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INDUZIONE ELETTROMAGNETICA

h B
l v
x

Figura 1

Consideriamo un sistema di riferimento inerziale Oxyz e uno sperimentatore che chiameremo


Osservatore O.
Poniamo che O osservi una spira rettangolare conduttrice che si muove all'interno di una regione in cui
è presente un campo magnetico B. Poniamo che la spira sia orientata in modo che i lati siano paralleli
alle direzioni x e y e che la velocità v sia in direzione x e sia costante nel tempo. Chiamiamo l e h le
lunghezze dei lati della spira, rispettivamente lungo x e lungo y. Supponiamo inoltre che il campo sia
diretto lungo z nel verso positivo. Supponiamo anche che il campo non sia uniforme, ma diminuisca di
intensità all'aumentare di x nella regione in cui si muove la spira, ad esempio la spira potrebbe
allontanarsi da un elettromagnete non rappresentato in figura. Consideriamo, per semplicità,
trascurabile la dipendenza da y del campo. Sul lato della spira più vicino all'elettromagnete agisce un
campo B(x) e sul lato più lontano un campo B(x+l), dove B(x+l)<B(x).

v
B

F (x) F (x+l)

x x+l
Figura 2

I portatori di carica libera, che sono gli elettroni negativi, si muovono con la spira e dunque hanno una
velocità di trascinamento v. Quindi subiscono una forza di Lorentz. Tale forza, che agisce sui portatori
di carica su tutti i lati della spira, è orientata lungo y e ha modulo:
F =evB(x)
dove e=1.6 10−19 C è il valore assoluto della carica di un singolo elettrone.
Nei lati paralleli all'assse x la forza di Lorentz non può mettere in moto i portatori di carica perché essi
non possono spostarsi in direzione y.
Nei lati paralleli all'asse y la forza di Lorentz fa muovere i portatori di carica nel verso delle y positive.
Ma la forza nel lato corrispondente alla posizione x è maggiore di quella nel lato più corrispondente a
alla posizione x+l , dunque il moto risultante degli elettroni è in verso orario in figura.
Per convenzione la corrente è positiva in direzione opposta al moto degli elettroni, come se i portatori
di carica fossero positivi. Dunque il moto della spira nel campo magnetico non uniforme induce una
corrente in verso antiorario. Il campo elettromotore cioè la forza per unità di carica che agisce nella
spira è E ' =v×B .

La forza elettromotrice, fem, è il lavoro lungo tutta la spira del campo elettromotore:
fem=v [ B( x)− B(x +l ) ] h (1)

Abbiamo preso la differenza dei due campi in valore assoluto in modo che la fem risulti positiva.

Consideriamo questo esperimento da un punto di vista diverso. Un osservatore O' che si muove con la
stessa velocità della spira è un osservatore inerziale per il quale la spira stessa è in quiete. Dunque
questo osservatore non dovrà misurare alcuna forza di Lorentz agente sul circuito, che per lui risulta
fermo. D'altra parte, l'Osservatore O' misura la stessa corrente che misura l'Osservatore O, per cui il
circuito si muove con velocità v. Dal punto di vista dell'Osservatore O' tale risultato non può essere
dovuto a una forza di Lorentz, ma deve derivare comunque dalle stesse leggi dell'Elettromagnetismo
che valgono per l'osservatore per cui il circuito è mobile. Per il Principio di Relatività infatti le leggi
della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori inerziali.
Per tutti e due gli osservatori il flusso del campo magnetico attraverso il circuito cambia nel tempo .
L'osservatore O attribuisce questa variazione a un moto della spira in un campo magnetico costante nel
tempo. L'osservatore O' attribuisce la variazione di flusso alla variazione nel tempo del campo
magnetico. I due punti di vista sono equivalenti. Ciò che si esperimenta in tutti e due i casi è la
dipendenza dal tempo del flusso del campo attraverso il circuito.

Il flusso orientato attraverso la spira può essere definito attraverso qualunque superficie che ha come
contorno (frontiera) la spira stessa. Ciò che occorre stabilire è il verso della normale in ogni punto della
superficie. Possiamo scegliere la seguente convenzione: data una curva chiusa C e una superfcie Σ1 che
vi si appoggia, si sceglie un verso di percorrenza per C; allora il verso della normale alla superfcie in
ogni punto è legato al verso di percorrenza del circuito dalla regola della vite.

n
Σ1

Figura 3

Il flusso del campo magnetico è lo stesso attraverso qualunque superficie che si appoggia sulla spira,
per via del fatto che il campo magnetico è solenoidale.
Σ2
n
Σ1
n
C

Figura 4

Infatti, consideriamo di nuovo una curva C su cui si appoggiano, come in Figura 4, le superfci Σ1 e Σ2.
Il flusso del campo magnetico attraverso la superficie chiusa data dall'unione delle due superfci
Σ=Σ1∪Σ 2 è zero:
Φ(Σ)=Φ( Σ 2)+(−Φ( Σ1 ))=0
In questo caso la normale è esterna alla superficie totale Σ quindi il flusso attraverso Σ1 compare
cambiato di segno. Ne segue:
Φ (Σ 2)=Φ(Σ 1)

Calcoliamo ora il flusso attraverso la superficie piana che ha come contorno la spira rettangolare di
Figura 1. L'elemento di superficie che conviene considerare è dx h . Se scegliamo il verso di
percorrenza della spira antiorario, per la regola della vite, la normale positiva è diretta nel verso
positivo dell'asse z.
Il flusso è dato dall'integrale di B(x) dx h:
x +l
Φ=∫x B (x ' )h dx '
La derivata del flusso rispetto al tempo è:
dΦ dx dx
=B( x+l )h −B( x)h =[ B ( x +l)− B(x ) ] h v (2)
dt dt dt
La variazione del flusso risulta negativa dato che il campo diminuisce all'aumentare di x.
La (2) coincide con la (1) se si pone:

=− fem (3)
dt
L'osservatore “in quiete” O osserva una forza di Lorentz che agisce sulla spira in movimento. Quindi
conclude che la forza elettromotrice è un effetto dovuto al campo magnetico. La spira è elettricamente
neutra per tale osservatore, dato che la carica degli elettroni negativi è compensata in ogni istante dagli
ioni positivi dentro il conduttore. Invece, l'osservatore solidale con la spira osserva un campo
elettromotore nella spira in quiete e quindi conclude che esiste un campo elettrico non nullo che agisce
sulla spira stessa. Tale campo non può essere conservativo come accade in elettrostatica perché è in
grado di far muovere le cariche attraverso un circuito chiuso:
∫γ E⋅dl= fem con γ cammino chiuso (4)
Mettendo insieme la (3) e la (4) l'osservatore solidale O' scrive:
d Φ ( B)
∫γ chiuso E⋅dl=− d t (5)
La legge di Faraday (5) è l'espressione più generale per la circuitazione del campo elettrico ed è una
delle Equazioni di Maxwell.

Questo ragionamento ci porta ad ammettere che l'effetto di un campo magnetico per un osservatore
diventa l'effetto di un campo elettrico per un altro osservatore in moto rettilineo uniforme rispetto al
precedente. Nessun osservatore inerziale è privilegiato e non adottiamo il punto di vista di uno dei due
osservatori.
Tuttavia possiamo dire che il Magnetismo è necessario per il Principio di Equivalenza: nessuno dei due
osservatori può stabilire il suo stato assoluto di moto o di quiete. Pertanto l'osservatore che non misura
l'esistenza di un campo elettrico nel suo sistema di riferimento deve ammettere che esista un campo
diverso da quello elettrico, che agisce sulle cariche in movimento, che egli chiama appunto campo
magnetico. In Fisica ci si riferisce ad un unico Campo Elettromagnetico a sei componenti proprio
perché si riconosce che campo elettrico e magnetico sono correlati tra loro dalle leggi di trasformazione
tra sistemi di riferimento inerziali (Trasformazioni di Lorentz).

Il campo elettrico è conservativo in una regione in cui la variazione del flusso del campo magnetico è
trascurabile. Nel caso in cui il secondo membro della (5) sia zero in una regione dello spazio la
circuitazione del campo è nulla su qualunque cammino chiuso e si può quindi definire un potenziale
elettrico. Ciò accade in Elettrostatica, cioè in assenza di correnti. Ma può valere approssimativamente
nel caso in cui le correnti e i campi siano lentamente variabili nel tempo o, comunque, il flusso del
campo magnetico varii lentamente nel tempo. Per questo in Elettrotecnica e in Elettronica si può
descrivere una rete elettrica con correnti variabile nel tempo ancora in termini del potenziale elettrico
dei vari punti della rete. Vedremo un esempio di tale approssimazione quando considereremo i circuiti
RL.

Legge di Lenz

Notiamo che la diminuzione del flusso del campo provoca lo scorrere di una corrente in senso
antiorario. Il verso della corrente è tale da creare un flusso positivo. Si trascura questo flusso, detto
autoindotto, rispetto a quello dovuto al campo B a meno che non si specifichi che il coefficente di
autoinduzione del circuito sia abbastanza grande. Parleremo in seguito di autoinduzione.
Qui osserviamo che la corrente scorre nel verso che si oppone alla variazione di flusso.
Quest'ultima affermazione prende il nome di Legge di Lenz ed è fondamentale nei problemi pratici per
fissare i segni relativi di forza elettromotrice e corrente indotta. La Legge di Lenz, come vedremo, è
legata alla Conservazione dell'Energia.

Conversione di Energia Meccanica in Energia Elettrica

y
B v
l

x
Figura 5
Con riferimento alla Figura 5, supponiamo di avere un circuito formato da due rotaie, paralele all'asse
x, unite insieme a una estremità da un conduttore perpendicolare ad esse. Il circuito è chiuso da una
sbarra, di lunghezza l, pari alla distanza tra le rotaie, che trasla con velocità uniforme v lungo x. La
resistenza totale del ciruito sia R. Il circuito è immerso in un campo magnetico uniforme B diretto
lungo z.
La variazione di flusso, dovuta al moto della sbarra, induce una fem:
fem=vBl
fem v B l
La corrente indotta è: I = = . Il verso della corrente è quello del campo elettromotore di
R R
Lorentz: la corrente scorre in verso orario. Ciò è in accordo con la Legge di Lenz: il flusso aumenta
(normale alla superficie scelta in verso delle z positive) e la corrente indotta scorre in senso antiorario
in modo da creare un autoflusso negativo che si opponga a questo aumento.

y
B I FL F

x
Figura 6

La corrente che scorre subisce una forza di Lorentz che si calcola con la II Legge di Laplace:
v B2 l 2
F L =I l B= . Tale forza ha direzione e verso come in Figura 6 e si oppone al moto della
R
sbarretta. Ne segue che per mantenere la sbarra in movimento rettilineo uniforme occorre esercitare una
2 2
vB l
forza esterna uguale e contraria F =
R
B2 l 2 v 2 fem2
La potenza meccanica impiegata Fv= = è pari alla potenza dissipata per effetto Joule,
R R
Quindi il lavoro meccanico compiuto dall'ambiente esterno viene convertito in energia elettrica
necessaria a far circolare la corrente.
Vediamo che la Legge di Lenz ha il significato di Conservazione dell'Energia. Infatti, se la corrente
scorresse in verso opposto F L tenderebbe a far accelerare la sbarra, non ci sarebbe bisogno di una
forza esterna per far muovere la sbarra e si avrebbe creazione di energia elettromagnetica dal nulla.
Autoinduzione
T Consideriamo un circuito come il Figura 7, composto da una
forza elettromotrice G, un resistore R e un interruttore T di
chiusura/apertura. Siamo in approssimazione di circuito a
costanti concentrate, cioè supponiamo che tutta la resistenza
G R del circuito sia concentrata in R e tutti gli altri conduttori del
circuito abbiano resistività praticamente nulla. Quando
l'interruttore viene chiuso scorre corrente nel circuito. La
corrente crea un campo magnetico e di conseguenza un
Figura 7 flusso di campo magnetico attraverso il circuito. Se
consideriamo anche il fatto che tale flusso non era presente
un istante prima della chiusura del circuito, possiamo dire che si ha una variazione di flusso del campo
magnetico. Questa variazione per la Legge di Faraday (5) e per la Legge di Lenz induce una forza
elettromotrice che vi si oppone, cioè che tende ad opporsi al generatore G. Finora abbiamo sempre
trascurato questo fenomeno, considerando trascurabile la variazione di flusso del campo e la
conseguente fem autoindotti.
Supponiamo però che parte dei conduttori del circuito formino una bobina con un alto numero di
avvolgimenti. Chiameremo questa parte del circuito induttore e lo rappresenteremo come in Figura 8.
2 T 3
Consideriamo il caso in cui il flusso non sia trascurabile
nell'induttore quando nel circuito scorre una corrente i.
L'induttore potrebbe essere realizzato da un solenoide. Il
campo magnetico all'interno di un solenoide, in cui scorre
G R una corrente i ,è:
B=μ 0 n i dove n è il numero di avvolgimenti per unità di
L
lunghezza.Il flusso di questo campo attraverso il solenoide
4 stesso è:
1 2
Φ=μ 0 n Al i dove l è la lunghezza del solenoide, nl il
Figura 8 numero di spire e A l'area di ogni singola spira. Abbiamo
quindi una proporzionalità diretta del flusso con la corrente.

Il coefficiente di proporzionalità prende il nome di coefficiente di autoinduzione o induttanza L:


Φ=L i (7)
L'induttanza si misura in Henry.
Nel caso di un solenoide L=μ 0 n 2 Al . Diamo un ordine di grandezza tipico per L. Considerando
n=103 , A=1 cm2, l = 5 cm, si ottiene: L=6.28×10−4 H . Se avvolgiamo il solenoide attorno a un
materiale ferromagnetico di permeabilità magnetica relativa μ r possiamo aumentare L dello stesso
fattore: L=μ 0 μ r n2 A l In alcune leghe il valore del fattore di moltiplicazione può arrivare a
μ r∼10 4−10 5
L'induttore può avere geometria diversa da un solenoide, quindi l'espressione di L può cambiare a
seconda dei casi, ma in generale vale la (7).
Dunque la variazione del flusso all'interno dell'induttore è data da:
dΦ di
=L (8)
dt dt
Applichiamo la Legge di Faraday (5) considerando la circuitazione lungo il circuito elettrico di Fig 8.
Al di fuori della zona dell'induttore il flusso del campo magnetico si considera trascurabile. Dunque
vale:
∫γ E⋅dl≈0 e si può definire un potenziale elettrostatico V. All'interno della zona dell'induttore il
flusso del campo magnetico è dato dalla (7) e la sua variazione dalla (8). Usiamo quindi di nuovo
l'approssimazione delle costanti concentrate: tutta l'autoinduzione del circuito è concentrata in un solo
componente, di induttanza pari alla costante L. Consideriamo ora l'integrale di linea del campo
elettrico attraverso i vari componenti del circuito. Attraverso la forza elettromotrice l'integrale di linea
del campo è: V 1−V 2=−G infatti in un generatore ideale il campo elettromotore è uguale e opposto
al campo elettrico. Attraverso il resistore, dalla Legge di Ohm segue che l'integrale di linea del campo
elettrico è V 3−V 4=i R . Attraverso l'induttore l'integrale di linea del campo elettrico è nullo,
dato che si suppone che il filo conduttore con cui è costruito abbia resistività trascurabile. Infatti, in
approssimazione di costanti concentrate, l'unico materiale che possiede una resistività non nulla è
quello che costituisce il resistore. Parimenti è nullo l'integrale di linea del campo in tutti i conduttori
che collegano i vari componenti del circuito. Scriviamo quindi la Legge di Faraday:

−G+ i R=− e dalla (8):
dt

di R G
+i = (9)
dt L L
Vediamo che i segni sono giusti perché la fem indotta e la fem del generatore sono “in competizione”
come vuole la Legge di Lenz.
La (9) è l'equazione di un circuito RL ed è formalmente identica all'equazione di un circuito RC. Si
risolve ovviamente allo stesso modo.
La soluzione della omogenea associata:
di R
+ i =0
dt L
è:
( ) t
i h (t )=A exp − τ τ= L/ R

Prendiamo una costante i p =C come soluzione particolare della (9). Sostituendo si ottiene:

G
i p=
R
La soluzione generale è:
G
( )
t
i(t)=i p + i h (t)= + A exp − τ
R

La costante A si determina imponendo la condizione iniziale. La condizione fisica da imporre è che il


all'istante iniziale t=0, quando viene chiuso il circuito, la corrente sia nulla cioè non possa instaurarsi
istantaneamente: i(0) = 0. Con questa condizione:
i(t)=
G
R
[ ( )]
1−exp − τ
t
τ= L/ R (10)
Vediamo che dopo un certo tempo, dell'ordine di qualche τ , la corrente si stabilizza a un valore
costante:
G
i(∞)=
R
Si dice che in questo periodo di tempo si dice che siamo in regime transitorio.
Vediamo che dopo il transitorio l'induttore si comporta come un corto circuito. Infatti, quando la
di
corrente i è praticamente costante, si ha che =0, e la forza elettromotrice indotta si annula.
dt
Invece, dalla (9), per t = 0, si ha:
di
i(0)=0 → L =G
dt
La forza elettromotrice indotta, all'istante iniziale, compensa esattamente la fem del generatore, in
modo da non far passare corrente. L'induttore si comporta come un circuito aperto all'istante
iniziale. Vediamo che L misura l'inerzia del circuito alla variazione di corrente e di tensione.

Figura 9

i
Figura 9 mostra la quantità in funzione del tempo per τ=1 secondo .
i (∞)
Facciamo alcune considerazioni dal punto di vista energetico. La potenza istantanea fornita dal
generatore è:
P=G i
Dalla (9)
di
P=G i=L i+ i 2 R
dt
(11)
Il secondo termine della (11) è la potenza dissipata per effetto Joule. Il primo termine riguarda
l'induttore: possiamo pensare che sia una sorta di energia magnetica che per unità di tempo venga
trasferita dal generatore all'induttore. Questo termine è integrabile da 0 a infinito.
∞ di i (∞) 1
U m=∫0 L i dt =∫0 Li di= L i(∞)2 (12)
dt 2
U m è l'energia magnetica che viene accumulata nell'induttore durante il transitorio.
Tale energia non è dissipata, ma immagazzinata, infatti si può sfruttare collegando l'induttore con una
resistenza come in Figura 10.

R AT B

G R'
L

Figura 10

Quando il tasto T è in posizione A abbiamo un circuito RL con generatore. Dopo il transitorio la


corrente raggiunge il valore G/R. A questo punto si commuta il collegamento nella posizione B.
Poniamo che ciò avvenga a t=0. La corrente finale del caso precedente diventa la corrente iniziale per
questo circuito. Vale:
di R'
+ i =0 (13)
dt L
con: i(0)=G / R
La soluzione è:

( )
i h (t )=i(0) exp −
t
τ'
G
= exp −
R ( )
t
τ'
τ '= L/ R ' (14)
Calcoliamo l'energia dissipata per effetto Joule in questo circuito:

( ) ( ) ( )
∫0 i (t ) R' dt=∫0 i (0) exp − τ ' R' dt=i( 0) − 2 R' exp − τ ' = 12 Li (0)2
2t τ' 2t
∞ ∞
2 2 2

0
Dunque l'energia magnetica precedentemente immagazzinata dall'induttore può essere utilizzata per
fare scorrere corrente in un resistore.
La quantità i(t)/i( 0) è rappresentata nella Fig. 11 seguente per τ '=1 secondo .
Figura 11

Circuito LC

T Consideriamo il circuito di Fig.12. Supponiamo che il


Q
coindensatore C abbia una differenza di potenziale V 0= 0 ai
C
suoi capi quando viene chiuso il circuito (istante t=0).
Dal momento che non c'è nessun elemento resistivo nel circuito
C L possiamo pensare che l'energia si conservi. Scriviamo allora
l'energia del sistema che sarà la somma dell'energia elletrica e
dell'energia magnetica:

Figura 12
1 Q2 1 2
U= + L i = costante (15)
2 C 2

Derivando la (15) rispetto al tempo si ottiene l'equazione del circuito:


Q dQ di
+ L i =0
C dt dt (16)
Q di
− + L =0
C dt

dove abbiamo sfruttato la relazione


dQ
i=− (17)
dt

con il segno meno perché la corrente che scorre nel circuito corrisponde a una diminuzione della
carica sull'armatura positiva del condensatore.
Sostituendo nella (16) la (17) si ottiene:
d 2Q Q
2
+ =0 (18)
dt LC
Derivando ancora si ottiene:

d 2i i
2
+ =0 (19)
dt LC
La (18) e la (19) sono in pratica equazioni di un oscillatore armonico di frequenza ω0 =√ 1 / LC . La
soluzione della (18) è:
Q= A cos( ω0 t+ϕ) (20)
Con le condizioni a t =0 , Q(0)=Q0 , i(0)=0 :
Q=Q0 cos ω0 t
Quindi:
i=Q 0 ω0 sin ω0 t

Densità di energia del campo elettromagnetico

Consideriamo di nuovo la (12). Un induttore L percorso da una corrente i possiede una energia
magnetica:
1
U m= L i 2
2
Supponiamo che l'induttore abbia di nuovo la forma di un solendoide. Allora, dalla relazione
L=μ 0 n 2 Al e dall'espressione B=μ 0 n i per il campo magnetico, si ottiene:

1 2 2 B2
U m= μ 0 n Al i = Al
2 2 μ0
Al è il volume della zona (interno del solenoide) in cui è presente il campo. Quindi possiamo
scrivere:
B2
U m=∫ um dxdydz con: u m= (21)
2μ 0
u m è la densità di energia per unità di volume del campo elettromagnetico. L'integrale (21) è esteso
in tutto lo spazio in cui è presente il campo B. D'altra parte, sappiamo che la densità di energia
associata al campo elettrico è:
ϵ0 2
ue= E (22)
2
Definiamo allora densità di energia del Campo Elettromagnetico la quantità:

ϵ0 2 B 2
u= E+ (23)
2 2μ 0

L'energia totale del campo è l'integrale di volume della densità di energia in tutto lo spazio:

ϵ0 2 B2
U =∫ u dxdydz=∫ ( 2
E +
2μ 0 )
dxdydz (24)

La densità u è effettivamente la quantità che si propaga tramite onde elettromagnetiche, quindi tale
quantità ha una importanza fondamentale nello studio dei campi elettromagnetici variabili nel tempo.

Mutua induttanza

Consideriamo due circuiti elettrici, in cui scorrono le correnti i 1 e i 2 , rispettivamente, che


possano essere schematizzati come due circuiti RL come quelli che abbiamo visto nelle sezioni
precedenti. La corrente i 1 genera un campo B1 . Supponiamo che non sia trascurabile il flusso
Φ 21( B1) del campo del circuito 1 attraverso il secondo circuito. Tale flusso sarà proporzionale alla
corrente che scorre nel circuito 1:
Φ12 ( B1)= M 21 i 1
M21 si dice coefficiente di mutua induzione
Simmetricamente, il campo creato dalla corrente del circuito 2 genererà un flusso nel circuito 1:
Φ12 ( B2)=Φ12= M 12 i 2
In generale, le equazioni dei circuiti saranno:
di di
G 1=L 1 1 + M 12 2 +i 1 R1
dt dt
d i2 d i1
G2 =L2 + M 21 +i R
dt dt 2 2

M12 e M21 dipendono dalla forma dei circuiti e dalla loro posizione relativa. Dimostriamo ora, tramite la
conservazione dell'energia, che i due coefficienti sono uguali. Partiamo da una situazione in cui i due
circuiti sono aperti, tramite apposito interruttore. Prima chiudiamo il circuito 1, lasciando che la
corrente i 1 raggiunga il valore di regime, mantenendo i 2 =0. Il generatore G1 fornisce nel
1 2
processo una quantità di energia Li
2 1
Successivamente si porta la corrente i 2 al valore di regime, mentre i 1 resta invariata. Il
1 2
generatore G2 fornisce l'energia L i . Il generatore G1 deve invece mantenere la corrente
2 2
i 1 invariata e opporsi alla fem indotta nel circuito 1 dalla corrente i 2 .Esso quindi compie un
lavoro:
∞ di i
∫0 i 1 M 12 d t2 =i1∫0 M 12 d i2= M 12 i1 i 2
2

Il lavoro dei generatori, convertito in energia magnetica, è complessivamente:


1 2 1 2
L i + L i + M 21 i 1 i 2 (25)
2 1 2 2
Se invertiamo i processi, chiudendo prima il circuito 2, portando la corrente i 2 a regime e poi
chiudendo il circuito 1, otteniamo un lavoro complessivo dei generatori:
1 2 1 2
L i + L i + M 12 i 1 i 2 (26)
2 1 2 2
Dal momento che il risultato finale deve essere lo stesso nei due casi, la variazione di energia
elettromagnetica deve essere la stessa e quindi le due somme (25) e (26) devono essere identiche.
Allora:
M 12=M 21 =M

EQUAZIONI DI MAXWELL

Siamo infine in grado di scrivere le leggi fondamentali dell'Elettromagnetismo: le quattro Equazioni di


Maxwell. Le prime tre sono le seguenti:
Q
Φ S chiusa (E)= ϵ (27)
0
Φ S chiusa (B)=0 (28)
d Φ( B)
∫γ chiuso E⋅dl=− d t (5')

Le Leggi di Gauss per il campo elettrico (27) e per il campo magnetico (28) restano invariate quando
si passa dal caso di campi statici a quello di campi non variabili nel tempo. La Legge di Faraday (5')
rappresenta il passaggio tra Elettrostatica ed Elettrodinamica: in generale il campo elettrico non è più
conservativo quando il campo magnetico varia nel tempo in modo non trascurabile.
A queste equazioni va aggiunta la Legge di Ampere:
∫γ chiuso B⋅dl =μ 0 i (29)
e l'Equazione di Continuità che rappresenta la condizione di conservazione della carica elettrica:
dQ
Φ S chiusa (J )=− (30)
dt
La (30) ci dice che la corrente uscente da una superficie chiusa
R corrisponde alla diminuzione di carica per unità di tempo che si
verifica nella regione delimitata dalla superficie stessa: la carica che
fluisce attraverso la superficie non si trova più al suo interno.
C La legge di Ampere (29) è valida nel caso di correnti stazionarie,
G i cioè nel caso in cui:
S Φ S chiusa (J )=0 (31)
Il caso delle correnti stazionarie è il caso in cui la corrente è la stessa

Figura 13
in ogni punto di un circuito elettrico: non c'è accumulo di carica in nessun punto del circuito. Un
esempio di un circuito non stazionario è quello di un circuito RC dove si ha un accumulo di corrente
sulle armature di un condensatore.
In Fig.13, consideriamo una superficie S che racchiude una armatura del condensatore, il flusso della
densità di corrente attraverso S è la corrente in verso opposto a quella indicata in Figura (si tratta di un
flusso entrante all'interno di S e quindi negativo). La (30) diviene:

dQ
Φ S chiusa (J )=−i=−
dt
Dobbiamo estendere la (29) al caso in cui vale la (30) e le correnti non sono stazionarie.
Sostituendo la (27 ) nella (30):
d Φ S chiusa ( E)
Φ S chiusa (J )=−ϵ0
dt
∂E
Φ S chiusa (J+ ϵ0 )=0 (31)
∂t
∂E
Vediamo che è sempre nullo il flusso della quantità J +ϵ 0 che è una generalizzazione della
∂t
∂E
densità di corrente. Il secondo termine ϵ 0 prende il nome di densità di corrente di spostamento. La
∂t
(31) afferma che la somma della corrente fisica e di quella di spostamento è sempre stazionaria.

Possiamo allora estendere la Legge di Ampere in questo modo:

d Φ (E)
∫γ chiusa B⋅dl=μ0 Φ( J +ϵ0 ∂∂tE )=μ 0 i+ c12 dt
(32)

dove il flusso è calcolato attraverso una superficie (non chiusa) che si appoggia al cammino chiuso γ orientata
secondo la regola della vite rispetto al verso di percorrenza di γ.
La (32) è detta Legge di Ampere-Maxwell e costituisce la quarta e ultima equazione dell'Elettromagnetismo.
Ritorniamo all'esempio di Fig. 14.Supponiamo che il campo elettrico all'interno del condensatore abbia la stessa
espressione che nel caso elettrostatico:
E= ϵσ dove σ è la densità di carica per unità di superficie sull'armatura del condensatore inclusa all'interno
0
della superficie S, come indicato in Figura 14. Il flusso della densità di corrente attraverso la superficie S è come
detto -i.

La densità di corrente di spostamento è :


∂E d σ
ϵ0 = Il suo flusso attraverso S è pari a:
i ∂t dt
σ dσ
A=
dQ
dt dt
In totale abbiamo:
∂E dQ
E Φ S chiusa ( J+ ϵ 0 )=−i+
∂t dt
che è uguale a zero. Ritroviamo così la Eq. (31) nel
caso particolare di un circuito RC. Vediamo che la
corrente fisica i che scorre nel circuito è uguale alla
−σ corrente di spostamento all'interno del condensatore,
dove il circuito stesso è interrotto. Quindi la somma di
corrente fisica e corrente di spostamento risulta
stazionaria.
Figura 14
Consideriamo infine le 4 equazioni di Maxwell (27), (28),(5'),(32). Due di queste sono accoppiate: la (5') e la
(32), nel senso che una variazione di campo magnetico è sorgente di un campo elettrico secondo la (5') e
contemporaneamente la variazione che si produce nel campo elettrico fa variare il campo magnetico secondo la
(32). Questo accoppiamento è alla base dell'esistenza delle Onde Elettromagnetiche: una oscillazione locale del
campo elettromagnetico ha come conseguenza la propagazione di energia U a velocità c (nel vuoto) .
La Soluzione delle equazioni di Maxwell permette di trovare il Campo Elettromagnetico una volta note le
sorgenti (cariche e correnti). Una volta noto il Campo Elettromagnetico si può calcolare la forza che esso esercita
su una carica dall'espressione delle forze di Lorentz e di Coulomb:
F=q E+ q v×B (33)

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