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Nel corso dei secoli il termine educazione è stato usato con l’ausilio di
immagini e metafore (vocabolo usato per esprimere un concetto diverso da quello che
normalmente esprime) diverse.
La metafora della levatrice: una delle immagini più popolari usata per
descrivere l’educazione è la metafora che l’associa all’arte della levatrice (metafora
maieutica). Il primo a impiegarla è Socrate (filosofo greco, 470-399 a.C.), il quale
paragona il proprio insegnamento all’arte dell’ostetrica: come l’ostetrica aiuta le
donne a partorire, così egli opera sulle anime perché mettano al mondo la
conoscenza: attraverso le domande generatrici del maestro, il discepolo impara a
distinguere fra verità e menzogna, a prendere coscienza della propria ignoranza e a
mettere in discussione le convinzioni date per scontate, per far venire alla luce la
verità. La visione maieutica sottolinea la centralità della relazione educativa, in cui
è in gioco il complesso equilibrio tra la dipendenza dell’educando e la sua ricerca di
autonomia.
La metafora maieutica mette in discussione l’imposizione di norme e modelli
standardizzati di educazione che non tengono conto delle risorse, conoscenze e
capacità di ciascuno.
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EDUCAZIONE IMPLICITA ED ESPLICITA
LA RICERCA PEDAGOGICA
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La pedagogia non può fare a meno della storia della pedagogia e della storia
dell’educazione, perché è sulla base della conoscenza del passato che si può costruire
il presente e progettare il futuro.
Il termine pedagogia deriva dalle parole greche pais bambino e aghein
guidare, condurre.
La pedagogia come scienza si struttura in Occidente tra l’Ottocento e il
Novecento. In quest’anno scolastico approfondiremo le idee, le pratiche e le
istituzioni educative che sono nate nell’antichità dalle civiltà pre-elleniche alla
Grecia classica.
Tanti sono i luoghi nei quali un individuo impara, ma il luogo per eccellenza
dell’educazione è la scuola.
Per lungo tempo frequentare una scuola è stato privilegio di pochi. Ma, a
partire da un certo momento nel corso della storia, questo andamento è mutato,
perché si è ritenuto importante dare a tutti l’opportunità di studiare ed è maturata
l’idea che le scuole debbano essere pubbliche e garantite dallo Stato.
A partire dal XIX secolo è stato introdotto l’obbligo allo studio, che impone
alle famiglie il dovere di garantire che ragazze e ragazzi studino fino a una certa età.
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La nascita della scuola pubblica ha provocato un incremento del tasso di
scolarizzazione e un aumento del personale scolastico e degli studenti. Dalla scuola
d’élite, riservata ai figli delle classi più elevate, si è passati a una scuola di massa,
aperta a tutti.
Per rimuovere gli ostacoli di tipo economico che possono impedire l’accesso
all’istruzione (con tutte le conseguenze che ne possono derivare sul piano del futuro
lavorativo e della collocazione sociale) la Costituzione della Repubblica italiana
sancisce il diritto allo studio per tutti in modo esplicito con l’art. 34, che afferma:
“La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli
studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Nella società industrializzata è indispensabile almeno saper leggere, scrivere e avere nozioni
di base di matematica. Gli Stati si impegnano a fornire un’istruzione elementare e progressivamente
l’obbligo scolastico si allunga.
Attualmente la normativa italiana prevede che l’istruzione sia impartita per almeno 10
anni, Legge n. 296/2006, nella fascia compresa tra i 6 e i 16 anni. Inoltre, l’istruzione è gratuita
nella scuola statale ed è finalizzata al conseguimento del diploma di scuola secondaria
superiore (superando l’esame di Stato) o di una qualifica professionale di durata triennale.