Ordinamento giuridico = complesso di norme che vengono dettate cercando di far riferimento agli interessi
dell’intera società asserente a un determinato territorio. Ognuna delle regole che concorre a comporre
l’ordinamento prende il nome di norma giuridica.
Non esiste un solo ordinamento e all’interno di uno stesso ordinamento possono esistere più diritti.
L’ordinamento che andremo ad approfondire sarà quello Statale Italiano (insieme agli ordinamenti
Regionali e Comunitario dell’Unione Europea, il cui rapporto è regolato dalla Costituzione della Repubblica
Italiana agli articoli 10, 11, 117). Disciplina l’assetto degli interessi di una comunità, viene spontaneamente
osservato dai cittadini italiani per la maggior parte dei casi ma può essere imposto coattivamente dallo
Stato in caso di trasgressioni.
Il diritto inteso in questo significato di ordinamento statale si divide in diritto pubblico e diritto privato.
o Diritto pubblico = disciplina e gestisce i rapporti diretti tra Stato e altri enti pubblici con i singoli.
o Diritto privato = complesso di norme dettate nell’ottica della società che gestisce e approfondisce i
rapporti tra privati (singoli individui e associazioni/società).
1) Il confine di questa distinzione è variabile: è stata oggetto di variazioni nel corso del tempo. Alcuni
rapporti, tradizionalmente considerati di diritto pubblico, sono diventati rapporti di diritto privato
(es. settore delle telecomunicazioni, oggi ambito privatizzato; produzione e gestione di energia).
2) È una distinzione incerta per una serie di ragioni:
1. Uno stesso evento fa riferimento a entrambi i diritti (es. un evento solitamente gestito dal
diritto pubblico si declina in una risoluzione attivata dal diritto privato: incidente stradale che si
declina in un risarcimento privato);
2. Uno stesso ente (es. università) può agire secondo il diritto dei privati (es. può stipulare
contratti di diritto privato: contratti di locazione; può agire come ente di diritto pubblico: indire
un concorso pubblico regolato da diritto amministrativo).
Non si può fondare la distinzione fra diritto privato e diritto pubblico sulla qualità del soggetto o sulla
natura dell’interesse perseguito. La distinzione tra diritto privato e diritto pubblico si fonda sulla natura del
rapporto a cui partecipa lo Stato o un ente pubblico, a seconda che questo rapporto si svolga su un piano di
parità con i privati, oppure si fondi su un piano di esercizio del potere di supremazia, di fronte al quale il
privato non può che soggiacere. Quindi:
o Diritto pubblico = complesso di norme che regola il modo di esercizio di questa potestà di
supremazia;
o Diritto privato = diritto comune che si applica sempre, tutte le volte che una legge non preveda
diversamente (es. proprietà, contratto, responsabilità civile, impresa privata, matrimonio, divorzio,
adozione, testamento ecc.).
Fonti = fonti di produzione del diritto (atti e fatti idonei a produrre diritto). Distinguiamo in:
o Fonti di produzione: si preoccupano di rappresentare l’origine del diritto, creare il diritto (in un
certo modo producono il diritto e determinate regole);
o Fonti di cognizione: fonti da cui dobbiamo partire per far riferimento alle esigenze di conoscenza
del diritto. Non sono atti voti a creare, produrre, sviluppare regole giuridiche (come le fonti di
produzione) ma sono atti volti a far conoscere una determinata regola (es. la Gazzetta Ufficiale:
tradizionalmente pubblicata in determinati giorni della settimana e che pubblica atti legislativi,
regole, discipline che possono interessare al cittadino). Pur essendo rilevanti, la nostra attenzione
deve essere posta prevalentemente sulle fonti di produzione.
Tra queste va individuata una certa gerarchia, poiché si possono creare problematiche legate ad antinomie
(ipotesi per cui queste fonti e di conseguenza le regole che ne derivano sono in contrasto e in
contraddizione tra loro). Come risolvere i contrasti eventuali tra fonti di produzione? È necessario
prevedere una gerarchia delle fonti per evitare che eventuali contrasti possano non trovare soluzione >
comprendere quale tra le fonti prevale. La prima distinzione risale al 1942 (Disposizioni sulla legge in
generale > Codice Civile): Articolo 1 delle disposizioni sulla legge in generale (preleggi) è espressamente
dedicato alle fonti del diritto:
o Sono fonti del diritto 1) le leggi 2) i regolamenti 3) le norme corporative 4) gli usi.
Tuttavia, questo è stato oggetto di rivisitazioni (> dimostrazione dell’evoluzione del diritto).
1) Emanazione della Costituzione posteriore alle preleggi: si va a porre in cima alla gerarchia delle
fonti, che risulterà quindi diversa da quella emanata dall’articolo 1 delle preleggi;
2) Abolizione delle Corporazioni: erano e sono state a lungo tipiche della nostra tradizione storica,
soprattutto un fenomeno sviluppato e valorizzato nell’ambito del regime fascista (durante il quale è
stato emanato il nostro Codice civile). Sono state abolite con la caduta del regime fascista;
3) Sorgere del ruolo centrale della comunità internazionale ed europea (art 10, 11, 117) che si vanno
ad inserire nell’ambito legislativo prevalente rispetto alle norme statali.
1. Costituzione e leggi costituzionali: fonte di rango superiore. La Costituzione italiana (in vigore
dal 1° gennaio 1948) contiene disposizioni che hanno rilevanza nel campo del diritto privato
(rapporti tra cittadini e Stato e dei cittadini tra loro). Art 1-12: principi fondamentali; da art 13:
diritti e doveri dei cittadini (libertà fondamentali);
2. Trattato della Comunità europea e legislazione comunitaria : norme emanate da un ente
sovranazionale quale la Comunità europea, che possiede diversi strumenti legislativi. Si tratta di
norme comuni agli Stati membri della Comunità Europea che vertono in materie di diritto
privato commerciale (competizione tra imprese). Si distinguono in:
1) Regolamenti: hanno valore diretto nell’ambito del territorio nazionale italiano e possono
prevalere su disposizioni dettate da leggi statali contrastanti;
2) Direttive: obbligano gli stati membri ad adottare determinate leggi ma lasciano un certo
margine di flessibilità nello scegliere la strada e gli strumenti giuridici attraverso cui
raggiungere gli obiettivi (leggi di attuazione).
3. Codice civile e altre leggi ordinarie dello Stato : definite “ordinarie” rispetto alla costituzione. Il
Codice civile costituisce la fonte principale del diritto privato italiano (2969 articoli in sei Libri). Il
testo completo è stato emanato nel 1942 ed è succeduto a due codici preesistenti (1865 e
codice di commercio). Il CC è preceduto da alcune disposizioni preliminari (Preleggi) che si
compongono di 31 articoli. In appendice invece si trovano le leggi speciali (es. divorzio,
fallimento);
4. Leggi regionali: elaborate nel quadro dei principi fondamentali determinati dalla legislazione
statale. Scarsissima importanza di questa fonte nell’ambito del diritto privato;
5. Regolamenti: anche loro di scarso rilievo in ambito di diritto privato. Sono di origine per lo più
amministrativa e regolano in maniera specifica ambiti limitati, subordinati alla pubblica
amministrazione;
6. Usi (consuetudine): sono fonti del diritto solamente nelle materie non regolate dalle leggi o in
quanto sono richiamati da leggi o dai regolamenti. Sono una fonte non scritta e consistono in
una pratica costante ed uniforme di tenere un certo comportamento (elemento oggettivo),
accompagnata dalla convinzione che questo comportamento sia obbligatorio (elemento
soggettivo).
Il Codice civile
Il Codice civile è una legge ordinaria dello Stato. Si tratta di testi legislativi complessi, che disciplinano in
modo organico e sistematico le grandi partizioni dell’ordinamento giuridico, con norme di carattere
generale, cioè tendenzialmente applicabili a tutti i soggetti dell’ordinamento. Per la disciplina di settori più
specifici, si fa capo alle leggi speciali. I testi unici raggruppano e coordinano la normativa in vari settori:
1) Persone e famiglia;
2) Successioni per causa di morte;
3) Proprietà;
4) Obbligazioni e contratti;
5) Lavoro e Disciplina delle imprese e società (diritto commerciale);
6) Tutela dei diritti.
Il primo codice fondamentale è quello di Napoleone (Francia rivoluzionaria), approvato nel 1804 e nel 2016
profondamente rivisto e modificato e che per primo ha previsto l’importanza di un testo che riunisse le
discipline del diritto privato. A esso si è ispirato come modello il primo Codice civile italiano (1865). Al
codice dell’85 si affiancava il codice di commercio (code de commerce).
L’impianto generale del nostro codice resta quello del 42 che è di origine fascista ma ha presupposti liberali,
tipici della formazione dei giuristi impegnati nella formazione del codice. Proprio ultimamente ha subito
modifiche per potersi adattare al meglio alla realtà attuale: nuove regole richieste dalla società, economia
ecc. Anche il codice austriaco e tedesco (BGB) hanno permesso di modificare il nostro codice 42.
Il soggetto del rapporto giuridico sono i titolari di situazioni giuridiche soggettive (diritti, obblighi, doveri,
oneri). Questi sono tali nel momento in cui acquisiscono una capacità giuridica (sono idonei ad essere
titolari di situazioni giuridiche soggettive). La nozione di persona non coincide con quella di individuo ma
comprende due sottospecie:
o Le persone fisiche (gli individui) che acquistano la capacità giuridica con la nascita (ai sensi dell’art 1
del Codice civile). Quindi, tutti i nati sono soggetti del rapporto giuridico;
o Enti: si possono distinguere in:
- Persone giuridiche: nel momento in cui gli viene attribuita l’autonomia patrimoniale perfetta;
- Enti non dotati di personalità giuridica (associazioni non riconosciute): restano comunque dei
soggetti – cioè titolari di situazioni giuridiche soggettive – ma non hanno autonomia
patrimoniale perfetta. Non si realizza una perfetta distinzione tra i patrimoni dell’ente e del
singolo soggetto.
Nell’ambito della persona fisica è importante vedere il diritto e la capacità giuridica come evoluzione nel
tempo: non è da dare per scontato che sia sempre acquisito alla nascita. Gli ebrei in passato non avevano le
stesse considerazioni (1938); lo schiavo nel diritto romano non era un soggetto ma una cosa; il clero non
aveva gli stessi diritti della nobiltà nell’Ancient regime. Solo con la Rivoluzione francese tutti acquisiscono la
capacità giuridica e gli stessi diritti e doveri.
Inoltre, in precedenza veniva riconosciuta la capacità giuridica soltanto agli appartenenti allo Stato italiano:
il diritto dello straniero veniva applicato sulla base del principio di reciprocità (gli venivano riconosciuti gli
stessi diritti che il paese d’origine avrebbe dato). Questo poteva significare di limitare i diritti degli stranieri
e si è scelto di tutelare i diritti fondamentali di tutti.
Quando un soggetto può essere definito “nato”? Nascita = prima respirazione polmonare. Da quel
momento il bambino viene considerato nato anche per il diritto: diventa soggetto giuridico. Decesso =
cessata attività dell’encefalo, da comunicare entro 24h (in passato legato al battito cardiaco, poi modificato
nel contesto della donazione degli organi!).
Come detto, la capacità giuridica si acquisisce alla nascita, ma la legge considera anche la posizione del
soggetto concepito (ammette una sorta di anticipazione della capacità giuridica anche prima della nascita):
- Possibilità di ricevere per successione mortis-causa o tramite donazione (atto tra vivi);
- Diritti giurisprudenziali quali di essere titolare di risarcimento (diritti risarcitori) del danno da
parte del concepito oppure rispetto a danni a lui provocati – seppur indirettamente – es.
complicanze legate alla nascita / uccisione del padre.
Vi può essere incapacità da parte di alcuni soggetti di essere titolari di alcuni diritti/doveri:
- Incapacità assoluta: non posso compiere un determinato atto proprio perché non posso essere
titolare di determinati rapporti (infra14enne che decide di sposarsi; infra18enne che vuole
accedere a un testamento);
- Incapacità speciali: che riguardano certi soggetti nei rapporti con altri soggetti (tutore non può
succedere nel patrimonio dell’interdetto a patto che non sia ascendente o discendente e quindi
che non abbia rapporti specifici / abbia diritto alla successione).
I soggetti a partire dalla maggiore età acquistano capacità di agire (capacità di realizzare degli atti che
comportino degli effetti giuridici). Questo è previsto dall’art 2 del Codice civile.
o Incapacità assoluta: > rappresentatore legale
o Incapacità relativa: > assistenza curatore per straordinaria amministrazione
In realtà il nostro ordinamento prevede una serie di strumenti che assicurano/consentono una protezione
del soggetto incapace, cioè una tutela di colui il quale è capace giuridicamente ma non è capace di agire.
Vengono posti a protezione dell’incapace! Non hanno l’intenzione di aggravare la posizione di fragilità del
soggetto. Questi istituti sono:
1) Minore età (soggetto con capacità giuridica ma non ha capacità di agire): l’istituto della minore età
considera come incapaci d’agire tutti coloro i quali sono al di sotto del limite della maggiore età
(individuato nel compimento del diciottesimo anno d’età). Questi soggetti possono possono avere
una vita giuridica rilevante (es. può acquistare/vendere dei beni). Per assicurare al minore una
protezione ulteriore, la stessa minore età può comportare un annullamento del contratto
(importante nel caso venga ritenuto per lui pregiudizievole). Sarà possibile ad esempio annullare
l’acquisto/vendita di un immobile:
o Da parte del minore stesso divenuto maggiorenne
o Da parte di chi esercita la potestà (genitori) entro 5 anni dalla conclusione del contratto, cioè il
termine di prescrizione.
Gli atti si dividono in di ordinaria amministrazione (valido se concluso anche disgiuntamente da uno
dei genitori del minore) o di straordinaria amministrazione (validi se conclusi congiuntamente da
entrambi i genitori). Distinzione importante per assicurarsi la validità degli atti;
- Coniuge/convivente;
- Parenti entro il quarto grado: la parentela è il vincolo che unisce le persone che discendono
dalla stessa persona o dallo stesso stipite. I gradi si contano calcolando le persone e togliendo
lo stipite: tra padre e figlio c’è parentela di primo grado; tra fratelli c’è parentela di secondo
grado (figlio, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra nonno e nipote, parentela di secondo grado
(nonno, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra cugini parentela di quarto grado e così via;
- Affini entro il secondo grado: soggetti che sono in rapporti di parentela con il coniuge (padre di
mia moglie è affine di primo grado).
3) Inabilitazione: rappresenta uno strumento meno invasivo dal punto di vista delle limitazioni che
pone al soggetto. Si può procedere dopo sentenza del tribunale se ricorrono alternativamente tra
loro diversi presupposti, che sono obiettivamente da considerarsi meno gravi rispetto ai
presupposti che ricorrono in caso di interdizione. Almeno uno di questi presupposti:
Viene nominato un curatore per assisterlo nelle abilità: il soggetto infermo di mente non è in
condizioni di totale incapacità. Il curatore (non tutore!) non si sostituisce ma assiste il soggetto:
lascia all’inabilitato la possibilità di gestire in autonomia gli atti di ordinaria amministrazione e si
impegna ad assistere la volontà dell’inabilitato negli atti di straordinaria amministrazione.
4) Emancipazione: limitato e legato ad ipotesi volte a superare il problema della minore età nel
contrarre matrimonio (minore ultra-sedicenne). A seguito dell’autorizzazione del giudice si
acquisiva la possibilità di contrarre matrimonio e si acquistava automaticamente emancipazione.
Questa corrisponde dal punto di vista degli effetti all’inabilitazione: si dà la possibilità di gestire gli
atti di ordinaria amministrazione all’emancipato ma vi è un curatore per gli atti di straordinaria
amministrazione. Il riferimento è a soggetti che non sono incapaci ma sono protetti dalla minore
età;
5) Amministrazione di sostegno: istituto a protezione dell’incapace introdotto alla metà degli anni
2000 con caratteristiche specifiche. È uno strumento che assicura la massima flessibilità. Non si
tratta di maggiore o minore gravità dei presupposti, quanto l’assicurazione di uno strumento
flessibile di tutela. Non si prevedono presupposti né effetti categorici: i presupposti sono ampi e gli
effetti non sono sempre categorici (proteggere in maniera quasi personalizzata il soggetto).
I requisiti specifici per un procedimento di amministrazione di sostegno sono:
- Sussistenza congiunta di ipotesi di infermità o menomazione fisica o psichica (oggettivo)
- Impossibilità di provvedere ai propri interessi (soggettivo)
(Art 404: La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica,
si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può
essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui
questa ha la residenza o il domicilio.)
I presupposti sono molto più ampi e di conseguenza onnicomprensivi: possibilità di far rientrare
nell’albo dell’amministrazione di sostegno diversi soggetti. A questo si affianca un’altra novità:
mentre nell’interdizione/inabilitazione si decide con sentenza, nell’amministrazione di sostegno la
flessibilità è data dal fatto che abbiamo a che fare con uno strumento come quello del decreto.
Attraverso il decreto il giudice ha la possibilità di scegliere quali atti assoggettare al soggetto e quali
all’amministratore di sostegno (assistenza oppure il soggetto può compiere liberamente senza
interventi da parte dell’amministratore).
L’atto sarà annullabile solo nella misura in cui io riesca a provare che nel momento in cui ho
compiuto l’atto ero affetto da incapacità naturale. Si tratta tuttavia di uno strumento a protezione
della parte.
A questa logica di protezione dell’incapace si sottrae una figura che è quella dell’incapace non a seguito di
interdizione giudiziale (è il giudice che lo prevede) ma interdizione legale (pena accessoria). Questa non
segue la logica di protezione perché a differenza delle altre figure rappresenta uno strumento di tipo
“sanzionatorio” con il quale il legislatore prevede che a determinati soggetti (che mettono in atto condotte
deplorevoli: ergastolo o pene detentive > 5 anni) è possibile una sanzione ulteriore data dalla interdizione
legale (impossibilità comminata insieme alla sentenza di condanna di concludere atti che possano
modificare la realtà giuridica). A dimostrazione della diversa funzione di questo strumento, anche gli effetti
sono diversi: mentre da una parte (sanzionatorio) comporta annullabilità del negozio (espone il soggetto ad
annullabilità assoluta), l’ipotesi dello strumento relativo (protezione).
Gli enti
Non solo le persone come individui sono soggetti dei rapporti di diritto privato, ma possono esserci anche
altri soggetti (enti) che svolgono funzione di soggetti del diritto. Questi vengono distinti in:
Questi enti possono avere caratteristiche molto diverse tra loro in quanto gli enti tra loro sono molto
diversi. Gli enti non corrispondono perfettamente al concetto di persona giuridica: non vi è una completa
sovrapposizione. Questi soggetti, per operare nel mondo economico, si devono avvalere di soggetti che
sviluppino dei ruoli e delle attività (di gestione e rappresentanza) che sono necessarie per la vita dell’ente.
Questi soggetti sono gli Organi e si distinguono in:
Una prima distinzione degli enti è basata sulla funzione assunta dall’ente:
o Pubblici;
o Privati.
Vi sono però delle caratteristiche che rendono ibridi certi enti, rendendoli di matrice pubblicistica ma con
poteri privatistici e viceversa.
Una seconda distinzione si basa sulla registrazione degli enti in un albo o meno:
o Enti registrati;
o Enti non registrati.
o Enti a struttura associativa : caratterizzati da una molteplicità di associati e il fatto che sia composta
da più soggetti organizzati e strutturati fra loro è caratterizzante. Es. società, associazioni, comitati;
o Enti a struttura istituzionale : caratterizzati dall’essere delle istituzioni, enti quasi verticistici,
caratterizzati dal ruolo principale del patrimonio. Es. fondazioni.
Ma anche
o Enti con finalità economiche: enti di cui si occupa il diritto commerciale (società);
o Enti senza finalità economiche: enti senza scopo di lucro, oggetto principale del diritto civile.
Gli enti di cui ci occuperemo sono quelli che non hanno scopo di lucro, cioè hanno la possibilità di
sviluppare un profilo economico (produrre ricchezza) il cui obiettivo non è sviluppare un lucro “soggettivo”,
bensì di dividere tra gli associati il risultato di questa ricchezza prodotta (distribuzione della ricchezza tra i
soggetti aderenti/membri). L’investimento del lucro è nelle attività generali della società.
1) Associazioni: organizzazione collettiva formata da una pluralità di persone che perseguono uno
scopo comune. È un fenomeno piuttosto antico e che a lungo è stato malvisto dal legislatore e che
assumerà una centralità importante soltanto dopo la Costituzione.
(Art 2 della Costituzione: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità).
(Art 18: I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non
sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che
perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare)
(Art 39: L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se
non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per
la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti
gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce).
Il Codice civile detta delle disposizioni in ordine all’organizzazione interna delle associazioni e
stabilisce la necessità di due organi investiti della funzione di dare attuazione al contratto di
associazione: assemblea (collettività degli associati) e amministratori (l’organo predisposto
all’amministrazione del patrimonio dell’ente ed eseguono le delibere dell’assemblea degli
associati).
Le associazioni sono considerate dal Codice civile nella duplice forma di:
- Riconosciute: avevano una peculiare attenzione da parte del legislatore che vedeva una
possibilità di controllo del fenomeno associativo e quindi lo ha valorizzato in maniera chiara
(legislatore fascista del 42). Non è andata così: non c’è stata questa valorizzazione, anzi: si è
assistito a un largo uso delle associazioni non riconosciute (volontà degli associati di non voler
avere un controllo pubblico circa la loro autonomia/regole). Il riconoscimento avviene tramite
la Prefettura del luogo dove l’associazione ha la sede principale. Una volta riconosciute, queste
associazioni verranno iscritte nel registro delle persone giuridiche e sono caratterizzate
dall’autonomia patrimoniale perfetta.
Sono quindi riconosciute le associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento della personalità
giuridica da parte dello Stato. La personalità giuridica consente alle associazioni di avere
un’autonomia patrimoniale perfetta, ovvero si determina la separazione del patrimonio
dell’ente da quello dei soci, che agiscono in nome e per conto dell’ente. Questo significa che le
responsabilità di tipo economico derivanti da attività svolte dall’associazione ricadono solo
sull’associazione e non sui patrimoni delle singole persone che la compongono o degli
amministratori. Le associazioni riconosciute possono usufruire di particolari benefici previsti
dalla legge, come la possibilità di richiedere contributi da parte di enti pubblici. Hanno la
possibilità di ricevere eredità e donazioni o di comprare immobili.
- Non riconosciute: Le associazioni non riconosciute sono la maggior parte, anche perché il
riconoscimento richiede tempo e oneri economici non trascurabili. Sono prive di personalità
giuridica, non hanno un riconoscimento istituzionale. Non godono di un’autonomia
patrimoniale perfetta, cioè, nel loro caso non c’è separazione assoluta tra patrimonio dei
membri e patrimonio dell’ente. Si basano, come le associazioni riconosciute, sull’accordo
raggiunto tra gli associati. Il contratto di associazione non prevede però per legge nessuna
particolare formalità. Partiti politici e sindacati, seppure con discipline particolari, vengono
considerate associazioni non riconosciute. Hanno più successo di quelle riconosciute.
(Art 36 CC: L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come
persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati. Le dette associazioni possono
stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, è conferita la
presidenza o la direzione).
2) Fondazioni: sono l’esempio più emblematico di enti a struttura istituzionale (non sono enti a
struttura associativa). Sono organizzazioni di mezzi predisposte per la destinazione di patrimoni ad
un determinato scopo di natura ideale. La caratteristica fondamentale è la centralità del patrimonio
sull’insieme degli aderenti. Può avere diversi scopi (assistenziali, culturali e scientifici …), comunque
si impegna a perseguire i suoi scopi senza lucro.
Gli organi delle fondazioni sono:
- Organo gestorio/servente: organo fondamentale > amministratori (compito di gestire il
patrimonio, sono i soli arbitri della gestione del patrimonio della fondazione);
- Assemblea (facoltativa): solo nelle fondazioni di partecipazione.
Fondazioni di erogazione (modello tradizionale), fondazioni di partecipazione (più recente).
L’assemblea non può avere un ruolo centrale proprio per la struttura dell’ente: il ruolo centrale
è attribuito al patrimonio.
3) Comitati: sono gruppi di persone (i cosiddetti promotori) che raccolgono presso terzi (i cosiddetti
sottoscrittori o oblatori) fondi destinati ad uno scopo che viene pubblicamente annunciato (es.
comitati di beneficienza, di soccorso, promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni ecc.).
La vita del comitato si sviluppa e si articola in due fasi:
- Fase 1: i promotori (che non dispongono di patrimoni adeguati) raccolgono fondi attorno ad un
programma per raggiungere un determinato scopo di pubblico interesse / altruistico (a volte
anche banale). Grazie a dei sottoscrittori che versano fondi e configurano un patrimonio più
sostanzioso si potrà perseguire l’interesse;
- Fase 2: una volta raccolti i fondi sufficienti allo scopo annunciato, su di essi verrà impresso un
vincolo di destinazione.
4) Riforma del Terzo settore: frutto di un’evoluzione sociale ed economica a causa della crisi delle
Istituzioni Pubbliche si è assistito a un fiorire di organizzazioni private a fini solidaristici. Definito
“Terzo settore” per definire un’area che si colloca tra lo Stato e il mercato. Altro motivo del fiorire
di questo ente è da trovare nel fatto che il legislatore ha indirizzato ad aiuto e supporto una serie di
leggi speciali e di agevolazioni fiscali anche molto significative e talvolta indirette (regime fiscale di
favore per gli enti che svolgono attività socialmente rilevanti). Si tratta di un ente molto più diffuso
al nord Italia. Una figura diventata familiare anche nel linguaggio comune è la Onlus: organizzazioni
non lucrativa di utilità sociale.
Nel tempo si è venuto a creare un complicato insieme di leggi e di registri speciali non coordinati tra
loro: da qui la necessità di una riforma indirizzata a coordinare e riordinare la normativa dedicata
ad un settore divenuto importante. È stato quindi oggetto di un importante intervento legislativo,
in quanto il legislatore deciso di intervenire mediante un testo (Codice del Terzo settore): una legge
limitata e focalizzata su un certo ambito con scopo di dare sistematicità a questa materia (Decreto
legislativo 3 luglio 2017, n°117), trova una disciplina e richiama determinati profili di associazioni,
fondazioni e richiama solo in parte la disciplina privatistica. Il Codice del Terzo settore istituisce
l’Ente del Terzo settore (ETS). Sono stati abrogati i provvedimenti dedicati alle organizzazioni di
volontariato, associazioni di promozione sociale e alle onlus. Sono inclusi anche gli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti.
La legge delega 107/2017 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con
finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano
attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di
produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti
costitutivi (art. 4, 8, 9; art 5 e 45 del decreto 117 del 2017): è una definizione normativa composita,
perché composta da una serie di caratteri (carattere privato, senza scopo di lucro, che debba
perseguire determinate finalità attraverso lo svolgimento di attività specifiche indicate dall’articolo
5 – un articolo molto lungo).
È necessario anche un profilo tecnico-pratico, cioè che questi enti siano iscritti al Registro unico
Nazionale del Terzo settore (istituito presso il Ministero del lavoro e contiene tutti gli enti che
devono essere considerati del terzo settore). L’iscrizione è obbligatoria e fondamentale per essere
considerati dal punto di vista legislativo ente del terzo settore. L’assenza di espressa iscrizione
rischia di avere effetti pratici molto significativi all’accesso ai vantaggi fiscali. In questo registro
confluiranno tutti i registri precedenti.
Principio della sussidiarietà (art 118 costituzione, comma 4) = Stato, Regioni, Città metropolitane,
Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Il terzo settore
è un importante riflesso di questo principio.
Gli utili e gli avanzi di gestione saranno destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad
incremento del patrimonio: è vietata la distribuzione di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve in
favore di amministratori, soci, collaboratori (a meno che non sia costituita nelle forme di cui al libro
V c.c.). In caso di estinzione il patrimonio residuo è devoluto ad altri enti del Terzo settore.
Ruolo del tempo nei rapporti di diritto privato: l’esigenza generale è quella di computare (misurare) il
trascorrere del tempo.
- Calendario comune: oggi calendario gregoriano, in passato altri metodi (es. calendario
napoleonico).
I termini di prescrizione contemplati dal presente codice e dalle altre leggi si computano secondo il
calendario comune. Non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la
prescrizione si verifica con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale. Se il termine scade in giorno
festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo. La prescrizione a mesi si verifica nel mese di
scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale. Se nel mese di scadenza manca
tale giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese.
Delinea una serie di regole che ci consente di districarci nell’ambito del ruolo assunto dal tempo nei
rapporti di diritto privato (in particolare alla prescrizione: importante istituto fondato sul ruolo del tempo
nel nostro sistema).
Spesso le attività giuridiche si devono compiere entro periodi di tempo determinati, per tale motivo è
necessario che vi siano delle regole che stabiliscano come i termini devono essere calcolati. Ci si avvale del
calendario comune, quello gregoriano. Tuttavia, ciò non è sufficiente per eliminare le incertezze. Es: fissato
un termine di 5 giorni da oggi per il compimento di un atto giuridico, la giornata di oggi è compresa?
Questo perché gli effetti del tempo sono molto importanti per esempio nell’ottica di costituzione di nuovi
diritti (es. usucapione), di estinzione di diritti (es. prescrizione estintiva). Il trascorrere del tempo quindi ha
un effetto. Tuttavia, questo non è né costitutivo né estintivo (es. prescrizioni presuntive: non si estingue un
diritto, ma si presume che il diritto sia stato estinto).
Il termine di prescrizione comincia a decorrere (parte) dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto
essere esercitato. Vi sono due istituti interni alla prescrizione e intrecciati tra loro:
- Sospensione: il periodo di tempo già decorso si computa insieme a quello trascorso dopo la
sospensione e in sostanza il calcolo di arresta per il tempo in cui dura l’impedimento. L’inerzia
c’è ma viene giustificata: vengono ritenuti sospesi i termini di sospensione tra coniugi non
legalmente separati. L’inerzia c’è ma giustificata dal fatto che con il coniuge vengono meno certi
interessi di tipo patrimoniale da esercitare.
- Interruzione: la causa di interruzione preclude la possibilità di tener conto del periodo di inerzia
precedente. Il computo del tempo necessario per compiere la prescrizione deve ripartire da
zero: fa venire meno l’inerzia stessa. Il titolare o agisce in modo da dimostrare all’altra parte il
fatto che non è più inerte. Si interrompe il decorso del termine di prescrizione.
Il termine di decorrenza della prescrizione ordinaria è fissato in 10 anni (a partire dal giorno in cui il
diritto avrebbe potuto essere esercitato e il titolare è rimasto inerte). Vi sono casi in cui la legge
stabilisce termini di durata superiore: i diritti reali si prescrivono in 20 anni. Vi sono altri casi in cui il
termine è abbreviato: il diritto al risarcimento del danno derivante da un fatto illecito si prescrive in
cinque anni, quello da circolazione di veicoli in due anni, i diritti derivanti dal contratto di trasporto
e di assicurazione in un anno.
2) Prescrizione presuntiva: non estinguono il diritto ma si limitano a fondare una presunzione sul fatto
che il debito sia stato effettivamente pagato (o sul fatto che l’obbligazione sia stata estinta).
L’ordinamento si limita a presumere che si sia verificata una causa estintiva del debito (senza che
sia la prescrizione ad estinguerla). Con la prescrizione presuntiva si realizza una presunzione
dell’estinzione del debito: il debitore viene esonerato dall’obbligo di fornire la prova di aver
effettivamente adempiuto (es. acquisto in negozio). Solitamente il termine è molto breve (6 mesi/1
anno).
3) Decadenza: è un altro istituto che dà luogo alla perdita di un diritto che si basa sull’inerzia del
titolare. Fissa un termine perentorio entro il quale chi ha un determinato diritto (titolare) deve
realizzare una certa attività. Trascorso questo termine, questo diritto (espressione di questa
attività) non può essere esercitato. Non è volta a contrastare l’inerzia (ma il semplice trascorrere
del tempo), non si sospende il termine: l’unico modo per bloccare la decadenza è il compiere l’atto.
Non è possibile interruzione/sospensione. Il termine è perentorio e se prima della scadenza viene
esercitato il diritto, la decadenza è impedita per sempre.
- La decadenza legale è volta a tutelare non solo l'interesse generale ma anche l'interesse
individuale di una sola delle parti. Nel primo caso essa è irrinunciabile e la sua disciplina è
inderogabile. Nel secondo caso, invece, essa può essere rinunciata e la sua disciplina può essere
derogata. La decadenza legale, comunque, ha carattere eccezionale, in quanto deroga al
principio generale secondo il quale l'esercizio dei diritti soggettivi non può essere soggetto a
limiti. Il diritto soggetto a decadenza, quando questa è impedita, resta soggetto alle regole della
prescrizione (quando queste ricorrono).
- Decadenza convenzionale: il termine perentorio può essere previsto come negoziazione delle
parti. È rimessa alla libera valutazione di coloro che la negoziano. Con due limiti però: essa può
riguardare solo diritti disponibili ed è nullo il patto con il quale vengono stabiliti termini di
decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto
interessato. Come effetto dell’accordo di due parti, si può scegliere di fissare dei termini di
decadenza entro i cui è possibile svolgere una certa attività. Potrà essere prevista solo con
riferimento a diritti nella disponibilità delle parti (oggetto della volontà delle parti).
o Su cosa propria: che esercito su un bene che è di mia proprietà (diritto di proprietà);
o Su cosa altrui: concorrono con il diritto del proprietario, ma costituiscono altri diritti reali (limitano il
diritto del proprietario sulla cosa stessa). Es. diritto di uso, usufrutto, abitazione, superficie,
impegno, ipoteca. Si distinguono in:
- Diritti reali di godimento: si concorre con il proprietario per trarre un’utilità dal bene (ulteriore
da quella già possibile per il proprietario). Es. usufrutto, abitazione, superficie;
- Diritti reali di garanzia: limitano la disponibilità del bene in quanto prevedono il diritto di
sequela che garantisce la possibilità di farsi assegnare un determinato bene. Es. impegno,
ipoteca.
o Immediatezza: il titolare è capace di esercitare subito direttamente sulla cosa il suo diritto;
o Assolutezza: il diritto può essere esercitato nei confronti di tutti (è assoluto);
o Inerenza: opponibilità del diritto a chiunque possieda o vanti diritti sulla cosa (il diritto reale segue il
bene e può essere fatto valere nei confronti di chiunque continui a vantare diritti sul bene).
Queste non sono necessariamente sempre presenti, ma fanno parte della grande maggioranza.
o Tipicità: i diritti reali sono quelli previsti dal legislatore. Sono un numero chiuso, non è possibile
istituire nuovi diritti reali attraverso la volontà privata = serie di limitazioni che comprima il diritto
del proprietario sul bene.
Diritto di proprietà:
Costituisce il diritto reale su cosa propria per eccellenza ed è probabilmente il più importante tra i diritti
reali. La definizione è stata oggetto di riflessione da parte di diversi studiosi e di diversi settori.
Statuto albertino (1848) carta di riferimento del regno di casa Savoia: contiene la premessa dei testi
successivi. Art 29 comma 1: le proprietà sono inviolabili (caratteristica del diritto di proprietà è
l’inviolabilità). Il diritto di proprietà è l’espressione più evidente della libertà di ciascun individuo: diventa
quindi una sorta di diritto innato. Visione principalmente ottocentesca (età liberale) ma ha svolto un ruolo
significativo rilevante, seppur in misura inferiore, nel tessuto fondamentale del Codice civile (1942), ancora
con carattere liberale. Il nostro cc che riprende quello francese e il precedente italiano riflette una posizione
liberale ma al contempo prevede delle limitazioni.
Art 832 Cod. civ. = il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro
i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Si tratta di una definizione risalente all’epoca della codificazione napoleonica e menziona, accanto ai poteri
del proprietario, i limiti e gli obblighi previsti dalla legge. Originariamente la definizione di proprietà era
strettamente legata a una esigenza di libertà personale, che la Rivoluzione francese aveva fatto propria.
Esaminiamo la definizione:
o Pienezza del diritto di proprietà: il proprietario può godere e disporre in modo pieno (significa che il
proprietario può fare tutto ciò che ritiene della cosa, fino a che non incontra dei limiti previsti dalla
legge). Le sue facoltà di godimento sono tendenzialmente illimitate a suo piacimento.
o Esclusività del diritto: il proprietario può disporre delle cose in modo esclusivo, può escludere
qualunque altro soggetto dall’esercizio del suo diritto e impedirgli di interferire nel godimento e
nella disposizione giuridica del diritto stesso.
o Limiti: il Codice civile riconosce una serie di limitazioni al diritto di proprietà nei rapporti tra privati:
- Un primo limite deriva dalla circostanza che alcuni beni non possono essere oggetto di
proprietà privata, perché sono considerati appartenenti allo Stato (es. mare, spiagge, porti,
fiumi, laghi…);
- Il proprietario non può estendere il suo diritto a tutto ciò che rientra nei confini del suo fondo;
- Divieto degli atti emulativi, secondo il quale il proprietario non può fare atti i quali non abbiano
altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Art. 833, espressione di un
principio di diritto (abuso di diritto): non si incorre nel divieto di atti emulativi a seguito di atti
meramente omissivi;
- Divieto di immissioni (fumo, calore, odori, rumori) che derivano dall’utilizzazione delle proprietà
vicina possono essere impediti se superano la normale tollerabilità (da valutare la
giustificabilità: dipende dal caso specifico e dal luogo in cui avviene – es. centro città/zona
industriale). La risposta dell’ordinamento sarà diversa a seconda dei casi (art 844);
- Limitazioni più specifiche riguardano i rapporti di vicinato, cioè tra i proprietari di fondi
confinanti che attengono alle distanze tra costruzioni (art 873) = stabilisce una distanza di
almeno 3 metri tra le costruzioni. Inoltre, non si possono aprire, se non con rispetto di
determinate distanze, le vedute (finestre che permettono di affacciarsi di fronte, obliquamente
o lateralmente nel fondo del vicino), e luci (aperture che consentono di dare passaggio alla luce
e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino).
o Obblighi: obblighi previsti dalle leggi che costituiscono l’insieme dell’ordinamento giuridico.
Art 42 Cost. = La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a
privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto e di
godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e renderla accessibile a tutti. La proprietà
privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse
generale. La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e testamentaria e
i diritti dello Stato sulle eredità.
La proprietà, ni quanto istituto della società e perciò sociale, svolge una funzione al servizio della società
stessa. Questa prospettiva corrisponde al pensiero liberale, secondo il quale la proprietà deve essere vista
con favore dal legislatore costituzionale in quanto strumento per l’esercizio della libertà di iniziativa
economica. Quindi la proprietà non è solo un diritto, ma un dovere, dunque il proprietario di beni deve
mettere a disposizione della collettività una parte di questi beni e fare delle buone azioni (non è un diritto
egoista, ma un diritto che serve anche a svolgere un’azione sociale a favore dei cittadini economicamente
meno abbienti). Al legislatore ordinario spetta quindi di realizzare una sorta di eguaglianza sociale, in modo
che a ciascun cittadino sia garantito l’accesso a un certo quantitativo di beni. Si vuole realizzare uno
sfruttamento economicamente efficiente dei beni ma si vuole al contempo instaurare dei rapporti sociali il
più equi possibili (emerge qui una visione socialista-comunista-“di sinistra”) = funzione sociale della
proprietà che la rende accessibile a tutti.
La proprietà non è quindi una forma di sovranità sui beni, ma è un diritto che deve armonicamente inserirsi
nel più ampio contesto sociale e non contrastare con esso. Per il proprietario vi saranno, quindi, non solo
diritti (o meglio facoltà, espressione del diritto di proprietà), ma anche doveri, che renderanno il diritto di
proprietà non solo utile per il proprietario, ma anche per la società. In questo si esplica la funzione sociale
della proprietà che non per questo, però, potrà divenire qualcosa di diverso da quanto è espresso dall'art.
832 c.c. È vero, infatti, che l'art. 42 della Costituzione riconosce e determina la funzione del diritto di
proprietà, ma è pur sempre l'art. 832 del Codice civile che ne definisce il contenuto.
La definizione di diritto di proprietà non può limitarsi a questo, soprattutto grazie alla presenza di
ordinamenti sovrannazionali (in cui vi è l’esigenza di stabilire un diritto di proprietà). L’impianto
complessivo di matrice comunitaria è comunque meno attento rispetto al testo costituzionale nazionale (la
funzione sociale sembra essere meno marcata).
Espropriazione:
La nozione di espropriazione fa riferimento al provvedimento ablatorio con cui viene sottratto un bene al
proprietario privato. Tale attività trova ragion d’essere nell’art. 42 Cost che stabilisce che la proprietà
privata può venir meno per motivi di pubblica utilità; pertanto, si intendono motivi di interesse generale, la
realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Il Codice civile stabilisce il principio che la proprietà si può acquistare solo nei modi previsti dalla legge. Ai
sensi dell’art 42 della Costituzione, i modi di acquisto della proprietà si distinguono in due categorie:
o A titolo derivativo: comportano la successione di un soggetto nello stesso diritto già appartenente a
un altro soggetto. Il diritto di proprietà di un soggetto deriva dal diritto di proprietà di un altro
soggetto: colui che acquista la proprietà la riceve da un precedente titolare del diritto (successione
di uno stesso diritto da un soggetto a un altro). Es.
- Contratto;
- Successione per causa di morte.
o A titolo originario: sono modi di acquisto del diritto di proprietà che non consentono il
trasferimento di un diritto già esistente, ma si determina a tutti gli effetti la nascita di un diritto
nuovo (comportano la nascita di un nuovo diritto di proprietà in capo al soggetto definito
proprietario). Es.
1) Occupazione: art. 923 e seguenti. È applicabile solo nelle ipotesi di res nullius o di res derelicte
(cose mobili, di proprietà di nessuno o abbandonate). Non è applicabile per i beni immobili, in
quanto spettano allo Stato. Si possono acquistare le cose abbandonate come rottami delle
automobili, animali che possono essere oggetto di pesca o di caccia nei limiti stabilisti dalle
leggi, i frutti selvatici, i funghi e i tartufi.
2) Invenzione: art. 927 e seguenti. Si applica soltanto alle cose mobili smarrite: il soggetto che
trova la cosa deve restituirla al proprietario ma, ove non sia possibile, sarà tenuto a consegnare
questi oggetti al Sindaco. Trascorso un anno si dovrà valutare se il soggetto ha recuperato il
bene: se il proprietario la reclama, è obbligato a pagare un premio a chi l’ha ritrovata in
proporzione al valore della cosa; se passa un anno senza che il proprietario venga a reclamare
la cosa, chi l’ha trovato ne acquista la proprietà per invenzione. Un’ipotesi particolare di
invenzione è quella del “tesoro”: il ritrovamento di cose mobili di pregio (nascoste/sotterrate)
di cui nessuno si può definire il legittimo e palese proprietario. Se il tesoro è trovato nel proprio
fondo, il proprietario del fondo diviene proprietario del tesoro stesso. Nell’ipotesi in cui il
ritrovamento avvenga in un terreno altrui (del tutto per caso), la proprietà sarà solo per la metà
del proprietario del fondo, mentre spetterà per l’altra metà al ritrovatore. Questa regola non
vale quando il ritrovamento è legato alla disciplina legata ai beni culturali, es. scoperta
dell’anfora antica, in quanto stabiliscono la riserva della proprietà dello Stato > art 932.
3) Accessione: art. 934 e seguenti. Si applica a seguito di una stabile incorporazione tra beni che
appartengono a proprietari diversi. Diverse ipotesi:
1) Accessione di bene mobile ad immobile: proprietà di beni mobili che vengono posti su
un terreno di proprietà di un certo soggetto. Il proprietario del bene immobile (es.
suolo) è considerato sempre proprietario della cosa principale e diviene proprietario
anche delle cose mobili che sono poste sul bene con riferimento al bene immobile. È
una regola suscettibile di eccezioni: se si mettono d’accordo le parti; accessione
invertita (l’ipotesi opposta in cui, piuttosto che divenire proprietario della cosa mobile
posta sul suolo, è il proprietario del bene posto sul suolo a divenire proprietario del
fondo stesso) nei casi in cui ad es. un’opera realizzata su un fondo sconfina su un altro
fondo;
2) Accessione di bene immobile ad immobile:
Alluvione = a seguito dello scorrere dell’acqua si può realizzare l’accrescimento
di fondi. Il proprietario del fondo rivierasco diventa proprietario di un fondo più
ampio;
Avulsione = data per lo staccarsi di una parte del fondo rivierasco si va a
collocare su un altro fondo (che quindi ne risulta incrementato), da questo
distacco sarebbe dovuta un’indennità con riferimento al valore aggiuntivo per il
proprietario del fondo accresciuto).
3) Accessione di bene mobile a mobile: vi sono due casi che possono ricorrere.
Unione o commistione: accessione di beni appartenenti a diversi proprietari
senza che siano separabili (somma di beni mobili che si uniscono). Il
proprietario del bene principale diviene per accessione proprietario dell’intero
bene;
Specificazione: si attua quando una persona crea qualcosa con il proprio lavoro,
ma utilizzando materiali altrui. Il proprietario della cosa nuova è colui che l’ha
creata, salvo che il valore della materia sorpassi di molto il lavoro svolto.
(valore del lavoro > valore delle materie prime = proprietario è colui che ha
svolto il lavoro, dopo aver retribuito il fornitore; valore materie prime > valore
del lavoro = proprietario è colui che fornisce materie prime, dopo aver
retribuito chi ha svolto lavoro).
4) Possesso in buona fede di beni mobili (possesso vale titolo): è un modo di acquisto della
proprietà che nasce come strumento volto ad agevolare la circolazione della ricchezza. Il
principio è quello che non si può trasferire un bene che non è di proprietà > il rischio sarebbe
quello di dover valutare/dimostrare la proprietà del bene trasferito, il che può essere
complicato, specie nell’ipotesi dei beni mobili (es. come faccio a dimostrare che il proprietario
effettivo di una penna è effettivamente chi me la sta vendendo?). presupposti affinche scatti
l’acquisto della proprieyà a titolo originario tramite possesso vale titolo:
1. Che il bene sia un bene mobile (con l’esclusione di beni mobili registrati e delle
universalità dei beni mobili). Questo è legato alla possibilità/opportunità di applicare
regole diverse.
Beni mobili registrati (iscritti in appositi registri) = non vi è necessità proprio perché in
questi casi esistono dei registri, quindi strumenti per controllare la proprietà di un
determinato bene (es. auto iscritta al registro automobilistico);
Universalità dei beni mobili = si esclude l’applicazione di questa regola in quanto il
legislatore ha scelto di applicare una particolare attenzione (vista la natura
2. Il titolo deve essere astrattamente idoneo al trasferimento del diritto di proprietà
3. Che l’acquirente entri nel possesso del bene
4. Al momento della consegna del bene l’acquirente deve essere in buona fede (non
rileverà la malafede successiva all’acquisto del possesso sul bene).
Se vi sono questi presupposti il soggetto acquisterà la proprietà a titolo originario senza che
nessun altro possa vantare diritti su quel bene. È un sistema che agevola la circolazione dei beni
mobili senza che si creino problemi di verifica dell’effettivo proprietario.
Connessa a questa funzione del possesso per risolvere il conflitto fra più acquirenti della stessa
cosa mobile: se lo stesso soggetto (dante causa) aliena con successivi contratti la stessa cosa a
più acquirenti (aventi causa), ne diventa proprietario chi per primo ne ha acquistato il possesso
in buona fede. Il trasferimento del possesso (del materiale potere della cosa) avviene con la
buona fede dell’altro acquirente: anche se il suo contratto era l’ultimo in ordine di tempo. ( art
1155: se taluno, con successivi contratti, aliena a più persone lo stesso bene mobile, quella tra
esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso, è preferita alle altre, anche se in data
posteriore).
5) Usucapione: agevolare chi nel tempo utilizza un determinato bene, rendendolo magari
produttivo, a discapito del proprietario che magari lo trascura. Il tempo ha un effetto rilevante
(esattamente come la prescrizione estintiva), tanto che in passato veniva definito prescrizione
acquisitiva (acquisto del diritto, oggi denominato usucapione). Vi sono due particolari differenze
con la prescrizione: uno è funzionale all’estinzione del diritto, l’altro ad acquistare il diritto (in
particolare il diritto di proprietà); la prescrizione ha una portata generale (che si applica alla
maggioranza dei diritti), l’usucapione si applica soltanto al diritto di proprietà ed eventualmente
altri diritti reali minori.
Si tratta di un modo di acquisto della proprietà fondato sul possesso prolungato per un certo
periodo di tempo. Le giustificazioni di questo istituto si trovano, da un lato, nell’inerzia del
proprietario (che trascura il bene) e, dall’altra parte, nell’esigenza di ordine pubblico di porre
fine a situazioni di incertezza nella titolarità dei diritti. Perché si possa divenire proprietari
attraverso l’usucapione sono richiesti determinati presupposti:
1) Il possesso pacifico del bene (il potere di fatto sul bene), cioè acquistato in modo non
violento o clandestino;
2) Il possesso deve essere continuato (non individuato in uno specifico momento):
soccorrono a questa ricostruzione delle regole come la presunzione di possesso
intermedio (1142 cod. civ): per dimostrare la continuità del possesso è sufficiente che
io provi di aver posseduto in un certo momento del passato e di possedere ora,
dopodiché l’ordinamento presume il possesso anche nel tempo intermedio;
3) Non interruzione del possesso (né una causa di interruzione naturale/materiale, né
una causa di interruzione civile);
4) Deve trascorrere un certo lasso di tempo, che nell’usucapione “ordinaria” è pari a 20
anni.
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento su immobili si acquistano in
virtù del possesso continuato per 20 anni. I termini di usucapione possono restringersi:
usucapione abbreviata. Presupposti:
1) Presenza di un titolo;
2) Possesso in buona fede da chi non è proprietario;
3) Titolo idoneo a trasferire la proprietà.
Beni immobili che hanno questi requisiti: 10 anni;
Beni mobili registrati (automobili, navi): 10 anni (salvo l’effetto della buona fede e la presenza
di un titolo idoneo ai fini dell’abbreviazione del termine);
Beni mobili: 20 anni se in mala fede, 10 se risponde ai presupposti. Se, oltre alla buona fede,
sussiste un titolo idoneo, l’acquisto della proprietà è immediato.
I primi tre prescindono alla figura del possesso come strumento per diventare proprietario; gli altri due
sono modi di acquisto della proprietà dove svolge un ruolo importante il possesso.
Possesso:
Il diritto di proprietà è il diritto di godere e disporre di un bene; il possesso è il fatto di esercitare
determinati poteri, quali quelli di godere e disporre (una cosa è il diritto, altra cosa è il potere di fatto
esercitato nei confronti di un determinato bene). È disciplinato dall’articolo 1140 cod. civ., che definisce il
possesso nei seguenti termini: Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente
all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra
persona, che ha la detenzione della cosa.
Il possesso rappresenta quindi una situazione di fatto, che riflette o meno un diritto quale il diritto di
proprietà (o un altro diritto reale minore). Le motivazioni legate alla tutela del possesso sono
principalmente due:
o La tutela possessoria consente una difesa rapida ed efficace dei propri diritti (tutelare la
posizione di fatto significa spesso tutelare in maniera più rapida e più efficace il diritto - nel caso
in cui coincidano);
o La tutela della situazione di fatto è funzionale ad assicurare la pace tra i consociati (tutelare
prontamente la situazione di fatto ed assicura una difesa rapida ed efficace di una situazione
concreta e conserva la pace esterna tra tutti i consociati).
Il possesso costituito da due elementi.
1) Elemento oggettivo: materiale disposizione del bene (corpus);
2) Elemento soggettivo: spirito con il quale si tiene il bene a sé, comportandosi come il
proprietario (animus).
o Possesso pieno: La declinazione di questi due elementi consente la declinazione tra possesso
pieno e mediato. Il possesso pieno sarà caratterizzato da entrambi gli elementi costituitivi del
possesso (sia corpus, sia animus). È anche il caso del ladro: ha il corpus e sicuramente non
riconosce la proprietà altrui (proprio in quanto ladro). Possessore = il soggetto si comporta
come proprietario della cosa;
o Detenzione (comma 2): logica di rispettare i diritti altrui sulla cosa (ho la disponibilità del bene
ma sono consapevole di non esserne proprietario né di avere diritti reali sulla cosa). Es.
dell’inquilino: soggetto a cui viene dato in dotazione un bene (ha il corpus) ma lo fa nella
consapevolezza di non esserne il proprietario, rispettando e riconoscendo i miei diritti e, in
quanto tale, corrisponde al proprietario un canone di locazione. Es. anche del prestito in
biblioteca.
Interversione del possesso: avviene con un atto, es. l’ipotesi dell’opposizione (il detentore in
presenza di un atto dimostra la sua volontà a continuare di disporre del bene ma come se ne
fosse proprietario) > articolo 1164, si sofferma poi sulla disciplina dell'interversione del
possesso nei confronti di chi, dopo aver esercitato il possesso corrispondente a un diritto reale
su cosa altrui, abbia intenzione di usucapire la proprietà della cosa. Detentore può quindi
trovarsi ad essere possessore.
Detentore = il soggetto riconosce i diritti altrui sulla cosa e che quindi la proprietà non spetta a
lui;
o Possesso mediato: il soggetto che possiede (possessore mediato) ha soltanto l’elemento
soggettivo (animus) e ne fa acquisire la disponibilità materiale ad un altro soggetto (il soggetto
inquilino sarà detentore, l’altro soggetto sarà possessore mediato perché non avrà il corpus).
Classificazioni di possesso:
o Possesso legittimo: potere di fatto e diritto coincidono (sono sia possessore che proprietario), il
possesso della cosa è congiunto con il diritto corrispondente;
o Possesso illegittimo: il diritto non coincide esattamente con la situazione di fatto. Questo può
essere:
1) Di buona fede: un soggetto, che non conosce la provenienza furtiva di un bene, lo acquista (in
totale buona fede);
2) Di malafede: possessore dispone di un determinato bene con la consapevolezza di ledere il
diritto altrui (es. occupazione di un appartamento);
3) Vizioso: ho la disponibilità del bene senza che corrisponda ad una posizione di diritto, non sono
in buona fede e ho addirittura acquisito il bene a seguito di violenza o di atto clandestino.
Art. 1141: si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto (presunzione del possesso).
Presunzione di buona fede: ove vi sia il dubbio, l’articolo 1147 (comma 3) presume la buona fede del
possessore. Vale il principio che la buona fede deve sussistere al momento dell’inizio del possesso, non è
rilevante la buona fede successiva alla disponibilità del bene.
o Detenzione qualificata: un determinato soggetto acquista una disponibilità del bene all’esito di un
titolo che specificatamente qualifica la detenzione (es. inquilino > disponibilità del bene dopo aver
firmato un contratto di locazione). Può avere la disponibilità:
1) Nell’interesse proprio/autonoma (es. inquilino);
2) Nell’interesse altrui/non autonoma: sono detentore qualificato del bene ma nell’interesse
altrui (del possessore; es. mi viene affidato un bene attraverso un contratto – mandato – e ho la
disponibilità del bene nell’interesse di qualcun altro – possessore/mandatario).
o Detenzione non qualificata: posso avere la disponibilità del bene per ragioni di ospitalità (es. un
amico mi ospita a casa sua), servizio (soggetto che si occupa di guidare la mia macchina/barca…, è
detentore ma non qualificato) o lavoro (es. soggetto a cui affidiamo la nostra macchina per
pulirla/ripararla).
Si può acquistare il possesso in modo originario (impossessamento del bene), oppure in modo derivativo (a
seguito di consegna da un soggetto a un altro). È possibile che si acquisti il possesso anche attraverso i
metodi accennati in precedenza (es. proprietario che vende all’inquilino > possesso tramite compravendita;
soggetto proprietario vende l’appartamento e ne diviene a sua volta inquilino > possessore passa ad essere
detentore).
Bisogna far riferimento anche alla perdita del possesso dal fatto che venga meno anche solo uno dei due
elementi (corpus o animus).
1) Successione del possesso: continuare in capo al successore in titolo universale, cumulare gli
anni di possesso del defunto e gli anni dell’erede (si sommano gli anni e si trasferisce il possesso
> modo di acquisto a titolo derivativo). Il possesso continua con le stesse caratteristiche;
2) Accessione del possesso: il trasferimento non avviene a titolo universale (dal defunto all’erede)
ma con riferimento a un singolo bene trasferito a seguito di un titolo e con esso si trasferisce il
possesso (nuovo possesso > non sarà lo stesso del successore > resta la possibilità di cumulare
gli anni e quindi di avere un ruolo in un possibile usucapione).
Effetti del possesso:
o Con riferimento ad acquisto di frutti (civili e naturali) ed eventuale rimborso delle spese sostenute :
Distinzione tra possessione illegittimo di buona fede (sarà tenuto a restituire i frutti percepiti solo
dal momento della domanda giudiziale – cioè da quando gli sono stati espressamente richiesti) e
possessore illegittimo in malafede (saranno dovuti i frutti dal bene dal momento stesso in cui ha
avuto inizio il possesso in malafede).
Altre distinzioni utili con riferimento alle spese: distinguere in ipotesi di spese ordinarie (= che
servono per la normale produzione di frutti il possessore avrà diritto al risarcimento ), spese
straordinarie (rimborsate sempre al possessore perché, appunto, straordinarie e quindi il
possessore dei frutti non dovrà addossarsi spese straordinarie a fronte di un bene che resta ad un
altro soggetto) e spese fatte per i miglioramenti del bene (se i miglioramenti sono presenti al
momento in cui il bene deve essere restituito si ritiene che vadano restituite al possessore perché si
vuole assicurare al meglio le esigenze complessive di produzione).
Il diritto di ritenzione è il diritto di non restituire il bene da parte del possessore in buona fede
finché questo non ha ricevuto le varie somme dovute per le spese (riparazioni/miglioramenti) > art.
1152 cod. civ.;
o Come strumento per l’acquisto del diritto di proprietà (possesso vale titolo, usucapione);
o Previsione di strumenti specifici a tutela della situazione di fatto (azioni possessorie): si ha volontà
di mantenere la pace tra i consociati ed assicurare tempi celeri e che richiedono un onere
probatorio ridotto.
3) Azione di reintegrazione (o spoglio) : nel momento in cui al soggetto venga sottratto il bene in
modo violento o clandestino. Si richiede la reintegrazione nel possesso del bene in quanto è
stato spossessato del bene. Sono legittimati ad agire tutti i soggetti possessori sia legittimi, sia
illegittimi, di buona o cattiva fede; ma anche tutti i detentori, con l’unica eccezione dei
detentori non classificati. Potrà subire questa azione il soggetto che ha sottratto il bene al
possessore ma anche colui considerato “autore morale” dello spoglio, cioè chi ne ha tratto un
vantaggio. Il termine di decadenza è un anno entro il quale bisogna agire per la reintegrazione;
5) Denuncia di danno temuto : misura cautelare attivata a tutela del possessore che mira ad
attenuare un danno prima che si verifichi in modo rapido. Può essere esperita in tutti i casi in
cui si rischia un danno grave derivante da qualcosa.
6) Denuncia di nuova opera: rischi o pericoli derivanti da un’opera iniziata da meno di un anno e
non ancora terminata. Più ristretta e specifica.
Azioni petitorie (art 948) esercitabili nei confronti di chiunque realizzi atti diretti a contestare la titolarità del
diritto di proprietà ovvero ad incidere sul suo contenuto. Dette anche "actiones in rem", le azioni a tutela
del diritto di proprietà sono:
1) Azione di rivendicazione: nell’ipotesi in cui il proprietario voglia accertare il proprio diritto di
proprietà e vedere condannato il soggetto attualmente in possesso del bene per la restituzione.
È legittimato ad agire colui il quale si ritiene essere il proprietario del bene. Non è una prova
semplice perché deve provare il diritto di proprietà e assicurarsi di averlo fin dall’origine. Sono
soggetti all’azione chiunque abbia la possibilità di restituire il bene al proprietario. Si distingue
dall’azione di restituzione perché il fenomeno della restituzione del bene è legato al fatto di
previo accertamento del diritto di proprietà, mentre quella di restituzione è di natura personale
(contrattuale);
2) Azione di mero accertamento : azione di rivendicazione limitata alla prima parte: si limita a
richiedere accertamento e titolarità del diritto di proprietà in capo al soggetto che agisce. Prova
che bisogna fornire circa il fatto di essere effettivamente il proprietario (non viene richiesta
restituzione);
3) Azione negatoria: funzionale a provare il fatto che tizio non è proprietario, avrò quindi un onere
probatorio più leggero > provare che il soggetto che ritiene di essere proprietario in realtà non
lo è. Non devo provare il mio diritto di proprietà;
4) Azione di regolamento di confini: insieme all’apposizione di termini sono azioni legate al
periodo storico in cui sono state previste. Volta a dichiarare con chiarezza l’esatta estensione
delle proprietà di fondi adiacenti;
5) Azione di apposizione di termini: presuppone anche la certezza dei confini e mira ad apporre
segnali (in origine pietre) volte a chiarire la limitazione certa dei confini.
o Di godimento: limitano il diritto del proprietario rappresentato dal godimento stesso. Limitano il
diritto di proprietà nel senso di trarne godimento. A seguito dell’estinzione dei diritti reali minori, si
re-espande il diritto del proprietario (che riacquista il diritto di godere e disporre del bene). Sono
diritti reali di godimento:
4) Uso: può avere ad oggetto anche beni mobili. Si attribuisce il diritto ad un soggetto di servirsi di
un determinato bene, di goderne e trarne utilità limitatamente ai bisogni propri e della propria
famiglia.
6) Servitù prediale: riguardano il praedium (il terreno) ed è legato a un rapporto tra fondi.
Consistono nel peso imposto da un fondo (fondo dominante) su un altro fondo (fondo
servente), posto per l’utilità del fondo dominante > assicurare maggiore comodità (es. servitù di
passaggio per permettere a un fondo senza accesso alla strada pubblica di passare per un altro
fondo). Per avere diritto a questo diritto oltre ad avere due fondi si devono avere due
proprietari diversi (e i due fondi devono essere vicini tra loro). Sono escluse le servitù irregolari
(le parti ben possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia
previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo,
senza alcuna funzione di utilità' fondiaria)
Il contenuto di queste servitù non può essere “fare” > posso imporre un “non fare” o un
“sopportare” (es. non costruire entro una certa altezza oppure sopportare il mio passaggio).
Le servitù si costituiscono per:
o Servitù legali (o coattive): in attuazione di specifiche direttive legali. Sono ipotesi
espressamente previsti dalla legge (servitù dell’acquedotto coattivo art. 1033 e seg.,
servitù dell’elettrodotto coattivo art. 1056, passaggio coattivo delle linee telefoniche,
fondo intercluso ecc.). Materialmente si costituiscono per contratto (faccio presente
che la legge mi da un diritto ed ho diritto ad una servitù), oppure il proprietario del
fondo servente non intenda assecondare il fondo dominante e nega l’esistenza di una
servitù (e quindi quest’ultimo chiede al giudice una sentenza che realizzi il suo diritto di
servitù a seguito di intervento giudiziale);
o Servitù volontarie: si costituiscono per contratto o per testamento;
Servitù apparenti: tipi particolari di servitù che richiedono delle opere visibili per essere di
utilità, possono essere costituite anche per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Si estinguono per scadenza (se è a tempo), a seguito di rinuncia da parte del titolare, per
confusione (il proprietario del fondo D diventa proprietario anche del fondo S), prescrizione
(inerzia) ventennale.
Si può tutelare il diritto di servitù a seguito dell’azione confessoria (tutela a difesa del diritto),
che vuole contrastare colui il quale nega il diritto di servitù e creo delle turbative e molestie a
questo diritto. Io, che mi ritengo titolare del diritto di servitù, posso godere dell’azione
confessoria che consente l’accertamento del diritto, ripristina la situazione e consente di
chiedere il risarcimento del danno. Restano ferme le tutele dello stato di fatto (azioni
possessorie di reintegrazione e manutenzione).
o Di garanzia: limitano il diritto di disporre del bene perché sono caratterizzati dall’inerenza (afferire
al bene) e attribuiscono al soggetto creditore il diritto di sequela (di seguire il bene anche qualora si
trasferisca da un soggetto all’altro). Attribuiscono il diritto di vendere/espropriare il bene (ius
estraendi) e il diritto di essere preferito rispetto agli altri creditori sulla somma ricavata dalla
vendita del bene (ius praelationis), nonché il diritto di sequela (conseguenza della titolarità di un
diritto reale che si traduce nella opponibilità di quest'ultimo a chiunque possieda o vanti diritto
sulla cosa). Finiscono indirettamente per comprimere e limitare il diritto del proprietario di disporre
del bene (perché prima di fare qualcosa con un bene assoggettato da diritto reale di garanzia ci
penserà più volte).
1) Pegno: è un diritto reale di garanzia su una cosa mobile, ad oggetto beni mobili non
registrati o su crediti. Quando ha ad oggetto beni materiali ne deriva immediato
spossessamento dopo un accordo per iscritto (ultimamente a tutela di certi soggetti
imprenditori vengono previsti pegni che non prevedono spossessamento – pegno
mobiliare non possessorio). Il contratto deve avere data certa e scritto anche per essere
opponibile a terzi (prevedere il valore, la somma di denaro e il tipo di oggetto).
Contratto + spossessamento = costituito pegno.
In caso di adempimento il bene verrà restituito al proprietario, se non pagherò
(inadempimento) il creditore pignoratizio acquista un diritto duplice:
- Ha facoltà di vendere/espropriare il bene nei confronti di un acquirente,
nell’ipotesi di un passaggio di proprietà;
- Ha facoltà di soddisfarsi sul ricavato della vendita.
Questi diritti sono tutelati dal divieto di patto commissorio (art. 2744 cod. civ): è nullo il
patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine
fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è
nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno.
Patto marciano: consente il passaggio di proprietà in caso di inadempimento ma
prevede una preventiva stima del bene (la parte eccedente del valore del bene, se
superiore al debito, torna al soggetto debitore o ai suoi altri creditori).
2) Ipoteca: ad oggetto soltanto beni immobili o diritti reali immobiliari (o beni mobili
registrati). Si scrive ipoteca sui registri immobiliari ma resto nel possesso del bene (non
prevede spossessamento). Attraverso l’iscrizione nei registri immobiliari si costituisce
l’ipoteca (pubblicità). Vi sono almeno 3 figure di ipoteca:
Entrambe queste figure (pegno ed ipoteca) sono caratterizzate dall’accessorietà (legato al rapporto di
debito a garanzia del fatto che pagherò il debito – pegno – o al rapporto con la banca – ipoteca). Se pago si
estinguono sia il pegno sia l’ipoteca (viene meno il rapporto accessorio); se non pago valgono le garanzie
(l’altra parte potrà far vendere il mio bene e dovrà essere preferito tra gli altri creditori sulla somma
ricavata dalla vendita per soddisfare il proprio credito). Si contrappone il diritto di sequela.
Diritti relativi (o di credito):
Riguardano una pretesa debitoria nei confronti di un soggetto (ho un diritto di credito nei confronti di un
soggetto debitore). Sono distinti dai diritti reali perché i primi sono diritti assoluti, mentre questi sono diritti
relativi, cioè riguardano direttamente alcuni soggetti.
Rapporto obbligatorio (obbligazione): rapporto che si instaura tra due soggetti e dove il passivo (debitore) è
dovuto a compiere una prestazione nei confronti del secondo soggetto (creditore). È necessaria volontà e
impegno del debitore ma anche la cooperazione da parte del soggetto creditore (per assicurarsi che la
prestazione venga adempiuta).
Cosa accade se questa prestazione non viene compiuta secondo le caratteristiche previste? Si incorre in
responsabilità patrimoniale: il debitore risponde del suo obbligo nei confronti del creditore in termini
patrimoniali (con il proprio patrimonio) - risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni
presenti e futuri (che costituiscono il patrimonio del soggetto debitore). Per rispondere all’esigenza ella
responsabilità patrimoniale:
o Esecuzione forzata in forma specifica (obbligo alla conclusione di un contratto, consegna di un
bene determinato);
o Risarcimento del danno.
1° norma (art. 1173): fonti delle obbligazioni. Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito (es.
sinistro stradale), o da ogni altro atto o fatto idoneo (es. promesse unilaterali, gestione di affari altrui, titoli
di credito pagamento di indebito, arricchimento senza causa…) a produrle in conformità dell'ordinamento
giuridico (tripartizione. In passato, nel diritto romano, era quadripartizione: contratti, delitti, quasi contratti,
quasi delitti).
Alle obbligazioni civili (analizzate finora) si distinguono le obbligazioni naturali. Queste derivano da un
dovere morale o sociale: in questi casi il debitore non è giuridicamente obbligato ad eseguire una
prestazione, tuttavia se questa viene eseguita, il soggetto non può chiederne la restituzione (soluti
retentio). Caratteristiche delle obbligazioni naturali:
Es. di obbligazioni naturali: debiti di gioco, debito prescritto, prestazioni gratuite a favore del convivente.
I soggetti possono non essere singoli (obbligazioni semplici), può prevedere una pluralità di soggetti
(sempre due parti: debitoria e creditoria, ma più creditori o più debitori). Non sono più obbligazioni
semplici, ma obbligazioni plurisoggettive (o multiple).
1) Obbligazioni solidali:
o Passive: un soggetto adempie per tutti e poi sarà tenuto a chiedere agli altri debitori la
propria parte – che si presume uguale (azione di regresso). Es. conto in pizzeria;
o Attive: un singolo debitore può adempiere per l’intero indifferentemente ad uno dei suoi
creditori, sarà poi l’altro creditore a dover versare la parte del concreditore.
2) Obbligazioni parziarie:
o Passive: ciascuno pagherà la sua parte al creditore (sempre nell’esempio della pizzeria);
o Attive: dovrò adempiere a ciascun concreditore per la propria parte.
Come li distinguo? O ce lo indica la legge, oppure sono le parti che nel contratto decidono come adempiere.
Se la legge non prevede nulla di specifico o non vi è un accordo tra le parti ricorre una regola di legge
generale (Art. 1294 presunzione di solidarietà passiva: I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o
dal titolo non risulta diversamente). Questa regola non vale con riferimento alle obbligazioni attive. Questo
perché si vuole agevolare il creditore (diritto di chiedere a X la somma) perché l’obiettivo dell’ordinamento
è assicurarsi l’adempimento delle obbligazioni nei rapporti tra privati. Nelle obbligazioni indivisibili (es.
cavallo) è indubbiamente un’obbligazione solidale – un debitore adempierà per tutti.
Art 1174: La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione
economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. Es. L’acquisto di un
biglietto di La Scala risponde a un interesse non patrimoniale ma è suscettibile di valutazione economica!
Queste prestazioni si possono distinguere in:
Altra distinzione di prestazioni a seconda che sia necessario o meno il soggetto per la prestazione:
Art 1175: Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. Le regole della
correttezza hanno un ruolo rilevante nell’adempiere singole prestazioni ma anche nel contratto in generale
(sia da parte di debitore, sia parte di creditore). È un’espressione dei doveri inderogabili di solidarietà
sociale.
Art 1176: Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.
Rappresenta uno standard declinato diversamente a seconda dell’attività che deve essere compiuta (uomo
medio o professionista medio): è la diligenza, cioè l'impegno nel soddisfacimento dell'interesse del
creditore, tipica dell'uomo 'medio', il buon padre di famiglia appunto, che va valutata in relazione alla
specifica obbligazione che il debitore deve eseguire.
Rispetto all’oggetto:
o Obbligazioni generiche: hanno ad oggetto la consegna di cose determinate soltanto nel genere (es.
la consegna di 100kg di grano);
o Obbligazioni specifiche: dopo individuazione. Per consentire il passaggio da generica a specifica è
necessaria un’attività di individuazione, che consente una specificazione delle obbligazioni
generiche (100kg di QUEL determinato grano).
Sono le più diffuse nella prassi. Hanno ad oggetto una somma di denaro, sono pertanto obbligazioni di
dare attraverso il quale il soggetto debitore è dovuto a dare (consegnare) una somma di denaro a un
altro soggetto creditore. Art 1277 cod. civ.: i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso
legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. Se la somma dovuta era
determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in
moneta legale ragguagliata per valore alla prima.
A seguito di eventuali pagamenti tramite strumenti diversi dalla moneta avente corso legale: es.
assegno circolare/bancario. Una volta pagato in moneta si costringe il debitore ad accettare (non può
rifiutare l’adempimento); se il pagamento avverrà con altri mezzi di pagamento (es. assegno), il
creditore potrà rifiutare l’adempimento solo per giustificato motivo.
Valore nominale > principio nominalistico = ipotizziamo un’obbligazione a seguito della quale tizio deve
a caio 1000€ dopo 10 anni dal prestito. La moneta ha funzione di pagamento, non è funzionale
direttamente (come ad es. un’automobile) e quindi posso essere tenuto a restituire il valore numerico
della cifra dovuta (1000€) oppure il valore reale (il potere d’acquisto che nel periodo trascorso la
moneta ha acquisito. Non coincide per forza con il valore nominale). Alto tasso di inflazione porta una
differenza sostanziale tra il valore della moneta e il suo valore reale (il valore della moneta scende: es.
per comprare ciò che una volta costava 1000, me ne servono 1200). È stato un tema molto dibattuto
con la lira (che subiva spesso svalutazione), problema quasi scomparso con l’euro. Viene adottato il
principio nominalistico quindi la centralità del valore nominale! Tizio quindi dovrà restituire la
medesima quantità di pezzi monetari originariamente fissata, a prescindere dal fatto che sia modificato
il potere di acquisto.
Distinzione fra obbligazioni (debiti) di valuta e obbligazioni (debiti) di valore: il principio nominalistico si
applica soltanto ai debiti di valuta ma non trova applicazione in quelle di valore.
L’ammontare degli interessi si determina con una percentuale (tasso di interesse) che viene
calcolata alla luce dell’entità della somma capitale (obbligazione principale) e al tempo. Es. tasso del
5% all’anno: 5% della somma capitale legato alla somma capitale ogni anno. Il tasso di interesse, a
sua volta, si possono distinguere in tasso di interesse legale e convenzionale (dipende dalla fonte).
Quello legale è considerato ai sensi dell’art 1284 cod. civ. comma 1, modificato con decreto del
ministro dell’economia sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di stato. Quello
convenzionale dipende dagli accordi delle parti (deve essere un atto in forma scritta nel caso in cui
superi il tasso legale, altrimenti la pattuizione degli interessi è nulla). Vi è la possibilità di prevedere
degli interessi usurari (che superano certe soglie, esorbitanti rispetto a quanto normalmente
previsto dalla legge) che tuttavia non sono dovuti: la clausola di questo accordo è nulla e quindi non
sono dovuti interessi di alcun tipo (dovuta soltanto la somma capitale). Nel nostro ordinamento non
sono ammessi gli interessi anatocistici, cioè quelli che maturano su altri interessi.
o Adempimento:
Non esiste una definizione di adempimento. Art 1218: il debitore che non esegue esattamente la
prestazione dovuta è dovuto al risarcimento del danno > individua le caratteristiche fondamentali
dell’inadempimento (non esecuzione della prestazione dovuta), quindi al contrario l’adempimento
non può che essere l’esatta esecuzione della prestazione dovuta. Art 1181: il creditore può rifiutare
un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che la legge o
gli usi dispongano diversamente (= l’adempimento deve essere esatto, un adempimento parziale
può essere rifiutato). Il debitore, nell’adempiere la prestazione dovuta, deve seguire la diligenza del
buon padre di famiglia.
Destinatario dell’adempimento è necessariamente il creditore, ma può esserlo anche un suo
rappresentante o ancora un soggetto individuato dal creditore al fine di ricevere l’adempimento da
parte del debitore (art 1188).
Art 1183: se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può
esigerla immediatamente. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della
prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in
mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice. Se il termine per l'adempimento è rimesso
alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è
rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che
intende liberarsi. Quindi il termine può: 1. Essere previsto dalle parti o 2. Se non espressamente
previsto, deve essere immediato e si attribuisce al creditore la possibilità di esigere
immediatamente la prestazione.
L’adempimento è il modo principale per estinguere l’obbligazione ma non è l’unico! Gli altri modi di
estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento si distinguono in satisfattori e non satisfattori:
Satisfattori: comportano il soddisfacimento del credito.
o Inadempimento:
Art 1218: il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del
danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Può riguardare la quantità, la qualità, il luogo, le caratteristiche con cui eseguo l’adempimento. Può essere:
In caso di inadempimento scatta il risarcimento del danno (art 1218) si sostituisce alla prestazione in caso di
inadempimento assoluto mentre assume un’aggiunta in caso di inadempimento relativo. Al debitore sono
richieste diligenza, la prudenza e la perizia. Il danno può essere patrimoniale ma anche non patrimoniale
(ipotesi di risarcimento molto inferiori: ci deve essere una lesione di un diritto inviolabile della persona).
o Inadempimento e non possibilità della prestazione: non esatta esecuzione del rapporto,
assenza di impossibilità sopravvenuta;
o Responsabilità per colpa: condotta negligente, imprudente o imperita.
La conseguenza dell’inadempimento è il risarcimento del danno – art 1223. Il risarcimento deve prevedere:
Limiti:
Il risarcimento può essere rivisto alla luce di altri due articoli 1226, 1227:
o Valutazione equitativa del danno: se riesco a dimostrare l’esistenza di un fanno ma non l’esatto
ammontare, può essere valutato in via equitativa.
o Concorso del fatto colposo del creditore: il creditore deve cooperare con il creditore
nell’adempimento della prestazione. Se a fronte di un ritardo nella consegna il creditore blocca
ogni attività dell’impresa e subisce un danno maggiore, questo non può essere imputato al
debitore, vi è un concorso di colpa (si inadempimento ma nel quantificare il danno ci sarà da
valutare anche la condotta del creditore > il risarcimento può essere ridotto/non essere
dovuto).
Vi sono regole specifiche con riferimento all’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie (1224). Scattano
gli interessi moratori e, se si ritiene di aver subito un danno maggiore, può essere richiesto un danno (che
andrà provato). Sarà necessario presentare un’apposita domanda sia per gli interessi moratori, sia per
l’eventuale maggior danno.
Il contratto ha duplice funzione: da un lato costituisce strumento di circolazione dei diritti, dall’altro è una
fonte di obbligazioni. Questo è disciplinato agli articoli 1321 (definizione) e seguenti. Art. 1321: il
contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale. È quindi un accordo, nato dalla volontà di due o più soggetti, volto a costituire un
rapporto giuridico patrimoniale. Le parti devono essere almeno due (contratti bilaterali es. vendita e
locazione) ma possono essere più di due (plurilaterali es. società o consorzio).
È uno strumento attraverso il quale le parti si muovono nel mercato (soddisfare interessi, reperire risorse,
scambiarsi beni e servizi) = realizzare effetti giuridici necessari nella nostra vita quotidiana. Caratteristiche
fondamentali del contratto sono la caratteristica della patrimonialità (non caratteristica esclusiva) e
l’elemento dell’accordo (caratteristica esclusiva). La natura dell’accordo evidenzia la centralità
dell’autonomia delle parti: tramite l’accordo stesso si producono gli effetti contrattuali. L’autonomia è
limitata dall’ordinamento giuridico stesso.
Negozio giuridico = figura prevalentemente dottrinale non pienamente recepita dal cod. civ., che non le
attribuisce una parte apposita. Questo tende a valorizzare molto il ruolo del contratto, che, fra i negozi,
risulta essere uno dei più rilevanti.
Il principio di autonomia:
Art 1322: autonomia contrattuale > Le parti possono liberamente determinare il contenuto
del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere
contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare
interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico > significa che i privati possono liberamente
regolare i propri interessi e sono vincolati soltanto dagli impegni che hanno assunto.
L’autonomia contrattuale si manifesta in diversi aspetti:
1) Libertà di determinare il contenuto del contratto stesso :
Costituisce l’essenza dell’autonomia contrattuale e permette di regolare da sé i pripri interessi.
Incontra un limite generale: che gli interessi regolati non siano in contrasto con le leggi e in
generale con gli interessi della società. Es. libertà di regolare il prezzo, ma per far fronte a un
interesse generale dell’utente o consumatore di quella determinata merce, questo è ridotto al
livello previsto dalla legge (prezzo di calmiere).
2) Libertà di stipulare contratti atipici :
Le parti, per attuare la loro operazione economica, possono scegliere tra una serie di contratti
oppure, se non ancora previsto dalla legge, possono avvalersi di contratti atipici – espressione
proprio dell’autonomia privata che si ispirano alla volontà delle parti (contratti atipici = non
sono disciplinati dalla legge ma solitamente sono diffusi nella società) se rispondono ad
interessi meritevoli di tutela diffusi, diverranno socialmente tipici. Questi cominciano ad essere
stipulati sulla base di modelli che circoleranno per la società per rispondere all’esigenza >
divengono socialmente tipici > molto spesso diventano tipici (riconosciuti dal legislatore).
3) Libertà di contrarre (compiere) l’atto:
Insito nella stessa definizione di contratto = è solo l’accordo delle parti che fa nascere l’impegno
contrattuale.
Art 1324 centralità sistematica assunta dal contratto > salvo diverse disposizioni di legge, le norme che
regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto
patrimoniale.
Diversi possibili contratti:
o Contratti tipici vs atipici
o Bilaterali vs plurilaterali
o A prestazioni corrispettive o sinallagmatici
o Con obbligazioni a carico di una parte sola vs con prestazioni corrispettive
o A titolo oneroso vs a titolo gratuito
o Contratti di scambio vs associativi
o Contratti commutativi vs aleatori
o A esecuzione istantanea (a sua volta in immediata vs differita) vs di durata
o A forma libera vs vincolata
o Contratti consensuali (si concludono con l’accordo delle parti) vs reali (necessitano della
consegna del bene es. mutuo)
o Con effetti reali (ha ad effetto costituire/trasferire/estinguere un diritto reale) vs con effetti
obbligatori (hanno effetto di far sorgere delle obbligazioni, es. contratto preliminare > che fa
sorgere l’obbligo di concludere un contratto definitivo)
Elementi essenziali del contratto (1325):
L’assenza di questi elementi comporta la nullità del contratto.
Oggetto: art 1346 e seguenti (L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o
determinabile). Per oggetto si intende la prestazione dovuta dalle parti (e non alla cosa trasferita). Deve
essere possibile (materialmente suscettibile di esecuzione. Impossibilità originaria: nullità del contratto),
lecito (deve rispettare le norme imperative, l’ordine pubblico e dal buon costume), determinato o
determinabile (che le parti definiscano la prestazione al momento in cui si conclude il contratto o che,
anche se non definita inizialmente, la prestazione sia determinabile in corsa durante lo svolgimento del
contratto). La prestazione di cose future è ammessa, a meno che non vi siano limiti specifici. Ruolo
significativo da attribuire a chi determina le prestazioni (= le parti spesso ma anche l’arbitro, un giudice
privato che ha compito di risolvere le controversie). Le parti potranno rivolgersi al giudice lamentandosi
delle decisioni dell’arbitro (a seconda di come abbiano demandato al terzo la determinazione dell’oggetto).
Causa: 1343 e seguenti, non si disciplina la nozione di causa, per questo diversi studiosi nel tempo si sono
interrogati. La causa del contratto deve essere considerata in funzione del contratto ma deve farlo con
riferimento al caso concreto: funzione economico/sociale del contratto, che costituisce la giustificazione
finale dell’atto, cioè di quel regolamento che le parti vogliono dare al rapporto patrimoniale. Non è
sufficiente, per dare vita a un contratto, l’accordo tra le parti contraenti, ma occorre anche una causa. Da
questo punto di vista vi è differenza tra contratti tipici e atipici:
o Contratti tipici: la causa coincide con lo schema del contratto tracciato dal legislatore;
o Contratti atipici: art. 1322 richiede il controllo giudiziario sulla ricorrenza degli interessi
meritevoli di tutela. Spetta ai giudici valutare se quella determinata operazione economica, il
cui schema non è previsto dalla legge, trovi una giustificazione economico-sociale degna di
tutela. Con riferimento alla mancanza di causa (difetto genetico) = nullità del contratto;
nell’ipotesi di difetto sopravvenuto (venir meno di funzioni originariamente previste per un
determinato contratto) = scioglimento del contratto.
La causa deve avere alcune caratteristiche:
(1343) = la causa è illecita quando è contraria a norme imperative, ordine pubblico o al buon costume e
l’illiceità della causa produce nullità del contratto. Si distingue tra:
- Contratto illegale (viola norme imperative)> e restituzioni vanno compiute
- Contratto immorale (viola buon costume)> restituzione delle prestazioni (non più dovute perché
non più sostenute da una causa). Nel caso di contratto immorale unilaterale (es. rapimento con
riscatto) è prevista la restituzione, mentre per immoralità bilaterale (es. corruzione) non avremo
restituzione della cifra perché si ritiene che siano entrambi i soggetti ad essere immorali.
- Nell’ipotesi dell’illeceità della causa o dell’oggetto, il contratto è nullo.
Si reputa illecita la causa anche quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una
norma imperativa (1344) e che il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo
esclusivamente per un motivo illecito comune a entrambe le parti (1345). L’ipotesi generale è quella
dell’irrilevanza dei motivi (al contrario della causa che porta nullità) > motivi = giustificazioni soggettive;
causa = ragione oggettiva del contratto.
Forma: costituisce un requisito essenziale del contratto solo nei casi in cui la legge la richiede in forma di
nullità. È la modalità con cui le parti manifestano il loro consenso e si accordano sul contenuto del
contratto. La regola generale è quella della libertà delle forme (ciascuno può perfezionare l’accordo
secondo le modalità che preferisce). Vi sono dei casi in cui l’ordinamento prevede delle forme solenni
scritte (a pena di nullità per l’atto come conseguenza della nullità oppure come prova del contratto). Il
requisito formale è correlato all’importanza economica dell’atto compiuto o alla sua incidenza sul
patrimonio del disponnente. La forma scritta è richiesta per garantire la trasparenza dell’operazione
economica assicurando una corretta informazione del contraente debole, in particolare quando si tratta di
un consumatore (per tutelare parti deboli). Assicura maggiore certezza anche per colui il quale è soggetto
debole (riflessione, trasparenza sul contenuto del contratto e quindi maggiore tutela complessiva).
Accordo fra le parti: in caso di mancanza di accordo si avrà la nullità del contratto. L’accordo consiste
nell’incontro tra le dichiarazioni di volontà provenienti da ciascuna delle parti e l’incontro può dirsi
raggiunto soltanto quando vi è una piena convergenza tra le suddette dichiarazioni. Per concludere un
contratto vi possono essere diversi contesti:
Vi è unità di tempo e di spazio: le parti sono presenti entrambe e nello stesso momento;
Si ha il perfezionamento del contratto quando proposta e accettazione si fondono nella volontà
contrattuale. Avremo un modo generale e una serie di regole più specifiche:
Regole generali:
- 1326: il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. L'accettazione deve giungere al proponente nel
termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o
secondo gli usi. Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia
immediatamente avviso all'altra parte. Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma
determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa. Un'accettazione non
conforme alla proposta equivale a nuova proposta.
Si ritiene concluso il contratto quando l’accettazione viene a conoscenza del soggetto che ha fatto la
proposta (proponente) > principio della cognizione. L’accettazione deve essere conforme alla
proposta e deve giungere entro i termini stabiliti. La forma dell’accettazione deve essere quella
prevista e richiesta (es. forma scritta).
1335 (presunzione di conoscenza): La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra
dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui
giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa,
nell'impossibilità di averne notizia. Si prevede quindi un momento in cui il soggetto proponente
viene a conoscenza dell’accettazione, cioè nel momento in qui questa giunge all’indirizzo del
destinatario. Il proponente dovrà provare che non poteva averne notizia senza sua colpa – pur
recapitata l’accettazione all’indirizzo.
Altre due modalità di perfezionamento del contratto che si possono concludere anche senza una
accettazione specifica:
- Proposta + inizio dell’esecuzione : art 1327 (Qualora, su richiesta del proponente o per la natura
dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta,
il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione. L'accettante deve
dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto
al risarcimento del danno). Il contratto si conclude nel tempo e nel luogo in cui inizia l’esecuzione.
Se si tratta di un’ipotesi disciplinata da questo articolo, è necessario avvisare l’altra parte dell’inizio
dell’esecuzione. Se ciò non accade sarà dovuto da parte del soggetto accettante un risarcimento del
danno.
- Proposta + mancato rifiuto: art. 1333 si applica soltanto a contratti con obbligazioni a carico del
solo proponente (es. fideiussione, derivano obblighi solo per il proponente). Per concludere il
contratto è possibile che, a fronte della proposta, il mancato rifiuto da parte della controparte,
vincola l’altra parte alla conclusione del contratto. Un rifiuto o qualunque atto volto a chiarire la
contrarietà dell’accettante sarà sufficiente a concludere il contratto. > La proposta diretta a
concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena
giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può rifiutare la proposta nel
termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è
concluso.
Revoca:
- Della proposta
- Dell’accettazione
Art. 1328. La proposta può essere revocata purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell’accettazione > La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se
l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è
tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto.
L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell'accettazione.
La proposta irrevocabile è quella proposta non suscettibile di revoca (1329) > Se il proponente si è obbligato
a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto. Nell'ipotesi prevista dal
comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta,
salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
Questo problema si pone in riferimento ad alcuni casi previsti dalla legge e quando il proponente si è
impegnato a mantenerla ferma per un certo periodo di tempo (definito, non ci si può vincolare in eterno
altrimenti si bloccherebbero gli affari). Se questo tempo non è previsto non vale come irrevocabile ma deve
essere considerata come semplice (non suscettibile di revoca). La proposta irrevocabile vale anche nei casi
estremi di morte del proponente.
Offerta al pubblico (1336): indirizzata a dei soggetti indeterminati (anziché a destinatari specifici).
Prevede anche una revoca particolare, cioè si prevede che debba essere fatta nelle stesse forme
con cui è fatta l’offerta al pubblico.
I contratti, come già visto, non sono solo bilaterali:
Contratti aperti all’adesione: in cui il soggetto si limita ad aderire a contratti con scopi prestabiliti
(associazione di categoria) > 1332.
Contratto preliminare:
Il contratto preliminare è un vero e proprio accordo contrattuale fonte di un obbligo giuridico: quello di
concludere un futuro contratto, che si definisce contratto definitivo, del quale le parti prevedono il
contenuto essenziale.
È un contratto da cui nascono delle obbligazioni (non ha effetti reali). Consente alle parti di prendere tempo
e di recuperare il tempo necessario per preparare la documentazione o recuperare parte della cifra dovuta
(es. acquisto di immobili) > si blocca l’operazione che poi si concluderà con quello definitivo. Realizza una
procedimentalizzazione di un altro contratto ma è un contratto a tutti gli effetti! Il contratto preliminare
contiene tutti gli elementi essenziali del contratto definitivo (più o meno articolati). Può esserci secondo la
cassazione anche un preliminare di preliminare. Deve avere però la stessa forma del contratto preliminare
(es. forma scritta e atto pubblico da stipulare davanti a pubblico ufficiale), diversamente sarà nullo.
Inadempimento di un contratto preliminare:
Comporta la responsabilità per inadempimento proprio perché è un contratto a tutti gli effetti. Prevede
però un rimedio specifico: dà la possibilità (2332) di far scattare l’esecuzione in forma specifica. Si da la
possibilità alla parte di richiedere una sentenza costitutiva attraverso cui il giudice produce gli effetti del
contratto definitivo. Potrà essere escluso dalle parti se materialmente impossibile realizzare l’esecuzione in
forma specifica oppure se le parti si sono precedentemente accordate.
Il preliminare è tra gli atti soggetti a trascrizione per evitare l’eventuale doppia alienazione > opponibilità
dell’atto.
Accanto al contratto preliminare con obbligazioni a carico di entrambe le parti, esistono altre due figure:
o Opzione: contratto stipulato tra le parti all’esito del quale una delle due parti si vincola a tenere
ferma la proposta e a consentire quindi all’altra parte di accettarla quando preferisce. All’esito
io concludo il contratto.
o Prelazione: vincola la parte a preferire il beneficiario del patto a parità di condizione (nel caso
in cui decida di concludere o meno il contratto). Le parti concordano di preferire un certo
soggetto nel caso in cui il soggetto sottoposto a prelazione decida di concludere il contratto
(prelazione volontaria es. posso impegnarmi a dare la preferenza ad un mio amico nell’ipotesi
in cui dovessi decidere di vendere o di dare in locazione un appartamento di mia proprietà). Per
rispettare il diritto di prelazione, il soggetto sottoposto dovrà compiere la “denuntiatio”, cioè
invitare il titolare del bene a concludere il contratto. Se sono inadempiente rispetto al patto di
prelazione, scatterà un obbligo risarcitorio. Vi sono però una serie di ipotesi di prelazione legale
(conferito dalla legge) es. retratto successorio, prelazione al coltivatore diretto del fondo
confinante, allo stato nel caso di vendita di beni culturali ecc. (vi è un interesse
dell’ordinamento nella preferenza di questi soggetti). A questa visione legale è data tutela
attraverso la tutela reale, cioè la possibilità da parte del soggetto che ha diritto per prelazione
di recuperare il bene stesso.
Disposizioni in materia di interpretazioni del contratto:
Interpretazione significa ricostruzione del significato delle parole: in questo caso delle dichiarazioni di
volontà contrattuali. Solitamente le dichiarazioni contrattuali hanno un significato univoco ma a volte
sorgono degli equivoci sul significato da dare a determinate dichiarazioni e quindi si pone il problema di
ricostruire ciò che si intendeva dire da parte del dichiarante e ciò che è stato inteso da parte del
destinatario della dichiarazione. Il Codice civile indica dei criteri guida: Art. 1362 (principio fondamentale) e
seguenti (fino a 1371). Sono le regole dell’ermeneutica, cioè dell’interpretazione del contratto.
Servono per precisare un determinato significato al testo contrattuale. Possiamo distinguere diverse regole:
o Disposizioni che configurano le regole di interpretazione soggettiva (da 1362 a 1365): criterio
che si basa sull’accertamento della comune intenzione delle parti, posto che questa comune
intenzione sia in concreto effettivamente esistita. Volto a ricercare:
o L’intento comune dei soggetti nell’accordo, per cercare di ricostruire la volontà
contrattuale senza però limitarsi al significato letterale delle parole.
o Il testo contrattuale è fondamentale ma l’interprete (le parti, il giudice, gli eventuali
terzi) non devono limitarsi al senso letterale delle parole: per ricostruire la comune
intenzione delle parti devono avvalersi anche del comportamento delle parti prima e
dopo la conclusione del contratto.
o Un altro criterio che il codice suggerisce per ricostruire le intenzioni delle parti è quello
dettato dal 1363: interpretazione sistematica, in base alla quale si attribuisce a ciascuna
delle clausole il senso che risulta dal complesso dell’atto;
o Regole di interpretazione oggettiva (1366-1371): laddove non siano sufficienti le regole di
interpretazione soggettiva, si devono prevedere altre regole volte a desumere il
comportamento dei soggetti in merito alle regole oggettive.
o Il principale criterio è dettato dall’art 1366, secondo il quale il contratto deve essere
interpretato secondo buona fede, che vale sia nell’ottica soggettiva, sia oggettiva.
o Un altro criterio è quello dettato dal 1367 ed è il principio generale di conservazione del
contratto che si fonda sull’esigenza di consentire la massima possibilità dell’espansione
dell’autonomia privata;
o Art 1368-71 dettano altre regole che stabiliscono che le espressioni polisense devono
essere intese secondo gli usi interpretativi del luogo dove è concluso il contratto e del
luogo dove ha sede l’impresa. Le regole devono attribuire al contratto il significato
meno gravoso per l’obbligato o con obbligazioni a carico del solo proponente.
Rappresentanza:
Si fa riferimento a un istituto alla luce del quale ad un soggetto (rappresentante) si attribuisce un potere di
compiere attività giuridica al posto di un altro soggetto (rappresentato) con effetti diretti nella sfera
giuridica del soggetto rappresentato.
È diverso dal nuncius (portavoce), in quanto questo si limita a dar voce a un altro soggetto ma, a differenza
del rappresentante, non esprime una propria volontà ma si limita ad esprimere la volontà altrui > es. nel
caso di matrimonio per procura, non c’è un rappresentante ma un nuncius (rappresenta la volontà di un
soggetto assente).
Distinguiamo due tipi di rappresentanza:
o Diretta: esercita il suo potere in nome e per conto del rappresentato (agisce nell’interesse dell’altra
persona e ne spende il nome > compie una certa attività e gli effetti si verificano già direttamente
nella sfera giuridica del rappresentato);
o Indiretta: pur essendo svolta per conto del rappresentato, non si ha la spendita del nome (sarà
necessario un atto successivo a seguito del quale si trasferiscono questi effetti dalla sfera giuridica
del rappresentante e sarà necessario un ulteriore atto con il quale il rappresentante trasferisce al
rappresentato gli effetti del primo negozio).
Esistono diverse origini del potere di rappresentanza (fonti della rappresentanza):
o Rappresentanza legale (dalla legge):
o Rappresentanza organica: si realizza nell’ambito degli enti (potere di rappresentare una società,
associazioni, fondazioni) e spetta all’Organo nell’ottica di manifestazione esterna della volontà
dell’ente. Questi infatti possono esplicare la capacità di agire solo con l’ausilio di persone
fisiche, fornite del potere di agire in suo nome. Ben diverso dal potere gestore: cioè quel potere
che riguarda il potere di gestione interno dell’ente.
o Rappresentanza volontaria (direttamente dall’interessato): si realizza tramite uno strumento
specifico, la Procura, attraverso cui si istituisce a un soggetto il potere di rappresentarmi. La procura
può avere due forme:
o Forma espressa: espressamente proferita (es. do procura per iscritto di compiere un’attività);
o Forma tacita: a seguito di comportamenti concludenti.
Nel caso di atti solenni la procura deve avere la stessa forma dell’atto che deve essere intrapreso
mediante procura (del contratto in forma solenne che si vuole stipulare).
Poteri di rappresentato e rappresentante:
o Il soggetto rappresentato deve essere capace legalmente;
o Il rappresentante deve rilevare solo capacità naturale (capacità di intendere e di volere), può
essere anche un incapace legale.
o La procura può essere speciale (riguardante un solo affare) o generale (riguarda una serie di
affari). Può essere revocata e per farlo compio un negozio unilaterale (> cessare gli effetti della
procura). Un altro modo che fa venire meno la procura è la morte del rappresentante o del
rappresentato. Questi effetti devono essere resi consci ai terzi, altrimenti il contratto stipulato
continuerà ad essere vincolante per i rappresentati. Se si vuole cessare la procura bisogna
sempre dare adeguata pubblicità all’atto di revoca.
Se la volontà espressa nel caso della rappresentanza è quella del rappresentante questo significa che
l’elemento psicologico (buona o mala fede) decisivo è quello del rappresentante e quei vizi della volontà
che comportano l’annullabilità di contratto rilevano se il rappresentante è in errore o è vittima di
dolo/minacce/violenze. Vi sono dei casi in cui non è vero (rileva il rappresentato), ma nella grande
maggioranza è al rappresentante che bisogna fare riferimento rispetto ai vizi della volontà e agli elementi
psicologici.
Alcuni fenomeni molto importanti a cui si conferisce un ruolo centrale all’istituto della rappresentanza
sono:
o Contratto concluso in conflitto di interessi: si realizza nell’ipotesi in cui vi è un’oggettiva
incompatibilità tra l’interesse del rappresentato e del rappresentante. Se il rappresentante
persegue un interesse proprio o altrui in contrasto con quello del rappresentato, il contratto
rappresentativo può essere annullato su comanda del rappresentato.
La disciplina specifica all’art. 1394: il contratto concluso dal rappresentante in conflitto
d'interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era
conosciuto o riconoscibile dal terzo. Se il terzo ha concluso quel contratto potenzialmente
consapevole del conflitto di interessi, l’ordinamento prevede la possibilità di annullare il contratto
concluso.
o Contratto concluso con sé stessi: il soggetto che svolge l’attività di rappresentante finisce per
essere espressione di entrambe le parti (es. al tempo stesso compratore e venditore).
Art. 1395: è annullabile il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come
rappresentante di un'altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificamente
ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto
d'interessi. L'impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato.
Il contratto con sé stesso è di default annullabile (in quanto in chiaro conflitto di interessi) e quindi
si può richiedere l’annullamento del contratto. Tuttavia, vi sono dei casi in cui questo contratto è
valido o nell’ipotesi in cui il rappresentante è specificamente autorizzato a compiere l’atto o se il
contenuto del contratto è talmente chiaro e specifico da escludere qualsiasi conflitto di interesse.
Queste ipotesi sono accomunate dal fatto che integrano tutte e due delle forme di abuso del potere di
rappresentanza. Altra ipotesi regolata dal codice di abuso di rappresentanza:
o Rappresentanza senza poteri: il Codice civile prefigura due fattispecie:
o Difetto di potere: contrattazione fatta in nome altri che non è preceduta dal conferimento del
potere di rappresentanza da parte dell’interessato. Contratto concluso dal falsus procurator, la
conseguenza è l’inefficacia del contratto (non produrrà i suoi effetti in capo al soggetto
rappresentato). Tuttavia, il soggetto rappresentato con una propria dichiarazione (ratifica) può
assicurare gli effetti del contratto stipulato dal falsus procurator > il contratto vincolerà la parte
e non sarà più inefficace.
Ratifica (art. 1399) = configura una specie di procura successiva e consiste in un atto unilaterale
con cui il rappresentante fa propri gli effetti del contratto. Se non subentra la ratifica il
contratto è inefficace. Avrà effetti retroattivi. Può essere tacita o espressa.
o Eccesso di potere: il soggetto eccede i limiti della procura (ha potere per compiere una certa
attività ma non un’altra e lui le compie entrambe).
Il terzo avrà diritto a risarcimento del danno? Art. 1398: colui che ha contrattato
come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è
responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella
validità del contratto. Il terzo ha diritto a risarcimento nel danno soltanto se aveva confidato senza
colpa nella validità del contratto (non poteva sapere che il contratto non era un rappresentante).
Il terzo potrà limitarsi a chiedere il rimborso delle spese sostenuto, l’eventuale perdita di altre
occasioni per aver sprecato questa attività nell’ambito delle trattative.
Effetti del contratto: 1372 e seguenti.
1372 (regola generale): il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo
consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi
previsti dalla legge > vincolatività del contratto. Potrà essere sciolto solo se per mutuo consenso (decidono
di comune accordo di sciogliere o modificare il contratto) oppure per cause previste dalla legge (sono
numerose. es. 1373 = recesso unilaterale).
Eccezioni: mutuo consenso o ipotesi previste dalla legge.
1373: se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata
finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione (prima dell’inizio dell’esecuzione!).
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente,
ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (es. contratti stipulati a
tempo indeterminato > vale solo per il futuro e non per le prestazioni già eseguite). Qualora sia stata
stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita
(posso prevedere una caparra penitenziale > strumento per il quale, dietro il versamento di una somma, mi
riconosco il diritto di sciogliere il contratto). È salvo in ogni caso il patto contrario.
o Multa penitenziale: mi limito a pagare una cifra nel momento in cui decido di recedere;
I contratti solitamente si concludono a seguito del semplice consenso (si raggiunge l’accordo).
Vi sono contratti specifici (contratti reali) che richiedono anche la consegna del bene = non solo consenso
traslativo ma vero e proprio trasferimento attraverso il quale si conclude il contratto (1376:
nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione
o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si
trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.) es. contratto
di mutuo, di deposito, comodato.
Eccezione rispetto al 1372 (= casi previsti dalla legge). Esistono casi importanti di effetti rispetto ai terzi
(1411): si ammette che vi sia un contratto che ha effetti a favore di terzi quando lo stipulante ha interessi a
favore di ciò > È valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo
patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però
può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto
del promittente di volerne profittare. > io attribuisco al terzo un vero e proprio diritto, concludo un
contratto a favore di un terzo e mi assumo dei rischi. Si stipula il contratto solo quando il terzo dichiara di
volerne approfittare.
I rimedi contrattuali:
Si distinguono in:
Si realizzano in cui determinati requisiti previsti dalla legge (intesi come limiti alla libertà delle
parti) non vengono rispettati e incidono nell’ambito di formazione della volontà. Si ha a che
fare con due figure di invalidità, entrambe espressione dell’invalidità del contratto:
Nel caso in cui la nullità riguardi solo alcune clausole del contratto si prevede la
nullità parziale (1419): la nullità parziale di un contratto o la nullità di
singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti
non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla
nullità. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le
clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative > fare una valutazione
> nullità da parziale a totale oppure > nell’ipotesi in cui la nullità da parziale non
diviene totale, si hanno due ipotesi: le parti si mettono d’accordo (integrazione
dispositiva) oppure integrazione imperativa (applicazione di norme imperative con
sostituzione automatica di clausole non valide con clausole previste dalla legge).
Disciplina della nullità: dovute le restituzioni, ma non sempre è così. Nei contratti
immorali bilaterali non è possibile la restituzione (es. corruzione).
2. Annullabilità:
È una forma meno grave che tende a proteggere uno solo dei contraenti. Questa
scatta in caso di incapacità legale o naturale del contraente oppure in caso di vizi
della volontà. Vizi della volontà = il contratto è viziato da un errore, violenza o dolo
> sono cause dell’annullamento del contratto.
Cause di vizio della volontà = errore, violenza, dolo. Sono capaci di comportare
annullamento del contratto.
Vi è una figura dottrinale: inesistenza > vista come una figura ancora più grave rispetto ai rimedi
dell’invalidità. Possono essere considerati inesistenti contratti che non hanno i caratteri dell’atto valido e
che quindi si abbia difficoltà a considerarlo valido. Es. un matrimonio non celebrato.
Importante invece la distinzione tra invalidità e inefficacia. L’invalidità di realizza a seguito dell’assenza o
superamento dei limiti previsti dalla legge; l’efficacia rappresenta la concreta idoneità del contratto a
produrre determinati effetti. Validità ed efficacia possono coincidere (un contratto invalido sarà poi
inefficace; un contratto inefficace sarà anche invalido) ma possono anche non sovrapporsi (contratto valido
ma inefficace es. contratto sottoposto a sospensione fino al verificarsi della condizione sospensiva;
contratto invalidi eppure efficaci es. contratto annullabile: produce i propri effetti fino al momento in cui
non viene annullato a seguito di una sentenza di annullamento).
Nullità Annullamento
Insanabilità Sanabilità
Assolutezza Relatività
Legittimazione ad agire Può essere fatta valere da Può essere domandato solo dalla
chiunque ne abbia interesse (non parte contraente, a protezione
soltanto da uno dei contraenti della quale la legge ha previsto la
ma anche per es. dai creditori di causa di annullamento. Ha
uno dei contraenti che ne hanno carattere di protezione
interesse). dell’incapace.
Può essere rilevata d’ufficio dal Nel caso di interdizione legale (a
giudice. seguito di condanna penale)
l’annullamento può essere
richiesto da chiunque vi abbia
interesse (per esigenze di
carattere pubblico). Ha carattere
punitivo.
Effetti Non produce effetti fin dall’inizio, Se la parte nel cui interesse è
sicché la sentenza che dichiara la previsto l’annullamento non
nullità accerta una situazione già prende l’iniziativa per cancellare
esistente. il contratto, questo produce i
suoi effetti.
Se il contratto è stato eseguito,
chi ha ricevuto la prestazione è Solo con sentenza di
obbligato a restituirla secondo le annullamento si cancellano tutti
regole dell’indebito oggettivo. gli effetti prodotti (efficacia
retroattiva) > chi ha ricevuto la
prestazione è obbligato a
restituirla secondo le regole
dell’indebito oggettivo.
Effetti nei confronti dei terzi La nullità colpisce anche i diritti L’annullamento del contratto
dei terzi ad eccezione della non pregiudica i diritti dei terzi
deroga prevista per quelli in acquirenti di buona fede a titolo
buona fede. oneroso (con sacrificio
patrimoniale), salvo che
l’annullamento dipenda da
incapacità legale (effetti della
trascrizione della domanda
giudiziale).
- In stato di pericolo: 1447 > rileva come cause di rescissione uno stato di
pericolo grave di uno dei contraenti, al quale il soggetto ha voluto ovviare
tramite la conclusione di un contratto (es. a seguito di un incendio una persona
cara rischia la vita > contratto di somministrazione d’acqua in caso di incendio >
la controparte prevede un corrispettivo esorbitante). Requisiti: pericolo attuale
di una persona, pericolo conscio alla controparte, la controparte approfitta.
- In stato di bisogno (o per lesione): 1448 > si rileva lo stato di bisogno
economico della parte, tale da incidere sulla stipula di un certo contratto. Si
verifica una lesione maggiore al doppio del valore della prestazione >
sproporzione tra la prestazione da una parte e la controprestazione dall’altra e
tale sproporzione è dipesa da uno stato di bisogno di una delle parti, del quale
l’altra parte ha approfittato per trarne vantaggio. Può essere domandata la
rescissione del contratto (occorre che la lesione ecceda la metà del valore che
la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del
contratto = lesione ultra dimidium).
Gli eventuali contrasti possono essere risolti da una sentenza del giudice
dichiarativa (si limiterà a dichiarare l’avvenuto scioglimento del contratto, la
sentenza non scioglierà il contratto).
Il fatto illecito è fonte di obbligazione (fonte di un obbligo > quello di risarcire il danno). Fatto illecito = un
soggetto subisce un danno a seguito della condotta (illecita) tenuta da un consociato a prescindere da un
precedente rapporto obbligatorio. Sorgeranno delle obbligazioni risarcitorie. Le norme di riferimento sono
2043 fino a 2059. La responsabilità in questione è detta anche responsabilità civile extracontrattuale.
2043 > Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha
commesso il fatto a risarcire il danno.
Da questo articolo sorge la centralità di alcuni elementi: il fatto, che si tratti di un fatto illecito, che tale fatto
sia riconducibile al danneggiante, il dolo o la colpa del danneggiante, il nesso di causalità tra fatto ed evento
dannoso, il danno. Solo in presenza di tutti questi elementi si può parlare di responsabilità
extracontrattuale.
1) Il fatto = ciò che cagiona il danno. Può essere un fatto materiale, oppure un atto, cioè
espressione del comportamento umano.
2) Danno = condotta commissiva o omissiva (a seguito di una condotta omissiva, ovvero quando il
soggetto realizza un atto consistente in un non-facere. Può essere realizzata in violazione di un
obbligo giuridico o in violazione delle leggi di diligenza e correttezza previste).
o Danno non patrimoniale: lesione di interessi della persona non connotati da una
rilevanza economica (art. 2059).
3) Fatto illecito = fatto doloso o colposo tale da cagionare ad altri un danno ingiusto. Cosa occorre
per qualificare ingiusto un danno? Il nostro legislatore non ha provveduto ad elencare
specificamente tutti i casi in cui un danno deve qualificarsi ingiusto ed ha operato una scelta
legislativa che va contrassegnata come l’accoglimento del principio dell’atipicità dell’illecito
civile (spetta ai giudici decidere nel singolo caso sottoposto al loro giudizio, se un soggetto
danneggiato abbia diritto alla riparazione del danno. Le principali figure di fatti illeciti civili
coincidono con fatti illeciti penali (tipizzato dalla legge all’art. 182 comma 2).
Quando può essere considerato un danno ingiusto? > il danno arrecato violando un diritto del
danneggiato e non giustificato da altre ragioni. Lesione di diritti assoluti ma anche dei diritti
della persona, lesioni dei diritti reali, lesioni dei diritti riguardanti lo status della persona,
situazioni di fatto tutelate dall’ordinamento e, ancora più di recente, sono risarcibili le ipotesi di
lesione di interesse legittimo.
La conseguenza più importante del fatto illecito è l’obbligo di risarcimento del danno.
Vi sono però circostanze che escludono la colpevolezza, giustificano quei comportamenti che
altrimenti sarebbero antigiuridici: cause di giustificazione.
Cause di giustificazione = fanno venir meno l’antigiuridicità del fatto, della condotta del
soggetto > condotta “giustificata” dall’ordinamento. Sono rappresentate dall’esercizio del
diritto. Alcune tipiche cause di giustificazione di cui si occupa il codice civile:
o 2044 > legittima difesa > non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di
sé o di altri. Può essere difesa della persona o dei beni > se si aggredisce per sottrarre
sé stessi all’aggressione, oppure si ferisce un ladro per sottrarre i propri beni al furto. La
difesa, per essere legittima, deve essere proporzionata all’offesa.
o 2045 = stato di necessità > il soggetto che ha compiuto il fatto dannoso è costretto a
compierlo dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona. Situazione di pericolo seria, attuale, imprevedibile, inevitabile e involontaria.
Dovuto al terzo danneggiato un’indennità da parte del danneggiante (anche se non
responsabile). È necessario che il soggetto, nel compimento del fatto, fosse capace di
intendere e di volere (il danneggiante deve essere in grado di comprendere qual era la
portata della propria condotta). Ciò che rileva è quindi la capacità naturale: qualora non
fosse capace di intendere e di volere non potrà essere considerato responsabile (non se
l’incapacità è stata determinata e indotta dal soggetto stesso).
o Consenso dell’avente diritto: non è responsabile chi lede un diritto con il consenso della
persona che può validamente disporne (es. la divulgazione dell’immagine di una
persona con il consenso di questa non è illecita).
o Partecipazione ad attività pericolosa = giustifico eventuali danni a seguito di
partecipazione volontaria di attività pericolose lecite.
4) Elemento soggettivo = comportamento doloso o colposo per essere ritenuto responsabile. Dolo
è rappresentato dall’intenzionalità dell’atto > non è necessario che abbia il fine di un atto
dannoso, è sufficiente l’intenzionalità della condotta. Sono rare le ipotesi di illecito “doloso”
perché solitamente è sufficiente la colpa per far scattare il risarcimento del danno, sufficienti le
condotte colpose. La colpa rileva nelle ipotesi in cui vi è mancata corrispondenza tra condotta e
standard di comportamento richiesto dall’ordinamento. Colpa generica composta da:
Il parametro è quello del buon padre di famiglia (uomo diligente che si comporta in modo
coscienzioso, accorto e preparato). La prova deve essere fornita dal danneggiato >
responsabilità per colpa.
Responsabilità oggettiva = tenuti responsabili anche in assenza di dolo o colpa (necessari tutti
gli elementi richiesti dal 2043). Es. 2049 > responsabilità di padroni e commettenti.
5) Nesso di causalità = è quella connessione che si ha tra il fatto e l’evento lesivo. Ci si vuole
assicurare che sia proprio la condotta del danneggiante la causa dell’evento. Ciò che rileva è la
necessità che si realizzi la condizione senza la quale si sarebbe potuto non verificare un certo
atto. Va distinto in:
o Nesso di causalità giuridica (o adeguata): quali tra queste cause sono quelle giuridicamente
rilevanti? La valutazione viene compiuta attraverso il criterio della causalità adeguata:
quella condotta è normalmente adeguata (sulla base di regole comuni di condotta)? Nel
caso in cui la condotta sia sine qua non dell’evento e che comporta un determinato danno >
si tratta di risolvere la questione se l’inadempimento è causa necessaria di determinare
conseguenze dannose o soltanto l’occasione del loro verificarsi.
Solo a seguito di un giudizio di causalità naturale (alla luce del sine qua non e poi del “è più
probabile che non”) e una valutazione di causalità adeguata, si valuterà se quella condotta è
stata capace di fornire un determinato evento dannoso (solo a seguito di un superamento
positivo di entrambe le valutazioni sarà possibile pensare a un risarcimento del danno). Si
risarciscono solo le conseguenze immediate e dirette. Art. 1225: risarcibili solo i danni
prevedibili.
Art 2055: se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al
risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri,
nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che
ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali. > responsabilità solidale.
Risarcimento del danno:
Mentre nell’ipotesi di inadempimento sono risarcibili solo i danni prevedibili, nel campo della responsabilità
extracontrattuale sono risarcibili sia quelli prevedibili, sia imprevedibili. Conseguenza del fatto illecito è il
risarcimento del danno.
o Per equivalente: per compensare il danneggiato del pregiudizio subìto (forma più diffusa). Art.
1223 afferma che il risarcimento deve comprendere sia la perdita subita sia il mancato
guadagno, e in parte precettiva, laddove dispone che il risarcimento deve estendersi soltanto
alle conseguenze dannose dirette e immediate;
o In forma specifica: rimozione diretta del pregiudizio verificatesi (art. 2058), sottoposto a due
limiti: il primo legato alla possibilità o meno di realizzarlo (non è sempre possibile rimuovere il
pregiudizio legato al soggetto), in secondo luogo può risultare eccessivamente oneroso per il
debitore rispetto al risarcimento per equivalente.
Danni non patrimoniali: art 2059 > risarcibile solo nei casi previsti dalla legge e anche in tutti i casi in cui si
ha lesione dei diritti inviolabili della persona previsti dalla costituzione, valori che riguardano la persona e
non caratterizzati da rilevanza economica. Continuano a distinguersi sottocategorie di danno non
patrimoniale, con sole funzioni di tipo descrittivo (danno morale, danno biologico, danno esistenziale) e si
prevede la risarcibilità soltanto di un unico danno non patrimoniale. Come ovvio andrà allegato e provato
dal danneggiato. La risarcibilità si prevede soltanto nel caso di danni gravi e significativi. Il maggiore dei
problemi riguarda la liquidazione dei danni non patrimoniali: ruolo significativo da riconoscere alla
valutazione equitativa del giudice, contributo rilevante dato anche dall’applicazione delle tabelle del
tribunale di Milano (molto diffuso nella prassi).
Prescrizione: l’azione con cui si chiede il risarcimento del danno è breve, di 5 anni (differenza
dell’inadempimento che era ordinaria decennale). Vi sono ipotesi in cui è ancora più breve, ad es. per danni
di circolazione stradale.