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Indice
1 Geografia
2 Le origini
2.1 Principali affluenti
2.2 Laghi del bacino idrografico
3 Regime idrologico
3.1 Portate mensili
4 Storia
4.1 Il Piave o la Piave? L'onomastica
4.2 Le principali piene avvenute nei secoli scorsi
4.3 Le principali opere di difesa e sistemazione idraulica seguite nei secoli
scorsi
5 Il Piave nella grande guerra
6 Le sorgenti del Piave e il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia
Giulia
7 Problematiche ambientali
8 Feste e leggende
8.1 Il patto d'amistà
8.2 La canzone del Piave
9 Note
10 Voci correlate
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni
Geografia
Già pochi chilometri dopo la sorgente il Piave assume una notevole portata dovuta
all'afflusso di numerosi torrenti. Dopo aver percorso i primi chilometri in
direzione sud, all'altezza di Cima Sappada il fiume piega a ovest, attraversando
Sappada e successivamente ricevendo l'apporto di importanti torrenti come il Piave
di Visdende, ma scende lungo la Val Visdende. Passata Sappada si inoltra in una
profonda forra (l'orrido di Acquatona) e continua la sua corsa passando per
Presenaio, e Campolongo, dove affuisce il torrente Frison. A valle di Santo Stefano
di Cadore, si incontra col torrente Padola. Poco prima della località di Cima
Gogna, dove riceve l'Ansiei, è bloccato dalla diga del Comelico, creando un
serbatoio artificiale.
In questo lungo tratto il fiume attraversa i territori dei comuni del Centro
Cadore, Vigo, Lozzo, Domegge, Calalzo e Pieve di Cadore formando il grande lago
omonimo creato dalla seconda diga in località Sottocastello. A valle della diga di
Pieve, a Perarolo di Cadore, riceve le acque del Boite. Il fiume rimane in una
valle stretta percorsa dalla ferrovia Padova-Calalzo e dalla strada statale di
Alemagna. Riceve le acque del torrente Valmontina, e tocca gli abitati di
Macchietto, Rucorvo, Rivalgo, Ospitale di Cadore, Davestra, Termine di Cadore.
Bagna i paesi Marziai, Caorera, Sanzàn, Carpèn Santa Maria, Quero -Vas, mentre
scorre in nuova stretta scavata tra le prealpi Bellunesi (la cosiddetta "stretta di
Quero") con alla destra, il massiccio del Grappa e, alla sinistra, il monte Cesen.
A Segusino, esce dalla stretta, e nei pressi di Fener, viene sbarrato dalla terza
traversa, a scopi irrigui e alimentare il canale Brentella.
Tra Segusino e Pederobba esce dalla zona compresa tra le Alpi e le Prealpi,
entrando nella zona del Quartier del Piave, costeggia il Montello, a Falzè di Piave
riceve l'ultimo emissario il fiume Soligo, proveniente dai laghi di Revine, ed a
Nervesa della battaglia viene sbarrato per l'ultima traversa, per alimentare il
Canale della Vittoria, e riceve le acque dello sbocco del canale Castelletto-
Nervesa provenienti da Soverzene. Finalmente entra nella pianura veneta. Nel tratto
pianeggiante il Piave, avendo perso molta della sua acqua, a causa dei prelievi
idrici che avvengono a monte, rimane spesso nei mesi estivi asciutto, o ridotto ad
una maglia di rigagnoli riprendendo un aspetto fluviale solo a sud di Maserada.
Il vecchio letto detto di "Piave Vecchia" rimane attivo dalle "porte del taglio" a
Musile, dove a Caposile, i veneziani deviarono il Sile nell'antico alveo del Piave
portandolo a sfociare nell'Adriatico tra Jesolo e Cavallino. Da Eraclea scorre tra
alti argini, per poi sfociare nel mare Adriatico a Cortellazzo.
Le origini
Il Piave nella Val Sesis poco più a valle del rifugio "Sorgenti del Piave".
Il ramo scendente dal monte Peralba ed il Silvella si uniscono presso la località
Argentiera e costituiscono il fiume che è il Piave. Il geografo Giovanni Marinelli,
in merito alla disputa che le popolazioni di Sappada e del Comelico si contendono
sulle origini del fiume, ha risolto la questione con un giudizio che si potrebbe
dire salomonico, chiamando Piave di Sesis o Piave proprio il ramo che scende dal
monte Peralba, e Piave di Visdende quello che scende dalla valle omonima, ma il
giudizio non accontentò nessuno dei due comuni contendenti. I bacini tributari del
Piave di Sesis e del Cordevole di val Visdende, chiusi alla confluenza di
quest'ultimo, hanno le rispettive superfici di 63 e 71,5 km². Le lunghezze reali
delle aste dei due corsi, dalle sorgenti alla confluenza, sono rispettivamente di
15 ed 11 km. I due corsi hanno un regime fortemente torrentizio con piene rapide ed
impetuose ed apporti idrici uguali.
Confrontando le valli incise dai due torrenti, appare con evidenza che quella di
Sappada è più antica della Val Visdende e costituisce la continuità dell'alta valle
del Piave la quale è longitudinale da Sappada in giù. Tenuto presente questo
importante fattore, e considerato che le documentazioni storiche e cartografiche
dimostrano che il ramo scendente dalla Val Visdende non ebbe mai il nome di Piave,
mentre lo conservò per secoli il corso di Sappada, la denominazione di fiume
principale o asta dorsale, spetta al ramo iniziale che nasce dalle falde
meridionali del monte Peralba. La sorgente visibile al rifugio Sorgenti del Piave,
in Val Sesis, è una sistemazione dei primi anni sessanta. I prati attorno al
rifugio sono ricchi polle sorgive. Alcune di esse sono state incanalate, fino a
formare la pozza, sotto al cippo in pietra recante la scritta QUI NASCE IL PIAVE.
Principali affluenti
La “cascata del Pissandolo” del torrente Padola, poco prima del Passo di Monte
Croce Comelico
Ansiei
Una lista più completa che include anche alcuni degli affluenti minori viene
riportata di seguito.[3]
da sinistra:
il Rio di Ecche
il Rio Lech
il Rio Siera di Sappada
il Rio Storto
il Rio di Terza
il Rio Rindenè
il Frison
il Rio Navare
il Rio Salon
il Rio Grande
il Giao de Ciariè
il Piova
il Cridola
il Rio del Peron
il Talagona
il Rio Prigioniera
il Rio Pianes
il Valmontina
il Rio Gà di Razzo
il Lutrigon
il Vajont
il Rui di Faore
il Rui l'Arès
il Rui Fàsine
il Gallina
il Rai
il Meassa
il Cicogna
il Refòs
il Limana
il Tuora
l'Ardo della Sinistra Piave
il Puner
il Terche
il Rimonta
il Rù
il Raboso
il Soligo
il Ruio della Mina
il Ruio del Mineo
il Canale Castelletto Nervesa
il Fosso Negrisia
il Canale Largon di Levante
il canale Revedoli
da destra:
il Rio Fadner
il Rio Puiche
il Rio Mühlbach
il Rio Lerpa
il Rio Acquatona
il Rio Rinaldo
il Cordevole di Visdende
il Rio Giau de Rin
il Rio Rin (Comelico)
il Padola
il Rio Piniè
l'Ansiei
il Rin
il Molinà
il Rio Stue
il Boite
il Rio Bianco
il Rio di Rivalgo
il Rio del Mier
il Valbona
il Rio Gazarro
il Rio Momo
il Maè
il Desendan
il Rui delle Salere
il Rio delle Venghe
il Rio di Cusighe
l'Ardo
il Gresal
il Cordevole
il Veses
il Ruines
il Salmenega
il Viera
il Caorame
il Sonna
il Tegorzo
il Curogna
la Piavesella
il Canale la Fossa
il Canale Zenson [Zenson di Piave]
il canale Cavetta
Laghi del bacino idrografico
lago di Alleghe
lago del Ghirlo (a Cencenighe Agordino)
lago del Mis
(lungo l'Ansiei)
lago di Misurina
lago di Santa Caterina (ad Auronzo di Cadore)
(lungo il Piave)
lago di Pontesei
(lungo il Caorame)
Portate mensili
Portata media mensile (in m3/s)
Stazione idrometrica: Nervesa della Battaglia (1926 - 1962)
Fonte: ADBVE, Piano di bacino del fiume Piave - Piano Stralcio per la gestione
delle risorse idriche (PDF), su adbve.it. URL consultato l'8 novembre 2012.
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Opere
idrauliche della laguna di Venezia.
Storia
Il Piave o la Piave? L'onomastica
Il nome «Plavens» o «Plabem», apparso nell'antica letteratura storico-geografica
solo alla fine del sesto secolo, fu da allora sempre di genere femminile. Difatti
«Alla Piave» fanno costante riferimento gli originali atti e documenti della
Serenissima Repubblica, e le Terminazioni e Sentenze dell'antico Magistrato alle
Acque, mentre nelle opere degli scrittori di idraulica veneta dei secoli scorsi,
come nel dolce ed incontaminato dialetto della popolazione del Cadore, della Val
Belluna, della Marca Trevigiana e di Venezia, sino a metà degli anni venti, ha pure
risuonato «la Piave, alla Piave, della Piave». Fu Carducci, sembra, il primo ad
assegnare al fiume nella sua «Ode al Cadore» il genere maschile, ciò che fu
confutato dal geografo Ettore De Toni, ma esso riapparve invece nel 1918 da
Gabriele D'Annunzio che scrisse: "O Libertà, gli Italiani li danno oggi, Il Piave
flessibile per tua collana".
Per troncare ogni disputa, Bino Sanminiatelli promosse una inchiesta. Numerosi
furono gli interpellati: da Paolo Boselli a Francesco d'Ovidio, da Ferdinando
Martini a Guido Mazzoni, da Francesco Torraca a Renato Fucini, appoggiarono per il
genere femminile. Ma la nobile fatica di coloro che volevano difendere più che
altro la tradizione, fu tardiva perché, già nel 1918, le centinaia di migliaia di
ufficiali e soldati che si avvicendarono a presidiare il Fiume Sacro gli avevano
assegnato il genere maschile abituando gli Italiani a considerarlo tale. Fu quindi
durante la prima guerra mondiale del nostro secolo che il Piave venne «promosso
maschio per merito di guerra» e tale rimane ormai per l'Italia e per il mondo.
Oggigiorno la forma utilizzata anche colloquialmente è al maschile; tuttavia si può
riscontrare l'uso del genere femminile da parte degli anziani molto legati a questa
terra e alle sue tradizioni,[5] così come nell'antico tratto terminale del fiume,
ora corrispondente al corso del Sile in prossimità della sua foce, denominato
appunto "Piave Vecchia".
Le notizie sui danni arrecati dalle esondazioni sono però scarse ed incerte. Dalle
antiche cronache emerge però che ad ogni piena avvenivano irruzioni di acque del
Piave nella Marca Trevigiana. Nel 1467 si ebbe la disalveazione a Cimadolmo e nel
1470 una grave rotta e conseguente esondazione a Romanziol. Nel sedicesimo secolo
si ebbero dieci piene elevatissime negli anni 1512-1524-1531-1533-1554-1558-1564-
1567-1572-1578. La piena più rovinosa fu quella del 1512 quando il Piave ha
straripato a Nervesa ed incanalandosi nel Piavesella e nel Bottenigo e seguendo le
depressioni del terreno ha inondato un vastissimo territorio e la città di Treviso
apportandovi gravi danni. La piena del 1533 è rimasta famosa per i danni cagionati
dalle rotte del Piave ai bacini lagunari di Torcello, Mazzorbo e Burano.
Quella del 1578 fu memorabile per il crollo del ponte che congiungeva le due sponde
a Belluno e per nuovi disalveamenti del fiume a Cimadolmo ed a Ponte di Piave.
L'aumentata frequenza dei disastri, provocati dalle piene del Piave nella seconda
metà del sedicesimo secolo, non mancò di preoccupare la Repubblica Veneta i cui
tecnici attribuirono lo aggravarsi dei disordini idraulici all'eccessivo
disboscamento che veniva operato nelle montagne. Pure nel diciassettesimo secolo
vennero registrate dieci elevate piene, le quali si verificarono negli anni 1601-
1642-1664-1665-1667-1678-1681-1682-1693 e 1694. Fu questo il secolo in cui la
Repubblica Veneta affrontò e risolse i più gravi problemi idraulici per la
sistemazione dei fiumi in pianura e per la loro espulsione dalla laguna di Venezia,
opera opportunamente accompagnata dall'incremento e dalla conservazione del
patrimonio forestale.
Gravi furono i danni provocati dalle ricordate piene: nel 1642, fu distrutto il
paese di Noventa da una rotta del fiume; nel 1664 vennero distrutti la chiesa e
parecchi fabbricati del paese di Musile. Durante le piene del 1678 e 1681 si
apersero ben 48 rotte negli argini costruiti per guidare il Piave a sfociare a
Santa Margherita. La piena del 1683 è famosa per la rotta della Landrona attraverso
alla quale e con nuovo letto, il Piave si diresse nell'attuale foce di Cortellazzo
abbandonando l'alveo artificiale escavato per espellere il fiume dalla laguna di
Venezia.
Solo sei piene elevate si elencano nel diciottesimo secolo. La prima avvenuta nel
1708 riguardò principalmente il Boite che, ingrossato a dismisura, investì il paese
di Perarolo provocando la rovina di molte case e la morte di parecchie persone. Nel
1748 si ebbero solo esondazioni e danni alle campagne. Due piene si ripeterono a
breve distanza di tempo nell'estate del 1757 (giugno ed agosto). Ad agosto, si
ebbero molte rotte da Nervesa a Ponte di Piave. Nel 1774 e 1782 le piene non
provocarono rilevanti danni, se si eccettua l'abbattimento di alcune case e della
chiesa di Salettuol. La cronologia dei disastrosi eventi trova il suo apice nel
1800, durante il quale si ebbero ben quindici piene elevatissime e si verificò la
massima piena conosciuta (1882). Dal 1851 al 1877, il Piave superò il segno di
guardia ed entrò in piena a Zenson ben trentotto volte. Le date in cui si
verificarono nel diciannovesimo secolo le quindici maggiori piene sono le seguenti:
ottobre 1811, maggio 1816, ottobre 1823, dicembre 1825, ottobre 1841, novembre
1851, maggio 1858, ottobre 1863, marzo 1872, novembre 1877, settembre/ottobre 1882,
ottobre 1885, ottobre 1886, ottobre 1889. Da tale elenco appare che le piene si
manifestarono prevalentemente in autunno.
Nello stesso periodo si ebbero nei tronchi di pianura più rotte fra cui quelle di
Sant'Andrea di Barbarana e di Mussetta. Più elevata, specie per i tronchi
superiori, fu la piena del 1825, che durò quattro giorni, danneggiò le opere
idrauliche e di presidio lungo l'asta fluviale e determinò dodici rotte fra
Sant'Andrea di Barbarana e San Donà di Piave. Eccezionale per la rapidissima
crescita fu la piena del 1851 durante la quale si ebbe, per cinque ore, un
incremento idrometrico orario di 1,36 m a Zenson, dove il colmo raggiunse la quota
10,6 m, nonostante il Piave attraverso a nove rotte arginali, avesse invaso le
campagne tanto a monte che a valle di quella località. La piena durò cinque giorni
e le principali rotte si ebbero a Fossalta, Croce di Piave, Fornera e Grisolera.
L'anno 1882 rappresenta il triste caposaldo delle più funeste vicende idrauliche
dei fiumi veneti. Per quanto il bacino plavense non sia rimasto in quell'evento
indenne dalle conseguenze della disastrosa alluvione che si abbatté in tutta l'Alta
Italia, di fronte ai disastri provocati dalla rotta dell'Adige avvenuta a Legnago,
la piena del Piave passò quasi inosservata.
In questa prima metà del nostro secolo il Piave fu soggetto a nove elevate piene
verificatesi negli anni 1903- 1905-1906-1907-1914-1916-1926 (in maggio e novembre)
e nel 1928. Di tali eventi è da considerarsi veramente notevole quello verificatosi
nel 1903. In tale circostanza, la piena raggiunse il colmo a Perarolo il 30 ottobre
e si propagò rapidamente, tanto che dopo tredici ore si ebbe il colmo a Zenson con
11,58 m, quota superiore di ben 0,74 m alla massima registrata nel 1882. In questa
località le acque cominciarono a tracimare nel mattino del 31 ottobre, e quindi
aumentarono e si estesero a Campolongo, Volta Croce, Musile, Passarella, San Donà e
Grisolera.
Nel tronco montano ed in quello medio invece nessuna attività venne svolta dal
Governo della Serenissima, il quale però intervenne sempre per stimolare iniziative
e per guidare, con la proverbiale saggezza dei suoi proti ed ingegneri, l'opera
delle Comunità sia per la difesa del territorio come per la utilizzazione del corso
d'acqua. Il tronco più vulnerabile del Piave fu quello compreso fra Nervesa e
Spresiano ed è proprio in questo tronco che furono costruite le prime difese
arginali. Da citazioni frammentarie che affiorano da antichi documenti riprodotti
dagli scrittori di idraulica veneta dei secoli scorsi appare che, dal 1317 al 1370,
si lavorò per la costruzione dei muraglioni o «murazzi» di Nervesa più volte
abbattuti dalle piene del Piave nel corso dei secoli.
Per tre secoli dal 1400 al 1700 la Repubblica Veneta, a mezzo di appositi
Provveditori, continuò ad elevare difese e ripari arginali lungo l'asta fluviale
compresa fra Nervesa e Zenson; ma tale attività fu saltuaria e frammentaria ed i
lavori eseguiti per fronteggiare le aggressioni del fiume non furono mai coordinati
in programmi tecnici per una razionale sistemazione idraulica del fiume. Più
importanti furono invece le opere studiate ed attuate per la difesa della bassa
pianura e per allontanare lo sfocio del Piave da Jesolo a Cortellazzo, allo scopo
di evitare il trasporto di torbide nei lembi lagunari. Nel 1533, durante una piena,
il Piave debordò in più punti nel suo tronco inferiore e le sue acque torbidissime
invasero il Sile che si scaricava in laguna, provocando forti interrimenti nei
bacini lagunari di Torcello e Mazzorbo. L'inconveniente si era già manifestato
prima di allora ma in quella evenienza era apparso tanto grave che il Magistrato
alle Acque deliberò che da Ponte di Piave alla Cava del Caligo venisse costruito un
argine: «sia facto di passi sei trevisani (11 m) in fondo e di sopra passi due e
mezzo (4,50 m) e tanto alto che el superi l'arzere davanti de la Piave almeno de
pié quattro (1,40 m), il quale sia per muraglia e segurtà de questa banda de
Venetia acciò in caso se rompesse el primo arzere questo sia per seguitò de le
lagune nostre».
I Savi del Magistrato idearono in sostanza un secondo argine in ritiro il quale
svolgendosi lungo il lembo occidentale della laguna superiore la isolava
completamente dal Piave. L'argine detto di San Marco venne compiuto nel 1543 e
dichiarato inalienabile. Esso è tuttora efficiente ed ha salvato più volte dalla
inondazione il territorio situato in destra del fiume. Oltre a tale provvedimento
il Magistrato alle Acque aveva decretato che sulla sinistra del Piave in località
Rotta Vecchia venisse aperto un diversivo convogliante le acque di piena in uno dei
porti di Livenzuola, Portesino o Cortellazzo.
Il celebre idraulico Cristoforo Sabbadino con più larga visione del problema
idraulico integrò il concetto espresso dal Collegio dei Savi alle acque, e presentò
nel 1552 un progetto per deviare completamente il Piave portandolo a sfociare a
Cortellazzo. Per quanto approvata dal Governo Veneto, l'idea del Sabbadino non
trovò unità di consenso e non ebbe immediata e completa fortuna. Innumerevoli
proposte, polemiche e discussioni si accesero e, mentre si lavorava alla
escavazione del diversivo voluto dal Magistrato alle Acque denominato Taglio di Re,
il Piave continuava ad allagare ed a impaludare la pianura litoranea apportando
torbide alla laguna. Dopo oltre un secolo di tentativi per mantenere efficienti
come diversivi per lo scarico delle piene del Piave, il Taglio di Re ed il Canale
Cavazuccherina, i Savi alle acque riconobbero che « l'unico mezzo di mantenere
eterne le lagune» a era quello di deviare completamente il corso del fiume
portandolo a sfociare a Santa Margherita di Caorle, ciò che rendeva necessaria la
interclusione di uno dei rami del Livenza che là sfociava.
La situazione idraulica andò aggravandosi col susseguirsi delle piene che, come
abbiamo segnalato, si ripeterono nel 1664-1665-1667-1678- 1681. Venne quindi
ventilata l'idea di aprire un nuovo sfogo alle acque invasate nel Lago della Piave
portandole al mare attraverso al porticciuolo di Valle Altanea. Ma, mentre
fervevano discussioni e proposte, nel 1683, durante una piena abbastanza elevata,
il Piave rotti gli argini a Landrona di fronte a Cortellazzo si scaricò in mare in
quel porto che, per la pendenza dei terreni, costituiva il naturale sfocio del
fiume. I fatti dettero ragione al Sabbadino che centocinquanta anni prima aveva
intuita la soluzione del problema idraulico, ed il Piave fu lasciato nell'alveo da
esso prescelto e continuò da allora a sfociare a Cortellazzo. Il 5 ottobre 1935 una
nuova alluvione avrebbe portato il fiume nell'attuale foce, mentre il vecchio
estuario andò a formare la Laguna del Mort[6].
Dopo il passaggio sulla riva destra delle armate italiane e la distruzione dei
ponti, il fiume divenne la linea di difesa contro le truppe austro-ungariche e
tedesche che, nonostante svariati tentativi, non riuscirono mai ad attestarsi
stabilmente oltre la sponda destra del fiume, pur riuscendo a varcarla in più
punti, penetrando in profondità in territorio "destra Piave" in particolare presso
Meolo. La linea di difesa italiana resistette fino all'ottobre 1918 quando, in
seguito alla battaglia di Vittorio Veneto, gli avversari furono sconfitti e si
giunse all'armistizio.
Dopo l'armistizio del 4 novembre 1918, il generale Lorenzo Barco si occupò del
problema della riparazione e del ripristino degli argini del Piave e di altri fiumi
veneti e friulani (Monticano, Livenza, Tagliamento), danneggiati in seguito alle
vicende belliche. L'opera di ricostruzione, che si mantiene ancora ai giorni
nostri, fu terminata in tempo per proteggere le popolazioni dalle possibili
inondazioni a seguito delle piene invernali e primaverili. Furono impiegati circa 9
500 uomini e 330 ufficiali.
Le sorgenti del Piave e il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia Giulia
Mercoledì 22 novembre 2017 la Camera dei deputati approvava la proposta di legge
che sanciva il via libera definitivo al passaggio del Comune di Sappada dalla
Regione Veneto alla Regione Friuli Venezia Giulia. Si concludeva così una procedura
durata più di dieci anni. Si accendeva un nuovo dibattito, sulla paternità delle
sorgenti. Si riteveva infatti che fossero passate al Friuli, vista l’acquisizione
di tutta la documentazione amministrativa e catastale avvenuta l'11 luglio 2019 a
Belluno, viene dato avvio al trasferimento definitivo al demanio idrico regionale
dei beni di proprietà statale ubicati in Comune di Sappada.
Su richiesta del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, una commissione di
esperti, presieduta dal professor Luigi D'Alpaos, docente emerito di ingegneria
idraulica all'università di Padova, ha concluso che il Veneto ha diritto a tenersi
la sorgente[7]:
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto: «Le sorgenti del Piave sono ancora in
territorio veneto». «Non posso che rallegrarmene per quello che ha sempre
rappresentato il nostro fiume per la nostra regione e tutti i veneti. La
commissione presieduta dal professor Luigi D'Alpaos, quella che lo ha confermato,
l'ho richiesta io più di un anno fa proprio perché ci fosse un giudizio terzo da
parte di luminari di riconosciuto valore ed evitare dispute campanilistiche e
antistoriche».[8]
Problematiche ambientali
«Fiume simbolo del coraggio, dell'eroismo, del patriottismo degli italiani. Fiume
simbolo, oggi, della loro cecità»
(Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 11 agosto 2003[9])
Il forte sfruttamento idrico e il conseguente parziale abbandono del letto naturale
del fiume fanno del Piave uno dei corsi d'acqua più artificializzati d'Europa.
Così, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, ha cominciato a sorgere una
questione ambientale legata al Piave, che ha portato alla richiesta, rivolta in
particolare all'ENEL, di assicurare il minimo deflusso vitale del fiume.
Feste e leggende
Il patto d'amistà
Lungo il basso corso del fiume, a circa 30 km da Venezia, si trovano due Comuni
divisi dal Piave: San Donà di Piave e Musile di Piave. San Donà (il toponimo
significa San Donato) e Musile (il toponimo di diga, argine) durante il Medioevo
erano due piccole comunità di una zona paludosa, aggregate attorno alle loro
rispettive chiese e santi patroni.
Secondo la leggenda, "il patto d'amistà" (il patto d'amicizia) tra le due comunità
risale a quegli anni, quando una disastrosa alluvione deviò il corso del fiume
Piave (nel 1258 per lo storico Teodegisillo Plateo, nel 1383 secondo altri
studiosi). Fu un fatto così straordinario che dovettero essere ridefiniti i confini
territoriali. La piccola chiesa di San Donato segnava il confine tra due diocesi:
il patriarcato di Aquileia da un lato e la diocesi di Torcello dall'altro. La
chiesetta, già in Sinistra Piave (lato sandonatese), si ritrovò sulla destra del
fiume, in territorio di Musile. La comunità San Donà si ritrovava così privata
della propria identità perché la chiesa, dedicata al suo patrono, si ritrovava
dall'altra parte del Piave. Da qui il compromesso: lasciare il nome di San Donato
all'attuale centro urbano di San Donà, con il diritto di festeggiare il santo a
Musile. A compenso un patto solenne: che la "bagauda", ovvero la comunità di San
Donà dovesse offrire agli abitanti di Musile per sempre, il 7 agosto di ogni anno,
due capponi ("gallos eviratos duos") vivi, pingui e ottimi.
La manifestazione è stata ripristinata a partire dal 1957 e si svolge ogni anno con
il patrocinio dei due comuni e della Regione Veneto.
Note
^ Elenco corsi d'acqua della rete idrografica regionale (PDF), su Piano
straordinario triennale interventi di difesa idrogeologica, Regione Veneto. URL
consultato il 15 dicembre 2014.
^ Anticamente, e tuttora in veneto, l'idronimo è femminile: la Piai, la Piave, ecc.
Vedi Ulderico Bernardi, Cara Piave, Editrice Santi Quaranta, 2011. Vedi anche Nomi
geografici, un genere difficile | Treccani, il portale del sapere
^ Mappa IGM 1:25000, su pcn.minambiente.it.
^ Bacino del Fiume Piave - Piano stralcio per la sicurezza idraulica del medio e
basso corso a cura dell'ADBVE.
^ Vedi nota 2.
^ Foce del Piave [collegamento interrotto], su acqueantiche.provincia.venezia.it,
Provincia di Venezia - Acque Antiche. URL consultato il 29 marzo 2013.
^ A3 NEWS Treviso 13/07/2019, «Le sorgenti del Piave restano in Veneto», su
youtube.com.
Sorgenti del Piave. Zaia, "La commissione di esperti le conferma in Veneto, non
posso che compiacermi. È il fiume simbolo della nostra regione e della nostra
gente", su s01-stagingportale.regione.veneto.it.
^ L'articolo di Stella nel sito del Corriere
^ articolo Archiviato il 5 marzo 2016 in Internet Archive. apparso sul Corriere
delle Alpi
^ Andrea Castellano, La «leggenda Del Piave», su assocarabinieri.it, Associazione
Nazionale Carabinieri. URL consultato il 01-10-2009 (archiviato dall'url originale
il 13 giugno 2009).
Voci correlate
Prima battaglia del Piave
Battaglia del solstizio
Battaglia di Vittorio Veneto
Zattieri
Piave (formaggio)
Altri progetti
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Piave
Collegamenti esterni
Un articolo con informazioni e foto sulle Sorgenti del Piave, su Sappada.Blog
Osservatorio del Paesaggio "Montello - Piave", su osservatoriomontellopiave.it
(archiviato dall'url originale il 7 marzo 2014).
Museo degli zattieri del Piave, su museozattieri.it.
Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua, su civiltacqua.org.
(EN) Natura 2000 - Standard data form IT3230088, su Natura2000 Network Viewer,
Agenzia europea dell'ambiente.
(EN) Natura 2000 - Standard data form IT3240023, su Natura2000 Network Viewer,
Agenzia europea dell'ambiente.
(EN) Natura 2000 - Standard data form IT3240030, su Natura2000 Network Viewer,
Agenzia europea dell'ambiente.
(EN) Natura 2000 - Standard data form IT3240035, su Natura2000 Network Viewer,
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