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Aumenti di cubature e
demolizioni facili per la "bioedilizia".
Non ci sono fondi per l'edilizia pubblica (per chi non ha casa)
Breve cronaca di un mese tempestoso.
Il paesaggio italiano ancora intatto nel suo rapporto costruito nei secoli
tra campagna e città.
Stereoscopie francesi,
da una serie dedicata all'Italia. Inizi del XX secolo.
Pian piano si è venuto chiarendo che era nelle intenzioni del Governo, più
che offrire un Piano per il rilancio dell'edilizia popolare, di cui molti ceti
sociali avvertono il bisogno, con la crisi economica presente, una
liberalizzazione dell'edilizia (eliminazione della concessione edilizia),
in conformità con la dichiarazione di responsabilità del tecnico di parte.
D'altronde era chiara la volontà di "snellire" le competenze delle
Soprintendenze per il rilascio dei nulla osta per costruire in aree
vincolate (in pratica subdelegando gli enti locali, con gli esiti nefasti che
tutti conosciamo). Quindi semplice Dichiarazione d'inizio attività
(D.I.A.) per costruire. Per scavare cantine e opere minori, neppure
quello.
Oltre a questo, veniva dato un premio di cubatura del 20% del
volume su tutti gli immobili. Regalo che arrivava al 30% (poi portato al
35%) se l'immobile "vecchio", cioè costruito prima del 1989, era
demolito e ricostruito con tecniche di "bioedilizia" (senza
determinare parametri di risparmio energetico). Il regalo
volumetrico poteva essere concesso anche in diversi corpi di fabbrica, o
in diverso sito (nel caso di demolizione di edifici in centri storici).
Edifici di proprietà del Comune di Roma in Via Merulana, in parte demoliti agli
inizi degli anni '60
Col passare dei giorni, nella dialettica tra Berlusconi, Bossi (timoroso che
le nuove case avvantaggino gli immigrati), l'opposizione del
PD (Franceschini parla da subito di "cementificazione del Paese"), le
associazioni ambientaliste, contrarie in blocco al provvedimento, e molte
personalità del mondo della cultura (minaccia di lasciare l'incarico
l'archeologo Andrea Carandini, nuovo Direttore del Consiglio
superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici, succeduto al
dimissionario Settis), il provvedimento slitta sempre più.
Gae Aulenti
Massimiliano Fuksas
Vittorio Gregotti
Questo vogliono gli Europei. Che arretrati, privi di fantasia...a noi il libero
mattone!
Casualmente, alla stazione Gambetta mi imbatto in un pannello molto
istruttivo: "Quand le batiment va...tout va". La frase, che credevo di
Colbert, è invece di Martin Nadaud, massone ottocentesco,
purtroppo ignoto al pubblico italiano.
Tutto si fa più chiaro.
Un cartello didattico alla stazione del métro parigino Gambetta: "Quando l'edilizia va...tutto
va!"
Ma oggi?
Forse tutto fa parte di quel "Piano di Rinascita" che Licio Gelli, l'ex capo
della loggia massonica deviata "Propaganda 2", detta P2, vede compiersi
oggi nel nostro Paese...
almeno secondo le dichiarazioni rilasciate a Odeon TV trasmesse il 3
novembre 2008...
Traggo il commento dal blog del Sindaco di Taggia (http://gendusosindaco.wordpress.com/2008/11/03/licio-
gelli-in-tv/):
"Una cosa è certa: gran parte dei 53 punti del “Piano di Rinascita Nazionale”, il famoso librettino
trovato in una borsa della figlia di Licio Gelli, sono stati compiutamente attuati dai governi che si
sono nel tempo succeduti.
I Governi Berlusconi hanno fatto la parte del leone."
I t a l i a N o s t ra a n n u n c i a r i c o r s i , e t a c c i a i l " P i a n o - c a s a " d i
incostituzionalità... ovviamente sono subito definiti gli "ambientalisti
del NO".
I dissensi non trovano alcuno spazio in televisione.
Il video generalista è tutto per i successi, i trionfi e le glorie (nazional-
popolari).
Art. 4 (Procedimento)
l. Gli interventi edilizi previsti dagli articoli 2 e 3 sono realizzati previa denuncia di inizio
attività ai sensi e per gli effetti dell’articolo 22, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fatte salve le analoghe procedure e eventualmente previste
da leggi regionali, da presentare entro un anno dalla entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.
2. La sussistenza di tutte le condizioni previste dal presente decreto e asseverata, sotto la
propria responsabilità, dal progettista abilitato che sottoscrive la denuncia di inizio attività.
3. La denuncia, presenta allo sportello unico o al competente ufficio del Comune, è corredata
da:
a) attestazione del titolo di legittimazione;
b) asseverazione di cui al comma 2;
c) elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio vigente
d) gli altri documenti previsti dalla parte seconda del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, se ne ricorrono i presupposti;
e) autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico sanitarie se il
progetto riguarda interventi di edilizia residenziale ovvero se la verifica in ordine a tale
conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali.
Art. 5
(Disciplina per gli immobili vincolati ed altre limitazioni)
1. Gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 non possono essere realizzati:
a) nelle aree gravate da vincolo di inedificabilità assoluta ivi comprese quelle insistenti nelle
zone A dei parchi nazionali, regionali e interregionali o delle aree naturali ed archeologiche;
b) sugli immobili abusivi oggetto di ordinanza di demolizione;
c) sugli immobili situati su area demaniale.
2. Sugli immobili e nelle aree soggetti a vincoli diversi da quelli di cui al comma l, gli interventi
di cui agli articoli 2 e 3 possono essere realizzati a condizione del rilascio di nulla osta,
autorizzazione o altro atto di assenso comunale denominato, da parte delle autorità preposte
alla tutela dei vincoli; il provvedimento autorizzatorio è negato solo ove l’intervento
progettato sia concretamente e motivatamente incompatibile con l’interesse tutelato dal
vincolo.
3. Relativamente agli immobili di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, la denuncia di inizio attività è presentata alla competente Soprintendenza
ai fini della verifica di cui al comma 2 del medesimo articolo 12. Ove entro trenta giorni dalla
ricezione della denuncia la Soprintendenza non abbia comunicato al Comune le proprie
determinazioni, si intende cha la verifica abbia avuto esito negativo.
4. Per gli immobili non soggetti a vincoli, i Comuni, entro trenta giorni dalla ricezione della
denuncia di inizio attività, possono imporre modalità costruttive con riguardo al rispetto delle
normative tecnico-estetiche, ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380.
5. Per gli immobili siti nei centri storici non soggetti a vincoli, la denuncia di inizio attività è
presentata altresì alla competente Soprintendenza che può imporre, entro trenta giorni,
ulteriori modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto del contesto storico
architettonico ed ambientale.
6. Gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 non possono essere realizzati su edifici con
destinazione commerciale se ciò incide sulle disposizioni comunali in materia di pianificazione
e programazione dell’insediamento ed apertura di grandi strutture di vendita o di centri e
parchi commerciali.
7. Gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 non sono cumulabili tra loro.
Vediamo.
L'altro segnale molto positivo era stata la convenzione tra lo stesso Bondi
e il Ministero della Difesa per le demolizioni degli abusi edilizi, nel
dicembre 2008.
Vittorio Emiliani, sul "Centro" del 26 marzo spiega: "Un vero piano
casa, un piano, solido e ben elaborato, quale domanda edilizia
dovrebbe soddisfare in primo luogo? Quella di chi non ha un alloggio,
non può, o non vuole, comprarselo e vorrebbe pagare un affitto
ragionevole. Se questa diagnosi è giusta, il piano Berlusconi non va
nella direzione della domanda insoddisfatta. Esso riguarda infatti chi la
casa ce l’ha già e desidera ampliarla."
Andrea Iezzi
27 marzo 2009
Gentile direttore, dicono che il «piano casa» proposto dal governo combatta la crisi
economica. Chissà perché, però, il boom edilizio senza precedenti degli ultimi dieci anni
non solo non ha fermato la crisi, ma per certi aspetti lʼha determinata con la questione dei
mutui che tutti conosciamo. Dicono che il «piano casa rilanci la crescita. Peccato, però,
che esso stesso deprima di fatto lʼeconomia sottraendo al Paese altro suolo e paesaggio,
cioè la materia prima della sua economia vera.
Dicono che il «piano casa» serva per lʼemergenza abitativa. Non spiegano, però, come
mai questa emergenza sia nata proprio negli anni del mattone a tutta. Vogliono cioè curare
il malanno con la stessa medicina che lʼha causato. Perché non dicono la verità? Cioè che
il «piano casa» è solo un tentativo di un ennesimo regalo alla rendita immobiliare come
tale storicamente parassitaria. Almeno sarebbe tutto più chiaro.
Ugo Centi Architetto, e.mail
Pagina 2 - L'Aquila
Andrea Iezzi