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Le ricerche archeologiche condotte nell’insediamento fortificato del Monte di Montella (Avellino) negli

anni 1980-92/2005-07 dal Prof. Marcello Rotili hanno consentito il rinvenimento di un gran
numero di reperti ceramici databili alla fase altomedievale. Interessanti dal punto di vista quantitativo e
qualitativo sono i frammenti fittili riferibili al vasellame per la cottura delle vivande e databili al IX
secolo, momento in cui l’insediamento fortificato di Montella divenne sede di gastaldato di pertinenza
del ducato di Benevento. Lo studio dei manufatti da fuoco montellesi ha permesso di redigere una
suddivisione formale e funzionale della grande varietà tipologica dei reperti analizzati. Le forme più
attestate sono le olle che presentano una notevole diversità morfologica; sono presenti altresì frammenti
relativi a testi per la cottura del pane e a catini-coperchio. Dal punto di vista tecnologico e formale tali
reperti presentano notevoli assonanze con il materiale da cucina proveniente da altri contesti abitativi e
fortificati della Campania interna. Lo scavo di ampi settori dell’area murata di Montella ha inoltre
evidenziato la presenza di resti archeobotanici e archeozoologici, reperti che rappresentano una fonte di
primaria importanza circa la tipologia di alimentazione. La presenza di un numero elevato di olle,
spesso di piccole dimensioni, è da mettere in relazione con il tipo particolare di dieta che veniva osservata
dalla comunità montellese. L’evidenza dei dati archeologici suggerisce, quindi, un modello di
alimentazione in cui prevale la componente cerealicola nella probabile forma di zuppe e polente a
discapito di spezzatini di carne, il cui utilizzo sembra connesso con le strutture socio-economiche di
riferimento. Nel complesso si tratta di un’alimentazione ricca di proteine che tende a privilegiare cotture
degli alimenti in acqua e bolliti, come attestato dalla presenza di uno strato di calcare omogeneo
all’interno delle olle.
Assunta Campi

La ceramica da fuoco dall’insediamento


di Montella (AV). Tipologie del vasellame
in uso in una comunità del IX secolo*

Assunta Campi

Inquadramento storico

L’insediamento fortificato di Montella (Avellino, alta valle del Calore), oggetto di


indagini archeologiche condotte tra il 1980 ed il 1992 e più recentemente tra il 2005 ed
il 20071, sovrasta l’attuale abitato del comune irpino, la cui genesi è da ricondurre
all’unione dei casali sorti nell’immediato fondovalle nel bassomedioevo. Le ricerche
condotte sul Monte, altura sulla quale sorse il centro fortificato, hanno evidenziato la
complessa natura e storia insediativa del sito, le cui prime fasi risalgono al VI-VII
secolo, momento in cui si assiste alla formazione di un villaggio di capanne in tecnica
mista in seguito al progressivo abbandono che interessò il fondovalle. L’insediamento,
evolutosi in azienda curtense tra VII ed VIII secolo come attestato altresì dal giudicato
di Arechi II nel 7622, assunse una configurazione ben definita, con significative
strutture difensive, entro la metà del IX secolo allorché Montella divenne sede di un
gastaldato che, con la divisione del Ducato di Benevento dell’849 3, venne a trovarsi al
confine tra i principati di Benevento e Salerno. Tale circoscrizione amministrativa si
estendeva tra l’alta valle del Calore e quella del Sabato e confinava con i gastaldati di
Quintodecimo a N, di Avellino ad W, di Conza ad E e a S con quello di Rota.
L’abitato, contraddistinto da impianti difensivi che recingevano l’area del Monte, dalle
strutture residenziali del gastaldo ubicate nella porzione più alta dell’altura e dal villaggio
sviluppatosi nell’area murata, fu danneggiato dal terremoto del 9894, i cui effetti
devastanti portarono ad un rimodulazione dell’insediamento. Un riassetto significativo,
soprattutto nell’area occupata in precedenza dalla gastaldaga, si ebbe nel XII secolo nel
momento in cui venne edificato, nel punto più alto dell’altura, il donjon cilindrico
nell’ambito di un vera e propria risistemazione del ridotto difensivo sommitale. Tuttavia
è tra la fine del XIII ed il XIV secolo che l’area del Monte vide una serie di

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Archeologia / La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella

trasformazioni che modifica-


rono radicalmente l’assetto
dell’area murata: la definizione
di terrazzamenti (rasole) e
l’edificazione dei relativi muri di
contenimento, che coprirono le
tracce delle strutture del villag-
gio fortificato, rientrò nell’insie-
me di interventi volti alla
realizzazione di un parco for-
nito di complessi sistemi di
approvvigionamento idrico utili
per alimentare fontane. Tali
trasformazioni, unitamente al
Fig. 1: Area murata del Monte. rinnovamento della cinta mura-
ria dell’area e delle strut-ture del
palatium 5, sono da ricondurre alla frequentazione aristocratica che, a partire da Carlo II
d’Angiò, interessò il sito di Montella. L’abbandono del castello e dell’area murata, già
interessata da fenomeni di decadimento a partire dalla seconda metà del XV secolo, si
ebbe nella prima metà del secolo successivo in seguito al saccheggio operato dalle
truppe francesi sotto il comando del Lautrec (1528). Con la seconda metà del
Cinquecento, si assiste alla costruzione del convento francescano congiuntamente alla
ristrutturazione della chiesa di S. Maria del Monte ubicata nella porzione orientale
dell’area murata. Area murata che fu in parte utilizzata per scopi agricoli dai religiosi che
utilizzarono le strutture conventuali fino alla prima metà del XX secolo (Fig. 1).

Dinamiche insediative nella Rasola 7

I reperti qui presentati sono stati rinvenuti tra il 1987 e il 1990 durante le indagini
archeologiche che hanno interessato la rasola 76, terrazzamento posto lungo il versante
NE dell’area murata di Montella e ad una quota di -6,01 m rispetto al punto 0.00 fissato
a 796,26 m s.l.m.
Lo studio delle strutture e l’analisi macroscopica dei reperti rinvenuti durante lo scavo
archeologico hanno consentito di evidenziare sei fasi principali che interessarono la
rasola 7 (Fig. 2).
- Fase 1 (VI-VII secolo): l’area fu sede di alcune abitazioni del villaggio, in un settore
non lontano dal piccolo sepolcreto individuato nelle rasole 4, 5 e 67. A tale fase pertanto
si riferiscono il foro di palo (us 75) rinvenuto nella trincea 12/88-89 ed il focolare (us 6)
rinvenuto nel settore SE della trincea 1/87. Il focolare rinvenuto nella rasola 7 non
risulta dissimile a strutture simili e coeve individuate nella rasola 1 e nell’ambiente P del
palatium.
- Fase 2 (VIII-IX secolo): il rafforzamento difensivo dell’insediamento, riconducibile
evidentemente alla crescita di importanza di Montella culminata con l’istituzione del
gastaldato, è ravvisabile nella costruzione di un’imponente cinta muraria, alla quale fa
riferimento il muro 4250 documentato nella trincea 4/90. A tale fase sono pertinenti
altresì alcune evidenze che identificano abitazioni in muratura: nella trincea 1/87 è stata

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Fig. 2: Area murata del Monte. Planimetria con le aree di scavo (Cordella-Rotili).

portata alla luce una piccola cisterna, tagliata con la costruzione del muro di
contenimento della rasola 7 (4301) edificato in età moderna (fase 6), ed un battuto di
malta (us 12) pertinenti allo stesso edificio residenziale; ad un’altra struttura abitativa,
individuata nella trincea 12/88-89, si riferiscono il battuto in malta 61 ed il muro 63
(Fig. 3) che sembra continuare nella trincea 4/90 ove è stata documentata la fondazione
(4270) che si poggia sul banco roccioso 8.
- Fase 3 (X secolo): Montella fu colpita da un evento tellurico nel 989 che causò
ingenti danni al circuito difensivo (trincea 4/90) e alle strutture abitative presenti nelle
trincee 1/87 e 12/88-89; in quest’ultima gli effetti del sisma sono documentati dallo
strato di crollo us 60 che copre le strutture dell’edificio residenziale (uuss 61 e 63).
- Fase 4 (XIII-XIV secolo): la realizzazione del parco, tra la fine del XIII e gli inizi del
XIV secolo, comportò una serie di trasformazioni nell’area murata, come ad esempio la
creazione dei terrazzamenti, la costruzione dei muri di contenimento delle rasole stesse
e la ricostruzione della cinta muraria8; quest’ultima, di dimensioni inferiori rispetto alla
murazione di cinta altomedievale (fase 2), in alcune aree dell’insediamento si sovrappose
a quella più antica9. Tali opere intaccarono le stratigrafie più antiche coprendo, come
attestato dai poderosi interri documentati nelle trincee di scavo, le evidenze del villaggio
fortificato altomedievale. Fu edificato il muro di recinzione 4201 che, in corrispondenza

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Archeologia / La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella

della rasola 7, fu tagliato in


occasione degli sbancamenti di
età moderna per la realizzazione
del piazzale antistante la chiesa di
S. Maria del Monte.
- Fase 5 (XVI secolo): si segnala
l’abbandono dell’insediamento e
dell’area murata del Monte. In
questa fase si assiste alla costru-
zione del convento francescano
congiuntamente alla ristruttu-
razione della chiesa di S. Maria
Fig. 3: Rasola 7, trincea 12/88-89. Piano di calpestio 61 del Monte.
e muro 63. - Fase 6 (XVI-XX secolo): dopo
il lungo abbandono in seguito alla
spedizione del Lautrec del 1528, il castello venne affidato ai frati minori conventuali
scalzi che nel 1587 si stanziarono nel convento di S. Maria del Monte ove rimasero sino
al 1603 allorché furono sostituiti dai minori riformati. A tale fase si riferisce lo
sbancamento del banco roccioso a N della chiesa per la realizzazione di un piazzale.
Tale operazione comportò altresì la demolizione della recinzione di XIII-XIV secolo e
la rimodulazione della superficie della rasola, che fu sensibilmente diminuita nella
porzione orientale; fu pertanto necessario realizzare un muro di contenimento (4301)
dei terreni soprastanti, la cui costruzione, che intaccò le stratigrafie più antiche, portò al
taglio della cisterna 4008 individuata nella trincea 1/87. L’uso agricolo dell’area è
documentato dalla settecentesca Pianta di tutto il Monistero nella quale la rasola 7 è
indicata come “decima prima rasola di terra coltivabile” ampia 392 passi.

I reperti ceramici

Le indagini archeologiche condotte nella rasola 7 (trincee 12/88-89, 1/87 e 4/90)


dell’area murata dell’insediamento irpino hanno consentito il rinvenimento di numerosi
reperti ceramici ascrivibili all’acroma da fuoco ed inquadrabili cronologicamente al IX
secolo (Fig. 4).
Lo studio è consistito nel rilievo grafico e nella schedatura dei reperti presi in esame
in base altresì ad una preliminare campionatura degli impasti che presentavano, ad un
esame macroscopico e microscopico, aspetti di apparente diversità in base al colore e
alla tipologia degli inclusi presenti. Sono state redatte schede RA (reperto archeologico)
che fanno riferimento alle misure (diametro, spessore ed altezza) e agli aspetti qualitativi
degli oggetti stessi (tipologie di impasto, classe di appartenenza, tipo di trattamento
delle superfici e di cottura). Contestualmente alla schedatura analitica dei reperti, si è
proceduto a suddividere gli esemplari in tipologie morfologiche: l’individuazione delle
forme ceramiche ha fornito interessanti spunti utili per un’interpretazione funzionale
dei manufatti ceramici.
La ceramica destinata alla cottura dei cibi è la classe maggiormente attestata e risulta
essere rappresentata da una discreta varietà tipologica e produttiva.

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L’analisi microscopica delle argille,


attraverso l’utilizzo del microscopio
Celestron (MODEL #44302 A, 150 x),
nel rilevare gli inclusi, i vacuoli, il colore e
la durezza, ha consentito l’individuazione
di 7 impasti tipo relativi all’acroma da
fuoco:

AF1: rosso (5 YR 6/4 light reddish


brown, 5 YR 4/4 reddish brown), duro,
ruvido, a frattura irregolare e con inclusi
molto frequenti di mica, calcare e
chamotte; vacuoli poco frequenti;
AF2: arancio (2.5 YR 5/2 weak red; 2.5
YR 6/6 light red; 7.5 YR 7/6, 5 YR 6/8
reddish yellow), duro, ruvido, a frattura
irregolare e con frequenti inclusi di mica,
calcare. Vacuoli poco frequenti;
AF3: beige (7.3 YR 6/4, 6/3 light
brown; 7.5 YR 5/3 brown; 10 YR 2/2,
7/4 very pale brown, 10 YR 6/3 pale
brown), duro, ruvido, a frattura irregolare
e con frequenti inclusi di mica, calcare e Fig. 4: Acroma da fuoco.
quarzo; vacuoli frequenti;
AF4: cuoio (5 YR 5/2 reddish gray; 2.5 YR 4/1 dark reddish gray), duro, ruvido, a
frattura irregolare e con frequenti inclusi di mica e calcare. Vacuoli poco frequenti;
AF5: grigio (5 YR 4/1dark gray; 7.5 YR 5/6 gray; 10 YR 5/2 graysh brown; 7.5 YR
3/1 very dark gray), duro, ruvido, a frattura irregolare e con frequenti inclusi di mica e
calcare; vacuoli frequenti;
AF6: marrone (7.5 YR 5/6 strong brown; 7.4 YR 5/4 brown; 10 YR 7/4 very pale
brown; 10 YR 3/3 dark brown), duro, ruvido, a frattura irregolare e con frequenti
inclusi di mica, calcare e chamotte; vacuoli frequenti;
AF7: rosa (5 YR 8/4, 7/3 pink), duro, ruvido, a frattura irregolare e con frequenti
inclusi di mica e calcare; vacuoli frequenti.

La cottura, in atmosfera non uniforme, povera di ossigeno e spesso fumosa,


conferisce alle superfici una colorazione disomogenea; in alcuni casi, infatti, i
frammenti, oltre a presentare tracce evidenti della combustione dovute all’utilizzo a
contatto con il fuoco, appaiono completamente anneriti.
Lo studio svolto ha permesso non solo di individuare le tipologie del vasellame da
mensa in uso nel IX secolo ma anche di registrare l’evoluzione tipologica di tale
categoria di fittili tra il VII ed il XVI secolo, evoluzione dovuta altresì al cambiamento
delle abitudini alimentari della popolazione.
Alla prima fase abitativa delle rasola (VI-VII secolo), pertinente ad un villaggio di
capanne con annessa area necropolare, si riferiscono tre frammenti di olle: si tratta di
tre orli estroflessi con margine arrotondato pertinenti a recipienti con corpo globulare e

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Archeologia / La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella

con un’imboccatura che va dai 12 ai 20 cm di diametro. Si tratta di una forma ben


attestata a Montella, come documentano i materiali rinvenuti nella trincea 2/86 della
rasola 410; tale categoria di reperti trova riscontro con manufatti, di tradizione
tardoantica, rinvenuti nell’Avellinese, nel caso specifico a Bisaccia in una fossa di
scarico limitrofa ad un sepolcreto di VII secolo 11.
Nel IX secolo, momento in cui Montella divenne sede di gastaldato, il repertorio
ceramico aumenta di consistenza con la produzione di nuove tipologie; in aggiunta alle
olle, compaiono testi da pane e catini-coperchio di diverse tipologie e dimensioni.
Dai depositi stratigrafici di IX secolo provengono venticinque frammenti relativi ad
olle di piccole e grandi dimensioni, un solo esemplare di catino-coperchio, e un
frammento pertinente ad un testo da pane; è altresì attestato un coperchio.
Le olle rappresentano la forma più diffusa nell’ambito del vasellame da fuoco: tale
forma è classificabile in quattro tipi principali in base al profilo dell’orlo. La notevole
frammentarietà dei manufatti non ha consentito di ricostruire integralmente alcun
reperto, né di accertare se fossero sempre dotate di anse.

Fig. 5: Reperti ceramici: 1-3, 5-9, 11-13 olle, 4 catino-coperchio,


10 coperchio, 14 testo da pane.

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Il tipo 1 comprende gli orli estroflessi distinti a loro volta in quattro varianti: la prima è
caratterizzata da un orlo molto ingrossato pertinente ad un olla con corpo globulare
(Fig. 5.1, 5.5); la seconda presenta un orlo con margine arrotondato riferibile ad un olla
con corpo globulare (Fig. 5.7, 5.8, 5.9; Fig. 6.24, 6.27, 6.28); la terza ha l’orlo ben
marcato su collo concavo (Fig. 6.16, 6.19, 6.20, 6.23, 6.25); la quarta forma risulta
invece contraddistinta da un orlo leggermente ingrossato su collo concavo (Fig. 6.26).
Il tipo 2 è caratterizzato da un orlo leggermente ingrossato con breve collo cilindrico
(Fig. 5.2, 5.3, 5.6, 5.11, 5.12; Fig. 6.18, 6.21, 6.22); la forma trova un confronto
stringente con un’olletta rinvenuta in una stratigrafia altomedievale del sito castrense di
Rocca San Felice, in provincia di Avellino 12.
Il tipo 3 comprende un orlo indistinto e tagliato obliquamente verso l’esterno su breve
collo cilindrico (Fig. 6.17).
Il tipo 4 presenta un orlo ad arpione aggettante verso l’esterno su breve collo concavo
(Fig. 5.14; Fig. 6.15).
La frammentarietà dei reperti non consente di attribuire ai quattro tipi di olle i

Fig. 6: Reperti ceramici: 15-28 olle.

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Archeologia / La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella

numerosi fondi rinvenuti. Si tratta di fondi apodi piani, fondi che formano all’esterno
spigolo vivo con parete obliqua a profilo convesso, fondi leggermente concavi
all’interno con parete a profilo convesso e fondi che formano spigolo vivo con parete
obliqua a sezione rettilinea.
L’esame macroscopico e microscopico degli impasti induce a pensare che tali fondi
caratterizzassero indistintamente le diverse tipologie di olle. La preferenza dei fondi
apodi o convessi era dettata, molto probabilmente, dall’utilizzo del manufatto: le olle
con fondo apodo piano venivano appoggiate su un lato del focolare, mentre quelle a
fondo convesso venivano sospese ad un gancio, poste su un treppiede o poggiate
direttamente sui carboni13.
In associazione con le olle erano presenti varie tipologie di coperchi, delle quali
soltanto una è attestata nelle stratigrafie di IX secolo della rasola 7; tale coperchio
appartiene alla forma contraddistinta da un fondo apodo piano con orlo arrotondato e
presa cilindrica con apice che si assottiglia lungo l’attacco della base (Fig. 5.10). Tale
tipologia ha una durata molto lunga come attestano i rinvenimenti di manufatti
appartenenti a questo tipo in contesti di V-VII secolo di Napoli14 e di Benevento15. Per
quanto concerne le forme aperte, dagli strati di VIII-IX secolo provengono un
frammento di catino-coperchio ed uno riferibile ad un testo da pane. Il clibano presenta
una parete inferiore convessa e assottigliata in curva con listello arrotondato rivolto
verso il basso. Tale manufatto trova riscontro con altri reperti rinvenuti nello stesso sito
di Montella16 e in altri contesti irpini17.
Tra il X ed il XII secolo si assiste a lievi cambiamenti morfologici soprattutto per
quanto attiene la tipologia degli orli. Sono documentate olle con due tipi di orli: si tratta
di orli a sezione triangolare con o senza collo concavo su corpo globulare o ovoidale ed
orli ad arpione su collo concavo. Alle olle si associa altresì un coperchio a corpo
troncoconico con parete a sezione rettilinea a presa centrale cilindrica. Completano il
corpus del vasellame da fuoco di X-XII secolo due tipologie di testi a parete convessa: la
prima presenta un orlo ingrossato predisposto per l’incastro del coperchio, mentre il
secondo reperto è contraddistinto da un orlo assottigliato. Non risultano presenti, nel
settore nord-orientale dell’area murata di Montella, i catini-coperchio.
Diffusi tra il XIII e il XVI secolo, ma presenti anche nel IX secolo, sono le olle
contraddistinte da orli ad arpione con collo concavo su corpo globulare o da orli a
sezione triangolare. In tale fase aumentano le tipologie di testi e coperchi; per quanto
riguarda i testi da pane si evidenziano due nuove tipologie: la prima con vasca cilindrica
ed orlo dritto arrotondato, la seconda presenta parete convessa con orlo indistinto. Tre
invece sono le tipologie di coperchi datati tra il XIII-XVI secolo: il primo tipo è
caratterizzato da una presa cilindrica con apice a margine arrotondato con fondo apodo
piano ed orlo arrotondato; la seconda tipologia è contraddistinta da una presa centrale
con orlo sporgente ed arrotondato su corpo troncoconico a pareti convesse. Il terzo
tipo, infine, presenta una presa cilindrica con apice che si assottiglia lungo l’attacco della
base con fondo apodo piano.

Conclusioni

Le tipologie individuate durante lo studio di tali manufatti pertinenti al corpus del


vasellame da fuoco trovano riscontro principalmente con i reperti provenienti dagli altri

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Assunta Campi

terrazzamenti dell’insediamento, sebbene lo scavo condotto nelle rasole 3, 4 e 5 abbia


evidenziato la presenza di ulteriori forme tipologiche. Per quanto riguarda le olle sono
presenti orli arrotondati su collo cilindrico, orli a sezione quadrangolare su collo
concavo; sono attestate inoltre due tipologie di catini-coperchio: la prima presenta una
parete superiore convessa e listello arrotondato rivolto verso l’alto, la seconda è
individuata da un listello rivolto verso il basso con orlo arrotondato. I testi da pane
sono documentati da un unico frammento che identifica un’ulteriore tipologia
caratterizzata da corpo troncoconico con orlo indistinto dalla parete obliqua e fondo
apodo.
Contrariamente a quanto riscontrato nella rasola 7, nelle rasole su menzionate sono
stati ritrovati altresì frammenti di tegami che possono essere classificati in due tipologie:
la prima identifica un tegame a corpo emisferico con orlo rientrante e assottigliato; la
seconda individua un recipiente a corpo emisferico con orlo a tesa piatta.
E’ evidente che la produzione da fuoco diffusa nel IX secolo si spinge nel X-XI
secolo senza particolari ed evidenti cambiamenti formali, sebbene si registri un sensibile
aumento della grandezza delle olle ed una maggiore articolazione degli orli. Quanto alle
olle, non è stato possibile accertare se avessero in tutti gli esemplari una o più anse; le
tracce di fumigazione riscontrate su tali reperti evidenziano, invece, che esse venivano
disposte a contatto diretto con la fonte di calore, mentre la porzione ove era presente
l’ansa veniva posta lontana dal focolare per facilitare la presa; presa che era effettuata
altresì mediante l’utilizzo di pinze le cui estremità entravano in contatto con il reperto
all’altezza della spalla ove erano presenti una serie di linee concentriche incise. Lo
studio delle varie forme ceramiche rinvenute nella rasola 7 e in generale nell’area murata
del Monte ha consentito di ipotizzare l’alimentazione e le consuetudini alimentari
proprie della comunità montellese. Nel complesso si tratta di un'alimentazione
variegata, ricca di proteine e di amido nella quale si tende a privilegiare cotture degli
alimenti in acqua e bolliti. Le carni, fatte a pezzi, spesso venivano aggiunte a polente o
zuppe di cereali. L'attento esame delle olle ha permesso di rilevare spesso al loro interno
la presenza di uno strato omogeneo di calcare che sembra confermare il dato relativo
alla cottura in acqua. A fianco di questi alimenti si trovano ampiamente attestati i
legumi, verdure di altro genere e frutta. Il consumo di cereali di diverso tipo è
comprovato dal rinvenimento, sia a Montella che nel contermine insediamento di
Rocca San Felice, di depositi di cereali e di reperti carpologici (semi, spesso
carbonizzati, di legumi e cereali).
I manufatti presenti in cucina sembrano pertanto essere utilizzati principalmente per
la cottura di alimenti bolliti, quindi si può ipotizzare che la carne venisse arrostita
direttamente sul fuoco. I coperchi presenti accentuavano la cottura degli alimenti nelle
olle, permettendo quindi una maggiore presenza di vapore nelle stesse.
Per quanto riguarda il consumo dei cereali (orzo, avena e miglio) e dei legumi, è
possibile supporre che venissero consumati in zuppe e minestre, forse insaporite con
lardo o carni (cui potrebbero far riferimento i grossi recipienti in ceramica senza
rivestimento).
La panificazione (uno tra i cereali più coltivati ed impiegati in tali contesti
sembrerebbe essere la segale18): avveniva probabilmente nei testi a parete alta o bassa
(per la produzione di focacce e/o forme schiacciate) o in clibani attestati nel sito
indagato.

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Archeologia / La ceramica da fuoco dall’insediamento di Montella

In ultimo e non per ultimo, completano lo studio del vasellame da mensa e le


considerazioni sulle consuetudini alimentari le indagini zooarcheologiche condotte su
alcuni frammenti ossei provenienti da diverse stratigrafie dell’insediamento montellese.
Le analisi hanno evidenziato la presenza esclusiva di macrofauna di media e grande
taglia (si tratta di ovini, suini e ovicaprini). Il grado di frammentarietà dei reperti
osteologici è principalmente dovuto agli effetti della macellazione: è interessante notare
come le dimensioni degli ossi siano da mettere in relazione e corrispondano alla
capacità e alle dimensioni dell’imboccatura delle pentole da fuoco e alla tipologia di
cottura.

Note

* Desidero ringraziare il prof. Rotili per l’opportunità concessami e per tutti i preziosi
suggerimenti ricevuti durante la ricerca.

1. M. Rotili, Le ricerche nel castello e nell’area murata del Monte (1980-92, 2005-07). Diagnosi e strategia. in
“Le ricerche nel castello e nell’area murata del Monte (1980-92, 2005-07)”, M. Rotili (a cura di),
Napoli 2011.
2. Chronicon S. Sophiae= Chronicon Sancta Sophiae (cod. Vat. Lat. 4939), edizione e commento a cura
di J.M. Martin con uno studio sull’apparato decorativo di G. Orofino (Istituto Storico Italiano per
il Medio Evo, Fonti per la storia dell’Italia medievale, Rerum Italicum Scriptores, 3**). Roma
2000.
3. Divisio ducatus= Radelgisi et Siginulfi divisio ducatus beneventani, a cura di F. Blumhe, in MGH, Leges,
IV, Hannoverare 1868, pp. 221-224.
4. M. Baratta, I terremoti d’Italia. Saggio di storia, geografia e bibliografia sismica italiana, Torino (rist.
anast. A. Forni, Sala Bolognese 1978) 1901; D. Molin , The Campania earthquake of 990, in
Postpischl (a cura di), “Atlas of isoseismal maps of Italian earthquake”, Bologna 1985, pp. 10-11;
E. Boschi (a cura di), Catologo parametrico dei terremoti, Bologna 1999.
5. M. Rotili, C. Ebanista, Donjon e palatium a Montella: dinamica di una residenza tra XII e XVI secolo,
in “I Congresso nazionale di archeologia medievale”, S. Gelichi (a cura di), Firenze 1997.
6. A. Campi, Medieval Archaeology in Montella: traces of ninth century settlement in Rasola 7. In “WORLD
HERITAGE and DEGRADATION Smart Design, Planning and Technologies. Le Vie dei
Mercanti_XIV”, Forum Internazionale di Studi, p. 361-370, Napoli; “WORLD HERITAGE and
DEGRADATION Smart Design, Planning and Technologies. Le Vie dei Mercanti_XIV”,
Forum Internazionale di Studi, Napoli-Capri, 16-17-18 Giugno 2016.
7. C. Ebanista, Montella: l’area murata del monte ricerche archeologiche nel settore nord, Napoli 2012, pp.
89-92.
8. M. Rotili, Le ricerche nel castello e nell’area murata del Monte cit., pp. 169-182.
9. C. Ebanista, Montella: l’area murata del monte ricerche archeologiche nel settore nord cit., p. 126.
10. Ivi, p. 151.
11. V. Guarino, Bisaccia. La ceramica, in “Il Medioevo scavato”, Salerno 1980.

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Assunta Campi

12. C. Calabria, La ceramica altomedievale di Sant’Angelo dei Lombardi (trincee 1, 7, 30, 33) e di Rocca San
Felice, in “La ceramica altomedievale in Italia”, Quaderni di Archeologia Medievale, VI, S.
Patitucci Uggeri (a cura di), Firenze 2004, p. 270, fig. 3 n. 8.
13. S. Fossati, T. Mannoni, Gli strumenti della cucina e della mensa in base ai reperti archeologici,
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16. I. Gatto, Acroma da fuoco, in M. Rotili (a cura di), 1997b, p. 101, fig. 40, nn. 2,7.
17. C. Ebanista, Montella: l’area murata del Monte cit., p. 158; C. Calabria, La ceramica altomedievale cit.,
p. 270, fig. 2 n. 5; I. Gatto, La ceramica di VIII-XII secolo da Sant’Angelo dei Lonbardi (trincee 18/88,
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Firenze 2004, p. 283, fig. 2 n. 10.
18. M. Montanari, L'alimentazione contadina nell'alto Medioevo, Liguori 1979.

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