La dottrina del karma asserisce che ogni azione produce un effetto visibile, più immediato,
e uno invisibile che si attiverà, schiudendosi come può fare un seme, solamente quando si
presenteranno le condizioni favorevoli.
Se osserviamo il modo di vivere di una persona, le sue azioni e le sue reazioni, non
possiamo concluderne quale sia l’effetto invisibile, tutt’al più potremo notare che una
determinata specie di karma si è conclusa perché cambierà il suo stile di vita.
Tutto è il prodotto di un lungo processo di apprendimento. L’effetto trascendente del karma
è indipendente da quello fisico ed è chiamato inclinazione.
Questa inclinazione viene immagazzinata nell’anima, la nostra banca di memoria
permanente, con tutto ciò che riguarda noi e, simultaneamente, i piani sottili della
coscienza. Uno dei piani sottili più importanti a venirne influenzato è il piano di coscienza
astrale.
Karma e reincarnazione
Come è facile intuire, la dottrina del karma e quella della reincarnazione sono
indissolubilmente legate.
Ovvero, se come anima/spirito non raggiungeremo l’autorealizzazione (risoluzione del
karma) in questa vita, avremo altre occasioni nella prossima, così come, se non troviamo
le cause del nostro dolore in questa vita, le troveremo in quelle passate (interessanti le
regressioni di Brian Weiss).
Rispetto a quella occidentale, nella filosofia orientale, l’uomo non è l’apice della creazione,
anzi, si trova piuttosto in basso, lontano dallo stadio evolutivo finale, ed è soltanto l’anello
inferiore di una numerosa serie di anelli (piani di coscienza), in cui esistono forme di vita
più basse e molte altre più elevate.
Insomma, tutto è in mutamento su qualsiasi piano e ogni anima o gruppo di anime resta su
un dato piano di coscienza fino a che il karma relativo a tale piano (il progetto di vita da
sviluppare) non si esaurisce.
In base a questa filosofia il concetto di tempo non è lineare ma circolare e la natura
procede per cicli.
Il termine sanscrito samsāra indica appunto il ciclo delle rinascite che permette di
completare il percorso di purificazione e crescita spirituale.
All’interno del samsāra esiste tuttavia la possibilità di modificare consapevolmente il
proprio karma ma, per intraprendere la via della rettitudine, è importante riconoscere i
segnali e le intuizioni che il nostro Sé autentico ci invia in ogni circostanza.
L’antica cultura yogica ci rammenta che tutto ciò che è dissonante con i principi del
Dharma (dal sanscrito: “verità”, “giusto”, “come le cose devono essere”, “legge
universale”) deve seguire la via del karma per ritornare all’equilibrio.
Anche se oggi riproduciamo l’eco di un antico passato, il sapere ereditato dalle precedenti
esperienze non comporta solo problemi da risolvere ma anche attitudini intellettuali e
fisiche.
Le diverse sfumature del karma forgiano i nostri bisogni portandoci a fluire con il tempo e
introducendoci a livelli di consapevolezza sempre più elevati; sul piano fisico coesistono
difatti anime più antiche e anime più giovani e questo ci aiuta a capire in una certa misura
da cosa dipendano le infinite variabili che distinguono le persone, comprese le loro abilità
e le loro sensibilità.
Sempre internamente al karma l’autore riconosce poi ulteriori otto forze attive:
il karma dell’atteggiamento ossia l’atteggiamento di una persona nei confronti di un
evento. Una reazione positiva agli accadimenti, gradevoli o sgradevoli che siano,
ammorbidisce il karma negativo e non ne genera altro della stessa specie; un
cambiamento dell’atteggiamento comporterà un mutamento del karma e, viceversa, un
cambiamento del karma comporterà un mutamento dell’atteggiamento;
il karma dell’evento consente a un dato evento di verificarsi.
Per padroneggiare queste prime due forze è necessario possedere un livello di
consapevolezza avanzato; per l’uomo medio, soccombere a questi tipi di karma senza
comprenderne il perché, è una consuetudine.
Il karma della soglia temporale è una sorta di uscio che quando, consciamente o
inconsciamente, viene varcato proietta un flusso di specifici eventi spazio-temporali.
In questi casi la vita può avere una svolta istantanea di natura benevola o distruttiva. Sarà
la nostra sensibilità percettiva a indicarne la presenza e se vogliamo attraversarla o meno.
Il nostro karma ci sospinge verso determinate porte e contemporaneamente ci vincola ad
altre. Potrebbe accadere che ci si spalanchi davanti la porta della svolta positiva ma che, a
causa della nostra cecità karmica, la stessa passi inosservata.
il karma della reciprocità è come un contratto subconscio tra due persone o tra una
persona e una cosa; le persone si creano da sole il proprio karma ma perché esso si
compia, devono intervenire altre persone, vuoi come oggetto del karma, vuoi come veicolo
o agente del suo compiersi: questo è un concetto difficile da afferrare perché le persone
sono emotivamente ben addestrate ad appioppare la responsabilità dei propri guai a
qualcun’altro, ed è questo che preferiscono credere.
Questa convinzione soggiacente conduce ad una spirale negativa di esperienze fondate
sulla manipolazione, la resistenza e il controllo. E’ dunque saggio non reagire al karma
negativo per non crearne altro anche quando sono gli altri ad esprimere il proprio.
Non reagendo al karma negativo altrui diventiamo più liberi perché ci liberiamo del nostro
stesso karma.
Il karma ne vanta numerosissime, forse migliaia, ma nello studio di Kriyananda solo otto
vengono ritenute fondamentali, in quanto i relativi campi di forza oscurano un’area
essenziale della nostra vita:
Il karma che oscura la conoscenza;
il karma che oscura i sentimenti della gioia e della tristezza;
il karma che ostacola l’immortalità;
il karma che oscura la capacità di conoscere la beatitudine;
il karma che oscura la capacità di discernere una cosa dall’altra;
il karma che ostacola l’apprendimento spirituale;
il karma che produce i fattori dell’l’individualità (il nome e la fama);
il karma che governa l’ambiente familiare in cui nasciamo.
Benché siano tutti degni di nota, i primi quattro tipi sono ritenuti la causa dell’ignoranza,
mentre il karma che governa l’ambiente familiare è un karma di tipo collettivo tra i più
tenaci in assoluto.
Curiosamente, nelle relazioni familiari si producono dei turni di reincarnazione in cui
ognuno cambia ruolo in famiglia; esplorando le differenti prospettive, ogni anima, pur
mantenendo un proprio destino ben distinto, finirà così per neutralizzare tutto il karma del
gruppo familiare. Non è pertanto escluso che quella che oggi è nostra moglie sia stata un
tempo nostra madre o che nostro padre sia stato prima nostro figlio e via dicendo, di
combinazione in combinazione, esistenza dopo esistenza.
Karma e desiderio
All’origine, tutto nasce dal crescente desiderio di soddisfazione della nostra anima che dal
mondo astrale verrà proiettata su un dato piano di coscienza, quello che risponderà
maggiormente ai suoi scopi e che saprà portarla all’autorealizzazione.
Similmente ad un serial a puntate, la nostra energia vitale, in genere molto legata alla
dimensione fisica per effetto del karma residuo di precedenti incarnazioni, ritorna ogni
volta col suo bagaglio di archetipi per ripetere la prova terrena che, in buona sostanza, è
una vita in balia di desideri consapevoli e inconsapevoli.
Tutti gli eventi vissuti saranno di natura karmica e tutti prima o poi finiranno, a meno che il
karma corrispondente non venga nutrito di nuovo (ripetendo dinamiche simili).
Non appena le facoltà del nuovo nato lo consentiranno, il karma inizierà a ricomporsi per
recuperare lo stadio della precedente incarnazione e la durata e l’intensità che lo
caratterizzeranno saranno direttamente correlate alla durata e all’intensità della vita
dell’individuo.
Quando il karma proveniente da questi desideri si sarà finalmente estinto, l’anima dovrà
uscire dal piano di coscienza in cui si trova per entrare in un altro, allo scopo di soddisfare
un altro insieme di nuovi desideri evolutivi influenzati dalla banca karmica del passato.
Perciò anche alle entità di livello superiore capita di scivolare nei regni inferiori quando il
loro buon karma si esaurisce.
La dottrina del karma ci insegna che tutto è transitorio e impermanente ad eccezione della
saggezza che l’anima acquisisce.
Karma e intenzione
Quando pensiamo a qualcosa o compiamo un azione, l’intensità emotiva e la durata della
presenza mentale dell’evento determineranno l’impatto karmico che si manifesterà.
La qualità della nostra intenzione (quella vera potrebbe anche essere inconscia), resta in
ogni caso il fattore chiave che determinerà la natura del risultato karmico legato a quel
pensiero o a quell’azione.
Questo significa che se ci guidano buone intenzioni e, nonostante ciò, per qualche
ragione non riusciamo a fare “la cosa giusta”, non si produrrà karma negativo.
Alcune esistenze potrebbero essere segnate, ad esempio, dalla povertà e dalla solitudine,
ma il karma relativo a tali stati, pur non vedendo l’ora di cedere il passo, proseguirà la sua
corsa anche nella vita successiva se continuerà ad essere assecondato da un
atteggiamento intenzionalmente chiuso ed egoista.
Il karma prodotto in questa vita dall’intenzione consapevole può generare karma
positivo, neutralizzare un po’ del karma che stiamo subendo o intensificarne una parte a
seconda del tipo di azione commessa.
Se non usato nel modo giusto questo tipo di karma aggiunto, finisce per essere riversato
nel “serbatoio” primario per diventare manifesto nelle vite future.
Ma, anche con tutti i buoni propositi, ipotizzare di produrre tanto karma positivo da
annullare tutto il karma che ci disturba, non porterebbe ai risultati auspicati poiché ne
siamo talmente invischiati e così abili creatori che proprio su di esso si fonda l’intera nostra
esistenza.
L’espressione popolarmente utilizzata “tutto torna indietro” si riferisce all’immancabile
restituzione di ciò che in vita dispensiamo e abbiamo dispensato.
Perciò, non appena si creeranno i presupposti, chi ha “distribuito” un certo karma (positivo
o negativo) salderà il suo “debito” per compensazione.
Affinché tutto si compia, la scelta che ci porterà inconsapevolmente nel posto giusto al
momento giusto per vivere una precisa esperienza, sarà determinata dalla pressione
emozionale che il karma produrrà su di noi in uno specifico istante.
È il nostro karma ad attirarci verso qualcosa o qualcuno, quindi attenzione all’intenzione,
perché potrebbe contribuire a generare altro karma negativo o addirittura, nei casi più
estremi, esserci fatale.
Cercare di riconoscere se il vero movente che ci fa agire deriva o meno da uno stimolo di
tipo karmico (fissazione, compulsione), ci aiuterà a mantenere il controllo su noi stessi
nonché ad agire in modo più puro.
Al pari dell’immaginazione, l’intenzione è un’arma potentissima, specialmente quando è
cosciente.
Penetrare in noi stessi per capire motivazioni e credenze che ci spingono ad agire e
soppesare le nostre azioni e le relative conseguenze, ci può aiutare a controllare il nostro
karma impedendoci di ricadere nei circoli viziosi a cui siamo predisposti.