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OVIDIO

METAMORFOSI
Ovidio visse durante l’età augustea. Durante l’età augustea la letteratura viene utilizzata come strumento di
propaganda. I letterati hanno un atteggiamento diverso nei confronti di quello che viene loro richiesto e queste
differenze sono di tipo generazionale. PRIMA GENERAZIONE: coetanei di Ottaviano augusto, hanno vissuto le guerre
civili; SECONDA GENERAZIONE: ‘figli’ di Augusto, non hanno vissuto le guerre civili, quindi, fanno fatica a
comprendere il rilancio dei MORES ANTIQUI (comportamenti tradizionali riguardanti la vita privata, sentimentale che
vengono raccomandati da augusto). Ovidio appartiene alla seconda generazione= C’è un attrito da questo punto di
vista con augusto. Ovidio non è disponibile ad accettare il potere e la propaganda di augusto. Centrale, durante l’età
augustea, è il problema del comportamento e lo stile di vita che nelle élite era disinvolto e che Ovidio trattava nella
sua opera letteraria della prima fase. Ovidio è un poeta elegiaco *tema dell’amore centrale in Medea e in tutta la sua
produzione*. Con l’elegia coltiva un genere moderno e trasgressivo. L’amore presentato da lui non risponde alle
limitazioni dell’etica tradizionale del mores antiqui. È un genere che lascia poco margine all’esaltazione dei mores
antiqui che richiedeva augusto *Ovidio entrerà in quella cerchia a un certo punto*. Augusto chiede l’abbandono
dell’elegia e di dedicarsi all’epica. Ovidio è un poeta di seconda generazione e come tale non accetta la propaganda
di Augusto, centrale è il problema del comportamento, lo stile di vita delle élite molto disinvolto e che Ovidio trattava
nella sua opra letteraria della prima fase, Ovidio è un poeta elegiaco, è molto importante perché il tema dell’amore è
centrale ed è centrale in tutta la sua produzione, con l’elegia coltiva un genere moderno e trasgressivo, l’amore che
rappresenta è un amore che non risponde alle limitazione dei mores antiqui dell’etica tradizionale, e un genere che
lasciava pochi margini a quell’esaltazione dei mores che augusto chiedeva alla sua cerchia di poeti; Da augusto
vengono sollecitazione ai poeti, a Properzio di abbondare questo genere per dedicarsi ad esemp0io all’epica, molto
più adatta ad ospitare dei riferimenti alla politica. Diciamo che quella di Ovidio è particolare trasgressiva, esordisce
con AMORES, plurale di un te3rmine astratto che assume significato concreto: le storie di amore; amores vuol dire
che Ovidio pensa a molteplici storie di amore, non ad una sola, assoluta vicenda di amore. In Properzio abbiamo una
sola presenza femminile, la domina, punto di riferimento del poeta, sfrutta una metafora la schiavitù di amore che è
un rapporto di schiavo padrone traslato nelle relazioni, dove il poeta deve sopportare Una serie di imposizione dalla
donna, In Ovidio le donne sono molte, l’amore è un gioco di seduzione e questo ad augusto non andava a genio.
Proprio a causa di una raccolta di elegie ARS AMATORIA in cui Ovidio insegna come sedurre e di uno scandalo che
coinvolgeva una donna giovane nella casa di augusto che viene allontanato di COLCHIDE (anche il luogo dove
comincia la vicenda di Medea); una zona SUL MAR Nero antica e un luogo che appartiene al mondo barbaro, Ovidio
viene il suo confinamento come una ferita insanabile poiché allontanato da quella Roma mondana, respinto in una
periferia che equivale per lui ad una morte; le sue ultime elegie sono elegie del lamento per essere stato abbandonato
lì.

Ovidio si occupa di elegia ma successivamente su pressione della cerchia di augusto ma anche per una sua ambizione
personale si misura con l’epica che era il genere prestigioso di poesia e di Ovidio abbiamo nella sua vasta produzione
le METAMORFOSI e i Fasti; alla sua epoca il poeta più famoso dell’epica era Virgilio, prima di Ovidio si leggevano gli
annales di ennio, poi abbandonati e si legge Virgilio; Virgilio si era imposto e Ovidio si misura con Virgilio e decide di
prendere un'altra strada: a partire dal tema, le metamorfosi abbiamo tante storie, tanti personaggi, non c’0è un
protagonista, già da qui si capisce che la via che segue Ovidio è diversissima, il numero di libri è strano, (Eneide 12-
metà di 24 dei libri omerici) , Ovidio spariglia le carte e scrive 15 libri e non mette al centro un eroe, sceglie di
raccontare il libro a partire dalle origini del mondo fino all’epoca storica, l’ultima che racconta è la trasformazione di
cesare in astro. >Abbiamo un’epica diversa, Virgilio si era ispirato al modello omerico, Ovidio guarda ad una tradizione
epica diversa che era stata rilanciata dai poeti alessandrini (poeti greci di età ellenistica III sec a.C. che sono così
chiamato perché la loro attività si svolge attorno alla biblioteca di Alessandria, dove si depositava tutto il sapere
dell’epoca, sono quindi poeti colti in cui l’ispirazione poetica è legata alla DOCTRINA, il fatto di conoscere tante cose,
fanno poesia sui miti rari, sugli animali, sulle costellazioni, sugli astri, argomenti di scienza, si allontanano in questo da
quello fatto prima, sono poeti tematicamente innovativi e anche sulla tecnica estremamente raffinata. A Roma tutta
la poesia è influenzata dagli alessandrini, come Catullo, Properzio e tutti i poeti di età augustea. Ovidio è un
alessandrino puro, la sua poesia è sofisticata, che si rivolge non ad una comunità compatta ma ad un pubblico
selezionato che è in grado di comprendere e ricevere delle sfide a capire, ad indovinare a cosa si allude, quindi una
poesia molto colta. Tema centrale delle metamorfosi è il tema della MERAVIGLIA (MIRUM), molto importante per gli
alessandrini, quella che nasce dalla conoscenza di cose strane, mai viste, note a pochissimi, Ovidio è attento a questo
tema e desidera che il suo lettore provi la meraviglia, l’incanto di trovare qualcosa id nuovo, di non visto prima. A
Roma i princeps non erano dei, non erano considerati figli di divinità, ma uomini, si pensava che dopo la morte
venissero divinizzati, cesare viene quindi trasformato in astro, è un elemento celebrativo, ci dimostra come Ovidio
avesse fatto un tentativo per andare contro le esigenze di Augusto.

INCIPIT METAMORFOSI 1,1-4


VERDE: CONGIUNZIONI COORDINANTI

ROSSO: VERBI

BLU: CONGIUNZIONI SUBORDINANTI

Il poema finisce con il catasterismo di Cesare, e cesare muore nelle idi di marzo del 44, l’anno dopo nasce Ovidio,
quindi sono i suoi tempi. Barchiesi sottolinea che Ovidio dimostra un po’ di egocentrismo nel far terminare il poema
con l’inizio della sua storia personale.

-“nova”: prima parola vera che si lega a corpora: SINTAGMA (parole collegate tra loro), il lettore quando legge vede
solo nova, corpora è separato da una figura retorica, l’iperbato, Ovidio li usa per collocare le parole in posizione che
li colloca in posizioni rilevanti, NOVA messo lì davanti ha due valori: novus legato al tema delle metamorfosi, sono dei
corpi un po’ inquietanti, il novus è qualcosa che rompe la consuetudine, dobbiamo anche pensare che la novità in
novus può avere un’altra connotazione, Ovidio vuole essere innovativo, propone in questo senso un elemento di
rottura, il fatto che abbia messo l’aggettivo all’inizio fa pensare che abbia voluto lanciare un massaggio su quello che
sarà la sua poesia: innovativa, quindi un elemento METALETTERARIO.

-“Fert animus”: l’animo spinge, l’animus spinge da un forte impulso, da una spinta interiore, a cantare queste forme
trasformate. L’immagine dell’animo che spinge è nuova, l’uso del verbo fero la si ritroverà dopo Ovidio ma non prima,
l’unico prima è Parmenide, poeta greco, scrive un poema filosofico in cui parla di “cavalle che mi portano come in
uno slancio della mia volontà”, lo stesso in Ovidio, il verbo dico è un verbo per noi banale, dico in latino è un verbo
poetico sinonimo di cano, vuol dire fare poesia, mettere in versi qualcosa, in questo caso mette in versi “mutata
formas”, le forme cambiate. In un incipit non può mancare il tema di riferimento dell’opera, della poesia latina
addirittura nei primi versi si trova quasi una parafrasi del titolo dell’opera, ma anche nell’incipit dell’Eneide c’è una
perifrasi per indicare enea.
L’animo che spinge l’ispirazione poetica a cantare queste forme trasformate in nuovi corpi. La prima parole pregnante
è ‘nova’ che rimanda sia alla novità di questi corpi inconsueti, insoliti, potenzialmente inquietanti. Nova può anche
rinviare al carattere di novità di quest’epica rispetto al modello standard virgiliano.

- “Mutatas formas” è una perifrasi che richiama al titolo.

- “Di”: L’invocazione agli dei, vocazione plurale, forma in “di”, nasce dalla formazione del dittongo “ei” in “i”; dei include
tutta la comunità divina, non c’è da parte di Ovidio una preferenza di una divinità, li invoca tutti perché sono tutti
interessati in queste storie che si dipanano nel tempo.

- “Coeptis”: dativo plurale, i progetti letterari, participio sostantivato, viene dallo stesso tema del verbo “incipio” e si
allude al fatto che questo progetto è l’opera stessa. Incipio significa iniziare qualcosa destinata al compimento,
altrimenti si usa “Incoho”.

-Nam vos mutastis et illa: poiché voi avete mutato anche quelli (i progetti) (con la vostra potenza), mutastis è un
perfetto sincopato, viene da mutavistis, forma completa, che ha subito una sincope, frequente nei perfetti. Voi dei
avete cambiato le forme e siete stati in grado di cambiare anche i miei progetti, prima focalizzati sull’elegia, adesso
sono un poeta epico: quest’interpretazione non è recente. “et” è “etiam”.

Oppure “voi avete cambiato anche e metamorfosi, le forme”, ma in quest’interpretazione la logica non fila tanto
perché l’et è messo dopo mutastis. D’altra parte “et” deve per forza riferirsi alla parola che viene dopo; l’interpretazione
con “illas” è l’interpretazione che si è rivelata molto discutibile. Oggi si pensa che sia molto meglio leggere “et illa”. Lo
studioso Kenney ha discusso come fosse più congeniale leggere “illa” e ciò ha condizionato le edizioni successive.

-Deducite tempora carmen: traete il filo del mio canto interrotto. Imperativo. Il verbo deduco è un composto di
duco, mettersi in capo qualcosa e tirarsela dietro “dux” colui che conduce l’esercito; alcuni interpreti hanno pensato
all’immagine del trionfo, a Roma l’imperator celebrava un trionfo che era un corteo di fatto e si metteva alla testa de
corteo e dietro di lui procedevano i soldati, poi tutti i prigionieri ecc.; quindi c’è chi dice che Ovidio chiedendo questa
cosa agli dei chieda loro di aiutarlo a portare avanti questo poema come se lui fosse il trionfatore che si porta dietro
i suoi versi. “accompagnate il mio poema”. La traduzione “traete il filo” vede Ovidio su un’altra prospettiva, si lavora
sul testo come si lavorerebbe su un tessuto pregiato. Quindi quest’idea è in sintonia con l’Ovidio alessandrino, gli
alessandrini vedevano l’opera come un’opera da ricamare. Concetto alessandrino “LEPTÒTES” concetto che viene
fuori dal poeta alessandrino Callimaco.

-Perpetuum: che va avanti continuamente, dal verbo “peto” che può significare compiere un movimento. Perpetuum
è un qualcosa che compie il suo movimento ininterrottamente, l’elemento che precede la parola “per” ha valore
spaziale ma anche un valore che riguarda la qualità dell’azione, in questo caso sottolinea un azione che si compie
continuamente.

-Carmen: carmen è la poesia sicuramente, ma vuol dire tante cose, in particolare nella cultura romana, sono le leggi
delle dodici tavole, sono anche le formule magiche, i carmina di Medea sono quelli che pronuncia per i suoi
incantesimi, Ma è anche la poesia stessa che nel caso di Ovidio deve affascinare come un incantesimo.

-Adspirate: verbo che di solito si usa per indicare l’azione del vento rispetto alle vele di una nave, spesso nella
navigazione, qui porta con se una metafora, la metafora della navigazione che il poeta compie con il suo ingegno.
L'Orlando furioso finisce con la nave del poema che arriva in porto, sarà una metafora quindi che avrà molto successo
ma ai tempi di Ovidio non era mai stata usata.
Poi abbiamo una precisazione della durata, del tempo della storia, la storia si estende dall’origine del mondo, dalla
sua nascita, in comune con la teogonia di Esiodo, e poi fino ai suoi tempi in senso anche personale, è quasi
un’impronta che Ovidio lascia sul incipit perché lui nasce nel 43 a.C. (trasformazione di cesare in astro, 44 a.C.,).

LE FASI DEL MITO DI MEDEA

Riepilogo mito di Medea: Il mito di Medea è piuttosto complesso, la sua figura è molto articolata. C’è
una biografia mitica che parte con la sua adolescenza in Colchide, regione sul mar nero che era
considerata barbara dagli antichi8, al di fuori dell’area culturale greca ed era figlia di un re Eta, figlio
del sole. Quando è ancora una ragazza si innamora di Giasone, un eroe della Tessaglia che arriva in
Colchide sulla nave argo insieme agli argonauti con lo scopo di recuperare il vello d’oro, riportandolo
in patria, perché è stato chiesto dallo zio di Giasone Pelia come prezzo per restituire il suo regno, la
Tessaglia. Questo zio vuole il vello per restituirgli il trono. Questa fase in Colchide in cui si innamorata
di Giasone e lo aiuta con le sue arti magiche, e poi fugge con lui abbandonato il luogo di origine e
macchiandosi di un delitto tremendo per aiutarlo, perché durante la fuga uccide Absirto, il suo stesso
fratello, per costringere i suoi parenti che la inseguono a fermarsi per raccogliere il cadavere e farla
scappare. Medea mette insieme un lato vulnerabile, con un lato nero, la maga che si serve delle sue
arti per intervenire a favore di Giasone ma con degli atti violenti contro i suoi stessi familiari; figura
bifronte, Nella fase successiva Medea arriva in grecia, nella patria di Giasone, e qui ringiovanisce il padre
di Giasone esone, uccide Pelia, però quest’azione non fa si che Giasone torni sul trono ma fa si che la
popolazione si ribelli e cacciano i due, esuli a Corinto. Qui inizia una seconda fase, dalla Tessaglia vanno
a Corinto e qui l’equilibrio di questa coppia si incrina perché Giasone si innamora della figlia del re di
Corinto Glaucia, e decide di sposarla; Medea questo punto matura una vendetta, si serve delle arti
magiche per causare la morte di glauce e alla fine uccide i suoi stessi figli per vendetta. Abbiamo quindi
la Medea figlicida, il documento che ci consegna questa storia è la Medea di Euripide. Ci sono anche
versioni diverse, in altre versioni i figli sarebbero stati uccidi dagli abitanti di Corinto che volevano
vendicarsi. Successivamente Medea fugge su un carro trainato da draghi, lascia Corinto e va ad Atene
che è un rifugio per molti personaggi del mito e qui sposa il re Egeo, che ha a sua volta un figlio Tèseo,
e Medea diventa la matrigna di teseo e cerca di eliminarlo cosi che il figlio che ha con egeo diventi
l’erede di Atene; non riesce in questo e Medea deve lasciare la grecia definitivamente. Torna da suo
padre, lo aiuta a recupera il trono che era stato usurpato dal fratello di Eta, Perse, e conclude la sua
vicenda ritornando alle sue origini, in Colchide.

MEDEA NEI GENERI LETTERARI IN GRECIA

Gli antichi rirendono dei segmenti elaborati in modo diverso.


-Medea tragica: Euripide (V sec a.C.) 431 a.C., Medea in cui va in scena il figlicidio, la Medea barbara
umiliata dalle nuove nozze, e poi la fuga sul carro del sole. Medea da un punto di vista è carnefice e
dall’altro è vittima. Questa Medea è quella che ha segnato la storia del mito in maniera più forte.

-Medea epica: Apollonio Rodio (III sec a.C.): Nel poema delle argonautiche si occupa per molte pagine
e versi della vicenda di Medea, si sofferma sull’innamoramento tra Medea e Giasone e vuole rompere
con le immagini tradizionali di questo personaggio e la riscopre adolescente, tenera, che si innamora
e fa di tutto per sostenerlo, diventa un personaggio con dei lati sentimentali assolutamente inediti. E’
importante Apollonio perché sicuramente Ovidio lo aveva letto molto bene e snobba Euripide che gli
sembrava troppo ovvio.

MEDEA NEI GENERI LETTERARI A ROMA

-Medea tragica: Ennio (II sec a.C.) frammenti, di nuovo la Medea di Euripide, che viene letto moltissimo
nella Roma arcaica; Ovidio (età di augusto) scrive una tragedia per noi perduta Medea, non sappiamo
bene di quale fase si occupasse; Seneca (età di Nerone) che riprende la Medea tragica di Euripide,
riscrive consegnandoci una Medea con molte mene sfumature, Seneca ci fa vedere un personaggio
femminile regredito, non sa guardare al futuro, guarda solo al passato e l’eliminazione dei figli diventa
une necessità imprescindibile.

-Medea elegiaca: Ovidio: Eroidi: elegie sotto forma di lettera, Medea scrive l’eroide 12esima a Giasone
lamentandosi di essere stata abbandonata da lui, Ovidio ripercorre la storia di amore

-Medea epica: Ovidio (metamorfosi libro 7) attenzione focalizzata sulla prima fase dell’innamoramento
dove Ovidio ha presente Apollonio rodio, la fase dell’arrivo in Tessaglia con Giasone e il ringiovimento
del padre, poi assassino di Pelia. Ovidio trascura la Medea Euripidea, per lui la storia finisce lì.

PERCHÉ’ OVIDIO RIPRENDE CONTINUAMENTE MEDEA?

Ovidio è ossessionato da Medea, la riprende per ben tre volte, gli interpreti contemporanei hanno
messo in evidenza il fatto che Medea fosse una sorta di alter ego per Ovidio, Ovidio si rispecchia ad un
certo punto in Medea. Medea è una maga, la maga pronuncia carmina, Ovidio è un poeta e scrive
carmina, nella visione di Ovidio sia magia che poesia servono ad ammaliare, quindi siamo in un’epoca
(età di augusto) in cui la magia spesso offre un riscontro metaforico della poesia. Gli interpreti hanno
visto dei rapporti con questa metafora della letteratura come magia, metafora centrale per l’opera di
Ovidio.

LIBRO VII
La sintassi del poeta è una sintassi che privilegia i rapporti di coordinazione, è una sintassi semplice, ci sono dei
participi e proposizioni coordinate.
“E già i Minii solcavano il mare su una nave proveniente da Pàgase, e avevano visto Fineo, che in una notte continua
trascinava la vecchiaia misera, e i giovani nati da Aquilone avevano scacciato dalla bocca del povero vecchio le
ragazze-uccello e dopo essere passati per molti travagli, avevano alla fine toccato, sotto la guida del celebre Giasone,
le violente correnti del limaccioso Fasi.”

I figli di Minia, i Minii: i figli del vento del nord, espressioni usate per indicare alcuni eroi che partecpano
alla spedizione degli argonauti, questi eroi dopo aver incontrato Fineo, un anziano indovino tormentsto
dalle arpie che gli impedivano di mangiare, queste arpie sono state messe in fuga dagli argonauti che
arrivano nella Colchide, dopo aver trascorso moltissimi travagli, sotto la guida di Giasone, avevano
toccato le correnti del Fasi.

Ovidio anche quando apre un libro nuovo, come il settimo, cerca sempre di tenere un rapporto con
quello raccontato prima “iamque” ci fa pensare che stiamo parlando di qualcosa di precedente, nel
libro settimo infatti si parla di questi Minii, eroi della Tessaglia, che si erano uniti all’impresa degli
argonauti. Gli argonauti dopo l’impresa di fineo arrivano in Colchide. Ovidio tiene sempre dei fili tra un
mito e un altro.

-Iamque: riprende ciò avvenuto prima

-Minyae: parola greca che contiene un grafema, la y, tentativo che a Roma si fa di riprodurre un fonema
tipico del greco, che a Roma non c’era. Le parole con questo segno sono di origine greca. Questo
aggettivo è un patronimico, figli di questo antico re Minia della Tessaglia.

-Aquilone creati: patronimico, sono sempre i discendenti di minia, i due gemelli, che sono definiti
generati da aquilone, nome latino di Borea, vento greco del nord. Questo è un altro mood di indicare
il patronimico con una perifrasi, il verbo creati + l’ablativo di origine.

-Fretum: l’onda, abbiamo una metonimia, la parte per il tutto, onda per dire mare. Fretum si usa in
poesia, è un poetismo.

-Pagasaea: aggettivo che deriva da un luogo, aggettivi molto usati nell’epos.

-Trahens: participio che si riferisce a Phineus, prima proposizione che si collega mediante “que” ad
un'altra preposizione dove cambia il soggetto: Fineo. Ha come oggetto la vecchiaia.

-Visus erat: era stato visto, uso insolito del verbo videor, di solito utilizziamo come traduzione
“sembrare” qui è più raro, però è necessario. Videor è una forma passiva del verbo, sono due tipo di
passivo diversi: uno medio passivo, l’altro passivo vero e proprio.

-Virgineas volucreas: due parole che iniziano con lo stesso fonema: un’allitterazione,

-Ore: ablativo, via da

-Perpessi: participio riferito sempre ai figli di Minia, integrati negli argonauti, “dopo aver molto
sofferto”. Viene da perpetior, da patior, soffrire, ha valore temporale. Questo riferimento alle sofferenze
in mare è un tema ricorrente, ci riporta all’epica più tradizionale.
-Claro sub iasone: ci aspetteremmo “sub claro iasone”, qui è messa tra i due termini del sintagma di
cui fa parte. E’ un problema di collocazione anonima, si tratta di un anastrofe, a differenza dell’iperbato,
l’anastrofe è uno scambio di parole a contatto.

-Contigerant: avevano toccato, composto del verbo tango: toccare

-Rapidas: iperbato, le correnti sono violente, aggettivo che viene dal verbo rapio: trascinare via
violentemente, rapio in latino ha diversi significati, ad esempio rapire, stuprare.

-Phasidos: la Colchide viene indentificata attraverso un fiume che attraversa la regione, è un genitivo,
però non ci sono genitivi latini in -os, questo genitivo riprende una desinenza greca scritta in caratteri
latini. Ciò serve a tenere saldo il legame che il poema di Ovidio ha con la tradizione epica greca, una
forma di esibizione stilistica. Anche perché sono tutti grecismi che fanno parte dello stile alto, a Roma
i grecismi si dividono in parole usate nella vita dei tutti i giorni, ad esempio insulti “moechus” “adultero”,
e quelli che si usano in poesia, che hanno a che fare con la tradizione letterale, poetica.

Dumque adeunt…

Questi Minii arrivano finalmente alla reggia del padre di Medea viene loro imposta una legge orrenda:
le prove che il padre di Medea chiede di superare per avere il vello d’oro, in questa situazione Medea
si innamora di Giasone, e dopo aver lottato a lungo vi è un monologo interiore in cui Medea dice di
opporsi inutilmente a questo amore. Abbiamo un riassunto sintetico della parte iniziale delle
argonautiche di Apollonio rodio, qui vengono riassunti i primi due libri del poema, Ovidio concentra il
racconto perché presuppone che i suoi lettori già sappiano, preferisce concentrarsi su cose meno note
che gli consentono di valorizzare di più la sua arte.

-Dum: introduce una subordinata temporale, tutto retto dalla principale “concipit aeetias ignes”

-Ait: coordinata alla principale

-Luctata: participio

-Postquam: congiunzione temporale con valore causale

-Furor: follia violenta usata qui per metafora per indicare l’amore

-Iason: semivocale

-Aeetias: Medea è figlia di Eta, quindi vuol dire Eziade, è un patronimico, dal punto di vista linguistico
è un grecismo che conserva il nominativo greco in -as: si mantengono le terminazioni greche, motivato
dalla volontà di riprodurre la lingua greca. Il recupero di questi grecismi è un tratto peculiare dell’epica
latina.

Ovidio dialoga con una serie di modelli e fra questi c’è Didone, Ovidio quindi non ne cancella la
memoria, si mette in dialogo con Viriglio su un tema poco epico come quello dell’amore, quindi questa
Medea innamorata ricorda elementi di Didone e prende proprio il tormento amoroso, ad un ceto punto
Didone nel libro IV si innamora di Enea però dentro di lei c’è un senso di colpa nei confronti del
precedente marito Sicheo, che didone aveva amato moltissimo di cui conservava memoria; dentro di
lei nasce un conflitto terribile fra il nuovo amore e l’amore alla cui memoria è stata affezionata; quindi
discorso un po’ diverso per Medea: qui abbiamo la sua prima esperienza d’amore, quando capisce di
essere innamorata di Giasone che però è straniero, potenzialmente nemico della sua famiglia, estraneo
alla sua cultura, scatta in lei il conflitto fra ratio e furor. Ovidio mette a fuoco rapidamente i conflitto in
modo che il lettore si ricordi di Virgilio oltre che di Apollonio, è importante l’auto allocuzione quando
il locutore si rivolge a se stesso vv.11 “frustra, Medea, repugnas”, Medea si rivolge a se stessa non è un
atto innocente, il nome di Medea era etimologicamente collegato a quello che in greco è la METIS,
cioè la mente razionale; quindi Medea che è una donna d’ingegno, incline agli intigri, capace di ordine
piani, così riflessiva, si trova ad essere travolta dall’amore. Gli interpreti hanno meso a confronto
“concipit interea validos Aeetias ignes” con i versi di Virgilio “Aen. 4, 1f”: La regina ormai lacerata da
grave ansia alimenta la ferita nelle sue vene ed è presa da un oscuro fuoco. = fa quello che vuole
questo fuoco, è cieco.

La figlia di Eta concepisce dentro di sé queste fiamme definite forti, c’è la metafora del fuoco che brucia,
il fuoco d’amore, metafora su cui aveva giocato moltissimo Apollonio rodio.

Ovidio gioca su due tavoli: Apollonio rodio da una parte e l’altra Virgilio.

Da vv11:
-quod: relativa con sottinteso mid.

-Iussa: prove che deve fare Giasone per prendere il vello d’oro che Medea vede troppo difficili, sono
anche troppo duri “nimium mihi dura”

-Da vv17:
-Escute: imperativo, scuoti via

-Virgo: figura sociale, rsagazza di buona famiglia destinata al matrimonio in certe situazioni, non ha
avuto rapporti sessuali e quindi non può neanche concepire; è un po paradossale l’immagine della
“pectore flammas” le fiamme concepite nel cuore di Medea: un ossimoro. CI fa anche pensare che
questa concezione sia illegittima

-Metafora della fiamma sempre resa.

-Amore come malattia: si possem, sanior essem: se potessi sarei meno malata.

-sed trahit invitam (aggettivo con forte valore verbale) nova vis, aliudque cupido, mens aliud suadet:
aggettivo novus, una forza sconosciuta mi trascina, anche se non voglio, il concetto è messo in evidenza
da invitam nova vis (allitterazione). Il desiderio mi spinge a una cosa, la ragione a un’altra.

-Video meliora proboque deteriora sequor: vedo la soluzione migliore e la approvo, ma scelgo la
peggiore. SENTENTIA: frase ad effetto, è diventata una massima proverbiale, un’espressione gnomica,
esprime un concetto che è valido sempre, ciò che si dice quando si sa che si sta facendo la cosa
sbagliata ma non si può farne a meno. Lo stesso concetto è espresso in maniera proverbiale nella
Medea di Euripide quando lei è incerta se commettere l’assassinio dei figli: altro elemento che rende
noto il dialogo fra il testo di Ovidio e i suoi predecessori, in questo caso euripide. Medea qui sta per
cedere all’amore come successivamente cederas alla tentazione omicida, quindi Ovidio è bravo nel
mettere in scena questi cortocircuiti temporali fra le diverse fasi del mito.

Da vv21:
-Si rivolge a se stessa, figlia di re, evidenziando che non può coltivare una relazione con uno straniero.

-Destinatario dell’amore: quid in hospite; struttura di Ovidio, il destinatario è in ablativo.

-Concipis: carico di connotazione particolare, concezione illecita in queste condizioni.

Thalamos: plurale poetico da parola greca, il talamo è la stanzia nuziale, per metonimia è il matrimonio.

-Alieni orbis: con un paese a te estraneo.

-Haec quoque terra potest, quod ames: qualcosa da amare, anche la tua terra può darti un oggetto
d’amore; interessante la presenza del congiuntivo in questa relativa, potrebbe essere un congiuntivo
caratterizzante: relativa con valore consecutivo spesso presentano l’uso di un congiuntivo tipico del
latino che serve ad esprimere la peculiarità dell’individuo, in questo caso: creatura che è capace di
suscitare l’amore.

-Vivat an ille occidat, in dis est: proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva, se lui viva o muoia
dipende dagli dei.

-Vivat tamen!: il vivat è un congiuntivo desiderativo, Medea desidera che lui viva, spera che possa vivere
e sopravviver alle terrivili prove che eta ha preparato per lui.

-Idque precari vel sine amore licet: si può pregare per questo anche senza amore, significa ammettere
che lei se lo augura per altre ragioni.

-quid enim commisit

In questo passaggio che abbiamo visto quest’idea della fiamma interiore concepita nel cuore è un
elemento che ci riporta alla memoria della didone virgiliana “agnosco veteris vestigia flammae”:
conosco i segni dell’antica fiamma, perché aveva già provato amore per sicheo prima che per Enea;
per Medea è NOVA VIS. La metonimia del talamo è usata anche da Viriglio.

Da vv 26:
-Insiste nel giustificarsi del fatto che anche una persona che non sia spietata dovrebbe provare empatia
per Giasone, nel latino il soggetto di tangat è aetas.
Chi, se non una persona crudele, non sarebbe colpito dall’età, dalla stirpe e dal valore di Giasone?
Giasone ha una discendenza regale, giovane ed è eroico, per una persona che chiunque dovrebbe
essere toccato, commosso, a meno che non sia spietato.

-Quem non, ut cetera desint, forma movere potest? Ut ha valore concessivo, chi non può essere
commosso invece dalla sua bellezza? Forma è soggetto della frase in latino, fondamentalmente la
forma, la bellezza fisica è ciò che più scuote Medea.

-Pectora: cuore, plurale poetico.

-Ati nisi opem tulero, taurorum adflabitur ore concurretque suae segeti, tellure creatis hostibus ecc.: se
io non gli porterò aiuto allora sarà investito dal fiato (adflabitur: riceverà il soffio) dei tori, il fiato è
evocato dal verbo perché ore in latino è bocca, si tratta della prima prova: affrontare questi tori
soprannaturali che soffiano fuoco. Andrà in contro poi (concurro) con la sua messe, perché Giasone
riceverà dei denti di drago che dovrà seminare e da questi nasceranno dei guerrieri contro i quali dovrà
combattere. Dovrà combattere con la sua messe con dei nemici nati dalla terra oppure verrà dato come
preda crudele al drago: bisogna che Giasone andasse a rendere il vello custodito da questo drago
terribile.

-Fera praeda: fera da ferus, aggettivo dell’animale feroce, concorda con praeda però dal punto di vista
semantico si riferisce a drago, figura retorica: enallage.

Da vv32:
Se io permetterò questo allora ammetterò (fatebor) di essere nata da una tigre, di portare nel mio
cuore ferro e Pietre (al posto del cuore). Il paragone con la tigre è tipico della poesia amorosa, lo
troveremo con didone nel IV libro dell’Eneide che accusa Eneide di essere nato da una tigre perché la
abbandona, Ovidio la recupera.

-E perché allora non lo guardo addirittura morire e non rendo i miei occhi complici col guardare? Se
io fossi cosi crudele addirittura potrei guardare mentre lo sbrano (ma non lo sono)

-Specto: verbo durativo, guardare una cosa a lungo, l’uso del participio per sottolineare un’azione che
si svolge sotto gli occhi di chi guarda. Il participio sottolinea il valore durativo dell’azione.

-Perché non istigo contro di lui i tori feroci, nati dalla terra e il drago senza sonno? Creature
caratterizzate mettendo cura con la scelta del lessico, terrigena: grecismo, nominativo in a, composto
da terra+genas: composto nominale, terra + idea del generare, i composti nominali in latino sono rari.
Quando i composti compaiono quindi compaiono per uno scopo: stilema tipico della lingua poetica,
già Aristotele sottolinea questo aspetto. Il linguaggio poetico si deve sempre distinguere dalla prosa
per certe peculiarità, come la creazione di parole nuove: insopitum: che non si addormenta, compare
per la prima volta in Ovidio, come epiteto di una figura mitica, Ovidio è un creatore di parole, ne crea
molte. Non possiamo essere sicuri che è una parola nuova perché abbiamo perso molti documenti di
poeti tragici precedenti ad Ovidio.

32-36
Medea non vuol comportarsi come se fosse nata da una tigre (sarebbe ammettere la crudeltà. Questa metafora la
troviamo in virgilio. Ovidio incrocia il modello latino con il modello greco, apollonio. Qui didone accusa, in un dialogo
con enea, il suo amato di comportarsi con lei in modo crudele. ‘è stato il caucaso orrendo a generarti e ti hanno
allattato le tigrei’ = enea è crudere perche è stato allattato dalle tigri. È un immagine che si lega al tema della duritis
= durezza. Questo termine si usa nel linguaggio erotico = persona che in amore si nega che fa soffrire chi lo ama
*durus*. Medea non vuole essere crudele con Giasone, non vuol immedesimarsi nell’enea di virgilio).

Patiar= futuro, non congiuntivo.

37-41
Velint= congiuntivo desiderativo, congiuntivo indipendente. Esprime un augurio

Medea è propositiva, fig femminile piena di risorse che passa dalle parole ai fatti. Qui comincia ad emergere l’altra
estremità dell’oscillazione di Medea, incerta tra l’amore per Giasone e la ratio che la porta a considerare i doveri verso
la famiglia. Qui emergono i richiami della razionalità (vv 38 = tradirò mio padre)

Vv39 =nescioquis = Nescio è Pronome che sottolinea il valore indefinito di quis. molto forte il valore aggettivale

Vv 40-41 = ut con valore finale. Sospes= sinonimo si salus *salvo grazie a me*. Vir= valore specifico di marito di
un’altra *alterius*. Io Medea sarò abbanto nata alla sofferenza? C’è dentro Medea il timore che questo sconosciuto
che ama istintivamente possa ad un certo punto tradirla. Il letto di Ovidio lo sa che succederà anche a Medea (la
abbandona a corinto quando si sposerà con glauce). Queste paure sono destinate ad avverarsi. Qui Ovidio gioca con
la conoscenza del mito per risvegliare nel lettore la memoria dello sviluppo della vicenda.

Vv 42-46
Ingratus = è predicativo

Occidat = caso di monografia, in questo caso la i è breve

Questa esclamazione così violenta trova un riscontro nelle vicende successive

Sed= segna un’oscillazione ulteriore della condizione interiore di Medea. Qui riconsidera l’amore per Giasone. = però,
in lui c’è un’espressione del volto, una nobiltà d’animo, è tale la grazia del suo aspetto è tale da non farmi temere
l’inganno e la dimenticanza dei nostri meriti; e prima giurerà e costringerò gli dei a essere testimoni

Fraus = tradimento d’amore

Medea è portata a fidarsi di Giasone per il suo vultus, ovvero l’espressione, quello che noi riusciamo a capire leggendo
il volto di una persona. A volte può essere anche tradotto sguardo perché e qualcosa che la faccia fisica esprime.
Medea è incantata dall’aspetto di Giasone.
Cogamque= enclitica

In + accusativo = valore finale

Qui viene fuori la fierezza di Medea maga. Il fatto di costringere la divinità è qualcosa che solo il mago può fare nella
mentalità antica. In questi versi c’è un’ionia di Ovidio poeta e del suo lettore che conosce la storia di Medea al
completo nei confronti del personaggio. Quando Medea pensa se Giasone sarà capace di tradirla ecc.… il lettore e
l’auctor sanno che Medea avrebbe fatto meglio a non fidarsi e che i suoi timori si avvereranno. È una forma di ironia
che nel teatro si chiama ironia drammatica. Questo diverso livello di conoscenza del lettore e dell’autore si configura
come un’ironia a carico del personaggio

Ovidio gioca astutamente sui timori e sospetti di Medea per creare una sorta di ironia nei confronti del personaggio.
Il livello di consapevolezza di auctor e lettore sono superiori rispetto quello del personaggio.

Occidat= composto di ob- poi si adegua a cado- poi c’è occido.

Ut timeam= ut consecutivo

Vv 46-49
Tuta= predicativo preferito a Medea.

Medea fa delle autoesortazioni rivolte quindi a se stessa.

Pelle= imperativo del verbo pello

Accingere= imperativo verbo accingo. Si tratta di un imperativo di forma passiva, non attiva. Nel caso della terza
cong hanno la presenza di -re. Accingo è un composto del verbo -cingo che si usa in caso di armi ecc. in questo
senso assume valore metaforico assume il sig di ‘accingersi a fare qualcosa’ = questo sig avviene in forma passiva in
latino. Si tratta di un medio-passivo: il verbo accingor significa compiere l’atto di mettersi qualcosa addosso, quindi è
un atto che il corpo subisce ma comunque fatto da me. Il medio passivo si puo tradurre in italiano con il riflessivo. Per
esempio, il verbo movere vuol dire anche nel senso di muovere qualcosa. Ma ad esempio moveor vuol dire sì sono
mosso, però puo voler dire anche ‘mi muovo’ se non c’è un agente. Se io dico moveor e non me moveo voglio
sottolineare il fatto che il mio movimento non è totalmente volontario ma quasi volontario, riflessivo. Il fatto del medio
passivo è dove nasce l’azione.

Mora= tempo che ti fa tardare

Debeo= verbo fortw in latino. Chi deve qualcosa. Nel caso di Giasone egli dovra a Medea la sua stessa salvezza.
Medea sa gia che dovra intervenire a salvarlo nelle sue prove.

Iungo= si unirà con te in matrimonio. Medea sogna un matrimonio romano

Perque = moto per luogo.

Celebràbere = troviamo la stessa desinenza re del passivo, ma non è ovviamente un imperativo ma un futuro semplice
passivo; il verbo è -celebro. È chiaro che la forma standard è -celebraberis -re è una desinenza alternativa risperro a
-ris che in poesia si usa molto spesso. Qui c’è bisogno di tenere una sillaba -re aperta per questioni di esametro. Il
poeta ha scelto questa forma meno diffusa ma molto utile in poesia. =sarai celebrata come sua salvatrice dalla folla
delle madri. Medea immagina il momento in cui lei e Giasone torneranno in grecia, in festa nel momento in cui si
potra celebrare il matrimonio. Pesasgas= nome etnico, indica la popolazione di provenienza.
Se= oggetto del verbo debedit. È riflessivo. Il debito di Giasone è costituito da lui.

L’incipit di questa autoallocuzione di Medea *quid tuta times* ricorda un passo dell’eneide, quarto libro. didone
presagì il tradimento di enea *omnia tuta timens*. Ci si focalizza molto sullo stato d’animo di didone. È quasi una
citazione diretta che Ovidio fa del quarto dell’eneide.

Vv 51-56
Ablata= deriva da aufero. Con la fricativa -f i preverbi subiscono trasformazioni particolare. Ablata= portata via.

Quindi Medea da una parte desidera di andare con Giasone, dall’altra pensa che dovra lasciare tutti i suoi familiari. In
latino non ci sono i possessivi, ma dovremmo inserirli. Il latino usa molto poco i possessivi, quando li usa li usa in
senso molto premiante. Il meus latino ha un valore attivo. Viene risparmiato in casi come questi in cui è evidente che
con la madre, sorella ecc c’è un legame affettivo. Noi invece in italiano lo mettiamo quindi sarebbe bene inserirlo nella
traduzione. Il latino economizza piu dell’italiano i possessivi.

Medea dubita del suo futuro

Relinquam= congiuntivo indipendente dubitativo. Si usa molto in queste situazioni. È sempre accompagnato in una
situazione comunicativa in cui emerge un dubbio vero.

Medea qui soppesa i pro e i contro. I parenti che lei lascia alla fine non sono proprio ineccepibili: la sua terra è barbara
(pur essendo barbara riconosce l’inferiorità dei barbari), il padre è crudele

Barbarus= ha un’origine linguistica. È un apocopeico (?) -barbar. Da un certo momento in poi si crea l’osmosi tra
mondo greco e romano quindi barbari sono tutti gli altri

Nempe= caso di apofonia latino. Nem deriva da nam. Qui entra in composizione con una particella e assume funzione
avverbiale dichiarativa (certo).

Sappiamo da apollonio rodio che in colchide Medea ha il fratello apsirto e sappiamo che quando lei fugge fa a pezzi
il fratello e lo getta nel mare dietro di lei. In apollonio apsirto è un giovane uomo. Persona non inerme, in grado di
difendersi. In Ovidio è un infante: Medea di Ovidio piu inquetante di quella di apollonio = Medea assassina di bambini,
infanticida. Per Ovidio da qui si intravede la Medea assassina: è gia molto maga, molto incline alla violenza.

Maximusintra me deus est= questo dio è il dio dell’amore. Questa idea di Medea invasata dall’amore è un’idea che
Ovidio sviluppa molto nelle tante immagini di Medea dei diversi autori. È rimasto anche un frammento della tragedia
-Medea di Ovidio andata perduta dove Ovidio dice che Medea si aggira folle ed è invasata di un dio. Anche qui
Medea è posseduta dall’amore.

Il suo futuro sara meglio di quello che lascia dietro di se. Il ragionamento approda con una frase ad effetto (non
magna relinquam, magna sequar). Medea produce anche qui una sententia, frase ad effetto. Seneca sarà un grande
produttore di sententiae, frasi icastiche che rimangono impresse nella memoria.

Vv. 56-61
Queste grandi cose di cui lei andrà alla ricerca vengono spiegate in questi versi. Il merito di aver salvato la gioventù
achea (servatae= participio apreduttivo ?), la conoscenza di una terra migliore e di città di cui anche qui la fama è
viva (città greche), le usanze, le arti degli uomini, e poi colui che vorrei (velim) cambiare con le cose che tutto il mondo
possiede= quella persona che lei sarebbe disponibile a scambiare con tutte le ricchezze del mondo, ovvero il figlio di
esone (aesoniden= suffisso che viene dal greco che mantiene anche la desinenza del greco *en*. È un patronimico).
Noi siamo piu abituati a usarlo in senso negativo, il latino lo mette in forma positiva.

Et vertice (punta del capo) sidera tengam= toccherò il cielo con la punta del capo = un dito.

quo coniuge= quo è relativo riferito a aesoniden *Giasone*. La struttura nel complesso è un ablativo assoluto
nominale. Usato spesso dal latino. Vuol dire ‘con il quale marito= con lui per marito’.

Come funziona la sintassi del relativo? Domanda esame. Qual è la concordanza del pronome relativo. Concordanza
= elementi che identificano il rapporto tra un termine e un altro elemento della frase cui quel termine si lega. usiamo
questo concetto soprattutto per gli aggettivi. Tre parametri concordanza: caso, genere e numero. Anche il pronome
relativo in quanto proforma, ha con l’elemento cui concorda un rapporto di concordanza. Questo elemento cui
concorda si chiama antecedente. L’antecedente di quorum è oppida cui ha uguale il genere, il numero, ma non il
caso. Il fatto che il relativo abbia il caso uguale è molto casuale. Qui abbiamo un accusativo e un genitivo. Il fatto che
sia in genitivo è det dalla funzione sintattica della frase relativa cui ha origine. Il genitivo qui si lega a fama. Nel verso
59, l’antecedente di quem è un pronome ellittico non espresso che si troverebbe nello stesso caso del relativo.

Vv. 62-65
Se vogliamo analizzare per filo è per segno, qui abbiamo una principale di forma interrogativa implicita, il quid
introduce un verbo che è rimasto implicito, potrebbe essere un ‘dicam’: “Che cosa dirò riguardo al fatto che…”;
originariamente quid, quod può essere analizzato come una principale interrogativa con verbo sottointeso da cui si
diparte una relativa. Questa struttura in latino è molto frequente per esprimere domande dirette, ad un certo punto
non viene può analizzata come principale interrogativa implicita, ma diventa un modo per riprodurre una domanda.

Domanda retorica ampia, all’inizio abbiamo una principale che è totalmente ellittica. Un pronome relativo che
introduce in realtà una proposizione dichiarativa, pronome relativo che funge da accusativo di relazione: quid, quod
per riprodurre una domanda in latino è una forma ricorrente.

Dicuntur: si dice

Medea è già pronta alla fuga via mare, però dice di pesarci bene.

Da un punto di vista sintattico tutto si appoggio a ‘dicuntur’

Mondi che si scontrano in mezzo al mare: nescioqui: non so quali monti, aggettivo indefinito, prima parte verbale ma
il valore verbale quasi non si percepisce.

In undis: iperbato e anastrofe

Ovidio qui fa il poeta alessandrino, colto, si ispira a questo modo di fare poesia che prevede che il poeta sia anche un
erudita, che sia a conoscenza di una serie di notizie, anche geografiche, anche se qui si parla di geografia mitica.

Non sa bene come si chiamano i mondi perché il nome di questi scogli marini che apparivano all’improvviso era
oggetto di una disputa erudita. Faceva parte di questo modo di fare poesia il fatto di introdurre degli excursus molto
lunghi geografici, scientifici ecc. Medea quindi si pone il problema di queste rocce e un altro problema è Cariddi, il
mostro, Medea si pone il problema di attraversare lo stretto (Cariddi nome greco per presenza dell’aspirata e della y),
Cariddi risucchia il mare in un vortice e poi ributta fuori l’acqua e crea delle correnti minacciose; dall’altro lato c’è Scilla
che viene rappresentata da Omero come un mostro circondato da cani feroci che rappresentano il rumore, in realtà
è il rumore del mare tempestoso. E’ ‘rapax’: rapace, perché è in grado di portare via le navi.

Profundo: dativo particolare, abissi di Sicilia. È in principio un aggettivo che vuol dire ‘senza fondo’, adatto quindi ad
indicare l’abisso. Raramente profundo ha una connotazione positiva, per gli antichi è qualcosa di estremamente
negativo: qualcosa che non si vede.

Vv. 66 68
Abbracciano colui che amo e restando attaccata tra le braccia di Giasone, andrò per i vasti flutti; abbracciata a lui non
avrò paura di nulla, o se l’avrò, l’avrò solo per il mio compagno.

-Dopo aver immaginato il viaggio spaventoso, Medea si consola pensando che farà questo viaggio attaccata a
Giasone, viene fuori la sicurezza di Medea maga che sa di poter contare sul suo potere

Quod amo: ciò che io amo, l’oggetto d’amore, l’antecedente di questo neutro relativo è sottinteso (ID sottinteso)

Amplexa: da amplector, participio

Vv. 69-73
Auto allocuzione, Medea si rivolge a se stessa.

Abbiamo una proposizione interrogativa, è introdotta da NE enclitico (coniugiumNE), serve a dare un’intonazione
interrogativa.

Speciosus: aggettivo per indicare qualcosa di bell’aspetto, c’è sempre implicita l’idea che questa apparenza
accattivante corrisponda alla bellezza ma non necessariamente lo e, speciosus nomina: eufemismo, chiamo una parola
in un certo modo ma in realtà per attenuare qualcosa che non è, in questo caso “chiami matrimonio un qualcosa che
in realtà è una colpa”

Quantum: quanto grande, aggettivo, introduce una proposizione interrogativa indiretta, adgrediare è una forma di
congiuntivo indiretto, è seconda persona singolare passiva; adgredior è un verbo deponente: avviarsi verso qualcosa,
intraprendere qualcosa.

Nefas: paragonabile al nostro termine tabù

Rectum: neutro sostantivato, il rispetto

Pudor: qualcosa che dipende dal giudizio altrui, a differenza della verecundia che è quando ci si vergogna di qualcosa
indipendentemente dagli altri, il pudor è il riflesso di un giudizio negativo esterno.

Consto: star in piedi, giustizia ecc. stanno in piedi davanti a leu come giudizi

Voltava le spalel: enallage o ipallage: trasferiamo alle spalle quella che in realtà è una caratteristica di cupido

Nelle ultime parole c’è una memoria virgiliana di DIdone, soprattutto l’idea che il matrimonio sia una parola che copre
un qualcosa di brutto: Virgilio= Didone non pensa più a un amore furtivo: lo chiama matrimonio, con questo nome
coprì la colpa.
Secondo incontro tra Medea e Giasone
Giasone dà appuntamento a Medea in un bosco, dove si torva il tempio della dea Écate.
Ibat...reluxit (v.74-77)
Ibat = Medea è il soggetto
Hecate perseidos = detta “perseide”, figlia del titano Perse, zio di Medea.
Nemus obrosum = nemus, nemoris (III decl, tema in sibilante) gen. originale nemosis poi rotacizzato
Fortis = aggettivo associato generalmente a figure maschili eroiche, guerrieri in battaglia.
- Medea = In questo caso medea è una guerriera bella battaglia dell’amore, che lei ritiene di aver vinto, di aver
schiacciato l’amore
Cum (v.77) = “cum inverusm”, ovvero introduce una proposizione temporale, che indica una svolta nella storia: la
fiamma dell’amore che lei credeva essersi spenta si riaccende, quindi la battaglia contro l’amore non è stata vinta.

Vv.78-83
Utque solet scintilla = “e come è solita la scintilla”
Sub favilla inducta = “nascosta sotto una coltre di cenere”
Infiniti = adsumere, crescere, resurgere... dipendono tutti da “solet”
Similitudini = stilema (= tratto tipico dello stile epico), usate per prime da Omero. Quelle di Ovidio sono similitudini
differenti rispetto a quelle di Omero, infatti esse non servono solo per indicare caratteristiche fisiche dei personaggi
(la potenza, la forza dell’eroe), ma anzi sono usate per mettere in evidenza la psicologia dei personaggi, i loro
sentimenti o pensieri.
Erubuēre = 3pp perfetto in -ui, “erubuerunt” forma originale
Putares = tu generico, “si sarebbe potuto pensare”, congiuntivo del potenziale del passato
Ut vidit...inarsit = tipico colpo di fulmine, molto usato da Ovidio. Sottolinea il poco tempo che passa tra le due
azioni.
- Occhi = mezzo attraverso il quale si scatena l’amore
Et casu...illo (v.84-88)
Aesone nauti = solito patronimico di Giasone
Fuit = passato generico
Illa luce = quel giorno, “lux” come sinonimo di “dies” tipicamente poetico
Formosior solito = “più bello del solito”
- alcuni interpretano “solito” legato a “casu”, cioè “per il solito caso” ovvero quella solita circostanza in cui un eroe
appare più bello grazie alle divinità (tipica dell’epica, presente anche in Odisseo)
Posse ignoscere = sempre tu generico. Ignosco regge il dativo, in questo caso “amanti”
- Amans (l’amante, che è in questa condizione per un certo periodo di tempo) ≠ amator (colui che ama quasi come
se fosse un lavoro)
Spectare = verbo frequentativo, indica un’azione che si prolunga
Veluti = dà al participio un valore di una subordinata ipotetica
Ora mortalia = plurale poetico
(Nec) Declinabat ab illo = topos poetico, originario di Saffo, tradotto poi da Catullo nel carme 51 Ut vero...professi

Vv.89-91
Ut = sempre immediatezza dell’azione, appena lui le prende la mano, Medea inizia a piangere Dextram prehendit =
le prese la mano (destra)
Que...que = ripetizione tipica dell’epica
Hospes = “lo straniero”, soggetto di “coepit” e “prehendit”
Torum = lett. Il letto, intende il matrimonio
Lacrimis profusis = da pro+fundo: versare abbondantemente (figura già usata da Virgilio)

Vv. 92-94
So cosa faccio e non l’ignoranza della verità, ma l’amore mi trarrà in infanno. Ti salverai con il mio aiuto; una volta
salvo, mantieni le promesse!

-Servabere: questa desinenza indica un passivo, la forma passiva della II pers. Sing. Del futuro: questa forma è
comoda, rispetto a -ris, non chiude la sillaba, lascia la sillaba aperta, breve.

-Servatus: stesso verbo usato in forma diversa= POLIPTOTO (deriva dal greco ptosis, c’è un omega, quindi la o è
lunga)

-Dato: imperativo futuro, va benissimo in casi come questi, per esortare solennemente qualcuno a mantenere una
promessa, forma che si usa molto anche nei testi di legge perché è percepita come una forma arcaica che da una
sorta di solennità all’impegno.

Vv. 94-97
Lui giura per i misteri della dea triforme (diana artemide, proseripina), per la divinità che era in quel bosco, per il padre
del futuro suocero, che vede ogni cosa, per i suoi successi e per i così grandi pericoli.

-Foret: verbo principale

-Per: sottinteso durante il testo

-Giuramento di Giasione, giura per Ecate, dea che domina in quel bosco sacro, giura anche per i suoi successi (eventus)
e per i pericoli che sta oer affrontare (pericula)

-Patrem soceri: padre del futuro suocere: Il sole, Medea discendeva da una divinità, suo padre Eta era figlio del Dio
sole.

-Cernentem cuncta: allitterazione

-Relativa particolare: quod numen, l’antecedente dovrebbe stare prima di quod; dentro la relativa c’è il congiuntivo
“foret”, in latino esiste il congiuntivo obliquo indiretto, usato per il discorso riportato, qui Ovidio sta riportando il
contenuto del giuramento di Giasone, per farci capire che queste sono le vere parole che Giasone ha usato utilizza
questo congiuntivo utilizzato per il DISCORSO RIPORTATO.

Vv. 98-99
Creduto, ricevette subito le erbe trattate con incantesimi, ne imparò bene l’uso e tornò felice all’alloggio.

Tre coordinate semplicissime.


Ovidio qui condensa un episodio che in Apollonio rodio occupa tanto spazio, perché si sofferma molto sulla scena e
al mood in cui queste erbe vengono date a Giasone: le sfila dal corsetto di Medea, in apolonio e una scena di
seduzione, in Ovidio no, preferisce insistere sulla forza di Medea.

-Cantatas erbas: erbe che sono state trattate con incantesimi, Medea ci ha ragionato a lungo su queste formule:
verbo frequentativo

Edidicit: perfetto del verbo edisco, ne imparò bene l’uso: utilizziamo questa traduzione per il preverbo -e che ha
valore perfettivo.

Vv. 100-103
Cambia lo scenario, è il momento per Giasone di affrontare le sue prove, rispetto ad Apollonio anche qui Ovidio
abbrevia il tutto, il racconto è rapido e soprattutto cambia ancora una volta la relazione fra i due protagonisti,
Apollonio da spazio all’eroismo di Giasone, Ovidio da a Medea una posizione di rilievo maggiore.

“L’aurora successiva aveva scacciato l stelle lucenti: la gente accorre nel sacro campo di Marte e si ferma sulle alture;
il re in persona si mise a sedere nel mezzo della schiera, vestito di porpora, riconoscibile per il suo scettro d’avorio.”

Comincia una nuova sequenza narrativa e quindi anche un nuovo giorno: tipico dell’epica, anche in Omero comincia
un nuovo episodio e comincia un nuovo giorno.

Apollonio la prima prova è quella in cui Giasone affronta i tori, e lui li va proprio a cercare e si tratta di un’impresa
solitario, Ovidio la spettacolarizza: vera e propria arena di età imperiale: abbiamo la gente che si riunisce in un campo
sacro a Marte, e si mettono a guardare sulle pendici di alture circostanti, Ovidio adatta questa scena nel suo tempo.

-Mavoris: forma più antica che qui Ovidio conserva perché le parole arcaiche nell’epos vengono valorizzate

Iugis: ablativo con valore stato in luogo, ha di strano dallo standard che non ha la preposizione -in davanti: nella
lingua poetica succede spesso perché risparmia le parole vuote, come le preposizioni

Rex ipse: valore oppositivo di ipse, qui è un aggettivo, è un aggettivo di derivazione pronominale, è un pronome
determinativo, sono tutti composti di is ea id: in latino questi determinativi hanno una funzione specifica, servano ad
individuare, non hanno funzione personale.

DOMANDA ESAME: Ipse e idem hanno due valori diversi: is ea id è la forma di base rispetto alla quale IPSE (da is +
pse) ha valore di enfasi OPPOSITIVO (si sottolinea che qualcun altro non fa quella cosa) ipse significa “proprio quella
persona” esclude sempre qualcuno. Idem, eadem, idem: riprendiamo un termine che è già stato menzionato prima,
qualcosa che è già stato detto. La traduzione italiana è ambigua.

Medio agmine: non c’è ancora -in

Insignis, insigne: aggettivo di seconda classe a due uscite, indica qualcuno che porta in se un segno di
riconoscimento, in questo caso lo scettro d’avorio.
Vv. 104-110
Ecco, i tori dagli zoccoli di bronzo soffiano Vulcano dalle narici d’acciaio e l’erba, sfiorata dai vapori, brucia, e come i
camini ingombri sono soliti risuonare o come il calcare sciolto in una fornace di terra si infiamma dopo essere stato
irrorato d’acqua fresca, così i loro petti e le gole roventi rimbombano facendo rigirare le fiamme chiuse dentro.

Vulcanum: sineddoche per indicare il fuoco

Aeripedes: dieresi nella i, bisillabo: composto nominale, tipico della lingua epica e poetica

Adamanteis: viene da adamas (indomabile), parola greca, che significa acciaio o diamante, aggettivo in latino che
suona elegante (probabilmente creazione di Ovidio)

Arriva la similitudine, il punto di riferimento per Ovidio non è omero o Virgilio ma LUCREZIO, c’è una sensibilità in
Ovidio per il mondo sovrannaturale e per fargli vedere meglio le loro caratteristiche ai lettori Ovidio li descrive tramite
una situazione familiare, di vita giornaliera; il suo modello nel cercare di visualizzare un prodigio e renderlo
comprensibile ricalca le orme di Lucrezio che nel rerum natura cerca di rappresentare dei fenomeni straordinari della
natura riconducendole ad esperienze comuni per i suoi lettori. Ovidio lo fa per enfatizzare ancora di più la meraviglia
di quello che sta descrivendo.

Ovidio suggerisce il suono inquietante che questi tori fanno che è quasi un rombo, simile a quello dei camini ingombri.

-Ubi: avverbio relativo, normalmente tradotto come “dove”, qui mantiene lo stesso valore di utù

Termine di paragone silices: nome che daranno gli antichi alla pietra calcarea che formava quando veniva sciolta nel
fuoco la calce.

-Adspergine: deriva da adspergere: l’atto di spargere

Da Vv. 110
La cosa interessante sono vertere, i perfetti in ere alla terza persona plurale spesso per ragioni metriche, non
pensare subito all’infinito.

MEDICAMINA = medicamen, il medicamentum è una sostanza che serve a medicare, fa venire in mente il
nome stesso di medea.

Giasone può comportarsi in modo delicato e gentile.

COGIT costringe a tirare il grande peso dell’aratro e a spaccare insuetum cantum.

A questo punto G. deve seminare questi solchi con denti che diventeranno guerrieri con cui lui dovrà combattere. Vrbo comune
diventare usato da Ovidio nella metamorfosi. NOVA CORPORA PRESENTE ANCHE NELLE METAMORFOSI .

NON TUTTI I TERMINI IN US DELLA SECONDA SONO MASCHILI

Assume specie ominis,

Terra rappresentata come donna incinta, spunta già armato

Ovidio fa riferimento ai fenomeni della natura

Il fatto di poter usare lo stesso verbo crea una figura retorica che si chiama silessi, come se si dicesse ‘si abbattono i nemici e i murale’
Lei che lo aveva reso vulnerabile, l’impressione è tale che anche medea a questo punto sussulta, si può osservare dal punto di vista
sintattico il nesso relativo. Si parla di nesso relativo quando abbiamo a che fare con un pronome relativo, che noralmente introduce una
subordinata, proposizione relativa, ma nel caso del nesso relativo non è così: abbiamo una principale e una subordinata che è
introdotta da ubi = quando, cioè quando li videro, quindi il quos ha funzione di oggetto di viderunt, questo è ol nesso relativo, ossia un
relativo che non genera subordinazione ma coordinazione, crea un nesso con ciò che viene prima. È un po’ un falso amico. Vultus è la
parte semantica del volto, da cui si coglie l’espressione del volto. Spesso è meglio tradurlo sguardo o espressione.

Neve introduce una finale

Questo ce lo fa vedere anche Apollonio Rodio, ma ovidio fa in modo che risulti ancora più evidente l’importanza di medea nelle azioni
che lei compie.

Giasone reso più forte dall’incantesimo di medea riesce a sollevare l’enorme masso e questi ricadono gli uni sugli altri. Ogni sequenza si
conclude con una reazione del pubblico.

Dopo aver fatto vedere la reazione dei compagni di giasone, ovidio si sofferma anche sulle emozioni di Medea

Vv. 146

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