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Pascoli

(Rappresentante più significativo del decadentismo europeo) temi:

- rifiuto positivistico della scienza;


- visione pessimistica;
- poesia come mezzo di conoscenza;
- desiderio di evasione;
- presenza di un linguaggio suggestivo ed evocativo (simbolismo e il suo stile impressionistico,
costruito su frammenti di immagini che fissano sulla pagina delle percezioni sensoriali, come gli
artisti impressionisti; es Il Lampo e Il Tuono, liriche di Pascoli);
- tema del nido famigliare e degli affetti famigliari;
- malvagità degli uomini e contrapposizione dialettica fra lo spazio dentro (degli affetti familiari e in
cui si mantiene il legame forte tra i vivi e i defunti) e spazio fuori (della cattiveria e malvagità
umana);
- morte e lutto;
- celebrazione della natura, vede nella natura ogni più piccola voce, e la coglie attraverso scene di
vita quotidiana, a volte anche malinconiche. Il connubio con la natura si ritrova in tante liriche,
come novembre, con una rappresentazione della natura malinconica;
- se la natura è malinconica, viene fuori un altro tema del decadentismo pascoliano, tutti i paesaggi
rappresentati si caricano di significati misteriosi e simbolici, tipico del simbolismo decadente (ad
esempio attraverso L’Aratro, che diviene simbolo dell’abbandono e della solitudine);
- tema del mistero del cosmo. Tutti gli elementi dei paesaggi analizzati si caricano di un significato
misterioso, sconosciuto, fonosimbolista (fonosimbolismo pascoliano, simboli e suoni che evocano il
mistero dell’universo). Una figura retorica molto utilizzata è l’onomatopea;
- rievocazione dei miti classici. Pascoli prede personaggi del mondo antico, classico, che hanno
dominato il mondo come Alessandro o che sono diventati dei miti con il passare dei secoli come
Ulisse (l’uomo dal milleforme ingegno), spogliandoli di quella grandezza che avevano rappresentato
trasformandoli in anti-eroi, uomini del ‘900 in crisi, che dopo aver raggiunto l’apice del loro
successo, alla fine della loro vita, si fermano a riflettere sulla propria esistenza.

[con Pascoli nella poesia e Pirandello e Svevo nella prosa; D’Annunzio è pienamente inserito nel
decadentismo italiano anche se è una figura un po’ a sé stante, perché rappresenta gli aspetti più
estremisti, eccessivi, del decadentismo, così come la sua vita (vita che diventa arte)]

Biografia: nasce nel 1855 a San Paolo di Romagna. Viene subito iniziato agli studi classici, già a 7 anni,
andando a studiare a Urbino presso il collegio degli scolopi; purtroppo la sua vita sarà ben presto
segnata da gravi lutti familiari, che sarà una tematica sempre presente (morte e lutto), un dolore che
incide profondamente sul suo animo; nel 1867 muore il padre, ucciso in circostanze misteriose (X
Agosto), successivamente more sua madre, una sorella e un fratello; ovviamente anche le condizione
economica della famiglia subisce un ridimensionamento e durante gli anni universitari a Bologna
frequenta un gruppo di studenti socialisti anarchici, venendo arrestato in seguito alla partecipazione a
delle manifestazioni anarchiche. Nel 1895 si trasferisce a Castelvecchio di Barga con la sorella e negli
ultimi anni della sua vita sarà impegnato nell’insegnamento universitario prima a Messina, poi a Pisa e
infine a Bologna, dove morì nel 1912. Una data importante è il 1905, quando Pascoli successe al
Carducci nella cattedra universitaria di letteratura italiana a Bologna; morì per un tumore al fegato;
negli ultimi anni della sua vita, partecipò e sostenne l’impresa libica (l’imperialismo prima delle guerre
mondiali), di estrema destra, voluta dal fascismo, attraverso discorsi ufficiali appoggiò questa guerra
libica, come La Grande Proletaria si È Mossa (1911) a favore della guerra in Libia.
Le opere:

ricordiamo tra le più importanti

- Le Myricae e Canti di Castelvecchio: qui troviamo temi campestri e familiari, ed il ricordo dei cari
defunti, tematiche espresse attraverso versi ricchi di musicalità e di giochi fonici;
- I Primi Poemetti e i Nuovi Poemetti: in terzine dantesche sullo sfondo di un’ambientazione agreste;
- Poemi Conviviali: si richiamano al mondo classico e rievocano miti e personaggi del mondo classico
che però in Pascoli acquistano un profilo decadente;
- Liriche di ispirazione civile e patriottica;
- importante è uno scritto saggistico che compare a puntate su una rivista, intitolato Il Fanciullino,
pubblicato nel 1897 e poi rielaborato nel 1907.

Poetica: Pascoli, nonostante fosse un seguace delle dottrine positivistiche, non solo riconobbe
l'impotenza della scienza nella risoluzione dei problemi umani e sociali, ma l'accusò anche di aver reso
più infelice l'uomo, distruggendogli la fede in Dio e nell'immortalità dell'anima, che erano stati per
secoli il suo conforto. Pertanto, perduta la fede nella forza liberatrice della scienza, Pascoli fa oggetto
della sua mediazione proprio ciò che il positivismo aveva rifiutato di indagare, il mondo che sta al di là
della realtà fenomenica, il mondo dell'ignoto e dell'infinito, il problema dell'angoscia dell'uomo, del
significato e del fine della vita. Egli però conclude che tutto il mistero nell'universo è che gli uomini sono
creature fragili ed effimere, soggette al dolore e alla morte, vittime di un destino oscuro ed
imperscrutabile. Pertanto esorta gli uomini a bandire, nei loro rapporti, l'egoismo, la violenza, la guerra,
ad unirsi e ad amarsi come fratelli nell'ambito della famiglia, della nazione e dell'umanità. Soltanto con
la solidarietà e la comprensione reciproca gli uomini possono vincere il male e il destino di dolore che
incombe su di essi. La condizione umana è rappresentata simbolicamente dal Pascoli nella poesia I due
fanciulli, in cui si parla di due fratellini, che, dopo essersi picchiati, messi a letto dalla madre, nel buio
che li avvolge, simbolo del mistero, dimenticano l'odio che li aveva divisi e aizzati l'uno contro l'altro, e
si abbracciano trovando l'uno nell'altro un senso di conforto e di protezione, sicché la madre, quando
torna nella stanza, li vede dormire l'uno accanto all'altro e rincalza il letto con un sorriso.

il poeta è l’unico a poter interpretare alcune sensazioni del mondo esterno; per poterlo fare deve
rivolgersi al mondo come se fosse un bambino, entusiasmandosi e avendo una percezione delle cose
che non hanno gli adulti. (poetica del fanciullino)

Innovazione stilistica:

Myricae

Raccolta poetica in 15 sezioni. Il titolo è un termine latino che si ispira alla quarta ecloga virgiliana (dalle
Bucoliche, chiamate anche ecloghe, ovvero carmi scelti), quando egli parla di un puer, della nascita di un
fanciullo che avrebbe inaugurato l’età dell’oro; molti hanno pensato che Virgilio volesse addirittura
anticipare la nascita di Cristo. (“non a tutti piacciono gli arbusti e le umili myricae” = l’opera tratterà di
argomenti umili e modesti; la myricae è un’erba umile e campestre.). Come Virgilio, anche Pascoli dona alla
sua opera semplicità, utilizzando il termine per dire che la sua poesia si eleva solo un poco da terra (è umile
dal punto di vista tematico, con temi che appartengono alla quotidianità, la tematica delle piccole cose che
però vengono riscoperte dal poeta attraverso gli occhi estasiati del fanciullino, non stilistico e compositivo).
Apparentemente sembra una poetica serena, tranquilla, ma in realtà c’è un nucleo tematico sempre più
oscuro e pessimistico perché, a partire dalle Myricae ma anche analizzando tutte le altre opere, si
percepisce sempre la percezione della morte, evocata sempre attraverso i “cari defunti”. A queste
tematiche fa da sfondo il paesaggio che, proprio come un quadro impressionista, si cariche di profondi
significati. Lo stile e il linguaggio non sono mai elaboratissimi, perché Pascoli compie continuamente un
lavoro di correzione dei suoi scritti, sempre con un gusto impressionistico, attraverso frammenti lirici.
Attraverso il verso e la sintassi paratattica (frantumata, con frasi molto brevi ed ellissi, cioè mancanza del
verbo e del soggetto), lui ci dà segmenti sonori e cromatici di ciò che vuole rappresentare (vedi
approfondimento: Pascoli e gli impressionisti. Allega foto). (studio sul cromatismo pascoliano). Il linguaggio
è sempre simbolico (come l’aratro abbandonato) e l’oggetto diventa il simbolo dell’interiorità del poeta,
anche attraverso il significato analogico (un oggetto ci porta all’evocazione di un sentimento).

X agosto: tratto dalle Myricae, dalla sezione “Elegie” (elegie è un componimento poetico il cui termine
viene dal greco dire ahimè = componimento poetico triste, lamentoso.). Si ricordano i cari defunti, il
momento della morte del padre. Anche in questo dolore, Pascoli costruisce il testo secondo
un’impostazione tecnica elaboratissima.

È la notte di San Lorenzo, il 10 Agosto, notte in cui dal cielo cade una pioggia di stelle, interpretata come il
pianto del cielo per la morte di suo padre (dà la risposta nell’ultima strofa).

I Canti di Castelvecchio: pubblicati nel 1903; una seconda edizione nell’agosto del 1912 perché Pascoli volle
aggiungere ad alcune poesie una sorta di dizionarietto, in cui erano contenuti i termini propri della sua
terra), in quanto alcuni critici dissero che era oscuro. I canti sono chiamati così dal nome della località di
Castelvecchio, dove si trasferì con la sorella Maria nel 1895; questi componimenti poetici sono considerati
una continuazione delle Myricae, perché i temi sono gli stessi (ignoto, morte, defunti, natura, vita
campestre; motivo del nido famigliare). A differenza delle Myricae, qui la natura, il reale, si carica di un
significato simbolico; gli oggetti (anche la nebbia, aratro) non hanno più un significato oggettivo reale, ma
diventano il corrispettivo analogico dello stato d’animo del poeta; la struttura è sicuramente più elaborata
anche dl punti di vista della metrica. L’ordine di successione delle poesie fu esposto in una lettera ad
Alfredo Caselli del 1902 (emozioni dell’inverno, poi quelle della primavera, poi estate, autunno e ancora
quelle dell’inverno. = ‘ordine rispecchia lo stato d’animo dell’autore, che cerca di far rivivere tutte le
immagini e le sensazioni del passato, della sua infanzia). Nei canti di Castelvecchio rientrano le liriche
Nebbia, il gelsomino notturno. La nebbia è un agente atmosferico che ci impedisce di vedere; in Pascoli si
connota simbolicamente perché rappresenta la realtà esterna al di fuori del mondo famigliare (motivo dei
defunti, della morte, e del nido come rifugio esistenziale).

I Primi Poemetti: UNA PRIMA RACCOLTA DI 12 POESIE Pubblicata nel 1904 e nel 1907 la versione definitiva
con il titolo I Primi poemetti e i nuovi poemetti; rispetto alle altre opere, sono componimenti di maggiore
ampiezza, anche al livello metrico scompaiono i versi brevi e troviamo le terzine dantesche; le poesie
tendono ad organizzarsi in una struttura narrativa, non più lirica: Pascoli racconta in versi, non comunica più
le sue sensazioni. Questi versi sono una sorta di romanzo georgico perché Pascoli delinea una natura
idealizzata, un’epopea del contadino che si articola attraverso i cicli del lavoro nei campi. Il racconto poetico
ha un filo conduttore, ovvero le due sorelle Rosa e Viola, ma sono anche presenti poesie di carattere
autobiografico. Il linguaggio si adegua ai contenuti narrati, quindi è umile e quotidiano perché il poeta usa
un lessico parlato e il gergo contadino (plurilinguismo pascoliano). Italy fa parte dei primi poemetti; è un
componimento poetico in cui sembra raccontare; il tema fondamentale è l’emigrazione, mettendo in
evidenza la differenza tra il mondo contadino e la civiltà moderna ed industriale (tematica del nido
famigliare, gli emigranti sono costretti ad abbandonare la propria famiglia per trovare nuove opportunità
all’estero) = esempio di plurilinguismo pascoliano. La differenza si evince a livello culturale e soprattutto
linguistico, che pascoli mette in evidenza attraverso l’uso di termini proprio della cultura dell’emigrante e
della cultura di cui si appropria.

I poemi conviviali: nel 1904, vengono dalla critica pascoliana visti come un capolavoro della cultura
umanistica, perché fa rivivere personaggi eruditi della cultura classica (Benedetto Croce: una raccolta a
sfondo epico e mitico). Come le Myricae, anche quest’opera si apre con un verso virgiliano (lo stesso, con
significato opposto; nella prima raccolta si evidenzia la semplicità, qui una poesia altissima con stile
classicheggiante); il poeta rievoca mitici personaggi del mondo greco e latino (Alessandro Magno = il grande
guerriero; Ulisse = punto di riferimento perché è l’eroe dell’ingegno, che vuole sperimentare, conoscere e
viaggiare). Mentre nel mondo classico i personaggi erano esaltati con caratteristiche positive, in pascoli
diventano gli anti eroi della quotidianità, spogliandosi della propria grandezza per vestirsi degli abiti
dell’uomo decadente, l’uomo che dopo un passato glorioso è al capolinea della propria vita e si ferma ad
interrogarsi sul passato e sull’incertezza del futuro, facendo domande emblematiche sulla propria esistenza
(Ulisse si chiede: chi sono? = crisi dell’uomo decadente che non sa trovare una collocazione in una società
che lo emargina aldilà della sua gestione capitalistico-borghese). In Alexandros il poeta immagina
Alessandro al limite del mondo conosciuto (come Ulisse) ma si ferma, preso da sentimenti di malinconia,
ormai vecchio e stanco rievoca le sue grandi imprese passate con nostalgia. Sia lui che Ulisse sono
personaggi che non hanno più l’aspetto glorioso dell’antichità classica, ma vivono drammaticamente il
sogno dell’epoca passata e la drammaticità di quella presente (malinconia, disagio esistenziale,
rievocazione del mondo classico, sensibilità decadente).

D’Annunzio
Ha un ruolo fondamentale nel decadentismo europeo perché rappresenta una delle esperienze più
eclatanti. Tutta la sua vita fu all’insegna dell’assurdo e dello spettacolare. Nacque a Pescara nel 1863,
apparteneva ad una famiglia agiata e compì gli studi liceali a Prato, da dove si trasferì a Roma. Qui entrò in
contatto con tutti gli ambienti letterari iniziando a collaborare con giornali e riviste. La sua vita fu un vivere
inimitabile, fuori dal comune. Si sposò ma ebbe diverse relazioni amorose e dissipò tutte le sue risorse
economiche tanto da essere costretto a fuggire a Napoli per eludere i suoi creditori (1801). Uno dei suoi
grandi amori fu l’attrice Eleonora Buse (?), con la quale visse a Firenze¸ dopo la rottura andò a Parigi
rientrando allo scoppio della prima guerra mondiale, distinguendosi come uno tra i più convinti
interventisti. Si rese protagonista di alcune celebri azioni militari, come la Beffa di Buccari (incursione sul
golfo della Baia di Buccari), il volo su Vienna (fece cadere a Vienna una pioggia di volantini propagandistici),
e all’impresa di Fiume (guidandone l’occupazione per oltre un anno fino al 1929 quando il governo italiano
lo costrinse a ritirarsi per non violare gli accordi di pace). Sosteneva il partito fascista, scrivendo molti dei
discorsi di Mussolini. In contrasto con quest’ultimo, diffidente e timoroso che la sua figura potesse
rappresentare una minaccia nella sua vita personale, fu emarginato e costretto a vivere gli ultimi anni della
sua vita in una villa (Vittoriale degli Italiani) sul lago di Garda, dove morì ne 1938. La sua personalità e il suo
stile di vita è molto discussa; all’inizio della prima guerra mondiale tenne molti discorsi per infiammare le
folle e convincere gli italiani ad entrare in guerra, raccolti in Per La Più Grande Italia.

D’annunzio assunse il nome di Poeta Vate profeta della patria, perché i suoi discorsi erano presi ad educare
e persuadere gli italiani, in grado di guidare la nazione verso azioni belliche a carattere nazionalistico e
imperialistico. Volle arruolarsi per prendere parte alle azioni belliche e, per la sua partecipazione, nel 1916
subì una lesione permanente all’occhio destro durante un atterraggio d’emergenza.

Opere: fu un autore prolifero e versatile, scrivendo moltissimo con molti generi letterari: giornalista,
novelle, drammi, poesie. Su ognuno di questi generi letterari riuscì ad imprimere la sua personalità,
rimanendo sempre molto creativo riuscendo ad elaborare modelli inimitabili e a padroneggiare la parola. La
sua formazione letteraria fu influenzata dal Carducci (classicismo), da Verga, dai simbolisti e estetisti, dai
romanzieri russi (in particolare Tolstoj e Dostoevskij)

Trionfo della morte

Vergine delle rocce

Il piacere: Andrea Sperelli, un dandy in cui si ha l’identificazione con l’arte ma anche con lo stesso
d’annunzio.
L’innocente

Il poema paradisiaco

Cinque vite delle laudi (??)

L’ultima attività poetica è detta il notturno, con una personalità più umana, spoglia dal superuomo, dai toni
impressionistici dove il discorso poetico procede per associazioni di idee e suggestioni, con una sintassi
paratattica che apre la via alla prosa e poesia novecentesca.

Le sue prime raccolte di poesie risalgono all’adolescenza, abbiamo una prima raccolta dal nome Primo Vere
pubblicata quando frequentava il liceo, per la quale ricevette delle critiche dai suoi professori per
l’eccessiva libertà dei temi e del linguaggio e della sua forte sensualità, presente anche nei romanzi. Altre
raccolte come Intermezzo di Rime e le Elegie Romane, sul modello carducciano (come tutte le sue prime
raccolte).

Sul modello verghiano scrisse delle novelle, cimentandosi in alcuni bozzetti di Rita Abruzzese, facendo
riferimento all’Abruzzo come Verga alla Sicilia, come nella raccolta Terra Vergini, dove tratteggiò un
percorso dagli istinti bestiali come nelle prime novelle verghiane. Questa maturazione di un gusto
decadente ed estetizzante trovò la sua piena espressione nel romanzo Il Piacere, incentrato sull’edonismo
di Andrea Sperelli, un dandy avido di piaceri, un uomo che coltiva il bello e deciso a fare della sua vita
un’inimitabile opera d’arte. Con Il Piacere si conclude questa prima fase per passare alla produzione ispirata
alla letteratura russa; dopo il successo del piacere, fu suggestionato dalla nuova moda della diffusione del
romanzo russo, imposto in Francia e poi in tutta Europa. Attraverso gli autori russi si accosta alla tematica
della purezza, della bontà d’animo e del ritorno commosso alla natura ma soprattutto dell’indagine
psicologica, molto attenta soprattutto ai conflitti interiori dell’uomo e agli stati mentali che diventano quasi
patologici (predilige Dostoevskij, attraverso la cui lettura scrive molti romanzi come Il Lungo racconto di
Giovanni epistofo, dove si narra l’esorbitanza psicologica del protagonista, in contrasto con la sua natura
mite che lo spingerà all’omicidio di sua moglie, che lo offese; l’innocente, il protagonista cerca di recuperare
il rapporto coniugale senza esitare di compiere un delitto. Il marito scopre di amare nuovamente la moglie
e pur di non condividerla con nessuno arriva ad uccidere il figlio avuto in una relazione extraconiugale; e la
raccolta poetica Poema Paradisiaco, si parla della purezza dell’uomo, scritto in forma colloquiale). Terza
fase: produzione del superomismo. L’interesse per il superuomo nasce in d’annunzio con la lettura di
Nietzsche, infatti applicò le teorie del filosofo ai suoi romanzi, rendendo il poeta un superuomo, un uomo
svincolato da ogni regola morale e propugnatore di una visione politica aggressiva e quindi del dominio di
una classe privilegiata, violenta e raffinata, ideologia che stimola moltissimo d’annunzio dandogli una forte
spinta creativa aiutandolo nella realizzazione di alcuni cicli di romanzi:

- Ciclo della rosa, rappresenta la passione; rientrano i romanzi Il Piacere, l’innocente e il trionfo della
morte, quest’ultimo costruito sula storia del folle amore di Giorgio per una certa Ippolita; tutto si
svolte attraverso un sentimento torbido, morboso, che si conclude con un omicidio-suicidio.
- Ciclo del giglio, rappresenta la purezza d’animo; rientrano La Vergine delle Rocce, protagonista
giulio d’antelmo, che sposa una giovane donna nobile e sogna di generare un figlio dal sangue
nobile che diventi futuro re di Roma, capace di far risorgere la potenza latina -> è evidente la
tendenza nazionalistica e antidemocratica fondata su uno stato inteso come patria di pochi eletti;
La Grazia e L’annunciazione, nessuno dei due realizzati.
- Ciclo del melograno, rappresenta la vitalità, la gioia; rientrano La Vittoria dell’uomo e Il Trionfo
della Vita, non realizzate, e Il Fuoco, opera autobiografica: attraverso il personaggio principale
l’autore rievoca la sua passione per l’attrice Eleonora buse; anche qui il protagonista risolve la sua
vita in una vera e propria opera d’arte.
Scrisse anche altre opere teatrali (La Figlia di Iorio, ambientata nel mondo pascolare abruzzese
caratterizzata da passioni primordiali che ricordano l’istintività dei personaggi verghiani, per rappresentare
la mentalità di una popolazione ancestrale per dominare le superstizioni), nelle quali mise in scena il fulcro
del superuomo, le sue passioni sensuali e la propaganda politica imperialistica (che rientra sempre nella
tematica superomistica), e 7 raccolte poetiche denominate Le Laudi (ispirate dal simbolismo francese)
(Maglia, Elettra e L’arcione, d’Annunzio che si ripiega su se stesso che fa un bilancio sulla propria vita, che
ormai è al capolinea, che canta la natura immergendosi in essa fino a diventare egli stesso natura; che
ormai veste i panni di uomo normale -> la pioggia nel pineto, metamorfosi di due innamorati che si trovano
immersi nella natura; suoni che si seguono e si mescolano fino a diventare un’orchestra) rimase incompiute
che costituiscono il nucleo di un progetto di sette libri (compiuti solo: Il cielo, ?, ?, Nefrope e Astenopie); le
dedicò a Eleonora

Dopo il periodo superomistico abbiamo l’ultimo D’Annunzio, che si ritira durante la convalescenza, che
seguì l’incidente aereo, in cui compose il notturno, che riprende lo stile frammentario impressionistico delle
opere decadenti francesi; pochi anni prima di morire il poeta diede alla stampa una opera autobiografica in
cui ripercorre i momenti della propria vita (Cento e cento e cento e cento pagine del Libro segreto di
Gabriele d'Annunzio tentato di morire).

Il prototipo di esteta che d’annunzio incarna durante la sua vita è Andrea Sperelli, che persegue il mito del
vivere inimitabile.

D’Annunzio scriveva anche lettere

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