questa
colpa, anche se piccola, ma non ti credo...ora però sedetevi
che ho fame...»
Giuseppe scostò la sedia per far accomodare Claudine...
lei lo guardò e disse...
«Stasera nessun problema per il parcheggio...»

188
«Non capisco Claudine..., intervenne il papà; cosa intendi
dire? »
«No niente paparino...una cosa fra me e Giuseppe...»
«Si ho capito...però non chiamarmi paparino... per favore
piuttosto Marcel che è il mio nome e questo vale anche per te
Giuseppe..., posso chiamarti Giuseppe vero? »
«Certamente che può, anzi deve e grazie... Marcel...»
rispose Giuseppe senza tanta meraviglia...
Marcel, il papà di Claudine non era un grand'uomo, inteso
come statura, non raggiungeva il metro e ottanta, anche
l'aspetto non dava certo parvenza della sua vera identità…,
insomma non era un James Bond, quello di Sean Connery
ovviamente, però di cultura e fascino e simpatia riusciva a
emanarne...e non poco...
«Cosa mangiate ragazzi...chiese Marcel, io avrei ordinato
delle ostriche qui sono sempre fresche e poi una grigliata
mista di pesce... e visto il tempo per la preparazione mi son
permesso di ordinare anche per voi..., aveva già deciso lui.
«Ottima scelta Marcel, ottima veramente» rispose
Giuseppe.
«Per il vino lascio a te Giuseppe, viste le tue origini...»
«Si grazie...vedo che nella lista c'è del Pinot Grigio zona
Grave del Friuli direi, anzi certamente questo... ovviamente
ben fresco...» disse Giuseppe con tono gentile e deciso.
Marcel, che conosceva bene determinate tattiche, per
mettere a suo agio le persone, cominciò intanto con chiamarlo
con il suo vero nome, poi il riferimento alle sue origini...,
Giuseppe avrebbe inteso bene... queste sottigliezze... anche

189
perché immaginava che qualcuno...gli avesse detto chi
veramente era Marcel...
«Allora, riprese Marcel rivolgendosi a Claudine, come è
andata con la delegazione francese? »
«Paparino, premesso che sai benissimo che non siamo qui
per parlare di come è andata con la delegazione francese,
anche perché non ti avevo detto nulla ma ovviamente non
serve, forse lo sapevi prima tu di me..., comunque bene ed
ora...se gentilmente parliamo di e con Giuseppe...»
«Si sì...stellina mia...certo» rispose Marcel, sorridendo;
aveva capito che Claudine con quella risposta, anche se non
serviva, voleva aiutarlo a entrare nel discorso...
Nel frattempo Giuseppe aveva versato un po' d'acqua e un
po' di vino negli appositi bicchieri...
«Caro Giuseppe come è andata oggi con Segugio.» sparò
subito e diretto Marcel...»
Giuseppe anche se era conoscenza che Marcel sapeva,
non pensava ad una domanda così diretta...prese un attimo di
fiato...
«Forse un piccolo brindisi per stemperare...la situazione
non ci sta male...» disse Marcel...
Tre sorridi di assenso, e alzarono solo un po' i calici...
«Si, riprese Giuseppe; il commissario Gordine è arrivato
alla 09.30 circa assieme ad un agente che si chiamava
Richard...ehm...
«Ah... Richard Jamstuck, aggiunse Marcel, conoscevo
bene suo padre...»
L'imbarazzo di Giuseppe, c'era e come se c'era, ma riuscì
a contenerlo bene..., sapeva bene chi aveva davanti...

190
«Si esatto... proprio Jamstuck...» rispose Giuseppe che
prosegui cercando di non dimenticare alcun dettaglio,
comprese le sue risposte, per quanto potessero interessare,
fino a quando non arrivò al momento della consegna del
passaporto.
«AhAhAh una piccola risatina, da parte di Marcel che
chiese; “e come sta come sta!!?...”
Giuseppe aveva appena sforchettato con estrema destrezza
un'ostrica dalla sua conchiglia senza toccarla con le mani
che..., si fermò non immaginando a chi si riferisse Marcel e
chiese:
«Scusa Marcel come sta chi...? »
«Si Jeremy non è così che si chiama il postino?»
Eh sì Giuseppe doveva stare attento... ogni parola di
Marcel dava a capire e sicuramente lo faceva perché quello
era lo scopo... che sapeva; infatti se prima aveva detto lui il
cognome dell'agente Richard e che conosceva bene suo padre,
sapere di Jeremy... era forse una coincidenza!!!?
«Jeremy...continuò Marcel, non ha cambiato il vizio, forse
il pelo ma non il vizio, scherzo scherzo..., è cambiato è
cambiato, solo che questa volta penso l’abbia fatto per pura
stima e simpatia che ha nei tuoi confronti, ne sono certo... non
avrebbe mai compromesso la felicità delle sue bambine per
qualche centinaio di sterline..., sono certo che non ti ha
chiesto nulla...»
Queste ostriche sono una bontà...interruppe Claudine...
«Si è vero... Amore...rispose Giuseppe..., e continuò
scusami Marcel, dovresti spiegarmi perché sento che qualcosa
mi sta sfuggendo; come se io le parlassi di grafici finanziari

191
sulla loro interpretazione, di come uscire o entrare, di fusioni
societarie e quant'altro... son certo che a un certo punto
qualcosa sfuggirebbe a te»
«Beh puoi sempre provare» gli rispose Marcel.
«Giuseppe...!!!, intervenne Claudine; non sfidarlo...»
«Tranquilla stellina mia... stiamo solo parlando e
Giuseppe sa bene quando fermarsi..., comunque Giuseppe
devi sapere che Jeremy...; e gli spiegò, in buona sostanza,
quello che l'agente Richard disse a Segugio... però era la
versione di un un semplice poliziotto che poco o nulla
sapeva... tranne che Jeremy tutte quelle volte che venne
arrestato, tre per la precisione, è sempre stato rilasciato al
massimo dopo due giorni e nessuno ha mai saputo su richiesta
di chi e perché...
«Perché…?» chiese Giuseppe...
«Perché era il migliore sulla piazza, tant'è che anche i
servizi se ne servivano, scusa il gioco di parole, quando
avevano necessità di..., e si fermò un attimo; ok va bene così
penso non serve aggiungere altro..., importante che il timbro
sia stato messo... e la data... e che Jeremy avesse certamente
fatto il lavoro completo...; a proposito hai qui il passaporto? »
«Si Mr. Marcel...» estraendo il documento dalla tasca
interna della giacca»
«Solo Marcel senza Mr.…». Lo interruppe Marcel
«Si grazie, avevo dimenticato, comunque volevo dirti che
la data corrisponde a 7 giorni dalla data della scoperta del
corpo di Arthur»
«E si..., disse Marcel; resta sempre il migliore... peccato
che si sia ritirato...»

192
Marcel non aveva dato retta, forse, a quanto aveva detto
Giuseppe...che riprese:
«Scusa cosa intendi...!! vorresti dire che il timbro è!!?…»
«Si lo è...., ma solo io lo so..., conosco bene a chi hai dato
il tuo passaporto..., nessun se ne accorgerebbe... te lo
garantisco... nemmeno Segugio e lui sa il fatto suo. Mi dicevi
della data sul passaporto...»
«Si la data sul passaporto... corrisponde, in base a quanto
scritto dello studio legale... “…scoperto dieci giorni or sono
dalla data della presente...”, vale a dire i 6 giorni successivi
la scoperta del corpo...»
«Pertanto, riprende Marcel, sottraendo i giorni per la
transoceanica che, visto il periodo e il tipo di barca, non
possono essere stati più sei, abbiamo 6-6=0; supponendo che
tu fossi stato a Little Rock e che per arrivare a Daytona Beach
servono almeno 11/12 ore di auto...; eh si si…un problema
c'è... però, quel che conta è quando effettivamente è stato il
decesso che presuma sia almeno due giorni prima della
scoperta ..., allora... se è così tempi si allungano e vanno a tuo
favore...
«Un momento Marcel... ma cosa vorresti dire!!'...»
«Io, nulla... faccio delle supposizioni, le stesse che
farebbe e ha fatto Segugio...; ma se tu non sei andato a Little
Rock, non vedo dove sia il problema...»
«Il problema è che... se una volta sceso ad Atlanta, mi
fossi diretto a Daytona Beach invece di deviare di circa 300
miglia... non ci sarebbe quel buco di oltre 14 ore...».
Concludendo così Giuseppe ha detto a Marcel quel che voleva
sapere...

193
«Perché mai questa deviazione di 300 miglia…!! dove
dovevi andare o chi dovevi trovare» chiede Marcel...
«Dovevo andare a Memphis per incontrare Paolo, il figlio
di un amico che mi veniva incontro ed era motivo per
conoscerlo, ci eravamo sentito solo e sempre per telefono
«E chi sarebbe questo amico...e Paolo? »
«L' amico era Martin, l'autista e factotum di Arthur
Arghensthone, è stato trovato, poco più di un mese fa, sotto la
ruota di una mietitrebbia e due giorni dopo il ricovero in
ospedale è deceduto; Paolo è suo figlio, l'avevo sentito al
telefono, più volte, dopo l'incidente e mi faceva piacere
conoscerlo»
«E vi siete incontrati? »
«No, mi ha chiamato per dirmi che aveva un contrattempo
e che avrebbe ritardato cinque ore, io non potevo aspettare
tutto quel tempo e non ci siamo visti».
«Ok, non vedo il problema, comunque cosa sai di questo
Paolo, avrà un cognome? »
«Si certo l'ho qui nella rubrica del telefono, anche se il
numero è quello di suo padre ma lo usa lui; scorse la rubrica
sino ad arrivare a Martin Pedrolivar..., padre Paolo Pedrolivar.
Marcel non prese appunti non serviva, faceva parte
dell'allenamento...
«Ok allora vediamo se sarà possibile sapere qualcosa su
questo Paolo... anche se non so cosa troveremo..., unico
problema... Segugio...se solo, solo, trova una minima traccia...
o un qualcosa che non gli quadra...vabbè stiamo a vedere
stiamo a vedere, non resta altro per il momento...»

194
«Ma secondo te cosa dovrei fare...? sicuramente fra non
molto dovrò partire per Little Rock che sia il caso di portarmi
un avvocato?» chiese Giuseppe.
«Ma dai Giuseppe...da qui un avvocato... lo sai quanto ti
costerebbe? e poi cosa ne saprebbe della procedura, in questo
caso, lì in Arkansas, tranquillo se sarà il caso ti darò io un
nome sicuro..., a proposito tuo fratello ha ricevuta la visita...?
Sapeva tutto, Marcel, pensò Giuseppe che ormai nulla lo
stupiva di quell'uomo...
L'ho sentito circa due ore fa...ma nessuna visita...
«Gli hai detto della tua...? »
Giuseppe non sapeva se dire sì o no...
«Si certo ... è pur sempre mio fratello» rispose».
Marcel lo guardò bene negli occhi, poi guardò la sua
stellina...e disse
«Non avevo mai mangiato una grigliata così gustosa,
d'altronde il cuoco è Veneto... proprio come te Giuseppe...,
comunque, rivolgendosi a Giuseppe gli disse, hai fatto bene ad
accennare la cosa a tuo fratello... hai fatto bene...battendogli
sulla spalla».
Presero il caffè... sembrava un mini concertino per
cucchiaini... Marcel e Giuseppe, la stessa abitudine... il caffè
amaro... e bevuto solo dopo averlo girato...
Giuseppe fece cenno di pagare il conto...ma venne
bloccato da Marcel con:
«Vuoi il nome dell'avvocato di Little Rock? bene metti via
i soldi..., anche perché qui il conto è aperto, paga la banca a
fine mese...»

195
Si alzarono incamminandosi verso l'uscita... quando ad
una certo punto.
«Ehi Marcel... ogni volta che sei qui con la tua stellina
non vieni mai a salutare...?» era Valentino il cuoco Veneto...
«Certo che vengo a salutarti ma fra dieci minuti... nel
frattempo prepara le carte da briscola che vediamo se hai
imparato a giocare e la solita bottiglia...» rispose Marcel
Uscirono..., Claudine a parte l'aver fatto solo un
commento sulle ostriche non aveva mai parlato... ma ascoltato
e memorizzato tutto... e poi a lei piaceva sentire parlare il suo
paparino e questa sera con Giuseppe ancor di più, gli piaceva
vedere che avevano legato, inoltre avevano la stessa
abitudine...bevevano il caffè amaro, non prima però... di
averlo girato...
Due baci sulle guance di Claudine, il saluto di Marcel a
sua figlia, una bella stretta di mano a Giuseppe dicendogli.
«Mi è piaciuto come gli hai detto Amore prima, quando
Claudine ha interrotto per dire quanto buone erano le
ostriche...vedi di non farla soffrire...Giuseppe, mi
raccomando.»
«Certo Mr. Marcel Carson...tranquillo Marcel.» rispose
Giuseppe continuando a stringergli la mano.
Marcel tornò nel ristorante, aveva la sua partita a briscola.
Claudine, invece, sarebbe andata mettere l'auto in garage
di casa sua... infatti la scommessa l'aveva vinta lei.

196
Una luce all'orizzonte

L'appuntato Antonio e Gordine si dirigono verso l'auto,


era parcheggiata quasi di fronte alla casa degli Argenton,
Achille aveva avvolto con della carta stagnola due salami di
“casa “o caserecci, uno per Antonio, l’altro per Gordine.
Salutarono Achille, Alfredo non c'era, non era tornato a
casa, salirono in auto destinazione Aeroporto Venezia, erano
circa le 16.00, Gordine aveva l'aereo alle 19.00 e c'era tutto il
tempo per chiedere chiarimenti su alcune cose ad Antonio.
Ora stava a decidere chi doveva parlare per primo...,
Gordine decise di rompere lui il ghiaccio con alcune
domande...sperando che Antonio rispondesse...
«Allora Antonio, un buon salame lo portiamo casa,
fortuna che non devo andare in Australia altrimenti alla
dogana me lo sequestrerebbero... non si possono importare o
meglio portare prodotti commestibili anche se in piccola
quantità se non prima c'è il bene stare dell'ufficio preposto».
«Questo non lo sapevo» risponde Antonio...
«Si, infatti ci sono alcune cose che non so e che mi
piacerebbe sapere; disse Gordine che non diede il tempo ad
Antonio di replicare e continuò; tipo quella che ha detto
quell'avvocato Carretti, il fatto che non fosse stata aperta
un'indagine... sicuramente si riferiva a qualcosa che aveva a
che fare con gli Argenton o meglio con Arthur Arghensthone,
altrimenti che senso aveva dire una cosa del genere, che ne
pensi?»
«Penso proprio che hai ragione...» rispose Antonio...

197
«Da quanto hai smesso servizio in questo paesino? »
«Circa due anni fa dopo oltre quindici anni, non ricordi?
Te l'avevo già detto...»
«Si scusa ricordavo che me l'avevi detto ma non il
periodo..., precisò Gordine; allora sicuramente saprai a cosa si
riferiva l'avvocato? »
«Sì certo...che lo so...»
«Bene e a che si riferiva...?» riprese Gordine sorridendo
«Si, però ricordi che...» replico Antonio distraendosi un
attimo nella guida per guardare negli occhi Gordine.
«Certo...stai tranquillo poi ti dico» rispose Gordine.
Antonio, iniziò a raccontare, parlando di Arturo delle sue
caratteristiche e di quel suo vizietto... sottolineando “che solo
erano chiacchiere”; parlò della contratto di vendita di eredità o
cosa futura che Arturo aveva firmato in banca e guarda caso
che l'acquirente era il direttore della banca Giovanni
Petrinotti, anche lui con quel certo vizietto e questo era
risaputo...; parlò delle liti che sono sorte dal notaio quando,
dopo la morte di Primo Argenton, gli eredi quelli che erano lì
in paese, si sono visti portare via oltre la metà della proprietà;
parlò nuovamente del direttore della banca e della sua morte
avvenuta dopo un po'; parlò di Arturo ora Arthur precisando
che era partito poco prima della decesso del padre, che non
presenziò nemmeno all'estremo saluto e tanto meno dal
notaio, anche perché non gli sarebbe spettato nulla anzi...
avrebbe dovuto dare; parlò del fatto che né su quella strana
compravendita né sulla morte del direttore, era stata aperta
un'indagine… e i motivi c'erano, ma sia Argenton sia i

198
Petrinotti, sporsero denuncia..., anzi si raccomandarono il
massimo riserbo.
«Ma scusami di cosa è morto il direttore Pe-Petrinotti se
non erro?» Chiese Segugio....
«Di Aids..., rispose Antonio..., e questo diede ulteriore
conferma che..., non saprei come definire se vizietto o
perversione...».
«Ah...esclamò Gordine...e magari, chissà, questo tipo di
contratto di vendita di cosa futura... è stato fatto perché fra
Arthur e il direttore di banca era successo qualcosa...
Antonio rallentò l'andatura e guardò Gordine, con un po'
di meraviglia...
«Ma cosa dici...» Gordine...
«Dico..., ma è solo una supposizione... che Mr. Arthur,
Arturo a quel tempo, ...anche se erano solo chiacchiere, aveva
un vizietto e il direttore di banca, se non erro, è stato appurato
che era morto di AIDS, che può aver contratto a causa di
questa sua perversione; forse un compromesso ci può essere
stato visto che quel particolare contratto l'hanno stipulato fra
loro... ma è solo una supposizione».
«Effettivamente... riprese Antonio, dopo la morte del
bancario, qualche indagine l'ho fatta e ho scoperto che,
qualche giorno prima di questo contratto, Arturo e il Petrinotti
avevano pranzato in una trattoria poco fuori città... e poi si
sono ritirati in una camera...; ho pensato che l'oste, che mi ha
detto ciò, volesse entrare nella cronaca forse per ottenere
pubblicità anche se, ha solo sei camere, quasi sempre occupate
e il registro degli occupanti non lo usava...»
«Ho capito...ho capito» disse Gordine...

199
«Cosa...hai capito?» chiese Antonio
«Ho capito che non sapete prendere iniziativa...se aprivate
un'indagine e in un modo o in un altro riuscivate ad avere le
analisi di Arturo nonostante fosse in America.... e forse,
chissà, ne usciva che Arturo Argenton ora Arthur
Arghensthone aveva l'Aids, che forse non lo sapeva perché
portatore sano... e forse ora non saremmo qui a parlarne... ma
se non si indaga... mai si sa...!! »
«Ma allora tu sei qui perché è stata aperta un'indagine su
questo caso!!? Esclamò l'appuntato Antonio de Giulio...
Gordine guardò quasi meravigliato Antonio...ma... come
mai poteva aver pensato chi io sia qui perché era stata aperta
un'indagine...su quel fatto... bah... la fantasia...
«Ma cosa dici Antonio... penso tu abbia seguito troppo
alla lettera quando ti aveva detto il colonnello de Santis, anzi
non solo muto sei stato ma anche sordo... e si mise a ridere...»
Lo fece anche Antonio...
«Io sono qui..., e riprese Gordine, perché Arthur
Arghensthone che qui in Italia si chiamava Arturo Argenton è
stato trovato morto nel suo studio circa 20 giorni fa..., penso
tu abbia sentito questo, quando eravamo al bar... comunque
sono qui solo per capire se devo o no aprire un'indagine...
Gordine si guardò bene di dire che l'aveva fatta aprire
ieri...
«Si avevo sentito...ma..., come per scusarsi Antonio
riprese il discorso; il fratello Giuseppe, hai parlato con lui? Se
vuoi mi faccio dire da Alfredo dove trovarlo, io so solo che si
è trasferito a Londra...»

200
«No non serve grazie... Antonio c'è già chi occupato di
questo, grazie ugualmente, non è il caso preferisco
un'improvvisata poi se chiedi ad Alfredo lui lo avverte.»
Si informati... tanto se cerchi Giuseppe Argenton a Londra
non lo troverai mai..., ma dirglielo sembrava una presa in giro.
Antonio aveva appena imboccato la strada che immette
all’aeroporto.
«Ecco ci siamo Gordine... in orario perfetto...»
«Bene Bene caro collega..., sapeva che ad Antonio
piaceva quel termine..., sei stato gentilissimo e di buona
compagnia... e mi raccomando...continua così...»
«Ho fatto solo il mio dovere, rispose Antonio; e oltre al
dovere è stato sicuramente un piacere conoscerti.»
«Si grazie...ma non allargarti troppo...» disse Gordine...
«Allargarmi troppo!!? cosa intendi.» chiese Antonio.
«No, non nulla...un modo di dire...» rispose Gordine, non
era il caso di stare lì a spiegare che si trattava di una
battuta...magari si sarebbe offeso...
Scesero dall'auto, una stretta di mano e un abbraccio e per
quest'ultimo Segugio dovette mettersi sulle punte dei
piedi...ma c'era abituato...
«Gordine Gordine...disse Antonio salendo in auto, hai
dimenticato il salame...»
«Sia mai..., disse Gordine; spero che arrivi intero a Little
Rock, sai... in aereo il mangiare non è dei migliori...»
«Allora prendi anche il mio, tanto sul soffitto, in cantina
da me, ne penzolano già abbastanza...»
«Grazie accetto con piacere...a presto e salutami il
colonnello de Santis».

201
«Non mancherò...» rispose Antonio.
Gordine entrò all'aeroporto fece subito il check-in anche
se mancavano due ore e più alla partenza; passò la dogana
velocemente, senza problemi, anche con i salami!!; si sedette
su una poltroncina, vicino al gate, era perfetta toccava con i
piedi per terra..., accese il telefono che quasi immediatamente
squillò...
«Pronto pronto... Segugio sono io..., era il suo amico
Dottore, il medico legale...»
«Ciao Dottore come stai...ti stavo appunto chiamando ma
se hai carta e penna ti detto...»
«Si… dimmi»
«Ok, allora prendi nota...
 Fare esame Arthur Arghensthone per vedere se ha HIV
o AIDS.
 Fare DNA Arthur Arghensthone.
 Controllare bene blocco notes se c'è altro che si possa
analizzare, qualsiasi cosa, dalla quale sia possibile
ricavare DNA.
 Senti Murphy se ha preso il PC di Mr. Arthur
Arghensthone, se non l'ha fatto di andare subito...e
poi…, no non serve...anzi si... digli di prelevare anche
il PC di Paolo.
Hai scritto tutto? »
«Si tranquillo, ok va bene..., ma guarda che non sono il
tuo passa ordini, rispose Dottore...»
«Dai dai buono che domani ti faccio mangiare una fetta di
salame... ma tu hai niente da dirmi...?»

202
«Si sì abbiamo il DNA dei capelli..., certamente vorrai un
raffronto con quello di Arthur Arghensthone...»
«Certamente è ovvio...e null'altro?»
«Si i capelli biondi, non sono biondi... ma neri...riprende
Dottore...
«Ma cosa stai dicendo..., vorresti dire che sono tinti? e
quelli grigio-bianchi invece non dirmi che sono biondi...
«No quelli grigio-bianchi, sono originali mentre quelli
biondi sono... neri mi son spiegato?»
«Si...all'incirca..., poi lo ripeto a mente...» replicò Gordine
«Solo che, riprese Dottore, con tutte le quantità di tinture
che ci sono sarebbe un'impresa scoprire di che prodotto si
tratta...»
«E se avessi il prodotto? chiede Segugio...anche se sapeva
già la risposta...»
«Beh sarebbe fatta...anzi è fatta...»
«Bene...non avrai per caso gettato via i rimasugli della
tintura...?»
«Ma che scherzi...? Per chi mi hai preso? »
«Ok allora ricordati di venirmi a prendere all'aeroporto
anzi no fammi mandare qualcuno ché come guidi tu non mi
piace, parto alle 23 da Londra... CIAO DOTTORE...», disse
Segugio quasi gridando e con un sorriso di soddisfazione...»
Little Rock Airport. H. 04.25 AM. Delta AirLines Fly ATL
xj992 - landed.
Ovviamente nessun cartello o foglio con scritto Philippe
Gordine..., si apre la grande porta scorrevole e in lontananza
con passo veloce, tipo quello di un pinguino che corre per
divertirsi, sorriso stampato sulla bocca e valigia a traino, un

203
po' alla volta appare Gordine, la prima cosa che si nota è una
bella testa tonda, lucida dove le luci del corridoio si
riflettevano...
Uscito dal percorso obbligato, anche se avrebbe potuto
optare, data la sua posizione, per una via più celere, Gordine
guarda in giro per vedere chi c'è ad attenderlo..., in piedi
nessuno, ma seduto sulla sedia delle classiche panche
aeroportuali, con la testa china riconosce subito la figura di
Dottore, il suo amico, ...
Gli “bussò” sulla spalla, Dottore alzò la testa e disse:
«Ehi, ciao Segugio...sei arrivato...? »
«Ti avevo chiesto di non venire te a prendermi ché non mi
piace come guidi...»
«Sai quanti dei tuoi bravi agenti ho trovato disponibili a
venire a prenderti a quest'ora!!? uno solo, che alla fine ha
chiamato perché preso da forti attacchi di mal di pancia...,
vuoi che ti descriva i risultati…?»
«Non serve, rispose Segugio, dai andiamo, forza che c'è
da fare...»
«Si si...se pensi che andiamo in ufficio a quest'ora è
meglio che prendi in taxi...io ho una nuova moglie, la terza
per ricordartelo, a casa che mi aspetta..., trovatene una anche
te... non si sa mai...ti giovi...»
«EhEhEh..., la risatina di Gordine e continuò; dubito mi
giovi..., va bene portami a casa e con una guida dolce...»
Dottore non rispose, lo guardò, ... era più che sufficiente...
Poco più delle nove del mattino e Gordine si ferma con la
sua Pontiac davanti al comando di polizia, lascia le chiavi in
auto, l'agente di guardia l'avrebbe presa e portata al

204
parcheggio; salì le scale, due piani, anche se lo facevano
sudare ma gli piaceva...
«Murphy dove sei, disse a voce alta, vieni in ufficio mio
fidato fannullone...»
Gordine entrò in ufficio, poggiati per terra vicino la
scrivania due PC ognuno con un post-it attaccato: PC Arthur
Arghensthone; PC Paolo Pedrolivar.
«Eccomi capo, disse Murphy entrando nell'ufficio di
Gordine; bentornato fatto buon viaggio? Tutti hanno sentito la
sua mancanza...commissario...»
«Per la prima... si, ho fatto un buon viaggio, per la
seconda... non dire cazzate tanto non ci credo..., comunque
bravo vedo che hai fatto quel che ho chiesto... bene ora te li
porti in ufficio gli accendi e vedi cosa c'è dentro...»
«Si bene... ma se mi dice cosa devo cercare...sarebbe
preferibile...»
Segugio alzò la testa che aveva quasi dentro la borsa porta
documenti, guardò Murphy e gli rispose...
«Bravo...giusta osservazione..., intanto escludi se
giocavano a solitario...o altri giochi..., vedi di andare, poi ti
dirò cosa cercare... intanto accendili...
«Ok capo…» prese il primo PC, poi rientrò per prendere
l'altro...
Gordine si sedette alla scrivania, prese il notes dove aveva
riportato i vari appunti presi durante il viaggio, ascoltando le
registrazioni, altro non registrato era impresso nella sua
mente.

205
Iniziò a riguardare i vari appunti, stava leggendo una parte
di quelli riferiti a Giuseppe, prese la cornetta del telefono,
digito 09 la segreteria...
«Sono Gordine ciao, di all'agente di guardia di prendermi
l'auto scendo fra 5 minuti. Grazie.»
Uscendo, si sporse all'ufficio di Murphy dicendogli che
sarebbe rientrato fra tre ore circa, quello era il tempo per
andare e tornare da casa Arghensthone.
Entrò nel viale, il cancello era aperto, lasciò la solita scia
di polvere, forse un po' troppo alta, l'andatura non era
adeguata ad un viale con ghiaia, parcheggiò davanti al
colonnato di casa Arghensthone
«Buongiorno commissario.» disse Consuelo uscita da casa
dopo aver sentito un'auto arrivare e scendere Gordine
«Buongiorno Consuelo, mi sai dire dove posso trovare
Paolo?»
«Si nel garage, è tornato da poco era dal meccanico, mi
sembra.»
Si incamminò verso il garage, era a circa 200mt dalla
casa..., Paolo non lo sentì entrare aveva la radio di un'auto
accesa e ad un volume non tanto regolare, era in ufficio con le
mani conserte che guardava la scrivania...
«Permesso,» chiese Segugio.
«Paolo si voltò di scatto...»
«Buongiorno commissario, rispose, qual buon vento»
«Ciao Paolo, magari!!!...un po' di vento leggero ci
vorrebbe, data la temperatura, ti vedo perplesso cosa
succede?»

206
«Cosa succede...!!! succede che mi sono accorto ora che
non c'è più il PC...»
«Ah si, rispose Gordine, l'ho fatto prendere io ieri,
assieme a quello del povero Mr. Arthur...»
«Ma perché il mio...?»
«Ma non è tuo Paolo... era di Mr. Arthur te lo aveva dato
circa due mesi fa, dopo che aveva preso il suo nuovo...non ti
ricordi!!?, sei stato tu a dirmelo quando son stato qui per la
disgrazia di Miss Giuliette... e dal momento che mi interessa
scoprire qualcosa di più su Mr. Arthur... l’ho fatto prelevare;
però se hai delle tue cose all'interno, non c'è problema
telefono all'agente dicendo di non accenderlo sino a che tu vai
in centrale.»
«No no ripose...non serve...tanto la contabilità personale e
il registro delle auto che vanno ed escono in officina le tengo
qui..., è il continuo di quello di mio padre... e gli fece vedere il
registro.»
«A bene..., posso...? chiese Gordine pensando che l'aveva
chiesto ancora tempo fa..., lo prese, lo sfogliò velocemente e
lo ripose sulla scrivania ma a portata di mano... e continuò, tu
per caso hai mai sentito parlare di Joseph e Alfredo nipoti di
Mr. Arthur? »
Paolo che stava mettendo apposto alcune fatture alzò la
testa quasi un po' meravigliato per questa domanda.
«No… perché? Rispose»
«Se permetti le domande le faccio io...»
«Si mi scusi...comunque so che questo Joseph era
diventato amico di mio padre, mi aveva detto che era stato qui
varie volte, non so precisamente quante e quando; mio padre

207
mi aveva detto che l'ultima volta aveva litigato con Mr. Arthur
e si erano lasciati in malo modo; l'aveva accompagnato
all'aeroporto mio padre e, prima di morire, mi aveva chiesto di
mantenere i contatti, lui lo sentiva spesso al telefono.
«E tu...l'hai fatto...? »
«Fatto cosa!!?» chiese Paolo
«I contatti li hai mantenuti?» aggiunse Gordine
«Ci siamo sentiti al telefono non ricordo se tre o quattro
volte dopo la morte di papà.»
«Mai conosciuto di persona...? »
«No…, mai...»
«Non c'è stata nemmeno un'occasione per poterlo
incontrare? mi sembra una cosa quasi naturale, visto che tuo
padre ti aveva chiesto di mantenere i contatti... qualche
motivo ci sarà pur stato...» chiese nuovamente Segugio.
«Veramente...si però...» rispose Paolo...e si fermò...
«Però...? »
«Si avrei dovuto incontralo, circa 20 giorni fa non ricordo
bene, ma è sufficiente che guardi l'agenda ricordo che avevo il
giorno libero... anzi pensandoci bene..., era la festa del
patrono... e a tutti è stato dato a tutti un week-end lungo...dal
venerdì al lunedì sera...
«Ebbene...lo hai incontrato o no? »
«No…, ovvero io sono andato all'appuntamento,
avremmo dovuto trovarci nei pressi della stazione, ma
all'ultimo momento, ero quasi arrivato e mi chiama dicendomi
che aveva un contrattempo e che comunque si sarebbe fatto
sentire nei giorni successivi se gli riusciva...»

208
«Ho capito..., disse Segugio ma dov'era questo
appuntamento... penso o presumo a Little Rock?
«No....no...rispose Paolo... a Memphis».
«A Memphis...!!!» e perché mai a Memphis...?
«Non lo so...ah sì…mi disse che doveva andare a Daytona
Beach e visto che aveva il tempo, poteva deviare e mi ha
chiesto se andava bene trovarci a Memphis, ... gli dissi di sì,
non avevo nulla da fare e le feste di paese non mi piacciono...
«Ho capito..., una bella deviazione pensò Gordine.
Comunque tu sei andato in autobus...o treno? ».
«No no ho preso quell'auto lì, indicando una berlina di
marca tedesca; è quella che adoperava mio padre e Mr. Arthur
aveva detto di considerarla mia...»
«Bene Paolo, grazie mi sei stato d'aiuto ora devo proprio
andare...»
«Arrivederci commissario e se serve...» e lo salutò
dandogli la mano...
Gordine strinse la mano di Paolo...era la prima volta, non
aveva una bella stretta nonostante la mano grande...
Segugio arrivò all'auto, apri la porta quando vide
Consuelo seduta sotto l'ampio porticato, stava sbucciando dei
fagioli, andò da lei.
«Consuelo, cosa prepara di buono? »
«Preparo un zuppa di fagioli per me Paolo e il giardiniere.
»
«Volevo chiederle una cosa Consuelo, il sabato
antecedente il ritrovamento del povero Mr. Arthur lei era in
casa?

209
«Veramente sono uscita verso le 10.00 per assistere alla
processione del santo patrono, avevo avvisato Mr. Arthur che
mi ha risposto di andare tranquilla, che non gli serviva nulla e
mi disse che se volevo andare da mia sorella non c'era
problema, lui si sarebbe arrangiato e che nel pomeriggio si
sarebbe recato al cottage di Pinacle Mountain...»
«E lei poi andò da sua sorella?» chiese Segugio...
«Veramente non avevo intenzione, poi l'ho incontrata alla
processione e ha tanto insistito che sono andata da lei sino a
lunedì mattina anche perché se Mr. Arthur era andato via e mi
sarei trovata sola in casa»
«Grazie Consuelo come sempre sei stata gentile e
precisa..., ultima cosa aggiunse Segugio, sai se Paolo era
rimasto in casa?
«No, la sera prima mi disse che sarebbe andato a…, non
ricordo la città...»
«Memphis...». disse Segugio...
«Si sì proprio quella città li... doveva incontrare una
persona, ma non mi disse chi si trattava; però mi viene in
mente un'ultima cosa che mi aveva detto Mr. Arthur, di non
chiudere il cancello, quello grande, perché forse ma non era
sicuro, doveva passare a trovarlo un suo nipote …
«Ma non ti ha detto il nome? forse Joseph o Alfredo?»
chiese Segugio
«No no...rispose Consuelo, se fosse stato Joseph l'avrei
saputo certamente..., si si mi sembra proprio quel nome li...
A..Alfredo, però io non l'ho mai conosciuto.»
Gordine tornò all'auto e per prima cosa poggiò sul sedile
del passeggero il registro che aveva lasciato, a portata di

210
mano, sulla scrivania..., Paolo non si era accorto... che se
l'aveva preso.
Tre ore, minuto più minuto meno, questo era il tempo che
Gordine aveva detto all'agente Murphy che sarebbe stato
via...ed infatti...; era seduto dietro la scrivania, con la schiena
appoggiato allo schienale della poltroncina, che si era
reclinata un po', mani dietro la nuca e i piedi che andavano
uno avanti e l'altro indietro...
«Ciao Segugio...» disse Dottore entrare nell'ufficio di
Gordine
«Ciao Dottore allora dimmi...»
«Si... Sei pronto!!?...»
«Ormai a quest'età e dopo tutte quello che abbiamo visto e
passato...siamo pronti a tutto...Dimmi dimmi...»
«Allora...
1) Questo, l'esame del DNA dei capelli finto biondo;
2) Questo, l'esame del DNA dei capelli grigio bianchi
3) Questo l'esame del DNA di MR. Arthur.
4) Questo l'esame HIV-AIDS di Mr. Arthur.
5) …» disse Dottore mettendo sulla scrivania i referti.
«Come sarebbe a dire 5 non erano quattro gli esami...?»
«Si esatto...quattro quelli che mi avevi chiesto tu...,
rispose Dottore...ma il 5° si riferisce a...»
«A....», chiese Gordine...
«All’esame del DNA un altro capello... però in questo
caso è finto nero...»
Segugio... che pensava di aver quasi finito il quadro e
incorniciare chi aveva ucciso Mr. Arthur... spalancò ancor di
più gli occhi...e disse...
211
«Dottore per cortesia anche se dopo mi leggerò
ugualmente le note che scrivi con le analisi... mi vuoi
gentilmente dire il risultato? »
«Il DNA del capello bianco-grigio corrisponde a quello di
Mr. Arthur Arghensthone, gli altri…, sia il finto biondo che il
finto nero hanno come ceppo il medesimo DNA di MR
Arthur... ma con qualche piccola differenza..., il ceppo però è
sicuramente lo stesso. Mr. Arthur che inoltre... era portatore
sano dell’HIV-AIDS ma ovviamente non sappiamo se ne fosse
a conoscenza...»
«Bene disse Gordine...anzi benino perché si è aperto un
nuovo problemino..., aprì la borsa ed estrasse la tinta per
capelli che aveva acquistato al supermercato del paese
dell'alta Padovana e aggiunse... fai l'analisi di questo liquido
per tingere i capelli e dimmi con quale dei capelli tinti vi è
corrispondenza»
«Ok Segugio e per quando ti serve...?»
«Per ieri...» rispose...sorridendo.
Dottore prese la confezione di tintura ma quando fu sulla
porta si girò e chiese.
«Ma Segugio mi avevi accennato ad una fetta di salame…
o sbaglio...? »
«Si... quando torni con l'analisi che ti ho chiesto... e porta
un coltello e dei piatti e di a qualcuno di recuperare del vino o
birra e del pane...» pose sulla scrivania i due salami incartati
con la stagnola... accarezzandoli...
«Analisi in arrivo a breve.... E con tutto il resto...» disse
Dottore andandosene...

212
Segugio cercò di mettere un po' d'ordine sulla scrivania...
e quando arrivò al blocco note di Arthur cominciò
nuovamente a sfogliarlo, foglio per foglio, non sapeva cosa
cercava, continuò anche dopo che i fogli scritti erano finiti...e
fermandosi, che mancavano cinque sei fogli alla fine del
blocco, ... era un foglio bianco...con un lembo, abbastanza
grande, strappato...
Andò al foglio successivo e vi passò leggermente sopra i
polpastrelli, all'altezza dello strappo del foglio precedente,
prese una matita e leggermente cominciò a passarci sopra e
man mano che la grafite tingeva quel lembo di carta
iniziarono ad apparire delle lettere poi dei numeri... ripassò
varie volte... ma sempre leggermente..., chi aveva scritto
sicuramente non aveva una mano molto ferma e nemmeno
molto leggera...infatti quello che apparve si leggeva
chiaramente.
Alzò il ricevitore 15...
«Ma il decesso di Mr. Arthur me l'hai indicato?»
«È scritto lì sicuramente sabato... quasi sicuramente nella
mattinata, vale a dire tre giorni prima del ritrovamento come
avevo ipotizzato appena visto...»
Segugio, abbassò la cornetta, si appoggiò allo schienale
della poltrona che si reclinò, mani dietro la nuca e i piedi che
ripreso ad andare... uno avanti ed uno indietro...

213
All'Aeroporto

Da quando Joseph e Alfredo avevano ricevuto prima, la


comunicazione dallo studio legale di Little Rock e poi la visita
"informale “di Segugio, era passata più una settimana,
Joseph, due giorni dopo l'incontro con Gordine, ricevette
alla solita ora Jeremy che oltre a consegnargli un po' di
posta... aveva due avvisi di pagamento...
Durante il solito caffè Jeremy gli chiese se quel che aveva
fatto era andato bene; Joseph ovviamente gli rispose di sì e
non stette a formalizzarsi sul fatto che era preferibile che la
data fosse stata di due tre giorni prima; vista ormai la
confidenza, chiese a Jeremy come avesse fatto..., anche se
sapeva o aveva intuito...
Jeremy attendeva la domanda e rispose, raccontandogli, a
lunghe linee la storia della sua vita e che dalla nascita delle
figlie, rigava dritto, non se la senti di raccontare una storia non
vera non sarebbe stato “onesto”, visto anche lo scambio di
parole che ci fu con l'agente Richard ma soprattutto per il
rapporto che ormai si era creato con Mr. Joseph; ovviamente
non specificò che aveva lavorato anche per la “compagnia” di
Marcel.
Joseph volle contraccambiare quel piacere ma Jeremy non
accettò nulla anzi gli disse che l'importante era che tutto si
risolvesse per il meglio.
Una sera a cena dai Berringh, il week end, lunedì
compreso, con Claudine avevano fatto un po' di jogging
assieme, nel parco e poi..., non è dato sapere....

214
Alfredo invece passò quei giorni a pensare all'incontro
avuto con Segugio, chiese a Marco, l'amico avvocato
“principe del foro” che con il suo fare non aveva certamente
fatto gli interessi di Alfredo, qualche consiglio di cosa fare e
se ritenesse opportuno di andare con lui a Little Rock;
ovviamente Marco gli disse che non sarebbe stato sbagliato e
per correttezza, da “amico” gli preparò un preventivo per
questa sua eventuale vacazione... Quando mai gli sarebbe
capitato di andare in America e magari assumere una difesa li
pensò.
«Pronto ciao Alfredo, sono Giuseppe come va? »
«Ciao Giuseppe si non male anche se..., rispose Alfredo».
«Senti pensavo di telefonare allo studio legale di Little
Rock per sentire quando dovremmo essere lì... e ovviamente
parlo anche a nome vostro?»
«Veramente avevo chiesto a Marco se lo faceva lui...»
Rispose Alfredo...
«Ma insomma, rispose quasi indispettito Giuseppe, cosa
vai a mettere in mezzo Marco un avvocatuccolo di provincia,
che magari ti ha già preparato un preventivo...»
«Veramente si..., rispose nuovamente Alfredo con tono un
po' affranto e pensando “mio fratello arriva sempre prima di
me...”; cosa faccio gli dico di lasciare perdere...?»
«No di lasciare perdere no... digli solo che hai parlato con
me, che mi sono già messo a contatto con lo studio di Little
Rock e senza tanti problemi digli che forse, anzi senza forse,
che è meglio così perché se parla inglese come ricordo io gli
ridono in faccia...; digli che in caso lo chiamerò io... mi

215
raccomando fagli intendere che se serve ti rivolgerai
sicuramente a lui...Hai capito? »
«Si Giuseppe...va bene forse, anzi senza forse, è giusto
così, farò come dici te...»
«Dimmi papà e nonna Ida stanno bene...? »
«Si, fortunatamente tutti stanno bene...anzi, nonna Ida ha
detto che forse viene anche lei se, se la sente...»
«Fai una cosa invece, chiedigli se preferisce che il corpo
di Arturo lo facciamo portare in paese nella tomba di
famiglia...»
«Si va bene glielo chiedo anche se penso che papà non è
molto favorevole e sinceramente anch'io...»
«Capisco capisco...ribatte Giuseppe, ma è pur sempre suo
figlio... comunque ci sentiamo stasera, sul tardi, dopo che
parlato con lo studio a Little Rock...»
«Perché sul tardi? chiede Alfredo, chiama ora sono le
14.00!!! »
«Alfredo!!!! dubito che alle sette del mattino ci sia
qualcuno in studio a Little Rock nemmeno la donna delle
pulizie...»
«AhAhAh hai ragione...scusa non ci sto con la testa...».
«Ok a stasera ciao».
Nonostante l'orario, le sette del mattino e non ancora un
molto chiaro, a Little Rock c'era una luce accesa al secondo
piano della centrala di polizia...era quella dell'ufficio di
Segugio.
Nel pomeriggio aveva fatto tre richieste..., la
riesumazione dei corpi di Giuliette, moglie defunta di Arthur e
di sua figlia Geraldine, nonché quella del corpo di Martin...

216
Se ne stava lì seduto, a suo modo, rifletteva..., aveva
“esplorato” assieme a Murphy i PC, si di MR Arthur sia di
Paolo; gli restava un'altra cosa, quelle lettere apparse sotto
strato di grafite lasciato dalla matita… a cosa
corrispondevano!!!... e soprattutto chi le aveva scritte... visto
che la scrittura non era quella di Mr. Arthur...
Il tempo premeva, anche perché lo studio legale gli aveva
fatto sapere che fra una settimana ci sarebbe stata l'apertura e
lettura della volontà di MR. Arthur Arghensthone.
H.04.00 PM Little Rock; H. 11.00 PM Londra.
«Studio legale Forshite, buon pomeriggio»
«Buon pomeriggio gentile signorina, dalla voce lei è
sicuramente giovane, sono MR. Joseph Arghensthone,
telefono da Londra e vorrei parlare con l'avv. Manuel Forshite,
può passarmelo? Grazie.»
«Buon pomeriggio a lei Mr. Arghensthone, un l'attimo che
vedo...»
Di sottofondo, per l'attesa, un carillon che suonava l'inno
Americano..., sicuramente un nazionalista questo avvocato,
pensò Giuseppe.
«Mr. Arthur Arghensthone buon pomeriggio, sono
l'avvocato Forshite, presumo lei mi chiami in merito alla
comunicazione ricevuta.»
«Buon pomeriggio a lei, si esatto, la chiamo anche a nome
di Achille e Alfredo Argenton che poi sarebbero mio padre e
mio fratello...»
«Suo padre e fratello!!! risponde un po' meravigliato
l'avvocato, io ho i loro nomi ma non che risultino eredi di Mr.

217
Arthur Arghensthone, lei al contrario si essendo naturalizzato
Arghensthone...»
«Veramente non capisco avvocato, penso siano cose da
chiarire, se da chiarire sono...» ribatte Joseph.
«Si certamente, concordo con lei; risponde l'avvocato e
continuando, penso lei voglia sapere quando dovremmo
incontrarci, un attimo che guardo, si... vedo mi arrivata la
ricevuta da parte di tutti i convocati, pertanto a far data da 10
giorni dall'ultima possiamo trovarci da venerdì prossimo, vale
a dire 10 giorni a partire da oggi...»
«Bene grazie, allora direi di fissare per il mercoledì
successivo, se non erro fra 15 giorni, penso io a comunicarlo
ad Achille ed Alfredo Argenton, ad ogni buon conto invii una
mail ad Alfredo Argenton e a me le lascio gli indirizzi»
«Si perfetto, per quanto riguarda gli altri convenuti
penserò io, tanto sono del luogo.»
«Mi scusi ma è possibile sapere chi sarebbero questi
convenuti? »
«Veramente non potrei, comunque sono Gomez Consuelo
e Pedrolivar Paolo»
«Grazie, allora a mercoledì fra 15 giorni e per l'orario? »
«Direi di fare alle 04,00 PM qui da me.»
«Bene attendo email grazie»
«Certamente a presto e la saluto Mr. Joseph
Arghensthone.»
Cade la linea e Joseph no fa a tempo a salutare...ma si non
importa, alza le spalle si siede alla scrivania, accende il pc e
sulla pagina di ricerca di Google digita prima voli Londra-

218
Little Rock e poi Venezia-Little Rock (possibilmente via
Londra).
Trovate alcune alternative chiama Alfredo per decidere
quando partire anche se le scelte erano poche, due per la
precisione, una con arrivo al mattino di mercoledì, l'altra nel
tardo pomeriggio di martedì, decisero per la seconda; con
Alfredo partiva ovviamente papà Achille e Lorella, la sua
nuova compagna...con la quale si sposò, dopo che ottenne il
divorzio, ormai da circa 3 anni e fu appunto in quell'occasione
di festa, che Giuseppe vide papà Achille e Alfredo e nonna
Ida che, di partire per l'America non se la sentiva voleva solo
il corpo di suo figlio Arturo al paesino...; era triste ed avvilita,
pensava ad Arturo e a Primo e proprio da lui aspettava un
segnale da lassù, dal paradiso, Ida lo immaginava li..., un
segnale che gli dicesse, “Arturo deve essere qui, sotto di me..”
nella tomba di Famiglia.
Dato il tipo di viaggio e soprattutto per il papà Achille che
dopo un po' di tempo che stava seduto sentiva la necessità di
stendere le gambe, Alfredo decise di viaggiare in prima classe.
Purtroppo non riuscirono a partire tutti da Londra, però da
Atlanta a Little Rock il viaggio l'avrebbero fatto assieme.
Da circa due ore Giuseppe era in viaggio verso Atlanta...
se ne stava lì con la testa appoggiata allo schienale del sedile,
posto centrale, in classe turistica, preferì così date le
ristrettezze e poi ci sarebbero stati i giorni di permanenza a
Little Rock.
Non sapeva più dove mettere le gambe, per stenderle era
costretto a stare seduto dritto, la schiena poggiata tutta allo
schienale ricavando così un po’ di spazio per loro..., le gambe.

219
Aveva gli occhi chiusi quando si sentì battere sulla spalla,
pensò fosse il passeggero a fianco...ma quando gli aprì si
trovò davanti due occhi azzurri e un bel sorriso...
Erano passati quasi 5 anni dal loro ultimo incontro a
Londra, incontro sorto a causa di guasto tecnico dove l'areo
restò fermo 24ore e Margheret, la bella hostess conosciuta nel
suo primo viaggio in America, aveva provato a chiamare
Giuseppe che ovviamente la risenti...e vide con piacere.
«Giuseppe sei proprio tu...!!?» disse Margheret
«Ebbene si...», rispose Giuseppe non credendo a suoi
occhi, anche perché la compagnia con la quale viaggiava non
era la solita di Margheret...
Si alzò quasi di scatto creando un po' di trambusto fra i
due passeggeri.
Fatti i saluti di rito…Margheret disse a Giuseppe di
seguirla...e lo portò in Business Class...era vuota....
«Ecco mio caro bell’uomo…questo è il posto giusto per
te, il bagaglio a mano vado prendertelo io, se non pesa
molto...», stava per andarsene ma torno indietro e senza
pensarci due volte attaccò le sue labbra a quelle di
Giuseppe...che, anche se un po' stordito..., ricambiò...
Recuperato il bagaglio, Margheret uscì di nuovamente per
poi tornare con un vassoio con sopra due flûte, di un liquido
giallo con le bollicine... era Prosecco... anche lei si ricordava
che Giuseppe lo preferiva allo champagne e una ciottola con
degli snack…; poggio il vassoio sul ripiano fra le due poltrone
si sedette, prese un flûte, lo porse a Giuseppe, uno per lei ...e
toccando il bordo del suo bicchiere con quello di Giuseppe
disse

220
«A questo meraviglioso nuovo incontro...»
Dal primo erano passiti quasi ... 15 anni...; Giuseppe ne
aveva poco più di 23 e lei Margheret 35, dodici più di lui... ed
il tempo era passato...
Giuseppe non se la sentiva o meglio non aveva voglia
di…riaprire una “parentesi” che non si aprì grazie... a
numerose perturbazioni che avevano disturbato il viaggio...
Dopo dieci ore e più viaggio, con un ritardo di circa
un'ora e mezza, causa il tempo, l'aereo atterrò ad Atlanta,
Giuseppe prima di scendere salutò, ovviamente, Margheret ma
nel modo in cui si salutano due vecchi amici anche se di sesso
opposto; Margheret voleva chiedere a Giuseppe di rivederlo
ma era una donna intelligente e preferì dire...
«Mi raccomando se viaggi ancora con questa compagnia
fammelo sapere, il mio numero è sempre lo stesso così si fa il
viaggio assieme e si parla un po' dei bei tempi passati... che io
ricordo con vero piacere...»
Un ultimo bacio, poi Giuseppe scomparve lungo il tunnel
che portava all'uscita...
L'appuntamento con papà Achille il fratello Alfredo e
Lorella era al gate per Little Rock.
L'areo dei suoi, che partiva da Milano era in ritardo...;
approfittò della rete Wi-Fi, lì c'era..., per connettersi alla rete e
chiamare Claudine e dirgli che era arrivato, l'ultima volta
l'aveva sentita circa 16 ore fa; il telefono non squillava non si
agganciava alla rete…provò varie volte...ma nulla...; dopo
circa 10 minuti squillò il suo telefono, era Claudine.
«Ciao disse subito Giuseppe, ti ho chiamato più volte.».
«Si ho visto...», la tua suoneria è inconfondibile.

221
«Come sarebbe a dire.» chiese Giuseppe...
«Voltati e lo capirai...»
Giuseppe si voltò, prima a destra poi…, a sinistra a poche
decine di metri, Claudine era lì che lo guardava... con il suo
bel sorriso...; chiuse il telefono, gli andò incontro, gli ci
vollero pochi passi dei suoi... e si salutarono come solitamente
facevano...
Proprio in quell'istante passò di lì Margheret che si
accorse Giuseppe..., guardò quella bella coppia, combinata in
modo perfetto... e disse fra se e se: "Auguri Giuseppe e auguri
a te bella donna che hai fra le braccia quell'uomo" e proseguì
per il solito hotel dove avrebbe aspettato, sola, forse, il giorno
dopo per ripartire.
Lo stupore di Giuseppe nel vedere Claudine fu di buon
livello...
«Ma Claudine cosa fai qui, quando sei arrivata? »
«Sono qui da circa due ore, è stato paparino a dirmi di sì,
quando gli ho chiesto se dovevo venire, mi ha dato anche il
nome di un suo “Amico” avvocato qualora dovesse servire ...
l'ha già informato di tutto...»
«Pensi che se dico grazie papà di Claudine sia
sufficiente...!!!? »
«Mmmmmh…ne dubito rispose Claudine…ma vedremo
vedremo...»
«Penso che fra un po' dovrebbe arrivare Achille & C..,
disse Giuseppe...»
«Bene non vedo l'ora di conoscerli...»
Passati circa 40' Giuseppe si sente chiamare...

222
«Giuseppe Giuseppe…» era Alfredo che l'aveva visto, era
a circa 50 metri...
«Eh abbassa quella voce, gli disse appena a giusta
distanza, non sei alla sagra di paese...» e lo abbraccio...
Poi fu il turno di Achille il papà e questo abbraccio fu più
lungo ed intenso, due baci sulle guance a Lorella e poi le
presentazioni...con Claudine...
«Questa donna è troppo bella per te disse papà Achille
sorridendo... ma potrebbe essere quella che ti mette la testa a
posto...»
«Grazie sig. Achille rispose in un italiano non perfetto
Claudine, insegnatogli da Giuseppe e continuò; non so se il
complimento è più valido per la prima o seconda cosa che ha
detto...»
«Per tutte e due Claudine per tutte e due...» la prese sotto
braccio e si incamminò verso il bar che aveva visto a poche
decine di metri...
Però, penso Giuseppe, come è cambiato papà...
«Hai visto...disse Alfredo...papà è proprio cambiato...
«Che fai mi leggi la mente? riprese Giuseppe... è cambiato
si, con Lorella vicino è evidente che sia cambiato...»
«Grazie Giuseppe». disse Lorella.
Ma anche da quando zio Arturo se n'era andato in
America, un cambiamento in papà c'era stato... e di questo
Giuseppe se n'era accorto subito...
Bevvero qualcosa, in piedi al banco del bar, l'areo sarebbe
partito fra un'ora...
Le espressioni e le brevi battute dopo l'incontro si
spensero, non appena iniziarono a parlare del perché si

223
trovavano lì, della visita “informale” di Segugio, ma era come
se ognuno restasse sulle sue, soprattutto Giuseppe e Alfredo...,
quando i loro sguardi si incrociavano era come se si
chiedessero... “ma tu sai qualcosa...cosa mi hai nascosto...”
Alfredo chiese a Giuseppe, cercando di essere riservato
nel dialetto del paese natio, come mai ci fosse Claudine che
non era di famiglia.
«Sono venuta qui a trovare un'amica... disse Claudine,
facendo finta di non aver sentito quello che Alfredo aveva
appena detto, ho un appuntamento domani in tarda mattinata e
penso che non sarò nemmeno a cena con voi...»
«Ma cosa dici Claudine...rispose subito Achille...stasera e
domani sera...succeda quel che succeda tu sei a cena con
noi...»
«Una cosa per volta...una cosa per volta...disse
Giuseppe...Giusto Claudine? »
« Of course..., rispose Claudine, ...giusto...»
Il diffusore acustico emette il suo solito carillon poi
chiama all’imbarco; erano circa le 18.00, sarebbe arrivati...a
Little Rock alle 20.00.
Prima per il tempo e poi per il traffico aereo, ci fu un
ritardo di circa un'ora, fu un'occasione per guardare Little
Rock dall'alto...
Achille che prima aveva proposto andare a cena, appena
arrivato all'hotel disse.
«Penso sia il caso che si vada a dormire... sono stanchino
e domani non penso sia una giornata tanto rilassante...»
«Hai ragione rispose Giuseppe...sono stanco anch’io».

224
Si salutarono, dopo che ognuno aveva preso le chiavi
della propria camera...
Giuseppe prese Claudine per mano e gli chiese:
«Ma tu dove vai a dormire...? »
«Ma con te...? se non ti dispiace...»
«Come con me...!! ho prenotato una singola...» Rispose
Giuseppe...
«Avevi.... ma qualcuno che sapeva in che albergo avresti
alloggiato ha pensato bene di chiedere la sostituzione con una
spaziosa matrimoniale…sono certa che avrà usato questo
aggettivo...spaziosa...»
Giuseppe capì a chi si riferiva Claudine...
Erano ormai le 23.00 e la luce dell'ufficio di Gordine era
ancora accesa, stava aspettando il Dottore con le ultime
analisi; era riuscito a tempo di record ad ottenere la
riesumazione di Martin, Giuliette e la figlioletta Geraldine...
La Lettura

Gordine, nonostante la sua precisione e attenzione


aveva, come molti degli umani, aveva una mania, un po'
strana... gli piaceva tenere una cassetta di sicurezza alla
stazione; al mattino presto, ogni tanto, si recava in stazione
centrale per vedere se nella cassetta di sicurezza fosse tutto in
regola, vi aveva riposto una scatola da scarpe con dentro delle
vecchie agende e dei bossoli di pistola...nient'altro...
Era una di quelle mattine...si alzò dalla poltrona e si recò
in stazione...

225
Camminando con il solito passo lesto da "pinguino", testa
alta, sguardo sorridente mentre nella mente gli giravano quelle
lettere e numeri del lembo di carta...
Si fermò di colpo... e fissò il visore che indicava gli orari
dei treni delle prossime 6 ore e l'ultima che appariva sul
cartellone gli ricordava qualcosa..., estrasse il blocco notes
dove aveva trascritto in verde quelle lettere e quel numeri;
l'ultimo orario indicato sul cartellone era 15.31 destinazione
Memphis...; si guardò attorno e proprio vicino alla zona
cassette di sicurezza c'era l'orario ferroviario completo, i treni
successivi per Memphis erano alla 17.45 e 18.45; prese il
telefono chiamo in centrale, il nr diretto dell'agente Murphy.
Murphy ascoltami bene, se da un pc consulto gli orari dei
treni può rimanere traccia?
«Certo commissario, a meno che non venga cancellata la
cronologia della ricerca...»
«Ok anche se non capito molto..., comunque guarda se in
uno dei pc ci sono tracce di ricerca riferite agli orari dei treni
per Memphis... io arrivo tra un'ora... e per quando arrivo
voglio tutto pronto...ciao caro...» e chiuse la linea.
Non tutte le manie sono poi così... se non avevo questa
mia..., pensò Segugio, avvicinandosi alla sua cassetta di
sicurezza... si guardò bene in giro che nessuno lo osservasse e
l'apri; sollevò il coperchio della scatola da scarpe...bene tutto
in ordine...e la richiuse; stava per andarsene che…
«Buongiorno commissario...» si voltò era l'avvocato
Forshite...
«Oh caro avvocato come mai qui...» rispose Gordine

226
«Veramente ogni giorno a quest'ora io passo di qui...
meglio il treno dell'auto, faccio prima e meno stress...e lei?»
«Passavo di qui..., rispose Gordine e continuò, e allora
oggi lei farà la lettura del testamento di Mr. Arthur
Arghensthone.»
«Si, e purtroppo per lei non è nominato...»
Il pessimo umorismo di Forshite era conosciuto...infatti
Gordine non gli fece caso.
«So che sono arrivati i parenti dall'estero...» ribatté
Gordine...
«Si...penso di si, ma lei come fa saperlo? a si scusi...lei sa
e può sapere tutto...giusto?» disse Forshite.
«Avvocato..., disse Gordine, mi stai forse prendendo in
giro!? quant'è che ti prendi per la lettura del testamento? no
non dirmelo tanto lo vengo a sapere... se mi interessa...»
«Suvvia, commissario non è il caso di prendersela...stavo
solo scherzando...»
«Dici...? va bene ora scappo che devo andare e ci
rivediamo...»
«Si domattina qui in stazione...» aggiunge l'avvocato con
ironia...
Gordine lo guardò e con il suo bel sorriso che in quel
momento sapeva di sfida e disse:
«Perché aspettare sino a domattina...? e perché mai qui in
stazione...? ciao avvocato» salì in auto e se ne andò.
Nella sala breakfast dell'albergo, erano e scesi da poco gli
Argenton e un Arghensthone, avevano saltato la cena e la
colazione sarebbe stata quasi certamente abbondante.
«Dormito bene?» chiese Claudine a papà Achille...

227
«Si grazie Claudine e tu o meglio e voi? ».
«Io come un ghiro...femmina, rispose Claudine, Giuseppe
invece non mi sembra abbia dormito molto...vero Giuseppe?»
«Si, penso di aver dormito al massimo due ore di
continuo, le altre ad alternanza...forse sarà stato il niente,
mangiato ieri sera che non ho digerito...»
«Allora siamo in due aggiunse Alfredo... che stava per
alzarsi per andare al buffet».
Giuseppe fece la stessa cosa e alzandosi chiese a Claudine
se voleva qualcos’altro.
«No grazie...amore sto bene così magari prima di andare
via un altro caffè.»
Giuseppe si avvicinò ad Alfredo, prese un piatto e finché
guardava per decidere cosa prendere chiese a Alfredo:
«Ma dimmi una cosa, come effettivamente è andata la tua
visita con Arthur».
«Io lo chiamo Arturo e senza zio, rispose Alfredo...; in che
senso come è andata...»
«Nel senso appunto com'è andata... ha un solo significato,
cosa vi siete detti o gli hai detto o cosa è successo...»
«Allora l'avevo avvisato che sarei passato a trovarlo, l'ho
chiamato al nr di cellulare che se ti ricordi me l'avevi dato tu
in occasione del matrimonio di papà con Lorella; mi ha
risposto che non c'era nessuno in casa tutti si erano presi tre
giorni di vacanza e mi ha detto che non avrebbe potuto
dedicarmi molto tempo...; ormai ero in viaggio e gli ho detto
che non c'era problema... un saluto e via... tanto che arrivassi
io o un estraneo l'accoglienza forse era la stessa.

228
«Quando sono arrivato il cancello era aperto sono entrato
con l'auto ma, una volta davanti casa nessuno è venuto ad
aprirmi la porta di ingresso..., ho suonato il clacson più
volte...ma niente...»
«Ma a che ora sei arrivato...»
« Penso siano state forse le 13.00, minuto più minuto
meno; risponde Alfredo e riprende; nessuno veniva ad aprire
così sono sceso dall'auto, la porta dell'ingresso era socchiusa,
sono entrato, ho chiesto più volte e ad alta voce se c'era
qualcuno in casa, era la prima volta in quella casa e tu sai
bene quanto grande sia e non sapevo dove andare..; stavo per
andarmene quando nel silenzio ho sentito come un rantolio... e
ho cercato di seguirlo..., proveniva da una porta in fondo al
corridoio... era socchiusa anche quella, sono entrato e seduto
nella poltrona, appoggiato allo schienale, c'era Arturo, quasi
senza fiato...»
«Meglio se ci sediamo a questo tavolino un attimo, lo
interruppe Giuseppe aggiungendo; ma tutto ciò l'ha ai detto al
commissario? »
«No no... assolutamente, comunque mi sono avvicinato...
ad Arturo non penso mi abbia riconosciuto, anche perché, mi
ero fatto biondo, come nonno Primo…»
«Si ricordo la foto...meglio l'originale come ora» afferma
Giuseppe.
«Quando Arturo mi ha visto, fra un rantolo e l'altro mi
dice: “Ah sei…sei venuto prendermi...Primo…, sei venuto
prendermi...”, sono rimasto impietrito» riprese Alfredo
«Cosa...!!! ti ha aveva scambiato per nonno Primo...»

229
«Non so..., non credo..., forse vaneggiava... comunque mi
sono solo avvicinato un po', gli detto tutto quello che da anni
volevo dirgli... ho preso e mene sono andato...»
«Ma tu sei pazzo...e l'hai lasciato lì? a morire...»
«Non so stava morendo... non stava morendo...,
comunque mi sentivo come sollevato... mi ero tolto un peso...,
poi dopo circa mezz'ora o poco più, forse per pentimento o
preoccupazione, son tornato indietro...; tutto era come prima
cancello aperto porta socchiusa ho nuovamente chiamato...
sono entrato nello studio e Arturo era lì con la testa appoggiata
sulla scrivania... gli sono andato vicino l'ho scosso un po' ma
era troppo tardi; mi son messo le mani sulla testa, non sapevo
cosa fare e mi son ritrovato in auto...; ricordo bene una cosa
però, uscendo dallo studio mi son voltato per riguardarlo e ho
che il tappeto sotto la scrivania era tutto arrotolato e a Arturo
mancava una scarpa... ah sì un'altra cosa la porta finestra, mi
sembra, vicino alla scrivania non era più aperta come la prima
volta... ma chiusa e lo ricordo molto bene perché la tenda, che
quando sono entrato la prima sventolava forte...era ferma..»
«Non ci posso credere... che tu sia riuscito a mantenere
sangue freddo... e non hai raccontato nulla nessuno di tutto
ciò? »
«A nessuno...solo a te...ora... e non so come ho fatto»
«Ma scusa e la famosa cartolina che arrivata al bar...»
«Si ce l'ho qui me la son fatta dare…, volevo che la
vedessi» e la estrasse dalla tasca.
Giuseppe la prese la guardo bene...e disse
«La tengo io, per il momento, poi te la rendo...»

230
«Ma Giuseppe... aggiunse Alfredo... ti prego non dire
nulla nessuno...»
«Non preoccuparti, io no... ma penso che prima o poi
dovrai raccontarlo a qualcuno..., meglio che torniamo al
tavolo... e asciugati quel sudore sulla fronte.» Giuseppe prese
un tovagliolo e lo porse ad Alfredo.
Tornarono al tavolo... ovviamente gli altri seduti gli
avevano osservati...
«Ehh, due fratelli che si rivedono dopo molto tempo
chissà quante cose hanno da raccontarsi...disse Lorella...»
«Sì certo...ribatté Claudine quante e quali...»
Si sedettero... Claudine guardò Giuseppe come per
chiedere... lui capi... e rispose con uno sguardo...
Seduto alla scrivania, sempre a suo modo, Segugio stava
riordinando le ultime cose, oltre ad aspettare un documento
dal giudice...
Vediamo... parlando fra se e se... e buttò giù un primo
elenco di quel che serviva... sentiva che c'era vicino:
Alzò la cornetta, nr 11
«Si commissario» disse subito l'agente Murphy...
«Allora ci sei...? »
«Si si...arrivo...10 minuti e sono da lei»
Murphy entra nell'ufficio di Segugio...
«Ecco commissario, senza portare qui i PC ho fatto una
stampa delle cronologia sono andato indietro di 7 mesi...non
molto...»
«Bene vediamo...»
Gordine cominciò con il dito a scorrere le date arrivando
esattamente alla data in cui MR. Arthur fu ucciso... ed infatti

231
risulta...una ricerca fatta esattamente alle 14.05 relativamente
agli orari ferroviari Little Rock Memphis..., riprese l'elenco
che aveva stilato e al punto orario treni scrisse “ok”
«Ma questa cronologia da che pc viene?» chiese Gordine.
«Da quello di Mr. Arthur, quello che aveva sulla sua
scrivania...» rispose Murphy...
«Bene...però pensare di poter rilevare delle impronte sulla
tastiera...cosa mi dici...?»
«Già fatto...ma qualcuno aveva passato uno straccio per
pulirla..., non si rileva nulla.»
In quell'istante entrò Dottore, come sempre senza
bussare...
«Segugio, ciao...»
«Si avanti Dottore entra pure...»
«Da non credere…a riguardo i tre corpi riesumati..., dalle
analisi risoluta che Martin e Giuliette avevano contratto
l'HVI-AIDS, la ragazzina Geraldine no...»
«Questa è una buona notizia...ovviamente si dice per
dire...»
Poi riprese a parlare l'agente Murphy.
«Commissario ho stampato l'elenco della cronologia
ricerche anche dal pc di Paolo»
«Si non serviva però fammi vedere...»
Prese la pagina stampata e prima di cominciare a scorrere
con il dito le date..., guardò il suo elenco...
«Qualcuno si ricorda quando ha fatto l'incidente la Miss.
Giuliette la moglie di Arthur...? »
«Si circa 3 mesi fa...» rispose l'agente Murphy.

232
«No sono 3 mesi e 8 giorni replicò Dottore lo ricordo
bene perché era il mio compleanno...»
Tre mesi pensò Gordine...vuol dire che il PC che aveva
ora Paolo in quel periodo lo usava Mr. Arthur.
Aggiunse all'elenco alla voce “auto Giuliette” .... data
incidente
Gordine non sapeva bene cosa stava cercando...arrivò a
due giorni successivi la data dell'incidente; nella cronologia
risultava una ricerca relativa all'incidente stesso.., la cosa era
da considerarsi normale; scorse ancora un po' la cronologia si
passava a 20 giorni i successivi e riferita e prezzo mais, scorse
nuovamente ma all'indietro, non sapeva perché, forse per
curiosità... e a due giorni precedenti l'incidente...risultava una
ricerca riferita a “ manutenzione e cause cattivo
funzionamento impianto frenante auto...” (il medesimo
modello di quello di Giuliette la moglie di Arthur)...
«Murphy, mi hai detto che questa è la stampa della
cronologia del pc di Paolo, giusto...?»
«Si commissario esatto...»
«Ma allora...si...dov'è dov'è.» disse quasi agitato Gordine.
«Cosa cerchi…» chiese il Dottore...
«Cerco un libro mastro, quello di Paolo...copertina verde
scuro»
«Forse è questo sulla sedia...?» disse Murphy
porgendoglielo
«Si sì bene bene...bravo bravo...»
Lo apri alla sezione riferita ai tagliandi auto, scorse per
data…, l'auto usata da Giuliette aveva fatto, anche se non

233
serviva, un tagliando completo, compreso lo stato dei vari
impianti di sicurezza, 4 giorni prima dell'incidente.
Segugio prese l'elenco che aveva stilato e alla voce auto
Giuliette e aggiunse ulteriori note.
«Bene ora per favore lasciatemi solo a dondolare i piedi,
disse sorridendo Segugio e aggiunse; appena arriva anzi,
Murphy vedi di sollecitare quella richiesta che ho fatto al
giudice..., no no lo faccio io, chiamo io il giudice... signori a
dopo...prego sgomberare...»
Tutti e due uscirono...erano poco più delle 10.30 AM.
Ore 03.45 PM, due taxi si fermano davanti al palazzo
dove al piano 23, ci sono gli uffici dello studio legale
associato Forshite & C.
Claudine non c'era...
«23 piani disse papà Achille..., chissà quanto ci
metteremo…»
«Non più di un minuto, rispose Giuseppe, salvo tappe
piani intermedi, sempre il tuo problema di claustrofobia? »
«No no l'ha superato rispose Lorella..., solo che ogni
tanto... ma sa cosa fare, vero Achille? »
«Certo...ti guardo...e mi passa...AhAhAhAhAh...»
«La tua risatina, papà, non l'hai persa, son contento...»
disse Giuseppe.
«Sia mai, rispose papà Achille, anzi AhAhAhAhAhAh.»
“Din-Don...e poi..., Piano 23... dice la voce del piccolo
diffusore sonoro dell'ascensore.”
«Visto...!!, dice Giuseppe...; detto e fatto...»
Proprio di rimpetto l'ascensore, un’ampia porta a vetri,
opachi, con una scritta tinta oro, con scritto

234
Forshite & C avvocati associati.
Giuseppe aprì la porta, fece accomodare prima Lorella a
seguire papà Achille poi Alfredo e a chiusura della coda Lui.
«Buongiorno signorina sono Mr. Joseph Arghensthone e
questi sigg....»
«Ben arrivato Mr. Joseph, sono Clorinne aveva parlato
con me al telefono, giorni fa...»
«Ah sì ricordo e non mi son sbagliato, lei è molto
giovane...» replicò Giuseppe.
«Venite vi accompagno in sala d'aspetto, l'avvocato
arriverà a minuti..., ci sono già le altre persone...» dice la
segretaria.
Giuseppe e Alfredo si guardarono, anche se la cosa era
prevedibile.
La sala d'aspetto, così impropriamente detta, comprendeva
quattro salotti, posti ognuno per lato della grande stanza,
completi di divano a tre posti e due poltrone; 20 persone
potevano star sedute comodamente e con una certa
riservatezza.
Clorinne li fece accomodare nel primo salottino a destra;
nel salottino di fronte c'era Consuelo, Paolo e un’altra
persona, maschio 50 anni circa, ben vestito con una borsa, la
classica di un professionista...
Consuelo, come vide entrare Joseph si alzò di scatto e gli
corse incontro, cercando di abbracciarlo, cosa che non gli
veniva facile…, Joseph però come aveva fatto altre volte, per
agevolarle la cosa si abbassò....
«Joseph, Joseph mio caro come stai...» disse Consuelo...

235
«Fatti guardare..., disse Joseph aprendogli le braccia e
dopo averla abbracciata continuò; sei un po' dimagrita o
sbaglio? Ti vedo bene...»
«Oh Joseph sei sempre il solito…ma si, sono dimagrita da
tre mesi da quando Giuliette con la piccola Geraldine se ne
sono andate, poi Martin e ora...,» e si mise a piangere...
«Su su Consuelo...non fare così, disse Paolo alzandosi per
presentarsi o meglio conoscere di persona Joseph...
Nel breve spazio di tempo che Paolo parlò, Joseph alzò lo
sguardo, voleva vedere il figlio del suo amico Martin...; Paolo
era alto, forse 10 centimetri meno di Giuseppe ma ugualmente
una bella altezza, un bel fisico e un modo di fare che gli
ricordava qualcuno... ma probabilmente si sbagliava... ci sono
tante somiglianze fra le persone...
«Piacere sono Paolo, finalmente ci conosciamo...
«Si era ora... risponde Giuseppe... dovevamo incontrarci
poco tempo fa... però...»
«Eh si...si..., contrattempi non felici...purtroppo...» rispose
Paolo senza fare riferimento a nulla.
«Scusa la curiosità, ma quel signore lì... sarebbe?»
indicando con un cenno della testa...
«Si un mio amico...un consulente gli ho chiesto di venire
perché di queste cose non me ne intendo...»
«Beh...c'è poco da intendersi...è tutto scritto.» risponde
Giuseppe...
Nel mentre che Giuseppe stava per fare un'altra domanda
a Paolo entro Clorinne la segretaria dicendo:
«Signori l'avvocato Forshite vi attende, prego
seguitemi...»

236
Tutti si alzarono e, come in fila indiana, seguirono
Clorinne che giunta alla porta dello studio, bussò, apri le due
ante in modo che tutti potessero entrare agevolmente.
Dietro ad una scrivania in stile presidenziale, stava lì, in
maniche di camicia, con tutta la sua opulenza... grandi baffi
che gli coprivano le labbra... l'avvocato Forshite; di meglio
non poteva scegliere Arturo, penso Giuseppe.
«Signori buongiorno, disse l'avvocato alzandosi, scusate
se mi presento in camicia ma purtroppo la climatizzazione del
mio ufficio non funziona, anzi se volete togliervi la giacca non
fatevi problemi
Paolo e Alfredo si tolsero la giacca blu, l'avevano uguale,
le prese in consegna Clorinne che le appese all'attaccapanni a
destra della porta, la stessa cosa fece Consuelo... che poi si
rialzò prendere un secondo fazzolettino che aveva nel taschino
della giacca.»
Bene così per me... disse Giuseppe...ugualmente anche
papà Achille.
Forshite si presentò, stringendo la mano a tutti e dopo
aver salutato Paolo si trovò davanti l'amico di quest’ultimo.
Forshite lo guardò e disse.
«Ci conosciamo o sbaglio...»
«Si...causa Liberty Insurance contro Gramshi Company,
rappresentavo la Gramshi sono Lempton avvocato George
Lempton...»
«A si ricordo...e qui...come mai? »
«Assisto il mio amico Paolo Pedrolivar»
«Per me nessuno problema e per lor signori...», dice
l'avvocato Murphy rivolgendosi agli altri convenuti

237
Nessuna risposta... a parte un commento di Achille... dopo
che Giuseppe aveva tradotto “A che cavolo serve
l'avvocato!” ... a commento finito, Giuseppe gli poggia la
mano sulla gamba come a chetarlo...
«Bene ne deduco che non vi sono obbiezioni..., direi
possiamo iniziare...».
Forshite prese una busta grande, dalla quale estrasse altre
due buste una aperta ed un'altra sigillata con la ceralacca.
«Bene signori delle due buste che ho estratto, una era
aperta, ho dovuto farlo perché conteneva i nomi indicati da
Mr. Arthur Arghensthone che poi vengono ripetuti nelle sue
volontà che sono contenute in quest'altra busta; prima di
rompere la sigillatura chiedo che si verifichi che essa è
integra...»
Si alzò Giuseppe verificò il sigillo e con l'occasione che si
era alzato si tolse e la giacca grigia e la appese nel medesimo
attaccapanni; per Paolo si alzò l'amico avvocato, per Achille e
Alfredo andava bene la verifica fatta da Giuseppe.
«Bene allora apro la busta...» disse Forshite ed estrasse un
foglio protocollo, scritto a mano ed iniziò a leggere...
“Oggi ......, la data era di quattro mesi fa, io
sottoscritto...Mr. Arthur Arghensthone…nel pieno........e via
dicendo sino ad arrivare alla frase fatidica riferita ai lasciti....
Proprio in quel momento squillò il telefono...
«Le avevo detto che non volevo essere disturbato» disse
Forshite alla segretaria.
«Si lo so avvocato, ma ho qui il commissario Philippe
Gordine che chiede di poter entrare...»
«Le dica dopo…e riagganciò...» e riprese la lettura...

238
“Alla mia amata e premurosa Consuelo, lascio una somma
di $ 200.000,00 e dal momento che non potrà più lavorare gli
eredi legittimi dovranno versargli un vitalizio di $ 1.500 al
mese.”
“Ad Achille Argenton nato in Italia il.......lascio la somma
corrispondete al valore della vendita della parte di terreno che
ho effettuato e incassato nel .......”
«Qualcuno si rivolterà nella tomba..., disse Achille; uomo
indegno del cognome Argenton.».
Prima Alfredo poi Giuseppe chetarono papà.
«Posso continuare? chiede Forshite...»
“A Paolo Pedrolivar figlio di Martin Pedrolivar, lascio il
del parco macchine e precisamente... di seguito l'elenco delle
auto...
A questo punto l'avvocato amico di Paolo intervenne...
«Scusami Forshite vorrei...»
«No scusami tu...lo interruppe Forshite...lasciami finire il
mio compito e poi interverrai...se del caso.»
Paolo guardò il suo amico avvocato.
«Ancora poche righe, poi quelle di commiato di Mr.
Arthur Arghensthone.
“Tutto il restante patrimonio dovrà andare al diretto erede
Arghensthone e nominato dal lettore del testamento che, se
ancora in vita, dovrebbe essere l'avvocato Forshite”; a questa
frase l'avvocato fa un gesto scaramantico...
Tutto d'un tratto si apre la porta dello studio... e di
prepotenza entra prima l'agente Murphy seguito a pochi metri
con il suo scanzonato sorriso, il commissario Philippe
Gordine... di corsa arriva la segretaria dicendo:

239
«Avvocato non sono riuscita a fermarli...»
«Puoi andare cara puoi andare» disse
Gordine...sostituendosi, per quel momento, a Forshite nel
mentre si avvicinava a lui e consegnandogli una busta portante
il timbro del Tribunale di Little Rock...
Forshite aprì la busta, la carta intestata portava il nome del
giudice Montgomery ed indirizzata allo studio legale Murphy
& C portava scritto...
"Per via delle indagini e delle successive motivazioni
presentate dal commissario Philippe Gordine, per quanto
riguarda l'omicidio di Mr. Arthur Arghensthone si invita lo
studio legale Forshite a far assistere il commissario Gordine
alla lettura del testamento del defunto Mr. Arthur
Arghensthone senza porre ostacolo alcuno e se richiesto di
collaborare.”
Distinti Saluti. Giudice G.R. Montgomery.
Nel frattempo che l'avvocato leggeva, ovviamente non a
voce alta, Segugio si girò per tornare indietro e proprio sulla
parete destra dove c'era l'attaccapanni, casualmente
abbassando lo sguardo, vide per terra un triangolo di carta, si
chinò e dopo averlo raccolto lo girò..., c’era scritto…, L-M
15.31 17.45 18.45…, lesse e lo mise in tasca, alzandosi contò
le giacche appese all'attaccapanni...erano 4.
Da vicino l'attaccapanni, Gordine guardò l'avvocato
Forshite e con un sorriso di soddisfazione gli disse:
«Caro avvocato Forshite ricordi cosa ti avevo detto questa
mattina prima di salutarti in stazione...?»
L'avvocato lo guardò girando le mani, palmo in alto... In
segno di chi non ricorda o non capisce...

240
«Ti avevo detto... “perché aspettare domattina per
rivederci” ...ed infatti... ora puoi continuare il tuo compito e
mi auguro come indicato nella lettera...sai bene che posso farti
sostituire...anche dall'agente Murphy qui a fianco a me...»
«Conosco i miei doveri commissario...» rispose Forshite
che si scusò con i convenuti , senza dare alcuna spiegazione in
merito e riprese il suo lavoro...

241
Ora Parlo io

L'avvocato. Forshite stava riprendendo con la lettura delle


poche righe di commiato che Mr. Arthur aveva scritto, ma
venne nuovamente interrotto da un pianto.
«Era tanto buono.... è stato sempre buono con me Mr.
Arthur, era Consuelo che non era riuscita a trattenersi..., non
merito quello che mi ha lasciato... mi può ripetere per favore
avvocato...?»
«Certo signora..., rispose Forshite, e rilesse la parte
dedicata a Consuelo.
«Sono quasi vent'anni di lavoro...non ci posso credere.» e
continuò a piangere, Lorella si alzò e le andò vicino.
«Troppo buono...borbottò Achille...con la restituzione di
quanto si è preso nemmeno un quarto di quanto ha venduto
riuscirei a ricomperare...»
«Bene..., riprese l'avvocato; Mr. Achille Argenton queste
sono sue considerazioni che in questa sede non hanno nessuna
pertinenza e nemmeno in altre..., mi auguro che nessun altro
abbia da ridire qualcosa»
«Si io avvocato, intervenne Giuseppe ed appunto agli
eredi Arghensthone... non ha detto chi o a chi andrebbe
restante patrimonio».
«Ci stavo appunto arrivando..., rispose l'avvocato; allora
dal momento che la sig.ra Giuliette Florand in Arghensthone,
che era la moglie e la figlia Geraldine sono purtroppo
decedute in quel tragico incidente, stando alle leggi

242
dell'Arkansas viene riconosciuto erede legittimo, Mr. Joseph
Arghensthone»
Ci fu un attimo di silenzio tombale...
«Ecco perché hai cambiato cognome e naturalizzato
cittadino dell'Arkansas, disse Alfredo alzandosi dalla sedia,
additando quasi con fare minaccioso il fratello.»
«Ma cosa vai a dire, rispose Giuseppe; tu farnetichi...e
non è la prima volta».
Gli altri assistettero in silenzio a questa breve scenata di
Alfredo... poi l'avvocato cercò di riprendere le redini.
«Signor Alfredo ripeto anche a lei quello che ho detto
poc'anzi a suo padre Achille ed aggiungo che qui non siamo
ad una sagra di paese come quelle che si fanno dalle vostre
parti...»
A quel sentire Giuseppe scattò in piedi come una molla, si
avvicinò alla scrivania dell'avvocato, chinandosi un po' e
stendendo, non del tutto, il suo lungo braccio e con l'indice
puntato verso il volto di Forshite gli disse.
«Ma come si permette avvocato dei miei stivali a fare
certe affermazioni... mi avevano parlato della sua arroganza
ora capisco perché MR. Arthur l'ha scelta... anche se penso
che certe cose o toni con lui non li adoperava...son certo che
questo studio e quant'altro lo ha fatto con il lavoro che le ha
dato una persona che veniva dal quel paesino...»
«Ma era una boutade...Mr. Joseph...» rispose Forshite,
quasi meravigliato della reazione Giuseppe...
«Queste boutade le tenga per lei o per qualcuno par suo» e
tornò a sedersi.
Segugio assisteva, quasi divertito a questi diverbi...

243
«Seduto al suo posto, l'avvocato Lempton, amico di
Paolo, aprì la sua borsa ed estrasse una cartella e rivolgendosi
a Forshite e gli altri disse:
«Se permettete signori ora vorrei dire io una cosa...»
«Prego» disse Forshite ormai abituato alle interruzioni.
«Grazie, allora il sig. Paolo Pedrolivar intende opporsi al
testamento e da quanto letto dall'avvocato Forshite in merito
agli eredi Arghensthone, perché se qui c'è un vero erede è
solamente Paolo Pedrolivar e queste sono le prove che non
lasciano alcun dubbio...» sfilò un foglio dalla cartellina e lo
porse a Forshite.
L'avvocato prese il foglio e dopo un’occhiata chiese
«Sarebbero…!!!? Mi sembrano delle analisi del sangue...»
«No caro avvocato, queste sono le analisi del DNA di
Paolo Pedrolivar e, porgendo altri due fogli continuò, sono
riferite a Mr. Arthur Arghensthone e il tutto confortato dal
parere di un esperto».
Segugio aveva attentamente ascoltato il tutto e non gli
pareva vero...aveva una cosa che gli mancava...diede un
piccolo colpo di tosse si avvicinò alla scrivania dell'avvocato
Forshite, senza chiedere gli sfilò i tre fogli da mano e disse:
«Cari signori e caro avvocato Forshite, se gentilmente mi
presta la sua scrivania...penso che sia il caso di dire ORA
PARLO IO...»
Forshite senza battere ciglio si alzò dicendo
«Prego le serve altro?» disse Forshite.
«No caro avvocato, grazie per il momento no... ma non si
sa mai» accomodandosi sulla poltrona di Forshite che gli stava
un po' “grande” ....

244
Segugio tolse dalla sua borsa una cartellina blu, la poggiò
sulla scrivania e per prima cosa prese una serie foglietti, su
ogni foglietto c'era stampato: L-M 15.31 17.45 18.45, poi
sotto tre linee e sull'ultima la dicitura...firma e data.
«Murphy per cortesia vieni qui...» disse Gordine.
Murphy si avvicinò e Segugio gli porse i foglietti e una
penna, dello stesso color d'inchiostro, per ogni foglietto.
«Gentilmente dai un foglietto ad ognuno delle persone qui
presenti, ovviamente non agli avvocati e pregherei le persone
che hanno il foglietto di scrivere per due volte quanto trovate
stampato sopra, poi il vostro nome e cognome; sarà premura
dell'agente Murphy raccogliergli. Grazie.»
«Mi vuol spiegare cos'è tutta questa farsa, chiese
l'avvocato Lempton...»
«Prima ho detto, ora parlo io, rispose Gordine
all’avvocato; pertanto tutto a suo tempo...»
«Ho motivo di credere che Mr. Arthur Arghensthone sia
stato assassinato, che Giuliette Arghensthone e la figlia siano
rimaste vittime, non di un tragico incidente, ma di un voluto
incidente, per quanto riguarda la morte di Martin Pedrolivar
ho qualche dubbio ma potrebbe essere che mi venga tolto
oggi...
Nella stanza scese il gelo... più totale...poi interrotto da
Joseph.
«E cosa le fa credere queste cose, caro commissario
Gordine, cosa sarebbe questo giochino dello scrivere...»
«Tranquillo Mr. Joseph tranquillo vedrà che quando arrivo
da lei ne rimarrà soddisfatto...»
Alfredo guardò Joseph e gli chiese sottovoce

245
«Ma cos'hai combinato...»
Joseph lo guardò e non rispose...
Gordine estrasse dalla tasca il solito registratore, lo pose
sul tavolo, era già acceso e nel frattempo Murphy aveva
raccolto i foglietti dove gli interessati avevano fatto quanto
chiesto da Gordine.
«Bene, allora vi ho detto il motivo perché son qui, disse
Gordine e guardando Alfredo continuò; Mr. Alfredo Argenton
cercherò di parlare lentamente comunque l'agente Murphy che
parla bene l'Italiano le tradurrà…, va bene...?
Nel frattempo Murphy aveva già tradotto
«S-si mi dica rispose, Alfredo quasi intimorito...»
«Vedo che non è più biondo, sta molto meglio con la sua
tinta naturale se è quella... e il suo amico avvocato Carretti
non è venuto? inizio così Gordine pensando di allentare un po'
la tensione; se non sbaglio anzi me l'ha detto lei che ha fatto
un viaggio in America e per pura coincidenza, uso questo
termine anche se..., è andato a trovare Mr. Arthur, ecco se mi
dà dettagli di questa sua visita e le sarei grato di non girarci
tanto attorno...Grazie»
Ascoltata la traduzione di Murphy, corretta in alcuni
passaggi da Giuseppe, Alfredo iniziò a raccontare della sua
visita, dicendo quanto stamane aveva detto a Giuseppe...,
forse con qualche dettaglio in più.
Segugio ascoltata la traduzione di Murphy, si rivolse a
Giuseppe chiedendo se aveva correzioni da fare; Giuseppe
fece un semplice cenno della testa in forma di assenso...
«Ma si rende conto Mr. Alfredo che se quanto mi ha detto
corrisponde al vero, probabilmente non saremmo qui e

246
varrebbe a dire che Mr. Arthur sarebbe, forse, ancora vivo...!!?
se le cose stanno effettivamente così, lei ha involontariamente
interrotto l'assassino nel suo fare, ultimandolo che lei se n'è
andato.»
«Si mi rendo conto solo ora... ma forse quello era il
destino di Arturo, Mr. Arthur per lei...».
«Ma dica quando si è accorto che Mr. Arthur era morto
cosa ha fatto o cosa ha detto».
«Mi sono messo le mani fra i capelli dicendo ... “Oh
mamma mia... cosa è successo...”, poi gli ho ritoccato il collo
per sentire se mi ero sbagliato ma non era così.»
«Capisco...capisco..., disse Gordine, ecco il perché di
questo...; prese la busta con all'interno i capelli “finto biondo”
e poggiandola sul scrivania ed aggiunse; pertanto lei Mr.
Alfredo Argenton, per me lei è un indiziato, ma con questo
non vuol dire che è l’assassino»
Murphy traduceva quasi simultaneamente...e quando finì.
«Ma… ma questa è un'infamia lei è un impertinente
(anche se quest'ultimo termine non ci stava bene) ..., si alzò
gridando Achille; come si permette a dire questo a mio
figlio...»
«Calmati papà calmati... disse Giuseppe... invitandolo a
sedersi, ora vedrai che il commissario ne avrà anche per
me...» traducendo immediatamente il tutto..., quasi in segno di
sfida nei confronti di Gordine...
«Esattamente Mr. Joseph... ho sospettato di lei fin dal
primo momento e sinceramente pensavo di incastrarla e lei sa
con cosa..., Murphy traduci per favore...»

247
«Non serve, ho capito bene quel che ha detto
commissario...» replicò Joseph
«Non è per lei la traduzione Mr. Joseph ma per suo padre
e gli altri, mi sembra giusto non crede...?»
«E mi dica commissario come pensava di incastrarmi o
pensa di avermi incastrato» riprese Joseph.
Nel frattempo Murphy faceva quasi da eco con la
traduzione.
«Con il timbro, il timbro d'uscita mancante dal suo
passaporto e quello d'entrata che guarda caso è di due giorni
precedente l'assassinio di Mr. Joseph, il venerdì notte per la
precisione, ad Atlanta...»
«Ma se le ho fatto vedere il passaporto quando è venuto a
farmi visita...» ribatté Joseph...
Sentita la traduzione di quest'ultimo passaggio Alfredo
guardò suo fratello e con sguardo quasi d'odio gli chiese
perché non gli avesse detto di quest'ultimo viaggio oltre al
fatto di essere stato vago sulla visita ricevuta da Gordine...
Gordine, che ascoltava, con le parole di Murphy che
traduceva, ebbe conferma che Alfredo era stato preavvertito
della sua visita e che la presenza di Carretti l'avvocato non era
una coincidenza...
«Ora basta…, disse Gordine alzando il tono della voce per
poi abbassarla e riprendendo poi con la sua flemma...; vede
caro Joseph se l'agente che era con me quando sono venuto a
farle visita non si fosse fermato a scambiare due parole con il
postino... e poi... dirmi il motivo di come mai lo conoscesse,
probabilmente ci seri cascato..., lavoro veramente perfetto...

248
allora un dubbio e in più un sospetto ce l'ho nei suoi
confronti.»
Gordine non disse però che proprio stamane aveva
ricevuto via fax copia del registro dell'ufficio doganale della
marina… dove risultava che Joseph aveva fatto dogana li... e
si era chiesto come Jeremy avesse potuto fare proprio tutto...
se effettivamente era stato lui...
«Ora Mr. Joseph, se gentilmente mi vuol dire cosa ha fatto
e dove è andato prima di arrivare a Daytona Beach, con l'auto
a noleggio... le sarei grato...», concludendo con la medesima
frase usata con Alfredo.
«Certamente rispose Joseph ora si... e spiegò nel dettaglio
dove era andato e chi doveva incontrare, appunto Paolo che
poi all'ultimo momento lo avvertì che un contrattempo gli
impediva di arrivare in orario..., pertanto il tempo di un caffè e
ho preso la strada per Daytona Beach...saranno state le 12.00
PM.»
A quel punto Paolo si alzò di scatto e rivolgendosi,
gesticolando verso Giuseppe disse
«Ma cosa sta dicendo... Mr. Joseph è stato lei a chiamarmi
dicendo che non poteva arrivare ed io ero quasi a Memphis
quando mi ha chiamato...»
«Paolo...stai calmo, disse Gordine, poi quando verrà il tuo
momento parlerai tu, ora se ti siedi...».
Dopo quello scatto di Paolo, Giuseppe ed Alfredo si
guardarono...quasi stupefatti...e pure Achille lo era...
«Si d'accordo Joseph, facciamo che le creda...ripetendo,
facciamo che le creda; è arrivato a Memphis a metà mattina,
Paolo l'ha chiamata e poi lei è ripartito, dopo un po', per

249
Daytona dove ha consegnato l'auto esattamente il mattino del
giorno dopo...»
«Si e con questo...cosa vorrebbe insinuare...»
Gordine non dava tregua e nemmeno Joseph.
«Nulla, solo una considerazione, Memphis-Little Rock
sono poco più meno tre ore di treno e molte meno in auto;
Memphis Daytona Beach sono dodici ore di auto...che lei ha
riconsegnato, esattamente alle 09.00 AM del giorno
successivo, allora mi chiedo e le chiedo. Questo “buco “di più
12 ore, più di quanto serve per andare da Memphis a Daytona
Beach dove le ha passate...? »
Ascoltata quest'ultima considerazione di Gordine,
l'avvocato Lempton guardò Paolo e con le mani gli fece il
classico gesto di chi vuol far capire che tutto fila nel discorso.
«Certo che può chiedermelo» rispose Giuseppe...sempre
in tono di sfida e poi zittendosi.
«Bene, glielo chiedo» rispose Segugio quasi indispettito.
Papà Achille e Alfredo si alternavano nel guardare
Murphy che traduceva, poi Segugio e poi Giuseppe..., la loro
espressione non era certo rilassata...
«Sono partito dopo circa un'ora da Memphis, saranno
state le 12.00 PM, ma questo l'avevo detto poc'anzi, forse le è
sfuggito. !!?, non sono andato a Little Rock, ho preso la strada
per Daytona Beach, ovviamente qualche sosta l'ho fatta.... sa
le auto qui negli State consumano..., la sosta più lunga l'ho
fatta dopo circa 400 miglia forse a poco di metà strada, per
mangiare qualcosa, poi son rimasto in auto fermo al
parcheggio del ristorante, mi sono addormentato per circa
un'ora o forse un più e poi, con calma, molta calma, ho ripreso

250
la mia strada...verso Daytona Beach, se mi chiede se ho la
ricevuta del ristorante e se qualcuno era con me le rispondo
subito no... non preso il nome del ristorante... anche se avrei
dovuto farlo, soprattutto per ricordarmi che si mangia
veramente male...; poi.., se lei riesce a fare più di 820 miglia,
questa è la distanza Memphis-Daytona Beach in 12 ore,
complimenti...a me ne son servite 17 o 18...se vuol fare i
conti..!!!?, saranno state le 08.00 AM quando sono arrivato a
Daytona e se permette mi son fermato per fare colazione e
quella era veramente ma veramente buona...»
«Ovviamente per me lei Mr. Joseph è un indiziato...»
questo si limitò a dire Gordine.
«Ovviamente aspettavo rispose Joseph; ...ovviamente...»
In quello stesso istante bussò alla porta la segretaria di
Forshite, era entrata per informare il commissario Gordine che
era arrivato il Prof Clinderman; Gordine fece segno di farlo
passare.
Classico professore universitario e po' estroso, papillon su
camicia a quadri giacca in tweed pantalone chiaro...
«Vieni professore vieni, disse Gordine, ecco siedi qui a
fianco a me» facendo cenno all'agente Murphy di avvicinargli
una sedia.
Il prof Clinderman, esperto grafologo, si sedette a fianco
Gordine che gli porse i foglietti e bisbigliandoli “Intanto
guarda poi quando sarà ora ti farò intervenire”
«Bene bene...» disse Gordine rivolgendosi a Paolo che si
mise dritto sulla sedia.
«Ma le ho già detto tutto commissario...» disse Paolo

251
«Si lo so Paolo, anche Mrs. Joseph e Alfredo mi avevano
già detto tutto, forse... e pensa che per sentirli ho attraversato
l'oceano, in aereo... io... guardando Joseph,»
«Si va bene» rispose Paolo.
«Cosa dici io ti faccio delle domande e tu mi rispondi o
mi dici tutto te? »
«Non saprei...da dove vuole che cominci?»
«Va bene comincio io…allora intanto vi posso dire che
Mr. Arthur è stato assassinato dalle 02.30-03.00 PM di
sabato…, poi vi dirò il perché di questa precisione..., ora
dimmi Paolo a che ora sei partito per andare ad incontrare Mr.
Joseph...?»
«Paolo gli rispose raccontando quanto già gli aveva detto
due giorni fa quando Gordine era andato a trovarlo...»
«Si Paolo..., disse Gordine dopo averlo lasciato parlare ma
non mi hai detto a che ora sei partito per Memphis...»
«Verso le 08.00 del mattino mi sembra»
«Bene ma a questo punto non so a chi credere... Mr.
Joseph dice che sei stato tu a dire che avevi un contrattempo
mentre tu il contrario...»
«NO NO commissario io sto dicendo la verità...» e questo
lo disse muovendo le braccia...in un modo che portò
nuovamente all'attenzione di tutti in particolar modo di
Achille, Alfredo e Joseph...
«Stai calmo stai calmo... ma ora dimmi...vediamo se mi
puoi aiutare e aiutarti, secondo te chi poteva interessare
l'orario dei treni Little Rock – Memphis... dal momento che
dal pc di Mr. Arthur risulta aperta la pagina degli orari dei

252
treni Little Rock – Memphis...? e poi dimmi Paolo sei venuto
qui con l'auto che usava tuo padre?
«Si signor commissario l'ho parcheggiata nel parcheggio
interno ho chiesto alla segretaria»
«Si l'ho vista...replicò Gordine, ma non mi hai risposto
completamente...ma non importa…, ora però vorrei chiedere
una cosa al prof. Clinderman, professore puoi dirmi se fra i
biglietti che hai, la scrittura di qualcuno corrisponde a
questa?» lo disse estraendo dalla cartellina una busta
contenente il pezzo di carta con il ricalco...
Il prof. Clinderman prese il foglio con il ricalco, poi fece
un raffronto con i fogli compilati in precedenza e disse.
«Posso affermare che il ricalco della scrittura corrisponde
ad una di quelle dei 5 fogli che ho qui».
«Grazie professore, basta così per il momento.»
«Un’ultima cosa Paolo, ma tu sei effettivamente scuro di
capelli?»
«No rispose quasi d'istinto Consuelo, lui ha dei bei capelli
biondi ma Mr. Arthur, dopo che Paolo si era definitivamente
trasferito a casa gli ha chiesto...che gli sarebbe piaciuto, anzi
che preferiva vederlo con i capelli scuri...»
«Grazie sig.ra Consuelo grazie della sua precisazione».
«Ma non capisco commissario cosa centra Paolo, il mio
Paolo con questa faccenda...» aggiunge Consuelo
«Non mi sembra di aver mai detto questa cosa...» disse
Gordine.
«Però lo pensa...intervenne l'avvocato Lempton...»
«Avvocato quel che penso io non le è dato sapere...rispose
Gordine, guardando l'orologio e continuando, però quasi le

253
07.00 di sera, scusate ma queste sono cose che preferisco fare
con calma... sapete la fretta fa fare alla gatta i gattini ciechi...
ed io voglio che ci vedano bene...e finita quella frase estrasse
una bustina con all'interno il capello "finto nero"... Allora
vorrei partire da un po' lontano...circa 15 anni fa...»
«Quindici anni fa…!!! esclamò Joseph... e continuò,
bene!!! avvocato Forshite penso sia il caso di ordinare la
cena?»
« Se non mi interrompe, forse e ripeto forse lei potrà
mangiare in ristorante... ribatté Gordine... ora se permette
continuo e vengo al nocciolo di questa primo evento,
chiamiamolo così...; allora Mr. Arthur Arghensthone era un
portatore sano del virus HIV-AIDS, non mi dilungo su quanto
avvenne circa 14 anni fa, anche perché sarebbe leggermente
fuori dalla mia giurisdizione... e non ho elementi per
collegarlo a quanto accaduto in quel periodo, però ci sono
elementi che hanno a che vedere con l'incidente in cui
morirono la signora Giuliette Arghensthone e sua figlia...
perché fu un'incidente provocato...»
«Come sarebbe a dire...» chiese Paolo
« Sarebbe a dire che qualcuno ha manomesso i freni
dell'auto esattamente il giorno precedente l'incidente...; infatti
due giorni prima dell'incidente, l'auto era in officina per il
tagliando; a proposito Paolo complimenti per la diligenza con
cui tieni i libri contabili; come dicevo l'auto due giorni prima
era stata in officina per il tagliando e dalla fattura relativa ai
lavori effettuati risulta la voce: “sostituzione olio impianto
frenante, collaudo ok”; il giorno successivo qualcuno ha
manomesso l'impianto frenante e siccome non sapeva come

254
fare ha fatto una ricerca su internet, al mattino presto il giorno
successivo il tagliando, la recita: “impianto frenante auto....,
mod....., causa malfunzionamento...”, la risposta fu ed è che
tre sono le possibili cause o anomalie e, dai controlli effettuati
sull'auto dopo l'incidente, guarda caso risultavano tutte e tre le
anomalie...,un po' strano!!...non vi pare..? »
«Si va bene commissario e con tutto ciò dove vuole
arrivare...?» chiede l'avvocato Lempton.
« Arrivo a dire e concludere che il pc da dove è stata fatta
la ricerca è quello di Mr. Arthur, nel cassetto della sua
scrivania sono stati trovati dei guanti da lavoro che dopo le
analisi sono risultati appartenenti o meglio solo usati da Mr.
Arthur, oltre a delle pezze unte d'olio dalle quali, dopo le
analisi è risultato appartenenti allo stesso olio che l'officina ha
sostituito e ed era ancora pulito...; purtroppo non è possibile
spiccare un mandato nei confronti di questa persona in quanto
siete qui ora per ascoltare le sue ultime volontà...»
Giuseppe traduceva quanto diceva Gordine per il papà
Achille che per Alfredo...
«Ma...insomma..., intervenne nuovamente Achille
alzandosi e stranamente agitando le braccia..., lei ora insinua
ed infanga il nome di mio fratello...e per quanto odio io provi
per lui non glielo permetto e non posso immaginare una cosa
del genere...»
Giuseppe e Alfredo si guardarono…, mai sentito e visto
papà Alfredo dire così tante parole consecutivamente e in più
gesticolando...
« Purtroppo sì signor Achille Argenton ma è così...almeno
stando ai fatti e penso di non sbagliarmi, vede...anzi e vi prego

255
di ascoltare bene tutti..., l'avvocato non ha letto le parole di
commiato che Mr. Arthur ha scritto nelle sue volontà e forse
se gli avessi dato il tempo di leggerle...., se permettete lo
faccio io così capirete meglio..., sono poche parole ma chiare,
dice: “Chiedo scusa a quanti ho dato e fatto del male, ma
anche tolto, non era ciò che volevo anche perché non
sapevo...” Non sapeva, riprese Gordine, fino a qualche anno
fa...esattamente 6 anni, dopo la nascita della figlia..., perché
solo in quel frangente, quando la moglie partorì fra le varie
analisi, che poi anche Mr. Arthur per forza di cose dovette
sottoporsi, venne a sapere che..., si lui sapeva che nonostante
le cure, non ci sarebbe stato nulla da fare.. e forse pur di non
vederle soffrire..., ha pensato di inscenare un'incidente perché
nessun altro doveva sapere...purtroppo Geraldine, la figlia non
aveva nulla...forse non lo sapeva e magari aveva scoperto
dell'altro...»
Il silenzio dopo questo ultima frase di Gordine fu rotto da
un nuovo ed ennesimo pianto di Consuelo...che disse
«Preferivo non essere venuta, non volevo sentire queste
cose su Mr. Arthur» Giuseppe si alzò per consolarla... poi si
voltò verso Gordine e disse...
«Ma quando si toglie da quella sua faccia quel sorriso...
quasi godereccio...si lei sta facendo il suo lavoro...forse anche
bene... ma c'è modo e modo e vediamo di chiudere questa
farsa...»
«Certo Mr. Joseph la accontento subito..., estrasse una
busta con il timbro del tribunale di Little Rock, tre fogli, due
di carta calcante, attaccati fra loro due bianchi uno grigio nel
mezzo, gli avvocati capirono subito di cosa si trattasse, era il

256
classico mandato d'arresto...e continuò; qualcuno qui
competente sa di cosa si tratta, comunque è già firmato sia dal
giudice che dal procuratore, devo solo completarlo con il
nome-cognome...e lo farò ora...
Prese una matita, alzò la parte superiore del documento,
come si faceva a scuola perché il compagno non copiasse o
leggesse e, con mano leggera, scrisse le iniziali di colui che
sino a quel momento poteva essere l'assassino... però voleva la
certezza; ripiegò il foglio, rimettendoli nella “cartellina “e vi
poggiò la mano sopra...come a custodia...
Nessuno si accorse che aveva usato una matita...

257
Il Bluff

Nell'ampio studio di Forshite, aleggiava una tensione che


anche un estraneo, se entrava in quel momento, avrebbe
percepito, inoltre erano quasi quattro ore che 10 persone
stavano lì chiuse e, a causa del mancato funzionamento della
climatizzazione, l'aria era quasi completamente rarefatta.
Forshite si alzò scusandosi con i presenti per il disagio,
alzò la cornetta del telefono, poggiato sul tavolino...
«Signorina...è arrivato il tecnico per vedere di far ripartire
la climatizzazione? Perché in caso contrario dica al collega
Williams di sgomberare il suo ufficio che ci trasferiamo li...»
«Il tecnico ha appena finito, rispose la segretaria e la
climatizzazione dovrebbe ripartire a minuti...»
Forshite abbassò la cornetta ed immediatamente
«Non serve spostarsi, disse Gordine che dopo aver aperto
un fazzoletto e asciugatosi il sudore della fronte, salendo sulla
testa e andando giù quasi sino alla nuca...continuò; penso che
ormai siamo alla fine...»
«Si non serve» rispose Forshite…, anche perché...» e
proprio in quel momento ripartì la climatizzazione.
Quasi tutti i partecipanti a quella riunione fecero un
sospiro di sollievo... per qualcuno forse sollievo non era... ma
un aiuto ad allentare la tensione...niente di più.
«Oh bene..., disse Gordine; ora si sta un po' meglio...»
facendo un giro con la testa e soffermandosi, prima da Alfredo
poi da Joseph e da Paolo..., un po' di più.

258
«Si però, intervenne Forshite, ora commissario penso sia
il caso di...» ma venne interrotto immediatamente da Gordine
«Ha fretta avvocato? Forse vuole chiudere lettura ed
emettere la sua parcella? Che se come presumo è rapportata
all'eredità...stia tranquillo nessuna gliela porta via...però se
deve andare prego...si accomodi so bene come fare...»
«Si va bene continui...» risponde Forshite.
« Nel pc di Mr. Arthur c'era una cartella, criptata pertanto
super protetta, però il caro agente Murphy è riuscito ad
aprirla, dopo quasi un giorno di tentativi..., la cartella
conteneva una sorta di diario di Mr. Arthur e dopo averla letta
e con gli elementi in mano ho la certezza ed io amo essere
certo in questi casi... e prima avevo delle presunzioni....si
interruppe e guardò nuovamente Alfredo, Joseph e Paolo, ma
il nome che ho scritto nel mandato è quello del vero assassino
non del presunto...»
Murphy che stava traducendo quanto Gordine diceva... si
fermò un attimo come se avesse perso il filo...e guardò
Gordine...
«Non distrarti Murphy, disse Gordine, altrimenti perdi il
filo...»
Dei presenti, non c'era alcuno che non fosse attento a ciò
che diceva Gordine...
« Alfredo, riprese Gordine, il suo racconto è quasi
credibile, unico problema che a parte la prova della sua
partenza con l'auto presa a noleggio a Saint Louis e la
riconsegna sempre a Saint Louis vi è la prova che
effettivamente lei ha incontrato Mr. Arthur...ed questa..., alzò
la bustina con all'interno i capelli finto biondo, dicendo; questi

259
sono suoi questa è la tintura che ha usato....; Alfredo lei sa che
nella cartella, criptata, che ho chiamato il diario di Mr. Arthur,
lei viene menzionato varie volte? ed in particolar modo in una
telefonata fatta a Mr. Arthur in cui dopo averlo assalito, così
lui scrive, lo ha anche minacciato...?»
«No non è vero... intervenne a voce alta Alfredo...non l'ho
mai minacciato...»
«Ciò vuol dire però che l'ha chiamato ed aggredito...»
riprende Gordine...
«Si l'avevo chiamato circa quattro mesi fa...però...»
«Però però..., lo interruppe Gordine, perché non l'ha detto
prima? Va bene non aggiunga altro grazie...»
«Paolo...» Gordine si stava rivolgendo proprio a lui...
«Come mai non segue l'ordine di prima?» Interrompe
Joseph
«Mr. Joseph... ha fretta di dirmi ciò che non mi ha detto...?
Avrà tutto il tempo dopo...» e rivolse nuovamente a Paolo.
«Mi dica commissario...» disse Paolo.
«Si caro...riprese Gordine; allora tu porti sempre le auto in
officina per i tagliandi, se non erro...»
«Si è uno dei miei compiti...»
«Lo so lo so... ma dimmi sei certo di aver usato la tua auto
quando sei andato all'appuntamento per incontrare Mr.
Joseph...?»
«Sì certo, rispose Paolo, e vorrei chiedere...una cosa.»
«Dimmi» disse Gordine.
«Ma in quel diario di Mr. Arthur lui scrive anche di
me...?»

260
«Si ma cose di poco conto...diciamo ininfluenti...,
comunque.... Dopo che non ti sei incontrato con Mr. Joseph
dove sei andato...?»
Paolo...stette un attimo in silenzio...
«Sono tornato indietro e visto che ero libero sino a lunedì
sera sono stato a trovare un mio cugino a Malvern, se volete
possiamo chiamarlo»
«Non serve... già fatto, rispose Gordine, tuo cugino è
conosciuto da noi e tu sai perché... comunque ci ha detto che
sei stato da lui e sei andato via, presto, martedì mattina»
Paolo fa come un sospiro di sollievo e guarda il suo amico
avvocato che gli mette una mano sulla spalla come per dirgli
va bene stai tranquillo...
«Caro Mr. Joseph...riprende Gordine...sono da lei...visto
che aveva fretta...sono qui mi dica...»
«Le ho già detto tutto...» risponde Joseph.
«Ne è certo...? sicuro di non aver tralasciato nulla...»
«Tipo...?» chiese Joseph...
«Ma tipo il ricordarmi con chi è partito al rientro in Italia
via oceano, si può dire così..., o se le è venuto in mente in
quale ristorante si è fermato a mangiare..., o se preferisce, le
dico che nel "diario di Mr. Arthur è menzionato anche lei è più
volte...»
«Beh… sarei meravigliato se non fossi menzionato»
risponde Joseph.
«Ma ha idea di cosa ha scritto Mr. Arthur su di lei...?»
«Sinceramente non me ne interessa...più di tanto anche
perché se quel che ha scritto è riferito al mio ultimo incontro
con lui..., lei Gordine, non può che presumere e non

261
certamente dedurre... come ha fatto fino ad ora che io potrei
essere il nome che ha scritto in quel mandato...»
«Ma io non presumo... anzi prima presumo e poi deduco...
e non mi sbaglio...allora vuol dirmi cosa ha tralasciato.»
«Si commissario, le dico una cosa ma una sola cosa, da
questo momento in poi...risponderò alle sue domande solo in
presenza di un avvocato... e qualcuno qui a Little Rock lo
conosco...se vuole lo chiamo subito»
«Non ne dubito...non ne dubito...e magari dei migliori...,
allora deduco e posso farlo che in virtù di quel ha detto non
intende più parlare...»
«Giusta deduzione Mr. Philippe Gordine commissario di
Little Rock...» chiude Joseph.
Achille, non appena Murphy termina la traduzione,
guarda suo figlio Giuseppe...
«Giuseppe figlio mio, cosa stai combinando ma cosa hai
combinato...»
Consuelo si volta e guarda Giuseppe...
A quel punto Gordine estrae il mandato che aveva nella
cartellina guarda Murphy e gli fa un cenno; Murphy sapeva
bene cosa doveva fare..., prese il mandato che Segugio gli
stava porgendo, passa davanti ad Alfredo, poi Joseph e si
avvicina a Paolo...
Il clima diventa improvvisamente freddo..., non certo a
causa della climatizzazione che funzionava bene..., ma quel
che Murphy stava facendo venne interrotto dalla troppa
sensibilità, forse, di una persona, Consuelo...che si alzò per
andare da Paolo che stava seduto, gli prese il capo fra le
braccia e lo strinse e portandoselo al seno dicendo...

262
«Perché Paolo...perché...»
Lui l'allontanò e guardandola in viso gli disse:
«Non sono stato io non sono stato io…»
«Commissario, come legale di Paolo Pedrolivar le dico
che queste sono solamente delle congetture e come tali, prive
di ogni fondamento...» interviene l'avvocato George Lempton
«Ha ragione avvocato ha ragione, risponde Gordine, e lo
sa perché ha ragione perché io non ho ancora parlato delle
prove...»
«Ma quali prove...quali prove...»
«Vedrà che alla fine senza rendersene conto lei mi ha
aiutato, anche se non serviva...»
«Vediamo vediamo...» riprende sicuro di se Lempton
«La accontento e sarò molto breve, senza partire da molto
lontano...intanto il suo cliente ha detto il falso...»
«No no...lo interrompe Paolo io sono andato da mio
cugino...»
«Si lo so..., riprende Gordine, e sei andato con la tua auto
che quando hai portato in officina segnava 32.150 miglia,
questo è annotato sul tuo registro; poi, quel sabato fatidico, sei
arrivato quasi arrivato a Memphis e dopo la telefonata di
Joseph, come dici tu, sei tornato indietro e andato da tuo
cugino a Malvern che si trova a 35 miglia, dalla parte opposta
di Little Rock rispetto a Memphis, giusto?»
«Sì giusto.» risponde Paolo
«Bene... per andare a Memphis sono oltre 150 miglia, se
tu fossi arrivato solo metà strada, fra andata e ritorno almeno
150 miglia le avresti fatte, poi da Little Rock e Malvern anche
se hai lasciato l'auto ferma da tuo cugino per due giorni

263
quanto meno 280 miglia in più dovrebbe segnare il
contamiglia... allora come mai il contamiglia della tua auto
oggi, perché è oggi che l'ho vista, segna esattamente 32.230
miglia...?
«Questo non prova assolutamente nulla...» ribatté
l'avvocato Lempton.
«Si infatti, ma serve...» e riprende Gordine estraendo dalla
cartellina la bustina trasparente contenente dei capelli finto
nero.
«Ti ho sempre detto, interviene ingenuamente Consuelo
pensando di fare cosa giusta, di lasciarti i tuoi bei capelli
biondi, ma tu no, solo per far contento Mr. Arthur te li
tingevi... di nero...»
Giuseppe, Alfredo e Achille si guardarono...quasi
allibiti...forse pensavano la stessa cosa...
«Si grazie Consuelo, disse Gordine; ma non serviva, ecco
questo dovrebbero essere dei tuoi capelli erano su un foglio
del blocco note di Mr. Arthur, questo è il DNA del capello e.,
estraendo i tre fogli che Lempton aveva dato a Murphy
appena entrato; queste sono le analisi del tuo DNA..., guarda
l'avvocato Lempton ed aggiunge..., grazie avvocato... anche se
non serviva ma mi è stato di aiuto»
«No No... e poi No No....» riprese Paolo alzandosi di
scatto.
L’avvocato Lempton, quello che doveva assisterlo per il
testamento e che probabilmente già sentiva di dover cambiare
il tipo di incarico, lo invita a sedersi.
«Poi, continua Segugio, ...guardando il blocco note di Mr.
Arthur ho casualmente trovato un foglio con un lembo rotto e

264
grazie alla mia mania di scarabocchiare con la matita, sono
apparse delle lettere e dei numeri che vi ho chiesto di scrivere
su dei foglietti...»
«Come sarebbe a dire?» Riprende Lempton...
«Sarebbe a dire che... sig. Paolo lei porta la giacca blu?»
«Si...perché...»
«E si ricorda come era vestito quel sabato...?»
«Beh visto che dovevo incontrare Mr. Joseph e forse si
andava a pranzo assieme, ho pensato di mettermi la giacca
blu...»
«Ma cosa c'entra questo...» nuovamente interviene
Lempton...
«Semplice curiosità avvocato...semplice curiosità, rispose
Gordine continuando rivolgendosi a Paolo; allora Paolo, mi
vuoi dire cosa effettivamente tuo padre ti aveva detto prima di
morire... oltre che essere un buon conoscente di Joseph? o
devo dirlo io, è scritto sul diario...»
L'avvocato Lempton guardò Paolo, e questa volta non lo
pensò...ma si limitò a sussurrargli “Paolo se vuoi posso
assisterti, per quel che vale, ma non per quanto riguarda il
testamento”
Paolo era chino, le mani fra la testa che la sfregavano
vorticosamente... e più sfregava più appariva la bionda
capigliatura, probabilmente perché aveva usato e in fretta un
colorante forse in polvere..., si alzò lentamente fino a levarsi
del tutto...
«Cosa mi disse mio padre...? mi disse la verità, mi disse
che circa 22 anni fa, esattamente l'età che ho io, quando Mr.
Arthur era venuto a Little Rock per una vacanza, aveva

265
conosciuto il Mr. Florand il vecchio proprietario dell'azienda
che poi, Mr. Arthur ha comperato; in quel periodo mio padre
che si era sposato da poco e lavorava per Mr. Florand. Mia
madre morì che non avevo ancora due anni... e solo dopo un
po', non per quale casualità, si scopri che mia madre era morta
causa infezione da HIV-AIDS. Io sono stato concepito da un
rapporto che mia madre ebbe, non so se consenziente, con Mr.
Arthur Arghensthone, io sono suo figlio e lui ha fatto morire
mia madre... Dopo qualche anno, quando ha comperato
l'azienda ha ritrovato mio padre, che ha continuato a lavorare
lì in azienda, Mr. Arthur lo ha tenuto a servizio solamente
perché mio padre gli aveva detto che sapeva... del rapporto
che aveva avuto con sua moglie e chi ero io, della malattia
non disse nulla, però quando venne a sapere che anche
Giuliette...., allora si..., gli disse tutto...Sino all'età di 17 anni
io sono stato sempre in collegio a 100 miglia da Little Rock e
la mia seconda mamma è stata Consuelo. Quando sono andato
ad abitare lì in quella casa, dopo un po' Mr. Arthur mi chiese
anzi, mi ha ordinò di tingermi i capelli neri perché gli
ricordavo una persona. Come ultima cosa mio padre mi disse
che era stato Mr. Arthur a fargli cadere addosso la ruota della
mietitrebbia... poi null'altro e se ne andò... Ero sconvolto ed
incredulo... e uscito dall'ospedale sono andato in bar..., sono
rimasto lì fino a tardi... e tornato a casa... lui, Mr. Arthur era
seduto sotto il porticato..., l'ho solo guardato e non so perché
ma gli ho detto una cosa solo... io non mi tingerò più i
capelli...» a quel punto Paolo si fermò…e quasi stremato tornò
a sedersi.
Consuelo era tornata al suo posto.

266
Finché Paolo parlava... gesticolava, muoveva mani e
braccia, riusciva a catturare l'attenzione di tutti e la sua voce
era quasi baritonale...; i tre Argenton, si guardarono
nuovamente e quasi contemporaneamente Giuseppe e Alfredo
dissero.... “ma...ma... è come... nonno Primo” e Achille
aggiunse è.. come papà Primo...
«Ecco perché Arturo mi ha detto...sei venuto a prendermi
Primo... sei venuto a prendermi, non si riferiva a me, ma a
Paolo, che forse in quel momento lo vedeva biondo... come
nonno Primo...» disse Alfredo dopo che si era alzato.
Giuseppe si alzò anche lui, andò verso l'attaccapanni prese
la sua giacca e tornò a sedersi.
Gordine lo osservò ma non gli chiese nulla
«Hai altro da dire Paolo...? e mi riferisco al sabato quando
dici di essere andato a Memphis...?»
«Si sono partito per Memphis... per incontrare Joseph e
dopo poche miglia l’ho chiamato che non potevo andare
sperando che ci fosse stata un'altra occasione.
«C’è stata Paolo...come se c'è stata l'altra occasione» disse
Joseph..., poi interrotto immediatamente da Gordine.
« Quel giorno non so perché ma ero pieno di rabbia..., da
un po’ di tempo Mr. Arthur non faceva altro che lamentarsi
che non gli piaceva più come lavoravo... sono tornato a casa,
ho lasciato la macchina fuori, dalla parte opposta l'ingresso e
sono entrato a piedi, sapevo che Consuelo non c'era, sono
arrivato alla porta finestra l'ho aperta e Mr. Arthur era lì...
seduto nella sua poltrona, mi chiese come mai ero entrato da lì
e cominciò a insultarmi...ad un certo punto gli venne uno dei
suoi soliti attacchi d'asma... non aveva a portata di mano

267
l'inalatore, sicuramente era nella credenza dietro la poltrona
dove ne aveva una scorta,... mi chiese anzi mi ordinò di
prenderglielo... e io gli risposi... prendetelo tu...e me ne
andai...» Paolo questa volta parlò da seduto e continuava
sfregarsi la testa... ormai le mani erano scure dalla tinta...
«Avvocato Forshite...non c'è un po' d'acqua in questo
studio...» chiese Gordine...
«La faccio portare subito mi scusi...»
«Bene e per primo ne dia un bicchiere a Paolo
Pedrolivar.»
Gordine guardò tutti bene in faccia... poi rivolgendosi al
Professor Clinderman disse
«Bene Prof. Clinderman se vuol dire qualcosa ma nessun
riferimento la prego...»
«Grazie commissario, disse il Prof. Clinderman che ripeté
quello che aveva detto prima, aggiungendo però che numeri e
lettere del ricalco non sono ben decifrabili” e dicendo ciò
consegna, con attenzione che nessuno vedesse, un meno stick
con scritto un nome...»
«E no commissario, interviene nuovamente l'avvocato
Lempton il professore ha detto chiaramente, “anche se le
lettere e numeri del ricalco non sono ben decifrabili”, pertanto
se non c'è l'originale...non conta...»
«Giusta osservazione..., risponde Gordine; allora evitiamo
che questa osservazione venga fatta in tribunale..., estrasse
dalla tasca il pezzetto di carta che aveva trovato per terra...e
continuò; quando sono entrato... casualmente, ma le casualità
servono a molto, ho visto per terra, vicino
all'attaccapanni...questo pezzetto di carta; si interruppe e girò

268
lentamente con il braccio per circa 180 gradi cosicché tutti
potessero vederlo e aggiunse; questo è l'originale..., prese il
blocco note di Mr. ARTHR aprì la pagina rotta vi appoggiò il
pezzo di carta e disse... vedete combacia pertanto è
l'originale..., lettere e numeri. L-M 15.31 17.45 18.45. sono
ben decifrabili e corrispondono a tre orari del treno Little
Rock Memphis, pertanto MR Arthur è stato ucciso fra le
02.00/03.00 PM di quel sabato... e chi l'ha ucciso... è la
persona che ha scritto e strappato questo lembo di carta...,
inscenando tutto questo per depistare e far ricadere la colpa su
qualcun altro, non immaginava però di essere interrotto,
pertanto il tutto si svolse in due fasi... e fra la prima e la
seconda l'assassino è uscito dalla porta-finestra che dà sul
giardino, zona ben coperta dalla vegetazione..» e qui Gordine
si fermò...
In quell'attimo di silenzio forse qualcuno in quella stanza
avrebbe voluto forse fare un applauso... o forse Gordine
aspettava qualche altra reazione..., stava punzecchiando
l'assassino...!!!?
Giuseppe mise la mano nella tasca interna della giacca
estrasse la cartolina e porgendola al commissario disse:
«Ecco commissario, forse questo potrebbe essere l'ultimo
pezzo del suo puzzle, è stata spedita il lunedì successivo
l'omicidio, verifichi se la scrittura corrisponde a quella del
pezzetto di carta...se può servire...!!»
Gordine lo guardò...non sapeva se in quel momento
Giuseppe gli trasmetteva strafottenza o simpatia..., non
aggiunse nulla, prese la cartolina la guardò e la passò al
direttamente al Prof. Clinderman.

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Qualche minuto e il Prof. Clinderman ritornò la cartolina
a Gordine dicendogli, sottovoce, che poteva tranquillamente
metterla da parte, la scrittura non apparteneva a nessuna di
quelle che aveva verificato.
«Murphy per cortesia, dammi quel mandato...» Segugio
lo apri e nello stesso modo di prima, però a penna, questa
volta, scrisse il nome a cui era indirizzato..., lo richiuse e lo
ritornò a Murphy.
«Bene bene...penso che siamo un po' tutti
stanchi...soprattutto lei sig.ra Consuelo...è vero…Signora?»
«Si sono un po' stanca..., ma soprattutto molto triste...»
risponde Consuelo...
«Signora Consuelo posso farle una sola domanda...»
chiese Gordine, con voce molto pacata e guardandola
cercando di trasmettergli tranquillità...
«Certo sig. commissario...» rispose Consuelo quasi
interrompendolo.
«Perché... Perché Sig.ra Consuelo, e soprattutto com'è
riuscita e come le è venuto in mente tutto ciò...»
Paolo si alzò di scatto...
Consuelo guardò Paolo e gli fece cenno di sedersi...
guardò il commissario, fece un grande respiro e senza mettersi
a piangere disse...
«Non l'ho ucciso commissario..., l'ho solo aiutato a
morire... lei pensi quel che vuole ma sono certa che Mr. Arthur
è stato contento...vede...erano mesi che lui sapeva che io
sapevo..., sua moglie, Giuliette, si era confidata con me...
della malattia.... Il giorno prima dell'incidente, Paolo il mio
caro Paolo, non si è ricordato di dirle che Mr. Arthur l'aveva

270
mandato... non ricordo dove; so solo che è stato via quasi tutto
il giorno a fare una inutile commissione... e quando lei ha
parlato dei guanti e le pezze sporche, io le avevo viste e ho
capito ora perché l'aveva fatto andare via, voleva il garage
libero senza nessuno.
«Perché mi ha detto che ha trovato sua sorella alla
processione quando sua sorella non vi era andata e che
effettivamente lei è stata a casa sua ma dal sabato pomeriggio
al lunedì?»
« Si è vero...sono tornata a casa...avevo tanta rabbia in
corpo...e speravo che la processione la facesse andare via...
invece nulla...; dovevo sfogarmi con Mr. Arthur dovevo dirgli
tutto quello che sapevo e che sentivo e di più...soprattutto
dopo che Paolo mi detto di papà Martin e cosa gli ha
raccontato prima di morire; Paolo non è tornato a casa tardi
quella sera e si è dimenticato di dirle che mi aveva raccontato
tutto..., ma lo ha fatto di proposito non voleva mettermi in
mezzo a questa faccenda..., si interruppe un attimo e riprese
dopo aver chiesto un bicchiere d'acqua...; come le dicevo sono
tornata a casa ho sentito dei rumori provenire dallo studio... ho
capito che Mr. Arthur era lì, sono andata di corsa... ho aperto
la porta e l'ho visto lì seduto sulla sedia che respirava a
fatica... sapevo che sarebbe bastata una inalazione per farlo
respirare normalmente, sono andata alla credenza dietro la
poltrona per prendere un inalatore... ne aveva una scorta ma...,
quasi d'istinto mi sono voltata e gli ho chiuso il naso e la
bocca con questa mano...e fece vedere la sua mano destra...,
sufficientemente grande per poter coprire quasi tutto un
viso...; si, Mr. Arthur era più grande di me ma non ha fatto a

271
tempo a reagire...tranne che con le gambe..., il tappeto gli è
scivolato sotto i piedi... e dopo poco l'ho lasciato, è caduto
sulla scrivania...così come lo avete trovato...poi solo il martedì
mattina... vi ho chiamati... ho passato quasi tutta la notte del
lunedì in studio seduta sulla poltrona a guardarlo; il resto lo
sa... sig. commissario.»
Paolo la guardava la ascoltava e questa volta era lui che
piangeva e gli uscì dalla bocca.. “perché mamma...”
«Un’ultima cosa...ma l'orario del treno?»
«Ah sì... rispose con la tranquillità di chi si è tolto un peso
enorme dallo stomaco, l'orario del treno, quando Mr. Arthur si
accasciò sulla scrivania tocco il pc che si riaccese e apparve la
pagina con l'orario dei treni , c'era già scritto Little Rock -
Memphis, ho ricopiato gli orari che lei ha trovato ho rotto il
lembo del foglio, non so perché l'ho fatto...mi è venuto in
mente così....e l'ho messo nel taschino della giacca, quella
giacca blu piccola appesa li..., indicando l'appendiabiti e
continuò; forse il pezzetto di carta mi è caduto prima quando
ho preso il fazzoletto che avevo nel taschino, ah un'ultima
cosa... la cartolina non l'ho comperata, erano anni che Mr.
Arthur l'aveva sulla scrivania... l'ho presa e il lunedì l'ho
spedita...
Consuelo aveva smesso di parlare da qualche minuto,
fissava il commissario e dopo un po' gli fece un sorriso... poi
guardò l'agente Murphy che stava andando verso di lei, quasi
imbarazzato e gli consegnò una copia del mandato e prima di
enunciarle i suoi diritti... gli disse:
Mi dispiace signora Consuelo...ma devo farlo...

272
Consuelo lo guardò e facendogli un sorriso gli disse “lo so
caro lo so...”
L'avvocato Lempton si avvicinò a Consuelo dicendogli
che Paolo gli aveva chiesto di assisterla, lei accettò.
Giuseppe guardò Consuelo si chinò ed abbracciandola gli
disse... “Ti capisco ti capisco e farò di tutto...”
«Posso accompagnarla?» chiese l'avvocato Lempton a
Murphy.»
«Certo rispose lui, anzi mi farebbe un piacere non
abbiamo chiamato altri agenti...il commissario non ha
voluto...» rispose Murphy che stava prendendo le
manette...ma venne interrotto da Gordine
«Non servono Murphy non servono...»
Joseph si avvicinò a Gordine
«Commissario Grazie...»
«E di cosa» rispose Gordine
«Per la gentilezza di non aver fatto mettere le manette a
Consuelo.»
«Ah sì...comunque grazie anche a Lei Mr. Joseph...»
«E di cosa?»
«Ma della cartolina...e non le nascondo che lei, nonostante
tutto, mi è simpatico...ma...prima di partire mi deve dire una
cosa...
«Anche lei commissario...anche lei...» rispose Giuseppe...
«Ah sì? E che cosa?»
«Cosa c'è scritto, sul mio conto, nel diario di Mr.
Arthur...»

273
«Diario!!!? Quale diario... non c'è alcun diario è stato un
“Bluff” o forse è, o esiste effettivamente quella cartella
criptata...; ma lei mi dica quel timbro sul passaporto?
«Timbro!!!? Quale timbro commissario...c'è sempre stato
un timbro...o forse è un “Bluff”.»
Sorrisero tutti e due...
L'avvocato Forshite si avvicinò al commissario
chiedendogli se aveva altro da fare, Gordine gli rispose
nient'altro aggiungendo che non sapeva se l'indomani nel
pomeriggio riusciva a fargli avere il nulla osta che gli
consentisse di chiudere la “lettura” ...; Forshite rispose che
sicuramente non era un problema, gli strinse la mano e lo
salutò.
Forshite aspettò che l'agente Murphy davanti, Consuelo
nel mezzo e l'avvocato Lempton dietro, seguiti poi da Segugio
fossero usciti; invitò i restanti a sedersi, spiegò loro l'iter e
fissarono un appuntamento per il pomeriggio dei due giorni
successivi, per essere certo di avere quanto gli serviva per
proseguire il tutto senza intoppi.

274
Il dubbio

Erano ormai le 09.00 PM quando la segretaria


dell'avvocato Forshite aveva chiuso l'ufficio, tutti se n'erano
andati da poco e ciò... grazie a Gordine...
Sotto lo studio dell'avvocato gli Arghensthone e gli
Argenton attendevano che passassero due taxi, Paolo, se ne
stava lì in silenzio si sentiva quasi fuori posto... stava per
andarsene quando Giuseppe gli rivolge la parola.
«Paolo tu hai l'auto?»
«Si rispose...» quasi contento che Giuseppe gli avesse
rivolto la parola.
«Bene allora direi di fare così... decidiamo dove andare
mangiare qualcosa... penso tu conosca un buon locale
possibilmente tranquillo...» propone Giuseppe
«Sì certo ma non vorrei essere...», aveva notato alcuni
sguardi... e anche Giuseppe se n'era accorto.
«Lascia perdere.... Tanto dovranno farsene una ragione…,
allora se mi dici qual è il locale così il tassista sa dove
accompagnarli»
Paolo pensa un attimo
«Ci sarebbe un ristorante messicano a sei isolati, poco più
di 2 miglia..., un locale casalingo dove il mangiare è
genuino.»
«Ristorante messicano!!?, disse papà Achille dopo che
Giuseppe gli aveva chiesto se poteva andare bene, mi sembra
una buona scelta... vendendo anche l'espressione di Lorella...
che probabilmente non vedeva l'ora di sedersi.»

275
Dopo qualche minuto arrivò un taxi; Giuseppe nel
frattempo aveva dato un biglietto ad Alfredo con scritto il
nome del ristorante, aveva inviato un messaggio a Claudine
con l'indirizzo del ristorante chiedendo scusa del ritardo e
aggiungendo di raggiungerli anche se aveva già mangiato.
Paolo aveva appena avviato l'auto, Giuseppe gli sedeva a
fianco e, appena salito, guardò il contamiglia, ricordava bene
quel che aveva detto Gordine...e corrispondeva.
«Come ti trovi con quest’auto» chiese Giuseppe così per
rompere il ghiaccio anche se avrebbe voluto fargli ben altre
domande...ma preferì aspettare.
«Si si bene» risponde Paolo...
«Eh si i tedeschi sanno fare delle buone auto» aggiunge
Giuseppe accorgendosi del leggero imbarazzo di Paolo...
Paolo si immise sulla via in direzione del ristorante si fece
coraggio e disse
«Joseph...»
«Si dimmi» Paolo...
«Ecco...io volevo scusarmi con te...perché se dicevo
subito la verità al commissario non avresti avuto dei
problemi...» Paolo si era rivolto con il “tu” a Joseph.
«Si questo è vero..., rispose Joseph; e tutta questa serie di
coincidenze...troppe...mi hanno fatto pensare...»
«Tu dici...che siano coincidenze...?»
«Si, penso proprio di si, ... comunque sembra che sia
finita...tristemente ma è finita...» replica Giuseppe
Giuseppe non era molto convinto..., si aspettava subito
una frase da Paolo... quella di essere dispiaciuto per
Consuelo..., lei lo considerava un figlio... e a lui era scappata,

276
forse per la prima volta, la parola mamma..., che sia un bravo
commediante...!!!
«Quante ore di areo sono per arrivare a Little Rock?
chiese Paolo...»
Giuseppe lo guardò...ripensando al pensiero di poc'anzi
«Circa 12 ore, rispose Joseph; dipende dal volo e
aggiunse; posso chiederti una cosa Paolo?»
«Si Joseph..., ripose Paolo aggiungendo; tanto siamo
parenti...»
Giuseppe lo guardò nuovamente..., ma quali parenti...
pensò, aspetta aspetta...e aggiunse senza far commenti...e
continuò:
«Se mi chiami Giuseppe sarei più contento...»
«Giu-Giusepe bene...Giusepe, la doppia non gli veniva
bene; certo se ti fa piacere, rispose Paolo continuando; e cosa
volevi chiedermi»
«Il commissario ha detto una frase quando si riferiva a tua
cugino.»
«Non ricordo» rispose Paolo...
«Lo ricordo io... le parole esatte erano... “tuo cugino è
conosciuto bene e tu sai il perché”».
«Ah sì..., niente di che, ha combinato delle marachelle...
cose da ragazzi... ma ora lavora ha la testa a posto». rispose
Paolo con tranquillità...o per dare tranquillità...
«E quanti anni ha tuo cugino?» replica Giuseppe...
«Due più di me...» rispose Paolo...
«Ventiquattro?»
«Si fra qualche mese» precisò Paolo

277
Stavano arrivando al ristorante, Giuseppe guardò Paolo e
gli disse:
«Paolo che ne dici se arrivati al ristorante provi ad andare
alla toilette e vedere se riesci a metterti a posto un po' i
capelli, magari con l'acqua potrebbe essere che quella tinta
vada via magari non del tutto…»
«Si, hai ragione...lo farò. »
Di fronte all'ingresso del ristorante gli altri stavano
aspettavano...; Paolo fermò l'auto per far scendere Giuseppe e
andò a parcheggiare.
«Allora come è andato questo breve viaggio con il nuovo
cugino...» Disse Alfredo...quasi sorridendo.
«Quale cugino rispose Giuseppe... quello non ha niente
degli Argenton..., è tutto da vedere... e tutto da provare;
comunque vediamo di non rovinarci la serata, e se possibile
non affrontiamo questo discorso e tu papà se per caso Paolo ti
chiama zio... vedi di rispondere in modo... sì di quel che
vuoi...»
«Nipote...quello!!? si sarà forse biondo come papà
Primo... ma l'hai già detto tu... quello non ha niente degli
Argenton...» rispose papà Achille....
«Su su Achille..., si intromise Lorella; stai tranquillo cosa
ti costa essere un po' gentile…solo per stasera...»
«Si si tranquilla, sarò gentile ma non troppo...AhAhAh»
Paolo si stava avvicinando e arrivato al gruppetto disse:
«Bene eccoci qua…, faccio strada» ed entrò nel ristorante.
Dopo aver guardato il gruppo, chiese un tavolo per cinque
ma Giuseppe lo corresse dicendo per sei, Claudine gli aveva
risposto che gli avrebbe raggiunti...

278
«Deve arrivare una persona» disse Giuseppe senza
precisare chi.
Si sedettero, ordinarono da bere e iniziarono a guardare i
menù...nel frattempo Paolo aveva ascoltato il consiglio di
Giuseppe, tornò dopo poco più di dieci minuti... il consiglio
aveva funzionato, infatti sia Achille che Alfredo lo fissarono,
il colore dei capelli sembrava quello di Primo Argenton.
Si sedette a fianco Lorella e guardando il menù iniziò a
fare il “cicerone” fra i piatti offerti...cercava di essere gentile e
simpatico ma non gli riusciva molto bene, Giuseppe lo
osservava...e quando si rivolse a lui gli rispose:
«Grazie ma conosco bene la cucina messicana, a Londra
sono un buon amico di due messicani marito e moglie che
hanno un ristorante...e spesso sono da loro a mangiare»
Più di qualcuno capì che non lo sopportava....
«Ma bene» rispose Paolo...ridendo...
Si aprì la porta d'ingresso del ristorante ed entrò Claudine;
Paolo, da dove era seduto, poteva vedere chi entrava o usciva
e appena la vide entrare esclamò....
«Però esistono veramente le fate...!!?»
Voleva fare lo spiritoso...ancora...
Alfredo lo guardò e, anticipando Giuseppe che stava
bevendo... gli disse.
«Veramente quella fata sarebbe o meglio è, la fidanzata di
mio fratello Giuseppe...»
«Oh scusami non sapevo... cugino, rispose Paolo
rivolgendosi a Giuseppe che lo guardò un po' infastidito ....

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«Non serve... hai fatto solo un semplice complimento...
forse non molto da gentleman...» rispose Giuseppe mentre si
alzava per andare incontro a Claudine.
Appena vicini, si scambiarono il solito bacio e lui la prese
per mano per accompagnarla al tavolo.
I saluti di ben ritrovati e quello di presentazione con
Paolo...
Giuseppe nel salutare Claudine gli aveva sussurrato una
cosa all'orecchio.
«Allora come sta sig. Achille» chiese Claudine... mentre si
sedeva dopo che Giuseppe gli aveva spostato la sedia.
«Sapessi, risponde per lui Lorella nel suo piccolo inglese;
si è un po' agitato soprattutto per il modo di fare del
commissario...»
«Si immagino ma d'altronde quello è il loro lavoro...e non
può usare metodi tanto gentili...» replica Claudine...
«Però, interviene Paolo; con Consuelo... è stato gentile
non aggressivo...»
«Consuelo sarebbe!!!?» chiede Claudine anche se
Giuseppe gli aveva accennato qualcosa...
«Ah pensavo Giuseppe ti avesse già detto...» dice Lorella
«No, so ben poco...» risponde Claudine, guardando
Giuseppe...
«Si purtroppo...il risultato, è che Consuelo.... e siamo
rimasti tutti stupiti, e addolorati, vero Paolo...?» dice Giuseppe
con voce sottomessa...e finendo con guardare Poalo.
«Si è vero...siamo rimasti tutti stupiti...ma d'altronde una
confessione con i minimi particolari...» risponde Paolo.

280
«Si, anch'io che non l'avevo mai conosciuta; così a prima
vista, una donna che penso abbia più di sessant’anni con quel
viso così buono e simpatico..., non lo avrei mai immaginato...
ancora non ci credo...» riprende Lorella.
Papà Achille, Alfredo e Giuseppe si limitavano ad
ascoltare..., nel frattempo il cameriere aveva preso le
comande.
«Senti Giuseppe, dobbiamo prendere una decisione...»
dice papà Achille.
«Immagino quale sia..., è una richiesta di nonna Ida...,
risponde Giuseppe e continua, lascio a te la decisione papà si
tratta pur sempre di tuo fratello e Ida è tua mamma... e tu sai
bene sia come la pensa lei e come la penserebbe nonno
Primo...»
«Si lo posso immaginare, e ti dirò che se dovessi seguire
una parte del mio istinto lo lascerei qui..., risponde Achille;
quella parte di istinti che pensa ad anni fa, a quel che ha fatto
e poi…con quel mi avrebbe lasciato... nemmeno un quarto di
quel che ha venduto riesco a ricomprare...; si fermò per bere
un bicchiere d'acqua; però se penso alle poche righe di
commiato in cui si capisce che è pentito e in più che non
sapeva...forse anche Giovanni ci sarebbe ancora…».
«Si vivo..., aggiunge Alfredo; e agli arresti per truffa...»
«Va bene va bene...interviene Giuseppe; non è il caso,
questa ormai è storia..., io dico la mia... facciamo rientrare il
corpo di zio Arturo; era da tempo che Giuseppe no lo
chiamava zio; e diciamo a nonna Ida che queste erano le sue
volontà...null'altro deve sapere... null’altro...»

281
Achille...guarda Giuseppe accenna un sorriso di assenso
ed aggiunge.
«Si è un'ottima idea...Giuseppe, così sarà fatto e così
dirò..., mamma Ida si sentirà un po' più sollevata sapendo che
suo figlio voleva tornare a casa...»
Claudine appoggiò la mano su quella di Giuseppe e gliela
strinse, in segno d'affetto...
Anche Alfredo e Lorella erano concordi che quella era
una buona cosa...
«D’accordo allora io domattina andrei dal commissario
Gordine per chiedere le tempistiche e quali formalità si
devono espletare...»
Paolo ascoltava e dopo un po' intervenne...
«Scusate ma non pensate che debba dire qualcosa
anch'io...!?»
«Anche tu!!!...» quasi lo interrompe Achille...
«Papà..., interviene Giuseppe e dandogli un'occhiata per
ricordargli quello che si erano detti fuori e ripeté; Papà, anche
se non è ancora confermato, Paolo potrebbe essere figlio di
zio Arturo e pertanto...tuo nipote»
«Ah Ah Ah...questa è bella...disse Achille» non riuscì
proprio a trattenersi...
«Papà, per cortesia... replicò Giuseppe, ho detto anche se
non ancora confermato e se io fossi al posto di Paolo chiederei
la stessa cosa...»
«Grazie, Giuseppe disse Paolo, ecco io pensavo di
seppellire Arthur..., vicino a Giuliette e Geraldine..., però è
giusto rispettare le richieste della mamma di Arthur..., pertanto
sono anch'io d'accordo con quanto ha detto Giuseppe...»

282
...Tutto qua pensò Giuseppe...
«Bene penso che possiamo continuare a mangiare anzi a
iniziare, almeno per me...disse Giuseppe...e, anche se non
sarebbe opportuno, proporrei di dimenticare per un solo
attimo perché siamo qui, per quello che era e che è stato e fare
ugualmente un brindisi a lui...»
«Che Dio ti perdoni Arturo...» disse Achille alzando un
po' il bicchiere...
Sul tavolo le bottiglie vuote di un Merlot Messicano erano
cinque, Paolo continuava a riempire il bicchiere a tutti, solo
che l'unico che beveva era lui e Giuseppe che, a differenza,
sapeva come bere perché il vino non gli desse alla testa,
mentre Paolo tracannava un bicchiere dietro l'altro.
Paolo parlava un po' troppo... e Giuseppe si n’era
accorto…
Il locale era praticamente vuoto e il personale aveva già
messo buona parte delle sedie sui tavoli per iniziare le pulizie,
alla richiesta di Giuseppe se dovevano andarsene un cameriere
disse che potevano restare un'altra mezz'ora ...
Giuseppe così d'improvviso chiese a Paolo...
«Come hai detto che si chiamava tuo cugino che prima in
auto non ho capito bene...? »
«Si Geron Pedrolivar…» rispose Paolo...
«Ahh, cugino da parte di papà Martin...aggiunge
Giuseppe, ehh si bravissima persona tuo papà, ci parlavo
veramente volentieri...»
«Si da parte di papà...»
«Certo che lo vedrai spesso, visto che abita a poco meno
di mezz'ora da Little Rock...» incalzò Giuseppe.

283
«Si spesso soprattutto di sera..., al venerdì ci troviamo in
un locale dove si mangia, si beve, si gioca a biliardo e si
ascolta musica fino a tardi, è l'unico locale, sta a metà strada
fra Little Rock e Malvern...
«Bello questo rapporto fra cugini... certo che se viene
confermato che tu veramente sei un Arghensthone, Geron non
è più tuo cugino pertanto...» dice Giuseppe
«Pertanto...!?» ripete Paolo.
«Beh...visto quel che ha detto il commissario e quel che
mia hai detto te... se effettivamente è vero che ha messo la
testa a posto... è dal momento che non sarete parenti... non
reclamerà nulla...»
Paolo ebbe come un momento di lucidità ...restò in
silenzio per un attimo...
«Scusa Giuseppe sai che non ricordo di averti mai detto il
nome di mio cugino...»
«NO!!!! Dici!!? Invece io dico di sì... altrimenti non te
l'avrei richiesto o sbaglio...?» rispose Giuseppe...
«Si è vero…» disse Paolo.
Paolo continuava versare da bere ai conviviali... sembrava
volesse competere con Giuseppe sia con il vino che con le
parole..., cosa un po' ardua...soprattutto con le ultime,
Giuseppe era abile a girare e rigirare la frittata.
«Bene io direi che possiamo andare...», disse Giuseppe
facendo cenno al cameriere di portare il conto...
«Se permettete offro io...e non intendo che nessuno dica
di no...» disse Paolo estraendo dalla tasca una manciata di
banconote da 100 e 200 $, che ad occhio e croce saranno stati
almeno 4.000 $.

284
Giuseppe, restò un po' meravigliato che un ragazzo come
Paolo, perché poco più di un ragazzo era e dimostrava di
essere, potesse andare in giro con certe somme in tasca...e gli
disse.
«Però...vedo che ti muovi bene...!!?»
«Ah sì...; replicò Paolo, non riusciva a trattenere e le
parole...e guardando le banconote, continuò; l’altra sera
abbiamo ripulito un tizio al bar»
«Come sarebbe a dire “ripulito”» chiese ingenuamente
papà Achille
«Ma si…, io e Geron abbiamo vinto, penso almeno 15 o
20 partite a bigliardo...»
«Però giocate pesante...» domandò Alfredo...
«Si 150-200$ a partita...era un italiano con il quale poi
abbiamo fatto amicizia era in zona da qualche giorno...e
così...» precisò quasi con orgoglio Paolo...
Paolo aveva dimostrato di essere veramente un
ragazzino..., erano ormai fuori dal ristorante e forse un po'
d'aria fresca gli avrebbe fatto bene.
Giuseppe alcune domande le aveva fatte; immaginava il
tintinnio del cucchiaino che in alcuni momenti lo aiutava a
pensare e si rivolse a Paolo.
«Paolo scusami, non mi sembri in condizioni di guidare se
permetti ti accompagno a casa e ovviamente guido io, poi
domani ti riporto l'auto...»
«Penso che hai ragione...cugino...anche perché potrei
fermarmi dopo qualche miglio per dormire. »
«Bene..., disse Giuseppe allora Claudine vieni con me o
preferisci rientrare in hotel? »

285
«Ma che scherzi in hotel!!!? Vengo con te...»
«Vengo anch'io disse Alfredo...»
«Meglio che accompagni in albergo papà e Lorella,
risponde Giuseppe, preferisco e mi sento più tranquillo...»
«Ok d'accordo a dopo o a domattina...»
Aspettarono che arrivasse un taxi, si salutarono, poi
Giuseppe Paolo e Claudine si avviarono alla macchina...

286
La musica cambia

Gordine, aveva trascorso una notte di trambusto, era


agitato, forse non aveva certezze; era in ufficio dalle 06.30
AM, la donna delle pulizie stava finendo il suo lavoro.
Se ne stava lì, seduto dietro la sua scrivania... guardava,
girava e rigirava quella cartolina...; aprì il blocco di MR
Arthur scorse la prima pagina tenendo la cartolina come segna
righe ma...niente, la scrittura non corrispondeva a quella di
MR Arthur.
Miss Consuelo l'aveva fatta accomodare, si così si può
dire, in una stanza con bagno, molto più accogliente della
classica cella, aveva anche la Tv e il telefono, era la stanza era
riservata agli agenti di servizio notturno; si alzò per andare a
farle visita, la porta era socchiusa, si affacciò, vide che
dormiva..., tornò in ufficio.
Si era appena riseduto che sentì squillare un telefono, era
dall'ufficio dell'agente Murphy, un secondo squillo e poi il
classico il rumore di un fax in arrivo, sicuramente si trattava
di un fax, solo le comunicazioni urgenti arrivavano al fax di
Murphy; il fax aveva già ultimato la sua ricezione e il foglio
di stampa era caduto per terra; Gordine lo raccolse si avvicinò
alla scrivania di Murphy e su un post-it scrisse "quando ti
decidi a mettere il vassoio raccogli fogli nel fax?"
Dopo aver preso un caffè dalla macchina in corridoio
ritornò a sedersi sulla poltrona; un sorso di caffè e poi
un'occhiata a quel fax..., era l'elenco delle persone arrivate e
partite dall'aeroporto di Little Rock negli ultimi due mesi...;

287
A cosa mi serve ormai... pensò Gordine, sono 10 giorni
che l'ho chiesto... ma cominciò a scorrerlo ugualmente....;
partì dall'inizio e arrivato al giovedì antecedente il fatidico
sabato... risultavano in entrata tre Italiani..., “ le solite
coincidenze”...pensò...., scorse il venerdì poi il sabato sino e
alla domenica, al quinto nome delle persone in uscita risultava
un italiano..., tornò al giovedì e il nome corrispondeva ad uno
di quelli entrati quel giovedì ore 05.00 PM; provenienza del
volo Saint Louis..., partenza la domenica, era 02.15 AM
direzione Saint Louis; guardò la cartolina e il timbro di
partenza era del lunedì...solita coincidenza ma, se imbucata il
sabato o domenica, sempre di lunedì sarebbe stato il timbro di
partenza...; guardò l'orologio segnava le 08.15 AM troppo
presto per fare una telefonata, meglio aspettare almeno
un'ora...
Dopo circa dieci minuti squilla il telefono cellulare di
Gordine, un nr che non conosceva...
«Buongiorno commissario Philippe Gordine di Little
Rock...» disse la voce dall'altro capo della rete...
«Buongiorno a lei..., rispose Gordine aggiungendo; solo
una persona mi chiama per nome e cognome e poi la città, è
tale Joseph Arghensthone...»
«Si sono io...rispose Joseph..., spero di non averla
svegliata...»
«No assolutamente, sono in ufficio dalle sette di questa
mattina, anzi sa che la stavo chiamando io? »
«Motivo?» Chiede Joseph...
«E no mio caro...visto che mi ha chiamato lei...mi dica
lei... il suo motivo…» replicò Gordine.

288
«Avrei bisogno di vederla...»
«Quando? »
«Non saprei, anche fra un po'...»
«Va bene l'aspetto, sa qual è l'indirizzo della centrale?»
«No ma sicuramente il tassista si...a dopo allora.»
«Una cosa Joseph, lei sa per caso dove è atterrato suo
fratello Alfredo quel periodo fatidico, quando ha fatto la gita
negli State»
«Si..., mi sembra Saint Louis ma non so la data, anzi non
sapevo nemmeno che aveva fatto quella gita.»
«Bene grazie a dopo. »
La sera precedente, con l'ultimo saluto Gordine aveva
lasciato il nr di telefono a Joseph e lui contraccambiò con il
suo, sempre la sera precedente, Joseph dopo che aveva
accompagnato a casa Paolo, invece di tornare in albergo, prese
la direzione Malvern...
«Dove stai andando» gli chiese Claudine...
«Voglio vedere un locale qui lungo la strada...» che mi ha
parlato Paolo...
«Cosa mi nascondi e cosa ti ha detto...? »
Giuseppe la guardò, gli sorrise come per dire non posso
nasconderti nulla, gli raccontò delle risposte di Paolo alle sue
domande... fini con il detto "vino veritas"....
Claudine sorrise...ma aggiunse
«Non è che ci cacciamo nei guai? »
«Ma quali guai, una birra...e magari una partita a
bigliardo...»
«Si ci sto...»

289
Circa 20 minuti di strada e sulla sinistra isolato, il
“Ranchero pub-music-biliards” così diceva l'insegna
luminosa...
«Eccolo dovrebbe essere questo...
Svoltò a sinistra e parcheggiò, non c'erano molte auto...
«Vediamo se siamo fortunati...»
L'esterno del pub non invitava ad entrare...l'interno al
contrario era pulito, tavoli con le candele.... un lucido bancone
in legno, forse otto-nove metri di lunghezza, tre bigliardi ed in
fondo al locale, come un recinto dove all'interno, oltre la rete,
si vedeva una batteria e un organo, Hammond, Joseph lo
riconobbe subito..., sicuramente il probabile palco...dove
qualche band si esibiva.
Si sedettero ad un tavolo, e dopo pochi minuti arrivò una
bella bionda con pantaloni da ranchero e cappello da cow-boy,
che salutando, fece prima uno sorriso smagliante guardando
Joseph e un po' più spento quando incrociò lo sguardo di
Claudine.
«Buona sera signorina» disse Joseph...
«Buona sera. rispose e aggiunse; io sono Clementine, Cle
per gli amici...»
«Bene Cle..., riprese subito Joseph; due belle birre fresche
e se hai anche un po' di arachidi quelle buone vostre... sarebbe
perfetto, per il momento...»
«Perfetto...5 minuti e arrivano sia birre che arachidi»
Non c'era molta gente, un solo bigliardo occupato,
qualche tavolo con coppie di amici altri di piccole
compagnie...

290
Dopo cinque minuti arriva Cle con le birre...e Joseph gli
chiese.
«Scusami Cle...per caso è già stato qui Geron stesera?»
Cle guardò un po' con meraviglia Joseph pensando come
una persona così distinta potesse conoscere un personaggio
come Geron...
«Veramente ancora no..., alzò lo sguardo verso l'orologio
appeso sopra la porta d'ingresso e disse; se è puntuale
solitamente arriva per mezzanotte, mancano circa 10
minuti...»
«Grazie cara» disse Joseph.
Claudine fece finta di niente, conosceva bene Giuseppe e
il suo modo di fare... verso le donne...
Presero i boccali di birra... gli scontrarono fra loro e
bevvero un sorso...
Nemmeno 10' minuti che si aprì la porta e la persona che
entra è un ragazzo, non dimostrava più di 25 anni, forse un
metro settantacinque e che disse a voce alta...
«Paolo cugino mio, dove ti sei nascosto..., e arrivato al
banco si rivolge a Clementine; dov'è Paolo? »
«Non c'è... non è venuto stasera...»
«Come non è venuto!!!' Ma se la sua auto è lì fuori.»
Joseph guardò Claudine...dicendogli a voce bassa “fase 1
scattata” ... e poi...
«Guido io l'auto di Paolo stasera...» rivolgendosi a
Geron... che si girò meravigliato, prese il boccale di birra e si
avvicinò al tavolo di Joseph, sposto una sedia e si sedette...
«Prego siediti pure» disse Joseph.

291
«Perché c'è qualcosa che non va!!!?» chiese con
strafottenza Geron.
Joseph lo guardò fisso negli occhi…gli poggiò la mano
sull'avambraccio, che quasi glielo copriva tutto, la strinse un
po' e gli rispose in modo tranquillo ma deciso...
«No nulla che non va...mio caro, solo che dalle mie parti
prima ci si presenta, poi si chiede se ci si può sedere e se
riceve il SI...ci si siede...»
Geron non pensava di ricevere una sguardo e una risposta
di quel tipo...e da qual tipo... restò colpito, forse per la mano
che gli copriva l'avambraccio...
«Si forse hai ragione amico...» rispose Geron...che stava
per alzarsi...
«Non serve che ti alzi...gli disse Joseph è sufficiente che ti
presenti..., gli tese la mano...dicendo; io sono Joseph e questa
è la mia fidanzata Claudine e tu presumo sia Geron.».
Ovviamente sempre più meravigliato Geron rispose.
«Si esatto...molto piacere» rispose Geron stringendo la
mano di Joseph e salutando semplicemente Claudine.
«Sono il cugino di Paolo, aggiunse Joseph; è per questo
che ho la sua auto...»
«Ah... tu saresti il nipote di Mr. Arthur e poi anche il
cugino di Paolo...?» chiese Geron
«Si l'ho accompagnato a casa, era un po' troppo
sull'allegro, siamo stati a cena dopo un lungo pomeriggio
passato in uno studio...»
«Ah sì per l'eredità...e come è andata» chiede Geron...
Giuseppe lo guardava e aveva capito che si trovava
davanti una persona dalla quale, con un po' di tempo si

292
sarebbe fatto dire quel che voleva sapere, forse non
tutto...ma...
«Vedo che sai...beh come è andata...è andata finire che
tutto è bloccato perché sembra che Mr. Arthur sia stato
ucciso...; è arrivato un commissario un personaggio che un po'
faceva ridere per come si presentava, sembrava un pinguino,
poi con quella pelata...vabbè sta di fatto che sembra, anzi
brancola nel buio...»
«Ah forse mi stai parlando di Segugio, così è
soprannominato, si lo conosco lo conosco bene...»
«Segugio!!!? chiese come meravigliato Joseph, si chiama
così? Non mi sembra...»
«Ma no è il soprannome, si chiama Cordine o Gordine
non ricordo mai se con la C o la G.»
«Vabbè cosa di poco conto sta di fatto che sempre un
commissario è....» aggiunse Joseph.
«Vedo che la pensi come me su questi personaggi...»
replica Geron...
«Si, esatto, e tu come la pensi...?» chiese Joseph
«Che sono dei grandi rompi...cazzi...Oh mi scusi
signorina non volevo...»
«No no nessun problema Geron, hai ragione sono proprio
dei rompi cazzi...» replica Claudine che aveva capito il gioco
di Giuseppe...
«Comunque Geron son contento di averti incontrato
perché ho sentito da Paolo che siete un'ottima coppia a
bigliardo...»
«E si...ha detto la verità...vuoi fare una partita!!?»

293
«Bah è molto che non gioco... però, così per passare
un'oretta...si può fare...» rispose Giuseppe.
Si alzarono per andare verso il bigliardo... Giuseppe si
voltò verso Claudine invitandola a seguirlo lei si alzò dicendo.
«Certo Amore, vuoi che mi perda la “fase due?”»
«A cosa vuoi giocare» chiese Geron
«Ma non saprei...cosa dici qualche partita a 125? »
«Perfetto..., rispose Geron; mi sa che a 125 ne vincerai
poche...»
«Ehh si, lo penso anch'io, replicò Joseph che voltandosi
verso il banco chiese; Cle per favore altre tre birre grazie, ne
prendi un'altra anche tu Claudine...»
«Certochessi...e vedi di vincere per me...» aggiunse
sorridendo.
Clementine, vista la tranquillità della serata, aveva seguito
tutta la scena da quando era entrato Geron, poi raramente
veniva trattata così bene e rispose “Arrivano subito le birre
caro Joseph”.
«Grazie rispose lui.»
Avevano iniziato a giocare e alla quarta partita Geron ne
aveva vinte tre...
«Geron, mi ha raccontato Paolo che poco tempo fa avete
spennato, qualche migliaio di dollari a un italiano...»
«Si migliaia di dollari…avremo vinto si è no 400
dollari..., anzi cosa dici se facciamo 40 dollari a partita?
«Sta bene, rispose Joseph ridendo; se vuoi perdere quelli
che hai vinto all'italiano?»
«Non penso proprio...» e iniziarono a giocare.

294
Giuseppe perse le prime 5 partire e puntualmente a fine
partita pagava la perdita...; man mano che giocavano
Giuseppe faceva delle domande alternandole alla fatidica sera
con l'italiano... ma Geron, furbo...rispondeva quando a
giocare, toccava a Joseph...così si distraeva e sbagliava.
Giuseppe cominciò a cambiare il tempo delle domande, le
poneva solo quando stava lui giocare e Geron rispondeva
subito, in quanto non impegnato a tirare di stecca...
Geron era in vincita di 200 dollari...
«Cosa dici Joseph se giochiamo la posta doppia?»
«Vale dire...!!?» chiese Joseph anche se sapeva a cosa si
riferiva
Geron gli spiegò...
La prima partita la perse, stranamente, Giuseppe che
dovette sborsare 400 dollari...era sotto di 600...
Un altro italiano da spennare...pensò Geron
«Cosa dici se rifacciamo al raddoppio...» chiese Giuseppe
«Se per te va bene ok...» rispose Geron
Ripresero a giocare... ed iniziò la “fase tre”, le birre che
Geron aveva bevuto erano quattro.
Stava giocando, Joseph e nel mentre giocava...
«Ma come si chiamava questo italiano...?»
«Mi sembra Franco..., si Franco, rispose Geron chiedendo
subito; perché pensi di conoscerlo?» pose di proposito la
domanda sperando che il suo avversario sbagliasse la giocata.
«Ci sono tanti Franco...come posso sapere...dovresti
almeno descrivermelo» replicò Joseph continuando a giocare.
«Beh si forse 24-25 anni alto...quasi quanto me, capelli
scuri un tipo ordinato... ah si portava gli occhiali...»

295
«No non mi dice nulla..., ribatté Joseph continuando a
mandare, con calma le palle in buca...; ma dove l'ha
conosciuto Paolo?»
A questo punto Geron pensò che dando una risposta un
po' lunga Joseph... avrebbe sbagliato ad imbucare; e iniziò a
raccontare come Paolo aveva conosciuto Franco, al mattino
sul tardi a Little Rock, che aveva parcheggiato l'auto era
vicino casa Arghensthone; pensava si fosse perso e invece era
lì perché voleva solo incontrare Mr. Arthur...; che erano andati
a pranzo e poi nel pomeriggio un giro in città e dopo cena
sono arrivati qui e l'abbiamo spennato....
«Era venerdì mi sembra...si si venerdì ricordo bene.» finì
Geron senza che Giuseppe glielo chiedesse...
Nel frattempo altre due palle in buca per Joseph.
«Ma sabato a che ora è venuto da te Paolo? »
Geron cominciava spazientirsi... e con tono seccato ...gli
rispose...
«È arrivato alle 01.00 PM forse un po' prima, avevo finito
di mangiare da poco, mi ha chiesto se poteva prendere la mia
auto perché la sua ogni tanto si spegneva..., né il come né il
perché, sta di fatto che l'ha presa e poi verso le 05.00 PM è
ritornato fermandosi poi, sino a martedì mattina mattina...vuoi
sapere altro...? »
Joseph fece un altro tiro mandando due palle in buca...
«125!!!..., disse Giuseppe, mio caro Geron mi sa che
stavolta ho vinto io... e se non sbaglio sono 600 dollari...se
vuoi ne facciamo un'altra senza raddoppio però, così se vinci
te siamo pari...»

296
Geron non ci pensò un attimo, tanto valeva rischiare
anche perché dollari da pagare non ne aveva... e, guarda
caso!!! Joseph perse ed erano pari...
«Bene si è fatto tardi…, sono quasi le due meglio se si va
a letto le birre le offro io» disse Joseph.
«Si forse è meglio, rispose Geron; vado anch'io ciao è
stato un piacere» e se ne andò quasi senza salutare...,
sembrava un cane bastonato.
Giuseppe e Claudine salirono in auto e tornarono in
albergo; in auto poche parole, solo sguardi...
Era passata poco più di un'ora che Joseph aveva chiamato
Gordine, la agente in segreteria avvisò che era arrivato, il
commissario gli rispose di indicargli il percorso e farlo
accomodare.
Percorse un corridoio, attraversò e certamente non
inosservato, una grande sala con varie scrivanie e agenti
seduti; poi un altro corridoio e passate una serie di porte si
sentì chiamare in modo sommesso, si girò e dietro una porta
vide Consuelo...
«Consuelo cara...beh non è poi così cattivo Gordine se ti
ha fatto dormire qui..., ma un po' sei riuscita a dormire? »
Consuelo lo abbracciò, sino dove poteva arrivare, non più
in alto del petto e rispose.
«Si tranquillo è stato gentile, fa conto che questa mattina,
saranno state le sette è entrato, io non dormivo, forse lui
credeva di sì ed è uscito, poi la porta è sempre rimasta
socchiusa e verso le 8.30 un'agente mi ha portato il caffè»

297
«Bene ora vado che mi aspetta...e stai tranquilla...ci penso
io» si chinò e gli diede un bacio sulla guancia... lei gli diede
una materna carezza.
Lui, Giuseppe…sperava che....
Uscito dalla stanza, incrociò un'agente che con tono
imperativo gli chiese cosa stava facendo...; Joseph l'ho guardò
dall'alto...e gli rispose
«Non è giornata non è giornata...vai pure dove devi
andare...» e proseguì.
L'agente non fece a tempo a ribattere che sentì
«Caro Mr. Joseph...sono convinto che si è fermato a
salutare la Miss Consuelo...»
«Caro commissario Gordine...giusta convinzione, rispose
sorridendo...una stretta di mano; e la ringrazio...del
trattamento a Consuelo...»
«Mi segua le faccio strada...» ribatté Gordine...
Entrarono in ufficio, Gordine gli chiese se gradiva un
caffè precisando che non era come quello bevuto durante una
visita informale e precisando
«Ho ancora il gusto in bocca...»
«Ottimo modo per mettermi a mio agio...commissario»
replicò immediatamente Joseph.
«Allora mi dica è qui per...» chiese Segugio...
«Bene...cercherò di essere breve...»
«Preferisco lungo, preciso e soprattutto che sia il vero...»
«Va bene…la soddisferò, rispose Giuseppe e cominciò a
raccontare al commissario dal momento che sono usciti
dall'ufficio di Forshite, la cena con Paolo e le domande fatte, il
fine serata sino alle 02 di notte al pub, soffermandosi sulle

298
partite a bigliardo, ne andava un po' orgoglioso, di come
aveva “giocato “con Geron...
Segugio... ascoltò con attenzione e con un po' di stupore
qualche volta non era riuscito a nasconderlo...
«Certo che Mr. Joseph lei un po' pazzo... andare in quel
locale con la sua fidanzata, che tra l'altro non ho avuto il
piacere di conoscere..., ma la sua presenza e il suo saper
muoversi l'aiuta e non poco devo ammetterlo ...; se fosse un
mio agente direi...ottimo lavoro… ora però tocca a me...»
La solita cartellina, con scritto sopra Arghensthone,
estrasse l'elenco delle entrate all'aeroporto di Little Rock,
quelle riferite alla settimana del quel tragico sabato...
«Ecco Mr. Joseph... mi dica se fra questi nomi c'è
qualcuno che conosce...»
«Non capisco disse Joseph...comunque farò come
chiede... scorse la lista e quando arrivò a giovedì si fermò...e
disse...; questo cognome...non mi è nuovo...»
«Dice? e chi sarebbe...?»
«Mi faccia pensare...mi sembra...anzi è lo stesso cognome
del direttore di banca, ex... quello mancato anni fa...lì nel mio
paese.»
«Si il cognome si disse Gordine...ma il nome...sa se aveva
figli...?»
«Mi sembra di sì... ma non ne sono certo... però potrei
chiamare Alfredo mio fratello, probabilmente lui lo sa...»
Estrasse il telefono da tasca..., utente non raggiungibile,
provò un'altra volta...ma nulla...
Squilla il telefono sulla scrivania di Gordine, alzò il
ricevitore...

299
«Lo accompagni qui...subito, guardò Joseph, alzo i palmi
della mani verso il cielo aggiungendo; è qui...mio caro Joseph,
Alfredo è… qui»
La meraviglia di Joseph si lesse subito in faccia, ma non
quella di Alfredo anche se entrato nell'ufficio tutti e due
dissero...
«E tu...che ci fai qui...?»
Gordine invitò Alfredo a sedersi e disse.
«Ora se permettete, vista l'ora, poco più di metà mattinata,
ci prendiamo un altro caffè...»

300
La via più breve

«Allora ti è passata la sbronza di ieri sera? »


«Ciao Geron, quale sbronza!!? e se fosse come fai a
saperlo...rispose Paolo»
«Me l'ha detto un uccellino..., si chiama Joseph tuo
cugino».
«Joseph!!!...» esclama Paolo
«Si proprio lui...e ora mi devi spiegare cos'è questa storia
del cugino che di cognome fa Arghensthone...perché se pensi
di…»
«Di cosa...? »
«Paolo, l'eredità è stata bloccata per sospetto omicidio
perché non mi hai chiamato?»
«Ma cosa ti ha chiesto altro questo Joseph...? »
«Senti cugino...perché tu sia ancora mio cugino vero...?
dice Geron; penso sia il caso che ci vediamo...questa è una
cosa che non si puoi chiarire al telefono...pertanto vedi di
muovere il culo e venire subito da me...subito»
«Ti ripeto cosa ti ha chiesto Joseph e tu cosa gli hai
detto...»
«Non è riuscito a farmi parlare nemmeno Segugio..., ti
aspetto da me fra un'ora anzi no ci vediamo a metà strada al
distributore dopo il pub e ti ripeto, vedi di muovere il culo...»
e chiuse la comunicazione...
Paolo si passò la mano sui capelli... cominciando a pensare
peste e corna su Joseph...

301
Geron di canto suo...sapeva di aver parlato, forse un po'
troppo...
Nel frattempo in ufficio di Gordine...
«Ma come mai sei venuto qui Alfredo...» gli chiede
Giuseppe...
«Semplice, quando sono sceso ho chiesto al portiere se ti
aveva visto uscire, mi ha detto sì... e visto che gli hai chiesto a
quanto distava la centrale di polizia e son qui...e poi non
dovevi chiedere informazioni per il trasporto Arturo... l'avevi
detto ieri sera»
Alfredo non si era mai dimostrato così perspicace...
«Si esatto... ma son qui anche per un'altra cosa...e che tu
sia qui, è meglio...»
Gordine si stava gustando questa piccola discussione fra
fratelli e intervenne.
«Ok Joseph se permettete...prendo in mano le redini...»
prese la lista passeggeri e ripeté la medesima domanda...a
Paolo...
Alfredo scorse la lista e quando arrivò al nome di Franco
Petrinotti... guardò Giuseppe e gli disse...
«Ma tu sai chi questo...!!! è il figlio del famoso direttore
di banca, non ci posso credere...» aggiunse Paolo.
«Alfredo può immaginare come mai questo Franco sia
venuto negli State e poi a Little Rock...?»
Beh negli State e precisamente a Saint Louis se ha lista
degli arrivi di Saint Louis troverà anche il mio nome; faceva
parte del viaggio organizzato dal bar dello Sport... quello dove
ci siamo incontrati, ricorda...? ma il perché sia venuto a Little
Rock veramente non lo so...»

302
«Ma lei da Saint Louis quando è partito per Memphis?»
«Ma commissario gliel'ho già detto..., non ho preso l'aereo
ma un'auto a noleggio, son partito mi sembra al venerdì
mattina presto..., ricordo che Franco qualche giorno prima mi
aveva detto che si era stancato di stare con la compagnia e che
sarebbe andato via qualche giorno da solo a girovagare..., non
gli ho chiesto dove e conoscendolo, ho immaginato si sarebbe
chiuso in qualche albergo casinò per giocare...»
«Sai con chi è stato assieme Franco da quando è arrivato
sino a venerdì sera? dico venerdì, perché di questi due giorni
son certo... per gli altri no...» disse Giuseppe.
«Non saprei con chi? »
«Con Paolo Pedrolivar, ora Arghensthone». dice Gordine
Alfredo restò a bocca aperta...
«Io mi domando solo una cosa, interviene Giuseppe;
come faceva Franco a conoscere il nuovo cognome di Arturo
ma soprattutto dove abitava... perché è proprio davanti casa
Arghensthone che Paolo lo ha incontrato...; tu gli hai mai
detto niente? vi frequentavate al paese...?»
«Ma no ci vedevamo qualche volta al bar, lui lavora nella
banca, la stessa di suo padre, il classico ragionieretto, occhiali
sempre in ordine, ben vestito...a scuola sicuramente un
secchione...ma non mi ha mai chiesto nulla e poi non ne vedo
il motivo...»
Gordine ascoltava...e pensava...
Giuseppe...guardando Alfredo...disse “Gi-ro-la-mo”
«Prima di fare congetture ci vogliono certezze..., e chi c'è
le può dare, forse, è scoprire chi ha spedito questa...» e
sventolò la cartolina.

303
In quel momento squillò il telefono di Joseph, il classico
tintinnio, aprì la comunicazione senza guardare chi fosse.
«Ciao Joseph o Giu-Giusepe»
«Come stai sono Paolo...; rispose Giuseppe per niente
meravigliato di sentirlo; stavo appunto partendo per riportarti
l’auto...»
«L’auto non mi serve, ne ho altre tredici qui, mie, puoi
tenerla se devi andare in giro..., mi serve solo sapere che
domande sei andato fare a Geron, non era meglio se andavi a
dormire subito? »
«Senti Paolo, abbiamo fatto qualche partita bigliardo e
qualche chiacchiera... niente di più... ora devo lasciarti che
Claudine mi chiama e se puoi, senti il commissario per avere
informazioni su Consuelo. Ciao...»
Gordine guardò Joseph.
«Geron sicuramente gli avrà raccontato tutto...disse
Gordine...»
«Penso proprio di no, rispose Giuseppe, altrimenti Paolo
mi avrebbe detto oltre ad averlo battuto a bigliardo quali
domande gli hai fatto...; Geron vuol far vedere a Paolo che è
lui il furbo..., ma commissario e fare un confronto della
scrittura di Geron con quella della cartolina?» disse Giuseppe.
«Già provveduto, dovrebbe arrivare fra non molto quel
che serve... poi in caso si dovrà pensare Franco...unico
problema...non dietro l'angolo...e qualora ci fosse riscontro si
dovrebbe spiccare un mandato internazionale verso l'Italia... e
sa quanti Arthur farebbero a tempo morire…? oh scusatemi...»
risponde Gordine...

304
Joseph guardò l'orologio, due conti rapidi, in Europa non
erano ancora le sei del mattino...
«Senta commissario forse una via più breve c'è... è solo
un’idea, forse sbagliata ma voglio provare...» disse Giuseppe.
«E sarebbe? chiede Gordine...
«Le dirò... qualora fosse...»
«Ah sì come il timbro sul passaporto.» replicò Gordine.
Squillo del telefono sulla scrivania di Gordine...
«Si cosa c'è?» chiese Gordine.
«C’è in linea il Paolo Arghensthone vuole parlare con
lei...»
«Bene passamelo...»
«Buongiorno commissario sono Paolo...»
«Oh caro Paolo... disse Gordine guardando Joseph;
dimmi...»
«Volevo avere notizia di come stava Consuelo, se ha
dormito e se potevo passare a trovarla...»
«Come sta!!!, come vuoi che stia Paolo, una persona che
ha confessato un delitto..., se ha dormito non lo so, ma penso
di si è qui da noi e non in camera di sicurezza e per venire a
trovarla, mi dispiace non si può fare, bisogna aspettare la
convalida di fermo da parte del giudice.
«Ma quando pensa sarà...?»
«Mi auguro domani, però chiama l'avvocato Forshite, è
lui che segue la cosa...»
«Si, infatti ci siamo lasciati che ci saremmo rivisti domani
nel pomeriggio...»
«E allora domani nel pomeriggio sarà... ciao ti saluto»
Paolo ed abbassò il ricevitore...

305
«Come sarebbe la convalida di fermo...chiede Alfredo»
«Cosa dovevo dirgli che non son certo di Consuelo e che
volevo vederci chiaro? anche se penso che questo non valga
più...; e prese il mandato che aveva tenuto nel cassetto; ora se
permettete avrei altro da fare e, Mr. Joseph solo sei ore di
tempo per questa sua via breve poi chiamo chi so io»
«Guardi che in Europa ora non sono ancora le 06.00 AM.»
fece notare Giuseppe...
«Ok otto ore da ora...non di più… e buona giornata a voi
signori.»
Al distributore di benzina dopo il pub, Geron era lì,
appoggiato al cofano di una vecchia Camaro, aspettava Paolo
ormai da più di 10 minuti e quando arrivò non a fece tempo a
scendere che con tono seccato Geron gli dice:
«Era ora che arrivassi sono qui da più di mezz'ora...»
«C’era traffico scusami...»
«Tutte balle...come sono tutte balle quello che mi hai
raccontato...»
«Ma no ti sbagli... ti ho promesso un garage con 14 auto?
e che auto!!! e lo avrai...»
«Vedi di spiegarti e bene...»
Paolo gli accennò del fatto che lui, da come risultava dagli
esami era un Arghensthone e che lo aveva scoperto, prima
ancora che Arthur morisse, quali erano le sue volontà e che il
colpevole aveva confessato e fini dicendo...
«Pertanto visto che, una volta mancato mio papà avrei
dovuto essere io a ricevere le 14 auto e dal momento che sono
un Arghensthone, le 14 auto spettano all'erede di Pedrolivar e
l'erede più prossimo diventi tu...; domani pomeriggio verrai in

306
studio dell'avvocato Forshite con me e reclami la tua parte...,
andremo assieme con un amico avvocato, penso io ad
informarlo sul tutto...»
«Però!! una bella testolina. Il mio caro ex cugino» e lo
abbracciò ridendo....
Geron non gli disse del fatto che poco fa, era passato
un'agente a fargli compilare un foglio tanto erano cose che
non dovevano interessargli.
«Allora ok disse Paolo ti chiamo domattina, ci sono delle
formalità devono essere espletate..., la conferma dell'arresto...
ma è cosa breve..., disse Paolo forte di quanto gli aveva detto
al telefono Gordine...; ora vado che ho cose da fare...è più
avanti... tante altre ancora...»
Salì in auto, aveva preso una sportiva rossa fiammante e
partì sgommando...
«Ciao Amore sei in hotel...? »
«Ciao a te, rispose Claudine; veramente sto uscendo.»
«No no ferma lì che arrivo dobbiamo parlare, dammi
quindici minuti...»
Fuori dal commissariato Lorella e Achille aspettavano
Alfredo avrebbero fatto un po' i turisti per Little Rock,
Giuseppe riuscì a prendere un taxi al volo.
Sali di corsa in camera, Claudine lo stava aspettando.
«Pensi che sia troppo presto chiamare tuo papà? a Londra
sono quasi le sette del mattino.»
«No. rispose, ma il motivo?»
Giuseppe gli spiegò velocemente il motivo e la sua idea.
«Pronto pronto...ciao paparino…»
«Eh sì con questo paparino...come stai stellina mia.»

307
«Bene bene però...senti dovrei parlarti...
«Riferito a....»
«Si...»
«Ok...non ora però...sei nell'hotel che so? »
«Si paparino...»
«Bene allora fra dieci minuti, a 100 metri a sinistra
dell'uscita dell'hotel, cabina telefonica aspetta lo squillo...»
«Va bene ciao...»
«Andiamo andiamo...disse Claudine, prendendo per mano
Giuseppe.»
«Ma cos'è successo...»
«Buono buono capirai...»
Dopo poco meno di dieci minuti arrivarono alla cabina,
qualche minuto e ...
«Pronto…, pronto, sei tu? chiese Claudine...»
«Si allora dimmi, qui si può parlare...»
«Papà penso che sia meglio che ti passi Giuseppe...»
«Bene...dai che lo saluto...»
«Marcel buongiorno, come stai?»
«Ciao Giuseppe, bene grazie...ma la mia stellina la tratti
bene?»
«Certo tranquillo...»
«Bene dimmi…»
«Marcel, la banca dove lavori ha acquistato alcuni piccoli
istituti bancari in Italia tra i quali una banchetta…e
precisamente...
«Ma come fai a sapere queste cose...? »

308
«Beh se sono nel settore finanziario determinate...
transazioni che poi transazioni non sono... mi arrivano alle
orecchie...»
«Cosa ti serve...»
«Nella sede di questa banca, lavora un tale Franco
Petrinotti...servirebbe…e gli spiegò nei dettagli il tutto
dicendo che c'era una certa urgenza...»
«Urgenza vuol dire? »
«Cinque ore o sei...al massimo»
«Fammi controllare una cosa…, vediamo se siamo
fortunati..., ok non muovetevi dall'albergo...vi richiamo io
diciamo fra un'ora al massimo...»
«Bene Grazie...»
«Per la felicità della mia stellina si fa... o in caso si
inventa...ciao a dopo» e chiuse il telefono...
Giuseppe chiuse anche lui, guardò Claudine, la prese per
mano e gli disse...
«Vieni, torniamo in albergo...spiegandogli nel frattempo
cosa gli aveva detto il suo paparino. »
Entrarono in albergo e Giuseppe disse al direttore della
conciergerie che aspettava una telefonata e di passargliela al
telefono nel salottino verde....
Ordinarono qualcosina da mangiare, erano quasi le 03.00
PM; finito il pranzetto... il caffè, era passata poco più di
mezz'ora dalla telefonata con Marcel, Giuseppe prese la sua
tazzina e iniziò a girare a suo modo il caffè, Claudine lo
guardava e sorrideva...
«Mr. Arghensthone, chiama la segretaria dell'albergo
avvicinandosi al salottino... le passò una telefonata...

309
«Giuseppe ascolta bene, disse Marcel, sai cosa ti costa
questa cosa...!!!? »
«Ma non saprei...»
«Bene, guarda Claudine e pensa... fra 20 minuti arriverà
un fax all'albergo e dopo se rispecchia quello che dici...
procediamo con il resto...»
«Perfetto...Grazie... e Grazie a Claudine anche...»
«Ciao caro ciao...» Marcel chiuse la telefonata
Giuseppe informò la segreteria che sarebbe arrivato un
fax; chiamò Gordine, lo informò e gli chiese il nr di fax dove
potergli inviare il documento..., Gordine stava seduto, a suo
modo sulla sua sedia e di colpo gli si bloccarono i piedi....
Poco più di 15 minuti...arriva il fax...Giuseppe lo guardò
ma non sapeva se…chiese alla segretaria di poterlo
trasmettere lui direttamente..., poi chiamò Gordine e gli disse

«Fax spedito ci sentiamo ma non prima di un'ora».
«Come un'ora...» rispose Gordine...
«Si ho da fare...fra un'ora grazie...» e lo salutò.
Uscì dall'ufficio della segreteria, si avvicinò a Claudine e
gli chiese...
«Hai la tessera...?»
«Si gli rispose.»
«Bene vieni con me...e gli prese la mano.
«Ma Giuseppe cosa è successo?»
«Lo vedrai appena in camera...vieni…, con me.»

310
La trappola

La banca del paesino dell'alta padovana, aveva aperto da


poco e il direttore, vista la richiesta ricevuta dalla sede
centrale di Londra, aveva chiamato subito Franco Petrinotti
per candidarlo al corso di formazione di finanza
internazionale, chiedendogli se poteva interessargli
puntualizzando “ovviamente tutto spesato”, Franco accettò
con entusiasmo e compilò il modulo, poche righe "Io
sottoscritto........manifesto l'interesse a partecipare......... che
si terrà a Memphis il........con inizio dalle H....... Distinti
saluti...”
Il direttore, anche se un po' meravigliato sulla formalità,
inoltrò il documento, d'altronde l'ordine proveniva dall'alto.
Gordine aveva ricevuto il fax da Joseph e rimase anche lui
un po' stupito... ma poco gli interessava del contenuto...;
guardò l'orologio, Joseph gli aveva detto di chiamarlo non
prima di un'ora, erano passati 20 minuti... provò ugualmente
ma il telefono risultava staccato, provò in albergo ma gli
risposero che non c'era..., questo aveva lasciato detto in
portineria..., non voleva interferenze...
Squilla il telefono di Gordine..., era l'avvocato Forshite,
chiedeva conferma per il pomeriggio successivo per chiudere
l'eredità, la risposta di Gordine fu…telegrafica
«Avvocato Forshite, rinviato di qualche giorno, il
procuratore e via per un corso di aggiornamento, questo venne
in mente a Gordine come scusa; ci sentiamo lunedì buon week
end...» e chiuse...

311
A Forshite non restò che informare gli interessati...
«Pronto Gordine sono Joseph, mi aveva cercato...?»
«Certo che l'ho cercata...e più volte... le confermo, la
scrittura è la stessa... anche se non ancora verificata dal prof.
Clinderman ma non ci sono dubbi...»
«Allora si prosegue...» rispose Joseph...
«Cosa ha detto Joseph si sente bene...!!?»
«Si commissario...benissimo...»
«Si prosegue ma come!!!?...»
«Mi dia qualche ora... a proposito lei nella contea di
Memphis ha giurisdizione...?»
«No... ma è come se c'è l’avessi…comunque si ricordi.
Lei ha poco più di quattro ...»
«Ok...a dopo…»
Joseph si voltò, Claudine era sdraiata prona...gli accarezzò
l'ondulata schiena sino a giù…poi gli disse sussurrando...
«Amore penso sia il caso che tu chiami il paparino per
dirgli che è ok...»
«Se me lo chiedi così non posso far altro che ubbidire...
ma ti costerà...dovrai staccare il telefono per un’altra ora...»
«Fatto...» rispose Giuseppe...e spense il telefono...
Era quasi mezzodì nel paesino dell'alta padovana e il
direttore, meravigliato, ricevette una telefonata dalla sede di
Londra, d'altronde era quella che gestiva tutta l'Europa e
dall'altro capo del filo, il collega londinese gli comunicò che
la domanda di Franco Petrinotti era stata accolta e che da lì a
pochi minuti avrebbe ricevuto un fax di conferma con il
giorno di iniziò dei corsi e orario dei voli; il collega londinese
gli disse che per comodità dei partecipanti si è pensato che

312
farli arrivare almeno un giorno prima, per riposare e
conoscersi; il direttore rispose “ mi una sembra una cosa
giusta ” che avrebbe subito informato il ragionier Petrinotti e
se del caso, gli avrebbe fatto smettere la giornata prima; il
collega di Londra rispose “mi sembra una cosa giusta” e
salutò...
Dopo 10 minuti arrivò il fax dalla sede di Londra, il
direttore della banca chiamò il ragioniere Franco Petrinotti;
doveva scegliere quando partire in quanto doveva dare
immediata comunicazione a Londra per il biglietto..., Franco
scelse ovviamente il primo volo che partiva al sabato notte...;
avrebbe avuto la domenica è il lunedì liberi visto che il “corso
“cominciava al martedì...
«Franco ti faccio i complimenti, son certo che tuo padre
sarebbe orgoglioso di te...» disse il direttore.
«Grazie direttore lo penso anch'io...»
«Se vuoi può già andare a casa...»
«No grazie finisco la mia giornata, ho tutto domani per
prepararmi...»
«Dimenticavo, disse il direttore il volo, sarà in classe
turistica... sai questi corsi costano e la banca è in periodo di
risparmio...»
«Nessun problema...» rispose Franco e tornò al lavoro.
Claudine si stava facendo una bella doccia...Joseph era
fuori, sul terrazzo all'undicesimo piano dell’hotel…
desiderava tanto un buon caffè...quando il desiderio venne
interrotto dallo squillo del telefono...
«Buongiorno le passò una telefonata ...»
«Si grazie...»

313
«Pronto...»
«Ciao Joseph...come stai è come sta la mia stellina?»
«Bene grazie è sotto la doccia se vuoi la chiamo...»
«No non serve...sento che sta bene...se hai carta e penna
scrivi: Volo KL 6361 domenica... ore 07.15 AM Memphis...il
ritorno in caso lo paghi tu...»
«Grazie ...Grazie...»
«Dai un bacio in fronte alla mia stellina da parte mia...»
Joseph chiuse il telefono e lo riaprì, schiacciando il tasto
per la linea diretta e
«Commissario se ha da scrivere scriva: Volo KL 6361
domenica…ore 07.15 AM Memphis... il ritorno in caso lo
paga lei…, ci sarà chi ha scritto la cartolina, un foglio di carta
con il suo nome e lui si avvicinerà...per il resto pensi qualcosa
lei...visto che la persona arriva per un corso...»
«Joseph...disse Gordine...vuole insegnarmi
qualcos'altro!!? la saluto...e....e..Grazie...» fece fatica a dire
quel grazie.
Segugio non sapeva se....
Si alzò e andò a trovare Consuelo.
«Signora Consuelo come sta?» gli chiese...
«Buongiorno commissario, si benino, un po' frastornata
ma benino...»
«Senta signora... devo dirle che mi dispiace davvero ma
deve stare ancora qui almeno sino a martedì...»
«Perché commissario...non mi trasferiscono in carcere?»
«No per ora no, manca la firma del giudice...che non
c'è...rispose Gordine... ma lei è certa di avermi raccontato la

314
verità... non so, ma qualcosa mi porta credere che molto di ciò
che mi ha detto...»
Consuelo lo guardò negli occhi Gordine, che dietro le
lenti degli occhiali sembravano ancor più grandi...gli fece un
sorriso...
«Si commissario, si…» e abbassò la testa.
«Qualsiasi cosa le serva...non si faccia problemi ho dato
disposizione alle agenti di servizio di venirla trovare ogni
tanto...»
Gli Argenton e Arghensthone con Claudine passarono il
sabato in giro per Little Rock...Joseph aveva preso una grande
monovolume a noleggio; si era informarono presso un'agenzia
funebre sulle modalità e il costo per trasporto di Arturo in
Italia; un giro al piccolo lago da dove una parte della tenuta di
Arthur Arghensthone attingeva l'acqua; dall'alto di una collina,
nelle vicinanze, si capiva quanto fosse estesa la proprietà;
papà Achille guardava meravigliato di cosa fosse riuscito a
fare suo fratello Arturo; Joseph avrebbe voluto fargli visitare
l'intera tenuta dall'interno ma Paolo gli aveva detto che
purtroppo sarebbe stato via tutto il giorno, aveva un incontro
con dei vecchi amici di collegio...e preferì non insistere...
Gordine aveva passato il sabato ad organizzare il viaggio
per la domenica a Memphis, che è nel Tennessee, sconfinava
un bel po' dalla sua giurisdizione; qualche piacere lo avanzava
da qualcuno...poi pensò che per come si era organizzato che
non serviva chiedere...meglio tenere buona la richiesta per
un’altra volta...
Fly Volo KL 6361 ore 07.15 AM Landed.

315
I rappresentanti, addetti ai servizi esterni della banca
erano all'aeroporto da circa mezz'ora; uno dei due aveva un
foglio con stampato il nome Franco Petrinotti, lo teneva
aperto con le due mani, appena sopra la testa....
Dal corridoio riservato allo sbarco passeggeri, fra la gente,
un giovane ben vestito, con la cravatta, occhiali e ben
pettinato, il classico ragioniere di banca.
«Sono Mr. Franco Petrinotti,» disse in un buon inglese.
«Molto lieto sono Murphy Donovan addetto al
ricevimento e registrazione corso e questo è Philippe Gordine
il mio segretario, se vuole seguirci andiamo all'auto..., deve
scusare il poco italiano di Mr. Gordine, che stava ripiegando il
foglio... se serve traduco io»
«Grazie...Mr. Donovan, rispose Franco, non pesavo che
qualcuno venisse a prendermi...»
«Il nostro servizio, alle volte, include anche questo.»
rispose Murphy.
Salirono in auto, guidava Murphy e usciti dall'aeroporto
imboccarono la A53 direzione Little Rock...
«Prima volta qui negli State» chiese Murphy...
«No rispose Franco l'ultima volta ci sono stato mesi fa,
ma a Saint Luis..., mi è piaciuta molto...»
Avevano percorso circa 15 miglia, e ormai erano fuori
città....
«Ma scusate...ma dove si terrà il corso...!!?» chiese
Franco.
«A poco più di un'ora da qui...» rispose Murphy; e
continuò chiedendo se aveva fatto buon viaggio e se aveva
riposato...

316
Franco rispose, viaggio tranquillo e nonostante fosse in
classe turistica, era riuscito a riposare.
Si fermarono dopo circa un'ora di strada per fare
colazione... Franco stava per pagare ma Gordine lo bloccò
dicendo che era ospite della banca...
All'orizzonte si vedevano i palazzi di Little Rock, quella
strada Franco non l'aveva fatta nel suo ultimo e unico viaggio;
quando vide però il cartello Little Rock disse.
«Ma qui siamo...siamo a …»
«Si rispose Murphy siamo a Little Rock non le avevano
detto? »
«No mi hanno parlato di Memphis, non vedo il motivo del
perché arrivare a Memphis e poi prendere l'auto quando...!! »
«Quando a Little Rock ci sono tre aeroporti!!! intende...;
rispose Gordine prima ancora che la traduzione fosse finita... e
continuò...; cosa vuole MR Petrinotti, la banca ha organizzato
così.»
Erano quasi le 10.00 AM e l'auto, guidata da Murphy si
fermò davanti alla stazione di polizia...Gordine scese ed aprì
la porta a Mr. Petrinotti
«Prego Mr. Franco Petrinotti siamo arrivati disse
Gordine...»
«Ma...ma..., esclamò Franco; non capisco... cosa sta
succedendo...»
«Tranquillo piccole formalità di banca... sa in questi
casi...pensò lei capisca; e si presentò per quello che
effettivamente; ora se gentilmente mi vuol seguire...Grazie.» e
allungò il braccio come per invitarlo nuovamente a
scendere...»

317
Franco cominciava a sudare...scese, fece per aprire il
bagagliaio ma Gordine gli disse di lasciar perdere ci avrebbe
pensato l'agente di servizio... e si incamminò, Franco gli stava
dietro, Murphy seguiva...
Arrivarono nello studio di Segugio, lo fece accomodare, e
dopo essersi tolto la giacca Gordine si sedette al suo solito
posto.
Per non far preoccupare Franco, iniziò a parlare del più e
del meno..., inventandosi qualcosa sul corso di
aggiornamento; poi, quando percepì una certa tranquillità nel
voce di Franco gli disse...
«Mi dispiace per suo padre..., che se non erro è mancato
circa 15 anni fa…Giusto? »
«Si esatto, ma lei come fa.... lo conosceva?»
«No personalmente no... ma ne ho sentito parlare così
tante volte che mi sembra ormai di conoscerlo.»
Gordine aveva capito il carattere del ragioner Franco,
sarebbe bastato poco per farlo parlare..., cominciò nel fargli
alcune domande e poi una serie puntualizzazioni, di quando
era stato negli State ultima volta, precisando che non era mesi
fa ma bensì....., gli elencò tutti i suoi spostamenti dall'arrivo a
Saint Louis, poi il viaggio a Little Rock, l'incontro con Paolo
e quali cose, o meglio quale fatto in modo particolare sapeva
gli accumunasse, gli parlò delle partite a bigliardo assieme al
cugino e che gli avevano spennato qualche migliaio di
dollari... ma solo a quest'ultima Franco obbiettò fermamente
dicendo.. “Impossibile...io non so e non mai giocato a
bigliardo, pertanto mai nessuna partita ho fatto con Paolo e
Geron”.

318
Gordine gli chiese cosa avesse fatto il sabato successivo o
se preferiva glielo avrebbe detto lui...e aggiungendo che se la
versione detta, combaciava con quella in sue mani, sarebbe
potuto andare tranquillamente al corso di aggiornamento,
diversamente lo consigliava di trovarsi un avvocato a Little
Rock.
A quel punto Franco si sentì in trappola e iniziò a parlare
raccontando il tutto... soffermandosi anche suoi minimi
particolari, Segugio ascoltava e registrava... si era convinto
che ciò che Franco diceva era la vera verità... non ne aveva
dubbi...
«Bene..., disse Gordine le voglio credere...»
«Mi deve credere e ora posso andare» ribatté Franco
togliendosi gli occhiali e pulendoli con una salviettina adatta
allo scopo...
«Funzionano bene...?» chiese Gordine.
«Cosa...?» rispose Franco...
«Quelle salviettine...ne ha una da farmi provare? »
Franco mise una mano nella tasca della giacca e ne porse
una a Gordine richiedendo se poteva andare...
«Si... rispose Gordine ma domani pomeriggio, al massimo
martedì mattina, nel frattempo le posso mettere a disposizione
una stanza con bagno, qui o se preferisce a fianco alla centrale
c'è una pensioncina, dove può alloggiare, l'agente Murphy
l'accompagnerà con piacere..., le devo però chiedere di
lasciare qui il suo passaporto ed altri effetti personali, penso
possa fidarsi, nessuno le porterà via nulla...»
Franco sembrava un cagnolino bastonato..., prese il
passaporto il portafoglio con le carte di credito, chiedendo se

319
poteva trattenere qualche dollaro per il pranzo e la cena...
Gordine rispose di sì e comunque sia per il pranzo che per la
cena di non preoccuparsi, l'agente Murphy gli avrebbe fatto
compagnia; gli chiese di consegnarli anche il telefonino, di
spegnerlo e se aveva la protezione di inserirla...
«E mi raccomando, disse Gordine prima di salutarlo; non
chiami nessuno per raccontare di questo incontro, andrebbe
sicuramente a suo sfavore, soprattutto per il corso...»
«Stia tranquillo, rispose Franco; stia tranquillo» ripeté.
Anche se domenica, Gordine chiamò ugualmente
l'avvocato Murphy, dicendo che se per lui andava bene ci si
poteva incontrare, domani, lunedì anche al mattino... Murphy
rispose che andava bene, che avrebbe avvisato subito chi
d'interesse e fissarono l'orario, lunedì alle 11.00 AM sempre
nel suo studio; Murphy non si curò più di tanto del “ci si
poteva incontrare” detto da Gordine... cosa c'entrava la sua
partecipazione se ormai il caso era chiuso...
Erano ormai le 02.30 PM e Giuseppe era sulle spine, era
curioso di sapere…chiamò Gordine chiedendogli se ....
«Appuntamento dall'avvocato Murphy domani, lunedì alle
11.00 AM, non le dico altro...e si diverta...» rispose Gordine
che uscì dal suo ufficio per andare a salutare Consuelo e
informarla del incontro per l'indomani...
Paolo ricevuta la telefonata dall'avvocato Murphy, avvisò
subito Geron e si accordarono che l'avrebbe aspettato a casa
sua..., la sentiva già sua, per andare poi all'appuntamento e
consigliandolo di vestirsi decentemente...

320
Lunedì ore 10.45 AM nella sala d'attesa, come la prima
volta erano tutti radunati, mancava Consuelo...e....c'era un una
persona nuova Geron...

321
L’Erede

«Geron come mai qui?» Chiede Giuseppe.


Geron non particolarmente scaltro, come pensa di essere
risponde
«Tuo cugino Paolo mi ha detto di venire, anche perché
come unico erede di Martin Pedrolivar rientro nel
testamento... c'è qui l'avvocato Lempton che spiegherà
tutto...»
«Ah bene...ribatté Alfredo... questa è proprio buona... una
se ne va e un altro se ne aggiunge...»
«Lascia perdere, aggiunge papà Achille; tanto quello che
Arturo ha predisposto per noi, nessuno ce lo toglie...anche se
per l'eredità interviene mezza Lit Roc...poco me ne frega...»
Questo inizio di discussione viene interrotto dalla
segretaria dell'avvocato Forshite che gli inviata a seguirli nello
studio privato di Forshite.
Tutti presero posto nello stesso ordine della prima
convocazione a parte Geron che si sedette a fianco l'avvocato
Lempton…che immediatamente intervenne.
«Ecco caro collega questo è la composizione famigliare
del mio assistito Geron Pedrolivar che, dopo la morte di
Martin Pedrolivar e data la nuova paternità di Paolo
Pedrolivar che diviene Arghensthone il signor Geron subentra
nel lascito ricevendo il parco auto composto da 14 auto» e
consegnando l'elenco delle auto.
Murphy quasi stizzito dell'immediato intervento del
collega rispose

322
«Se vuoi sederti al mio posto...facciamo prima...e riprese
allora signori qualcuno ha da obbiettare qualcosa? »
«Si io, disse Giuseppe; chiedo la verifica del DNA di
Paolo Pedrolivar...e che sia eseguita da un medico indicato dal
tribunale...»
«Lei sa che ciò potrebbe bloccare l'atto...»
«Si certo e non vedo dove sia il problema.» rispose
Giuseppe che vedeva svanire l'eredità...
In quel momento bussò la segretaria e fece entrare
Gordine, l'agente Murphy e Consuelo...
«Ma signorina come si permette di entrare senza
bussare...» disse indispettito Forshite
«Non ho potuto far altro avvocato il commissario ha detto
che la stava aspettando...»
«Certo intervenne Gordine non si ricorda!!!? Ieri le ho
detto “allora se dice possiamo trovarci domani” e lei mi ha
dato anche l'orario tutto registrato onde evitare equivoci.» finì
Gordine con un ironico sorriso.
«Bene commissario, cosa c'è ancora!!!?»
«Ah nulla...avrei ancora necessità del suo posto e se
permette...»
Forshite si alzò senza discutere...dicendo:
«Prego si accomodi...»
Forshite si sedette sulla solita poltrona e Gordine prese il
suo posto esordendo:
«Toh chi si vede Geron Pedrolivar…e che ci fai qui...? »
Geron diede la medesima risposta che aveva dato in
precedenza a Giuseppe aggiungendo che il suo avvocato
aveva già consegnato tutta la documentazione a Forshite...

323
«Bene bene..., vedremo dopo, ora vorrei chiedere, anzi
chiedo una informazione a Paolo...e rivolgendosi a lui; Paolo
mi vuoi parlare di questo italiano al quale avete spennato
qualche migliaio di dollari poco tempo fa..., mi sembra fra il
venerdì antecedente l'omicidio di Mr. Arthur...
Paolo restò ovviamente meravigliato... guardò il suo
avvocato chiedendo se doveva rispondere..., lui rispose che
non ne vedeva il problema....
«Si ho conosciuto quell'italiano, che sinceramente non
ricordo il nome, mi sembra Franco, vicino alla stazione
centrale di Little Rock, mi aveva chiesto un'informazione, se
sapevo dove si trovasse la proprietà Arghensthone..., gli dissi
di sì, gli dissi inoltre che lavoravo li è se voleva lo potevo
accompagnare. »
«Si bene e poi?» chiese Gordine...
«Mi rispose che non serviva, gli bastava l'indirizzo... poi
abbiamo cominciato a parlare di altro, qualche risata ed andata
a finire che siamo andati a cena assieme e poi a fare qualche
partita a bigliardo…, poi si voltò a guardare Giuseppe
dicendo, giusto Giuseppe? Mi sembra di averti detto così...»
«Non propriamente con questi dettagli... ma se lo dici
tu...!!?, non ricordo nemmeno come mai tu mi abbia detto
questa cosa...» aggiunse Giuseppe.
«Mi confermi questo, chiese Gordine rivolgendosi a
Geron...»
«Della partita a bigliardo!!? Si confermo...non ricordo di
quanto lo abbiamo spennato però...»
«Signori...mi domando perché dobbiate rendermi sempre
le cose più difficili...forse volete mettere alla prova il mio

324
fiuto!!?...va bene facciamola finita...» e rivolgendosi
all'avvocato Forshite gli chiese di dire alla sua segretaria di far
accomodare la persona all'ingresso.
Nel frattempo prese il mandato su cui era posto il nome di
Consuelo, lo apri lo fece vedere a tutti...e lo stracciò in quattro
pezzi...
L'unico a non meravigliarsi dell'entrata di Franco
Petrinotti è stato Giuseppe...
«Ma...Franco!!! che ci fai qui.» chiede Alfredo e Achille
lo seguì a ruota...
Paolo e Geron si guardarono....
«Bene signori... il signore appena entrato è Franco
Petrinotti e la cartolina spedita al bar dello Sport è stata scritta
da lui...ma spedita da Consuelo...vero Consuelo» gli chiese?
Consuelo lo guardò e rispose "Si signor commissario".
«Allora chi mi vuole raccontare come è andata!!!?» dice
Gordine guardando prima Paolo e poi Geron...
«Noi non sappiamo niente rispondono quasi assieme...»
«Allora ve lo dico io...prima cosa, quando Consuelo nella
sua confessione per proteggere Paolo ha detto che aveva visto
la pagina internet aperta su orario voli, mi è venuto un
dubbio... la signora Consuelo non sa né come si usa un PC né
sa usare mouse e men che meno una tastiera...a mala pena, sa
scrivere, vero signora Consuelo?»
«Si signor commissario...»
«Devo continuare? O lo vuoi fare tu Paolo?»
«No non so niente di questa cosa...» rispose
«Allora continuo io...voi, Geron e Paolo non avete fatto
alcuna partita con Paolo perché lui non sa giocare e le migliaia

325
di dollari che tu Paolo hai detto di aver vinto assieme a Geron,
spennando un italiano, li avete rubati dal secondo cassetto
della scrivania di Mr. Arthur...ed esattamente 6.mila dollari,
lasciandone 65 di dollari.»
«Tutte cose inventate...» dice Geron...
Gordine estrae dalla borsa il blocco di Mr. Arthur e fa
vedere che ogni quattro cinque fogli Mr. Arthur teneva scritta
era una sorta di pronta cassa..., lui metteva, prendeva e
annotava...comunque la somma massima corrispondeva
sempre a 10.000.dollari.
«Ora non si sa con quale cadenza, Mr. Arthur,
rimpinguasse questa “pronta cassa” con questi 10.000. dollari,
però su questo foglio del blocco, e lo fa vedere a chi di
dovere, c'è scritta una data poi il segno + 9.600 e poi totale
10.000; poi in altri fogli successivi, non in maniera ordinata
ma ben intuibile, si leggono, importo prelievo è vicino la
data... arriviamo al venerdì antecedente e in questo foglio si
trovano le uscite e il saldo 6 mila e 65 dollari…, e il martedì
quando Consuelo ha scoperto il corpo, o meglio gli è stato
detto di dare l'allarme al martedì, nel cassetto c'erano 65
dollari vero Consuelo »
«Si signor commissario»
« Tu Paolo, riprende Gordine: hai incontrato Franco
davanti casa... e dopo un po' che parlavate avete scoperto di
avere una cosa in comune..., tu Paolo non avevi conosciuto
tua madre in quanto morta a causa di Mr. Arthur e Mr. Franco
Petrinotti a poco più di 9 anni aveva perso suo padre sempre a
causa di Mr. Arthur; volevate vendicarvi o forse solo
spaventarlo...ma qualcuno ha esagerato... qualcosa è andato

326
storto...; prima l'arrivo di Alfredo e siete usciti dalla porta
finestra, da dove eravate entrati; poi sul finire l'arrivo di
Consuelo e a qual punto avete inscenato, l'appunto del volo, tu
leggevi gli orari e Consuelo scriveva...; Franco ha scritto la
cartolina che era effettivamente sul tavolo di Mr. Arthur... e
poi Consuelo l'ha spedita... e qualcuno di voi tre, perché in tre
eravate ha rubato i soldi...; Gordine si fermò un attimo poi
continuò; vero Geron...»
«No No disse Geron io non l'ho ucciso ho solo guardato
nei cassetti per vedere se c'erano dei soldi... gli ho visti e gli
ho presi... e poi li ho divisi solo con Paolo..., sei uno stupido,
disse rivolgendosi a Paolo; ti avevo detto di non andare in giro
con tutti quei soldi in tasca...»
« A quel punto Paolo, che aveva ormai capito di essere in
trappola, non ce la fece più, si alzò...e con uno sguardo pieno
di rabbia guardò fisso negli occhi...il commissario Gordine...e
confessò...; confessò che voleva vendicarsi oltre che per la
morte di sua madre anche per quella di suo padre; confessò
che Franco voleva solo farsi conoscere e guardare negli occhi
la persona che aveva fatto morire suo padre, niente di più;
confessò che aveva inscenato il tutto pensando di riuscire a far
ricadere la colpa o su Alfredo o su Philippe...; confessò che
mentre dettava l'orario dei treni a Consuelo gli aveva dato
istruzioni, minacciandola...
«Allora avvocato Lempton, disse Gordine, presumo in
questo caso lei sia il difensore di Paolo Pedrolivar e Geron
Pedrolivar...»
L'avvocato Lempton guardò i due cugini, entrambi fecero
cenno con la testa...

327
« Agente Richard procedi pure con l'arresto per furto e
partecipazione all'omicidio di Mr. Arthur, nei confronti di
Geron Pedrolivar e di omicidio per quanto riguarda Paolo
Pedrolivar, leggigli i loro diritti, manette e portali via..., fuori
all'ingresso dovrebbero esserci altri due agenti...; lei Mr.
Franco Petrinotti non è ancora libero...in quanto avrebbe
dovuto denunciare ciò che è avvenuto e non andarsene...
pertanto il suo passaporto viene trattenuto, le consiglierei di
trovarsi un avvocato che, se bravo, in due tre giorni e con
un'ammenda dovrebbe sistemare tutto, lo stesso vale per la
signora Consuelo.
Gordine prese le sue cose, e prima di uscire disse ad
Achille Joseph e Alfredo di aspettare qualche giorno prima di
lasciare Little Rock, poi se decidevano di far trasferire il corpo
di Mr. Arthur in Italia di passare in centrale che gli avrebbe
dato una mano per le formalità, se non l'avevano già fatto; si
rivolse all'avvocato dicendogli che poteva proseguire, ma solo
per quanto riguarda la parte riferita agli Argenton e
Arghensthone, mentre per la somma destinata alla signora
Consuelo e il parco macchine destinato a Paolo Pedrolivar,
sarebbe arrivata, a breve, ordinanza di sequestro in attesa del
giudizio...e si incamminò verso l'uscita...
« Bene signori, esordì l'avvocato Forshite vedo che siamo
rimasti in pochi... allora ricapitolando: a lei signor Achille
Argenton il lasciato di Mr. Arthur Arghensthone è
…..............................; a lei Mr. Joseph Arghensthone è, come
si suol dire L'Erede a cui vanno gli interi beni sia immobiliari
e mobiliari di Mr. Arthur Arghensthone che corrispondono
oltre che all'azienda di Little Rock anche tutta le attività

328
commerciali e finanziarie, questo è l'elenco delle proprietà;
non posso che farle i complimenti, sono davvero delle
importanti proprietà e attività.. Per il trasferimento e tutte le
altre formalità dovrò fare istanza al giudice...se lo desidera
posso incaricarmi io,
«Le saprò dire domani...»
«Ma avvocato...chiese Achille mio fratello era Argenton
di non Arghensthone pertanto una parte dell'eredità spetta
anche a me che poi andrebbe a mio figlio Alfredo...»
«No dispiace rispose l'avvocato non è così..., ma potrebbe
esserlo e se ritiene di far valere questo, è suo diritto e lo si può
valutare...»
«Ma cosa vai dicendo papà, riprende Giuseppe; queste
sono le volontà di zio Arturo...»
«Ahhh ora ti sta bene chiamarlo zio Arturo...» rispose
Achille...che si alzò prese il braccio di Lorella e quello di
Alfredo facendo cenno di andarsene...
«Aspetti Mr. Achille disse l'avvocato, deve darmi i
riferimenti di dove inviare la somma...»
«Le farò avere tutto domani...» rispose Alfredo...
«Si bene e io vi farò avere la nota del mio onorario...»
Si alzarono e se ne andarono tutti e quattro assieme... non
parlarono dell'eredità, Achille preferiva così...; disse che non
si sarebbe mai aspettato che quel ragioniere Franco Petrinotti
covasse quest'odio nei confronti di Arturo...
Usciti dalla centrale chiamarono un taxi, Giuseppe aveva
ancora l'auto di Paolo parcheggiata all'hotel e non sapeva se
riportarla indietro o cosa..., avrebbe poi chiamato Gordine per
chiedere.

329
Si erano ormai fatte le 03.00 PM...decisero di rientrare in
hotel per riposare e ritrovarsi per cena.

330
La Famiglia

Era un soleggiato pomeriggio di fine settembre, erano


trascorsi circa cinque mesi dall'effettiva nomina e conferma da
parte del giudice competente dell'erede; Giuseppe e Claudine
erano seduti sotto la pergola di un bar, lui con la sua tazzina in
mano che girava, girava il suo caffè... e pensava...all'indietro...
Il giorno successivo l'ultimo incontro con l'avvocato...
Giuseppe e Alfredo si erano recati dal commissario
Gordine, per avere lumi sulle procedure sul trasporto del
corpo di Arturo in Italia, il commissario fece un giro di
telefonate, entro due giorni il corpo di Arthur Arghensthone
sarebbe stato a disposizione dei famigliari; telefonò in dogana
perché gli inviassero tutti i documenti necessari per il
trasporto e gli indirizzò ad agenzia specializzata su questi
“trasporti”.
Joseph chiese se era possibile vedere Consuelo e Franco, il
commissario acconsentì, diede loro il nome di un buon
avvocato, che già sapeva tutto e che sarebbe passato tra non
molto per raccogliere le firme per il mandato, garantendogli
che sarebbe riuscito a sistemare il tutto nel giro di pochi giorni
e di non preoccuparsi della parcella.
Paolo preferì avvalersi del suo amico “principe del foro”
avvocato Lempton..., certo che con il rito abbreviato la pena
sarebbe stata mite…infatti, per Paolo 30 anni di reclusione per
omicidio con l'aggravante di aver coinvolto Consuelo e
Franco; a Geron invece 10 anni per complicità più furto e il
tutto sommato alle altre marachelle...

331
L'avvocato Lempton aveva proposto una riduzione di pena
se vi era la rinuncia all'eredità ma il giudice non si era ancora
pronunciato.
Il venerdì di quella settimana Joseph accompagnò
all'aeroporto papà Achille, Alfredo e Lorella; la custodia
zincata con all'interno zio Arturo era già sotto l'aereo e
assieme assistettero all'attività di carico nella stiva.
Giuseppe si era preso carico di telefonare e organizzare il
tutto con l'agenzia funebre Italiana.
«Allora figliolo, disse Achille; proprio non vuoi venire...»
«Papà rispose Giuseppe, non è che non voglio ma è meglio
che resti qui sistemare alcune cose, voglio vedere di seguire
Consuelo e Franco ma pensò che presto ci rivedremo.»
«Si sì, interviene Alfredo... l'avevi detto anche quando ti ho
accompagnato all'aeroporto per andare a Londra... e ci sei
ritornato solo due volte... e sono solo due ore d'aereo... fa
conto ora!!! che sei diventato importante Mr. Joseph
Arghensthone...»
«Penso non sia questo il momento di fare certi discorsi...»
Intervenne Lorella.
«Lascia perdere Alfredo aggiunse Achille...non ne vale la
pena...speriamo solo di riuscire a combinare con quel che ci
ha lasciato Arturo, riprenderci la nostra terra...anche se sarà
molto difficile...»
«Va bene..., concluse Joseph; penso sia il caso di salutarci
date un grande bacio a nonna Ida da parte mia che poi ieri
sera, al telefono non l'ho sentita male, nonostante i suoi 86
anni...»

332
Si abbracciarono, Joseph attese di vederli salire sull'aereo e
tornò all'hotel... aveva ancora l'auto di Paolo, il commissario
gli aveva dato una sorta di lasciapassare....
Claudine era nella hall dell'hotel che lo aspettava...
«Partiti?» chiese.
«Si partiti...» rispose Giuseppe in modo sommesso.
«Cosa c'è!!? sei forse un po' in confusione e non sai da
dove cominciare vero? »
«Eh sì..., rispose Giuseppe, pensavo fosse una passeggiata
e invece ho una montagna da scalare e non so da dove
cominciare ad arrampicarmi...»
«Ma dai...non esagerare...se vuoi rinvio il mio
appuntamento con la delegazione Belga... dico che ho un
imprevisto e mi fermo qui con te...»
«No no non serve…rispose Giuseppe facendogli una
carezza... vai tranquilla è un momento di disorientamento ma
passa..., anzi penso che resterò qui in hotel per qualche giorno
ancora..., mi recherò solo di giorno in azienda per iniziare ad
organizzare e organizzarmi, voglio dare una svolta a modo
mio... poi incontrerò commercialisti e l'avvocato...e per
quest'ultimo mi avvarrò dello studio che mi o meglio ci ha
indicato il tuo paparino Marcel...»
«Si fai bene...aggiunge Claudine, io avrei l'areo alle 07.00
PM...mi accompagni vero...? »
«Ma certamente abbiamo ancora sei ore...Ancora sei ore...»
«Si è allora...!!? »
«Allora andiamo a rilassarci... replicò Giuseppe...
H 06.00 PM un ultimo bacio un ultimo abbraccio e
Claudine un po' alla volta svanì nel corridoio imbarchi...

333
I giorni a seguire furono per Giuseppe molto impegnativi,
si era organizzato, il mattino lo dedicava ai professionisti per
vedere come erano impostate tutte le operazioni finanziarie e
gli acquisti in borsa delle granaglie, vide che il suo famoso
progetto, quello zio Arturo gli aveva “rubato” andava,
abbastanza bene, non come lui aveva previsto e avvertì i
gestori che a breve avrebbe organizzato una riunione per dare
nuove direttive e apportare delle migliorie.
Nel pomeriggio si dedicava all'azienda e soprattutto alla
casa dove c'era un’impresa che lavorava per sistemarla come a
lui piaceva…senza tante americanate.
Consuelo era ritornata, dopo nemmeno quindici giorni, il
giudice confermò la sua innocenza ed il fatto che fosse stata
coinvolta approfittando della sua ingenuità e bontà..., la
somma che Arturo gli aveva lasciato venne liberata, ma lei
preferì continuare a fare servizio da Giuseppe, così lo
chiamava anche lei.
Sistemate un po' di faccende e dopo aver dato varie
disposizioni che programmavano i successivi quindici giorni,
Giuseppe partì per Londra, ormai erano quasi tre mesi che
mancava...
La prima visita fu dagli zii Berringh che non appena lo
videro lo impegnarono per la cena…, Giuseppe acconsentì a
patto che si andasse a mangiare al ristorante e che erano suoi
ospiti... e per non ricevere un no, gli disse che aveva molte
cose da raccontargli...
Poi un passaggio veloce al Royal Bridge Club, aveva
qualche sassolino da togliersi e il primo fu, ...ordinare la
cancellazione del suo nome dal circolo, il segretario resto

334
meravigliato di ciò, era la prima volta che un socio....,
solitamente era il club che... con un semplice non gradimento
espellevano un socio...; poi entrò in sala per l'ultima volta e
come immaginava, seduto al solito tavolo Lord Patrick
Johanson, quello che per 15.mila dollari gli aveva fatto
passare dei brutti momenti... estrasse una busta, all'interno
c'erano 15 mila dollari e la gettò sul tavolino dicendo...
«Questo per arrotondare a cinquantamila dollari, tanti ne
mancavano al suo compenso Lord Johanson... che ha preso
per farmi fare il viaggio con il suo amico, noto trafficante di
valuta e altro…»
«Ma come si permette...Mr. Joseph Arghensthone» disse
meravigliato Lord Johanson.
«Mi chiamo Giuseppe Argenton, rispose Giuseppe
avvicinandosi al Lord quasi a sentirgli il fiato e fissandolo
bene negli occhi continuò; si ricordi Giuseppe Argenton... e
non dica un'altra parola se non far parte della boiserie anche
lei...». Si girò e se ne andò...
Uscendo incrociò varie persone che come sempre lo
salutarono simpaticamente..."Ben rivisto o Ben tornato Mr.
Arghensthone, lui non rispose a nessuno...ed uscì...
Aveva prenotato in un buon ristorante, non particolarmente
chic ma la cucina era ottima; i Berringh arrivarono quasi
assieme a lui, si sedettero a tavola ordinarono del vino, poi i
primi e i secondi...
«Allora caro Joseph cosa dovevi raccontarci di bello...»
chiese Miss Berringh.
«Si ora vi racconto, ma intanto voi come state...?

335
«Si di salute bene, solo che sfortunatamente siamo caduti
in una trappola con la banca...» e gli raccontarono la
faccenda...
Giuseppe ascoltò attentamente e replicando che a tutto c'era
rimedio..., poi inizio il suo racconto...e finendo con il dire il
suo vero nome e cognome.
I Berringh restarono meravigliati...non avrebbero mai
pensato che Giuseppe potesse avere una simile storia...
«E in merito alla vostra faccenda, riprese Giuseppe, io
avrei una proposta da farvi...visto che da quel che mi avete
detto non avete parenti che possano darvi una mano, io sono
pronto ad acquistare tutta la vostra casa, ci sono troppo
affezionato, però acquisto solo la nuda proprietà mentre
l’usufrutto resta vostro...per tutta la vita...così vi sentirete più
tranquilli..., cosa dite? »
«Ma Giu Giu Giuseppe disse la signora Berringh questa è
una cosa fantastica, ma la tua stanza...? »
«Quella se permettete la tengo sempre in affitto...,
compreso l'interrato così so dove andare se vengo a Londra...»
Zio Berringh che parlava poco, si alzò dal tavolo e diede un
bacio in fronte a Giuseppe dicendo "GRAZIE ".
Finita la cena tornarono a casa, Giuseppe avrebbe passato
volentieri la notte con Claudine ma era in Francia per lavoro;
restò a casa, voleva imballare la sua poltrona Frau-
Chesterfield per farla spedire a Little Rock, era il
completamento del suo nuovo ufficio di casa...
Il mattino seguente puntuale come un orologio svizzero
suonò il campanello, era Jeremy...
Giuseppe gli aprì la porta da sotto; il caffè, quasi pronto.

336
«Mio caro amico Jeremy...da quanto non ti vedo..., non
sarà per caso mio quel sacco di posta…»
«Caro Mr. Giuseppe...posso stringerle la mano...» rispose
Jeremy
«Preferirei un abbraccio…, ora siediti qui sulla mia
poltrona il caffè te lo servo io oggi e poi devo dirti alcune
cose...»
«Si grazie...rispose Jeremy aggiungendo; ma non mi faccia
domande sul timbro la prego...la prego...»
«Non preoccuparti... so più di quel che tu credi...» rispose
porgendogli il caffè.
«Non ne dubito... aggiunge Jeremy; pertanto visto che io so
che lei sa...»
«Si infatti...allora..., non vorrei che tu ti senta imbarazzo
ma mi son permesso di... e sai quanto ci tengo...» aggiunse e
gli porse una busta.
Era la busta di una dei più riconosciuti istituti di scuola
superiori di Londra oltre che universitario e la lettera
all'interno recitava:
“Si dà atto che per il prossimo quinquennio scolastico di
liceo e successivo triennio universitario, le rette di Joanna e
Marianne Petherson, figlie di Jeremy Pertherson... si
intendono già interamente pagate e ciò a far data dal
prossimo anno scolastico. Distinti Saluti. Firmato dal
direttore amministrativo e dal presidente”.
Jeremy non stava nei “pantaloni” per la gioia e l'imbarazzo,
sapeva quanto piaceva studiare alla sue figlie e immaginava
salti di gioia avrebbero fatto...

337
«Mr. Giuseppe...disse Jeremy con quasi un nodo in gola...;
si ricorda circa tre mesi fa quando le ho consegnato la lettera
proveniente dall'America cosa le ho detto...»
«Non del tutto Jeremy...» rispose Giuseppe.
«Che tutti aspettano una lettera dallo zio d'America...e per
me o meglio per le mie figlie è arrivata... posso dire questo a
loro...»
«Ma certo... mio caro amico, mi farebbe molto piacere,
però prima che io riparta voglio conoscerle per offrirgli il
gelato... ti ricordi me l'avevi detto tu...»
«Ma certo...facciamo oggi nel pomeriggio...?»
«Oggi nel pomeriggio, rispose Giuseppe, si penso sia
perfetto... alle 04.00 PM qui da me..., ma un'ultima cosa
Jeremy estrasse una busta dalla tasca e gliela porse... quelle
che troverai dentro sono 200 azione della mia società, quotata
in borsa, non ti dico quanto valgono e quanto rendono, fai un
giro alla tua banca e ti sapranno dire tutto, poche settimane fa
ne hanno acquistate anche loro e pagate ben care...se le
volevano...»
«No no non posso accettare...» disse Jeremy...
«No no non posso riprenderle...l'unico modo sarebbe di
rivendermele, ma sarebbe assai sconveniente... rispose
Giuseppe con un amichevole sorriso...e mi raccomando non
abbandonare il tuo lavoro...aspetta almeno un po'... diciamo
un anno, due al massimo... così potrai godere al meglio della
pensione...che per le piccole spese sarà più che sufficiente...»
Jeremy non sapeva che dire... si sentiva spiazzato...e così
d'impulso si alzò e abbracciò, non del tutto, Giuseppe...

338
aggiungendo... ora devo andare anche se non ne avrei voglia...
ci vediamo oggi alle 04.00...»
«Perfetto amico caro ad oggi alle 04.00.»
Giuseppe, era seduto ancora al bar e continuando a girare il
caffè gli venne un sorriso pensando all'espressione felice che
le figlie di Jeremy ebbero quel pomeriggio...; gli avevano
anche chiesto se potevano chiamarlo zio Giuseppe ed
ovviamente lui aveva detto di sì...
Erano passati quasi cinque mesi da quando nonna Ida con il
figlio Achille, il nipote Alfredo e Lorella avevano posto a
riposare Arturo sotto Primo Argenton nella cappella di
famiglia...
Si erano seduti a tavola da poco... quando suonò il
campanello, era il postino, orario un po' insolito, sicuramente
una cosa urgente; si alzò Alfredo per andare a ritirare la
posta...
Era una busta grande proveniente dall'America
precisamente da Little Rock entrò in casa quasi di corsa e a
voce alta.
«Una busta dall'America forse sarà Giuseppe...
Per Achille fu come un dejà vue...
Alfredo aprì la busta...una prima foto...di una casa
padronale completamente ristrutturata e rimodernata con
l'occhio di chi aveva gusto... e sapeva il fatto suo... dietro la
foto le planimetrie della casa...
Altra foto, una riva del fiume Arkansas, quella dove si
trovava il molo di attracco delle chiatte... e in fila forse 10-15
chiatte e sulle murate di ognuna una grande scritta...

339
“ARGENTON FAMILY inc Trade of corn, livestock and
fruit...”; poi una busta con una lettera, Alfredo la aprì, carta
elegante filigranata, intestazione Argenton Family inc. Little
Rock e poi sotto, più in piccolo, il nome del paesino dell'alta
padovana, sotto a piè di pagina altri vari nomi di società,
commerciali e/o finanziarie; Alfredo cominciò a leggere...
Carissimi nonna Ida, papà Achille, fratellino Alfredo e
Lorella
Inizio intanto con il salutarvi tutti e siccome penso che chi
leggerà questa lettera sarà Alfredo, la scrivo in Italiano così
non dovrai andare da Girolamo il geometra a fartela
tradurre...e tutto resta in casa..., “a buon intenditor poche
parole” ...; ad Alfredo spuntò un sorriso...
Bene comincio con l'informarvi che la Arghensthone non
esiste più e penso l'abbiate capito se, come presumo avete
visto le foto...
Ho fatto varie cose e molti cambiamenti, ovviamente in
meglio e di questo ne son certo... tutto quello che zio Arturo
aveva iniziato l'ho continuato e continuerà sotto il nome di
Argenton Family (Famiglia Argenton) ... il tutto fatto come
doveva andare fatto e prevedendo anche l'eventuale asse
ereditario, così da lasciare il meno possibile al fisco, che qui
non come quello Italiano, ma meglio essere prudenti....
Tutto vi sarà chiarito fra qualche giorno, quando
riceverete la telefonata da parte di un notaio amico che ha lo
studio a 20 km da casa..., mi raccomando dovete esserci
tutti... e tu Alfredo non fare tante domande al telefono al
notaio, è uno che parla poco e poi fa quello che gli dico io...

340
Dimenticavo dal notaio ci sarà anche l'amministratore
della parte delle proprietà che zio Arturo aveva venduto...
Ho cercato di interpretare al meglio una frase che molto
tempo fa nonno Primo disse... “la proprietà è della
Famiglia...” e son certo che in questo mi ha guidato bene.
Vi do nuovamente un grande abbraccio e spero di vedervi
presto Giuseppe...
P.S. Penso che se state leggendo questa lettera, dovrebbero
essere circa le 13.00... bene siccome Claudine ed io siamo
stanchi di stare seduti al bar dello Sport, vi aspettiamo tutti
qui per l'aperitivo, anzi no per uno spritz.
Finito di leggere la lettera... si guardarono tutti negli
occhi... quelli di papà Achille erano lucidi...
«Ma insomma cosa fate ancora lì seduti..., era nonna Ida
che non si sa come, aveva capito tutto ed era scattata in piedi,
dai forza che Giuseppe ci aspetta per lo spritz...alzò gli occhi
al cielo e disse...hai sentito Primo hai sentito!!!? »
Arrivarono al bar dello Sport...e Giuseppe vedendo arrivare
l'auto si era alzato in piedi per farsi notare..., non serviva papà
Achille aveva appena detto eccoli la, Lorella che era seduta
dietro gli accarezzò la nuca..., sentiva il suocero felice...,
mentre nonna Ida, da quando era salita in auto non mai
lasciato la mano di Lorella.
Gli abbracci furono tanti e stretti..., parlarono di tante cose,
Giuseppe dei suoi progetti, che molto presto si sarebbe
sposato con Claudine, che la casa di Little Rock l'aveva oltre
che risistemata anche ingrandita... c'erano tre ampi
appartamenti e tutti indipendenti...

341
Il pomeriggio seguente erano tutti dal notaio era presente
anche l'amministratore del fondo di investimento che aveva
acquistato a suo tempo, dal caro direttore di banca, oltre la
metà dell'azienda di Primo.
Giuseppe prese subito la parola e senza dare possibilità di
discutere e rivolgendosi all'amministratore disse:
«Allora mio caro dottor..., le cose stanno così, voi avete
pagato a suo tempo la somma di Lire.........che in € sono.........
per acquistare parte delle proprietà di Primo Argenton, e visto
gli anni passati..., e cominciò a sviolinare tutta una serie di
conteggi finanziari con tanto di interessi, rivalutazione,
svalutazione..., io vi posso pagare la somma risultante,
decurtata del 10% come pronta cassa, subito ora, oppure la
somma intera pari a nr…. di azioni della Argenton Financial
Company che penso le sappia chi è...., mi basta un click per
tutte e due le operazioni ed fatta....
L'amministratore si sentì un po' spiazzato di fronte a tanta
fermezza, ci pensò un attimo e optò per le azioni della
Argenton Financial Company …
Giuseppe si spostò al PC del notaio che stava
predisponendo l'atto di cessione delle azioni, aprì l'home page
della Argenton Financial Company e con il “click...” trasferì il
nr di azioni pattuite al fondo.
«Ottima scelta dott…, ottima scelta disse Giuseppe...»
«Dice!!?» esclamò l'amministratore...
«Si ottima scelta.»
Il notaio porse l'atto di vendita perché l'amministratore
potesse firmarlo; gli intestatari del terreno tornato in proprietà
erano Giuseppe e Alfredo Argenton.

342
Giuseppe chiese all'amministratore che, se non aveva
null'altro da chiedere... di lasciarli soli perché avevano altri
atti da fare...; l'amministratore si alzò e dopo aver salutato
tolse il disturbo, perché questo gli aveva fatto capire
Giuseppe.
Altro atto fu la ratifica delle quote di proprietà, della
Argenton Financial Company...cinquanta percento a Giuseppe
Argenton e cinquanta percento ad Alfredo Argenton; poi altro
atto in cui papà Achille avrebbe ricevuto mensilmente, nella
quota che lui indicava, i dividendi della Family Argenton...;
fatti questi atti, Giuseppe si rivolse ad Alfredo.
«Caro fratellino, non so quali impegni tu abbia qui, ma li
dai noi serve un buon agronomo e tu lo sei... pertanto direi che
se ti trasferisci lì a Little Rock non sarebbe sbagliato visto che
cureresti i tuoi anzi gli interessi di Famiglia..., tanto in poco
più di 12 ore poi venire a trovare papà Achille...anzi direi di
fare a turno...»
Alfredo si alzò prese la mano del fratello maggiore, lo
spinse a se e abbracciandolo forte gli disse...certo che vengo
anche perché sai benissimo come si dice da noi…"dò fradei i
bùta xò tuti i castei"(due fratelli buttano tutti i castelli)
Dopo circa un'ora, usciti dal notaio la Famiglia Argenton, si
trovava davanti alla cappella di famiglia, Giuseppe pose una
mano sulla tomba di nonno Primo e disse... “Va bene così
nonno Primo?”
La sera erano seduti tutti a tavola per la cena, i due posti
vuoti, erano occupati da Giuseppe e Claudine, si era aggiunta
anche un'altra persona, Alfredo aveva invitato una sua amica,
una ragazza semplice e simpatica, agronoma anche lei, che

343
aveva legato subito con Claudine; si parlava del più e del
meno...
Achille si sentiva felice, erano anni che non vedeva la
famiglia nuovamente riunita.
La televisione era accesa, Giuseppe l'aveva sintonizzata su
un canale di informazione Americano, “solo dieci minuti”
disse, il tempo di sentire le novità sull'andamento del grano;
ad un certo punto la trasmissione venne interrotta da una
notizia flash...del canale News Last Minutes, si vedevano le
immagini di un enorme e pauroso cono che avanzava,
impetuoso, il tutto ripreso da un impavido cineoperatore
mentre la telecronista diceva quasi gridando....
“First, First!!! (Primo Primo) questo è il nome che è stato
dato al potente Uragano che si è scatenato stamane su Little
Rock; Giuseppe alzò il volume e chiese a tutti di fare silenzio,
uno strano e potente uragano che fortunatamente non ha fatto
vittime e pochissimi danni alla città; L'uragano Primo dice la
cronista e ripetendo il nome, si è fatto strada aprendosi un
enorme varco sulla sponda a ovest del fiume Arkansas, oltre
300 piedi di larghezza per una profondità di 30, creando così
uno sfogo al fiume che per via delle copiose piogge degli
ultimi giorni si era notevolmente ingrossato; l'imponete massa
d'acqua, senza trovare ostacoli si è completamente riversata a
ovest di Little Rock arrivando quasi ai piedi del Pinacle
Mountain State Park e inondando completamente la proprietà
della allora A.A. Arthur Arghensthone inc., ora Argenton
Family inc. e creando un lago di oltre 10.000 acri e profondo,
a dire degli esperti, almeno 40 piedi; fortunatamente non ci
sono né vittime né dispersi.

344
Un cosa particolare è successa, aggiunge la telecronista, gli
ormeggi di due chiatte della Argenton Family si sono spezzati
e la forza del fiume Arkansas ha trascinato le due ampie
piazze galleggianti che sono andate a bloccarsi all'inizio del
varco del nuovo canale, creando uno sbarramento, o meglio
un enorme cancello mettendo in bella mostra la scritta
Argenton Family inc., quasi ad indicare l'inizio di un
proprietà…ormai sommersa...
Il sindaco di Little Rock ha proposto di chiamare “Lake
First Argenton” il nome di questo lago..., creato dall'uragano
First, si aspetta però l'assenso della Argenton Family...
Giuseppe abbassò il volume mentre le immagini
continuavano a scorrere... e un certo punto si intravvide il tetto
della casa padronale..., Claudine aveva tradotto quel che
diceva la cronista ad Achille...
Tutti in silenzio si guardarono...e papà Achille esordì:
«L’aveva detto, lo ricordo bene... ero seduto li... vicino al
caminetto, lo aveva detto papà Primo ad Arturo... ma cosa
vuoi andare a fare in America...e questa è la sua vendetta…
Primo Primo l’hanno chiamato questo uragano…; comunque
qui il posto per dormire c'è per tutti, anzi ne avanza, ora tutti a
dormire è stata una giornata di emozioni...buone e meno
buone, se ne parlerà domani...AhAhAhAh»
Giuseppe stette in silenzio...poi iniziò lentamente e poi
sempre più forte a ridere...e a ridere...
«Ma...ma...cosa c'è Giuseppe, chiese Claudine..., mi
sembra non ci sia assolutamente niente da ridere...»
«No....no, assolutamente...no, sto immaginando
l'espressione dell'amministratore del fondo quando gli arriverà

345
la notizia..., bene che vada le azioni varranno si e no il 20%
del valore attuale... per il resto mi auguro son contento che
non ci sono dispersi fra i dipendenti dell'azienda...comunque
più tardi telefonerò per sentire.»
«Vuoi dire che con quel che è successo abbiamo pagato al
fondo l'80% in meno di quanto pretendevano per venderci la
nostra proprietà?» chiede Alfredo...
«Esattamente…, se non l'80 ma l'70 per cento in meno
questo è certo» affermò Giuseppe.
Alfredo guardò papà Achille e iniziarono a ridere a ridere...
«Ma ora che si fa...» chiede Alfredo.
«Che si fa!!!?...si fa quello che ha detto papà Achille si va a
dormire..., poi lo guardò e gli chiese, ma all'istituto tecnico di
Agraria dove ti sei diplomato, hai studiato per caso, qualcosa
inerente...alla “Itticoltura” ...!!?
«Veramente avrei fatto una tesina per gli esami» rispose
Alfredo...
«Allora tranquillo fratellino è successa una catastrofe ma
abbiamo ugualmente qualcosa… e, se durante la guerra nonno
Primo si era inventato qualcosa..., qualcosa ci inventeremo
noi..., ma se ne parlerà domani...se ne parlerà domani...

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