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4
SYMBOLUM
Terra Mater Materia
A cura di
DIANA DEL MASTRO e ANGELA GIALLONGO
5
In copertina - Na okładce - On the cover:
Spirale neolitica, Rocky Valley, Cornovaglia (1800-1400 a.C.).
Questa monografia viene pubblicata con i fondi di ricerca del Dipartimento di Scienze
della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali (DISCUI) dell’Università degli
Studi di Urbino C. Bo e dell’Istituto di Studi Teologici dell’Università di Stettino.
Monografia ta jest publikowana w wyniku wykorzystania środków finansowych na dzia-
łalność naukową Wydziału Nauk o Komunikacji, Nauk Humanistycznych i Studiów Między-
narodowych (DISCUI) Uniwersytetu Urbino C. Bo oraz Instytutu Nauk Teologicznych oraz
Instytutu Filozofii i Kongnitywistyki Uniwersytetu Szczecińskiego.
This monograph is published with the research funds of the Department of Communi-
cation Sciences, Humanities, and International Studies (DISCUI) of the University of Ur-
bino C. Bo and of the Institute of Theological Science of the University of Szczecin.
SYMBOLUM
TERRA MATER MATERIA
A cura di
Diana Del Mastro e Angela Giallongo
Comitato di referaggio - Recenzenci monografii - Referee Committee:
Francesco Bellino, Giovanni Dotoli, Helene Harth, Mario Selvaggio,
Milagro Martin-Clavijo, Salvatore Bartolotta
Redazione a cura di Gennaro Valentino
© 2020 Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali
(DISCUI) - Università degli Studi di Urbino C. Bo
© 2020 Wydział Nauk o Komunikacji, Nauk Humanistycznych i Studiów Międzynarodo-
wych (DISCUI) Uniwersytetu Urbino C. Bo
© 2020 Istituto di Studi Teologici - Facoltà di Teologia - Università di Stettino
© 2020 Instytut Nauk Teologicznych Wydziału Teologicznego Uniwersytetu Szczecińskiego
Correzione a cura dei singoli autori
© L’Harmattan, 2020
5-7, rue de l'École-Polytechnique
75005 Paris
http://www.editions-harmattan.fr
ISBN 978 2343227627
© AGA Arti Grafiche Alberobello, 2020
70011 Alberobello (I - Ba)
Contrada Popoleto, nc - tél. 00390804322044
www.editriceaga.it - info@editriceaga.it
ISBN 978 8893552134
6
MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE
(Universidad de Oviedo)
LA SIMBOLOGIA NELL’AMBIENTAZIONE
DEI ROMANZI DI ADRIANA ASSINI
197
zioni, nelle opere della scrittrice romana possiamo ancora individuare
la chiara impronta di una tradizione letteraria anteriore, in cui la let-
teratura rappresentava il riflesso della verità, poiché scaturiva dalla co-
noscenza interiore dell’uomo ed il valore morale dell’opera si ergeva al
di sopra delle semplici esibizioni formali. Seguendo tali premesse,
Adriana Assini opta per una scrittura che va oltre le apparenze e sonda
significati e valori essenziali provenienti dall’animo umano. Sono que-
sti i motivi che la spingono ad indagare nei meandri della psicologia
dei soggetti e a spogliare i propri personaggi agli occhi dei lettori, mo-
strandoci le loro inquietudini, le loro emozioni e le loro passioni più
intime e rendendoci partecipi emotivamente delle loro esistenze, sol-
lecitando, in talune occasioni, la possibilità di identificarci con essi.
La scrittura di Adriana Assini è caratterizzata da uno stile semplice
e chiaro, di facile lettura. A sua volta, il linguaggio è elegante e sug-
gestivo, estremamente curato, ricco di brillanti descrizioni e minu-
ziosi dettagli, ma, allo stesso tempo, si presenta senza troppi artifici,
poiché, l’autrice, con le sue opere, non pretende dispensare precetti,
né elaborare cronache storiche, piuttosto desidera far conoscere, a
chi vorrà avvicinarsi alla lettura dei suoi romanzi, delle esperienze
umane. Queste sono le ragioni per cui, approfittando della forza evo-
catrice delle parole, il linguaggio da lei impiegato è profondamente
connotativo, nell’intento di trasmettere le inquietudini dell’animo
umano, i pensieri e i sentimenti più reconditi dei protagonisti. La
sua prosa, quindi, più che ricercata o artificiale, è profondamente
evocativa e carica di significati profondi, che inducono assiduamente
alla riflessione. Da brava acquerellista come ella è, ogni esperienza
descritta si inserisce in uno spazio adatto alla situazione presentata,
come se fosse dipinta all’interno di un quadro foriero di eventi che
ne completa la ricchezza di significati. In tal modo, i paesaggi e gli
spazi descritti nelle opere di Adriana Assini acquistano un enorme
peso, in quanto elementi indispensabili che supportano il significa-
tivo messaggio in esse contenuto2. Ogni spazio presentato suggerisce
2
Sulla relazione tra scrittura e pittura in Adriana Assini, si veda González
198
delle connotazioni ben radicate, col predominio di determinate scelte
stilistiche, come le metafore o le similitudini, nelle quali si realizzano
numerose allusioni a significati universali che riflettono l’intera con-
dizione dell’animo umano e che invitano il lettore a partecipare emo-
zionalmente ai fatti descritti e a riflettere sul messaggio che l’autrice
desidera trasmettere. Seguendo queste premesse, negli spazi descritti
nei romanzi della scrittrice romana, con frequenza, possiamo trovare
espressioni o vocaboli che fanno riferimento al destino comune degli
uomini, nascosto in parole come “mare”, “pioggia”, “fiumi”, “laghi”,
“acqua” e via di seguito; archetipi che spesso fanno riferimento alla
morte, accompagnati, in molte occasioni, dal “buio”, “la penombra”
o il “silenzio”, anche questi annunciatori di morte e di disgrazie;
come osserviamo nei seguenti brani:
Dopo gli onori del tempio, il governatore rimase esposto per due
giorni sotto la Porta di Ishtar, poi venne seppellito assieme a un cor-
redo modesto, che non gli fosse di peso durante il lungo viaggio verso
l’altro mondo.
Addolorata, delusa, Semiramide l’accompagnò con il pensiero
fino al fiume sacro. Sulle rive a lei proibite, gli disse addio per sempre
e restò a guardarlo sparire tra i flutti di quelle acque tempestose e
scure che approdavano nelle spaventose fauci degli inferi. (Lo scettro
di seta3)
199
marcire e vedeva la sua vita come acqua che corre verso il mare, an-
siosa di farsi risucchiare dalle onde. (Le rose di Cordova4, p. 166)
«La vita non somiglia forse a un lungo viaggio in mare?» fece al-
lora il vecchio, spiegandogli che uno dei segreti per arrivare vivi alla
riva era quello di imparare ad assecondare le onde sfruttandone la
cieca violenza anziché tentare di respingerla. (Il mercante di zucchero7,
p. 56)
4
A. ASSINI, Le rose di Cordova, Scrittura & Scritture, Napoli 2007.
5
A. ASSINI, Un caffè con Robespierre, Scrittura & Scritture, Napoli 2016.
6
A. ASSINI, Un sorso di arsenico, Scrittura & Scritture, Napoli 2009.
7
A. ASSINI, Il mercante di zucchero, Scrittura & Scritture, Napoli 2011.
200
Tuttavia, in altre occasioni, l’acqua sarà simbolo di purificazione,
di rigenerazione, e, di conseguenza, di speranza di vita, eternità e
persistenza dell’anima umana; come si può osservare nei seguenti
esempi:
Sapevo, invece, che Juana avrebbe desiderato dormire il suo ul-
timo sonno in un campo di grano, con la faccia rivolta verso il mare.
Per indicare la sua tomba, avrebbe preferito mille volte che al posto
della croce avessero piantato un salice, melanconico come la sua per-
sona. (Le rose di Cordova, p. 169)
8
A. ASSINI, Agnese, una Visconti, Scrittura & Scritture, Napoli 2018.
201
comportamenti umani, legando natura e animo umano in un tan-
dem spesso indissolubile. In questo modo, sono frequenti termini
quali “aria”, “vento”, “tempesta”, “temporale” …, simboli di libertà
e di ribellione, di evasione e di fuga; ma anche di follia e di sventure,
elementi perturbatori della natura e dell’essere umano:
Alcuni cavalieri ammantati di bianco, mi raccontò sottovoce, ve-
nivano da molto lontano a liberarla. I loro colpi di spada parevano
raffiche di vento e come il vento spazzavano via i suoi ignobili car-
cerieri, gettandoli in balia di terribili onde.
«Forse è buon segno…» s’arrischiò a concludere, dopo aver sot-
tolineato il candore delle vesti.
Il bianco, che per lei era luce, per me era lutto, però non glielo
dissi.
«Il vento passa, il mare resta», le ripetei, senza sapere che responso
dare. (Le rose di Cordova, p. 155)
Sarà stato per l’effetto del vento o per il fruscio delle foglie della
canapa, ma sembrò poi alla regina di sentirlo riecheggiare più volte
nell’aria, come se una torma di giovani spiriti si divertisse a farlo rim-
balzare tra i rami argentati degli ulivi. (Lo scettro di seta)
9
A. ASSINI, Il bacio del diavolo, Spring, Caserta 2003.
202
delle lampade le fiammelle affievolirono, senza che lì dentro spirasse
un solo alito di vento. (Lo scettro di seta)
Guardai il sole che aveva appena dato inizio a una lenta discesa
dietro ai monti e che presto, secondo un gioco ineluttabile e crudele,
sarebbe sparito chissà dove, lasciandoci nel dubbio se fosse mai rinato
all’indomani. […]
Fuori schiariva appena e proprio in quel momento una delle
serve si fece sull’uscio: «Stavolta è morta davvero» annunciò sbriga-
203
tiva, alzando gli occhi al cielo.
Dunque, nell’ora incerta in cui il buio cede il passo all’alba, per
Juana I di Spagna finiva un’agonia ch’era durata cinquant’anni, du-
rante i quali non aveva regnato un solo giorno.
Andai alla finestra per una boccata d’aria e invece mi ritrassi, re-
spinta da un cielo livido e severo. (Le rose di Cordova, pp. 167-168)
10
A. ASSINI, La spada e il rosario. Gian Luca Squarcialupo e la congiura dei
beati Paoli, Scrittura & Scritture, Napoli 2019.
204
Il buio inghiottiva l’ultimo bagliore del giorno mentre Ninive,
dolente, s’apprestava a vegliare il suo re. Nel Palazzo, lambito dal
fiume, ardevano a fasci le torce, si ripetevano i riti, gli antichi gesti
del lutto. Al banchetto, soltanto voci sommesse, profumi dolciastri
e un cupo timore del presagio. (Lo scettro di seta)
Nelle opere della scrittrice romana sono presenti gli elementi della
natura al completo, tratteggiati da un simbolismo che rievoca il se-
ducente contrasto tra libertà e vita, fragilità e morte, quanto di effi-
mero e di perdurabile c’è nel tempo e nello spazio. Risaltano tra essi
i fiori, gli alberi e le piante, altrettanto presenti nell’opera pittorica
dell’autrice:
Il bianco delle margherite e il rosso dei papaveri che ricoprivano
i campi attorno a Tordesillas continuarono a ravvivare per anni le
nostre primavere, fragilissimo conforto della nostra miserrima esi-
stenza. (Le rose di Cordova, p. 163)
«Il tempo assieme a voi scorre con leggerezza, scivola via come
l’acqua fresca dei ruscelli» mormorò la Visconti smarrendo lo sguardo
nella natura lussureggiante, il cui abbraccio era a un tempo un dono
e una minaccia. File di salici piangenti rasentavano le sponde mel-
mose, qui e là spiccava il giallo dei ranuncoli o il bianco puro dei
gigli selvatici, assieme a castagni d’acqua e canne palustri, dalle quali
spuntavano i nidi dei basettini e di svariati uccelli. (Agnese, una Vi-
sconti, pp. 185-86)
205
Gli elementi della natura sono molto frequenti anche nelle de-
scrizioni dei personaggi, presentati in contrasto o in assonanza con
essi, spesso tramite metafore o similitudini, associati al loro carattere,
al loro fisico o al loro stato d’animo:
«Povero sciocco! Sono io che temo di restare delusa dal quel gio-
vane imberbe, senza esperienza e senza passato! Potrebbe assomigliare
a certe pianure troppo piatte, dove l’erba non cresce e gli animali
non fanno la tana...» (Lo scettro di seta)
206
Per via di tali beghe diventò intrattabile, sfogandosi sui sottoposti
ma soprattutto nei confronti della sposa, ormai considerata come
uno di quei rami secchi che, se non tagliati, impedivano all’albero
di crescere e di dare frutti. «Quale uccello, tale il nido» biascicava
rimproverandole d’essere arrogante quanto il padre. (Agnese, una Vi-
sconti, p. 228)
S’accorse subito, però, che Rose non era più la stessa. Dopo la
festa, provò a parlarle di quanto aveva in mente per lei ma quella,
senza peli sulla lingua, gli disse chiaro e tondo che d’ora in poi
avrebbe dovuto dimenticare la docile colomba di un tempo, poiché
al suo posto adesso era cresciuto un falco, deciso a difendersi col
becco e con gli artigli. (La Riva Verde11, p. 166)
11
A. ASSINI, La Riva Verde, Scrittura & Scritture, Napoli 2014.
207
fuga, speranza di vita e di rinnovamento; in molte occasioni, l’eva-
sione, la liberazione che conduce il loro volo verso la morte:
208
«Ventus taedium fugat!» mormorò Juana guardando un drappello
di nuvole sospinte lontano. Quando un paio di ibù vennero a posarsi
tra le feritoie, disse che la loro presenza era foriera di lugubri presagi:
«Sono uccelli della solitudine e non è per caso che sono corsi a farci
compagnia…» affermò amara, perdendo le speranze che qualcuno,
un giorno non lontano, potesse venire a liberarla. (Le rose di Cordova,
p. 150)
209
Gli uccelli rappresentano anche la vita che scorre in libertà, che,
comunque, si presenta estremamente fragile di fronte alla volontà
della natura, ma anche alla presenza dell’uomo, capace di distrug-
gerla al suo passaggio; come fragile è, d’altronde, l’esistenza umana:
12
Incluso nella raccolta di racconti I racconti dell’ombra, Scrittura & Scrit-
210
«Conosco quel rosso impaziente, quasi folgorante, addirittura
più bello di un’ode… Non ti nascondo che vederlo brillare sulle mie
finestre mi renderebbe lieto, ciononostante, resto ugualmente con-
vinto che un sogno non debba mai avverarsi, o si cadrà prigionieri
della vanità umana.» […] (p. 72)
211
Quell’idea di eternità commosse la regina. Accecata dal biancore
splendente del calcare di Tura che da più d’un millennio rivestiva il
sepolcro del faraone, acquietò lo sguardo nelle tinte opache della sua
tunica sciupata dal sole, mentre un pensiero nuovo correva a con-
fortarla dagli stupori dell’ignoto:
«Dove la bellezza trionfa, non si muore» disse tra sé assaporando
i frutti d’una leggera euforia. (Lo scettro di seta)
212
sesta, l’amata Isabel s’era spenta a Medina del Campo, stroncata da
un cancro. Aveva poco più di cinquantatre anni e con la sua morte,
secondo Pietro Martire d’Anghiera, «il mondo aveva perduto il suo
ornamento più bello».
Quasi per incanto, adesso il cielo venato dai lampi ‘era fatto d’un
algido bianco e il borbottio dei tuoni, in lontananza, arrivava som-
messo, anche se non meno sinistro. (Le rose di Cordova, p. 108)
Dalla sua casa a picco sul vuoto, poteva abbracciare con il solo
sguardo l’intero bosco di querce che si stendeva a fondovalle. Ma
adesso anche quello, sepolto sotto una gelida coltre di neve, sembrava
sparito nel nulla, per un sortilegio di maghi.
In quel trionfo di bianco e di luce accecante comparve la sagoma
incerta di un uomo. Nascosto sotto un ampio mantello, procedeva
a passo lento, col fiato corto e la faccia arrossata dall’aria pungente.
(L’eterno abbraccio del biancospino, in I racconti dell’ombra, p. 9)
213
«La vera bellezza non è forse quella che non si vede, se non con
l’occhio dell’anima?» la incalzò l’altra, non per metterla in difficoltà,
ma per un confronto amichevole sul tema.
«Lo è. Tutto il resto attiene all’effimero piacere, una selva di illu-
sioni e di sottili inganni.» (Agnese, una Visconti, pp. 136-37)
Alla rosa, troppo delicata, lei preferiva la ginestra dalle radici te-
naci e la fioritura d’un giallo sì lucente da conferire lustro perfino ai
terreni più sassosi. Un re ne aveva fatto raffigurare un tralcio nello
stemma di famiglia; un altro le aveva intitolato un ordine di cavalieri
scelti. Nelle sue radici si rinveniva polvere di oro fino. (Agnese, una
Visconti, p. 116)
Allo stesso modo, il rosso, colore del sangue, del fuoco e delle
passioni, del piacere, dell’energia, della vitalità e della forza, ma anche
della terra e della fertilità, irrompe esuberante nelle opere di Assini,
214
insieme all’arancione - «ponte tra l’oro del sole e il fuoco della
terra» -, al vermiglio e alle tonalità affini:
Drizzò il busto e sembrò più alto. Indossava una tunica di da-
masco in una rara sfumatura d’arancione, la tinta che fungeva da
ponte tra l’oro del sole e il fuoco della terra. Con quella luce addosso,
assomigliava a un principe orientale. (Agnese, una Visconti, p. 78)
215
carne, il vino e il sangue. […] C’erano stati giorni, nel corso del-
l’adolescenza, in cui si era chiesto spesso, immergendo la lana nei
mastelli, se quello che vedeva bollire sotto i suoi occhi fosse più vi-
cino al sangue versato da Cristo, o invece ai roghi dell’inferno. (La
Riva Verde, pp. 66-67)
Per dare ordine al mio incerto vivere, contavo a una a una le pa-
role dette, puntando a pronunciarne sempre meno, per arrivare a
niente. Però ancora mi ostinavo a coltivare un sogno, sbiadito come
le mie chiome: tornare a Granata e morire in un mattino d’estate sul
far dell’aurora, tra i mirti sempreverdi dell’Alhambra. (Le rose di Cor-
dova, p. 164)
216
gezza e alla riflessione, ma anche alla malinconia che invade i prota-
gonisti dei romanzi:
Nei giorni fasti di luna chiara, propizi alle arti e ad ogni manife-
stazione del sapere, si ritrovavano spesso nella Sala Blu della biblio-
teca. Tra le pareti azzurrine, rivestite di mattoni invetriati, Tösar
leggeva ad alta voce per la sovrana, scegliendo con cura i brani più
significativi dei classici a sua disposizione. (Lo scettro di seta)
Ma è dal mare che viene l’incanto. Non è del ‘colore del vino’,
come quello di Omero, ma di un blu più profondo dei fiori dell’aco-
nito. Al tramonto s’infiamma, le onde s’increspano, la sua voce lieve
si fa roca mentre narra, a chi sa ascoltarle, vecchie storie di sirene,
naufraghi, pirati. Qui, anche gli spiriti più disillusi finiscono per ce-
dere alle suggestioni delle favole. (Un caffè con Robespierre, p. 132)
217
di uno dei suoi quadri, trasferendoci in tempi remoti, avvolti in una
profonda aura di mistero, di malinconia e di contrasti, tra luci e
ombre, magia e sogno, realtà e fantasia; elementi che affascinano il
lettore e ne stimolano la curiosità pagina dopo pagina. È per questo
che, nello stile dei suoi romanzi, predomina il linguaggio evocativo,
costruito, fondamentalmente, attraverso le associazioni che le menti
dei protagonisti fanno tra le immagini e i fatti che presenziano, as-
sociandoli spesso al passato; un passato a volte glorioso, a volte
atroce; un passato personale e un altro che richiama la Storia collet-
tiva, condivisa dall’intera umanità. In tal modo, i protagonisti dei
suoi scritti, non accettando spesso il presente che vivono, cercano,
in molte occasioni, momenti di evasione, rievocando tempi passati
e momenti felici o gloriosi, ambientati in spazi a loro cari, che li aiu-
teranno a fuggire da una realtà non gradita. È il caso, ad esempio, di
Nura, schiava araba di Giovanna di Castiglia, nel romanzo Le rose
di Cordova, quando, persa nel ricordo dell’infanzia felice, durante la
quale godeva ancora della libertà e di una identità ormai perduta,
rammenta la sua tanto amata Cordova prima della Riconquista cri-
stiana, paradiso perduto dello splendore arabo in Spagna:
Andai a ritroso nel tempo, attraversando a passo lento i miei ri-
cordi, per timore di perderli. Mi rividi a passeggio nel patio dei ci-
pressi di Granada e poi sorseggiare un infuso caldo nella mia stanza
tappezzata di damaschi, mentre un giovane eunuco mi profumava
le caviglie con la canfora e il muschio. Nei rari giorni di pioggia mi
cimentavo con gli strumenti a corde o scrivevo poesie d’amore sulla
carta color rubino che un facitore di fogli di san Felipe portava una
volta al mese, ad uso esclusivo dei nobili di corte.
Incapace di rassegnarmi alla sconfitta, ripensai al giorno in cui gli
spagnoli erano entrati nella mia città da vincitori. Rividi il sultano
commuoversi fino alle lacrime e udii ancora sua madre, che gli stava a
fianco, pronunciare parole memorabili: «Fai bene a piangere come una
donna per la perdita di questa città che non hai saputo difendere come
un uomo!». […] Con un lungo sospiro, tornai al presente, tra le rovine
di marmo e quelle dell’animo. (Le rose di Cordova, pp. 19-20)
218
valle del Duero e il cielo, sgombro da nubi e foschia, faceva sì che
Medina del Campo apparisse più vicina. […]
«Il mio nome è Nura, Maestà!» ribadii severa, tornando, per un
attimo, ad essere quella che ero stata. Sebbene ormai fosse trascorso
più di mezzo secolo dai fatti di Granada, non resistetti ugualmente
alla voglia di rievocare la mia vita di allora, spesa tra i lucori della
madreperla e delle sete, il rosso scarlatto dei melograni e l’oro dei
soffitti. (Le rose di Cordova, pp. 164 e 166)
219
terno. Mi guardai attorno nell’urgenza di riempirmi lo sguardo con
l’azzurro del cielo e il volo dei merli, lasciandomi poi assorbire dal
verde intenso delle acque del Guadalquivir e infine abbagliarmi coi
riflessi d’oro puro del vecchio minareto, che al pari di un antico faro
aveva un tempo segnalato la città a pellegrini e mercanti. (Le rose di
Cordova, pp. 19-20)
220
di pronta fruizione, Adriana Assini dà voce a personaggi di altri
tempi, avvicinandoli al presente e a chi vorrà scoprirli attraverso la
lettura dei suoi romanzi. In questo breve saggio si è voluto mostrare
come le opere dell’autrice romana risveglino emozioni e inducano a
riflettere sulla complessità dell’animo umano e sulle ingiustizie della
Storia, ciò grazie anche alla contestualizzazione dei suoi racconti in
ambienti e spazi che apportano contenuti e significati universali.
BIBLIOGRAFIA
221
GONZÁLEZ DE SANDE M., Prólogo, in R. María, El universo femenino
entre literatura y pintura, Aracne, Roma 2016, pp. 9-24.
GONZÁLEZ DE SANDE M., Le rose di Cordova e la rivisitazione della Sto-
ria, in L. Casella, M. Martín Clavijo, (a cura), Favole scritte per chi
vuole sognare. Studi sulla narrativa di Adriana Assini, Aracne, Roma
2018, pp. 91-109.
REYES FERRER M., El universo femenino entre literatura y pintura, Aracne,
Roma 2016.
REYES FERRER M., Palabras y pinceladas. Las relaciones entre la pintura y
la escritura en la obra de Adriana Assini, in «Escritura e Imagen», nº
12, 2016, pp. 53-70.
222
RIASSUNTO
Seguendo l’impronta della tradizione letteraria del Novecento, in
cui il messaggio e il valore morale della scrittura contavano al di sopra
di ogni esibizione formale, la scrittrice Adriana Assini, per la stesura
dei suoi romanzi, impiega un linguaggio carico di connotazioni, che
va oltre le apparenze. Nel presente saggio si dimostra come l’autrice
conduce il lettore, attraverso una continua riflessione sul messaggio
contenuto nel testo, alla costante ricerca di significati e di valori es-
senziali dell’animo umano.
ABSTRACT
The Symbolism in the Settings of Adriana Assini’s Novels
223
INDICE
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
TEODORO BRESCIA
I simboli taoisti della materia e dello spirito:
alle radici della filosofia perenne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
MARIADOMENICA LO NOSTRO
Il risveglio della Madre Terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
KATJIA TORRES
Indicios de cultos matriarcales preislámicos
recogidos en el Corán . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
ANNEMARIE KROKE
Regredire al materno per progredire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
TARSHITO
Terra (Unione), Mater (Offerta)
Materia (Pellegrinaggio) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
ANGELA GIALLONGO
La Terra come metafora del femminile nel medioevo . . . . . . . . . . . . . . 113
PATRIZIA CARAFFI
Terra e cielo. Le donne albero, gli alberi delle donne . . . . . . . . . . . . . . . 141
427
DANIELE CERRATO
Miti e Simboli matriarcali
in Accabadora di Michela Murgia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163
GENNARO VALENTINO
Ritorno a Bagheria. Il ricordo della terra natìa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225
FERNANDA MANCINI
A mo’ di emblema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239
LAURA MARCHETTI
La fiaba come voce profonda della natura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243
MARIA LEO
Le symbole de la pomme au cours du temps et des âges . . . . . . . . . . . 267
SEBASTIANO VALERIO
Leopardi, Pascoli, Pirandello e le colpe di Copernico . . . . . . . . . . . . . . 295
CEZARY KORZEC
Nostra sorella madre Terra: una rilettura evangelica
dell’antico concetto nel Cantico delle creature
di san Francesco d’Assisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333
428
ANDREA SCHEMBARI
La terra vista dall’acqua. Mito e identità
negli approdi in Sicilia di P.L. Courier e J.W. Goethe . . . . . . . . . . . . . . . 345
ANGELO RELLA
La terra è in pericolo?
La letteratura di genere la salverà! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385
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