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Capitolo20 COMPORTAMENTO OLTRE IL LIMITE ELASTICO

20. COMPORTAMENTO OLTRE IL LIMITE ELASTICO

Supponiamo di sottoporre un provino ad un test sperimentale. Applichiamo una


P A
forza assiale P, che produce una tensione normale: σ = , e misuriamo
A
l’allungamento ∆L , dal quale risaliamo immediatamente alla dilatazione: L

∆L
ε= (sono stati omessi gli indici).
L
La teoria lineare dell’elasticità fornisce il risultato teorico: σ = Eε . P

Quindi facendo crescere P, se tale teoria fosse sempre valida, si


avrebbe un diagramma σ = (ε ) indefinitamente rettilineo. elastico teorico
L’esperienza mostra che non è così. Esiste un valore limite della
tensione (lo denominiamo qui σ s ), raggiunto il quale il
comportamento del materiale cambia.
Possiamo distinguere due tipologie di comportamento:
a) Materiali duttili (es. acciaio da costruzioni, cemento armato
sperimentale
con armature metalliche disposte opportunamente): raggiunto s
materiale duttile
σ s , il diagramma diventa quasi orizzontale, con un tratto
molto lungo, fino alla rottura. La fase fra σ s e la rottura è la

fase plastica. La tensione σ s è una tensione di plasticizzazione (o di snervamento);


b) Materiali fragili (es. murature, acciai incruditi): raggiunto
σ s , il diagramma devia, ma conserva una significativa s sperimentale
ripidità (incrudimento). Il tratto successivo è però corto e si materiale fragile

ha presto la rottura. La tensione σ s è di fatto una tensione di


rottura.

Esaminiamo il caso di un materiale duttile, di cui si occupa la


elastico-perfettamente
teoria dell’elasto-plasticità. Supponiamo che il tratto plastico sia plastico
s

orizzontale (plasticità perfetta). Supponiamo inoltre che il tratto


orizzontale sia praticamente illimitato (grande duttilità).

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Situazione limite per una sezione.


Supponiamo per semplicità che la sezione sia rettangolare.
a) Sezione soggetta a N (caso di un’asta di trave reticolare)

b
s

N limite per un punto della sezione: N L = σ s A


x NL
h N = N limite per la sezione: N P = σ s A
NP
N P coincide con N L

y s

b) Sezione soggetta a M (caso di una trave inflessa)

b
s s s
M limite per un punto della sezione:
bh 2
ML = σ sW = σ s
x MP 6
M ML
h M limite per la sezione:
bh h bh 2
MP = σ s ⋅ =σs > ML
y s s s
2 2 4
Mentre nella sezione tesa o compresa ( σ costante) la forza normale N che manda in plasticità un
punto della sezione plasticizza simultaneamente l’intera sezione, nella sezione inflessa ( σ
variabile) c’è un margine fra M che plasticizza un punto ed M che plasticizza la sezione (nella
sezione rettangolare il margine è 1,5).

Quando la sezione (soggetta a N o M) è completamente plasticizzata, in tutti i punti della sezione si


è al limite σ s . Ciò significa che:
a) Staticamente, la caratteristica di sollecitazione nella sezione non può più aumentare e rimane
bloccata sui valori (noti) N P o M P .
b) Cinematicamente, la sezione non è più in grado di contrastare le deformazioni. (Siamo nel tratto
orizzontale del diagramma σ (ε ) ).
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Conseguenze sul comportamento delle strutture.


a) Struttura reticolare:

asta più sollecitata

NP
N NP NP

raggiunto N P (= N L ) nell’asta più sollecitata:


− N non può ulteriormente crescere nell’asta oltre N P
− La dilatazione longitudinale dell’asta non è più ostacolata.
b) Struttura inflessa:

M MP MP MP

sezione più sollecitata "cerniera plastica"

raggiunto M P (> M L ) nella sezione più sollecitata:


− M non può ulteriormente crescere nella sezione oltre M P
− La rotazione relativa nella sezione non è più ostacolata (si è formata una “cerniera plastica”).

Carico limite (o di collasso) per una travatura.


È il carico raggiunto il quale si crea nella travatura uno stato per cui:
a) La struttura non sopporta ulteriori incrementi di carico;
b) La struttura non riesce più a mantenere la sua configurazione (e quindi collassa).

(1) Strutture isostatiche.


Quando nella sezione più sollecitata si è raggiunto il limite, la struttura diventa labile e collassa.

P PC
NP MP MP
P PC

LABILE LABILE

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(2) Strutture iperstatiche.


Quando nella sezione più sollecitata si è raggiunto il limite, la struttura ha perduto un grado di
iperstaticità, ma può sopportare ulteriori incrementi di carico. Si ha collasso quando la struttura ha
perduto tanti vincoli, interni od esterni, da raggiungere la labilità.

NP N P PC
NP P MP MP

P MP MP
PC
LABILE LABILE
Il margine di una struttura iperstatica rispetto al collasso, dovuto al comportamento in campo
plastico, è effettivamente sfruttato integralmente se:
1) La struttura utilizza effettivamente tutte le iperstatiche

BUON COMPORTAMENTO CATTIVO COMPORTAMENTO

(dipende essenzialmente dal dimensionamento della struttura).

2) La duttilità è abbastanza elevata da evitare che, prima di raggiungere la labilità, la deformazione


in qualche sezione plasticizzata abbia raggiunto il suo valore di rottura ε r

BUONO CATTIVO
s s

r r
(dipende essenzialmente dal materiale).

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CRITERI DI PLASTICITA’

La generalizzazione del problema dell’elasto-plasticità a stati di tensione biassiali o triassiali è


molto complessa. Ci limitiamo a vedere come la condizione σ = σ s che nel caso monoassiale

esprime il confine fra stato elastico e stato plastico, si generalizza nel caso bi – e triassiale.
Sono state proposte diverse generalizzazioni; ciascuna costituisce un criterio di plasticità.
Abbiamo diversi criteri:
• Criteri basati sui valori raggiunti, nel punto, da certe tensioni;
• Criteri basati sui valori raggiunti, nel punto, da certe deformazioni provocate dalle tensioni;
• Criteri basati sui valori raggiunti, nel punto, dall’energia potenziale elastica.
I criteri devono tener conto di un’evidenza sperimentale:
il raggiungimento del limite elastico in un punto è governato essenzialmente
dai valori delle tensioni tangenziali (uno stato di tensione idrostatica,
puramente normale, mantiene il materiale elastico fino a valori elevatissimi
della tensione).
Accenniamo a due fra i più noti criteri di plasticità.
Il primo (Tresca) appartiene al primo gruppo; il secondo (Von Mises) appartiene al terzo.

Criterio di Tresca.
Secondo il criterio di Tresca, si raggiunge la plasticità in un punto quando la tensione tangenziale
massima nel punto raggiunge un certo valore.

Criterio di Mises.
Il criterio di Mises tiene conto dell’influenza prevalente delle tensioni tangenziali considerando, in
luogo del tensore σ ij , un altro tensore s ij (deviatore della tensione) così costituito:

• Le componenti a indici distinti s ij coincidono con le omologhe σ ij ;

• Le componenti a indici uguali s ii sono date dalle omologhe σ ii depurate della tensione normale

media σ =
1
(σ xx + σ yy + σ zz ).
3

s xx = σ xx −
1
(σ xx + σ yy + σ zz ); s xy = σ xy
3
= σ yy − (σ xx + σ yy + σ zz ) ;
1
Quindi: s yy s xz = σ xz
3
= σ zz − (σ xx + σ yy + σ zz ) ;
1
s zz s yz = σ yz
3
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Fatta questa premessa, secondo il criterio di Mises si raggiunge la plasticità in un punto quando
l’energia potenziale elastica connessa con s ij (energia distorcente) raggiunge nel punto un certo

valore.

Applicazioni del criterio di Tresca.


Casi in cui (omettendo per semplicità gli indici) si ha solo σ , τ .

+ L

- L

Sono elastici gli stati ( σ , τ ) che danno luogo ad un cerchio di Mohr interni alla striscia ( ± τ L ),
essendo la τ L la τ limite.
Si ha la plasticità per stati ( σ , τ ) con cerchio di Mohr tangente alle due rette τ = ±τ L .
2
σ 
±   + τ 2 = τ L → σ 2 + 4τ 2 = 2τ L (1)
2

Nel caso del provino sottoposto a trazione


( τ = 0 );
+ L
i σi
τL = ; essendo σ i la tensione normale cui
- L
2 P
corrisponde sperimentalmente la plasticizzazione
del provino.
La (1) si può scrivere allora:

σ 2 + 4τ 2 = σ i (2)
essendo σ i il valore sperimentale sul provino. σ i prende il nome di tensione ideale.

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Criteri di Coulomb e di Mohr.


Generalizziamo il criterio di Tresca.
Nel caso ( σ , τ ):

Coulomb: τ L = (C − σ )tgϕ

C = coesione, ϕ = angolo di attrito interno.

Sono elastici gli stati ( σ , τ ) che danno luogo a cerchi di Mohr interni all’angolo.

Mohr (generalizzazione di Coulomb): τ L = f (σ )

f( )

Sono elastici gli stati ( σ , τ ) che danno luogo a cerchi di Mohr interni alla curva.

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