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CHE COS’E’ LA PEDAGOGIA

CHE COSA SIGNIFICA EDUCARE


Educare deriva dal latino educĕre «trarre fuori, indica cioè il processo
mediante il quale i soggetti (educandi) nell’interazione con altri (educatori)
sviluppano abilità, elaborano saperi e pratiche, e acquisiscono competenze per
partecipare alla vita sociale.
Non c’è un momento preciso nella storia dell’umanità che ha segnato una volta
per tutte l’inizio dell’educazione, poiché essa è profondamente intrecciata alle nostre
origini. L’educazione rappresenta un aspetto fondamentale per l’esistenza dei
singoli soggetti e della società nel suo complesso, poiché è per suo tramite che
abbiamo imparato (e continueremo a farlo) a relazionarci con le altre persone, a
utilizzare un linguaggio condiviso, a trasmettere conoscenze e valori, ad acquisire,
competenze, a progettare in modo creativo e, non da ultimo, a partecipare alle
dinamiche produttive.

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La scuola non cambia


mai?

Educare è l'arte di accompagnare, ponendo le giuste domande, ritenendo che


sia la persona "educata" che trova in sé le risposte corrette, poiché ognuno di noi è
l'artefice della propria realizzazione.

L’educazione si manifesta in modalità differenti nei diversi contesti culturali e


attraverso le generazioni. Non finisce mai, poiché accompagna tutto il corso
dell’esistenza umana. Coinvolge circostanze, istituzioni e spazi diversi.
Parole come istruzione, apprendimento, socializzazione, trasformazione, cura,
trasmissione toccano diversi aspetti dell’educazione, ma nessuna ne racchiude tutto il
senso. La pluralità di significati è dunque una caratteristica del concetto stesso di
educazione.

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Nel corso dei secoli il termine educazione è stato usato con l’ausilio di
immagini e metafore (vocabolo usato per esprimere un concetto diverso da quello che
normalmente esprime) diverse.

La metafora della levatrice: una delle immagini più popolari usata per
descrivere l’educazione è la metafora che l’associa all’arte della levatrice (metafora
maieutica). Il primo a impiegarla è Socrate (filosofo greco, 470-399 a.C.), il quale
paragona il proprio insegnamento all’arte dell’ostetrica: come l’ostetrica aiuta le
donne a partorire, così egli opera sulle anime perché mettano al mondo la
conoscenza: attraverso le domande generatrici del maestro, il discepolo impara a
distinguere fra verità e menzogna, a prendere coscienza della propria ignoranza e a
mettere in discussione le convinzioni date per scontate, per far venire alla luce la
verità. La visione maieutica sottolinea la centralità della relazione educativa, in cui
è in gioco il complesso equilibrio tra la dipendenza dell’educando e la sua ricerca di
autonomia.
La metafora maieutica mette in discussione l’imposizione di norme e modelli
standardizzati di educazione che non tengono conto delle risorse, conoscenze e
capacità di ciascuno.

La metafora della pianta: un’altra immagine molto popolare identifica


l’educazione con la crescita di una pianta.
Jean-Jacques Rousseau (filosofo e pedagogista svizzero, 1721-1778) apre il
suo libro Emilio o dell’educazione (1762) con un’esortazione alla madre, prima e
fondamentale educatrice, a coltivare e innaffiare la giovane pianta. L’educazione è
indispensabile ma, per essere buona e garantire la crescita armonica del bambino,
deve essere in accordo con le sue disposizioni originarie, che non si possono
soffocare.
La metafora della pianta, quindi, pone un altro tema educativo cruciale, cioè il
rapporto tra le inclinazioni personali e l’intervento esterno dell’educatore.

La metafora dei vasi vuoti da riempire: altre immagini associano


l’educazione al modellamento dell’argilla, all’incisione su cera, alla scultura del
marmo o al riempimento di un recipiente. Queste metafore, sono state spesso criticate
poiché, in misura diversa, presuppongono la passività dell’educando e attribuiscono
la responsabilità del processo educativo unicamente all’educatore, che determina
contenuti, obiettivi e metodi dell’educazione, poiché si basa su una netta
contrapposizione tra colui che sa (l’educatore) e coloro che non sanno (gli educandi).

LETTURA DEL TESTO DI Duccio Demetrio- Elogio dell’educazione,

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EDUCAZIONE IMPLICITA ED ESPLICITA

Nelle società semplici (pensiamo ai piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori


organizzati in tribù) le abilità e i comportamenti ritenuti necessari alla sopravvivenza
venivano insegnati ai soggetti in formazione dal gruppo sociale (come la famiglia e la
tribù), facendo leva sull’imitazione e sul dialogo orale.
Quando le società sono diventate più complesse, non è stato più possibile per i
genitori fornire tutte le conoscenze e le competenze richieste ed è emersa la necessità
di predisporre una forma organizzata di educazione.
E’ nata così l’istituzione scolastica, che, fin dall’inizio, presentava le
caratteristiche fondamentali che conserva tuttora: insegnanti, spazi dedicati
all’insegnamento, strumentazioni specifiche, pratiche didattiche e sistemi di
valutazione.
La fondazione di scuole ha portato un cambiamento epocale nella storia umana
e nello sviluppo della cultura, in quanto ha segnato il passaggio da un’educazione
implicita (o informale), a una educazione esplicita (o formale), che prevede luoghi
deputati all’educazione, come le scuole, e metodi precisi e sempre più raffinati.
Anche oggi possiamo dire di assistere a un’importante trasformazione del
processo educativo. Nella società contemporanea, definita non a caso società
educante, il compito educativo si va configurando come educazione permanente.
Se prima, infatti, un individuo, terminato il periodo scolastico, era in grado di
lavorare per tutta la vita sulla base della preparazione che aveva ricevuto, oggi ha
bisogno di proseguire nel suo impegno formativo lungo l’intero percorso di vita.
In un mondo in cui i cambiamenti sono continui e le innovazioni tecnologiche
si susseguono a un ritmo vertiginoso, è diventato necessario prolungare il periodo
destinato all’addestramento, perché molte professioni si rivelano superate nel giro
di breve tempo e vanno abbandonate o profondamente aggiornate.
In questa direzione viene rivisitata anche la figura dell’educatore, chiamato ora
a mettere in campo specifiche competenze relazionali, comunicative, didattiche e
disciplinari per guidare i soggetti ad acquisire capacità complesse come quella di
imparare a imparare.

LA RICERCA PEDAGOGICA

Per effetto degli eventi storici e dei cambiamenti sociali, le teorie


dell’educazione sono andate incontro a profonde evoluzioni. Volta per volta, filosofi
e pedagogisti hanno proposto modelli diversi di educazione: la storia dei modelli
educativi che si sono susseguiti nei secoli costituisce la storia della pedagogia.

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La pedagogia non può fare a meno della storia della pedagogia e della storia
dell’educazione, perché è sulla base della conoscenza del passato che si può costruire
il presente e progettare il futuro.
Il termine pedagogia deriva dalle parole greche pais bambino e aghein
guidare, condurre.
La pedagogia come scienza si struttura in Occidente tra l’Ottocento e il
Novecento. In quest’anno scolastico approfondiremo le idee, le pratiche e le
istituzioni educative che sono nate nell’antichità dalle civiltà pre-elleniche alla
Grecia classica.

LA PEDAGOGIA COME SCIENZA AUTONOMA


In generale, la storia della pedagogia è una storia travagliata, perché per molto
tempo questa disciplina è stata subordinata alla filosofia. Solo a partire dalla seconda
metà dell’Ottocento tale rapporto è stato messo in discussione, perché si è registrato
un passaggio verso l’affermazione delle scienze dell’educazione.
Le scienze dell’educazione comprendono innanzitutto:
 -la didattica, che approfondisce l’insegnamento e l’apprendimento nei
vari aspetti metodologici, tecnici e strumentali;
 -l’antropologia culturale, che elabora interpretazioni sulle radici e le
forme socio-culturali dei fenomeni educativi;
 -la sociologia, che colloca l’educazione all’interno di dinamiche sociali
più ampie;
 -la psicologia, che analizza i processi psicologici che interessano i
soggetti, in interazione con i contesti di vita e di apprendimento.

LA CENTRALITA’ DELLA SCUOLA


E IL DIRITTO ALLO STUDIO

Tanti sono i luoghi nei quali un individuo impara, ma il luogo per eccellenza
dell’educazione è la scuola.
Per lungo tempo frequentare una scuola è stato privilegio di pochi. Ma, a
partire da un certo momento nel corso della storia, questo andamento è mutato,
perché si è ritenuto importante dare a tutti l’opportunità di studiare ed è maturata
l’idea che le scuole debbano essere pubbliche e garantite dallo Stato.
A partire dal XIX secolo è stato introdotto l’obbligo allo studio, che impone
alle famiglie il dovere di garantire che ragazze e ragazzi studino fino a una certa età.

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La nascita della scuola pubblica ha provocato un incremento del tasso di
scolarizzazione e un aumento del personale scolastico e degli studenti. Dalla scuola
d’élite, riservata ai figli delle classi più elevate, si è passati a una scuola di massa,
aperta a tutti.
Per rimuovere gli ostacoli di tipo economico che possono impedire l’accesso
all’istruzione (con tutte le conseguenze che ne possono derivare sul piano del futuro
lavorativo e della collocazione sociale) la Costituzione della Repubblica italiana
sancisce il diritto allo studio per tutti in modo esplicito con l’art. 34, che afferma:
“La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli
studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.

Nella società industrializzata è indispensabile almeno saper leggere, scrivere e avere nozioni
di base di matematica. Gli Stati si impegnano a fornire un’istruzione elementare e progressivamente
l’obbligo scolastico si allunga.

Attualmente la normativa italiana prevede che l’istruzione sia impartita per almeno 10
anni, Legge n. 296/2006, nella fascia compresa tra i 6 e i 16 anni. Inoltre, l’istruzione è gratuita
nella scuola statale ed è finalizzata al conseguimento del diploma di scuola secondaria
superiore (superando l’esame di Stato) o di una qualifica professionale di durata triennale.

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