Sei sulla pagina 1di 94

Capitolo 1

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 1.1. (1) Trovare x, y, z, t ∈ R di modo che valga l’eguaglianza tra
matrici:      
x y x 6 4 x+y
3 = + .
z t −1 2t z+t 3

Svolgimento. L’eguaglianza fra matrici si può scrivere in forma compatta come


   
3x 3y x+4 x+y+6
= .
3z 3t z+t−1 2t + 3

Eguagliando ciascun elemento del posto i, j della matrice a sinistra dell’equaglianza con il cor-
rispettivo elemento i, j della matrice a destra, 1 ≤ i, j ≤ 2, si ottiene un sistema lineare di quattro
equazioni in quattro indeterminate:


 3x = x + 4
3y = x + y + 6


 3z = z + t − 1
3t = 2t + 3

che è equivalente al sistema




 2x = 4
x − 2y = −6

.

 t − 2z = 1
t = 3

La soluzione è quindi x = 2, y = 4, z = 1, t = 3.
(2) Sia data una qualsiasi matrice quadrata A, n × n. Verificare che la matrice B := A + t A
è sempre una matrice simmetrica e che invece la matrice C := A − t A è sempre una matrice
antisimmetrica.
Svolgimento. Per la proprietà di trasposizione di matrici si ha:
t
B = t (A + t A) = t A + t (t A) = t A + A = A + t A = B.

1
2 CAPITOLO 1. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Analogamente
t
C = t (A − t A) = t A − t (t A) = t A − A = −(A − t A) = −C.

(3) Determinare matrici triangolari superiori equivalenti per righe, rispettivamente, alle seguenti
matrici:  
  1 1 2 2
1 1 1  2 1 1 0 
A =  1 0 −1  e B =   −1 −1 1 1  .

0 1 1
2 2 3 1

Svolgimento. (a) Passiamo dalla matrice A ad una matrice A0 ad essa equivalente, scambiando la
terza riga con la seconda, i.e.
 
1 1 1
r ↔r2
A −−3−−→ A0 =  0 1 1  .
1 0 −1

Addizioniamo ora alla terza riga di A0 la prima riga di A0 moltiplicata per −1, cosı̀ da ottenere una
matrice A00 ad essa equivalente:
 
1 1 1
r3 ↔r3 −r1
A0 −− −−−−→ A00 =  0 1 1 .
0 −1 −2

Addizioniamo ora alla terza riga della matrice A00 la seconda riga, cosı̀ da ottenere la matrice A000 :
 
1 1 1
r3 ↔r3 +r2
A00 −− −−−−→ A000 =  0 1 1 .
0 0 −1

La matrice A000 è triangolare superiore ed è equivalente per righe alla matrice A, dato che è stata
ottenuta da A per trasformazioni elementari sulle righe di A.
(b) Addizioniamo alla seconda riga di B la prima riga moltiplicata per −2, cosı̀ da ottenere una
matrice B 0 ad essa equivalente:
 
1 1 2 2
r2 ↔r2 −2r1  0 −1 −3 −4 
B −− −−−−−→ B 0 = 
 −1 −1 1
.
1 
2 2 3 1

Addizionando ora alla terza riga di B 0 la prima riga, otteniamo:


 
1 1 2 2
r3 ↔r3 +r1  0 −1 −3 −4 
B 0 −− −−−−→ B 00 =   0 0
.
3 3 
2 2 3 1
3

Addizioniamo ora alla quarta riga di B 00 la prima riga moltiplicata per −2; otteniamo cosı̀ la matrice
equivalente B 000 :  
1 1 2 2
r4 ↔r4 −2r1  0 −1 −3 −4 
B 00 −− −−−−−→ B 000 =   0 0
.
3 3 
0 0 −1 −3
Da ultimo, addizioniamo alla quarta riga di B 000 la terza riga moltiplicata per 31 ed otteniamo cosı̀
una matrice B ∗ che è triangolare superiore ed equivalente per righe alla matrice di partenza B:
 
1 1 2 2
r4 ↔r4 + 1 r3  0 −1 −3 −4 
B 000 −−−−−−3−→ B ∗ =   0 0
.
3 3 
0 0 0 −2

(4) Determinare una matrice A∗ a gradini, che sia equivalente per righe alla matrice
 
1 0 −1 1
A =  1 0 2 −1  .
0 2 1 0

Svolgimento. In primo luogo consideriamo la trasformazione elementare:


 
1 0 −1 1
r ↔r2
A −−3−−→ A0 =  0 2 1 0 .
1 0 2 −1

In seguito, addizioniamo alla terza riga di A0 la prima riga moltiplicata per −1, otteniamo cosı̀:
 
1 0 −1 1
r ↔r −r
A0 −− 3
−−−3
−→ 1
A00 =  0 2 1 0 .
0 0 3 −2

Essendo A00 manifestamente a gradini, allora A∗ = A00 .

(5) È assegnato il sistema lineare omogeneo a gradini di 3 equazioni e 5 indeterminate:

X1 + X2 − X3 + X4 − X5 = 2X2 − X3 + X4 = X3 − X4 + X5 = 0.

Descrivere l’insieme delle soluzioni del sistema, determinando l’espressione della sua soluzione
generale.
Svolgimento. Poiché il sistema è a gradini, esso è sicuramente compatibile. Visto inoltre che le
indeterminate sono 5 e le equazioni sono 3, la soluzione generale del sistema dipenderà da due
parametri indipendenti s e t ∈ R. Infatti, ponendo X4 = s e X5 = t, il sistema di partenza
4 CAPITOLO 1. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

si trasforma nel seguente sistema lineare non omogeneo di 3 equazioni e 3 indeterminate, con i
termini noti dipendenti dai parametri fissati:

 X1 + X2 − X3 = −s + t
2X2 − X3 = −s .
X3 = s − t

Questo è un sistema non omogeneo nuovamente a gradini di 3 equazioni. Se sostituiamo nella


seconda equazione la relazione X3 = s − t, ottenuta dalla terza equazione del sistema, otteniamo:

2X2 = −s + s − t

che fornisce
1
X2 = − t.
2
Sostituendo le relazioni X3 = s − t e X2 = − 12 t nella prima equazione del sistema, si ha:

t t
X1 = −s + t + +s−t= .
2 2
Pertanto, la soluzione generale è:

t t
X1 = , X2 = − , X3 = s − t, X4 = s, X5 = t.
2 2

(6) Risolvere, se possibile, con il metodo di eliminazione di Gauss-Jordan il sistema lineare non
omogeneo di 3 equazioni e 3 indeterminate:

 X2 + 2X3 = 1
−X2 + X3 = 0 .
X2 = 1

Svolgimento. Notiamo subito che l’indeterminata X1 non compare mai nelle 3 equazioni del
sistema. Pertanto, se il sistema è compatibile, le soluzioni dipenderanno da almeno un parametro.
La matrice completa del sistema lineare è:
 
0 1 2 1
C =  0 −1 1 0  .
0 1 0 1

Poiché la prima colonna è nulla, consideriamo lo scambio di indeterminate X1 ↔ X3 ; in altri


termini, introduciamo nuove indeterminate

Y1 = X3 , Y2 = X2 , Y3 = X1
5

e si ottiene il sistema lineare di matrice completa


 
2 1 0 1
C 0 =  1 −1 0 0  .
0 1 0 1

Applichiamo l’algoritmo di Gauss-Jordan alla matrice C 0 . Abbiamo:


 
r1 ↔ 12 r1
1 1/2 0 1/2
C 0 −−−−−→ C 00 =  1 −1 0 0 ;
0 1 0 1

ora consideriamo:  
1 1/2 0 1/2
r ↔r −r
C 00 −−
2 2
−−− 1
−→ C 000 =  0 −3/2 0 −1/2 
0 1 0 1
ed in seguito:  
r2 ↔− 32 r2
1 1/2 0 1/2
C 000 −−−−−−→ C 0000 =  0 1 0 1/3 .
0 1 0 1
Infine:  
1 1/2 0 1/2
r3 ↔r3 −r2
C 0000 −−−−−−→ C ∗ =  0 1 0 1/3 .
0 0 0 2/3
Dalla terza riga di C ∗ notiamo che il sistema lineare, di matrice completa C ∗ , è incompatibile dato
che una delle sue tre equazioni è:

0Y1 + 0Y2 + 0Y3 = 2/3.

Il fatto che questo ultimo sistema sia equivalente al sistema lineare di partenza, implica che il
sistema iniziale risulta incompatibile.

(7) Risolvere, se possibile, con il metodo di eliminazione di Gauss-Jordan il sistema lineare non
omogeneo di 4 equazioni e 4 indeterminate:


 X1 + 2X2 + 3X3 + 4X4 = 1
−X3 + 4X4 = 0

.

 X1 + 2X2 + 2X4 = 1
X3 + X4 = 0

Svolgimento. La matrice completa del sistema lineare dato è la matrice


 
1 2 3 4 1
 0 0 −1 4 0 
C=  1 2 0 2 1 .

0 0 1 1 0
6 CAPITOLO 1. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Applichiamo a C l’algoritmo di riduzione di Gauss-Jordan.


 
1 2 3 4 1
r3 ↔r3 −r1 0 0 −1 4 0
−−−−→ C 0 = 
 
C −−  0 0 −3 −2 0
.

0 0 1 1 0
Poiché la seconda colonna è nulla (a partire dal posto 2, 2), consideriamo lo scambio di indetermi-
nate X2 ↔ X4 ; facciamo pertanto una sostituzione di indeterminate
Y1 = X1 , Y2 = X4 , Y3 = X3 , Y4 = X2 .
Si ottiene cosı̀ il sistema 

 Y1 + 4Y2 + 3Y3 + 2Y4 = 1
4Y2 − Y3 = 0

,

 −2Y2 − 3Y3 = 0
Y2 + Y3 = 0

la cui matrice completa è:  


1 4 3 2 1
 0 4 −1 0 0 
 0 −2 −3 0 0  .
D= 

0 1 1 0 0
Applichiamo a D l’algoritmo di Gauss-Jordan:
 
1 4 3 2 1
r2 ↔ 1 r2  0 1 −1/4 0 0 
D −−−−4−→ D0 = 
 0 −2 −3 0 0  .

0 1 1 0 0
Applicando consecutivamente r3 ↔ r3 + 2r2 e r4 ↔ r4 + r2 , si ottiene la matrice
 
1 4 3 2 1
 0 1 −1/4 0 0 
D00 = 
 0 0 −7/2 0 0  .

0 0 5/4 0 0
Applicando consecutivamente a D00 r3 ↔ − 27 r3 e r4 ↔ 1
4 r4 ,si ottiene la matrice
 
1 4 3 2 1
0 1 −1/4 0 0 
D000 = 

.
 0 0 1 0 0 
0 0 1 0 0
Infine, con la trasformazione r4 ↔ r4 − r3 , si ottiene una matrice D∗ che ha le prime tre righe
uguali a quelle di D000 mentre la quarta riga è nulla. Pertanto, eliminando la quarta equazione del
sistema che ha come matrice completa D∗ , si ottiene il sistema lineare

 Y1 + 4Y2 + 3Y3 + 2Y4 = 1
Y2 − 14 Y3 = 0 .
Y3 = 0

7

Poniamo
Y4 = t, t ∈ R.
Si ha pertanto
Y3 = 0, Y2 = 0, Y1 = 1 − 2t.
Ricordando la sostituzione di indeterminate, abbiamo quindi che il sistema lineare di partenza è
compatibile, le soluzioni dipendono da un parametro t, e l’espressione della soluzione generale è:

X1 = 1 − 2t, X2 = t, X3 = 0, X4 = 0, t ∈ R.
Capitolo 2

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 2.1. (1) Si considerino le due matrici quadrate, 3 × 3,


   
1 0 −2 3 −1 0
A =  0 −3 1  e B =  −2 0 3 .
2 1 0 0 2 −1
(i) Stabilire se la matrice A e la matrice B sono simmetriche.
(ii) Verificare che AB 6= BA.
(iii) Calcolare t B t A.
Svolgimento. (i) Se valesse la condizione t A = A, allora dovremmo avere che aij = aji , per ogni
1 ≤ i, j ≤ 3. Ma notiamo subito che a13 6= a31 . Pertanto la condizione t A = A è falsa per la
matrice A.
Discorso analogo si applica alla matrice B; infatti notiamo che i termini b12 e b21 di B sono
distinti. Pertanto t B 6= B.
(ii) Applicando le regole del prodotto righe per colonne tra matrici, si ottiene
 
3 −5 2
AB =  6 2 −10 
4 −2 3
mentre  
3 3 −7
BA =  4 3 4 ,
−2 −7 2
quindi le due matrici prodotto righe per colonne sono distinte.
(iii) Dalle proprietà della trasposta di una matrice prodotto, sappiamo che
t
B tA = t(AB).
Pertanto, basta calcolare la trasposta della matrice AB trovata in (ii). Otteniamo quindi:
 
3 6 4
t
B t A =  −5 2 −2  .
2 −10 3

9
10 CAPITOLO 2. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(2) Verificare che ogni matrice M ∈ Mn×n può essere scritta come somma di una matrice
simmetrica e di una matrice antisimmetrica.
Svolgimento. Ogni matrice M ∈ Mn×n può essere scritta nella forma
1 1
M = (M + tM ) + (M − tM ).
2 2
Ponendo
1 1
A := (M + tM ) e B = (M − tM )
2 2
si osserva immediatamente che t A = A e t B = −B, i.e. A è simmetrica mentre B è antisimmetri-
ca.

(3) Verificare le seguenti affermazioni:


(i) Una matrice A ∈ Mn×n è simmetrica se e solo se, data una qualsiasi matrice B ∈ Mn×n , la
matrice tBAB ∈ Mn×n è simmetrica.
(ii) Una matrice A ∈ Mn×n è antisimmetrica se e solo se, data una qualsiasi matrice B ∈ Mn×n ,
tBAB ∈ M
n×n è antisimmetrica.
Svolgimento. (i) Discende direttamente da
t t
( BAB) = tB tA t ( tB) = tB tAB.

(iii) Si applica lo stesso calcolo di (ii).


 
2 3 0 1
(4) Calcolare il rango della matrice A :=  1 2 −1 0 .
−2 0 0 −1
Svolgimento. Applichiamo l’algoritmo di riduzione per righe ad A per determinare una matrice a
gradini che sia equivalente ad A. Se operiamo consecutivamente le trasformazioni sulle righe di A,
1
r2 ↔ r2 − r1 e r3 ↔ r3 + r1 ,
2
otteniamo  
2 3 0 1
A0 =  0 1/2 −1 −1/2  .
0 3 0 0
Addizioniamo ora alla terza riga di A0 la seconda riga moltiplicata per −6, i.e. operiamo la
trasformazione r3 ↔ r3 − 6r2 . Otteniamo in tal modo la matrice
 
2 3 0 1
A00 =  0 1/2 −1 −1/2  .
0 0 6 3
11

Poiché A00 è una matrice ridotta per righe, allora

r(A00 ) = 3,

dato che 3 è il numero di righe non nulle di A00 .


Un altro modo per dimostrare che r(A00 ) = 3 era il seguente: la sottomatrice A00 (1, 2, 3; 1, 2, 3) è
una matrice triangolare superiore, con

a0011 = 2, a0022 = 1/2, a0033 = 6.

Pertanto A00 (1, 2, 3; 1, 2, 3) è invertibile di ordine 3.


Infine, poiché A00 è ottenuta da A per successive modificazioni elementari, allora r(A) = 3.
 
1 2 0
(5) Verificare che, per ogni a ∈ R \ {0, − 32 }, la matrice A =  0 a −1  è invertibile
−1 1 2
−1
determinando esplicitamente la sua inversa A . Cosa accade per i valori a = 0 e a = − 32 ?
Svolgimento. Consideriamo la matrice
 
1 2 0 1 0 0
B := (A I3 ) =  0 a −1 0 1 0  .
−1 1 2 0 0 1
Siano Ri , 1 ≤ i ≤ 3, le righe della matrice B. Sommiamo alla riga R3 la riga R1 , ed otteniamo:
 
1 2 0 1 0 0
B 0 =  0 a −1 0 1 0  .
0 3 2 1 0 1

Poiché per ipotesi a 6= 0, possiamo sommare alla riga R3 di B 0 la riga R2 moltiplicata per − a3 .
Otteniamo la matrice  
1 2 0 1 0 0
B 00 =  0 a −1 0 1 0 .
0 0 2a+3
a 1 − a3 1
a
Grazie all’ulteriore ipotesi a 6= − 23 , se moltiplichiamo la riga R3 per 2a+3 e poi sommiamo alla
riga R2 la terza riga ottenuta, abbiamo la matrice
 
1 2 0 1 0 0
B 000 =  0 a 0 2a+3 a 2a
2a+3
a
2a+3
.
a 3 a
0 0 1 2a+3 − 2a+3 2a+3

Ora moltiplichiamo la riga R2 di B 000 per a1 e sommiamo alla prima riga R1 la seconda riga cosı̀
ottenuta moltiplicata per −2. Otteniamo la matrice

1 0 0 2a+1 4
2a+3 − 2a+3 − 2a+3
2
 

B ∗ :=  0 1 0 2a+3 1 2
2a+3
1
2a+3
.
a 3 a
0 0 1 2a+3 − 2a+3 2a+3
12 CAPITOLO 2. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

In definitiva, per tutti gli a ∈ R \ {0, − 32 }, la matrice A è invertibile e la sua inversa è:
2a+1 4 2
− 2a+3 − 2a+3
 
2a+3
A−1 :=  1
2a+3
2
2a+3
1
2a+3
.
a 3 a
2a+3 − 2a+3 2a+3

Nel caso a = 0, la matrice B diventa


 
1 2 0 1 0 0
B =  0 0 −1 0 1 0  .
−1 1 2 0 0 1

Con procedimenti analoghi ai precedenti, anche in questo caso la matrice A risulta invertibile con
inversa  1 4 2

3 −3 −3
A−1 :=  13 2
3
1 
3 .
0 −1 0

Nel caso invece di a = − 32 la matrice B risulta


 
1 2 0 1 0 0
B =  0 − 32 −1 0 1 0  .
−1 1 2 0 0 1

Se sommiamo alla riga R3 la riga R1 e poi se sommiamo alla terza riga ottenuta la seconda
moltiplicata per 2 otteniamo la matrice
 
1 2 0 1 0 0
B ∗ =  0 − 32 −1 0 1 0  .
0 0 0 1 2 1

Pertanto, la matrice A in tal caso non è invertibile: se per assurdo lo fosse, il sistema lineare
   
X1 0
C X2 = 0 ,
  
X3 0
con  
1 2 0
C=  0 − 32 −1  ,
0 0 0
dovrebbe avere un’unica soluzione, mentre le soluzioni di questo sistema omogeneo sono

4 2
X1 = − t, X2 = − t, X3 = t,
3 3
per t ∈ R parametro.
13
 
0 1
(6) Stabilire se la matrice A = è invertibile ed, in caso affermativo, trovare l’inversa.
3 1
Svolgimento. Notiamo che A è una matrice 2×2. Per la caratterizzazione di matrici 2×2 invertibili
che abbiamo dato, visto che ad − bc = −3 6= 0, deduciamo
  A è invertibile.
che
a b
Ricordiamo che per una matrice invertibile B = , si ha che
c d

1
B −1 = B∗,
ad − bc
dove  
∗ d −c
B = .
−b a
Pertanto, nel nostro caso abbiamo che
 
−1 −1/3 1/3
A = .
1 0

(7) Discutere la compatibilità o meno del sistema parametrico di 3 equazioni e 4 indeterminate:


 µ 1
 2 X2 + 2 X3 + X4 = 1
X1 − X2 + X4 = 13
X1 + X2 − X3 − X4 = −2

al variare del parametro reale µ. Per i valori di µ per cui il sistema risulta compatibile, stabilire
da quanti parametri indipendenti dipendono le sue soluzioni.
Svolgimento. Sia A = Aµ la matrice dei coefficienti del precedente sistema e sia b la colonna dei
termini noti; pertanto la matrice completa del sistema dato è la matrice C := (A b).
Applicando gli algoritmi per il calcolo del rango, come negli esercizi precedenti, notiamo che
r(C) = 3, per ogni valore di µ ∈ R. Invece

r(A) = 3 ⇔ µ 6= −2,

mentre per µ = −2
r(A) = 2.
Pertanto, dal Teorema di Rouché-Capelli abbiamo le seguenti situazioni:
(a) per µ = −2 il sistema dato è incompatibile, dato che 2 = r(A) < r(C) = 3;
(b) per ogni µ ∈ R \ {−2}, il sistema dato è compatibile, dato che r(A) = r(C) = 3. Poiché il
numero delle indeterminate è 4 mentre il rango è 3, allora le soluzioni del sistema dipenderanno
da 4 − 3 = 1 parametro reale. Per trovare le soluzioni, basta riapplicare ad esempio l’algoritmo di
Gauss-Jordan.
Capitolo 3

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 3.1. (1) Calcolare il determinante della matrice


 
a11 a12 0 0
 a21 a22 0 0 
A=  ∈ M4×4
 0 0 a33 a34 
0 0 a43 a44

esprimendolo in funzione delle sottomatrici A(1, 2; 1, 2) e A(3, 4; 3, 4) di A.


Svolgimento. Per calcolare il determinante di A utilizziamo lo sviluppo del determinante rispetto
alla prima riga. Ricordando la formula del determinante delle matrici 2 × 2, si ottiene

det A = a11 (a22 a33 a44 − a43 a34 a22 ) − a12 (a21 a33 a44 − a21 a43 a34 ) =

= (a11 a22 − a12 a21 )(a33 a44 − a34 a43 ) = (det A(1, 2; 1, 2)) (det A(3, 4; 3, 4)).

 
1 1 1
(2) Data la matrice parametrica M =  2 1 −2 , dipendente dal parametro reale µ ∈ R,
µ 1 4
determinare per quali valori di µ tale matrice è invertibile. In tali casi determinarne l’inversa.
Svolgimento. La matrice parametrica M è invertibile se, e solo se, ha determinante non nullo. Il
determinante di tale matrice è
det M = −3µ.
Pertanto M è invertibile per ogni valore di µ 6= 0. Ricordiamo che la formula per la matrice inversa

1
M −1 = M ∗,
det M
dove M ∗ è la matrice aggiunta di M . La matrice dei cofattori (o dei complementi algebrici) di M
è:  
6 −8 − 2µ 2 − µ
 −3 4 − µ µ − 1 .
−3 4 −1

15
16 CAPITOLO 3. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Quindi, per ogni µ 6= 0, M −1 è


 
− µ2 1
µ
1
µ
 8 +2 − 3µ4
+ 13 − 3µ4
.

 3µ 3
2
− 3µ + 13 − 13 + 3µ
1 1

(3) Trovare i valori del parametro k ∈ R affinché il rango della matrice


 
−1/2 1 −5/3 −2
A =  k − 1 1 −1 0 
−3 1 0 k
sia massimo.
Svolgimento. Considerando la sottomatrice costituita dalla prima, seconda e terza colonna, il
minore di tale sottomatrice è
det A(1, 2, 3; 1, 2, 3) = −5 − 10k.
Per cui, per ogni k 6= −1/2, questo minore è non nullo; dunque A, essendo una matrice 3 × 4, ha
rango massimo.
Considerando invece la sottomatrice costituita dalla seconda, terza e quarta colonna abbiamo che
il suo determinante è
2
det A(1, 2, 3; 2, 3, 4) = k − 2,
3
che si annulla solo per k = 3.
In definitiva, la matrice A ha rango massimo, per ogni k ∈ R, dato che le due sottomatrici con-
siderate hanno determinanti che non si annullano contemporaneamente (i.e. per ogni k ∈ R esiste
sempre un minore non nullo di ordine massimo).
 
1 µ −µ 0 −µ
(4) In M3×5 è assegnata la matrice parametrica A =  µ 1 0 −µ 0 . Calco-
1 µ −1 µ 0
lare in funzione di µ l’ordine massimo r dei minori non nulli di A, esibendo esplicitamente una
sottomatrice di ordine r con determinante non nullo, per ogni valore di µ.
Svolgimento. Se applicassimo l’algoritmo di riduzione per righe di A, troveremmo che, per ogni
µ ∈ R, r(A) = 3. Per la caratterizzazione del rango di una matrice per mezzo degli ordini di sue
sottomatrici di ordine massimo, esisterà almeno un minore non nullo di A di ordine 3, per ogni
valore di µ. Infatti,
det A(1, 2, 3; 1, 2, 3) = µ + µ2 − 1 − µ3 ,
mentre
det A(1, 2, 3; 2, 3, 5) = µ.
Se pertanto µ = 0 allora una sottomatrice di ordine 3 a determinante non nullo è, per esempio,
A(1, 2, 3; 1, 2, 3), dato che il polinomio cubico
P (µ) = −µ3 + µ2 + µ − 1
17

che rappresenta il suo determinante non ammette come soluzione µ = 0. Se invece µ 6= 0, allora
la sottomatrice in questione è A(1, 2, 3; 2, 3, 5).
 
1 0 −2 4
(5) Sia data la matrice A =  23 2 − 11 5
32 
5 . Verificare che r(A) = 2 e determinare una
0 5 2 1
relazione della forma R2 = αR1 +βR3 , dove le Ri sono le righe di A, 1 ≤ i ≤ 3, e dove α, β ∈ R
da determinare opportunatamente.
Svolgimento. Osserviamo che det A(1, 2; 1, 2)) = 2 6= 0. Pertanto, r(A) ≥ 2. Se orliamo
tale sottomatrice (i.e. completiamo la sottomatrice A(1, 2; 1, 2) ad una sottomatrice 3 × 3 di A,
utilizzando tutte le colonne residue di A) in tutti i modi possibili, troviamo le seguenti sottomatrici
di A:  
1 0 −2
 3 2 − 11 
2 5
0 5 2
e  
1 0 4
 3 2 32  .
2 5
0 5 1
Ambedue le matrici hanno determinante nullo. Per il principio dei minori orlati (o Teorema di
Kronecher), si ha r(A) < 3. Dalla precedente diseguaglianza, si ha necessariamente r(A) = 2.
Con semplici conti, si ottiene infine
3 2
R2 = R1 + R3 .
2 5

(6) Risolvere, al variare del parametro µ ∈ R,


il sistema lineare di 3 equazioni
 e 4 indeterminate,
1 µ −µ 0 −µ
avente per matrice completa la matrice C =  µ 1 0 −µ 0 .
1 µ −1 µ 0
Svolgimento. Denotiamo con A la matrice dei coefficienti del sistema lineare che ha come matrice
completa la matrice C. A è quindi costituita dalle prime quattro colonne di C. Osserviamo che
det A(2, 3; 2, 3) = −1 6= 0,
quindi 2 ≤ r(A) ≤ 3. Applicando il principio dei minori orlati (o Teorema di Kronecher), osser-
viamo che r(A) = 2 se, e solo se, sono soddisfatte simultaneamente le equazioni
µ2 + µ − µ3 − 1 = 0 e µ3 = 0.
Dalla incompatibilità del sistema costituito da queste due equazioni, deduciamo che r(A) = 3, per
ogni µ ∈ R. Quindi, in ogni caso il sistema di partenza è compatibile, grazie al teorema di Rouché-
Capelli. Inoltre, per ogni valore di µ ∈ R, le soluzioni del corrispondente sistema dipenderanno da
4 − 3 = 1 parametro reale.
Casistica:
18 CAPITOLO 3. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

• Se µ = 0, il sistema lineare dato è omogeneo e le soluzioni sono della forma

(0, 0, 0, t), t ∈ R.

• Se µ 6= 0, siccome det A(1, 2, 3; 2, 3, 4) = µ3 6= 0, allora ponendo X1 = t otteniamo il


sistema lineare di 3 equazioni e 3 indeterminate, con termini noti dipendenti da t:

 µX2 − µX3 = −µ − t
X2 − µX4 = −µt .
µX2 − X3 + µX4 = −t

Tale sistema è risolvibile con la regola di Cramer. Per ogni valore di µ 6= 0, le soluzioni
dipendono dal parametro t ∈ R e sono della forma
−µt + µ + t − µ2 t −µ2 t + µ2 + µ + t µ3 t − µ2 t − µt + µ + t
 
(X1 , X2 , X3 X4 ) = t, , , .
µ2 µ2 µ3

(7) Sia assegnato il seguente sistema lineare omogeneo




 aX1 + X2 = 0
X1 + aX2 = 0


 bX3 + X4 = 0
X3 + bX4 = 0,

dipendente dai parametri reali a e b.


(i) Stabilire, al variare di (a, b) ∈ R2 , quando il sistema è compatibile e, in tal caso, da quanti
parametri indipendenti dipendono le soluzioni del sistema lineare;
(ii) Determinare esplicitamente le soluzioni del sistema lineare dato, per tutte le coppie (a, b) ∈ R2
per cui tali soluzioni dipendano da 2 parametri indipendenti.
Svolgimento. La matrice A dei coefficienti del sistema lineare dato è
 
a 1 0 0
 1 a 0 0 
 0 0 b 1 .
 

0 0 1 b

Poiché det A(1, 4; 2, 3) = 1, si ha che 2 ≤ rg(A) ≤ 4.


Casistica:
(1) Per il principio dei minori orlati, r(A) = 2 se, e solo se, tutti gli orlati di ordine 3 della
sottomatrice A(1, 4; 2, 3) hanno determinante nullo. Ciò accade se simultaneamente si ha

a2 = 1 e b2 = 1.

Quindi, tale eventualità si ha se la coppia di parametri (a, b) appartiene all’insieme

S := {(1, 1), (1, −1), (−1, 1), (−1, −1)}.


19

(2) r(A) = 3 se la coppia (a, b) non appartiene a S ma det A = 0 (cioè A non deve avere rango
massimo). Calcolando il determinante di A con il metodo di Laplace, per esempio rispetto
alla prima riga, otteniamo che

det A = (a2 − 1)(b2 − 1).

Quindi la matrice A ha rango 3 se la coppia (a, b) appartiene all’insieme

T := {(1, α), (−1, α), (β, 1), (β, −1) | α 6= ±1, β 6= ±1}.

(3) r(A) = 4 ⇔ det(A) 6= 0 ⇔ a 6= ±1 e contemporaneamente b 6= ±1.

Dato che il sistema è omogeneo, in ciascuno dei tre casi esso è sicuramente compatibile per ciascun
valore di a, b ∈ R. Dal Teorema di Rouché-Capelli, il numero dei parametri indipendenti da cui
dipenderanno le soluzioni del sistema è

ν = 4 − r(A).

Quindi:
• nel caso (1) le soluzioni dipenderanno da 2 parametri indipendenti,
• nel caso (2) da un parametro, mentre
• nel caso (3) la soluzione sarà univocamente determinata. Essendo però un sistema omogeneo, in
tal caso l’unica soluzione sarà la soluzione nulla (X1 , X2 , X3 , X4 ) = (0, 0, 0, 0).
(ii) Risolvere il sistema lineare, quando le sue soluzioni dipendono da due parametri indipenden-
ti equivale a considerare il sistema per i valori della coppia (a, b) come nel caso (1) discusso
precedentemente. Siccome det A(1, 4; 2, 3) 6= 0, porremo

X1 = t, X4 = s.

Si ottiene cosı̀ il sistema lineare non omogeneo equivalente



X2 = −at
X3 = −bs

con a2 = b2 = 1. Posto X = (X1 , . . . , X4 ), le soluzioni di questo sistema sono della forma

X = (t, −at, bs, s)

dove t, s ∈ R e a2 = b2 = 1. Precisamente, si ha:

• se (a, b) = (1, 1), X = t(1, −1, 0, 0) + s(0, 0, −1, 1);

• se (a, b) = (1, −1), X = t(1, −1, 0, 0), s(0, 0, 1, 1);

• se (a, b) = (−1, 1), X = t(1, 1, 0, 0) + s(0, 0, −1, 1);

• se (a, b) = (−1, −1), X = t(1, 1, 0, 0) + s(0, 0, 1, 1).


Capitolo 4

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 4.1. (1) Dire se i seguenti sottoinsiemi di R3 sono spazi vettoriali:
(i) W1 = {(a, b, c) ∈ R3 | a + b + c = 0};
(ii) W2 = {(a, b, c) ∈ R3 | a + b + c ≤ 1};
(iii) W3 = {(a, b, c) ∈ R3 | a2 + b2 + c2 = 0}.
Svolgimento. (1) Sı̀. Esso soddisfa banalmente tutti gli assiomi di spazio vettoriale.
(ii) W2 non è uno spazio vettoriale. Infatti se ad esempio prendiamo i vettori v 1 = (1, 0, 0) e
v 2 = (0, 0, 1), abbiamo che v 1 + v 2 = (1, 0, 1) non appartiene a W2 ;
(iii) W3 è lo spazio vettoriale nullo; infatti l’unico punto di R3 che appartiene a W3 è il punto
(0, 0, 0);

(2) Sia W = Lin(w1 , w2 , w3 , w4 ) il sottospazio vettoriale di R4 generato dai quattro vettori


indicati che, rispetto alla base canonica e di R4 , hanno componenti

w1 = (0, 1, −1, 1), w2 = (1, 0, 1, 2), w3 = (1, −1, 2, 1), w4 = (0, 0, 2, 0).

(i) Estrarre da tale sistema di generatori una base w di W e determinare quindi dim W .
(ii) Completare la base w ad una base b di R4 .
Svolgimento. (i) I vettori w1 e w2 sono linearmente indipendenti in R4 , dato che

aw1 + bw2 = 0 ⇔ a = b = 0.

Al contrario
w3 = −w1 + w2 .
Invece w4 non appartiene a Lin(w1 , w2 ) (verifica standard). Quindi dim W = 3 e la base cercata
è data da
w := w1 , w2 , w4 .
(ii) Per completare w ad una base b di R4 basta prendere un qualsiasi vettore in R4 \W . Banalmente
si verifica che, ad esempio, e2 non appartiene a W . Pertanto una base per R4 è

b = w1 , w2 , w4 , e2 .

21
22 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(3) Si consideri in R4 il sottoinsieme W := {(a, b, a − b, 0) | a, b ∈ R}.


(i) Verificare che W è un sottospazio vettoriale di R4 e calcolarne la dimensione.
(ii) Verificare che U := Lin(e1 , e4 ), dove ei denota l’i-esimo vettore della base canonica e di R4 ,
è un sottospazio di R4 che è supplementare a W .
(iii) Determinare il valore del parametro reale k, in modo che il vettore parametrico, che ha
componenti rispetto alla base e

uk := (3k − 2, k + 4, k − 7, 0),

formi con i vettori v = (5, 2, 3, 0) e w = (4, 3, 1, 0), espressi rispetto ad e, un insieme di vettori
linearmente dipendenti in R4 .
Svolgimento. (i) Dall’espressione del generico elemento di W , si deduce che W è il sottospazio
di R4 generato dai vettori che, rispetto alla base e, hanno componenti:

v 1 = (1, 0, 1, 0), v 2 = (0, 1, −1, 0).

Pertanto W ha dimensione 2.
(ii) Gli elementi di U sono della forma (c, 0, 0, d), c, d ∈ R. Quindi

U ∩ W = (0, 0, 0, 0).

Un generico vettore di U + W ha componenti rispetto ad e date da

(a + c, b, a − b, d).

Poichè a, b, c, d ∈ R variano indipendentemente, lo stesso capita per le componenti precedenti.


Questo implica che
U + W = R4 .
In definitiva,
U ⊕ W = R4 ,
pertanto U è supplementare a W .
(iii) Visto che i vettori v = (5, 2, 3, 0) e w = (4, 3, 1, 0) sono linearmente indipendenti e, facilmen-
te, si vede che appartengono a W che ha dimensione 2, il vettore

uk = (3k − 2, k + 4, k − 7, 0)

formerà con essi un sistema di vettori linearmente dipendenti in R4 se appartiene a W . Poiché i


vettori di W sono caratterizzati dal fatto che la terza componente rispetto ad e è differenza tra la
prima e la seconda, la condizione di appartenenza a W si traduce in

k − 7 = 3k − 2 − k − 4

cioè k = −1. Pertanto, l’unico vettore tra gli uk che appartiene a W è

u−1 = (−5, 3, −8, 0).


23

(4) Sia P3 lo spazio vettoriale dei polinomi in un’indeterminata T e di grado ≤ 3.


(i) Considerati i seguenti polinomi

P (T ) = T 2 − T 3 , Q(T ) = 1 − T, R(T ) = T 2 − T,

stabilire se essi sono linearmente indipendenti in P3 .


(ii) Determinare la dimensione del sottospazio vettoriale Lin(P (T ), Q(T )) e stabilire se T 2 −
3T ∈ Lin(P (T ), Q(T )).
(iii) Determinare la dimensione del sottospazio vettoriale Lin(Q(T ), R(T )) e stabilire se T 2 −
3T + 2 ∈ Lin(Q(T ), R(T )).
Svolgimento. (i) Consideriamo il polinomio determinato da un’arbitraria combinazione lineare dei
tre polinomi dati

aP (T ) + bQ(T ) + cR(T ) = −aT 3 + (a + c)T 2 − (b + c)T + b ∈ P3 ,

dove a, b, c ∈ R. Questo polinomio coincide con il polinomio nullo (i.e. con il polinomio avente
tutti i coefficienti uguali a 0) se, e solo se,

a = a + c = b + c = b = 0.

Il precedente sistema omogeneo di 4 equazioni e 3 indeterminate è compatibile e di rango massimo.


Pertanto ha come unica soluzione la soluzione nulla, i.e. a = b = c = 0. Quindi i polinomi dati
sono tre polinomi linearmente indipendenti in P3 .
(ii) Dal punto (i), il sottospazio Lin(P (T ), Q(T )) ha come base esattamente i due polinomi dati,
visto che sono linearmente indipendenti. Pertanto, dim Lin(P (T ), Q(T )) = 2.
Se ora si avesse T 2 − 3T ∈ Lin(P (T ), Q(T )), allora dovrebbero esistere α, β ∈ R, con (α, β) 6=
(0, 0), tali che
T 2 − 3T = β − βT + αT 2 − αT 3 .
Si deduce che α = β = 0, cioè il polinomio T 2 − 3T non appartiene a tale sottospazio.
(iii) Con procedimento analogo al precedente si trova che

T 2 − 3T + 2 = T 2 − T + 2(1 − T ),

cioè T 2 − 3T + 2 ∈ Lin(Q(T ), R(T )).

(5) Determinare per quali valori del parametro k ∈ R i vettori di R3 , di componenti rispetto alla
base canonica e v 1 = (1, 2k, 0), v 2 = (2, 1, 3k), v 3 = (1, 0, 2), costituiscono una base di R3 .
Svolgimento. I tre vettori sono una base se, e solo se, la matrice delle loro componenti rispetto alla
base e è invertibile. Pertanto, considerata la matrice
 
1 2k 0
A :=  2 1 3k 
1 0 2
24 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

notiamo che det A 6= 0 per k 6= 1, 13 .

(6) In R3 , munito della base canonica e, siano assegnati i seguenti vettori:

v 1 = (0, 1, −1), v 2 = (1, 0, 1), v 3 = (1, −1, 3),

le cui componenti sono espresse rispetto ad e.


(i) Verificare che v 1 , v 2 , v 3 sono generatori per R3 e che sono linearmente indipendenti.
(ii) Considerato il vettore w che, rispetto ad e, ha componenti w = (1, 0, 2), calcolare le compo-
nenti di w rispetto alla base v data dai vettori v 1 , v 2 , v 3 .
(iii) Determinare le componenti del vettore u ∈ R3 rispetto alla base e sapendo che, rispetto alla
base v, esso ha componenti (1, −2, 1).
Svolgimento. (i) I vettori dati sono banalmente linearmente indipendenti in R3 . Basta calcolare il
determinanate della matrice del sistema dei tre vettori dati rispetto ad e. Siccome sono tre vettori
linearmente indipendenti in R3 , non possono che generare tutto lo spazio vettoriale, i.e. sono una
sua base.
(ii) Ponendo
w = (1, 0, 2) = c1 (0, 1, −1) + c2 (1, 0, 1) + c3 (1, −1, 3)

si trova
c1 = 1, c2 = 0, c3 = 1,

che sono quindi le componenti di w rispetto alla base v.


(iii) u = 1v 1 − 2v 2 + v 3 = (−1, 0, 0), che sono le sue componenti rispetto alla base canonica e.

(7) In R4 , munito della base canonica e, siano assegnati i vettori v 1 = e1 − e3 + e4 , v 2 = e2 − e4 ,


e v 3 = e3 + e4 . Verificare che i tre vettori sono linearmente indipendenti e determinare un vettore
v 4 ∈ R4 tale che valgano contemporaneamente le condizioni:
(i) v := v 1 , v 2 , v 3 , v 4 sia una base di R4 , e
(ii) il vettore w, di componenti (1, 0, −1, 0) rispetto ad e, abbia componenti (0, −1, 1, 1) in base v.
Svolgimento. La matrice delle componenti del sistema dei tre vettori dati, rispetto alla base cano-
nica e, è:
 
1 0 0
 0 1 0 
A=  −1
.
0 1 
1 −1 1

Immediatamente osserviamo che r(A) = 3, dato che

det A(1, 2, 3; 1, 2, 3) = 1 6= 0;

quindi i tre vettori sono linearmente indipendenti in R4 . Consideriamo ora un arbitrario vettore
v 4 = (a, b, c, d), le cui componenti sono sempre rispetto alla base e. La matrice del sistema di
25

vettori v = v 1 , v 2 , v 3 , v 4 rispetto ad e è la matrice


 
1 0 0 a
 0 1 0 b 
C :=  −1
.
0 1 c 
1 −1 1 d

Affinchè v sia una base, si deve avere det C 6= 0. Pertanto, sviluppando il determinate di C con il
metodo di Laplace rispetto alla prima riga, otteniamo che v è una base non appena

−2a + b − c + d 6= 0.

Questa è la prima relazione che otteniamo dalla condizione (i) del testo. Pertanto, per ogni scelta
di a, b, c, d ∈ R soddisfacenti la condizione −2a + b − c + d 6= 0 si ottiene sempre una base v di
R4 . Per tali valori, C = Mev , i.e. si può considerare come la matrice cambiamento di base.
Dalla condizione (ii), vogliamo scegliere v di modo che valga
     
1 1 0 0 a 0
0  0 1 0 b  −1
 =   .
−1  −1 0 1 c  1
0 1 −1 1 d 1

Si ottiene pertanto
a = 1, b = 1, c = −2, d = −2
che in effetti soddisfa la condizione −2a + b − c + d 6= 0. In definitiva v 4 = e1 + e2 − 2e3 − 2e4 .
Capitolo 5

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 5.1. (1) Nello spazio vettoriale euclideo R2 , munito di base canonica e
e di prodotto scalare standard, si consideri il vettore u = (−1, 1) espresso nelle sue componenti
rispetto ad e. Determinare tutti i vettori x che sono ortogonali ad u e con norma uguale a 2.
Svolgimento: Sia x = (x1 , x2 ) espresso in componenti rispetto ad e. Allora, la condizione di
ortogonalità è
0 = hu, xi = x2 − x1 .
Perciò
x = (α, α),
per qualche α ∈ R. Inoltre la condizione ||x|| = 2 implica

α = ± 2.
Perciò, i vettori cercati sono
√ √ √ √
x = ( 2, 2) oppure x = (− 2, − 2).

(2) Sia R3 lo spazio vettoriale euclideo, munito di prodotto scalare standard e di base canonica e.
Sia U ⊂ R3 il sottoinsieme delle soluzioni del sistema lineare X1 +X2 +2X3 = X1 −X2 +X3 = 0.
(i) Giustificare che U è un sottospazio vettoriale di R3 .
(ii) Determinare una base ortonormale di U .
(iii) Denotato con U ⊥ il complemento ortogonale di U in R3 , determinare un’equazione lineare in
X1 , X2 e X3 che rappresenti U ⊥ .
(iv) Utilizzando il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, estendere la base ortonor-
male di U determinata nel punto (ii) ad una base ortonormale di R3 .
Svolgimento: (i) Visto che U è il luogo che descrive le soluzioni di un sistema lineare omogeneo,
U è banalmente un sottospazio.
(ii) Osserviamo che il sistema lineare che definisce U è di rango 2. Per il Teorema di Rouché-
Capelli, allora U è un sottospazio vettoriale di dimensione 1. Una sua base si ottiene risolvendo il
sistema lineare omogeneo che definisce U . Una soluzione è ad esempio
v = (3, 1, −2),

27
28 CAPITOLO 5. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

dove il vettore è espresso nelle sue componenti rispetto ad e. Perciò una base ortonormale per U è
semplicemente  
v 3 1 2
f 1 := = √ , √ , −√ .
||v|| 14 14 14
(iii) Per definizione di U ⊥ , i vettori x = (x1 , x2 , x3 ) ∈ U ⊥ sono tutti e soli quei vettori tali che

hx, vi = 0.

Pertanto, abbiamo che U ⊥ è definito dall’equazione omogenea

3X1 + X2 − 2X3 = 0,

quindi dal Teorema di Rouché-Capelli

dim U ⊥ = 2.

Quest’ultima osservazione era già ovvia dalla definizione di complemento ortogonale e dal fatto
che dim U = 1.
(iv) Una base per U ⊥ è ad esempio data dai vettori v 2 = (1, −3, 0) e v 3 = (0, 2, 1), che sono
manifestamente linearmente indipendenti ed ambedue ortogonali ad U . Consideriamo
 
v2 1 3
f 2 := = √ ,− √ ,0 .
||v 2 || 10 10
Ora, utilizzando il procedimento di Gram-Schmidt, abbiamo
 
hv 2 , v 3 i 3 1
v 03 := v 3 − v 2 = , , 1 .
||v 2 ||2 5 5
Per cui
v0
 
3 1 5
f 3 := 30 = √ ,√ ,√ .
||v 3 || 35 35 35
La base f = f 1 , f 2 , f 3 è una delle possibili basi cercate.

(3) Sia F : R2 × R2 → R la funzione sullo spazio vettoriale R2 definita da: ∀ x, y ∈ R2 ,


F (x, y) := 2x1 y1 + x2 y1 + x1 y2 + x2 y2 , dove x = (x1 , x2 ) e y = (y1 , y2 ) denotano le componenti
dei vettori dati rispetto alla base canonica e.
(i) Verificare che F è un prodotto scalare su R2 e determinare la matrice Be (F ) di F in base e.
(ii) Considerata la base b data dai vettori v 1 := e1 + e2 , v 2 := 2e1 − e2 di R2 , determinare la
matrice Bb (F ) di F in base b.
Svolgimento. La verifica delle proprietà commutativa, distributiva e di bilinearità sono immediate
e vengono lasciate al lettore. Verifichiamo la proprietà di positività: per ogni x ∈ R2 abbiamo

F (x, x) = 2x21 + 2x1 x2 + x22 = (x1 + x2 )2 + x21

Poiché somma di due quadrati, allora F (x, x) ≥ 0 per ogni x e F (x, x) = 0 se, e solo se, valgono

x1 + x2 = x1 = 0.
29

Il sistema precedente è equivalente al sistema x1 = x2 = 0. Pertanto F (x, x) = 0 se, e solo se,


x = 0.
Per definizione di Be (F ), l’elemento di posto i, j di questa matrice è F (ei , ej ), 1 ≤ i, j ≤ 2.
Quindi  
2 1
Be (F ) = .
1 1
(ii) Detta M = Me b la matrice cambiamento di base da e a b, allora
 
1 2
M= .
1 −1

Pertanto, abbiamo che  


t 5 4
Bb (F ) = M Be (F ) M =
4 5
che è ovviamente simmetrica.

(4) Nello spazio vettoriale euclideo R3 , munito del prodotto scalare standard, siano dati i vettori
v 1 = (1, 2, −1), v 2 = (1, 0, 1), v 3 = (1, 2, 0) espressi rispetto alla base canonica e.
(i) Determinare ||v 1 ||, il prodotto scalare hv 1 , v 2 i ed il coseno dell’angolo formato da v 2 e v 3 .
(ii) Determinare tutti i vettori ortogonali a Lin(v 1 , v 2 ) e tutti i vettori ortogonali a v 3 .

Svolgimento. (i) ||v 1 || = 6. Per definizione di prodotto scalare standard, si ha che

hv 1 , v 2 i = 1 − 1 = 0,

cioè i due vettori sono ortogonali. Se infine θ denota l’angolo formato da v 2 e v 3 , ricordiamo che

hv 2 , v 3 i 1
cos(θ) = =√ .
||v 2 || ||v3 || 10

(ii) Poiché ortogonali, v 1 e v 2 sono linearmente indipendenti in R3 . Pertanto, un vettore t =


(x1 , x2 , x3 ) è ortogonale a Lin(v 1 , v 2 ) se, e solo se,

ht, v 1 i = ht, v 2 i = 0.

Si ottiene cosı̀ un sistema lineare

x1 + 2x2 − x3 = x1 + x3 = 0,

da cui si ricava che


x1 = α, x2 = −α, x3 = −α, α ∈ R.
Perció il luogo dei vettori cercati è il sottospazio vettoriale di R3 dato da Lin((1, −1, −1)). Analoga-
mente a prima, un vettore t = (x1 , x2 , x3 ) è ortogonale a v 3 se, e solo se, ht, v 3 i = 0. Questo
determina
x1 + 2x2 = 0,
30 CAPITOLO 5. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

da cui si ricava che


x1 = −2λ, x2 = λ, x3 = µ, λ, µ ∈ R.
Perciò i vettori cercati formano un sottospazio vettoriale di R3 di dimensione 2. Tale sottospazio è
il complemento ortogonale di Lin(v 3 ) ed è generato dai vettori

(−2, 1, 0) e (0, 0, 1),

ottenuti ponendo, rispettivamente, λ = 1, µ = 0 e λ = 0, µ = 1.

(5) Nello spazio vettoriale euclideo R3 , munito del prodotto scalare standard, determinare il vettore
proiezione ortogonale del vettore v 1 = (1, 1, 0) sul vettore v 2 = (1, 0, 1), dove ambedue i vettori
sono espressi rispetto alla base canonica e.
Svolgimento. Il vettore πv2 (v 1 ), proiezione ortogonale del vettore v 1 sul vettore v 2 , è per definizione
il vettore multiplo di v 2 secondo il coefficiente

hv 1 , v 2 i
.
||v2 ||2

Poiché hv 1 , v 2 i = 1 e ||v 2 || = 2, il vettore cercato è πv2 (v 1 ) = ( 12 , 0, 12 ).

(6) Sia R3 lo spazio vettoriale euclideo, munito di base canonica e, e prodotto scalare standard.
(i) Determinare una base ortonormale f di R3 costruita a partire dalla base b := v 1 , v 2 , v 3 , dove
v 1 = (1, 0, 1), v 2 = (0, 1, 1), v 3 = (0, 1, −1).
(ii) Verificare che la matrice cambiamento di base Mef è ortogonale.
Svolgimento. (i) Si procede con il metodo di Gram-Schmidt. Determiniamo il versore u1 di v 1 ,
cioè: √ √
u1 = v 1 /||v 1 || = (1/ 2, 0, 1/ 2).
Determiniamo da v 2 un vettore v 02 ortogonale a v 1 , ponendo:

v 02 = v 2 − hv 2 , u1 i u1 = (−1/2, 1, 1/2).

In seguito normalizziamo v 02 , ponendo


√ √ √ √ √ √
u2 = v 02 /||v 02 || = (− 2/2 3, 2/ 3, 2/2 3).

Definiamo infine un vettore v 03 , ortogonale a u1 e u2 , ponendo

v 03 = v 3 − (hv 3 , u1 i)u1 − (hv 3 , u2 i)u2 = (1/3, 1/3, −1/3).

Normalizzando quest’ultimo vettore, si ha:


√ √ √
u3 = (1/ 3, 1/ 3, −1/ 3).

Pertanto,
f := u1 , u2 , u3 .
31

(ii) La matrice M = Mef è


√ √ √ √ 
1/ 2 − √2/2√3 1/√3
M =  √0 √ 2/√3 1/√3  .
1/ 2 2/2 3 −1/ 3

Calcolando M tM e tM M vediamo che ambedue i prodotti danno la matrice I3 . Pertanto M è


ortogonale.

(7) Nello spazio vettoriale euclideo R3 , munito del prodotto scalare standard, determinare la
proiezione ortogonale del vettore v = (0, 1, 2) sul sottospazio W generato dai vettori v 1 = (1, 1, 0)
e v 2 = (0, 0, 1).
Svolgimento. Notiamo che la base di W data da v 1 e v 2 è una base ortogonale. Infatti hv 1 , v 2 i = 0.
Pertanto, il vettore richiesto è la somma dei vettori, πv1 (v) e πv2 (v), che sono rispettivamente le
proiezioni ortogonali di v su v 1 e su v 2 . Pertanto,
   
hv, v 1 i hv, v 2 i
πW (v) = v1 + v2.
||v 1 ||2 ||v 2 ||2
Capitolo 6

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 6.1. (1) Nello spazio affine R3 , con riferimento (O, e), siano date
(i) la retta r passante per il punto P , di coordinate (1, −1, 1), e parallela al vettore v, di compo-
nenti rispetto ad e (1, −1, 1), e
(ii) la retta s, definita dal sistema di equazioni X1 − 2 = 2X2 − X3 − 2 = 0.
Stabilire se r e s sono rette sghembe.
Svolgimento. La retta s ha giacitura data dal sistema omogeneo

X1 = 2X2 − X3 = 0.

Pertanto, risolvendo tale sistema, vediamo che la giacitura di s è generata dal vettore w, di compo-
nenti rispetto ad e, (0, 1, 2). Poichè le due giaciture non sono proporzionali, si deduce che le rette r
e s non sono parallele. Se non fossero sghembe, allora dovrebbero intersecarsi in un punto. I punti
della retta r sono della forma P +a tv, cioè hanno coordinate

(1 + t, −1 − t, 1 + t)

al variare di t in R. Sostituire queste coordinate variabili nelle equazioni che definiscono s equivale
a cercare il valore di t per cui si ha l’eventuale intersezione tra r e s. Seguendo tale procedimento,
si ottiene il sistema di equazioni lineari nel parametro t:

t − 1 = 3t + 5 = 0

che è manifestamente incompatibile. Quindi r ∩ s = ∅; pertanto le due rette sono sghembe.

(2) Nel piano affine R2 , con riferimento (O, e), sono assegnati i punti P = (1, 2), Q = (2, −1) e
R = (1, 0). Dopo aver verificato che i 3 punti formano i vertici di un triangolo ∆, determinare le
coordinate del baricentro B di ∆. Determinare infine equazioni che descrivano le tre mediane di
∆.
Svolgimento. I punti dati formano i vertici di un triangolo ∆ dato che non sono allineati in R2 .
Per determinare le coordinate del baricentro B basta osservare che, per definizione di baricentro,
otteniamo:
1
B = [(P −a O) + (Q −a O) + (R −a O)] +a O.
3

33
34 CAPITOLO 6. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Poiché però le coordinate di O rispetto al riferimento (O, e) sono (0, 0), le coordinate di B rispetto
ad (O, e) si trovano semplicemente considerando
1 4 1
B = (1 + 2 + 1, 2 − 1 + 0) = ( , ).
3 3 3
Ricordiamo che la mediana di un triangolo è la retta che congiunge un vertice del triangolo con il
punto medio del lato opposto a tale vertice. Calcoliamo i rispettivi punti medi dei lati del triangolo
che sono:
3 1 3 1
MP Q = ( , ), MQR = ( , − ), MP R = (1, 1).
2 2 2 2
La mediana uscente da P è la retta passante per P e per MQR ; equivalentemente è la retta passante
per P e con giacitura generata dal vettore MQR −a P , che ha componenti ( 21 , − 52 ) e quindi, a meno
di proporzionalità, (1, −5). Pertanto, i punti su questa retta hanno coordinate

(x1 , x2 ) = (1 + t, 2 − 5t)

con t ∈ R variabile. Considerando le due eguaglianze

x1 = 1 + t, x2 = 2 − 5t

dalla prima troviamo


t = x1 − 1
che sostituita nella seconda fornisce

x2 = 2 − 5(x1 − 1).

Pertanto, un punto (x1 , x2 ) è sulla mediana rP,MRQ se, e solo se, le sue coordinate soddisfano la
relazione precedente, i.e.
5x1 + x2 − 7 = 0.
Ciò significa che un’equazione lineare che rappresenta tale retta è

rP,MRQ : 5X1 + X2 − 7 = 0.

Ragionando in questo modo anche con le altre mediane, troviamo :

rR,MP Q : X1 − X2 − 1 = 0

e
rQ,MP R : 2X1 + X2 − 3 = 0.
Notiamo che, dalle ben note proprietà di geometria elementare, il baricentro B è l’intersezione delle
tre mediane di ∆. Le tre rette trovate effettivamente si interescano tutte e tre nel punto B = ( 34 , 13 ),
trovato precedentemente con diversa metodologia.

(3) Nel piano affine R2 , con riferimento (O, e), sia dato il triangolo di vertici O = (0, 0), A =
(1, 0) e B = (0, 1). Si considerino i parallelogrammi:
35

• OABC, avente OA ed AB per lati ed OB per diagonale, e


• OADB, avente OB ed OA per lati ed AB per diagonale.
Sia E il punto di intersezione tra le rette rAC e rOD . Dimostrare che B, E ed il punto medio F del
segmento OA sono allineati.
Svolgimento. La retta rA,B ha giacitura generata dal vettore B −a A = (−1, 1); quindi un’e-
quazione che determina questa giacitura è

X1 + X2 = 0.

Il punto C è l’intersezione delle rette

X1 + X2 = 0 e X2 = 1

quindi C = (−1, 1). Il punto D è l’intersezione delle rette

X1 = 1 e X2 = 1

quindi D = (1, 1). La retta per A e C è la retta passante per A e con giacitura generata dal vettore
C −a A, quindi è
X1 + 2X2 − 1 = 0.
Analogamente, quella per O e D è
X1 − X2 = 0;
quindi, essendo E il punto di intersezione di queste ultime due rette, si ha E = (1/3, 1/3). Infine
F , essendo punto medio del segmento OA, ha coordinate F = (1/2, 0). La retta rE,F è quindi

2X1 + X2 − 1 = 0.

Le coordinate di B soddisfano quest’equazione, quindi B appartiene a rE,F .

(4) Consideriamo nello spazio affine R4 , con riferimento cartesiano (O, e), i due sottoinsiemi:
• L1 := {(1 + α + β, 2 + α, 3 + β, 4) | α, β ∈ R},
• L2 := {(4, 3, 2, γ + 1) | γ ∈ R}.
Verificare che L1 e L2 sono varietà lineari di R4 e determinare la loro mutua posizione in R4 .
Svolgimento. Notiamo che gli elementi di L1 sono della forma

(1, 2, 3, 4) +a (α + β, α, β, 0) = (1, 2, 3, 4) +a (α(1, 1, 0, 0) + β(1, 0, 1, 0)).

Pertanto, posto
P1 := (1, 2, 3, 4)
e
W1 := Lin(v 1 , w1 ),
dove
v 1 = (1, 1, 0, 0) e w1 = (1, 0, 1, 0)
36 CAPITOLO 6. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

notiamo immediatamente che L1 è la varietà lineare di R4 passante per P1 e parallela al sottospazio


vettoriale di R4 dato da W1 (i.e., con giacitura W1 ). Poichè dim W1 = 2, L1 è un piano in R4 .
Analogamente per L2 troviamo che essa è la varietà lineare passante per il punto

P2 = (4, 3, 2, 1)

e parallela alla retta vettoriale W2 = Lin((0, 0, 0, 1)) = Lin(e4 ).


Notiamo che L1 ∩ L2 = ∅: infatti, ponendo

(1 + α + β, 2 + α, 3 + β, 4) = (4, 3, 2, γ + 1)

si ottiene un sistema di 4 equazioni nelle tre incognite α, β e γ:




 α+β = 3
α = 1


 β = −1
γ = 3

che è manifestamente incompatibile.


Ora, poichè v 1 , w1 ed e4 , sono tre vettori linearmente indipendenti in R3 , allora W2 non è sot-
tospazio vettoriale di W1 . Pertanto L1 e L2 non sono varietà lineari parallele. Quindi il piano L1 e
la retta L2 sono sghembi in R4 .

(5) Nello spazio vettoriale R3 , dotato di base canonica e, determinare equazioni che definiscano il
sottospazio vettoriale W generato dai vettori w1 = (1, 2, 1) e w2 = (1, −1, 2).
Svolgimento. Osserviamo che w1 e w2 sono linearmente indipendenti in R3 , pertanto W =
Lin(w1 , w2 ) ha dimensione 2. Un vettore arbitrario di W è della forma

αw1 + βw2 , α, β ∈ R.

Pertanto, le componenti di un arbitrario vettore di W rispetto ad e sono della forma

(x1 , x2 , x3 ) = (α + β, 2α − β, α + 2β).

Abbiamo quindi le eguaglianze

x1 = α + β, x2 = 2α − β, x3 = α + 2β

che descrivono come variano le componenti dei vettori di W al variare dei parametri α e β in
R. In altri termini, le precedenti eguaglianze forniscono quelle che si chiamano anche equazioni
parametriche per il sottospazio W .
Risolviamo il sistema lineare di tre equazioni nelle due incognite α e β e con termini noti x1 , x2 e
x3 . Troviamo ad esempio, dalle prime due equazioni, α e β in funzione di x1 e x2 e poi sostituiamo
i valori trovati nella terza equazione. Questo fa determinare la condizione

(∗) 5x1 − x2 − 3x3 = 0;


37

in altri termini un vettore x, con componenti (x1 , x2 , x3 ) rispetto ad e, appartiene a W se e solo se


le sue componenti soddisfano la condizione (∗). Pertanto, un’equazione che descrive W è proprio

5X1 − X2 − 3X3 = 0.

(6) Nel piano affine R2 , con riferimento cartesiano (O, e), è data la retta r rappresentata dall’e-
quazione X1 + X2 = 1. Determinare tutte le affinità di R2 che fissano tutti i punti di r e che
trasformano il punto P = (1, 2) nel punto Q = (2, 1).
Svolgimento. Sappiamo che il luogo dei punti fissi di un’affinità se non vuoto è per forza una
varietà lineare. Allora per avere affinità che fissano tutti i punti di r basta determinare quelle
affinità che fissano 2 punti distinti di r. Infatti, poichè l’unione di due punti distinti non è una
varietà lineare, se questi restano fissi sotto l’azione di un’affinità f , allora tutti i punti della retta r
restano fissi sotto l’azione di f .
Prendiamo allora i due punti P1 = (0, 1) e P2 = (1, 0) su r. Un’affinità è della forma
    
a11 a12 x1 b
f (x) = A x + b = + 1 ,
a21 a22 x2 b2

con A matrice invertibile. Se imponiamo

f (P1 ) = P1 , f (P2 ) = P2 ,

otteniamo       
0 a11 a12 0 b
= + 1
1 a21 a22 1 b2
e       
1 a11 a12 1 b
= + 1 .
0 a21 a22 0 b2
Si ottiene il sistema di 4 equazioni:

a12 = a11 − 1, a21 = a22 − 1, b1 = 1 − a11 , b2 = 1 − a22 .

Quindi, le affinità che fissano tutti i punti di r sono ∞2 dato che sono della forma:
    
a11 a11 − 1 x1 1 − a11
+ ,
a22 − 1 a22 x2 1 − a22

con a11 , a22 ∈ R parametri indipendenti, tali che a11 + a22 6= 1, per la condizione di invertibilità
di A.
Ora imponiamo la condizione ulteriore che f (P ) = Q, che fornisce
      
2 a11 a11 − 1 1 1 − a11
= + .
1 a22 − 1 a22 2 1 − a22

Si determina allora
3 1
a11 = , a22 = .
2 2
38 CAPITOLO 6. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Dunque esiste un’unica affinità che soddisfa tutte le condizioni richieste. Le equazioni di tale
affinità sono:
1 1
Y1 = (3X1 + X2 − 1) Y2 = (−X1 + X2 + 1).
2 2

(7) Siano v = (1, 2) e w = (−1, −1) vettori di R2 , espressi rispetto alla base canonica e.
(i) Calcolare l’orientazione della coppia ordinata v, w.
(ii) Sia S l’isometria lineare data dalla riflessione rispetto all’asse x1 , i.e. rispetto a Lin(e1 ).
Calcolare Or(S(v), S(w)).
Svolgimento. (i) Osserviamo che
 
1 −1
det = 1 = Or(v, w)
2 −1

perciò la coppia ordinata di vettori è una base per R2 che, inoltre, è orientata positivamente.
(ii) Riflettere rispetto all’asse x1 vuol dire che, per ogni vettore x = (x1 , x2 ), S(x) = (x1 , −x2 ).
Pertanto, l’isometria lineare S è
       
1 0 x1 0 1 0 x1
S(x) = + = .
0 −1 x2 0 0 −1 x2
 
1 0
Denotata con M = la matrice ortogonale dell’isometria S, det M = −1 cioè S è
0 −1
un’isometria lineare inversa. Pertanto

Or(S(v), S(w)) = det(M ) Or(v, w) = −1,

i.e. la base
b = S(v), S(w)
non è equiorientata con e.
Capitolo 7

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi
  svolti 7.1. (1) Determinare tutte le rette del piano cartesiano passanti per il
−1
punto P = e formanti con l’asse x1 un angolo convesso pari a π/3. Determinare inoltre
2
gli angoli convessi fra tutte le rette ottenute.
 
l
Svolgimento: Sia r = un vettore direttore di una delle rette da determinare. Allora:
m

1  π  r · (±e ) ±l
1
= cos = =√ ,
2 3 ||r|| ||e1 || l + m2
2

che determina
1
l = ± √ m.
3
Otteniamo perciò, a meno di proporzionalità, due vettori direttori
   
1 −1
r1 = √ e r2 = √ .
3 3

Le equazioni cartesiane delle rette cercate sono date, rispettivamente, da:


   
X1 + 1 X√ 2−2 X1 + 1 X√ 2−2
det = 0 e det = 0.
1 3 −1 3

Precisamente si determinano le due rette di equazioni cartesiane:


√ √ √ √
r1 : 3X1 − X2 + 2 + 3 = 0 e r2 : 3X1 + X2 − 2 + 3 = 0.

Ora cos(θ(r1 , r2 )) = cos(θ(±r1 , r2 )) = ± 12 , quindi θ = {π/3, 2π/3}, a seconda di come sono


orientate le rette.

(2) Siano assegnate le rette s1 , di equazioni parametriche X1 = 1 − 2t, X2 = 2t, t ∈ R, e s2 , s3


di equazioni cartesiane, rispettivamente, X1 − 2X2 + 1 = 0 e 2X1 + X2 − 2 = 0.
(i) Determinare un’equazione cartesiana di s1 ;

39
40 CAPITOLO 7. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(ii) Determinare un’equazione cartesiana della retta r parallela a s1 e passante per P0 = s2 ∩ s3 ;


(iii) Determinare le equazioni parametriche della retta n passante per P1 = s1 ∩ s2 e perpendico-
lare a s3 ;    
1 2
(iv) Verificare che la retta per i punti Q1 = e Q2 = è parallela a s2 . Stabilire se
1/4 1/4
tale retta coincide con s2 .
Svolgimento: (i) Poiché X2 = 2t, un’equazione cartesiana è X1 = 1 − X2 , cioè
X1 + X2 − 1 = 0.
(ii) Per determinare il punto P0 basta risolvere il sistema lineare non omogeneo
X1 − 2X2 + 1 = 2X1 + X2 − 2 = 0
 
−2
che ha come soluzione X1 = 3/5, X2 = 4/5. Un vettore direttore della retta s1 è , equi-
2
 
−1
valentemente . Quindi, l’equazione cartesiana della retta che si vuole determinare sarà data
1
da
X1 − 53 X2 − 45
 
det = 0.
−1 1
(iii) Per trovare le coordinate di P1 , basta sostituire nell’equazione di s2 le relazioni X1 = 1 − 2te
2
X2 = 2t. Questo determina t = 1/3, cioè X1 = 1/3, X2 = 2/3. Un vettore normale a s3 è ,
1
come si determina direttamente dalla sua equazione cartesiana. Perciò la retta cercata è quella che
passa per P1 e che ha tali parametri direttori, cioè
X1 − 13 X2 − 23
 
det = 0.
2 1
 
1
(iv) Un vettore direttore della retta per Q1 e Q2 è dato dal vettore Q2 −a Q1 = . Quindi, un
1/2
 
2
vettore direttore è anche , che coincide con il vettore direttore di s2 . Ora però la retta per Q1 e
1
Q2 è parallella a s2 ma non coincide con s2 . Infatti, le coordinate di Q1 ad esempio non soddisfano
l’equazione di s2 .
 
1
(3) Sia P0 = un punto di R2 .
2
(i) Scrivere le equazioni della rotazione RP0 ,π/6 di centro P0 ed angolo π/6;
(ii) Sia Sr la riflessione
√ √ retta r : X1 − X2 + 1 = 0. Sia s la retta di equazione
rispetto alla
cartesiana (2 − 3)X1 − X2 + 3 = 0. Denotata con Ss la riflessione rispetto a tale retta s,
verificare che si ha Sr ◦ Ss = RP0 ,π/6 .
Svolgimento: (i) La matrice della rotazione di angolo π/6 attorno all’origine è:
 √ 
3/2 √ −1/2
A= .
1/2 3/2
41

Perciò, le formule di cambiamento di coordinate date dalla rotazione sono, in forma vettoriale,

y = A(x) + P 0 − A(P 0 ),

equivalentemente in forma cartesiana


√ √ √ √
y1 = 1/2(x1 − 3x2 + 1 + 2 3) y2 = 1/2( 3x1 + x2 + 2 − 3).

Pertanto, le equazioni della rotazione sono


√ √ √ √
Y1 = 1/2(X1 − 3X2 + 1 + 2 3) Y2 = 1/2( 3X1 + X2 + 2 − 3).

(ii) Prima di tutto, calcoliamo le formule della riflessione


 Sr . Utilizziamo un metodo geometrico
x1
analogo a quello descritto nella teoria. Sia P = un punto arbitrario di R2 . La retta h
x2
passante per P e perpendicolare a r ha equazione cartesiana

X1 + X2 = x1 + x2 .

Sia H = r ∩ h, che ha coordinate


1
 
2 (x1 + x2 − 1)
H= 1 .
2 (x1 + x2 + 1)
 
y1
Allora il punto P0 := sarà il simmetrico di P rispetto a r se, e solo, se
y2
 
0 x2 − 1
P = 2H − P = .
x1 + 1

Questo significa che le equazioni della riflessione sono

Y1 = X2 − 1, Y2 = X1 + 1.

Se ora dobbiamo avere Sr ◦Ss = RP0 ,π/6 , allora ciò implica che Ss = S−1
r ◦RP0 ,π/6 = Sr ◦RP0 ,π/6 ,
dato che Sr = S−1
r perché è una trasformazione involutoria. Le equazioni di Ss sono quindi
√ √ √ √
Y1 = 1/2( 3X1 + X2 ) − 3/2 Y2 = 1/2(X1 − 3X1 + 3) + 3

onde l’asserto.

(4) Si consideri R2 con riferimento cartesiano


 ortonormale
 (O, e), dove e è la base canonica.
x1
(i) Scrivere le formule di rotazione Rπ/2 di angolo π/2 attorno ad O.
x
   2 
1 −1
(ii) Dati i vettori v = ew = dello spazio vettoriale R2 , le cui componenti
2 −1
sono rispetto ad e, stabilire se il sistema di vettori f := Rπ/2 (v), Rπ/2 (w) determina una base
equiorientata ad e.
42 CAPITOLO 7. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI
   
x1 −x2
Svolgimento (i) Osserviamo che Rπ/2 = .
x2 x1
(ii) Cominciamo con l’osservare che la matrice del sistema di vettori v, w in base e è la matrice
 
1 −1
A= ;
2 −1

notiamo che det A = 1. Questo comporta le due seguenti cose:


(a) v = v, w è una base per lo spazio vettoriale R2 , e
(b) tale base è equiorientata con la base canonica e.
Notiamo ora che Rπ/2 , essendo un’isometria lineare, ha senso considerarla come applicazione dello
spazio vettoriale R2 in sè. Quindi possiamo considerare i trasformati mediante Rπ/2 di vettori di
R2 . Poiché Rπ/2 è un’isometria lineare diretta, allora det Rπ/2 = 1. Notiamo allora che il sistema
di vettori
f := Rπ/2 (v), Rπ/2 (w)
è una base per R2 dato che v lo era. Inoltre

det(Rπ/2 )
Or(Rπ/2 (v), Rπ/2 (w)) = Or(v, w) = 1.
|det(Rπ/2 )|

Pertanto, f è una base equiorientata ad e.


   
x1 −1
(5) Scrivere le formule della rotazione Rπ/2,P di angolo π/2 attorno a P = . In
x2 −1
   
1 2
seguito, si consideri l la retta di equazione parametrica vettoriale X = +t , t ∈ R.
−1 1
Determinare un’equazione cartesiana della retta Rπ/2,P (l).
   
x1 −x2 − 2
Svolgimento Osserviamo che Rπ/2,P = .
x2 x1
Ora, per svolgere la seconda parte dell’esercizio, basta prendere due punti arbitrari su l, applicare
a tali punti la trasformazione precedentemente trovata e poi determinare la retta per i due punti
trasformati. Per comodità, calcoliamo prima un’equazione parametrica vettoriale di Rπ/2,P (l) che
è    
−1 −1
X= +t , t ∈ R.
1 2
Perciò, liberandoci del parametro t, troviamo che una sua equazione cartesiana è data da

2X1 + X2 + 1 = 0.

     
2 1 1
(6) Siano dati inR2 i tre punti P = ,Q= eR= .
1 2 −1
(i) Determinare l’equazione cartesiana dell’unica circonferenza C passante per i tre punti dati.
(ii) Determinare l’equazione cartesiana della retta tangente a C nel punto P .
43

Svolgimento: (i) Per le ben note proprietà geometriche elementari, il centro della circonferenza
da determinare è il punto C intersezione degli assi delle due corde P Q e QR. Ricordiamo che
l’asse di un segmento è la retta perpendicolare al segmento dato e passante per il punto medio del
segmento. Pertanto, il punto medio del segmento P Q è
 
3/2
MP Q = ,
3/2

mentre il punto medio del segmento QR è


 
1
MQR = .
1/2

I vettori direttori sono  


−1
Q −a P =
1
e    
0 0
R −a Q = equivalentemente .
−3 1
Quindi, l’asse del segmento P Q èla retta
 per MP Q con parametri direttori determinati da un vettore
1
normale a Q −a P , per esempio . Un’equazione cartesiana di tale asse è quindi
1

X1 − X2 = 0.

Analogamente, l’asse del segmento QR è larettaper MQR con parametri direttori determinati da
1
un vettore normale a R −a Q, per esempio . Un’equazione cartesiana di tale asse è
0

2X2 − 1 = 0.

Il loro punto di intersezione è il punto


 
1/2
C= .
1/2

Il raggio della circonferenza è dato da



d(C, P ) = 10/2.

Perciò, l’equazione cartesiana della circonferenza cercata è:

(X1 − 1/2)2 + (X2 − 1/2)2 = 10/4.

(iii) L’equazione della tangente a C in P è data dalla formula

(2 − 1/2)(X1 − 2) + (1 − 1/2)(X2 − 1) = 0 cioè 3x1 + x2 − 7 = 0.


44 CAPITOLO 7. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI
 
2
(7) Siano s1 e s2 due rette di R2 passanti ambedue per il punto P = e, rispettivamente,
−1
   
18/5 2
per Q1 = la prima e per Q2 = la seconda. Assumiamo che le rette s1 e s2 siano
1/5 1
tangenti ad una circonferenza C, rispettivamente, in Q1 la prima ed in Q2 la seconda. Determinare
il centro C, il raggio r e l’equazione cartesiana di C.
Svolgimento. Denotiamo con ni la retta ortogonale alla retta si e passante per il punto Qi , 1 ≤
i ≤ 2. Allora, il centro C sarà
C = n1 ∩ n2

 r = d(C, Qi ), per uno qualsiasi dei due punti Qi , 1 ≤ i ≤ 2. Un vettore


mentre il raggio r sarà
4
direttore di s1 è , perciò la retta n1 ha equazione cartesiana
3

4X1 + 3X2 − 15 = 0.
 
0
Un vettore direttore di s2 è , perciò la retta n2 ha equazione cartesiana
1

X2 − 1 = 0.

Allora  
3
C=
1
mentre
r = d(C, Q1 ) = d(C, Q2 ) = 1.
L’equazione cartesiana della circonferenza C è data da

(X1 − 3)2 + (X2 − 1)2 = 1,

cioè
X12 + X22 − 6X1 − 2X2 + 9 = 0.
Capitolo 8

Soluzioni di Quesiti ed esercizi


3
 R sia π il piano di equazione cartesiana
Quesiti ed esercizi svolti 8.1. (1) Nello spazio cartesiano
X1 + X2 + 2X3 = 0
X1 + X2 = 1 e sia r la retta di equazioni cartesiane .
X2 + X3 = 1
(i) Trovare le equazioni cartesiane della retta r0 , che è proiezione ortogonale di r su π.
(ii) Calcolare le equazioni parametriche della retta Sπ (r), che è la retta ottenuta per riflessione
rispetto al piano π della retta r.
Svolgimento: (i) Il fascio di piani in R3 di asse la retta r ha equazione

λX1 + (λ + µ)X2 + (2λ + µ)X3 − µ = 0, λ, µ ∈ R, (λ, µ) 6= (0, 0).

La retta r0 sarà intersezione del piano π e dell’unico pianoαdel fascio che è ortogonale a π.
1
Dunque, poiché un vettore normale a π è il vettore nπ = 1 e poiché un vettore normale al
0
 
λ
generico piano del fascio è nλµ =  λ + µ  imponiamo la condizione hnπ , nλµ i = 0, che
2λ + µ
fornisce la relazione lineare 2λ+µ = 0. Quindi il piano α ha equazione cartesiana X1 −X2 +2 = 0
e quindi le equazioni cartesiane di r0 sono:

X1 −X2 = −2
.
X1 +X2 = 1
(ii) Le coordinate di P := π ∩ r sono le soluzioni del sistema lineare di 3 equazioni e 3 indeter-
minateche si ottiene mettendo a sistema le equazioni cartesiane che
definiscono
 π e r. Si ottiene
−1/2 −1
P =  3/2 . Un secondo punto sulla retta r è ad esempio Q =  1 . La retta n che passa
−1/2 0
per Q e che è ortogonale a π ha equazione parametrica:
   
−1 1
X =  1  + t  1  , t ∈ R.
0 0

45
46 CAPITOLO 8. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Il punto di intersezione n ∩ π corrisponde al valore del parametro t 0


0 =1/2. Il riflesso Q di Q
0
0
rispetto a π corrisponde quindi a 2t0 = 1, ed abbiamo quindi Q = 2. Siccome la riflessione

0
rispetto a π lascia fisso P , la retta cercata è la retta che passa per P e per Q0 , che ha pertanto
equazioni parametriche:    
0 −1
X =  2  + t  −1  , t ∈ R.
0 −1


X1 − X2 = 1
(2) Sono assegnate la retta r : ed il piano Π : X1 + 2X2 − X3 = 0.
X3 =0
(i) Determinare il piano Λ contenente r ed ortogonale a Π;
(ii) Determinare la retta s, proiezione ortogonale di r su Π;
(iii) Determinare l’angolo convesso θ(r, s) tra r e s.
 
1
Svolgimento: (i) Il piano Π ha vettore normale n =  2 . Sia
−1

λ(X1 − X2 − 1) + µX3 = 0

l’equazione cartesiana del fascio di piani di asse la retta r, con λ e µ numeri reali variabili, non
entrambi nulli. Il piano Λ è ortogonale a Π se, e solo se, la sua giacitura è parallela a n. Imponendo
il parallelismo con n, determiniamo

λ − 2λ − µ = 0,

i.e.
µ = −λ.
Perciò il piano Λ ha equazione cartesiana

X1 − X2 − X3 = 1.

(ii) La retta s è l’intersezione di Π con Λ, perciò:



X1 − X2 − X3 = 1
s:
X1 + 2X2 − X3 = 0.
   
1 1
(iii) La retta r ha vettore direttore r = 1, la retta s ha vettore direttore s = 0. Perciò,
0 1

r0 · s0 1
cos(θ(r, s)) = ± =± ,
||r0 || ||s0 || 2
47

π
i.e. θ(r, s) è o 3 oppure 23 π, a seconda di come sono orientate le due rette.



−1
(3) Sia l = Lin(v) la retta vettoriale, dove v = −1, rispetto alla base e.
−1
(i) Scrivere le formule per la rotazione Rπ/2,v di angolo π/2 attorno alla retta vettoriale l orientata
con v.    
1 2
(ii) Sia r la retta di equazioni parametriche X = −1 + t 1, t ∈ R. Calcolare le equazioni
0 1
parametriche della retta che si ottiene applicando Rπ/2,v a r.
Svolgimento: (i) Una base ortogonale di R3 , orientata positivamente ed avente v come primo
vettore della base è, ad esempio,
     
−1 1 −1
f 1 = v = −1 , f 2 = −1 , f 3 = f 1 ∧ f 2 = −1 .
−1 0 2

Per renderla ortonormale, basta dividere ogni vettore per la sua norma:
 √   √   √ 
−1/√3 1/ √2 −1/√6
f1 f2 f3
e01 = = −1/√3 , e02 = = −1/ 2 , e03 = = −1/√ 6 .
||f 1 || ||f 2 || ||f 3 ||
−1/ 3 0 2/ 6

La rotazione di angolo π/2 attorno ad e01 , espressa in tale nuova base ortonormale e0 , ha matrice
rappresentativa standard:  
1 0 0
A0 =  0 0 −1  .
0 1 0
La matrice cambiamento di base dalla base canonica e alla base e0 è la matrice M = Mee0 che
ha per colonne le coordinate dei vettori di tale nuova base espresse rispetto alla base e. Quindi, la
matrice rappresentativa di Rπ/2,v , espressa rispetto alla base canonica e, è la matrice A data da

A = M A0 M −1 = M A0 t M,

dato che M è una matrice ortogonale. Perciò


 √ √ 
1 1+ 3 1− 3
3√ 3 3√
A= 1− 3 1 1+ 3
.
 
3√ 3√ 3
1+ 3 1− 3 1
3 3 3

Pertanto, le formule di rotazione sono:


√ √
1 1+ 3 1− 3
y1 = x1 + x2 + x3
3 3 3
48 CAPITOLO 8. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI
√ √
1− 3 1 1+ 3
y2 = x1 + x2 + x3
3 3 3
√ √
1+ 3 1− 3 1
y3 = x1 + x2 + x3 .
3 3 3
(ii) Le equazioni parametriche cercate  ad esempio, applicando la matrice A al gene-
si ottengono,
1 + 2t
rico punto della retta r, che è il punto −1 + t, con t ∈ R. Si ottiene quindi
t
 √   
−√3/3 4/3

X = −√ 3/3 + t (4 − √3)/3 , t ∈ R.
2 3/3 (4 + 3)/3
Un modo equivalente per trovare le equazioni parametriche della nuova retta era anche il seguente:
si prendono 2 punti qualsiasi P e Q di l, si considerano i trasformati di tali due punti mediante
Rπ/2,v , i.e. A(P ) e A(Q), e infine si determina l’equazione parametrica della retta passante per i
due punti A(P ) e A(Q).

(4) Nello spazio cartesiano R3 con riferimento cartesiano ortonormale (O, e), dove e è la base
canonica,
 siano Π e r il piano e la retta di equazioni cartesiane, rispettivamente, X1 +X2 +X3 = 0
X1 +X2 +2X3 = 0
e . Sia SΠ la riflessione rispetto al piano Π. Calcolare le equazioni
X2 +X3 = 1
parametriche della retta m = SΠ (r), riflessa di r rispetto a Π.
Svolgimento. Sia P = r ∩ Π. Percio’:
 
−1
P =  1 .
0
 
−2
Sia Q =  0  ∈ r. La retta n passante per Q ed ortogonale a Π ha equazioni parametriche
1
   
−2 1
X =  0  + t  1  , t ∈ R.
1 1

Quindi n ∩ Π si ottiene per il valore t = 1/3. Perciò


 il riflesso
 Q0 di Q rispetto a Π è per il valore
−4/3
del parametro t = 2/3, cioè è il punto Q0 =  2/3 . Quindi m è la retta per P e Q0 e ha
5/3
quindi equazioni parametriche:
   
−1 −7/3
X =  1  + t  −1/3  , t ∈ R.
0 5/3
49

3
 R sia Uil sottospazio vettoriale, dato in equazione parametrica vet-
(5) Nello spaziovettoriale
1 2
toriale X = s 2   + t −1 , s, t ∈ R. Determinare una base ortonormale b di R3 ,

1 0
positivamente orienatata ed avente i primi due versori appartenenti ad U .
Svolgimento. Notiamo che i due generatori di U sono ortogonali fra loro. Perciò, se f 1 è il primo
vettore e f 2 è il secondo vettore, allora
 √   √ 
1/√6 2/ √5
f1 f2
e01 = =  2/√6  e e02 = =  −1/ 5 
||f 1 || ||f 2 || 0
1/ 6

sono i primi due versori di b. Per determinare il terzo versore, basta considerare
 √ 
1/√30
e03 := e01 ∧ e02 =  2/ √30  .
−5/ 30

La base b = e01 , e02 , e03 sarà automaticamente ortonormale e positivamente orientata.

(6) Nello spazio cartesiano


  R3 , sia dato il piano π di equazione cartesiana 2X1 − X2 + 3X3 = 0
1
ed un suo punto P =  5 . Trovare l’equazione del fascio di rette proprio contenuto nel piano
1
π e di centro P .
Svolgimento. Prendiamo una retta s passante per P ma non contenuta nel piano dato; per esempio

 X1 = 1 + t
X2 = 5 − 2t .
X3 = 1 + t

Tale retta non è parallela a π. Inoltre essa è incidente a π nel punto P . Le sue equazioni cartesiane
in R3 sono: 
X1 − X3 = 0
.
X2 + 2X3 − 7 = 0
Il fascio di piani in R3 di asse la retta s ha equazione

λX1 + µX2 + (2µ − λ)X3 − 7µ = 0.

L’equazione del fascio cercato è quindi:



2X1 − X2 + 3X3 = 0
.
λX1 + µX2 + (2µ − λ)X3 − 7µ = 0
50 CAPITOLO 8. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI
     
0 1 2
(7) Dati i tre punti in R3 , A = 1, B = 1, C = 0,
0 1 1
(i) verificare che i tre punti non sono allineati;
(ii) scrivere l’equazione dell’unica circonferenza C passante per i 3 punti.
Svolgimento: (i) La matrice che ha per colonne le coordinate dei tre punti ha determinante diverso
da zero. Questo vuol dire che i tre vettori dello spazio vettoriale R3 associati a tali punti, formano
una base per R3 . Perciò i tre punti dello spazio cartesiano non possono essere allineati.
(ii) Il centro C della circonferenza C giace sul piano π passante per i tre punti e sarà l’intersezione,
in tale piano π, degli assi dei segmenti per esempio AB e BC. Il raggio, sarà determinato per
esempio da
r := d(C, A).
L’equazione cartesiana del piano per i tre punti è
 
X1 X2 − 1 X3
det  1 0 1  = 0,
2 −1 1

cioè
π : X1 + X2 − X3 = 1.
Se s è l’asse del segmento
  AB, allora s si ottiene intersecando π con il piano β, ortogonale al
1
vettore B −a A = 0 e passante per il punto medio del segmento AB, che denotiamo con
1
 
1/2
M =  1 . Perciò β ha equazione cartesiana X1 + X3 − 1 = 0 e quindi s ha equazioni
1/2
cartesiane 
X1 + X2 − X3 = 1
s: .
X1 + X3 =1
Analogamente, troviamo che l’equazione della retta s0 , asse del segmento BC è

0 X1 + X2 − X3 = 1
s : .
X1 − X2 =1
 
1 √
Perciò C = s ∩ s0 = 0 e quindi r = d(A, C) = 2. In definitiva, l’equazione della
0
circonferenza cercata è:
(X1 − 1)2 + X22 + X32 = 2

C: .
X1 + X2 − X3 =1
Capitolo 9

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 9.1. (1) Siano dati gli spazi vettoriali R2 e R3 e siano e, la base canonica
su R2 , ed e0 , la base canonica su R3 . Sia data la funzione f : R2 → R3 definita in modo che, per
ogni vettore x = (x1 , x2 ) ∈ R2 , espresso nelle sue componenti in base e, si abbia
f (x) = (x1 + 2x2 , 3x2 , x1 − x2 ),
dove il secondo membro è l’espressione in componenti rispetto alla base e0 .
(i) Verificare che f è un’applicazione lineare.
(ii) Determinare l’immagine del vettore v = (1, 2).
(iii) Determinare la matrice Me0 , e (f ) che rappresenta f nelle due basi date.
Svolgimento. (i) Presi x = (x1 , x2 ), y = (y1 , y2 ) ∈ R2 e λ ∈ R abitrari, abbiamo:
• f (x + y) = f ((x1 + y1 , x2 + y2 )) = ((x1 + y1 ) + 2(x2 + y2 ), 3(x2 + y2 ), (x1 + y1 ) − (x2 + y2 )).
Osserviamo che il secondo membro della precedente eguaglianza si scrive come
(x1 + 2x2 , 3x2 , x1 − x2 ) + (y1 + 2y2 , 3y2 , y1 − y2 ) = f (x) + f (y).
• f (λ x) = (λx1 + 2λx2 , 3λx2 , λx1 − λx2 ) = λ(x1 + 2x2 , 3x2 , x1 − x2 ) = λf (x).
Pertanto f è un’applicazione lineare.
(ii) Dalla definizione di f si ha f ((1, 2)) = (5, 6, −1).
(iii) Poichè
f ((1, 0)) = (1, 0, 1) e f ((0, 1)) = (2, 3, −1)
dalla definizione di Me0 , e (f ) abbiamo che
 
1 2
Me0 , e (f ) =  0 3 .
1 −1

(2) Siano V e W due spazi vettoriali di dimensioni, rispettivamente, 3 e 2. Siano date in seguito
v = v 1 , v 2 , v 3 una base di V e w = w1 , w2 una base di W . Sia f : V → W l’applicazione
lineare definita sulle basi date in tal modo:
f (v 1 ) = w1 + 2w2 , f (v 2 ) = 2w1 , f (v 3 ) = 2w2 .

51
52 CAPITOLO 9. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Determinare la matrice Mw,v (f ) e le equazioni di f (rispetto alle basi date).


Svolgimento. Per definizione di matrice associata a f nelle basi date, abbiamo
 
1 2 0
Mw, v (f ) = .
2 0 2

Se x = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 è un vettore arbitrario, espresso nelle sue componenti rispetto a v e se


y = (y1 , y2 ) ∈ R2 è un vettore arbitrario, espresso nelle sue componenti rispetto a w, allora
 
 x
1 2 0  1
  
y1
y = f (x) ⇔ = x2 .
y2 2 0 2
x3

Pertanto, le equazioni di f nelle basi v e w date sono:

Y1 = X1 + 2X2 , Y2 = 2X1 + 2X3 .

(3) Siano dati gli spazi vettoriali R2 e R3 e siano e, la base canonica su R2 , ed e0 , la base canonica
su R3 . Sia data l’applicazione lineare f : R3 → R2 definita da:

f ((1, 0, 0)) = (1, 1), f ((0, 1, 0)) = (1, 0), f ((0, 0, 1)) = (1, 1),

in cui tutte le componenti sono rispetto alle due basi date.


(i) Determinare la matrice Me, e0 (f ).
(ii) Determinare la dimensione dei sottospazi Ker f ⊂ R3 e Im f ⊂ R2 e stabilire se f è iniettiva
e se f è suriettiva.
(iii) Determinare una base per i sottospazi Ker f ⊂ R3 e Im f ⊂ R2
(iv) Dato il sottospazio vettoriale W = Lin((1, 0, 1) , (−1, 1, 0)) determinare f (W ).
Svolgimento. (i) Per definizione di matrice associata a f nelle basi date, abbiamo
 
1 1 1
Me, e (f ) =
0 .
1 0 1

(ii) Sappiamo che dim Im f = r(Me, e0 (f )). Ora la matrice Me, e0 (f ) è manifestamente di rango
2. Pertanto,
dim Im f = 2
che dimostra che f è suriettiva.
Poichè vale la formula
3 = dim R3 = dim Im f + dim Ker f
segue che
dim Ker f = 1.
Questo comporta che f non è iniettiva. In effetti era chiaro, dalla definizione di f , che essa non
fosse iniettiva dato che
f ((1, 0, 0)) = f ((0, 0, 1)) = (1, 1).
53

(iii) Im f è generato dalle immagini dei vettori della base e0 . Pertanto

Im f = Lin((1, 1), (1, 0), (1, 1)) = R2

ed una base per Im f è data dai vettori (1, 1), (1, 0).
Un vettore x = (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 è tale che

x ∈ Ker f ⇔ f (x) = 0.

Questa ultima condizione si traduce in


 
x1  
0
Me, e0 (f ) x2 =
  .
0
x3

Cerchiamo quindi tutti quegli x per cui:


 
  x1  
1 1 1 x2  = 0 .
1 0 1 0
x3

Questi sono dati dalle soluzioni del sistema lineare omogeneo

X1 + X2 + X3 = X1 + X3 = 0.

Le soluzioni di questo sistema lineare, per il Teorema di Rouché-Capelli, dipendono da 1 parametro


(in effetti, sappiamo già che dim Ker f = 1). Le soluzioni sono della forma

X1 = t, X2 = 0, X3 = −t, t ∈ R.

Pertanto
Ker f = Lin((1, 0, −1)).
(iv) I generatori di W sono linearmente indipendenti, pertanto dim W = 2 e f (W ) è generato dai
vettori f ((1, 0, 1)) = (2, 2) e f ((−1, 1, 0)) = (0, −1). Pertanto f (W ) = R2 e la base determinata
mediante f è proprio
(2, 2), (0, −1).

(4) Siano V e W due spazi vettoriali entrambi di dimensione 3. Siano date in seguito v = v 1 , v 2 , v 3
una base di V e w = w1 , w2 , w3 una base di W . Sia f : V → W l’applicazione lineare definita
sulle basi date in tal modo:

f (v 1 + v 3 ) = w1 + w2 , f (v 2 ) = w3 , f (v 2 − v 3 ) = w1 − w2 + w3 .

Determinare la matrice Mw,v (f ) e stabilire se f è un isomorfismo.


Svolgimento. Per la linearità si ha:

f (v 1 ) + f (v 3 ) = w1 + w2 , f (v 2 ) = w3 , f (v 2 ) − f (v 3 ) = w1 − w2 + w3 .
54 CAPITOLO 9. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Quindi, utilizzando la seconda e la terza eguaglianza abbiamo:

f (v 3 ) = f (v 2 ) − w1 + w2 − w3 = w3 − w1 + w2 − w3 = −w1 + w2 .

Sostituendo nella prima eguaglianza, abbiamo

f (v 1 ) = −f (v 3 ) + w1 + w2 = 2w1 .

Pertanto  
2 0 −1
Mw,v (f ) =  0 0 1 .
0 1 0
Notiamo che det Mw,v (f ) = −2 6= 0, pertanto r(Mw,v (f )) = 3. Quindi dim Im f = 3, i.e. f è
suriettiva. Dalla formula
dim V = dim Ker f + dim Im f
troviamo anche dim Ker f = 0, i.e. Ker f = {0V }, pertanto f è pure iniettiva. Si conclude che
f è un isomorfismo tra V e W .

(5) Sia f : R3 → R2 l’applicazione lineare  di spazi vettoriali,


 la cui matrice rappresentativa
1 2 1
rispetto alle rispettive basi canoniche è A = . Dati i vettori u = (2, 1) e w = (3, 3),
1 2 1
trovare se esiste f −1 (u) e f −1 (w).
Svolgimento. Data A come sopra, se prendiamo componenti (x1 , x2 , x3 ) in R3 e (y1 , y2 ) in R2 ,
rispetto alle basi date, le equazioni di f sono

Y1 = X1 + 2X2 + X3 , Y2 = X1 + 2X2 + X3 .

Per definizione
f −1 (u) = {x ∈ R3 | f (x) = u}.
Pertanto, abbiamo  
  x1  
1 2 1 x2  = 2 .
f (x) = u ⇔
1 2 1 1
x3
Vogliamo quindi trovare i vettori le cui componenti sono soluzioni del sistema lineare non omoge-
neo: 
X1 + 2X2 + X3 = 2
X1 + 2X2 + X3 = 1
Il sistema è incompatibile, in quanto
   
1 2 1 1 2 1 2
r =1<r = 2.
1 2 1 1 2 1 1

Pertanto f −1 (u) = ∅.
55

Per quanto riguarda w, ragionando allo stesso modo, ci riduciamo a trovare le soluzioni di

X1 + 2X2 + X3 = 3.

Ponendo X2 = s e X3 = t, con s, t ∈ R parametri, vediamo che:

f −1 (w) = (3, 0, 0) + s(−2, 1, 0) + t(−1, 0, 1).

Pertanto, f −1 (w) è la varietà lineare passante per (3, 0, 0) e parallela al sottospazio vettoriale
Lin((−2, 1, 0), (−1, 0, 1)).

(6) Nello spazio vettoriale R5 , dotato della base canonica e, siano assegnati i sottospazi vettoriali
U e W rappresentati, rispettivamente, dai sistemi di equazioni

X1 − X5 = X2 + X3 = 0 e X1 − X2 − X3 + X4 − X5 = X3 = X4 = 0.

(i) Determinare generatori per U e per W .


(ii) Determinare generatori ed equazioni, rispetto alla base e, che rappresentino U + W .
Svolgimento. (i) Denotiamo con AU ed AW le matrici rappresentative delle equazioni definenti,
rispettivamente, U e W ; dunque AU è
 
1 0 0 0 −1
0 1 1 0 0

mentre AW è data da  
1 −1 −1 1 −1
 0 0 1 0 0 .
0 0 0 1 0
Si ha che rg(AU ) = 2, quindi dim(U ) = 5 − 2 = 3, mentre rg(AW ) = 3, da cui dim(W ) =
5 − 3 = 2. Per trovare generatori, osserviamo che:

• det AU (1, 2; 1, 2) = 1 6= 0, quindi possiamo porre

x3 = s1 , x4 = s2 , x5 = s3

ed otteniamo che U si esprime come:



 x1 = s3

 x2 = −s1


x3 = s1 s1 , s2 , s3 ∈ R.
 x4 = s2



x5 = s3

Si ha quindi
U = Lin((1, 0, 0, 0, 1), (0, −1, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1, 0)).
56 CAPITOLO 9. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

• det AW (1, 2, 3 | 3, 4, 5) = −1 6= 0, quindi possiamo porre

x1 = t1 , x2 = t2

ed otteniamo che W si esprime come:




 x1 = t1
 x2 = t2


x3 = 0 t1 , t2 ∈ R;
x =0

 4



x5 = t1 − t2

allora
W = Lin((1, 0, 0, 0, 1), (0, 1, 0, 0, −1)).

(ii) Per determinare generatori ed equazioni per U + W dobbiamo conoscere prima la sua dimen-
sione. A tale scopo, osserviamo che equazioni che rappresentino il sottosopazio vettoriale U ∩ W
sono date dal sistema lineare costituito dalle due equazioni definenti U insieme alle tre equazioni
definenti W . Si ottiene cosı̀ un sistema lineare di 5 equazioni in 5 incognite che ha per matrice dei
coefficienti la matrice  
1 0 0 0 −1
 0 1 1 0 0 
 
AU ∩W :=   1 −1 −1 1 −1  .

 0 0 1 0 0 
0 0 0 1 0
Si può calcolare il determinante di tale matrice utilizzando lo sviluppo di Laplace rispetto all’ultima
riga; quello che si ottiene è che det AU ∩W = 0, quindi la matrice non ha rango massimo. In effetti,
rg(AU ∩W ) = 4 (basta osservare che det AU ∩W (1, 2, 4, 5; 1, 2, 3, 4) = 1 6= 0). Ciò implica che
dim(U ∩ W ) = 5 − 4 = 1. Grazie alla formula di Grassmann, si ottiene che

dim(U + W ) = 3 + 2 − 1 = 4,

quindi, essendo U + W un iperpiano di R5 (cioè un sottospazio proprio di dimensione uno di


meno), U + W sarà definito da un’unica equazione (non banale). In effetti, da quanto descritto
sopra per U e W , otteniamo che

U + W = Lin((1, 0, 0, 0, 1), (0, −1, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1, 0), (0, 1, 0, 0, −1))

e questi 4 vettori sono una base per U + W . Presa AU +W la matrice rappresentativa di tale base,
cioè  
1 0 0 0
 0 −1 0 1 
 
 0 1 0 0 
 ,
 0 0 1 0 
1 0 0 −1
57

si osserva che rg(AU +W ) = 4. Se denotiamo con x = (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 ) un vettore arbitrario di


R5 , un’equazione che rappresenti U + W si ottiene quindi ponendo la condizione
 
1 0 0 0 x1
 0 −1 0 1 x2 
 
det  0
 1 0 0 x3   = 0.
 0 0 1 0 x4 
1 0 0 −1 x5

Sviluppando tale determinante, si trova

X1 − X2 − X3 − X5 = 0

che è un’equazione per U + W .

(7) Sia f : R3 → R2 l’applicazione lineare  di spazi vettoriali,


 la cui matrice rappresentativa
1 0 −1
rispetto alle rispettive basi canoniche è A = . Siano date ora, rispettivamente,
2 1 0
b = (0, −1, 0), (1, 0, 1), (0, 1, 1) una base per R3 e c = (1, 1), (0, 1) una base per R2 , dove le
componenti dei precedenti vettori sono espresse rispetto alle realtive basi canoniche. Determinare
la matrice Mc,b (f ).
Svolgimento. Sia e la base canonica di R2 . La matrice cambiamento di base Pe c dalla base e alla
base c è  
1 0
Pe c = .
1 1
Sia invece e0 la base canonica di R3 . La matrice cambiamento di base Pe0 b dalla base e0 alla base
b è
 
0 1 0
Pe0 b =  −1 0 1  .
0 1 1
Ricordiamo che vale la relazione

Mc, b (f ) = Mc, e (idR2 ) Me, e0 (f ) Me0 , b (idR3 ).

Per ipotesi
Me, e0 (f ) = A
mentre, per definizione di matrice cambiamento di base, si hanno

Me0 , b (idR3 ) = Pe0 b

e
Mc, e (idR2 ) = Pc e = Pe−1
c.

Pertanto:
Mc, b (f ) = Pe−1
c A Pe0 b
58 CAPITOLO 9. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

cioè
 
    0 1 0  
1 0 1 0 −1  −1 0 1  = 0 0 −1
Mc, b (f ) = .
−1 1 2 1 0 −1 2 2
0 0 1
Capitolo 10

Soluzioni di Quesiti ed esercizi


 
4 2
Quesiti ed esercizi svolti 10.1. (1) Sia data la matrice A = .
3 −1
(i) Determinare gli autovalori di A, stabilendo per ciascun autovalore la molteplicità algebrica.
(ii) Determinare gli autospazi di A, fornendo per ciascun autospazio una base.
(iii) Stabilire se A è diagonalizzabile ed, in caso affermativo, trovare la matrice diagonale D simile
ad A e la matrice M tale che D = M −1 AM .
Svolgimento. (i) Il polinomio caratteristico di A è:
PA (T ) = T 2 − 3T − 10 = (T − 5)(T + 2).
Pertanto A ammette due autovalori distinti, ciascuno semplice. Poichè la matrice è di ordine 2,
questo ci permette di affermare già che A è sicuramente diagonalizzabile: infatti, ogni autovalore
semplice ha necessariamente molteplicità geometrica uguale alla molteplicità algebrica, che è 1;
quindi l’unione dei due autovettori relativi ai due autovalori semplici distinti, sono sicuramente una
base per R2 .
(ii) Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = 5, che scegliamo come primo, si deve
risolvere il sistema omogeneo 
−X1 + 2X2 = 0
.
3X1 − 6X2 = 0
Questo sistema fornisce l’autovettore v 1 = (2, 1), le cui componenti sono rispetto alla base cano-
nica e di R2 . Pertanto V5 (A) = Lin(v 1 ).
L’autospazio relativo all’autovalore λ2 = −2 si determina mediante il sistema

6X1 + 2X2 = 0
.
3X1 + X2 = 0
In tal caso, abbiamo v 2 = (−1, 3). Pertanto V−2 (A) = Lin(v 2 ).
(iii) Nel punto (i) abbiamo già discusso i motivi per cui A è sicuramente diagonalizzabile. Se
scegliamo come base per R2 la base v := v 1 , v 2 allora, con questo ordine scelto e senza dover fare
conti con le matrici, dalla teoria generale sappiamo che la matrice A in base v diventa la matrice
 
5 0
D= ;
0 −2

59
60 CAPITOLO 10. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

in altri termini, la matrice M che determina la similitudine tra A e D è la matrice M := Me v


cambiamento di base dalla base canonica e alla base v, i.e.
 
2 −1
M= .
1 3

Il lettore svolga il conto


M −1 AM
per avere un’ulteriore verifica che si ottiene la matrice D.
Se avessimo scelto come base per R2 la base w := v 2 , v 1 , allora A in base w si sarebbe trasformata
nella matrice  
0 −2 0
D =
0 5
e la matrice M 0 per la similitudine sarebbe stata
 
0 −1 2
M = Me w = .
3 1

 
5 −1
(2) Sia data la matrice A = .
1 3
(i) Determinare gli autovalori di A, stabilendo per ciascun autovalore la molteplicità algebrica.
(ii) Determinare gli autospazi di A, fornendo per ciascun autospazio una base.
(iii) Stabilire se A è diagonalizzabile ed, in caso affermativo, trovare la matrice diagonale D simile
ad A.
Svolgimento. (i) Il polinomio caratteristico di A è:

PA (T ) = T 2 − 8T + 16 = (T − 4)2 .

Pertanto A ammette un solo autovalore λ = 4 di moteplicità algebrica 2.


(ii) Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ = 4 si deve risolvere il sistema omogeneo

X1 − X2 = 0
.
X1 − X2 = 0

Questo sistema fornisce un solo autovettore v = (1, 1), le cui componenti sono rispetto alla base
canonica e di R2 . Pertanto V4 (A) = Lin(v).
(iii) Notiamo che la molteplicità geometrica di λ = 4 è g(4) = 1; infatti dim V4 (A) = 1. Poiché
dal punto (i) sappiamo invece che a(4) = 2, allora g(4) < a(4). Pertanto A non può essere
diagonalizzabile. In altri termini, non si potrà trovare mai una base per R2 costituita da autovettori
di A.
 
3 −5
(3) Sia data la matrice A = .
2 −3
(i) Determinare gli autovalori di A, stabilendo per ciascun autovalore la molteplicità algebrica.
61

(ii) Determinare gli autospazi di A, fornendo per ciascun autospazio una base.
(iii) Stabilire se A è diagonalizzabile ed, in caso affermativo, trovare la matrice diagonale D simile
ad A.
Svolgimento. (i) Il polinomio caratteristico di A è:

PA (T ) = T 2 + 1.

Questo polinomio non ammette radici in R. Pertanto A è priva di autovalori reali. Precisamente,
gli autovalori di A sono i numeri complessi e coniugati

i e − i,

dove i è l’unità immaginaria definita da i2 = −1.


(ii) Poiché A è priva di autovalori reali, essa non ha nemmeno autospazi (reali, cioè che siano
sottospazi vettoriali di R2 ).
(iii) Per i precedenti motivi A non è mai diagonalizzabile.

(4) Sia dato l’operatore lineare f su R3 , definito sui vettori della base canonica e nel seguente
modo:

f (e1 ) = −2e1 + e2 + e3 , f (e2 ) = −3e1 + 2e2 + e3 , f (e3 ) = −3e1 + e2 + 2e3 .

(i) Determinare il polinomio caratteristico di f , gli autovalori di f ed i rispettivi autospazi,


specificando per ogni autovalore la molteplicità geometrica ed algebrica.
(ii) Stabilire se f è diagonalizzabile ed, in caso affermativo, trovare una base v per R3 di autovet-
tori di f e la matrice Mv (f ).
Svolgimento. L’operatore f ha, in base canonica e, la matrice rappresentativa
 
−2 −3 −3
A := Me (f ) =  1 2 1 .
1 1 2

Dalla teoria generale, sappiamo che il polinomio caratteristico di un operatore lineare è invariante
rispetto ai cambiamenti di base. Pertanto, per calcolare Pf (T ) basta calcolare PA (T ). Questo
polinomio è
PA (T ) = T (T − 1)2 .
L’operatore f ha quindi due autovalori distinti: λ1 = 0, di molteplicità algebrica a(0) = 1, e
λ2 = 1, di molteplicità algebrica a(1) = 2.
Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = 0, che scegliamo come primo, si deve
risolvere il sistema omogeneo

 −2X1 − 3X2 − 3X3 = 0
X1 + 2X2 + X3 = 0 .
X1 + X2 + 2X3 = 0

62 CAPITOLO 10. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Il rango della matrice dei coefficienti del sistema è 2, in quanto la prima equazione è uguale al-
l’opposto della somma delle rimanenti due. Dal Teorema di Rouché-Capelli, sappiamo subito che
dim V0 (f ) = 3 − 2 = 1. Infatti, questo sistema fornisce l’autovettore v 1 = (3, −1, −1), le cui
componenti sono rispetto alla base canonica e di R3 . Pertanto V0 (f ) = Lin(v 1 ).
L’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 1 si determina mediante il sistema

 −3X1 − 3X2 − 3X3 = 0
X1 + X2 + X3 = 0 .
X1 + X2 + X3 = 0

Il rango della matrice dei coefficienti del sistema è banalmente 1. Dal Teorema di Rouché-Capelli,
sappiamo che dim V1 (f ) = 3 − 1 = 2. Infatti, questo sistema fornisce le soluzioni della forma

X1 = s, X2 = t, X3 = −s − t,

con s e t parametri indipendenti. Pertanto, la soluzione generale del sistema si scrive come

s(1, 0, −1) + t(0, 1, −1).

Questo significa che i due autovettori relativi all’autovalore λ2 = 1 sono

v 2 = (1, 0, −1), v 3 = (0, 1, −1).

Pertanto V1 (f ) = Lin(v 2 , v 3 ).
(ii) Il sistema di vettori
v := v 1 , v 2 , v 3 ,
costituito dai vettori trovati al punto (i), è una base di R3 costituita da autovettori di f . Pertanto v è
una base diagonalizzante per f ; in altri termini, f è diagonalizzabile. In effetti, per le scelte fatte,
abbiamo che  
0 0 0
Mv (f ) =  0 1 0  .
0 0 1

(5) Sia f l’operatore 3


  R la cui matrice rappresentativa, rispetto alla base canonica e di
lineare su
0 1 3
3
R è A =  1 −1 2 .
−1 0 −3
(i) Determinare gli autovalori di f ed i rispettivi autospazi, specificando per ogni autovalore la
molteplicità geometrica ed algebrica.
(ii) Stabilire se f è diagonalizzabile ed, in caso affermativo, trovare una base v per R3 di autovet-
tori di f e la matrice Mv (f ).
Svolgimento. Dal testo dell’esercizio, abbiamo che A := Me (f ). Dalla teoria generale, sappiamo
che il polinomio caratteristico di un operatore lineare è invariante rispetto ai cambiamenti di base.
Pertanto, per calcolare Pf (T ) basta calcolare PA (T ). Questo polinomio è

PA (T ) = (T + 1)2 (T + 2).
63

L’operatore f ha quindi due autovalori distinti: λ1 = −1, di molteplicità algebrica a(−1) = 2, e


λ2 = −2, di molteplicità algebrica a(−2) = 1.
Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = −1, che scegliamo come primo, si deve
risolvere il sistema omogeneo

 X1 + X2 + 3X3 = 0
X1 + 2X3 = 0 .
X1 + 2X3 = 0

Il rango della matrice dei coefficienti del sistema è manifestamente 2. Dal Teorema di Rouché-
Capelli, sappiamo subito che dim V−1 (f ) = 3 − 2 = 1. Infatti, questo sistema fornisce l’au-
tovettore v 1 = (−2, −1, 1), le cui componenti sono rispetto alla base canonica e di R3 . Pertanto
V−1 (f ) = Lin(v 1 ) e quindi g(λ1 ) = 1.
Poiché l’autovalore λ2 = −2 è un’autovalore semplice, possiamo affermare con certezza che
g(λ2 ) = 1. Infatti, l’autospazio relativo all’autovalore λ2 = −2 si determina mediante il sistema

 2X1 + X2 + 3X3 = 0
X1 + X2 + 2X3 = 0 .
−X1 − X3 = 0

Questo sistema fornisce l’autovettore

v 2 = (1, 1, −1),

i.e. V−2 (f ) = Lin(v 2 ).


(ii) Poiché g(λ1 ) < a(λ1 ), l’operatore f non può essere diagonalizzabile. In effetti, entrambi gli
autospazi erano delle rette vettoriali di R3 , quindi non può esistere una base per R3 costituita da
autovettori di f , dato che i due autovettori di f generano solmente il piano vettoriale

Lin(v 1 , v 2 ).

(6) Sia P2 lo spazio vettoriale dei polinomi in un’indeterminata Y , a coefficienti reali e di grado
al più 2. Sia b = 1, Y, Y 2 una base per P2 e sia f l’operatore lineare su P2 definito da

f (1) = Y 2 , f (Y ) = Y 2 + Y − 1, f (Y 2 ) = Y 2 .

(i) Calcolare gli autovalori e gli autovettori di f .


(ii) Stabilire se f è diagonalizzabile. In caso affermativo, trovare una base v di autovettori di f e
la matrice Mv (f ).
Svolgimento. (i) L’operatore f ha, nella base b data, la matrice rappresentativa
 
0 −1 0
A := Mb (f ) =  0 1 0 .
1 1 1
64 CAPITOLO 10. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Dalla teoria generale, sappiamo che il polinomio caratteristico di un operatore lineare è invariante
rispetto ai cambiamenti di base. Pertanto, per calcolare Pf (T ) basta calcolare PA (T ). Questo
polinomio è
PA (T ) = T (1 − T )2 .
L’operatore f ha quindi due autovalori distinti: λ1 = 0, di molteplicità algebrica a(0) = 1, e
λ2 = 1, di molteplicità algebrica a(1) = 2.
Essendo λ1 = 0 un autovalore semplice, allora g(0) = 1. Per determinare l’autospazio V0 (f ) si
deve risolvere il sistema omogeneo

 −X2 = 0
X2 = 0 .
X1 + X2 + X3 = 0

Questo sistema fornisce l’autovettore v 1 = (1, 0, −1), le cui componenti sono rispetto alla base b.
In altri termini, l’autovettore v 1 corrisponde al polinomio Q1 (Y ) = 1 − Y 2 , pertanto

V0 (f ) = { α − α Y 2 | α ∈ R} ⊂ P2 .

L’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 1 si determina mediante il sistema



 −X1 − X2 = 0
0 = 0 .
X1 + X2 = 0

Il rango della matrice dei coefficienti del sistema è banalmente 1. Dal Teorema di Rouché-Capelli,
sappiamo che dim V1 (f ) = 3 − 1 = 2. Infatti, questo sistema fornisce le soluzioni della forma

X1 = s, X2 = −s, X3 = t,

con s e t parametri indipendenti. Pertanto, la soluzione generale del sistema si scrive come

s(1, −1, 0) + t(0, 0, 1).

Questo significa che i due autovettori relativi all’autovalore λ2 = 1 sono

v 2 = (1, −1, 0), v 3 = (0, 0, 1).

Questi autovettori corrispondono, rispettivamente, ai polinomi

Q2 (Y ) = 1 − Y, Q3 (Y ) = Y 2 .

Pertanto
V1 (f ) = { α − α Y + β Y 2 | α, β ∈ R} ⊂ P2 .
(ii) Il sistema di vettori
v := v 1 , v 2 , v 3 ,
65

costituito dai vettori trovati al punto (i), è una base di P2 costituita da autovettori di f . Pertanto f
è diagonalizzabile. In effetti, per le scelte fatte, abbiamo che
 
0 0 0
Mv (f ) =  0 1 0  .
0 0 1

(7) Sia f l’operatore


 su R4 la cui matrice rappresentativa, rispetto alla base canonica e di
lineare 
1 −1 2 a
 0 0 2 b 
R3 è A =   0
, con a, b, c ∈ R parametri indipendenti.
0 1 c 
0 0 0 0
(i) Determinare i valori di a, b e c per cui f risulti essere diagonalizzabile.
(ii) Per siffatti valori, determinare una base v di R4 di autovettori di f e scrivere la matrice Mv (f ).
Svolgimento. Dal testo dell’esercizio, abbiamo che A := Me (f ). Per calcolare Pf (T ) basta
calcolare PA (T ). Questo polinomio è

PA (T ) = T 2 (1 − T )2 .

L’operatore f ha quindi due autovalori distinti: λ1 = 0 e λ2 = 1, entrambi di molteplicità algebrica


2.
Ora f sarà diagonalizzabile se, e solo se,

g(0) = 2 e g(1) = 2.

Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ1 = 0, che scegliamo come primo, si deve
risolvere il sistema omogeneo determinato dalle equazioni che rappresentano Ker f , i.e.:

 X1 − X2 + 2X3 + aX4 = 0
2X3 + bX4 = 0 .
X3 + cX4 = 0

Denotata con B la matrice del precedente sistema, sappiamo che

g(0) = 4 − r(B).

Pertanto, g(0) = 2 se, e solo se, r(B) = 2. Imponendo a tutte le sottomatrici quadrate di ordine 3
di B di avere determinate nullo, si ottiene che

r(B) = 2 ⇔ b = 2c.

Per determinare l’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 1, si deve risolvere il sistema omogeneo:



 −X2 + 2X3 + aX4 = 0

−X2 + 2X3 + bX4 = 0

.

 cX4 = 0
−X4 = 0

66 CAPITOLO 10. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Denotata con C la matrice del precedente sistema, vediamo che r(C) = 2 qualunque siano i valori
di a, b e c. Pertanto, dalla relazione
g(1) = 4 − r(C)
si ha sempre g(1) = 2.
In conclusione, f è diagonalizzabile se, e solo se, i parametri a, b, c sono t.c.

b = 2c.

(ii) Se in A andiamo a sostituire b = 2c e calcoliamo le basi dei relativi autospazi, abbiamo che

V0 (f ; a, c) = Lin((1, 1, 0, 0), (0, a − 2c, −c, 1))

e
V1 (f ; a, c) = Lin((1, 0, 0, 0), ((0, 2, 1, 0)).
Quali che siano i valori di a, c ∈ R, i quattro vettori sopra descritti costituiscono sempre una base
va,c per R4 , con a, c variabili in R. In ciascuna di queste basi va,c , abbiamo sempre
 
0 0 0 0
 0 0 0 0 
Mva,c (f ) = 
 0

0 1 0 
0 0 0 1
Capitolo 11

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 11.1. (1) Sia R3 dotato del prodotto scalare standard e sia F l’operatore
autoaggiunto che, rispetto alla base canonica e, è associato alla forma quadratica

Q(x1 , x2 , x3 ) = x21 + x23 − 2x1 x2 − 2x1 x3 + 2x2 x3 .

(i) Scrivere la matrice di F in base e;


(ii) Determinare gli autovalori di F e la matrice di F rispetto ad una sua base f ortonormale e
diagonalizzante;
(iii) Scrivere l’espressione della forma quadratica Q in base f . Determinarne il rango, la segnatura
e l’indice di nullità.
Svolgimento. (i) In base e la matrice di Q, e quindi di F , è data da:
 
1 −1 −1
 −1 0 1 .
−1 1 1

Sia A tale matrice.


(ii) Denotata con T un’indeterminata, il polinomio caratteristico di A è dato da
√ √
P (T ) = det (A − T I3 ) = −T (T − (1 + 3))(T − (1 − 3)).
√ √
Dunque A, e quindi F , ha tre autovalori distinti che sono 0, 1 + 3, 1 − 3. Nella base f
ortonormale di autovettori, F ha matrice associata data da:
 
0 0√ 0
 0 1+ 3 0√  .
0 0 1+ 3

(iii) In base f , la forma quadratica si scrive


√ √
Q(Y1 , Y2 , Y3 ) = (1 + 3)Y22 + (1 − 3)Y32 ,

se y1 , y2 , y3 sono le coordinate di R3 rispetto alla base f . Perciò la forma quadratica Q è degenere,


di rango 2; pertanto, l’indice di nullità è 3 − 2 = 1, mentre la segnatura è (1, 1).

67
68 CAPITOLO 11. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(2) Sia F l’operatore autoaggiunto di R4 definito, rispetto alla base canonica, dalla matrice
simmetrica  
1 0 0 0
 0 −1 0 0 
A := 
 0 0 0 1 .

0 0 1 0
(i) Scrivere l’equazione della forma quadratica Q associata a F .
(ii) Utilizzando il teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti, diagonalizzare A determinando
la base ortonormale di autovettori di A in cui Q risulta essere una forma quadratica diagonale.
(iii) Dedurre la forma canonica di Sylvester di Q, determinando esplicitamente la segnatura di Q.
Svolgimento. (i) La matrice della forma quadratica Q coincide con A. Quindi Q ha equazione:

Q(X1 , X2 , X3 , X4 ) = X12 − X22 + 2X3 X4 .

(ii) Il polinomio caratteristico di A è

PA (T ) = (T − 1)2 (T + 1)2 .

Quindi A ha due autovalori distinti, i.e. 1 e −1, ambedue di molteplicità algebrica 2. Denotati
con V1 e V−1 i rispettivi autospazi, dalla teoria generale sulle forme quadratiche e gli operatori
autoaggiunti, sappiamo che tali autospazi sono automaticamente di dimensione 2 ciascuno. Infatti
abbiamo:        
1 0 0 0
0 0 1  0 
V1 = Lin 0 , 1 , V−1 = Lin 0 ,  1  ,
       

0 1 0 −1
poiché le equazioni cartesiane per V1 sono

X2 = X3 − X4 = 0,

mentre quelle per V−1 sono


X1 = X3 + X4 = 0.
Dal Teorema spettrale degli operatori autoaggiunti e le sue varie conseguenze, per diagonalizzare A
basta considerare una base ortonormale di autovettori di A. Sappiamo che i due autospazi V1 e V−1
sono già fra di loro ortogonali, poiché sono autospazi relativi ad autovalori distinti. Osserviamo
inoltre che i generatori di V1 (rispettivamente di V−1 ) sono due vettori ortogonali. Perciò per
determinare una base ortonormale di R4 costituita da autovettori di A, basta normalizzare i 4 vettori
trovati. Otteniamo che la base voluta è
       

 1 0 0 0 
   0     0 
0 1

f :=  ,  √ ,  ,  √  .
0 1/ 2 0  1/ 2 

 √ √ 
0 1/ 2 0 −1/ 2
 
69

Dalla teoria generale, in tale base, la matrice A diventa congruente alla matrice
 
1 0 0 0
 0 1 0 0 
A0 = 
 0 0 −1 0  ,

0 0 0 −1

cioè alla matrice che ha sulla diagonale principale gli autovalori di A, nell’ordine relativo alla scelta
dell’ordinamento dei vettori della base f . Questo significa che la forma quadratica Q in tale base
ha, rispetto alle opportune coordinate, equazione

Q(Y1 , Y2 , Y3 , Y4 ) = Y12 + Y22 − Y32 − Y42 .

(iii) Ovviamente la base f è già una base di Sylvester, data la forma di Q in tale base. La segnatura
di Q è ovviamente (2, −2), come si deduceva già dal segno degli autovalori di A.

 
1
(3) In R3 si consideri fissato il vettore u0 = 2. Sia F l’operatore lineare di R3 , definito da
1

F (x) = x ∧ u0 , ∀ x ∈ R3 .

(i) Stabilire se F è un operatore autoaggiunto;


(ii) Calcolare la matrice di F rispetto alla base canonica e confrontare con la risposta in (i).
Svolgimento. (i) Dimostriamo che F non è autoaggiunto. Notiamo dapprima che F non è
l’operatore nullo.
Ora, per ogni x, y ∈ R3 , ricordando le proprietà del prodotto vettoriale, si ha che

hF (x), yi = hx ∧ u0 , yi = hx, u0 ∧ yi = hx, −y ∧ u0 i = hx, −F (y)i.

Poiché in generale per un qualsiasi operatore G si ha G = −G se, e solo se, G è l’operatore nullo,
questo dimostra che F non può essere autoaggiunto.
(ii) Per calcolare la matrice A di F rispetto alla base canonica, basta vedere le immagini F (ei ),
1 ≤ i ≤ 3, dei tre vettori della base canonica. Per definizione di F , basta calcolare i tre prodotti
vettoriali
ei ∧ u0 , 1 ≤ i ≤ 3.
Svolgendo tali semplici conti, manifestamente si vede che la matrice A non è una matrice simme-
trica. Poiché la matrice A è espressa utilizzando una base ortonormale rispetto al prodotto scalare
standard che esiste su R3 , allora possiamo anche in questo modo concludere che F non può essere
un operatore autoaggiunto, come abbiamo dedotto in modo intrinseco al punto (i).

(4) Sia data la forma quadratica di ordine 3

Q(X1 , X2 , X3 ) = 3X12 + 4X1 X2 + 8X1 X3 + 4X2 X3 + 3X32 .


70 CAPITOLO 11. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(i) Determinare il rango, la segnatura e l’indice di nullità di Q. Dedurre che tipo di forma quadra-
tica è.
(ii) Determinare una base ortonormale di R3 in cui Q si diagonalizza e la matrice ortogonale che
determina la congruenza con la relativa matrice diagonale.
(iii) Determinare la base di Sylvester e la relativa forma canonica di Sylvester di Q.
Svolgimento. (i) La matrice A associata a Q in base canonica e per R3 è:
 
3 2 4
A =  2 0 2 .
4 2 3

Il determinante di A è diverso da zero, pertanto Q è non degenere, i.e. r(Q) = 3. Gli autovalori
di A sono λ1 = 8 e λ2 = λ3 = −1, i.e. abbiamo in totale due autovalori distinti, ma uno di
molteplicità due. L’autovalore semplice è positivo, l’altro è negativo. Ne segue che, la segnatura è
(1, 2) pertanto l’indice di nullità è 0. La forma Q è quindi indefinita.
 
2/3
(ii) Una base ortonormale per l’autospazio V8 è il vettore f 1 = 1/3. Invece, una base per
2/3
 √   √ 
1/ 2 −1/3√ 2
l’autospazio V−1 è data dai vettori f 2 =  0√  e f 3 =  4/3 √2 . Insieme essi formano
−1/ 2 −1/3 2
una base f per R3 ortonormale e diagonalizzante come nel Teorema spettrale. La matrice cambia-
mento di base M = Me f è la matrice ortogonale che ha per colonne le coordinate di questi tre
vettori, nell’ordine in cui li abbiamo scritti. In tale base, la matrice A diventa
 
8 0 0
D =  0 −1 0  ,
0 0 −1

i.e. D = tM AM . Pertanto, se y1 , y2 e y3 sono le coordinate di R3 in tale base, la forma quadratica


Q diventa
Q(Y1 , Y2 , Y3 ) = 8Y12 − Y22 − Y32 .
(iii) Dalla forma di Q in base f , vediamo che f non è la base di Sylvester. Se prendiamo
1
s1 = √ f 1 , s2 = f 2 , s3 = f 3
2 2
tali vettori formano la base di Sylvester. Infatti, il cambiamento di coordinate relativo, determina
le trasformazioni di indeterminate:
1
Y1 = √ Z1 , Y2 = Z2 , Y3 = Z3 .
2 2
Sostituendo nell’espressione di Q calcolata nel punto (ii), troviamo

Q(Z1 , Z2 , Z3 ) = Z12 − Z22 − Z32 ,


71

che è appunto la forma canonica di Sylvester di una forma quadratica indefinita con segnatura
(1, 2).

(5) Nello spazio vettoriale euclideo R4 , dotato del prodotto scalare standard h , i, sia dato
l’operatore F definito, rispetto alla base canonica e, da:

F (e1 ) = F (e3 ) = e1 + e3 , F (e2 ) = F (e4 ) = e2 + e4 .

(i) Stabilire che F è un operatore autoaggiunto rispetto a h , i.


(ii) Determinare una base ortonormale di R4 di autovettori di F e stabilire il rango di F .
Svolgimento. (i) La matrice A associata a F in base e è:
 
1 0 1 0
 0 1 0 1 
A=
 1
.
0 1 0 
0 1 0 1

Poichè A è simmetrica in base e ortonormale, allora si deduce che F è un’operatore autoaggiunto.


Notiamo che la matrice A, avendo la I colonna uguale alla III colonna e la II colonna uguale alla
IV, avrà rango al più 2. Calcolando il minore det A(1, 2; 1, 2) = 1 sicuramente F avrà rango 2. Il
calcolo del rango di F sarà molto più semplice nel punto (ii).
(ii) Possiamo calcolare gli autovalori e gli autovettori di F , senza dover necessariamente passare
per il polinomio caratteristico di A. Infatti, utilizzando la linearità di F , si ha:

F (e1 − e3 ) = F (e1 ) − F (e3 ) = 0,

F (e2 − e4 ) = F (e2 ) − F (e4 ) = 0,

F (e1 + e3 ) = F (e1 ) + F (e3 ) = 2(e1 + e3 ),

F (e2 + e4 ) = F (e2 ) + F (e4 ) = 2(e2 + e4 ).

Pertanto, i vettori
v 1 := e1 − e3 e v 2 := e2 − e4
sono autovettori di F relativi all’autovalore 0, mentre

v 3 := e1 + e3 e v 4 := e2 − e4

sono autovettori di F relativi all’autovalore 2.


Notiamo che
hv 1 , v 2 i = hv 3 , v 4 i = 0.
Inoltre, v 1 , v 2 sono sicuramente ortogonali a v 3 , v 4 , dato che essi sono coppie di autovettori relativi
ad autovalori distinti. Quindi,
v := v 1 , v 2 , v 3 , v 4
72 CAPITOLO 11. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

è una base ortogonale di R4 . Per ottenere una base ortonormale, basta normalizzare ogni singolo
vettore della base v. Si ottiene cosı̀ la base ortonormale f :
 √     √   
1/ 2 0√ 1/ 2 0√
 0 
√  , f 2 =  1/ 2  , f 3 =  0√  , f 4 = 1/ 2 .
     
f := f 1 =  −1/ 2  0  1/ 2  0 
√ √
0 −1/ 2 0 1/ 2

In tale base, la matrice A diventa


 
0 0 0 0
 0 0 0 0 
D=
 0
,
0 2 0 
0 0 0 2

che assicura che F ha rango 2.


 
1 −2
(6) Sia data la matrice simmetrica A = . Determinare una matrice ortogonale M
−2 −2
tale che tM AM sia una matrice diagonale.
Svolgimento. Denotata con T un’indeterminata, il polinomio caratteristico di A è:

PA (T ) = (T − 2)(T + 3).

Pertanto, gli autovalori di A sono


λ1 = 2 e λ2 = −3.
Un autovettore relativo all’autovalore λ1 = 2 è:
 
2
v1 =
−1

quindi, per via che λ1 6= λ2 e dall’ortogonalità di autovettori relativi ad autovalori distinti, un


autovettore relativo a λ2 = −3 sarà sicuramente
 
1
v2 = .
2

Normalizzando questi vettori si ha la base ortonormale


 √   √ 
2/ √5 1/√5
f := f 1 = , f2 = .
−1/ 5 2/ 5

La matrice ortogonale che cerchiamo è la matrice cambiamento di base


 √ √ 
2/√5 1/√5
M = Me f = .
−1/ 5 2/ 5
73

Infatti, calcolando esplicitamente


 
t 2 0
M AM = .
0 −3

(7) Diagonalizzare la forma quadratica Q(X1 , X2 , X3 ) = X1 X2 + X1 X3 + X2 X3 . Dedurre il


rango e la segnatura di Q.
Svolgimento. (i) La matrice A associata a Q in base canonica e per R3 è:
 
0 1 1
1
A =  1 0 1 .
2
1 1 0

Il cambiamento di base
1 1
v 1 = √ (e1 + e2 ), v 2 = √ (−e1 + e2 ), v 3 = e3
2 2
induce il cambiamento di indeterminate
1 1
X1 = √ (Y1 − Y2 ), v 2 = √ (Y1 + Y2 ), X3 = Y3
2 2
mediante il quale la forma quadratica iniziale diventa
1 1 2
Q0 (Y1 , Y2 , Y3 ) = Y12 − Y22 + √ Y1 Y3 .
2 2 2
Ora, il cambiamento di coordinate

Y1 = Z1 − 2Z3 , Y2 = Z2 , Y3 = Z3 ,

fornisce
1 1
Q00 (Z1 , Z2 , Z3 ) = Z12 − Z22 − Z32 .
2 2
Pertanto, la forma quadratica inziale è di rango 3 e segnatura (1, 2).
Capitolo 12

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 12.1. (1) Classificare dal punto di vista metrico la conica C, di equazione
cartesiana, X12 + X22 − 4X1 − 6X2 = 3, individuando la sua forma canonica metrica.
Svolgimento. Non è necessario applicare l’algoritmo di riduzione a forma canonica metrica delle
coniche. Nei casi in cui i polinomi non sono troppo complicati, con opportuni artifici si può de-
terminare semplicemente la classificazione metrica delle coniche. Oppure, si possono studiare i
ranghi ed i determinanti delle varie matrici simmetriche associate. Nel caso in esame, è facile
accorgersi che l’equazione data si può scrivere in forma

(X1 − 2)2 + (X2 − 3)2 = 16


 
2
che è quindi una circonferenza di centro C = e raggio 4. Considerando il cambiamento di
3
coordinate
Y1 = X1 − 2, Y2 = X2 − 3
dato da una traslazione, l’equazione della conica diventa

Y12 + Y22 = 16

e quindi
Y12 Y22
+ = 1.
16 16
Pertanto, la forma canonica metrica di C è quella di un’ellisse generale a punti reali, i.e. di tipo (1),
con a = b = 4, come dev’essere dato che abbiamo già detto essere una circonferenza.
√ √
(2) Sia data la conica C di equazione cartesiana 7X12 − 10 3X1 X2 − 3X22 + 12 3X1 − 12X2 −
12 = 0.
(i) Ridurre la conica C a forma canonica metrica M. Stabilire quindi la classificazione metrica di
C e determinare l’isometria che trasforma C in M.
(ii) Scrivere le equazioni cartesiane degli eventuali assi di simmetria, dell’eventuale centro di
simmetria e degli eventuali asintoti di C.

75
76 CAPITOLO 12. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Svolgimento. (i) La matrice simmetrica associata alla forma quadratica della conica C è la matrice
 √ 
7√ −5 3
A := .
−5 3 −3

Poiché det A = −96 < 0, allora sicuramente C sarà un’iperbole. Denotata con T un’indeterminata,
il polinomio caratteristico di A è

det (A − T I) = T 2 − 4T − 96

che ha soluzioni
λ1 = 12 λ2 = −8.
Utilizzando il Teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti, la base ortonormale di R2 costituita
da autovettori di A è ad esempio la base
√   
3/2 1/2
f1 = , f2 = √ .
−1/2 3/2

La matrice cambiamento di base M = Me f è quindi


 √ 
3/2 √1/2
M := .
−1/2 3/2

che è ovviamente una matrice ortogonale, essendo e ed f ambedue basi ortonormali. La trasfor-
mazione di coordinate è quindi
x = M y,
cioè √ √
x1 = 3/2y1 + 1/2y2 , x2 = −1/2y1 + 3/2y2 .
Sostituendo nell’equazione di C, e ricordando che le coordinate (y1 , y2 ) diagonalizzano A, si trova
rapidamente che l’equazione della conica C in tali coordinate diventa

12Y12 − 8Y22 + 24Y1 − 12 = 0,

dato che f 1 era l’autovettore relativo all’autovalore λ1 = 12, mentre f 2 è quello relativo a λ2 =
−8. Dividendo tutta l’equazione per 4, studiamo quindi la conica

C0 : 3Y12 − 2Y22 + 6Y1 − 3 = 0.

Poiché il coefficiente di Y2 è nullo, consideriamo la traslazione

y =z+c
   
z1 α
dove z = ec= , con α da determinare opportunamente. Sostituendo nella equazione
z2 0
di C0 si ottiene
3Z12 − 2Z22 + 6(1 + α)Z1 + 3α2 + 6α − 3 = 0.
77

Scegliendo α = −1 allora l’equazione della conica diventa

3Z12 − 2Z22 = 6
 
−1
e quindi c = . Dividendo tutto per 6, si ottiene che C è un’iperbole generale a punti reali e
0
che l’equazione della sua forma canonica metrica nel riferimento (z1 , z2 ) è

M: Z12 /2 − Z22 /3 = 1.

Da quanto scritto precedentemente, l’isometria che porta C in M è data da

x = M (z + c) = M z + M c.
 √ 
− 3/2
Visto che M c = , le formule dell’isometria sono
1/2
√ √ √
x1 = 3/2z1 + 1/2z2 − 3/2, x2 = −1/2z1 + 3/2z2 + 1/2.

(ii) Gli asintoti della forma canonica M sono le rette di equazioni cartesiane
√ √ √ √
3Z1 − 2Z2 = 0, 3Z1 + 2Z2 = 0

il centro di simmetria è l’origine di questo riferimento, l’asse di simmetria intersecato da M è


Z2 = 0 mentre l’asse di simmetria non intersecato da M è Z1 = 0.
Dalle
  x = M z + M c, troviamo che il centro di simmetria di C è quindi x = M c =
√ formule
− 3/2
, che si ottiene per il valore di z = 0. Sempre dalla relazione precedente e ricordando
1/2
che M è una matrice ortogonale, si ottiene la relazione inversa

z = tM x − c

cioè √ √
z1 = 3/2x1 − 1/2x2 + 1, z2 = 1/2x1 + 3/2x2 .
Pertanto, i due asintoti di C sono, rispettivamente,
√ √ √ √ √ √ √ √
(3 − 2)X1 − ( 3 + 6)X2 + 2 3 = 0, (3 + 2)X1 + ( 6 − 3)X2 + 2 3 = 0.

Analogamente, l’asse di simmetria che non viene intersecato da C è



3X1 − X2 + 2 = 0,

mentre quello che viene intersecato da C è



X1 + 3X2 = 0.

In questo modo, grazie alle proprietà geometriche note di M ed alla isometria che scaturisce dal-
l’algoritmo di riduzione a forma canonica metrica, conosciamo tutti i dati geometrici necessari per
poter disegnare senza problemi la conica C nel riferimento originario (x1 , x2 ).
78 CAPITOLO 12. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

(3) È data la conica C di equazione cartesiana X12 +4X22 −4X1 X2 +6X1 −12X2 +9 = 0. Ridurre
la conica C a forma canonica metrica M. Stabilire la classificazione metrica di C e determinare
esplicitamente l’isometria che trasforma C in M.
Svolgimento. La matrice simmetrica associata alla forma quadratica della conica C è la matrice
 
1 −2
A := .
−2 4

Poiché det A = 0, allora sicuramente C apparterrà alla famiglia delle parabole. Il polinomio
caratteristico di A è
det (A − T I) = T (T − 5),
dove T un’indeterminata. Gli autovalori di A forniscono quindi, grazie al Teorema Spettrale, la
seguente trasformazione di coordinate
√ √ √ √
x1 = 2/ 5y1 − 1/ 5y2 , x2 = 1/ 5y1 + 2/ 5y2 .

Sostituendo nell’equazione di C, e ricordando che le coordinate (y1 , y2 ) diagonalizzano A, si trova


rapidamente che l’equazione della conica C in tali coordinate diventa

30
C0 : 5Y22 − √ Y2 + 9 = 0.
5
Poiché il coefficiente di Y1 è nullo, consideriamo la traslazione

y =z+c
 
0
dove c = , con β da determinare opportunamente. Sostituendo nella equazione di C0 si ottiene
β

che con β = 3/ 5 l’equazione della conica diventa

5Z22 = 0.

Dividendo tutto per 5, si ottiene che in tale riferimento C ha equazione cartesiana della sua forma

Z22 = 0.

Deduciamo allora che C è una parabola doppiamente degenere. Però questa equazione non è la
forma canonica metrica, come nella tipologia (9) della tabella fondamentale per la classificazione
metrica delle coniche. Per averla basterà considerare uno scambio
 di coordinate
 (che è determinata
2 0 1
da un’isometria lineare di R ). In altre parole, poniamo Z = W = BW , che determina
1 0
quindi
Z1 = W2 , Z2 = W1 .
In tali coordinate, otteniamo quindi che l’equazione della forma canonica metrica di C è esatta-
mente W12 = 0.
79

Componendo tutte le trasformazioni di coordinate utilizzate:

x = M y, y = z + c, z = Bw,

otteniamo che l’isometria che porta C nella sua forma canonica metrica M è
√ √ √ √
x1 = −1/ 5w1 + 2/ 5w2 − 3/5, x2 = +2/ 5w1 + 1/ 5w2 + 6/5;

in particolare, utilizzando l’isometria inversa troviamo che C è la retta

X1 − 2X2 − 3 = 0

contata due volte.

(4) Classificare dal punto di vista affine la conica C, di equazione cartesiana X12 − X22 − 4X1 −
6X2 − 23 = 0, determinando esplicitamente la sua forma canonica affine.
Svolgimento. Non è necessario applicare la riduzione a forma canonica affine delle coniche. Come
osservato precedentemente, nei casi in cui i polinomi non sono troppo complicati, con opportuni
artifici si può determinare semplicemente la classificazione affine delle coniche. Oppure, si possono
studiare i ranghi ed i determinanti delle varie matrici simmetriche associate. Nell’esercizio in
esame, scrivendo l’equazione data come

(X1 − 2)2 − (X2 + 3)2 = 18


 
2
la conica risulta essere un’iperbole generale di centro di simmetria C = ed asintoti paralleli
−3
alle bisettrici dei quadranti, i.e. X1 = X2 e X1 = −X2 .
La stessa classificazione la potevamo ottenere considerando che la matrice simmetrica completa A
e
della conica è di rango massimo e la matrice simmetrica A della forma quadratica della conica è
di determinante −1. Quindi anche con questo tipo di analisi troviamo che la conica deve essere
necessariamente un’iperbole generale. Pertanto, in opportune coordinate, la sua forma canonica
affine è
Y12 − Y22 = 1.

(5) Classificare dal punto di vista affine la conica C, di equazione cartesiana X12 + 2X22 = 0,
determinando esplicitamente il cambiamento di coordinate che la porta nella sua forma canonica
affine.
Svolgimento. Anche in questo caso, possiamo evitare di applicare l’algoritmo di riduzione a forma
canonica affine. Infatti, poiché la somma eguagliata a zero è una somma di due quadrati, essa è
pertanto una conica puntiforme, cioè supportata solo nell’origine. Considerando le sostituzioni

Y1 = X1 e Y2 = 2 X2 ,

dettate dall’affinità di equazioni


Y = AX
80 CAPITOLO 12. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

con  
1 √0
A= ,
0 2
si ha la forma canonica affine di C che è, ovviamente,

Y12 + Y22 = 0.

(6) Sia data la conica C di equazione cartesiana X12 − X1 X2 + X22 − 4X1 − 3 = 0.


(i) Classificare C.
(ii) Ridurre C nella sua forma canonica metrica M, trovando esplicitamente l’isometria che trasfor-
ma C in M.
(iii) Scrivere le equazioni cartesiane degli eventuali assi di simmetria, dell’eventuale centro di
simmetria e degli eventuali asintoti della conica C.
(iv) Ridurre C nella sua forma canonica affine A, trovando esplicitamente l’affinità che trasforma
C in A.
Svolgimento: (i) La matrice simmetrica completa associata a C è la matrice
 
−3 −2 0
Ae =  −2 1 −1/2  ,
0 −1/2 1

che ha determinante diverso da zero. Pertanto C è una conica generale. La matrice simmetrica
della forma quadratica associata alla conica è la sottomatrice A(2,
e 3; 2, 3) che è di determinante
3/4. Pertanto C è sicuramente un’ellisse.  
3
Dall’equazione di C, notiamo che il suo supporto contiene il punto . Pertanto, dalla classifi-
0
cazione delle ellissi generali, necessariamente deve contenere infiniti punti reali, i.e. è un’ellisse
generale a punti reali.
(ii) Il polinomio caratteristico della matrice simmetrica associata alla forma quadratica di C è

e 3; 2, 3) − T I) = T 2 − 2T + 3
det(A(2,
4
che ha soluzioni
λ1 = 1/2 λ2 = 3/2.
Utilizzando il Teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti, la base ortonormale di R2 costituita
da autovettori di A(2,
e 3; 2, 3) è ad esempio la base
√   √ 
2/2 − 2/2
f1 = √ , f2 = √ .
2/2 2/2

La matrice cambiamento di base è quindi


 √ √ 
√ 2/2 −√ 2/2
M= .
2/2 2/2
81

che è ovviamente ortogonale. La trasformazione di coordinate è quindi

x = M y,

cioè √ √ √ √
x1 = 2/2y1 − 2/2y2 , x2 = 2/2y1 + 2/2y2 .
Sostituendo nell’equazione di C, e ricordando che le coordinate (y1 , y2 ) diagonalizzano la forma
quadratica Q(X1 , X2 ) associata all’equazione di C, si trova rapidamente che l’equazione della co-
nica C in tali coordinate diventa
√ √
Y12 + 3Y22 − 2 2Y1 + 2 2Y2 − 6 = 0.

Consideriamo ora la traslazione


y =z+c
   
z1 α
dove z = ec = , con α e β da determinare opportunamente. Sostituendo nella
z2 β
equazione di C0 si ottiene
√ √ √ √
Z12 + 3Z22 + 2(α − 2)Z1 + 2(3β + 2)Z2 + α2 + 3β 2 − 2 2α + 2 2β − 6 = 0.
√ √
Scegliendo α = 2 e β = − 2/3, si ottiene

Z12 + 3Z22 = 10,


 √ 
e quindi c = √2 . Dividendo tutto per 10, ritroviamo che C è un’ellisse generale a punti
− 2/3
reali dato che l’equazione della sua forma canonica metrica nel riferimento (z1 , z2 ) è

Z12 Z2
M: + 2 = 1.
10 10/3

Da quanto scritto precedentemente, l’isometria che porta C in M è data da

x = M (z + c) = M z + M c.
 
4/3
Visto che M c = , le formule per questa isometria sono
2/3
√ √ √ √
x1 = 2/2z1 − 2/2z2 + 4/3, x2 = 2/2z1 + 2/2z2 + 2/3.

(iii) M ha centro di simmetria l’origine di questo riferimento, e gli asse di simmetria gli assi coor-
dinati. Nelle coordinate del riferimento
 iniziale, il centro di simmetria di C si ottiene per z = 0,
4/3
pertanto tale centro è M c = . L’isometria inversa è z = t M x − c, i.e.
2/3
√ √ √ √ √ √
z1 = 2/2x1 + 2/2x2 − 2, z2 = − 2/2x1 + 2/2x2 + 2/3.
82 CAPITOLO 12. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Pertanto, l’asse di simmetria Z1 = 0 corrisponde, nel riferimento iniziale, alla retta


X1 + X2 = 2
mentre l’asse di simmetria Z2 = 0 corrisponde, nel riferimento iniziale, alla retta
X1 − X2 = 2/3.
Per eventualmente disegnare C con precisione, si potrebbero trovare le intersezioni con gli assi
di simmetria: questi non sono altro che i punti ottenuti per trasformazione, mediante l’isometria
x = M z + M c, dei punti di intersezione di M con gli assi coordinati Z1 = 0 e Z2 = 0.
(iv) Per trovare la forma canonica affine di C, consideriamo la forma canonica metrica M ed ap-
plichiamo il procedimento di Sylvester alla forma quadratica associata all’equazione di M. Se
prendiamo in base di Sylvester indeterminate W1 e W2 , otteniamo la trasformazione

r
10
Z1 = 10 W1 , Z2 = W2 .
3
Con tale trasformazione, la forma canonica metrica M si trasforma in
A : W12 + W22 = 1,
come doveva essere data la classificazione di C. Prendiamo
 √ 
10 p 0
S=
0 10/3
la matrice di questo cambiamento di coordinate. Poiché z = Sw, dall’equazione vettoriale dell’i-
sometria precedentemente trovata abbiamo x = M Aw + M c.
Calcolando il prodotto tra matrici, otteniamo che
 √ √ 
√ 5 −√ 5/3
MA = .
5 5/3
Quindi le formule per l’affinità sono:
√ √ √ √
x1 = 5w1 − 5/3w2 + 4/3, x2 = 5w1 + 5/3w2 + 2/3.

(7) Sia data la conica C di equazione cartesiana 21 X12 − X1 X2 + 12 X22 − √72 X1 + √12 X2 + 7 = 0.
(i) Classificare C.
(ii) Ridurre C nella sua forma canonica metrica M. Determinare inoltre tutte le isometrie coinvolte
in tale riduzione, stabilendo che tipo di isometrie sono.
(iii) Scrivere le equazioni cartesiane degli eventuali assi di simmetria, dell’eventuale centro di
simmetria o dell’eventuale vertice.
Svolgimento: (i) La matrice simmetrica completa associata a C è la matrice
7 1
 
7 − 2√ 2

2 2
7 1
A
e=  − 2√ 2 2 − 21 
.
1 1 1

2 2
−2 2
83

Poichè det A e 3; 2, 3)) = 0, la conica C è sicuramente una parabola generale.


e = − 9 6= 0 e det (A(2,
4
(ii) Il polinomio caratteristico della matrice simmetrica associata alla forma quadratica di C è
e 3; 2, 3) − T I) = T (T − 1)
det (A(2,

che ha soluzioni
λ1 = 0 e λ2 = 1.
Utilizzando il Teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti, la base ortonormale di R2 costituita
da autovettori di A(2,
e 3; 2, 3) è ad esempio la base
√  √ 
2/2 2/2
f1 = √ , f2 = √ .
2/2 − 2/2

La matrice cambiamento di base è quindi


 √ √ 
2/2 2/2
M= √ √ .
2/2 − 2/2

che è ovviamente ortogonale (non speciale). La trasformazione di coordinate è quindi

x = M y,

cioè √ √ √ √
x1 = 2/2y1 + 2/2y2 , x2 = 2/2y1 − 2/2y2 .
Sostituendo nell’equazione di C, e ricordando che le coordinate (y1 , y2 ) diagonalizzano la for-
ma quadratica Q(X1 , X2 ) associata all’equazione di C, si trova rapidamente che l’equazione della
conica C in tali coordinate diventa

Y22 − 3Y1 − 4Y2 + 7 = 0.

Consideriamo ora la traslazione


y =z+c
   
z1 α
dove z = ec= , con α e β da determinare opportunamente con le solite tecniche. Si
z2 β
determina
α = −1, β = −2,
e l’equazione di C0 diventa, nel riferimento (z1 , z2 ):

C00 : Z22 = 3Z1 .

Facendo ora la sostituzione di indeterminate

Z1 = W2 , Z2 = W1 ,

dettata dall’isometria lineare  


0 1
z= w,
1 0
84 CAPITOLO 12. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

si ottiene
C000 : W12 = 3W2 ,
e quindi la forma canonica metrica richiesta è
1 2
M: W = W2 .
3 1
La prima isometria considerata è l’isometria

x = M y,

che è un’isometria lineare inversa. Precisamente è una riflessione le cui formule sono state descritte
precedentemente, i.e.
√ √ √ √
x1 = 2/2y1 + 2/2y2 , x2 = 2/2y1 − 2/2y2 .

La seconda isometria è ovviamente una traslazione, data da

y1 = z1 − 1, y2 = z2 − 2.

La terza isometria  
0 1
z= w
1 0
è anch’essa un’isometria lineare inversa data dalla riflessione rispetto alla retta vettoriale Z1 = Z2 .
(iii) La forma canonica metrica M ha vertice nell’origine del riferimento (z1 , z2 ) ed asse di sim-
metria l’asse Z1 = 0. Pertanto, nelle coordinate del riferimento iniziale, il vertice di C è
 √ 
3/ √2
V =
−1/ 2

mentre l’asse di simmetria Z1 = 0 corrisponde, nel riferimento iniziale, alla retta



X1 − X2 = 2 2.
Capitolo 13

Soluzioni di Quesiti ed esercizi

Quesiti ed esercizi svolti 13.1. (1) Ridurre a forma canonica metrica ed a forma canonica affine
la quadrica Σ di equazione cartesiana
2X12 + 2X22 + 2X32 + 4X1 X2 − X3 = 0,
determinando esplicitamente i riferimenti di R3 in cui Σ assume tali equazioni.
Svolgimento. Poiché qui si richiede esplicitamente di trovare le forme canoniche metrica ed affine
ed i relativi riferimenti, applichiamo gli algoritmi di rispettiva riduzione a forma canonica metrica
ed affine delle quadriche.
Cominciamo con la riduzione a forma canonica metrica. L’equazione data di Σ è ovviamente
rispetto al riferimento (O, e), dove O è l’origine ed e è la base canonica di R3 . Consideriamo la
matrice A della forma quadratica di Σ. Essa è:
 
2 0 2
A :=  0 2 0  .
2 0 2
Fissata un’indeterminata T , il polinomio caratteristico di A è PA (T ) = T (2 − T )(4 − T ), pertanto
A ha tutti autovalori reali. Questi autovalori, ordinati in modo decrescente, sono:
λ1 = 4, λ2 = 2, λ3 = 0.
Dalle varie conseguenze del Teorema Spettrale, esiste una base ortonormale di autovettori di A in
cui A si diagonalizza. Utilizzando la procedura di calcolo di una tale base come sviluppato nella
parte di teoria, troviamo ad esempio la base ortonormale f , equiorientata con la base canonica e,
data da  √     √ 
1/ 2 0 1/ 2
f := f 1 =  0√  , f 2 = −1 , f 3 =  0√  .
1/ 2 0 −1/ 2
Dalla teoria generale, abbiamo che A in base f si trasforma (congruentemente) nella matrice
 
4 0 0
D :=  0 2 0  .
0 0 0

85
86 CAPITOLO 13. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Questo significa che, operando la trasformazione di coordinate


√ √ √ √
X1 = 1/ 2Y1 + 1/ 2Y3 , X2 = −Y2 , X3 = 1/ 2Y1 − 1/ 2Y3 ,

l’equazione di Σ nel riferimento (O0 , f ), dove O0 = O (poiché non abbiamo compiuto traslazioni)
e dove f come sopra, diventa
4Y12 + 2Y22 = Y3 ,
che può scriversi anche nella forma

Y12 Y22
2
+ √ = Y3 .
(1/2) (1/ 2)2

Questa è una forma canonica metrica della tipologia (5) nella tabella fondamentale della classifi-
cazione metrica delle quadriche, dove al posto delle Xi si devono leggere queste nuove coordinate
Yi . Pertanto Σ è un paraboloide generale ellittico che assume la sua forma canonica metrica sopra
determinata nel riferimento (O, f ) trovato.
Deduciamo quindi che la sua forma canonica affine sarà quindi

W12 + W22 = W3 ;

questo discende dalla corrispettiva tipologia (5) della tabella fondamentale per la classificazione
affine delle quadriche. Poiché però si richiede di determinare esplicitamente il riferimento in cui Σ
assume tale equazione, dobbiamo procedere con l’algoritmo di riduzione a forma canonica affine.
Partendo dalla forma canonica metrica, consideriamo la base di Sylvester:
1 1
s := s1 = f 1 , s2 = √ f 2 , s3 = f 3
2 2
che, espressa rispetto alla base e, è:
 1
  1

√ √
 
0
2 2  2 2 
s = s1 =  0  , s2 =  √12  , s3 =  0  .
1 1

2 2
0 − 2√ 2

Tale base determina il cambiamento di coordinate


1 1
Y1 = W1 , Y2 = √ W2 , Y3 = W3 .
2 2
In effetti, con tali coordinate, Σ assume l’equazione canonica affine dedotta precedentemente.
Pertanto, il riferimento cercato è (O00 , s), dove O00 = O e dove s è la base di Sylvester come
sopra.

(2) Classificare dal punto di vista affine la quadrica Σ di R3 , di equazione cartesiana

X12 + 2X1 X2 + X22 − 3X1 − 3X2 + 2 = 0.


87

Dedurre inoltre la sua forma canonica affine.


Svolgimento. Per compiere la classificazione affine, non è richiesto di svolgere necessariamente
l’algoritmo di riduzione a forma canonica affine di Σ. Quando il polinomio che rappresenta la
quadrica è abbastanza semplice, possiamo usare dei metodi più rapidi. Ad esempio il seguente:
osserviamo che l’equazione di Σ si può scrivere anche come

(X1 + X2 )2 − 3(X1 + X2 ) + 2 = 0.

Ponendo t := X1 + X2 si ottiene l’equazione di secondo grado in t,

t2 − 3t + 2 = 0.

Tale equazione ha le due soluzioni t = 1 e t = 2. Ciò significa che possiamo fattorizzare il


polinomio in t come
t2 − 3t + 2 = (t − 1)(t − 2) = 0.
Risostituendo t = X1 + X2 in questa fattorizzazione, abbiamo quindi

(X1 + X2 )2 − 3(X1 + X2 ) + 2 = (X1 + X2 − 1)(X1 + X2 − 2) = 0.

Questo significa che la quadrica Σ è costituita da due piani paralleli; infatti le equazioni cartesiane
dei due piani non sono proporzionali ed entrambi hanno giacitura X1 + X2 = 0. Quindi Σ è di
tipo (16) nella tabella fondamentale per la classificazione affine delle quadriche.
Un modo alternativo per la classificazione affine è invece quello di notare che la matrice simmetrica
completa A e ha rango 2. Pertanto Σ è doppiamente degenere. Inoltre, la matrice A della forma
quadratica associata a Σ ha rango 1. Perciò, dalla tabella fondamentale per la classificazione affine
delle quadriche, deduciamo che o la quadrica è della tipologia (15) e quindi è priva di punti reali
 (16), ed è quindi costituita da due piani paralleli. Facilmente si vede che
oppure è della tipologia
1
Σ contiene il punto 1, quindi Σ deve essere necessariamente di tipo (16).

0
Ne segue che, in un opportuno riferimento di R3 , (O; w1 , w2 , w3 ), dove le wi sono le coordinate in
tale riferimento per 1 ≤ i ≤ 3, la forma canonica affine di Σ sarà W12 = 1.

(3) Dedurre la forma canonica affine della quadrica

Σ : X12 + X22 − 2X32 + 4X1 − 2 = 0.

Svolgimento. Un modo per risolvere l’esercizio è il seguente. Osserviamo che Σ si può scrivere
come
(X12 + 4X1 + 4 − 4) + X22 − 2X32 − 2 = 0,
ossia
(X1 + 2)2 + X22 − 2X32 − 6 = 0.
Se facciamo la sostituzione

Y1 = X1 + 2, Y2 = X2 , Y3 = X3 ,
88 CAPITOLO 13. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

che equivale a traslare l’origine del riferimento, in tali nuove coordinate l’equazione di Σ diventa

Y12 Y22 Y32


+ − = 1.
6 6 3
Visto che una traslazione è un’isometria, la precedente equazione è una forma canonica metrica
contenuta nella tabella fondamentale per la classificazione metrica delle quadriche. Quindi Σ è un
iperboloide iperbolico (i.e. ad una falda). Pertanto, dalla tabella fondamentale per la classificazione
affine delle quadriche, la sua forma canonica affine sarà in opportune coordinate

W12 + W22 − W32 = 1.

(4) Riconoscere la tipologia affine della quadrica

Σ : X12 − 4X22 − 2X3 = 0.

(i) Dedurre che Σ contiene due schiere di rette. Descrivere le rette di tali schiere.
(ii) Determinare
  equazioni di ciascuna delle due rette, una per ogni schiera, passanti per il punto
2
N = 0.
2
Svolgimento. Notiamo che il rango della matrice simmetrica completa associata a Σ è 4. Pertanto
la quadrica è generale. Il rango della matrice simmetrica A associata alla forma quadratica Q di Σ
è invece 2. Pertanto, dalla tabella fondamentale per la classificazione affine, la quadrica Σ o è di
tipo (5), i.e. è un paraboloide generale ellittico, oppure è di tipo (6), i.e. un paraboloide generale
iperbolico.
Ricordiamo ora che il segno del determinante di una quadrica Σ è una proprietà affine. Vediamo
che una quadrica nella tipologia (5) ha tale determinate che è det A e = − 21 2 < 0, mentre nella
a b
tipologia (6) il determinante è det A e = 21 2 > 0. Calcolando la matrice A e della quadrica Σ
a b
data, vediamo che il suo determinante è 4. Pertanto, Σ è necessariamente di tipo (6), i.e. è un
paraboloide iperbolico o ad una falda.
(i) Dalla teoria generale, sappiamo che un paraboloide generale iperbolico contiene due schiere
di rette. Possiamo trovare esplicitamente equazioni per queste schiere. Infatti, se scriviamo l’e-
quazione di Σ come
(X1 + 2X2 )(X1 − 2X2 ) = 2X3 .
Allora, si vede che Σ contiene le 2 famiglie di rette:

lt : X1 + 2X2 − tX3 = X1 − 2X2 − (2/t) = 0, t ∈ R \ {0}

e
ms : X1 − 2X2 − sX3 = X1 + 2X2 − (2/s) = 0, s ∈ R \ {0}.
Osserviamo che, per ogni t 6= t0 , lt e lt0 sono sghembe mentre per ogni t e s come sopra, lt e ms si
intersecano in un punto.
89

(ii) Il passaggio per N comporta che t = 1 e s = 1, cioè si hanno la retta l1 e la retta m1 delle due
schiere distinte.

(5) Stabilire la natura delle quadrica Σ, di equazione cartesiana


X12 + 2X1 X2 + X22 + X1 + X3 = 1.
Dedurre inoltre la sua forma canonica affine.
Svolgimento. Proponiamo una risoluzione più geometrica, che utilizza alcuni degli argomenti on-
line di approfondimento. La matrice associata alla parte omogenea di grado 2 di Σ ha rango 1.
Pertanto, dalla classificazione, abbiamo che in tal caso Σ è o un cilindro parabolico, o due piani
  oppure la quadrica vuota. Facilmente si vede che Σ contiene punti
paralleli o due piani coincidenti
0
reali, per esempio P = 0; quindi non può essere vuota.
1
Consideriamo il piano di equazione
X1 + X3 − 1 = 0.
Mettendo a sistema con l’equazione di Σ, si ottiene
X1 + X3 − 1 = X12 + 2X1 X2 + X22 = 0,
cioè
X1 + X3 − 1 = (X1 + X2 )2 = 0
che è l’intersezione di un piano e di un piano contato 2 volte. Tale intersezione è pertanto una retta
contata due volte. Non è difficile accorgersi che il piano X1 + X3 − 1 = 0 è il piano tangente a Σ
nel punto P . Quindi Σ è necessariamente un cilindro parabolico. Infatti, se fosse stata o due piani
paralleli o due piani coincidenti, questa intersezione sarebbe risultata uno dei piani costituenti Σ,
contato con molteplicità.
La forma canonica affine di Σ è, in un opportuno riferimento,
Z12 = Z2 .

(6) Nello spazio cartesiano R3 sia data la quadrica Σ di equazione


2X12 + 2X22 + 2X32 + 4X1 X3 − X3 = 0.
Riconoscere il tipo di quadrica e scrivere, in un opportuno riferimento di coordinate (z1 , z2 , z3 ),
la forma canonica affine di Σ.
Svolgimento. Proponiamo anche qui una soluzione geometrica, che utilizza alcuni degli argomenti
on-line di approfondimento. La matrice simmetrica associata alla parte omogenea di grado due
della quadrica Σ è la matrice  
2 0 2
A =  0 2 0 .
2 0 2
90 CAPITOLO 13. SOLUZIONI DI QUESITI ED ESERCIZI

Si ha pertanto
det A = 0 e r(A) = 2.
Se calcoliamo il polinomio caratteristico di A, si ha PA (T ) = det (AQ −T I) = −T (T −2)(T −4).
Perciò, le soluzioni di tale polinomio sono

0, 2, 4.

Quindi, i due autovalori non-nulli di A hanno stesso segno. Dalla classificazione affine delle
quadriche si ha perciò che Σ è o

(a) una quadrica vuota, oppure

(b) una retta contata due volte, oppure

(c) un cilindro ellittico, oppure

(d) un paraboloide ellittico.

Procediamo per esclusioni. Poiché l’origine O appartiene banalmente a Σ, allora la possibilità (a)
viene scartata. Se intersechiamo Σ con il piano di equazione

X1 + X3 = 0

troviamo come curva intersezione



X1 + X3 = 0
2X22 − X3 = 0

che è una curva intersezione di un piano e di un cilindro parabolico, perciò anche la possibilità (b)
viene scartata. Sia ora α il piano di equazione

X3 = 0.

Intersecando Σ con α si ottiene 


X3 = 0
2X12 2
+ 2X2 = 0
che è solo il punto origine O. Facilmente si vede che α è il piano tangente a Σ in O; pertanto si
deduce che l’unica possibilità per Σ è (d). Infatti, se Σ fosse una retta doppia, non sarebbe definito
un piano tangente in O mentre se fosse un cilindro ellittico, il piano tangente in un qualsiasi suo
punto P è costante lungo tutta la retta generatrice del cilindro passante per P , e quindi la curva
intersezione sarebbe la stessa generatrice contata con molteplicità 2. Quindi le possibilità (b) e (c)
devono per forza escludersi.
(ii) Dal punto precedente, si deduce immeditamente che la forma canonica affine di Σ è, nelle
opportune coordinate,
Z12 + Z22 = Z3 .
91

(7) Studiare le sezioni della quadrica Σ di equazione cartesiana

X1 X2 = X3

con i piani paralleli ai piani coordinati e riconoscere il tipo di quadrica.


Svolgimento. Intersecando Σ con i piani della forma X3 = k, con k ∈ R, si ottengono iperboli
equilatere, per k 6= 0, aventi asintoti paralleli agli assi coordinati x1 e x2 , mentre per k = 0 si
ottiene la coppia di tali assi coordinati.
Intersecando con i piani paralleli a X1 = 0, si ottengono ∞1 rette di equazioni cartesiane
1
X1 − t = X2 − X3 = 0, t ∈ R \ {0}.
t
Intersecando con i piani paralleli a X2 = 0 si ottengono ∞1 rette di equazioni cartesiane
1
X2 − s = X1 − X3 = 0, s ∈ R \ {0}.
s
La quadrica Σ è quindi una quadrica doppiamente rigata. Fra le quadriche doppiamente rigate ci
sono l’iperboloide generale iperbolico (o, ad una falda) oppure il paraboloide generale ipebolico
(o, a sella). Poichè la matrice simmetrica associata alla forma quadratica Q di Σ è di rango 2, allora
Σ è necessariamente un paraboloide iperbolico.
Inviluppo convesso e coordinate baricentriche

proposizione 1.1 Siano u 1 , . . . , u k numeri reali tali che u 1 + · · · + u k = 1 e


siano A 1 , . . . , A k punti dello spazio affine S. Allora il punto

P = [u 1 (A 1 −a O) + · · · + u k (A k − O)] +a O

non varia al variare di O in S.

Dimostrazione Poiché Ai −a O = (A −a O  ) + (O  −a O) abbiamo

P −a O = u 1 (A 1 −a O  ) + · · · + u k (A k −a O  ) + (u 1 + · · · + u k )(O  −a O)

Poiché u 1 + · · · + u k = 1 la proprietà segue immediatamente.




L’inviluppo convesso dei punti A 1 , . . . , A k è l’insieme

A 1 , . . . , A k = {P ∈ S | P = [u 1 (A −a O)+· · ·+u k (A k −a O)]+a O}

dove u 1 + · · · + u k = 1 e u 1 , . . . , u k ≥ 0.

Il baricentro di A 1 , . . . , A k è per definizione il punto

1
B = [(A 1 −a O) + · · · + (A k −a O)] +a O
k
Si dice (k −1)-simplesso di vertici A 1 , . . . , A k l’inviluppo convesso dei punti A 1 , . . . ,
A k nel caso in cui siano linearmente indipendenti i vettori

A 1 −a O, . . . , A k −a O

In tal caso si chiamano coordinate baricentriche di un punto P ∈ A 1 , . . . , A k le


componenti u 1 , . . . , u k del vettore

P −a O = u 1 (A 1 −a O) + · · · + u k (P −a O)
1 1
In particolare il baricentro del simplesso ha coordinate baricentriche ( k , . . . , k ).

1
Interpretazione geometrica del rango di una conica
Le nozioni nella Definizione 12.7 sono date per mezzo di ranghi di opportune ma-
trici; esse sembrano quindi nozioni puramente algebriche, invece hanno dei risvolti
geometrici molto importanti. Per vedere questo, abbiamo bisogno di alcune consi-
derazioni preliminari.

Sia C una conica di R2 ilcuisupporto sia una curva in R2 (i.e. sia non vuoto e non
n
puntiforme). Sia N = n 12 ∈ C un punto e sia r una retta di R2 passante per
N. Se r ha equazioni parametriche X 1 = n 1 + l t, X 2 = n 2 + mt, t ∈ R, e se C
ha equazione cartesiana P (X 1 , X 2 ) = 0, consideriamo l’equazione quadratica nel
parametro t

[1.1] r (t) := P (n 1 + l t, n 2 + mt) = 0

Se il polinomio r (t) è identicamente nullo, vuol dire che le coordinate di tutti i


punti della retta r soddisfano l’equazione di C . Se invece r (t) non è identicamente
nullo, poiché per ipotesi N ∈ C , notiamo subito che t = 0 è soluzione dell’equazio-
ne [1.1]. In altri termini, avremo una fattorizzazione del polinomio r (t) = t  r (t),

con deg (r (t)) = 1, dato che r (t) è quadratico.

definizione 1.1 Siano C , r e N come sopra.

(i) Se il polinomio r (t) come nella [1.1] non è identicamente nullo, de-
finiamo la molteplicità di intersezione tra r e C nel punto N, denotata
con m N (C , r ), la molteplicità della soluzione t = 0 per l’equazio-
 r (t)
ne [1.1]. In altri termini, m N (C , r ) = k se, e solo se, r (t) = t k 
con   r (0) = 0, dove 1 ≤ k ≤ 2.
Se inoltre m N (C , r ) = 1, allora si dice che r e C si intersecano trasver-
salmente (o semplicemente) in N.
(ii) Se il polinomio r (t) come nella [1.1] è identicamente nullo, allora si
dice che r è componente di C e si pone m N (C , r ) = +∞, per ogni
N ∈ r.

Notiamo che l’equazione [1.1] non è altro che la condizione di intersezione tra C e r
(par. 7.3). Se al variare delle rette nel fascio di rette proprio  di centro N (Definizio-
ne 7.7) si ottiene sempre che il corrispondente polinomio (t) = r (t), per r ∈ ,
non è identicamente nullo allora si ha 1 ≤ m N (C , r ) ≤ 2, al variare di r ∈ .

Nel caso (ii), invece, abbiamo che, al livello di supporti, C = r ∪ s , per una qualche
retta s ⊂ R2 eventualmente coincidente con r e che, al livello di equazioni cartesiane,
l’equazione di C si fattorizza in un prodotto di due fattori lineari, uno l’equazione
cartesiana di r e l’altro l’equazione cartesiana di s .

1
Esempio 1.1 Molteplicità di intersezione tra r e C
Per avere un’esempio in cui mN (C , r) = 1, basta semplicemente considerare la conica
 
2 2
X1 + X2 − 1 = 0 e la retta X2 = 0; esse si intersecano nei due punti distinti N1 = 10
 
e N2 = −10 . Equazioni parametriche per X2 = 0 come retta passante per N1 sono X1 =
1 + t, X2 = 0, t ∈ R. Pertanto (t) = (1 + t)2 − 1 = t 2 + 2t = t(t + 2); visto che t = 0 è una
soluzione semplice, i.e. di molteplicità 1 per tale polinomio, la molteplicità di intersezione
in N1 fra retta e circonferenza è 1.

2
Se invece prendiamo la conica C : X1 − X2 = 0 e la retta r : X2 = 0, svolgendo conti
analoghi ai precedenti, troveremo che nell’origine O si ha che mO (C , r) = 2: in effetti, C è
una parabola con vertice nell’origine e la retta r è la sua tangente in O, pertanto l’interse-
zione non è trasversa, equivalentemente, la retta e la conica si toccano in O (i.e. hanno una
molteplicità di intersezione maggiore di quella che una qualsiasi altra retta per l’origine
avrebbe con C ).

2 2
Se da ultimo prendiamo la conica C : X1 − X2 = 0 e consideriamo la retta r : X1 − X2 = 0,
 
preso il punto N = 11 questo appartiene sia a C sia a r. Le equazioni parametriche
per r passante per N sono X1 = 1 + t, X2 = 1 + t, t ∈ R; pertanto il polinomio r (t) è
identicamente nullo. In effetti l’equazione della conica si fattorizza in (X1 −X2 )(X1 +X2 ) = 0,
i.e. C è costituita dall’unione di due rette per l’origine, di cui una è proprio r.

definizione 1.2 Presi C e N ∈ C come sopra, definiamo la molteplicità di


C in N, denotata con m N (C ), il minimo delle molteplicità di intersezioni
m N (C , r ), al variare di r nel fascio di rette proprio  =  N di centro N,
i.e. m N (C ) := minr ∈ m N (C , r ).

Punti semplici e punti definizione 1.3 Il punto N si dice semplice (equivalentemente, non singolare)
singolari di C per C se, e solo se, m N (C ) = 1. Altrimenti, N si dice punto singolare per C (o
che C è singolare in N).

In altri termini un punto N è singolare per C se tutte le rette che passano per N (non
contenute in C ) hanno una molteplicità di intersezione uguale a 2.

Esempio 1.2 Punto singolare di una conica


2 2
Prendiamo la conica C : X1 − X2 = 0. Consideriamo l’equazione del fascio di rette proprio
 = O di centro l’origine, che è λX1 +μX2 = 0, con (λ, μ) = (0, 0) (Corollario 7.1). Dalle

2
Proposizioni 7.3 e 7.4, equazioni parametriche del fascio sono X1 = μt, e X2 = −λt, t ∈
R. Sostituendo nell’equazione della conica, otteniamo il polinomio λ,μ (t) = (μ2 − λ2 )t 2 .
Notiamo quindi che, al variare di λ e μ, t = 0 è sempre una soluzione doppia del polinomio.
Pertanto la conica C è singolare in O. Inoltre, per λ = ±μ abbiamo addirittura che ±μ,μ (t)
diventa il polinomio identicamente nullo: in effetti, le rette ottenute per i valori λ = ±μ
sono le rette s1 : X1 − X2 = 0 e s2 : X1 + X2 = 0 che sono componenti di C , dato che
2 2
X1 − X2 = (X1 − X2 )(X1 + X2 ) = 0.

Dalla Definizione 12.10, N è invece un punto non singolare per C se esiste almeno
una retta di R2 che passa semplicemente per N, i.e. che ha intersezione trasversa con
C in N. Più precisamente:

proposizione 1.1 Siano C e N ∈ C come sopra. Supponiamo che N sia un punto


semplice per C . Allora esiste una ed una sola retta τ appartenente al fascio proprio
di rette  =  N di centro N tale che:
• o m N (C , τ ) = 2 e per ogni altra retta r ∈  \ {τ } vale m N (C , r ) = 1,
oppure
• C = τ ∪ s , per una qualche retta s = τ non passante per N.
In entrambi i casi, la retta τ si dice la retta tangente a C in N.

Dimostrazione Dal Corollario 7.1 e dalla Proposizione 7.4, equazioni parametriche del
fascio  sono X 1 = n 1 + μt, X 2 = n 2 − λt, t ∈ R. Sostituendo nell’equazione cartesiana
di C , otteniamo un polinomio λ,μ (t) come nella [1.1], in cui però i coefficienti dipendono
dai parametri λ e μ. Poiché N ∈ C è un punto semplice per ipotesi, il polinomio λ,μ (t) si
scrive come λ,μ (t) = t (A(λ, μ)t + B(λ, μ)), dove B(λ, μ) = 0 (altrimenti N sarebbe
un punto singolare) è un polinomio lineare omogeneo in λ e μ per costruzione. Troviamo
l’unica soluzione (λ0 , μ0 ) dell’equazione lineare B(λ, μ) = 0. Per concludere, dobbiamo
considerare due casi:
 μ 
se A(λ0 , μ0 ) = 0, allora −λ0 sono i parametri direttori dell’unica retta del fascio
0
1.
 che ha molteplicità di intersezione 2 con C in N. Questa retta τ è la retta tangente
a C in N;
2. se invece anche A(λ0 , μ0 ) = 0, allora vuol dire che la retta τ , che passa per N e che
 μ 
ha parametri direttori −λ0 , è tutta contenuta in C . Poiché C è una conica, allora
0

vuol dire che il supporto di C è costituito o da due rette distinte di cui una è τ , i.e.
C = τ ∪ s per qualche retta s di R2 tale che s = τ , oppure C ha per supporto solo la
retta τ che però è contata doppiamente, cioè C è una retta doppia. Verifichiamo su-
bito che la seconda eventualità non può capitare. Infatti, in tal caso se τ ha equazione
cartesiana g X 1 + h X 2 + k = 0, l’equazione di C sarebbe (g X 1 + h X 2 + k)2 = 0.
Per nessun punto N di una tale conica esiste almeno una retta di R2 passante per N
con molteplicità di intersezione uguale a 1. Quindi, si contraddirebbe l’ipotesi che

3
il punto N dato è un punto semplice per C . Allora C = τ ∪ s , con s = τ . Inoltre,
poiché N è un punto semplice per C , allora s non passa per N: altrimenti una qual-
siasi retta del fascio  diversa da s e da τ avrebbe molteplicità di intersezione 2 con
C in N.

Riassumendo un punto N è semplice per una conica C se, e solo se, esiste una ed
una sola retta tangente τ a C in N. Invece, in un punto singolare non è univoca-
mente determinata una retta tangente, dato che tutte le rette hanno molteplicità di
intersezione superiore ad uno in quel punto.

Osservazione 1.1

Grazie a quanto osservato fino ad ora, possiamo discutere dette due generatrici del cono (paragrafo 13.2).
le interpretazioni geometriche delle varie eventualità con-
template nella Definizione 12.7. Per fare questo, ricordiamo Se il piano π non passa per il vertice del cono, si possono
che le coniche furono studiate fin dall’antichità come sezioni ottenere le coniche cosiddette generali (o non degeneri), i.e.
di un cono circolare (e anche di un cilindro circolare retto) appunto le classiche circonferenze, ellissi, iperboli e para-
in R3 con un opportuno piano π (da ciò deriva il nome da bole (figura 1.1). Il fatto che siano non degeneri, in questa
coniche). Consideriamo un cono quadrico, i.e. un cono defi- accezione, si può facilmente interpretare con il fatto che in
nito da un’equazione di secondo grado, come uno di quelli ogni punto P della conica sezione esiste una ed una sola ben
nella figura 12.1. Supponiamo di aver preso coordinate in determinata retta tangente alla conica nel punto P, i.e. P è un
R3 di modo che l’equazione cartesiana di questo cono sia punto non singolare (Proposizione 12.1). Quindi la nozione
2 2 2
X1 + X2 − X3 = 0. Il fatto che questa equazione descriva di conica non degenere si può considerare equivalente, dal
effettivamente un cono discende direttamente dall’osserva- punto di vista geometrico, ad una conica non singolare in
re che tutte le sezioni con un piano della forma X3 = k, tutti i suoi punti.
k ∈ R \ {0}, determinano una circonferenza di raggio |k| Se il piano π passa per il vertice del cono e non è tangente al
su questo piano (paragrafo 8.7), mentre il piano X3 = 0 cono, la curva sezione è una conica semplicemente degene-
interseca la superficie solo nell’origine O. re ed è costituita da una coppia di rette incidenti. Per avere
un’esempio di questa situazione, se intersechiamo il cono di
equazione cartesiana come sopra con il piano X1 = 0, che
passa per l’asse x3 quindi non è tangente al cono, otteniamo
2 2
il sistema X2 − X3 = X1 = 0 che determina come conica
sezione C la coppia di rette incidenti r1 : X2 − X3 = X1 = 0
e r2 : X2 + X3 = X1 = 0. Identificando il piano X1 = 0
con un R2 , il rango della matrice simmetrica della conica
2 2
X2 − X3 = 0 nel piano (x2 , x3 ) è 2. Dal punto di vista geo-
Parabola Circonferenza Ellisse Iperbole
metrico invece notiamo che in ogni punto P = O della conica
figura 1.1 Alcune sezioni piane di un cono quadrico: le coniche C abbiamo una ed una sola retta tangente a C in P: tale tan-
generali gente coincide con l’unica fra le due rette r1 e r2 che passa
Inoltre, ciascun piano del fascio di asse l’asse x3 taglia sulla
per il punto P scelto (Proposizione 1.1).
superficie una coppia di rette incidenti in O; tali rette sono

4
Se invece consideriamo l’origine O non possiamo definire suoi punti.
univocamente “la tangente” a C in O. In altri termini O è un
punto singolare per C (Definizione 1.3) e, per come è fatta Da ultimo, consideriamo un cilindro circolare retto
C , essa è singolare solo in O. In definitiva, in questa acce- (figura 1.2). Per esempio, in R3 , consideriamo la superficie
2 2
zione, la nozione di conica semplicemente degenere si può di equazione cartesiana X1 + X2 = 1.
considerare equivalente alla nozione di conica con un unico
punto singolare.

Se invece il piano π per il vertice del cono è tangente a tutta


una generatrice del cono, allora si ottiene la conica C dop-
piamente degenere costituita da una retta r contata due vol-
te, i.e. contata con molteplicità due (Esempio 12.2-1). Per
esempio, si può vedere facilmente che il piano di equazione
cartesiana X1 − X3 = 0 è tangente al cono lungo la genera-
1
trice passante per O e per il punto di coordinate P = 0 . figura 1.2 Il cilindro circolare retto
1
Se intersechiamo il cono con tale piano otteniamo il sistema
2 2 2
X1 + X2 − X3 = X1 − X3 = 0 che determina il sistema equi- Questa determina è un cilindro che ha come curva di base
2
valente X2 = X1 − X3 = 0. Notiamo che X2 = X1 − X3 = 0 (o direttrice) la circonferenza X12 + X22 − 1 = X3 = 0 e le
determina una retta s sul piano X1 − X3 = 0. Il sistema della generatrici (i.e. le rette sul mantello del cilindro) parallele
conica sezione ha per supporto la retta s, ma il fatto che ab- all’asse x3 .
2
biamo l’equazione X2 = 0 vuol dire che il sistema individua
la conica come la retta s contata doppiamente. Da questo pic- Se intersechiamo il cilindro con un piano π parallelo alle
colo esempio, possiamo osservare che in questa accezione la generatrici e non tangente né esterno al cilindro, si ottie-
nozione di conica doppiamente degenere si può considerare ne un’altro tipo di conica degenere, costituita da due rette
equivalente alla nozione di conica con singolarità in tutti i parallele.

2 2
Per esempio, se intersechiamo con il piano X1 = 0, otteniamo il sistema X1 +X2 −1 =
2
X1 = 0 che è equivalente al sistema X2 − 1 = X3 = 0. Quest’ultimo fornisce le due
rette parallele e non coincidenti l1 : X2 + 1 = X3 = 0 e l2 : X2 − 1 = X3 = 0.
Per comprendere i motivi geometrici per cui anche questo è un’esempio di conica
semplicemente degenere, servono ulteriori argomenti quali ampliamenti all’infinito
degli spazi affini, che però non rientrano negli obiettivi di questo testo. Pertanto,
rimandiamo il lettore eventualmente interessato ad e.g. [11, par. 30].

5
Proprietà focali delle coniche generali (a punti reali)

proposizione 1.1 Sia C l’ellisse (rispettivamente, l’iperbole) di equazione cartesia-


2 2 2 2
X1 X X1 X
na a2
+ b 22 = 1, con a ≥ b > 0 (rispettivamente, a2
− b 22 = 1, con a , b > 0).
Allora il supporto di C è costituito dal luogo dei punti P di R2 tali che, detti F1
e F2 i due fuochi di C , valga d (P , F1 ) + d (P , F2 ) = 2a (rispettivamente,
|d (P , F1 ) − d (P , F2 )| = 2a ).

  x 
±c
Dimostrazione Poiché le coordinate dei fuochi sono 0 , se P = x 12 , le condizioni
sulle distanze contenute nell’enunciato si traducono nelle condizioni
  
 
 2 2
[1.1]  (x 1 − c ) + x 2 ± (x 1 + c ) + x 2  = 2a
2 2
 

Portando il secondo radicale al secondo membro della precedente eguaglianza ed elevando al


2 2
X1 X
quadrato due volte per eliminare i radicali, al livello di polinomi otteniamo: a2
+ a 2 −c2 2 = 1,
che rappresenta l’ellisse o l’iperbole a seconda di come è definito c .

Ora, il luogo qui descritto sicuramente contiene il luogo definito dalla condizione d (P , F1 )+

d (P , F2 ) = 2a , se c = a 2 − b 2 , o dalla condizione |d (P , F1 ) − d (P , F2 )| = 2a , se

c = a 2 + b 2 . Notiamo che però, per come abbiamo svolto i conti, il procedimento è com-
pletamente reversibile, a meno di ambiguità dei segni dei radicali. Pertanto basta osservare
che la condizione c < a (rispettivamente, c > a ) è compatibile solo con la [1.1] in cui si
prenda il segno positivo (rispettivamente, negativo).


Concludiamo facendo vedere che ellisse, iperbole e parabola possono essere definite
contemporaneamente come luoghi geometrici, utilizzando l’eccentricità.

proposizione 1.2 Date l’ellisse, l’iperbole e la parabola generali a punti reali con
equazioni come nella tipologia (1), (4) e (6) della tabella nella Definizione 12.14,
allora esse hanno per supporto il luogo dei punti del piano, le cui distanze da
un fuoco F e dalla relativa direttrice r = r F hanno rapporto costante, uguale
all’eccentricità e della rispettiva conica.

Dimostrazione Il procedimento è esattamente uguale


 a quello nella dimostrazione prece-
x
dente. Basta considerare un punto arbitrario P = x 12 e tradurre in via analitica la formula
d (P , F ) = e d (P , r ) per mezzo delle formule della distanza punto-retta (formula [7.31])
e della distanza fra due punti, dove e sappiamo come è definita a seconda della tipologia di
conica che si vuole trattare. Lasciamo al lettore per esercizio di svolgere i calcoli espliciti.


1
Interpretazione geometrica del rango di una quadrica
Come nel caso delle coniche, le nozioni di Definizione 13.4 sono date per mezzo di
ranghi di opportune matrici eppure hanno un risvolto geometrico molto importante.
Analogamente al caso delle coniche a punti reali e non puntiformi, si può introdur-
re la nozione di punto semplice e di punto singolare di una quadrica a punti reali e
non supportata su un punto o su una curva (più in generale, di luogo singolare di
una tale quadrica) e poi quello di piano tangente in un suo punto semplice. Anche
in questo caso avremo che la nozione di quadrica generale geometricamente è equi-
valente a dire che la quadrica è non singolare, i.e. che in ogni suo punto esiste ed
è univocamente determinato il piano tangente alla quadrica in quel punto. Il fatto
di essere invece semplicemente, doppiamente o triplamente degenere corrisponde ad
una stima precisa della dimensione del luogo singolare della quadrica (i.e. la quadrica
è singolare, rispettivamente, in un punto, lungo una retta contenuta nella quadrica
oppure la quadrica è costituita da un piano contato due volte cioè è singolare lungo
tale piano). Per poter affrontare una tale analisi, avremmo bisogno di molti preli-
minari sulla geometria delle superfici. Questo esula un po’ dai contenuti di questo
capitolo e dagli obiettivi di questo testo. Ci limitiamo quindi a discutere degli esem-
pi espliciti che facciano comprendere il risvolto geometrico delle nozioni introdotte
nella Definizione 13.4.

Esempio 1.1
2 2 2
1. Supponiamo di avere  di equazione cartesiana X1 +X2 +X3 −1 = 0. Dalla [??], 
è la sfera di centro O e raggio 1, quindi è banalmente a punti reali, non puntiforme
né supportata su una curva. Calcolando la matrice simmetrica completa A  vediamo
che il suo rango è 4, quindi è una quadrica generale. Infatti la sfera è un esempio
immediato di quadrica non singolare, visto che in ogni punto è ben definito il piano
tangente alla sfera (Proposizione 8.15).
2 2 2
2. Consideriamo ora  di equazione cartesiana X1 + X2 − X3 = 0. Calcolando la
matrice simmetrica completa A,  vediamo che in questo caso r(A) = 3, pertanto è
semplicemente degenere. In effetti, tale quadrica è stata già considerata nell’Osser-
vazione 1.1 dell’Approfondimento del web Interpretazione geometrica del rango di
una conica, ed è un cono quadrico di vertice l’origine. Essa è quindi a punti reali
e non puntiforme ed O è un punto singolare per . Anche non potendo dimo-
strare quest’affermazione, è abbastanza immediato comprendere dalla figura 1.1
dell’Approfondimento web Interpretazione geometrica del rango di una conica che
nel vertice del cono non possiamo definire un piano tangente al cono in quel punto:
ogni piano per l’origine ha molteplicità di intersezione 2 con il cono (Definizione 1.1
dell’Approfondimento del web Interpretazione geometrica del rango di una conica
nel caso delle coniche). Per esempio, se intersechiamo con i piani X1 = 0, X2 = 0,
X3 = 0, X1 − X2 = 0, X1 − X3 = 0 ecc. troviamo sempre dei luoghi geometrici in
cui la molteplicità di intersezione in O è almeno due. Si può dimostrare ancora di
più, e cioè che Sing() = {O}, dove Sing() denota il luogo singolare di .

1
3.
2 2
Consideriamo  data dall’equazione cartesiana X1 − X2 = 0. La matrice A  è tale
 = 2, i.e.  è doppiamente degenere. In effetti il polinomio che determina
che r(A)
2 2
la quadrica si fattorizza in X1 − X2 = (X1 − X2 )(X1 + X2 ). Pertanto  è costituita
dall’unione di due piani π1 : X1 − X2 = 0 e π2 : X1 + X2 = 0, i.e.  = π1 ∪ π2 .
Abbiamo quindi che la quadrica è a punti reali, non puntiforme né supportata su
una curva. I due piani si intersecano lungo l’asse x3 che, essendo l’intersezione dei
due piani, è contenuta in . Pertanto  è singolare lungo tale retta (in particolare,
in ogni suo punto non possiamo definire in modo univoco “il piano tangente” a ).
Per ogni altro punto M ∈  fuori da tale retta, il piano tangente a  in M è invece
ben definito ed univocamente determinato: è l’unico piano tra π1 e π2 che passa
per M (Proposizione 1.1 dell’Approfondimento del web Interpretazione geometrica
del rango di una conica, nel caso della conica costituita da un’unione di due rette
incidenti in un punto N). Pertanto deduciamo che r = Sing().
4.
2 2
Da ultimo, sia  di equazione cartesiana X1 + 2X1 X2 + X2 = 0. La matrice A  ha
rango 1, pertanto  è triplamente degenere. In effetti, si vede immediatamente
che l’equazione cartesiana di  è data dal polinomio (X1 + X2 )2 , quindi il supporto
di  è il piano τ di equazione cartesiana X1 + X2 = 0 e la quadrica  è il piano
τ contato con molteplicità 2. Tutti i punti di τ sono singolari per : un qualsiasi
piano non parallelo a τ lo interseca in una retta contata con molteplicità 2. Pertanto,
concludiamo che Sing() = τ .

In definitiva, dagli esempi descritti qui sopra possiamo riassumere quanto segue. Data una
quadrica  e detto r il rango della sua matrice completa A,  il numero k := 4 − r misura
quanto la matrice A  si discosta dall’essere di rango massimo, i.e. quanto la quadrica  si
discosta dall’essere generale. Poiché 1 ≤ r ≤ 4, allora 0 ≤ k ≤ 3. Negli esempi precedenti,
osserviamo che l’intero d := k − 1 eguaglia la dimensione del luogo singolare di , i.e.
d = dim(Sing()). Infatti:

• in 1 abbiamo k = 0 e quindi d = −1, che per definizione è la dimensione


dell’insieme ∅; in effetti, in tal caso la quadrica è generale;
• in 2 abbiamo k = 1 e quindi d = 0; il cono era singolare solo in un punto;
• in 3 abbiamo k = 2 e quindi d = 1; la coppia di piani incidenti costituiva una
quadrica singolare lungo una retta, che ha dimensione 1;
• in 4 abbiamo k = 3 e quindi d = 2; la quadrica era singolare lungo il piano τ , che
ha dimensione 2.

Potrebbero piacerti anche