// CISTI ODONTOGENE
Le cisti ed i tumori odontogeni costituiscono un gruppo eterogeneo di lesioni che interessano mandibola e
mascellare ed i tessuti adiacenti. Prima di affrontarne la trattazione è bene conoscere la definizione di cisti e
pseudocisti.
Il termine cisti indica una cavità patologica rivestita da epitelio.
In termine pseudocisti indica una cavità patologica NON rivestita da epitelio.
Per capire meglio le cisti e le neoplasie odontogene è importante conoscere lo sviluppo embriologico del
dente. Le cisti odontogene sono caratterizzate da precisi quadri clinici, radiologici e istopatologici. Pertanto la
diagnosi si deve basare su tutte queste tre componenti, nessuna deve essere
trascurata.
Classificazione:
• Cisti odontogene
• Cisti non odontogene
• Pseudocisti
Nelle ossa mascellari possono insorgere cisti non odontogene, che vengono suddivise come segue:
• Cisti del dotto naso-palatino
• Cisti globulomascellare
• Cisti naso-labiale
• Cisti della linea mediana
Pseudocisti:
• Cisti solitaria dell’osso
• Cisti aneurismatica dell’osso
• Cavità ossea di Stafne
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Cisti eruttiva
E una variante della cisti dentigera. Si caratterizza per un accumulo di liquido attorno alla corona del dente in
eruzione.
Insorge esclusivamente in età pediatrica, in pazienti in prima decade di vita.
Si presenta come una piccola cisti bluastra sulla gengiva, nella sede del dente in eruzione.
Istologicamente la parete cistica è rivestita da epitelio appiattito, privo di atipie citologiche.
Non richiede quasi mai l’asportazione chirurgica, e scompare quando l’eruzione del dente è completata.
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tenere presente che entrambi recidivano, pertanto il trattamento ed il follow-up sono simili.
E’ importante l’asportazione chirurgica. Va comunque tenuta presente l’elevata tendenza a recidivare: 30%
dei casi recidiva dopo 3-5 anni.
TUMORI ODONTOGENI.
Lesioni che derivano da elementi epiteliali, ecto-mesenchimali o mesenchimali che fanno parte
dell’apparato di formazione del dente (WHO, 2005).
La classificazione è basata sostanzialmente sul comportamento clinico, pertanto divide i tumori odontogeni in
benigni o maligni.
I tumori odontogeni benigni riproducono le varie fasi di formazione del dente, pertanto vengono classificati
sulla base del tessuto che interessano.
Tumori benigni
Epitelio odontogeno con stroma maturo e fibroso senza ectomesenchima odontogeno
Ameloblastoma, tipo solido/multicistico
Ameloblastoma, tipo extraosseo/periferico
Ameloblastoma, tipo desmoplastico
Ameloblastoma, tipo unicistico
Tumore odontogeno squamoso
Tumore odontogeno epiteliale calcificante
Tumore odontogeno adenomatoide
Tumore odontogeno cheratocistico
Epitelio odontogeno con ectomesenchima odontogeno, con o senza formazione di tessuto di consistenza
dura
Fibroma ameloblastico
Fibrodentinoma ameloblastico
Fibro-odontoma ameloblastico
Odontoma
Odontoma, tipo complesso
Odontoma, tipo composto
Odontoameloblastoma
Tumore odontogeno cistico calcificante
Tumore dentinogeno “ ghost cell ”
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Altri tumori
Tumore melanotico neuroectodermico dell’infanzia
Carcinomi odontogeni
Ameloblastoma metastatizzante (maligno)
Carcinoma ameloblastico - tipo primario
Carcinoma ameloblastico - tipo secondario (dedifferenziato) intraosseo
Carcinoma ameloblastico - tipo secondario (dedifferenziato) periferico
Carcinoma squamo cellulare intraosseo primario –tipo solido
Carcinoma squamocellulare intraosseo primario derivato da tumori cheratocistici odontogeni
Carcinoma squamocellulare intraosseo primario derivato da cisti odontogene
Carcinoma odontogeno a cellule chiare
Carcinoma odontogeno a cellule “Ghost”
Sarcomi odontogeni
Fibrosarcoma ameloblastico
Fibrodentino- e fibro-odontosarcoma ameloblastico
Fattori predisponenti
Non sono noti. I tumori odontogeni in genere insorgono de novo. Rari casi insorgono su cisti odontogene.
Genetica: Circa 200 geni sono coinvolti nella regolazione dello sviluppo del dente. Tra questi i geni più
frequentemente alterati nelle neoplasie odontogene sono:
• Fibroblast growth factor
• Sonic Hedgehog
Nella trattazione che segue verranno discusse solo le forme più frequenti di neoplasie odontogene.
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All’esame istologico TCO presenta una parete cistica bordata da epitelio squamoso con cheratinizzazione.
L’epitelio in genere è composto da pochi strati di cellule e presenta una caratteristica superficie ondulata.
Sulla base dell’aspetto dell’epitelio si distinguono due forme:
1) Forma Paracheratosica se la cheratinizzazione non è completa, ma l’epitelio è privo dello strato dei
granuli (+ frequente).
2) Forma Ortocheratosica: quando la parete cistica è rivestita da epitelio squamoso con cheratinizzazione
completa, come si vede rappresentato nelle immagini sottostanti.
Tipo di crescita: l’epitelio del TCO forma invaginazioni nel tessuto circostante formando le cosiddette cisti
figlie. Si formano pertanto delle nuove cisti che possono residuare dopo l’asportazione chirurgica dando luogo
a recidive.
Prognosi:
Si tratta di una lesione ad aggressività locale, con elevata tendenza a recidivare (25-30% dei casi).
Recidivano soprattutto le forme paracheratosiche. Recidive in genere compaiono entro 5 anni, ma talora
anche oltre. E’ importante un lungo follow-up.
Unico parametro predittivo di recidiva certo è solo l’aspetto istologico:
Ortocheratosi: recidive rare
Paracheratosi: recidive frequenti
Ameloblastoma
Neoplasia a lenta crescita, localmente aggressiva, con elevata tendenza alle recidive. E’ la forma più
frequente di tumore odontogeno. Colpisce in eguale misura sia il sesso femminile che il sesso maschile. Si
presenta in un ampio range di età (4 –92 anni), con un picco sui 30-40 anni.
Sede elettiva: mandibola, area posteriore (> 70% dei casi). Può comunque colpire qualsiasi area sia della
mandibola che del mascellare.
Presentazione: Spesso costituisce un riscontro occasionale su radiografie eseguite di routine
Radiologicamente si presenta in forma unicistica oppure multicistica.
Soprattutto la forma unicistica può simulare una lesione cistica non neoplastica. Talvolta può contenere un
dente incluso, simulando una cisti dentigera.
E’ importante porre la diagnosi differenziale corretta in tempo, perché l’ameloblastoma cresce lentamente, e,
se trascurato, distrugge l’osso ed ulcera la mucosa. La diagnosi differenziale va posta mediante prelievo
bioptico ed indagine istologica.
Istologia: isole o trabecole di epitelio in stroma connettivale. Le cellule sono di tipo ameloblastico, hanno
forma colonnare, nucleo ipercromatico e sono disposte a palizzata periferica. La parte centrale contiene cellule
scarsamente coese, che ricordano il reticolo stellato.
L’ameloblastoma può presentare vari pattern istologici, che dipendono dal tipo di crescita architetturali delle
cellule. I due pattern più frequenti sono il pattern follicolare ed il plessiforme.
Il pattern follicolare è caratterizzato da isole di cellule che si dispongono a palizzata attorno ad un’area cistica.
Il pattern plessiforme è caratterizzato da nidi di epitelio ameloblastico che si intersecano tra loro.
Il pattern acantomatoso è caratterizzato da nidi ameloblastici con aspetti di cheratinizzazione centrale.
Il pattern a cellule granulose è caratterizzato da nidi di cellule ameloblastiche con cellule eosinofile, finemente
granulose per la ricchezza in lisosomi. I nidi neoplastici conservano sempre la tipica palizzata periferica di
cellule ameloblastiche.
E’ bene tuttavia ricordare che si tratta di pattern morfologici che hanno una scarsa rilevanza prognostica.
L’ameloblastoma unicistico, va posto in diagnosi differenziale con una cisti odontogena non neoplastica. Va
esaminato in toto, o almeno in campioni multipli.
Prognosi: crescita di tipo infiltrativo. Alla periferia della massa neoplastica compaiono piccoli nidi di cellule
neoplastiche che si allontanano dalla massa principale infiltrando i tessuti adiacenti.
Pertanto l’ameloblastoma è una neoplasia ad aggressività locale: presenta una elevata tendenza alle
recidive. Le forme di ameloblastoma che insorgono nel mascellare presentano una maggiore propensione alle
recidive rispetto alle forme della mandibola.
Varianti
Ameloblastoma extraosseo
Raro. Maschi, 50 –60 anni. Sede elettiva: gengiva mandibolare. Clinica: nodulo rilevato.
Aspetto istologico simile all’ameloblastoma intraosseo, come si vede dall’immagine sottostante.
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Ameloblastoma maligno
Definizione: ameloblastoma che, nonostante l’aspetto istologico usuale, determina metastasi
Sede della metastasi: In genere linfonodali o polmonari. Evento estremamente raro e non prevedibile con le
conoscenze attuali.
Carcinoma ameloblastico
Definizione: ameloblastoma che presenta aspetti citologici di malignità. Può dare recidive locali e metastasi a
distanza (polmonari). Clinica e RX: simile all’ameloblastoma, ma crescita più rapida.
Aspetto istologico: epitelio ameloblastico con atipie citologiche, mitosi atipiche e, talvolta areee di necrosi.
Fibroma ameloblastico
Ampio range di età (18 mesi –50 anni). Picco 10 –20 anni. Sede elettiva: mandibola. In genere asintomatico.
Cresce lentamente. RX: area radiotrasparente. Istologia: componente epiteliale ameloblastica, immersa in
stroma mesenchimale. Prognosi: BUONA, ma possibilità di recidive dopo asportazione chirurgica
Fibrosarcoma ameloblastico
Raro, controparte maligna del fibroma ameloblastico. Componente stromale maligna. Prognosi: aggressività
locale + metastasi a distanza (25%).
Odonto-ameloblastoma
Sinonimi: odontoma ameloblastico, adamanto – odontoma, tumore misto odontogeno calcificante
Pz pediatrici.
Età: 6 mesi –10 anni.
M=F
Sede elettiva: Regione molare pre- molare. Mandibola e mascellare in eguale misura. Presentazione:
Tumefazione, talora dolorosa. RX: area radiolucente, uni/multicistica, contenente areole radiopache. Istologia:
odontoma + ameloblastoma
Prognosi: possibilità di recidive locali, importanza dell’asportazione chirurgica e del follow-up.
Odontoma
Odontoma complesso: malformazione simil-neoplastica nella quale sono presenti sia dentina che smalto e
talvolta il cemento.
Odontoma composto: malformazione simil-neoplastica nella quale sono presenti piccoli elementi simili a
strutture dentarie (c.d. denticoli).
Non vere neoplasie
Sede: Mandibola = mascellare
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mascellare dovrà essere trattata con la sutura dei tessuti molli allo scopo di evitare le infezioni del seno
mascellare. Nel corso di estrazioni dell’arcata superiore è possibile la penetrazione di una radice nel seno
mascellare. Si impone in questi casi, sempre per evitare una sinusite, l’immediata estrazione della radice con
un cucchiaio.
L’emorragia è senza dubbio la più comune fra le complicazioni postoperatorie. Distinguiamo le emorragie
primarie, per lo più legate a fattori locali, a stati infiammatori, a lacerazioni dei tessuti gengivali, a fratture dei
bordi alveolari o infine a vasodilatazione, come effetto di rebound (risposta) alla vasocostrizione prodotta
dall’adrenalina eventualmente presente nell’anestetico. In questi casi sono generalmente sufficienti il
tamponamento dell'alveolo e i banali presidi terapeutici a base di coagulanti. Molto più gravi sono invece le
emorragie secondarie, determinate da alterazioni della coagulazione del sangue.
Introduzione
Il carcinoma del labbro è la neoplasia più frequente del cavo orale costituendo il 15-30 % dei tumori maligni
in tali sede, predilige il labbro inferiore ed il sesso maschile; di solito colpisce soggetti in età avanzata con
storia di cattiva igiene orale, microtraumi ripetuti e prolungata esposizione a raggi solari.
Nella maggior parte dei casi si tratta di carcinomi squamosi, rari sono i basaliomi o adenocarcinomi; i
melanomi sono eccezionali.
La diagnosi precoce è essenziale per poter evitare al massimo i danni della neoplasia con un intervento
radicale inoltre permette di effettuare un intervento che non comporti un grosso danno estetico per il paziente.
A differenza di quanto accade per le altre sedi del cavo orale per il carcinoma del labbro esiste un discreto
accordo sull’indicazione alla chirurgia come terapia di prima scelta: per lesioni piccole, specie del labbro
superiore o della commissura, la radioterapia è considerata un efficace modalità di trattamento.
Per quanto riguarda il trattamento dei linfonodi satelliti esistono pareri contrastanti.
I vari autori hanno metodiche d'approccio diverse che vanno dallo svuotamento profilattico del collo
all’estensione dal trattamento dei linfonodi satelliti, limitandosi ad una vigile attesa.
Epidemiologia
Il cancro del labbro ha una larga variazione geografica, da 0,1 /100000 in Giappone a 22,8 /100000 in Canada.
Generalmente colpisce i maschi, la fascia più colpita è quella delle persone oltre i 40 anni.
La razza più predisposta alla malattia è quella bianca, mentre la nera, forse per la protezione fornita dalla
presenza della melanina nello strato malpighiano dell’epidermide dalle radiazioni attiniche, sembra essere
meno colpita. La localizzazione neoplastica sul labbro inferiore incide sulla sua malignità; si è visto che le
neoplasie della commissura e del versante mucoso del labbro presentato una maggiore malignità rispetto ai
tumori che si accrescono verso la cute.
Fattori di rischio
Tra i fattori che predispongono all’insorgenza del carcinoma del labbro i principali sono i raggi solari, il fumo
di pipa, l’alcool, la dieta inadeguata, cattiva igiene orale, traumi cronici, infezioni virali ed affezioni
precancerose.
I virus che si ritengono essere maggiormente implicati nello sviluppo del tumore sono Herpes virus 1 ed il
papilloma virus. Questi sembrano in qualche modo implicati nell’insorgenza di lesioni precancerose quali la
leucoplachia.
Istologicamente sono caratterizzate sia da alterazioni a carico dell’epitelio (ortocheratosiche, paracheratosiche,
…) sia da modificazioni del connettivo (reazioni flogistiche, degenerazione ialina, …).
Anche il morbo di Bowen, l’eritroplasia di Quejrat, la cheratosi senile ed i nevi verrucosi vanno considerati
come lesione precancerose che possono evolvere nel carcinoma del labbro.
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Spesso la neoplasia si presenta come aree discheratosiche caratterizzate da crostosità superficiali, facilmente
esportabili con minimo o nullo sanguinamento, cui sottostà una placca superficiale, dura ed infiltrante la
muscolatura e facilmente sanguinante. Questo tipo di lesione è maggiormente riscontrabile nelle persone che
conducono una vita all’aria aperta, esposte alle intemperie (agricoltori, montanari, marinai e muratori, …).
In altri casi le lesioni sono vegetanti ed infiltranti, generalmente interessano il prolabio di forma irregolare e a
lenta crescita.
Non di rado il paziente riferisce che la lesione era iniziata anni prima come una piccola ulcerazione torpida,
che non mostrava tendenza alla risoluzione, ricoperta da piccole crostosità che si rinnovavano se rimosse.
La diagnosi differenziali si pone con lesioni flogistiche ulcerate ad andamento cronico. Queste cheiliti,
solitamente a carico delle commessure labiali sono simmetriche e non infiltranti.
Diagnosi
Uno dei motivi del “ritardo diagnostico”, per lo meno del periodo di tempo che trascorre fra la prima visita e
la diagnosi, è legata ad una carente valutazione dell’obiettività da parte del medico interpellato. Di norma si
esegue l'esame obiettivo dopo la raccolta delle informazioni anamnestiche.
Alla fase ispettiva vanno valutati:
Aspetto liscio, vegetante, ulcerato; a fondo sanioso, necrotico, granuleggiante.
Bordi della ulcerazione: piani, regolari, irregolari, sotto-minati.
Forma a limiti netti, sfumati.
Dolenzia spontanea.
Procedimenti diagnostici
Una volta posto il sospetto clinico di lesione neoplastica l'iter diagnostico da seguire è volto da un lato a
confermare l'ipotesi clinica (l’esame citoistologico), dall’altro a valutare l’estensione della lesione, in
particolare i suoi rapporti con i tessuti circostanti per una efficace programmazione terapeutica.
Il procedimento che consente di ottenere le informazioni più complete sulla lesione è rappresentato dalla
biopsia con la quale si possono valutare lo stadio evolutivo e l’istotipo. Un importante accortezza
nell’esecuzione della biopsia sarà quella di comprendere i margini senza rimanere troppo superficiali.
Un problema peculiare è quello dei tumori di estensione limitata a localizzazione sia mucosa che cutanea. E’
infatti errore comune l 'esecuzione di exeresi ridotte che rimuovono l’intera lesione senza pretesa di radicalità.
In questo caso l'applicazione successiva di trattamenti curativi adeguati viene ostacolata dal mancato
apprezzamento dell’estensione del tumore, cui conseguono spesso terapie non mirate e perciò irrazionali.
Alternativa si pone tra una semplice biopsia che non alteri la valutazione della situazione clinica e
l'esecuzione di un intervento chirurgico che possa considerarsi radicale qualunque sia la diagnosi definitiva.
In alternativa alla biopsia è possibile eseguire un esame citologico per striscio o per apposizione diretta del
vetrino, se la lesione è ulcerata; naturalmente fornisce meno informazioni in quanto il prelievo è superficiale e
limitato.
In presenza di aree leuco-eritroplastiche è utile la colorazione della lesione con coloranti vitali per evidenziare
eventuali aree di degenerazione nel loro contesto.
Infatti, il blu di toluidina viene trattenuto dal materiale nucleare delle cellule in accerescimento, per cui le aree
degenerate mantengono una colorazione intensa anche dopo lavaggio del colorante.
Successivamente il prelievo bioptico viene eseguito sia sulle aree che trattengono il colorante che su quelle
comunque clinicamente sospette.
Istopatologia
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Il 98% delle neoplasia maligne del labbro è costituito dal carcinoma spino-cellulare, la cui diagnosi
istopatologia poggia sul riscontro di proliferazione di cellule epiteliali poliedriche con nucleo ipercromatico,
alterato rapporto nucleo citoplasmatico ed aspetto polimorfo e bizzarro, con cheratizzazione individuale o più
frequentemente extracellulare a formare masse amorfe spesso sferiche (perle) di cheratina.
Meno frequenti sono il carcinoma verrucoso che insorge in soggetti anziani maschi e il carcinoma pseudo
sarcomatoso, frequente soprattutto nel labbro inferiore.
Il carcinoma basocellulare insorge di preferenza a livello della cute del labbro superiore. Dal punto di vista
morfologico, la varietà sclerodermiforme è osservata più frequentemente che non in passato, quando la varietà
nodulare era predominante.
I fattori che appaiono correlati con la prognosi sono la presenza di metastasi linfonodali ed invasione
perineurale, le dimensioni ed il grado di infiltrazione del tumore (TNM).
Stadi: da Stadio 0 a 4.
Grading istopatologico:
Gx: il grado di differenziazione non può essere definito
G1: ben differenziato
G2: moderatamente differenziato
G3: poco differenziato
G4: non differenziato
Discussione
Un razionale inquadramento delle problematiche connesse alle terapie delle affezioni neoplastiche delle labbra
deve necessariamente comprendere il trattamento delle lesioni precancerose, delle lesioni cancerose e delle
eventuali metastasi linfonodali.
Papillomi, leucoplachie (60/70%) e displasie oltre a costituire lesioni precancerose possono includere
carcinomi in situ (12%) ed essere presenti nelle zone adiacenti ad un carcinoma spino-cellulare già insediato,
costituendo la base per lo sviluppo di una seconda neoplasia a poca distanza di tempo dalla prima.
Ciò costituisce per alcuni autori un’indicazione al leap-shave, cioè all’asportazione del vermiglio e alla sua
sostituzione con mucosa prelevata dalla cavità orale, mediante l utilizzo di svariate tecniche chirurgiche.
Pur non avendo eseguito questa procedura ed essendoci limitati alla ampia escissione della lesione primitiva,
la comparsa di una lesione ripetitiva ai margini e nella zona residua, è del 12% per lesioni T1 T2 e del 60%
per lesioni T3 T4.
La prognosi è peggiore per quei carcinomi che coinvolgono il labbro superiore e la commissura.
In linea teorica anche la terapia irradiante rientra tra le possibilità terapeutiche, ma il frequente esito in danni
estetici e funzionali maggiori di quelli derivati dalla terapia chirurgica, la possibilità di causare aree di necrosi
da raggi e le modificazioni radiodermiti che croniche che rendono i tessuti circostanti meno disponibili ad
eventuali successivi interventi chirurgici in caso di recidiva, non la rendono quasi mai preferibile ad un
corretto approccio chirurgico.
Questo, in sintesi, presenta a suo favore:
-maggiore accuratezza della valutazione istologica della lesione primaria, del fondo e dei margini dell’aria di
escissione e dell’eventuale coinvolgimento delle strutture nervose e linfonodali;
-cicatrici chirurgiche morfologicamente più accettabili a confronto degli esiti della radioterapia;
-indici di sopravvivenza per lo meno equivalenti o leggermente superiori rispetto alla radioterapia;
-risultati funzionali ed estetici migliori.
Oltre all’eventuale impiego della radioterapia, un altro argomento ricco di controversie è la terapia dei
linfonodi loco regionali, per i quali alcuni prospettano svuotamenti profilattici ed altri solo di necessità. Il
risultato più comune alle varie casistiche è l’evidenza di come la differenza nella prognosi quoad vitam non
abbia significatività statistica dallo svuotamento profilattico e quello di necessità allo stadio N1. Per cui
l’atteggiamento conservativo sarebbe quello più corretto e vantaggioso.
La linfoadenectomia del collo, preauricolari e dei linfonodi sopraioidei, bilaterale di necessità, risulterebbe
quindi efficace nel controllare le metastasi cervicali e offre indici di sopravvivenza non inferiori rispetto alla
linfadenectomia profilattica.
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