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Agricoltura Naturale for Dummies – di Anna C.

Satta

Agricoltura Naturale for Dummies

Cos’è l'agricoltura naturale?


Cominciamo dal nome: a molti pare un ossimoro perché o è agricoltura, o è natura.
L’agricoltura non ha niente di naturale, è una pratica dell’uomo. Infatti.
Ma bisogna investigarne l'origine per capire l’uso comune del nome. In primo luogo c'è stato un
problema di traduzione, perché il primo a raccontare l’agricoltura naturale (bada bene, non il
primo a praticarla, ci mancherebbe, ma solo a raccontarla in modo poetico e scientifico insieme)
è stato Masanobu Fukuoka, un microbiologo giapponese. Fukuoka non ha mai parlato
esplicitamente di “agricoltura naturale”, ad esempio il titolo in inglese, traduzione dal
giapponese, di uno dei suoi libri è “The Natural Way of Farming”, ovvero “il modo naturale di
coltivare”, che ha già più senso perché descrive l’approccio alla coltivazione, non indica con
nessun aggettivo l'agricoltura in sé.
Ad ogni modo, chiamarla “naturale” è fondamentale per specificare che si tratta di un metodo
di coltivazione che si ispira ai processi naturali, a differenza di qualsiasi altra agricoltura.
Insomma il vero termine fuori posto non è “naturale”, ma è “agricoltura”. Sarebbe dunque più
corretto chiamarla “coltivazione” oppure “agrologia” perché (cito i coniugi Bourguignon) “dal
punto di vista etimologico, infatti, l’agrologia è la scienza, la conoscenza del campo, mentre
l’agronomia ne è la legge, l’ordine. Superare l’agronomia significa dunque passare da un
approccio dirigistico e semplificato dell’agricoltura ad un approccio più scientifico e globale”.
Che è esattamente quello che si fa praticando l' agricoltura naturale.
Quindi, il nome è solo indicativo, non facciamoci fuorviare.

Cosa vuol dire “naturale”?


Di questi tempi il termine “naturale” è super abusato e non solo riguardo l’agricoltura. Di tutto
quello che leggerete in questo breve testo, direi che nel mondo sia giusto un esiguo manipolo di
contadine e contadini ad averne coscienza, ma in tanti dicono “sì, sì è tutto naturale”, ma non
stiamo parlando della stessa cosa.
Allora ecco qualche indicazione pratica, senza aspirazione di essere esaustiva.

L'agricoltura, così come la si intende normalmente, si divide in:


- agricoltura chimica, sia industriale che su piccola scala, che usa prodotti di sintesi senza
nessun’altra intenzione che ottenere un raccolto;
- agricoltura biologica, dove non è intesa solo quella certificata, ma a grandi linee possiamo
farci rientrare anche i metodi come il biodinamico, la rigenerativa, il metodo Manenti, e tutti
quelli che non contemplano l'uso si prodotti di sintesi, ma solo di origine naturale e hanno una
certa propensione alla salvaguardia ambientale e della salubrità del lavoro e del prodotto.
Ad ogni modo, tutti i metodi agricoli si caratterizzano per le pratiche che si ripetono
annualmente, così dette “convenzionali”, alcuni metodi con mezzi meccanici più o meno
sofisticati, altre manuali, alcuni evitano certe pratiche a favore di altre, chi più chi meno,
comunque hanno in comune tutte o in parte queste attività:
1) lavorazione del suolo;
2) fertilizzazione;
3) diserbo;
4) semina massiva;
5) raccolta massiva;
6) attività antiparassitaria;
7) divisione netta delle colture;
8) pulizia del suolo da ogni residuo vegetale o interramento dello stesso.

Lungi da me sostenere che il chimico ed il biologico siano uguali, specie per quanto riguarda
l’inquinamento ambientale, ma pensare che siano diversi in modo radicale è spesso un’illusione.

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Agricoltura Naturale for Dummies – di Anna C. Satta

Nell’espressione comune, l’agricoltura si identifica proprio con tali pratiche, fare agricoltura è
sinonimo di arare, diserbare, concimare e dare antiparassitari quasi più che raccogliere.

Invece l'agricoltura naturale, che da questo momento inizierò a chiamare “coltivazione


naturale”, si distingue dall’agricoltura (tutte le agricolture) per la totale assenza di tutto quello
elencato prima. Non c'è l'uso di prodotti, nemmeno quelli di origine naturale, ma sopratutto non
ci sono le attività che consideriamo peculiari dell'agricoltura.
Per questo non dovremmo nemmeno chiamarla “agricoltura”!
Probabilmente il termine “agricoltura” induce ad assimilarla agli altri metodi, ma in realtà è un
sistema di coltivazione che si origina da presupposti talmente diversi, e la pratica è talmente
dissimile, che non è possibile fare paragoni (e chi li fa non sa di cosa sta parlando).

La discriminante sostanziale è la cura dell’orizzonte umifero che, nella coltivazione naturale è


l’obiettivo fondamentale verso cui verte ogni pratica e ogni accorgimento, mentre nei metodi
agricoli che fanno uso di sostanze chimiche è completamente ignorato e anzi avversato, in quelle
biologiche risulta un elemento importante ma relativo, sottovalutato, spesso poco studiato e solo
marginalmente incoraggiato.

Cos’è l’orizzonte umifero?


Tutte le pratiche agricole causano un tale sconvolgimento dei processi naturali che, a ben
guardare, ognuna si rivela un’azione atta a rimediare i danni causati dall'azione precedente.
Dal punto di vista microbiologico tutte le lavorazioni del suolo, dall'aratura alla rincalzatura,
anche i lavori più leggeri e anche la semplice compressione del suolo, la fertilizzazione forzata,
il diserbo, tutte causano enormi danni ai meccanismi di fertilità spontanea.
Non a caso Masanobu Fukuoka era un microbiologo, non un agronomo.
Ad esempio, si guardi un bosco: il terreno del bosco è fertilissimo, nero, soffice, umido,
profumato. E’ il massimo esempio (nel nostro clima e nella nostra epoca antropizzata) di fertilità
spontanea in azione. Osservando il bosco si nota che il suolo nudo non esiste, è totalmente
coperto da piante o da uno strato di foglie e residui vegetali e animali che si chiama lettiera. La
superficie del suolo appena sotto la lettiera è lo strato soffice che si chiama “orizzonte
umifero”1 ed è lì che avvengono tutti i processi e le interazioni biologiche che trasformano i
residui in una sostanza complessa e fertile, chiamata appunto humus. L’humus quindi è il
risultato di un processo di fertilità spontanea che nutre tutte le piante e indirettamente nutre
anche gli animali che mangiano le piante e dunque gli animali che mangiano gli altri animali.
Tutta la vita sulla terraferma comincia dall'orizzonte umifero.
Ma l'agricoltura non tiene conto, o lo fa solo in modo parziale, di tali interazioni, infatti il suolo
viene sistematicamente lavorato, solcato, pulito, rovesciando e disturbando l’orizzonte umifero,
interferendo dunque nella sua funzione di produzione di humus.
Di conseguenza il suolo si impoverisce, anno dopo anno sempre di più, e così, per farci cresce
qualcosa, bisogna rimediare fertilizzando, cioè bisogna aggiungere artificialmente qualcosa che in
natura verrebbe creato spontaneamente.
Ma la Natura è meravigliosa ed il terreno perturbato possiede un meccanismo di protezione
straordinariamente efficiente che assomiglia alle croste che si formano sulla nostra pelle quando
ci procuriamo un'escoriazione: sono le piante pioniere che crescono là dove per molte altre
specie le condizioni sono proibitive. Esse ricoprono urgentemente la terra nuda per proteggerla
dai raggi solari, ne conservano l'umidità, la lavorano con le loro radici poderose e, quando
finiscono il loro ciclo vitale, lasciano quei residui vegetali che nel tempo formano di nuovo la
lettiera indispensabile per far tornare a funzionare l'orizzonte umifero. Peccato che tali utilissime
piante vengano chiamate infestanti e viene fatta loro una vera e propria guerra, come fossero
responsabili di chissà quali nefandezze.
Rubano l'acqua, il sole e gli elementi nutritivi alle colture, ci dicono...

1 Nella catalogazione scientifica il suolo è classificato in strati detti orizzonti pedologici; i primi due sono indicati
come “orizzonte O” la lettiera e “orizzonte A” lo strato appena sotto.

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Peccato che la biologia dimostri l'esatto opposto ed i contadini che praticano il naturale possano
testimoniarlo. L’eliminazione sistematica di tutte le piante spontanee causa ulteriore
impoverimento del suolo che implica l’uso di ulteriori fertilizzanti.

A questo punto è fondamentale chiarire la differenza sostanziale tra fertilità e fertilizzazione.


La fertilità è un processo spontaneo che la Natura mette in atto continuamente, tutti gli esseri
della terraferma (ovvero piante, animali, insetti, microrganismi, eccetera) alla fine del loro ciclo
vitale, vengono sminuzzati dalla microfauna e poi “digeriti” dal suolo e dal complesso di
batteri, microfauna e microflora che lo popola. E’ un processo intrinseco nella vita, come la
fertilità delle femmine di tutti gli animali, come gli ovari dei fiori, la fertilità spontanea del
suolo è il principale meccanismo di propagazione della vita dall’inizio dei tempi.
Invece la fertilizzazione del suolo è l’aggiunta di elementi, non creati dall’orizzonte umifero, che
l’uomo introduce artificialmente per rimediare alla perdita di fertilità spontanea. Che si tratti di
elementi di sintesi, di letame maturo o di compost biologico, nessuna di tali sostanze è da
considerarsi “naturale”. Per fare un paragone: teoricamente anche noi esseri umani potremmo
alimentarci con delle flebo, con degli integratori di vitamine e sali minerali, fibre in compresse,
aminoacidi e zuccheri in polvere. Per quanto siano tutti estratti di origine naturale e non
sintetica, si potrebbe dire che faremmo una vita “naturale”?!
Per le piante vale la stessa considerazione, persino il più biologico dei compost è solo
un’enorme quantità di sostanze disponibili per l’assimilazione delle piante che l’uomo crea
altrove, trasporta e spande nei campi (con un dispendio energetico enorme) che non ha alcun
senso chiamare “naturale”. Vedremo in seguito anche i danni che causa tale pratica.

L’osservazione della natura suggerisce inoltre che le monoculture di un’unica varietà non sono
una buona idea. Ovvero quello che in agricoltura è la norma (grandi campi di pomodori, di
vite, di mais, di soia, di cavoli, di nocciole, di castagne e di quant’altro) sono la cosa peggiore
che si possa fare sia al suolo che alle piante stesse. Nel suolo viene a mancare la diversità
necessaria per una buona vita microbica, essenziale per avviare i processi di fertilità spontanea e
le piante si ritrovano da sole a fronteggiare l’attacco di insetti e funghi che se ne nutrono.
Infatti in Natura non esistono i parassiti, ci sono piuttosto organismi che, nelle condizioni di
indebolimento della pianta bersaglio e in assenza di antagonisti che ne possano limitare la
crescita, tendono a moltiplicarsi in modo esponenziale.
Quando un agricoltore (o un ortolano) si lamenta di avere un problema di afidi, o di cocciniglia,
o di peronospora, o di qualsiasi altro “parassita”, in realtà dovrebbe rendersi conto che il suo
vero problema è che nel campo mancano le condizioni naturali affinché gli afidi, la cocciniglia,
la peronospora, o qualsiasi altra avversità sia tenuta sotto controllo.
Se davvero gli afidi fossero così incontenibili come raccontano, tutto il pianeta ne sarebbe
ricoperto. Invece si riproducono a dismisura solo nei campi arati e dissodati, dove le piante sono
estremamente fragili. Per inciso, le piante coltivate sono fragili rispetto alle loro progenitrici
selvatiche in parte a causa delle dissennate selezioni varietali che accentuano principalmente le
caratteristiche commerciali piuttosto che la loro capacità di resistere alle avversità e, in parte, a
causa della fertilizzazione e dell’irrigazione forzate che costringono le piante a crescere in modo
innaturale ed in tempi velocissimi, rendendo i tessuti vegetali tesi e gonfi di liquido, quindi
fragili ed esposti ad ogni attacco parassitario. Inoltre, se in un campo ci sono solo piante della
stessa specie, è normale che un insetto o una malattia, che tendono ad essere molto selettivi,
specifici di quella data specie vegetale, è normale che trovino tanta abbondanza da riprodursi
senza limite. In tali condizioni le piante sono incapaci di difendersi come invece farebbero in
natura. Per giunta la fertilizzazione e l’irrigazione forzate alterano talmente tanto i meccanismi
dell’orizzonte umifero da inibirli.
Infine il terreno lavorato e diserbato resta esposto alle intemperie che ne causano un tale
compattamento e impoverimento per cui, l’anno successivo, si rende necessario dissodarlo e
fertilizzarlo di nuovo e tutto rincomincia.
Ecco come funziona il circolo infinito nel quale si sono cacciati (loro malgrado) gli agricoltori.

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Ma cosa fa un coltivatore naturale?


La coltivazione naturale è la pratica di osservare, studiare e imitare il più possibile la Natura, si
ottengono dei raccolti perturbando il meno possibile i suoi equilibri e anzi agevolandoli e
traendone il massimo vantaggio con il minor input energetico possibile.
Semplificando all’estremo, possiamo dire che una contadina o un contadino naturale, per prima
cosa, interrompe il circolo infinito di cui sopra, lasciando in loco ed anzi aggiungendo quanta
più biomassa è possibile sul suo terreno, ovvero ricreando la lettiera con uno spesso strato di
foglie, paglia, fieno, sfalci, ecc.
Poi vende il trattore che tanto non userà più e si compra un mezzo leggero per i trasporti da
una parte all’altra del campo.
A questo punto delimita in modo univoco dove far passare il mezzo e dove si passa a piedi, in
modo che tutto il resto del campo sia dedicato alla coltivazione senza che venga più compresso
e quindi senza che vi sia più bisogno di dissodarlo.
Con in mano la mappa delle aree coltivabili del campo, la contadina ed il contadino naturale
cominciano a seminare alberi da frutto e altre piante perenni utili, inoltre lascia che crescano
spontanei gli arbusti e gli alberi del territorio, eliminando solo le specie più aliene.
Dopo almeno 3 ma, in base alle condizioni del terreno, anche 5 o 6 anni di incolto assoluto
(senza nemmeno lo sfalcio, si chiama “maggese”) il contadino naturale, con un input energetico
prossimo allo zero, si ritrova un buon terreno fertile e profondo che non richiede aratura, bello
pronto per coltivare nel modo più eterogeneo possibile partendo dai semi più rustici e locali che
si produce da se.

L’agricoltura naturale si può praticare anche in un’azienda o è solo per gli orti familiari?
La coltivazione naturale è la soluzione ideale nelle piccole aziende agricole. Masanobu Fukuoka
aveva la sua azienda in Giappone ed è stata per tanti anni la sua unica fonte di reddito, molti
altri contadini naturali come lui, in tutto il mondo, stanno dimostrando che è possibile creare
reddito dalla coltivazione naturale.
Gli aspetti fondamentali che distinguono le contadine ed i contadini naturali è l’organizzazione
del lavoro e lo studio. Come ripete spesso Vandana Shiva 2: “Non dimentichiamoci che il 70-80%
del cibo che sfama le persone nel mondo è prodotto da piccole aziende agricole familiari, non
dalle grosse aziende dell’agribusiness.”
Un reddito dignitoso e l’assenza di debiti sono le caratteristiche di chi coltiva alleandosi con la
Natura. Bisogna conoscere, osservare, sperimentare e diversificare il più possibile le colture per
garantirsi un reddito durante tutto l’anno. Nel primo periodo si deve fare un investimento
importante di tempo ed elaborazione, comunque molto meno oneroso dell’avvio di un’azienda
convenzionale, per la quale si spendono cifre incredibili in mezzi meccanici e strumenti.
E’ un approccio completamente diverso rispetto all’imprenditore agricolo, la coltivazione naturale
richiede applicazione e capacità di progettare in armonia con i cicli e gli equilibri biologici. Non
ci sono grandi lavori faticosi, ma tanto studio e tante piccole attività quotidiane.
E bisogna saper coinvolgere la comunità del territorio per far apprezzare il proprio lavoro,
affinché si instauri non solo un rapporto cliente-produttore, ma ci sia fiducia e orgoglio del
proprio lavoro.3
Forse non è per tutti, ma in fondo perché mai un lavoro così indispensabile per la nostra
sopravvivenza dovrebbe esserlo?

2 Vanda Shiva, fisica quantistica e scienziata, economista ed attivista ambientalista indiana, è considerata la teorica più
nota dell’ecologia sociale.
3 Per la coltivazione da reddito si veda “Le contadine del futuro”, articolo apparso nel numero di XXXX/2019

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