Manlio Graziano
La guerra santa
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senza riuscire a dar vita ad una vera e propria nazione, senza riuscire a in-
dividuare (né, a maggior ragione, a promuovere) un vero e proprio interesse
nazionale. Nel tentativo di fornire una legittimità nazionale allo Stato, certe
nazioni sono state inventate (e non necessariamente su base etnica), e molte
altre soppresse, con il risultato di partorire spesso ibridi mostruosi. Ancora
oggi, alcuni paesi stanno appena muovendo i primi passi sulla via della loro
omogeneizzazione e purificazione nazionale, mentre la tendenza generale è
al melting pot, alla denazionalizzazione e, infine, alla destatizzazione.
La stessa osservazione deve essere fatta per molti altri fenomeni, tra cui
quello che qui ci interessa. Secolarizzazione e desecolarizzazione sono due
processi che coesistono e si intrecciano poiché le dinamiche sociali e politiche
che ne sono all’origine coesistono e confliggono. In modo molto generale e
schematico: i processi massicci e traumatici di esodo rurale impregnano le
città moderne di tradizione religiosa; la vita urbana, a sua volta, crea e molti-
plica le pratiche di vita secolarizzate; ma quando nella vita urbana dominano
la crisi e il disorientamento, la religione torna spesso ad essere un’ancora di
salvezza. Di nuovo, quello che viene qui presentato come un percorso lineare,
non lo è affatto: non c’è un punto di partenza e uno di arrivo, ma un movi-
mento che è disordinato e contradditorio perché determinato dall’anarchia
dello sviluppo e delle sue crisi.
Gli specialisti cui abbiamo accennato in precedenza hanno scoperto che
la cosiddetta «modernizzazione» ha determinato sia la secolarizzazione che,
in ultima istanza, il suo opposto – la desecolarizzazione. Si tratta di un’os-
servazione acuta, che ha avuto il merito, quando è stata formulata, di andare
al di là degli stereotipi allora in corso. Ma non bisogna mai dimenticare che
quell’idra a sette teste che è la «modernizzazione» sta facendo spuntare, in
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certe parti del mondo, nuovi episodi di secolarizzazione.
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3. L’alleanza cattolica
Gli attentati dell’11 settembre hanno fornito argomenti a tutti coloro che,
nel mondo, affermano la necessità di arruolarsi risolutamente su uno dei
fronti di una guerra ormai dichiarata. Ma hanno fornito anche argomenti
a coloro per i quali il modo migliore di resistere allo scontro di civiltà è di
promuovere un’alleanza tra di esse. Questi ultimi pensano in termini positivi,
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una convinzione di fondo: che esista una «legge naturale», patrimonio comune
dell’umanità, che trascende tutti gli interessi particolari, e di cui le religioni
sarebbero al tempo stesso custodi e garanti. Ma devono allearsi anche per
vincere gli ostacoli giuridici e culturali che tre secoli di costruzione dello
Stato-nazione hanno frapposto al ruolo pubblico della religione.
Se tra i sostenitori dell’alleanza tra civiltà troviamo i rappresentanti di
tutte le confessioni, non tutte le confessioni hanno la stessa posizione nei
confronti di questa prospettiva. Le religioni prive di struttura formale ge-
rarchica – come l’islam, l’ebraismo o l’induismo – non sono chiaramente
in grado di esprimere un punto di vista unitario, né in questo caso né in
altri. Vi sono musulmani, ebrei e induisti profondamente attaccati a questa
iniziativa, altri che ne sono aspramente ostili e una grande maggioranza
che è indifferente. Le religioni che dispongono di una pluralità di strutture
gerarchiche – come il cristianesimo ortodosso e il buddismo – hanno tante
posizioni, o sfumature, quante gerarchie. Il protestantesimo, per completare
il giro d’orizzonte, è una galassia piuttosto indistinta, dove è possibile trovare
tutto e il contrario di tutto, dal fondamentalismo letteralista di certi gruppi
evangelici al liberalismo radicale di certe correnti luterane.
L’unica struttura religiosa in grado di promuovere l’azione congiunta di
tutte le diverse confessioni a livello internazionale è la Chiesa cattolica. Essa
dispone di una struttura gerarchica rigidamente centralizzata, di una presenza
radicata sui cinque continenti – e in particolare nei due continenti, Europa e
America, che hanno dominato la politica internazionale degli ultimi quattro
secoli –, di un’ampia rete diplomatica, e soprattutto di un’esperienza accumu-
lata che non ha uguali al mondo. Nessun’altra organizzazione o istituzione,
religiosa o laica, può vantare un insieme di caratteristiche così favorevoli.
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La Chiesa cattolica è anche la sola istituzione religiosa in grado di
pianificare una strategia per il suo sviluppo. Altre religioni organizzate su
base gerarchica – ortodossi, anglicani, sciiti, per esempio – hanno un raggio
d’influenza che spesso non travalica i loro confini nazionali. Sul lato opposto,
le religioni che non hanno, o che escludono esplicitamente di avere, un’or-
ganizzazione clericale centralizzata sono nell’impossibilità stessa di pensare
in termini di strategia.
Per elaborare una strategia, sono necessarie alcune condizioni: la cono-
scenza dei rapporti di forza, delle condizioni in cui la battaglia sarà ingaggia-
ta, dei punti forti e dei punti deboli delle forze in campo e, soprattutto, uno
stato maggiore. La Chiesa cattolica è la sola che, potenzialmente, dispone
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di tutti questi requisiti. Ciò non vuol dire che l’elaborazione avvenga senza
divergenze, senza conflitti e senza interferenze. E naturalmente non signi-
fica neppure che questa strategia, una volta elaborata, sarà inevitabilmente
vincente. Ma se le difficoltà che la Chiesa cattolica incontra sulla sua strada
sono, in media, le stesse di qualsiasi altra istituzione umana, la sua capacità
di superarle è, grazie alla sua esperienza e alla sua organizzazione, incom-
parabilmente superiore.
La strategia di un’alleanza tra le grandi religioni del mondo è stata for-
malizzata dal Concilio Vaticano II, mezzo secolo fa. Essa si compone di due
parti: quella «ecumenica», finalizzata alla conciliazione e, a più lungo termine,
alla ricomposizione del mondo cristiano; quella «interconfessionale», che si
occupa del rapporto con le religioni non cristiane. Dopo il Concilio, furono
create delle strutture e stabiliti dei contatti; in un momento storico in cui non
esisteva neppure il fondamento concettuale di un’ipotesi di conflitto tra civiltà
diverse, visto che l’idea stessa di «civiltà» era in larga misura confinata agli
ambiti della storia e dell’antropologia.
La volontà cattolica di avvicinarsi alle altre confessioni cristiane e alle al-
tre grandi religioni mondiali costituisce il lato obiettivo di questa alleanza. La
trasformazione delle relazioni internazionali cominciata negli anni Settanta
avrebbe fornito, a questa strategia, la sua base oggettiva. Anche se vissuta in
modo molto diverso nel mondo sviluppato e in quello in via di sviluppo, la
«crisi della modernità» avrebbe restituito a tutte le religioni la loro funzione
di ancora di conforto e consolazione quando le soluzioni esclusivamente
umane rivelano i loro limiti.
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5. I libri
Sull’islam
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Fuller, Graham, A World without Islam, New York, Little, Brown and Com-
pany, 2010.
Kadri, Sadakat, Heaven on Earth: A Journey Through Shari‘a Law from the
Deserts of Ancient Arabia to the Streets of the Modern Muslim
World, New York, Farrar, Straus and Giroux, 2012.
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