L’aumento della produzione legislativa - Con l’inizio del XIX sec. il Parlamento
intraprende una consistente attività legislativa per eliminare alcune caratteristiche
antiquate della common law. Il diritto comincia ad identificarsi con la volontà del legislatore
e numerose riforme vengono attuate attraverso gli Acts del Parlamento. Con l’inizio del XX
sec. la common law entra in the age of the statutes e nel secondo dopoguerra si ha la
massima fioritura della legislazione inglese, la orgy of statute making. Da ricordare che, se
un giudice inglese rende una decisione senza prendere in considerazione una posizione
rilevante, tale circostanza è motivo di appello e quel precedente non si considera
vincolante perché emesso per incuriam. Apparentemente il ruolo della legge nell’ambito
delle fonti del diritto è chiaro: gli statutes qualitativamente e quantitativamente sono posti
al vertice della gerarchia. Ma c’è una discrasia tra le declamazioni teoriche e la realtà
concreta. A fianco della supremazia formale della legge si percepisce una sua sostanziale
inferiorità rispetto alla common law, che nasce e si afferma come diritto giurisprudenziale.
Tali parole richiamano il rapporto tra common law ed Equity. Geldart, sottolineando quanto
appena detto, dice che gli statutes presuppongono l’esistenza della common law e non
avrebbero significato se non in riferimento ad essa. Il diritto elaborato dalle corti regie va
quindi considerato il fulcro attorno al quale ruotano tutti gli altri diritti. Pur prevalendo sulle
altre fonti, la legge vive concretamente nei limiti che la sentenza le assicurano: il rispetto
della legge, infatti, sebbene si imponga sempre a giudici e cittadini, acquista vitalità solo
quando è applicato dalle corti. La sentenza che interpreta lo statute è un precedente
vincolante che sarà seguito dalle corti inferiori e verrà citato a volte al posto della stessa
norma di legge interpretata. Le sentenze quindi condizionano la legge, ma solo nei limiti in
cui questa permette di essere condizionata. Da considerare che il Parlamento si cautela
lasciando poco spazio all’interpretazione del giudice, perché impiega una formulazione
puntigliosa, analitica e casistica e non clausole ampie. La particolarità dello stile legislativo
inglese è che ogni statuto contiene una sezione finale dove il legislatore fornisce
l’interpretazione dei termini usati.
L’unione europea e lo Human Rights Act: un ruolo per il giudice inglese? - Eventi
recenti esaltano il ruolo e la funzione del giudice, pur in presenza del principio della
supremazia del Parlamento. Il giudice può disapplicare leggi contrastanti con le norme
comunitarie.
Lo Human Rights Act, entrato in vigore nel 2000, rappresenta la più significativa
redistribuzione di potere politico in Gran Bretagna dal 1688. Tale legge dà effetto a molte
norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’u omo e delle libertà
fondamentali, prevedendo che alcuni diritti tutelati dalla Convenzione siano direttamente
giustiziabili presso le corti inglesi. Sono due le indicazioni che lo Human Rights Act dà ai
giudici:
- le leggi vanno interpretate in modo da essere compatibili con i diritti tutelati dalla
Convenzione.
- Human Rights Act attribuisce ai giudici superiori il potere di emettere dichiarazione di
incompatibilità: il Governo deciderà se introdurre una legge che modifichi la norma
dichiarata incompatibile.
Per favorire la realizzazione e la codificazione della common law, nel 1965 è stata istituita
la Law Commission i cui compiti erano tenere sotto controllo il diritto di loro competenza
affinchè attuasse uno sviluppo sistematico e una riforma, come l’eliminazione di anomalie
e disposizioni obsolete e la semplificazione del diritto. Tale Commissione, tuttavia, non è
riuscita a superare le resistenze politiche e culturali necessarie a promuovere una
progressiva codificazione della common law.
la golden rule, che consente al giudice di discostarsi dal significato più naturale
della norma, se esso porta ad esiti assurdi, e di scegliere il significato che conduce
ad un risultato ragionevole.
la mischief rule, detta anche regola dello Heydon’s case (1584), che ammette di
interpretare la norma in modo tale da rimuovere la specifica carenza che ha spinto il
legislatore ad emanare quella determinata legge. La mischief rule, al fine di cercare
lo scopo della norma, permette ai giudici di consultare anche i resoconti
parlamentari.
Altro elemento usato dalle corti inglesi per interpretare i testi legislativi sono le
presunzioni. Tra gli esempi:
si deve presumere che il Parlamento non intenda limitare le libertà individuali.
si deve presumere che il Parlamento non intenda limitare i property rights.
le leggi fiscali devono essere interpretate in modo restrittivo.
la giurisdizione delle corti non deve essere limitata. Tali presunzioni rispecchiano
il principio della protezione dei diritti fondamentali: life, liberty, property.
l’Inghilterra è il paese nel quale alcune opere di dottrina sono state qualificate
books of authority, cioè esposizioni ufficiali del diritto della loro epoca.
- La Costituzione si riflette sui vari aspetti della vita americana: non c’è questione politica
che non si risolva in una controversia giudiziaria. La Costituzione americana è un
documento semplice ma complesso.E’ il risultato di un compromesso che riflette le
tensioni tra federalisti e antifederalisti ed è visibile nell’Art. I (a fianco di una camera dove
sono rappresentati gli stati secondo la loro grandezza, ve n’è un’altra dove sono
rappresentati in modo paritario) e nell’Art. III che prevede una sola Corte suprema. Agli
originari sette articoli si sono aggiunti 27 emendamenti: i primi dieci adottati nel 1791
costituiscono il Bill of Rights. L’ultimo ratificato nel 1992, tutela il trattamento economico di
senatori e rappresentanti. Tra i più importanti quelli volti ad abolire la schiavitù (13°
emendamento). Sono il testo costituzionale più antico in vigore, rigido e modificabile solo
attraverso emendamenti. Gli articoli originari dettano le basi della forma di governo,
presidenziale, e individuano la distribuzione dei poteri tra stati e federazione. Si ha la
tripartizione dei poteri: Art. I disciplina il potere legislativo, Art. II potere esecutivo, Art. III
potere giudiziario. All’idea di separazione dei poteri si affianca quella di cheks and
balances, secondo la quale ciascun potere ha la possibilità di controllare l’altro, ed è a sua
volta controllato.
Articolo II – Il potere esecutivo è attribuito al Presidente degli Stati Uniti, che viene eletto
dal corpo elettorale attraverso un sistema indiretto e che resta in carica per quattro anni.E’
esclusivo titolare del comando delle forze armate ed ha anche il potere di stipulare, con il
consenso del Senato, i trattati internazionali, di nominare ambasciatori, consoli, giudici
della Corte suprema e tutti gli altri pubblici ufficiali degli Stati Uniti. Può essere rimosso
solo con un procedimento di impeachment, messo sotto accusa dalla Camera e
condannato dal Senato presieduto dal Justice Chief della Corte suprema.
Articolo III - L’articolo III, prevede la giurisdizione federale, attribuendola ad una Corte
Suprema e conferendo al congresso il potere di istituire corti federali inferiori.
Articoli IV-VII - Gli articoli dal IV al VII trattano norme eterogenee tra loro: alcune volte a
garantire i diritti individuali, altre sono meramente organizzative. Importante l’affermazione
che i cittadini di tutti gli stati hanno uguali diritti. In circa due secoli il testo costituzionale ha
subito poche modifiche.
Il Bill of Rights - I primi dieci emendamenti alla costituzione, approvati in breve tempo e in
vigore nel 1791, rappresentano il Bill of Rights, la carta dei diritti fondamentali dei cittadini
americani. Come detto, la ratifica della costituzione è stata combattuta e difficile a causa
del contrasto tra federalisti e antifederalisti e il Bill of Rights deve essere collocato in
questo contesto perché rappresenta il frutto dei timori degli antifederalisti rispetto alla
nascita del nuovo stato centrale. I primi dieci emendamenti, infatti, sono proposti subito
dopo la ratifica della costituzione per ribadire la natura limitata dei poteri del federal
government. Ciò che è innovativo del Bill of Rights è la completezza dell’elenco dei diritti,
molti dei quali fanno parte del patrimonio della common law (es. due process e diritto alla
giuria), e la rigidità, elementi che conducono ad un’efficace tutela delle libertà individuali,
che si svolge principalmente attraverso il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi.
Il contenuto essenziale del Bill of Right - La maggior parte delle tutele previste
riguardano le modalità che devono essere rispettate dalle procedure per l’attuazione della
giustizia federale, sia penale che civile: si teme che la legge del Congresso possa dettare
modi per l’attuazione della sua volontà lesivi delle libertà fondamentali (es. IV
emendamento: tutela della persona e dell’abitazione; V tutela della libertà e della
proprietà, VI, riconosce il diritto al giudice naturale e alla giuria, VII prevede la garanzia
della giuria, VIII pone il divieto a pene crudeli e prevede il diritto alla libertà provvisoria). Il
Bill of Rights include anche importanti garanzie estranea al campo processuale (es. I
tutela della libertà di parola, stampa, riunione, culto). La formula del due process dopo la
guerra civile si imporrà anche nei confronti dell’autorità dei singoli stati, attraverso
l’adozione del XIV emendamento: nessuno stato può privare le persone della vita, libertà o
proprietà se non dopo regolare procedimento legale.
Le due process clause – E’ una clausola di ampio rilievo nella cultura di common law.
Essa ha un legame stretto con la nozione di rule of law, con cui si intende sottrarre i
consociati all’arbitrio del potere, istituendo un governo di leggi e non di uomini. Quella
relativa al due process è una materia complessa e suscettibile di interpretazioni
controverse, all’interno della quale la teoria americana ha individuato una non semplice
distinzione tra procedural due process e substantive due process:
- procedural due process, si riferisce ad un giudizio fair sotto il profilo tecnico processuale:
proprietà, vita e libertà di chiunque non possono subire restrizioni senza garanzie formali
(es. diritto al contraddittorio, una giuria rappresentativa della società, un giudice terzo e
imparziale). Ma tale accezione ha posto non pochi problemi interpretativi, relativi, ad
esempio, all’ipotesi che il patrocinio gratuito possa rientrare nella nozione di due process
Qui la corte suprema, rovesciando un proprio precedente, ha dichiarato che il diritto
all’assistenza legale è fondamentale per un equo processo.
- substantive due process. Con questa seconda accezione la Corte suprema ha tentato di
impiegare la formula del due process come garanzia dei diritti sostanziali di libertà e
proprietà. Es. nella sentenza Lockner vs New York è dichiarata illegittima la legge dello
stato di New York (in contrasto con la libertà di contrattare, tutelata dalle due process
clause) che limita a 10 ore la durata della giornata lavorativa dei panettieri. Dopo molti
anni la corte torna sui propri passi e afferma che la libertà contrattuale non è illimitata.
La giurisprudenza relativa al due process può contribuire a chiarire la posizione della
Corte suprema nel sistema istituzionale americano e a raffigurare il funzionamento dei
checks and balance. C’è scontro tra corte e potere esecutivo. La corte, attraverso il judical
review, invalida molte leggi volte a dirigere l’economia. A inizio anni 30 dichiara
incostituzionale la legislazione del primo New Deal per sconfinamento del Congresso dai
campi di sua competenza. Per modificare il numero dei giudici della Corte viene ideato il
court packing plane: il Presidente può nominare un giudice aggiuntivo ogni volta che un
giudice in carica compie 70 anni. La nomina di 6 nuovi giudici avrebbe potuto rovesciare la
giurisprudenza, ma il progetto non andò avanti. Vi sono anche altri esempi riferibili ai
penumbra rights diritti tutelati dalla Corte suprema perché rientrano nella sfera d’azione
del due process: diritto di privacy e diritto della donna ad interrompere la gravidanza.
Le corti federali – Le corti sono tre e i loro giudici restano in carica a vita:
- District courts: di I grado, sono 94 (ca. 600 giudici) e in ogni Stato deve essercene
almeno una.
- Courts of Appeal: di II grado, sono 13 (ca. 200 giudici). E’ un organo collegiale formato
da 3 giudici.
- U.S. Supreme Court: di III grado, composta da otto associate Justice e da un Chief
Justice. A
La procedura delle corti federali – riguardo la procedura seguita dalle corti federali, nel
1934 il Congresso incarica la Corte suprema di redigere norme di procedura civile valide
per tutto il sistema federale. La corte elabora quindi la Federal Rules of Civil Procedure. Le
FRCP si ispirano alla procedura di equity e tendono allo snellimento del processo e
riduzione dei costi. Scopo delle rules è assicurare la giusta, rapida ed economica
risoluzione delle controversie. Il processo civile americano si caratterizza per tecniche e
istituti, espressione di certi valori profondi: libertà, individualismo, populismo, liberismo,
diffidenza verso lo stato e l’autorità. C’è la presenza della giuria, il ruolo passivo del
giudice del trial, il criterio di ripartizione delle spese processuali.
Le corti statali – In ogni stato sono presenti tre gradi di giurisdizione. Es. lo Stato di New
York dove il giudice di primo grado è detto Supreme Court, quello di secondo, Supreme
Court Appellate Division e l’ultima istanza è nota come New York Court of Appeals.
I giudici federali - Il sistema di reclutamento dei Justice prevede la nomina da parte del
Presidente, con il consenso del Senato. Il Presidente, relativamente a tale nomina, trova
un limite al suo arbitrio per la necessità di equilibrio: in sostituzione di un giudice donna
dovrà instaurarsi un giudice donna, in sostituzione di uno ebreo, sarà necessario un
giudice ebreo. I giudici federali sono nominati a vita e possono essere rimossi solo
attraverso un procedimento di impeachment. A dimostrazione di quanto sia forte la
tradizione di autonomia e prestigio dei giudici federali, è interessante notare che talvolta i
Presidenti degli Stati Uniti (es. Eisenhower e Nixon) si siano pubblicamente pentiti delle
loro scelte, perché i loro nominati hanno tradito la fiducia. I giudici federali minori sono
nominati dal ministro della giustizia, il cui potere comunque proviene dalla delega del
Presidente. Tali giudici vengono scelti tra i giudici delle corti inferiori, tra i professori delle
facoltà giuridiche e tra i public officers.
I fatti: - Marbury viene nominato giudice di pace dal Presidente Adams, poco prima che
scada il suo mandato. - Madison, funzionario della nuova amministrazione non completa la
procedura di notifica dell’incarico
- Marbury agisce in giudizio presso la Corte suprema per un writ of mandamus, volto ad
obbligare Madison a notificargli la nomina. La domanda si fonda sul judiciary Act del 1798
secondo cui la Corte suprema può emettere writs of mandamus.
- Marshall, giudice della Corte suprema, risolve il dilemma venutosi a creare negando il
rimedio a Marbury. Marshall pone la questione del rapporto tra il Judiciary Act e la
costituzione concludendo che la disposizione del primo, che conferisce a Marbury
l’accesso alla Corte suprema, è incompatibile con la distinzione tra la competenza in primo
grado e in grado d’impugnazione prevista dalla seconda: Marbury non può adire la
massima istanza federale perché il suo caso non è previsto tra quelli per cui la Corte
suprema è competente in primo grado. Marshall, dunque, riconosce un contrasto tra la
norma della legge e quella della costituzione.
L’art. III della costituzione prevede la competenza federale in due ipotesi fondamentali:
in base alla natura della controversia, se deve essere applicata la costituzione o una
legge federale,
in base ai soggetti ricorrenti: quando parte in causa sono il governo degli Stati Uniti o i
rappresentanti diplomatici stranieri, o quando la controversia sorge tra cittadini di stati
diversi, ipotesi questa, nota come diversity jurisdiction, dovuta alla ricerca di un giudice
imparziale ritenendo che quello federale offra migliori garanzie.
Dal caso Swift v. Tyson ci viene una prima risposta: secondo il giudice Story il termine
laws è da intendersi come legge e non come diritto e quindi la corte federale, se il caso
non è regolato da un atto legislativo dello stato, deve applicare la general common law.
L’impostazione adottata da questa sentenza, tuttavia, crea numerosi problemi. Tale
soluzione, adottata in Swift v. Tyson viene superata nel 1938.
In Pennsylvania Tompkins viene urtato e ferito dallo sportello di un vagone di un treno che
appartiene ad una società registrata a New York. Tompkins agisce presso la corte
federale di New York, ma si deve decidere secondo le leggi della Pennsylvania. Per la
società ferroviaria, secondo la giurisprudenza della corte suprema della Pennsylvania
Tompkins non ha diritto al risarcimento in quanto trespasser, quindi il proprietario del suolo
è responsabile solo in caso di dolo. L’attore contesta ed obietta che quando il judiciary act
parla di laws of the several states, si riferisce alla statutory law; in mancanza, il giudice
federale deve applicare la general common law che prevede il risarcimento. Tale tesi è
accolta dalla corte d’appello che condanna la soc. ferroviaria al risarcimento, la quale però
ricorre alla corte suprema degli stati uniti e rinvia il caso perché sia deciso secondo la
common law della Pennsylvania. Il giudice Brandeis afferma che “tranne nelle materie
regolate dalla costituzione federale e dalle leggi del Congresso, il diritto da applicare per
ogni caso è quello di uno stato particolare. Che il diritto di quello stato sia formulato dal
parlamento o dalla corte suprema non riguarda le autorità federali. La frase va chiarita:
nelle materie in cui il congresso è competente, i giudici federali danno origine ad un corpo
di giurisprudenza federale; quando il giudice federale applica il diritto statale è vincolato
dalla legge e dalla giurisprudenza, ma è comunque un giudice di common law e per
questo può distaccarsi dai precedenti del collega statale.
FATTORI DI SEMPLIFICAZIONE E UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO AMERICANO –
Secondo il giudice Brandeis non esiste negli Stati Uniti una common law federale, ma solo
la common law dei singoli stati cui devono aggiungersi le leggi statali e quelle adottate dal
congresso nelle materie in cui ciò è ammesso. Per questo il diritto americano è complesso
e frammentario. Esistono però alcuni fattori unificanti: la presenza delle law schools,
l’importanza della dottrina, la costituzione, le leggi federali ed alcuni esempi importanti di
leggi uniformi come lo Uniform Commercial Code (UCC).
Law schools e dottrina – La maggiore differenza tra common law americana e inglese si
ha nel diverso ruolo delle università. In Inghilterra ruolo modesto nella formazione del
giurista, e la dottrina ha ruolo di secondo piano rispetto al giudice, figura dominante
dell’ordinamento. Negli Stati Uniti l’Università è stata importante e ha lasciato tracce anche
sullo stile delle sentenze, simili agli articoli pubblicitari sulle riviste giuridiche, con note e
riferimenti bibliografici. Le law schools americane sono fondamentali nella formazione del
giurista americano. Le università prestigiose insegnano oltre al diritto statale anche i
principi generali del diritto americano. Non esiste una federal common law ma esiste una
tradizione comune.
Il superamento del formalismo giuridico - Il nuovo approccio del giudice Holmes della
corte costituzionale suprema 1902-32, cui dette seguito Pound, fondatore della Scuola
sociologica, sancisce il superamento del formalismo giuridico. Secondo il pensiero di tale
scuola la deduzione meccanica da un dato normativo precostituito non può provenire
dall’interpretazione e dalla decisione giudiziale, quanto piuttosto dalla valutazione delle
nuove esigenze della società: si pone quindi l’accento sugli effetti concreti delle regole e si
considera il diritto come un mezzo per ordinare gli interessi sociali. Il giudice, nel bilanciare
tali interessi, agisce come un social engineer e deve conoscere i problemi sui quali
incidono le sue decisioni. La Scuola sociologica, tuttavia, attorno agli anni trenta del XX
secolo, deve fare posto al realismo giuridico, nuova corrente che si pone come reazione al
formalismo e che volge l’attenzione all’analisi del processo piuttosto che alla scoperta di
che cosa sia la legge. Poiché attraverso il processo i giudici realizzano un interesse
sociale, è necessario che le tecniche di manipolazione del precedente si affinino per far sì
che la soluzione del caso sia sempre adeguata al contesto sociale ed economico. I realisti
che partecipano al progetto di riforma, criticano molti aspetti del formalismo. Al case book
proposto da Langdell, quindi, si sostituisce il cases and materials: la biblioteca non è più il
solo laboratorio del giurista, allo stesso modo le sentenze delle corti superiori non sono più
il solo oggetto meritevole di analisi giuridica.
Le teorie postmoderne – Di fianco al realismo giuridico nascono altre scuole:
economic analysis of law: che usa il criterio dell’efficienza accanto a quello della
giustizia per valutare, spiegare o prescrivere regole giuridiche in ogni campo del
diritto.
critical legal studies: afferma che non c’è differenza tra il ragionamento giuridico e
quello politico. Da ricordare duna Kennedy e Roberto Unger.
2. per ottenere il titolo di attorney at law bisogna superare un esame che verte in gran
parte sui principi generali del diritto americano. Negli enormi studi legali lavorano
centinaia di avvocati e l’esercizio associato della professione è una peculiarità del
sistema americano.
Da tenere presente che il codice non gode della centralità tipica dei paesi dell’Europa
continentale: si pone, infatti, come una legge ordinaria che deve fare i conti con la
common law. (Per conoscere realmente il diritto vigente, è necessario far riferimento alla
giurisprudenza di quello Stato.)
Il risultato più importante della Conferenza è lo Uniform Commercial Code (UCC) adottato
da metà anni ’50 che, nonostante l’ampio titolo, disciplina solo il diritto dei contratti
commerciali, presentando struttura, sistematica e contenuto tipici di un codice. E’
importante anche il ruolo che riveste in considerazione dei canoni ermeneutici che impone.
Grazie all’interpretazione estensiva del testo, alla presenza di leggi uniformi e alla
presenza dello UCC, negli Stati Uniti ci sono le stesse regole: vendita, questioni di
cambiali, assegni ecc.
Regola dello stare decisis-Per chiarire la convinzione che negli Stati Uniti la regola stare
decisis ha efficacia meno rigida rispetto all’Inghilterra, occorre riconsiderare la distinzione
tra portata verticale ed orizzontale del precedente. Tralasciando il piano verticale, dove le
decisioni delle corti superiori vincolano quelle inferiori della stessa giurisdizione, le
differenze sussistono in considerazione della portata orizzontale del precedente:
la Corte suprema federale, diversamente dalla House of Lords, non è in alcun
modo vincolata alle proprie decisioni. Dovendo interpretare una costituzione scritta,
rigida e composta da clausole indeterminate, ha infatti sviluppato un approccio
ermeneutico di tipo teleologico, che tiene conto dello spirito dei tempi.
Gli Statutes - Vista la presenza di leggi sia federali che locali, negli Stati Uniti è più difficile
che in Inghilterra considerare la legge un semplice accessorio rispetto alla giurisprudenza.
L’importanza della legge nel sistema delle fonti dell’ordinamento americano è sottolineata
anche dalla presenza di una costituzione che ha familiarizzato il giurista con lo ius
scriptum di portata generale, facendo in modo che vi si ponesse in modo meno rigido dei
colleghi inglesi. Un altro elemento importante sta nel fatto che, mentre il giurista inglese è
guidato dalle singole parole della norma, quello americano tende a cercare la policy ad
essa sottesa, potendo contare sui lavori parlamentari e su tutti i documenti che possono
aiutarlo a trovarne lo spirito. Inoltre il giudice americano possiede il judicial review of
legislation, e il sistema americano è più continentale di quello inglese, grazie agli statutes
dotati di livello semantico di più ampio respiro di quelli inglesi. Infine negli Stati Uniti
esistono esempi di codificazione sconosciuti in Inghilterra, tra cui l’UCC, capaci di
armonizzarsi con il corpus della common law.
– I legami intercorsi nei secoli tra gli attuali stati nordici hanno lasciato segni che
permettono di dividere la famiglia in due sottoinsiemi, ognuno con ordinamento trainante:
- tradizione nordica orientale con la Svezia come modello per i finlandesi
- tradizione nordica occidentale con la Danimarca che ha influito su diritto norvegese e
islandese.
Tra Svezia e Finlandia il rapporto è stretto. Fino al 1809 non esisteva un diritto finlandese,
i territori finlandesi erano una provincia del Regno di Svezia acquisita con l’espansione
coloniale del medioevo. Poi il territorio passa sotto il controllo russo come granducato, con
il privilegio di mantenere il proprio diritto svedese, diritto “congelato” all’interno dell’impero
russo. Raggiunta l’indipendenza nel 1917 il diritto svedese è rimasto il principale punto di
riferimento per i giuristi finlandesi.
La Norvegia sarà sottoposta alla corona danese fino al 1814, recependo le innovazioni
legislative decise a Copenhagen. A seguito del trattato di Kiel, la Norvegia è legata alla
Svezia da unione personale: il sovrano di Svezia lo era anche di Norvegia, ma la Norvegia
manteneva le istituzioni (corte, parlamento, governo) autonome. Tale unione si scioglierà
nel 1905 e la separazione tra i due ordinamenti non comportò l’avvicinamento di una
tradizione giuridica all’altra. In Islanda la sovranità danese è terminata nel 1944 ma il
riferimento al modello di quel paese è rimasto basilare. Da ricordare le Faeroer e la
Groenlandia, appartenente alla Danimarca ma con autonomia che ha cercato di far
coesistere diritto nordico e diritto tradizionale delle popolazioni autoctone. Importante il
fattore linguistico: ogni paese ha una sua lingua nazionale, ma tale pluralismo non
ostacola la circolazione di idee e alla comunicazione tra giuristi.
In alcuni casi sono compilazioni non ufficiali del diritto vigente, gli altri sono testi autoritativi
assimilabili agli atti legislativi. Poi esistevano leggi cittadine adottate in particolare dalle
città costiere, importanti centri commerciali con giurisdizione autonoma. Più nota la Visby
stadslag in vigore a Visby pervenuta in lingua tedesca. Nelle leggi provinciali gli storici
tedeschi del XIX sec vi vedevano la cristallizzazione di antiche consuetudini germaniche.
In epoca antica sono apparsi anche materiali giuridici redatti nelle lingue nazionali e non in
latino o in lingua colta, che esprimono una cultura giuridica autoctona. Passo importante è
costituito dalla redazione di testi normativi unificati per ogni regno nordico. In Danimarca il
primo testo adottato fu il Jydske Loy nel 1241; in Norvegia il landslag e lo stadslag nel
1274; in Svezia lo allman landslag e lo allman stadslag nel 1350. L’unificazione non è
totale perché c’era una normativa distinta per città e campagne, bipartizione eliminata nel
sei-settecento. L’unificazione non fu comunque immediata in particolare per la Svezia: i
nuovi testi per molto tempo hanno convissuto con le leggi provinciali. Riguardo il caso
svedese non si sa nulla dell’adozione dell’allman landslag: solo nel 1442 viene
ufficialmente promulgata una nuova versione della legge generale per le campagne. Sino
ai sec. XVII-XVIII i testi citati non subirono modifiche. L’attaccamento alle radici è mostrato
dal fatto che in Svezia, nel 1608, Carlo IX autorizzò le corti ad usare come fonti sussidiarie
le antiche leggi provinciali. In tutto il nord Europa, verso metà XVII si sente la necessità di
testi più moderni, su impulso del pensiero giusnatualista e razionalista e per le necessità
legate all’amministrazione dei territori occupati con le campagne militari. I danesi furono i
primi a revisionare i testi con la promulgazione da parte di Cristiano V nel 1683 del Danske
Lov promulgato simile anche per la Norvegia (Norske Lov) nel 1687. Non si sa se si tratta
di una compilazione (riordinamento di norme più vigenti) o di una codificazione. Non
rappresenta comunque un punto di rottura o di svolta radicale nell’evoluzione
dell’ordinamento. Il testo che sarà promulgato in Svezia nel 1734 diventerà diritto vigente
anche in Finlandia. IL Rikes lag è un testo atipico per le sue radici medievali. Poneva fine
alla bipartizione diritto rurale/diritto cittadino ma venivano mantenute corti distinte. Era
diviso in nove parti autonome: matrimonio, successioni, terra, costruzioni, commercio,
reati, pene, esecuzione, processo. Si dà preferenza alle soluzioni della legislazione
cittadina per le materie di commercio e a quelle della legislazione rurale per il regime della
proprietà immobiliare. E’ un’opera a carattere casistico che descrive fatti concreti. La
lingua è arcaica ma comprensibile e sono chiare le conseguenze giuridiche derivanti dalle
fattispecie descritte. Leggendo il Rikes Lag emerge il quadro di una società basata su una
rigida struttura per Stati, rurale e animata da forte sentimento religioso. Acquisì grande
prestigio diventando simbolo della cultura nazionale. Ma le stesse ragioni del prestigio ne
costituivano anche la debolezza. L’estrema corrispondenza alla realtà dell’epoca e la
scarsità di clausole generali non rendevano tali testi adattabili alle mutate condizioni.
L’avvio della cooperazione legislativa nordica – Fino a metà XIX le riforme legislative
nei Pesi nordici erano autonome e anche il dibattito dottrinale non era molto permeabile al
di là delle frontiere nazionali. I due mondi della tradizione svedese/finlandese e
danese/norvegese restavano separati. Prima fase della cooperazione legislativa: si ha nel
1872 con l’avvio degli incontri nordici dei giuristi che riunivano ogni tre anni giuristi teorici e
pratici per la discussione di problemi di comune interesse, dove si avvertiva la necessità di
riforme. Nel primo incontro si decise per una legislazione uniforme in materia di cambiale.
Il diritto civile e quello commerciale saranno toccati in modo più incisivo ma senza la
creazione di strutture ad hoc né la formalizzazione di vincoli giuridici. Ci fu solo una
collaborazione tra cancellerie e il coordinamento delle commissioni che redigevano per
ogni paese le bozze dei testi da sottoporre ai parlamenti. Seguirono altre leggi tra cui
quelle sull’assegno, il tema di diritto d’autore, di brevetto, di prescrizione. Importante la
promulgazione tra il 1905 e il 1907 in Svezia, Danimarca e Norvegia delle leggi in tema di
compravendita di beni mobili e quelle sulla vendita rateale, ma soprattutto sul contratto e
gli altri negozi giuridici nell’ambito patrimoniale promulgate qualche anno dopo. Tali leggi
portano alla modernizzazione del diritto civile nordico ma senza la scomparsa delle
peculiarità della tradizione dell’area. Da considerare due aspetti di queste leggi: - erano
esterne al corpus dei testi sei-settecenteschi;
- nessuna di esse rappresentava un’abdicazione a modelli giuridici extra nordici, anche se
si nota l’influsso della dottrina tedesca e del Code de commerce francese, materiale
straniero ma filtrato e riordinato.
Dopo la I guerra mondiale la cooperazione legislativa si estende al settore del diritto
societario, ai contratti di assicurazione e a parti importanti del diritto di famiglia.
Seconda fase della cooperazione legislativa: si ha la partecipazione diretta della Finlandia,
prima sottomessa all’impero zarista. Per superare l’arretratezza dell’ordinamento
finlandese furono emanate leggi ispirate al modello nordico. La cooperazione legislativa
nordica, dopo la II guerra mondiale mette mano ad aree non ancora toccate dalla
modernizzazione come ad es. la responsabilità civile extracontrattuale. I paesi nordici nel
secondo dopoguerra non hanno ancora una chiara definizione del diritto comune della
responsabilità civile. A causa delle scarse indicazioni legislative, i diritti nordici erano
caotici, con aree di incertezza sul contenuto del diritto vigente. Per giungere ad
un’armonizzazione del diritto nordico bisognava risolvere le diversità tra diritto
svedese/finlandese e danese/norvegese sulla responsabilità pubblica, e alcune posizioni
riguardanti il quantum del risarcimento. Lo si fece con il coordinamento del lavoro
preparatorio con la nomina di commissioni parallele nei vari paesi nordici composte da
esperti per valutare le differenti alternative e redigere rapporti e proposte. Ultima fase
dell’evoluzione legislativa parte dagli anni ’70 ed è legata alla realizzazione del particolare
modello di Welfare State che ha reso gli ordinamenti nordici un laboratorio sociale
dell’Europa. Notevoli le innovazioni in materia di protezione del consumatore, assistenza
legale ai non abbienti, unioni di fatto, tutela dei lavoratori.
Il peso dei lavori preparatori nel sistema delle fonti – si tende a considerare i lavori
preparatori come una fonte del diritto pari ordinata alla legge. Chi ha lavorato sul diritto
nordico, in particolare svedese/finlandese, è colpito dalla frequenza di riferimenti
giurisprudenziali ai lavori preparatori. In Svezia il giurista si accorge dell’importanza dei
lavori preparatori come fonte del diritto. I lavori preparatori hanno avuto importanza nella
gerarchia delle fonti e nella tecnica di interpretazione, in particolare in Svezia e Finlandia,
al contrario del diritto inglese restrittivo nell’ammettere riferimenti alla legislative history. I
lavori preparatori hanno iniziato ad occupare una posizione alta nella gerarchia delle fonti
a fine XIX sec. a seguito dell’affermazione dei generi letterari che consentivano la
conoscibilità dei materiali normativi. La loro importanza si accresce con l’elaborazione
delle grandi leggi civilistiche da fine XIX in poi, con la produzione di commentari. Non si sa
quale sia il peso attribuito ai lavori preparatori: non si è mai affermata la vincolatività
giuridica per il giudice. Il manuale più diffuso di metodo giuridico pratico, su cui si formano
i giovani giuristi svedesi, riporta che “una corte non deve esitare a distaccarsi dalla
soluzione proposta dai lavori preparatori se ritiene migliore un’altra soluzione”. Nel
manuale però si dice anche che la consuetudine giuridica delle corti svedesi denota una
vincolatività del motivo, tanto che la Corte suprema in alcuni casi ha applicato un
enunciato dei lavori preparatori in contrasto con il testo della legge.
La forza dei lavori preparatori come fonte occulta: le ricadute sulla tecnica
legislativa – C’è legame tra la forza dei lavori preparatori nel sistema delle fonti e la
tecnica legislativa descritta. Al di fuori dei casi più problematici, rari, come il conflitto tra
motiv e testo della legge, negli anni ’70 i redattori di testi legislativi erano sicuri della
fedeltà delle corti alle indicazioni contenuti nei lavori preparatori. Si aveva così un doppio
livello legislativo inserendo una norma di dettaglio nel testo o nei lavori preparatori senza
diminuirne l’effettività. La flessibilità è stata ampiamente utilizzata. Spesso tale approccio è
spiegato nella relazione governativa d’accompagnamento. La scelta tecnica consisteva nel
lasciare al testo la formulazione dei principi di fondo, mentre i lavori preparatori si
occupavano della regolamentazione più puntuale, con riferimenti alla ragionevolezza per
invitare alla lettura della relazione d’accompagnamento. Le clausole di ragionevolezza
possono essere ingannevoli per l’osservatore straniero, infatti la disposizione che
attribuisce discrezionalità all’interprete è suscettibile di diventare norma casistica al
momento della lettura dei lavori preparatori. Per lungo tempo considerare i lavori
preparatori come fonti legislative era una prassi di lavoro seguita ma non razionalizzata.
Andava inquadrata in uno scenario differente da quello di molti ordinamenti di civil law. Da
considerare le dimensioni delle società nordiche piccole come numero di abitanti e quindi
come dimensioni del numero di giuristi. Secondo la tradizione nordica c’è la preventiva
nomina di commissioni governative formate da giuristi qualificati a composizione tecnico
giuridica che stendono un progetto di legge accompagnato da una relazione dove si
esamina lo stato del diritto vigente e i motivi alla base della proposta. Tali relazioni
esaurienti restano punti di riferimento del dibattito giuridico.
Il rapporto della commissione preparatoria viene sottoposto per un parere alla facoltà di
giurisprudenza, alle corti superiori, a sindacati e associazioni, pareri dei quali si tiene conto
nel disegno di legge governativo. Le statuizioni della relazione di accompagnamento al
disegno di legge provvisorio, sono investite di doppia legittimità: - democratica (perché
sottoposte al parlamento) e- culturale (perché redatte con assistenza tecnica qualificata).
La forza dei lavori preparatori come fonte del diritto inizia ad entrare in crisi a causa della
scena politica più instabile che ha condotto a discutere quale sia la legittimazione
democratica di una norma non contenuta nel testo. La riflessione sulle particolarità della
tradizione nazionale è stata in Svezia e Finlandia indotta al momento dell’accesso
nell’Unione europea nel 1995. I due stati hanno dovuto recepire in breve tempo tutto il
corpo delle leggi comunitarie modificando molto le norme legislative e regolamentari, con
problemi di traduzione. La preoccupazione più importante è stata la mancanza nel diritto
comunitario di lavori preparatori simili a quelli nordici.
La tutela dei diritti fondamentali – le costituzioni scandinave dedicano poco spazio alla
tutela dei diritti fondamentali, forniscono solo garanzie in materia di proprietà, libertà di
pensiero, diritti politici. La costituzione, nella tradizione nordica è strumento di
organizzazione del potere politico più che di difesa delle libertà individuali, alle quali
pensano i trattati internazionali come CEDU (Convenzione europea per salvaguardare i
diritti dell’uomo). In SVEZIA tale convenzione incorporata nell’ordinamento è diventata
legge ordinaria. Per evitare conflitti con leggi successive, una diposizione vieta
l’emanazione di leggi o regolamenti in contrasto con la CEDU, perchè sarebbero in
contrasto anche con la costituzione: anche qui le corti devono disapplicare solo se il
contrasto è evidente. Tra i diritti fondamentali, uguaglianza e libertà degli individui, il loro
benessere, la tutela delle minoranze. In DANIMARCA il carattere dualistico
dell’ordinamento ha trovato oppositori tra i giuristi accademici fautori di un approccio più
aperto verso i principi di diritto internazionale. Il legislatore ha scelto di non disciplinare il
conflitto tra Convenzione e leggi nazionali. Quindi la legge di incorporazione può essere
derogata da un atto successivo del legislatore. Per risolvere il problema le corti ricorrono a
2 strumenti:
La tradizione di civil law costituisce il punto di partenza per lo studio dei sistemi
dell’America latina. Ma fin dall’indipendenza si è manifestata l’influenza statunitense
specialmente nell’area del diritto pubblico dando luogo a contaminazioni tra civil law e
common law che hanno fatto parlare di eclettismo dei sistemi dell’America latina. Accanto
al diritto occidentale permane anche quello autoctono. Le potenze coloniali, nuovi
detentori del potere, hanno lasciato che le vicende quotidiane continuassero ad essere
regolate dal diritto indigeno di tipo consuetudinario, diritto che ancora oggi non limita solo
la vita di comunità autoctone delle zone inaccessibili, ma riguarda ampi strati di
popolazione in particolare di piccoli centri rurali e periferie delle grandi città. Si può dunque
considerare tale diritto come una sottocategoria del civil law.
Mentre per le colonie spagnole l’indipendenza, tra 1810 e 1825, significò scontri e
frammentazioni in più stati, per il Brasile la rottura con la madrepatria avvenne nel 1822
con il passaggio dal rango di colonia a quello di impero autonomo e non determinò la
perdita dell’unità. Inizialmente l’indipendenza non comportò modifiche giuridiche, ovunque
restò in vigore il diritto indiano, costituito dal diritto della madrepatria (castigliano,
portoghese) e dal corpus di disposizioni speciali dettate per le colonie, di contenuto
pubblicistico. Era un sistema con forte particolarismo giuridico e complesso nonostante le
compilazioni promosse dai sovrani iberici (le Siete Partidas di Alfonso X di Castiglia, le
Ordenacoes Philippinas del 1603). I leader dei nuovi stati indipendenti influenzati dal
pensiero di Benthan pensavano ad una codificazione. Per il diritto civile prevalse il modello
francese. Il movimento per la codificazione fu caratterizzato da produzione originale e
intensa circolazione interna, volto a perseguire l’indipendenza. Si possono distinguere 3
fasi: in una prima fase, dopo l’indipendenza, con l’adozione di testi (mera traduzione del
Code Civil): il codice dell’ex colonia francese di Haiti del 1825, i codici civili dello stato
messicano dell’Oaxaca, Bolivia, Costa Rica; una seconda che, inizia con il codice civile
peruviano del 1852, contraddistinta dal tentativo di riformulare in termini moderni il diritto di
epoca coloniale. (Si continua ad attingere al Code Civil e ad altre codificazioni europee per
individuare gli istituti che devono essere disciplinati dal codice se si riscontra divergenza
tra i modelli stranieri e la soluzione tradizionale). In tale fase si ha in particolare il codice
civile cileno del 1855 opera del giurista venezuelano Andrés Bello, che influenzerà le
successive codificazioni. Tale successo si ha grazie al compromesso tra le istanze liberali
espresse dal codice civile francese e quelle conservatrici della nuova classe dirigente,
tradotte nel mantenimento del diritto tradizionale. Lo stile letterario e la struttura sono più
razionali di quelle del code civil. L’opera comprende un titolo e 4 libri relativi a persone,
beni, successioni e donazioni, obbligazioni e contratti. L’ultima fase inizia dopo metà XIX
sec. e consiste nell’accelerazione e l’estensione a tutti gli stati dell’America latina. Il codice
cileno fu adottato in Ecuador, El Salvador, Venezuela, Nicaragua, Honduras. In altri paesi
ebbe più influenza il modello francese; in altri casi fu elaborato un progetto originale che
attingeva ai modelli preesistenti, l’esempio è il codice civile argentino di Sarsfield entrato in
vigore nel 1871 e adottato anche dal Paraguay. L’opera, con la varietà di materiali ai quali
attinse il redattore, è considerata il prototipo dell’eclettismo latino-americano. Esperienza
più originale di questa fase è legata al giurista Teixera de Freitas, autore di un progetto di
codice civile brasiliano pubblicato tra 1860 e 1867. Il progetto, basato sul diritto nazionale
ma influenzato dalla Pandettistica tedesca, non fu mai approvato ma ha condizionato il
progetto predisposto nel 1899 da Clòvis Bevilacqua, entrato in vigore dopo
rimaneggiamenti, nel 1917. I mutamenti sociali hanno portato alla necessità di
adeguamento, questo è avvenuto tramite legislazione speciale o in via giurisprudenziale,
grazie anche alla costituzionalizzazione di nuovi diritti. ricodificazione del diritto privato
secondo il modello italiano. Il diritto commerciale invece ha subito l’influenza della
common law americanizzazione. Un veicolo importante: spinta verso l’armonizzazione
e l’unificazione del diritto.
Il trapianto di modelli costituzionali non ha contribuito alla stabilità di questi Paesi. A partire
dalla metà degli anni 80’, infatti, quasi tutti gli ordinamenti latino-americani hanno
conosciuto fasi di transizione costituzionale e procedono alla stesura di nuove carte
fondamentali, non senza riscontrare difficoltà. Nel XX secolo rimane un grande divario fra
ciò che è sancito nelle carte e quanto realizzato nella prassi. Es. è la costituzione
messicana del 1917 successiva alla guerra civile del 1910 contro il regime dittatoriale del
Generale Porfirio Diaz e conclusa con la presa del potere del Governatore di Coahuila,
Carranza. Questa è formata da 136 articoli progressisti, orientati al riconoscimento di diritti
sociali, economici, culturali oltre che civili, politici come il diritto all’educazione, alla salute,
alla difesa dell’ambiente, con particolare attenzione allo status di lavoratore e alle sue
prerogative fondamentali. La ripartizione del potere è simile a quella americana, con
governo presidenziale, Presidente eletto dal popolo per sei anni, non rieleggibile; un
Parlamento federale bicamerale, struttura giudiziaria indipendente da altri poteri. L’art 135
prevede una procedura di emendamento complessa che richiede la maggioranza dei due
terzi del Congresso e la maggioranza dei parlamenti statali. Nel principio della
separazione dei poteri, il potere attribuito al Presidente e all’Esecutivo è più concentrato e
forte, ed in molti casi esercitato a discapito delle prerogative assegnate al Legislativo. Va
anche considerato il ruolo avuto dall’emendamento costituzionale e della disciplina dello
stato di emergenza. Quest’ultima ha portato a sviluppi autoritari dell’ordinamento giuridico
attraverso la deroga alle norme costituzionali, consentendo la sospensione di ogni
garanzia o libertà in esse sancita. Quindi all’ampliamento delle libertà proclamate si
affianca la loro continua violazione. Per questo i sistemi giuridici latino-americani dedicano
attenzione alle garanzie processuali di tutele dei diritti fondamentali e alla giustizia
costituzionale. Infatti in America Latina tecniche e strumenti peculiari (ricorso straordinario,
azione popolare, Habeas corpus, habeas data) sono risultato di contaminazione europee
ma anche di soluzioni nuove: in particolare il recurso de amparo, diffusosi nell’area latino
americana e soprattutto in Europa, Africa, Asia, in origine via giudiziaria alternativa per
ottenere la riparazione di un diritto leso da un atto illegittimo del pubblico potere, è poi
divenuto meccanismo di tutela dell’intero ordinamento giuridico. L’azione de amparo è
stata poi incorporata nella Convenzione Americana sui Diritti dell’Uomo del 1969
assumendo dimensione internazionale. L’art. 25 della Convenzione sancisce per ciascun
individuo il “diritto ad un accesso semplice e rapido o a qualsiasi ricorso ad una corte o
tribunale per ottenere protezione contro atti che violano i suoi diritti riconosciuti dalla
costituzione o dalle leggi dello stato, anche se tali violazioni sono poste in essere da
persone nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali”. Si inaugura così una nuova fase del
costituzionalismo latino americano più attenta al dato reale rispetto a quello formale,
consapevole che proclamare libertà senza garanzie non è sufficiente a dare prova di
consolidamento democratico.
CORTI, GIUDICI, PROCESSO – nel quadro delineato non può mancare un sistema
processuale efficiente e un giudiziario indipendente da ogni altro potere, punto complesso
dei sistemi latino americani. Solo alcuni ordinamenti (Cile, Bolivia, Colombia, Guatemala,
Perù) hanno una Corte Costituzionale; altri (Costa Rica, El Salvador, Paraguay,
Venezuela) attribuiscono le funzioni della Corte Costituzionale ad una Sala Costituzionale
interna alla Corte suprema ordinaria; Argentina, Brasile e Messico vedono la presenza di
una Corte suprema senza distinzione interna o esterna di competenza. Forse questi ultimi
paesi risentono di più dell’influenza statunitense. Es. per la costituzione brasiliana il potere
giudiziario comune comprende un sistema di corti statali e federali; alla giurisdizione
comune si affiancano 3 giurisdizioni speciali, dove ed ognuna ha tre gradi di
giudizio.anche in Messico, oltre alla corte suprema, la giurisdizione comune si articola su
due livelli territoriali. Alla giustizia ordinaria si affianca quella speciale in materia agricola e
militare, amministrativa, di conciliazione e arbitrato . Negli ordinamenti latino americano
sono riconosciute ai giudici garanzie ed immunità costituzionali: art. 95 della costituzione
brasiliana prevede nomina a vita, inamovibilità e il fatto che le indennità percepite non
possono essere diminuite finchè restano in carica. Invece la costituzione del Costa Rica
sancisce che il potere giudiziario è soggetto solo alla costituzione e alla legge. Differenze
importanti sono invece nelle procedure di nomina dei giudici superiori. Negli ordinamenti
con più influenza statunitense i giudici della Corte suprema sono nominati dal Presidente
con l’approvazione del Senato; negli altri c’è il coinvolgimento dell’Assemblea legislativa o
dello stesso giudiziario, in altri ancora vi sono sistemi di nomina misti. In particolare l’art.
215 della Costituzione del Guatemala stabilisce che i magistrati della Corte Suprema di
Giustizia sono eletti dal Congresso della Repubblica per 5 anni, scelti tra 26 proposti da
una Commissione composta da un rappresentante dei Rettori, dai Presidi delle Facoltà di
Giurisprudenza o scienze Giuridiche e sociali delle Università, da rappresentanti eletti
dall’assemblea dell’ordine degli Avvocati e Notai del Guatemala e da rappresentanti eletti
dai magistrati titolari della Corte di Appello e degli altri tribunali. Infine, il modello diffuso di
diritto processuale sia in campo civile che penale, è quello di civil law, anche se nel XX
sec. c’è stata l’influenza degli Stati Uniti manifestata, in ambito civile, nell’adozione di
alcuni istituti dell’ordinamento statunitense (es. l’introduzione della class action in Brasile);
in ambito penale c’è stata una riforma che ha portato molti stati all’adozione di nuovi codici
che abbandonano il modello inquisitorio in favore di quello accusatorio. Ciò ha portato
all’avvicinamento dei sistemi dell’America Latina a quello degli Stati Uniti anche in questo
settore.
Con le guerre dell’oppio (1839-42, 1856-60) inizia la storia della Cina moderna. Nel 1842
con la sconfitta da parte dell’Inghilterra è obbligata a firmare uno dei trattati ineguali, per
imporre il suo dominio economico e influenzare la politica interna dell’Impero celeste.
Importanti le clausole di extraterritorialità dove si prescrive che in tutti i procedimenti
giudiziari dove è coinvolto il cittadino straniero, la vertenza si deve risolvere davanti al
tribunale consolare che deve decidere in base a regole straniere. Da qui inizia il
procedimento di occidentalizzazione. Il testo della prima clausola di extraterritorialità
contenuta nel trattato sino-americano firmato nel 1944, recita :i soggetti cinesi colpevoli
verso cittadini statunitensi saranno arrestati e soggetti a sanzioni da parte delle autorità
cinesi; invece i cittadini degli Stati Uniti autori di crimini sul territorio cinese saranno
soggetti al giudizio e alle sanzioni delle autorità statunitensi; la giustizia dovrà essere
amministrata secondo equità ed imparzialità in entrambi i casi. Quindi si ha un’apertura
commerciale totale con l’occidente e parti del territorio cinese e giapponese sono
sottoposte all’amministrazione delle potenze occidentali. Da qui inizia il viaggio della civil
law e common law in Cina. La Cina, dopo la stipula dei trattati ineguali subisce la disfatta
nella guerra contro il Giappone (1894) e subisce l’occupazione di altre porzioni di territorio
da parte di Inghilterra, Stati Uniti d’America, Olanda, Italia.
le prime riforme e il declino dell’Impero - tra 1895 e 1915, l’impero celeste (dinastia
Qing) in declino, tenta di riformare il proprio sistema istituzionale e giuridico. Shen Jiaben
con decreto imperiale del 1902 riconsiderò e revisionò le norme in vigore nell’ordinamento
cinese senza tralasciare le esigenze della politica estera e tenendo in conto le leggi dei
paesi stranieri. Viene istituita una commissione per la codificazione del diritto che opera
dal 1904 al 1909: traduce testi occidentali (francesi, tedeschi, austriaci, spagnoli) ma il
progetto di codice civile pubblicato nel 1911 si ispira al codice civile tedesco (BGB),
ritenendo che corrispondesse maggiormente anche nelle sue regole civilistiche alla
perpetuazione dell’Impero. Nel 1906 l’Impero cinese promulga un editto sulla preparazione
di una Costituzione basata sull’osservazione dei maggiori modelli stranieri (Francia,
Germania, Inghilterra, Belgio). I vari progetti di costituzione che si susseguono restano
solo tentativi. Negli stessi anni la Cina prova a riformare le modalità per il reclutamento
della burocrazia imperiale, abolendo gli esami imperiali basati sullo studio dei classici
confuciani ed introducendo un sistema sull’esempio degli esami universitari in occidente.
Il partito nazionalista, i Sei codici e l’influenza del diritto tedesco - Dal 1927 al 1949 il
Partito nazionalista cinese riunifica la Cina e percepisce l’inadeguatezza del diritto cinese
tradizionale. Nel tentativo di modernizzare il Paese superando la tradizione confuciana,
inizia una nuova fase di codificazione ideata da Sun Zhongshan che inserisce nello statuto
del partito i tre principi del popolo:
La costituzione del 1982 al vertice delle fonti del diritto e la giustizia costituzionale
cinese - Nel 1978 il pensiero di Deng prende il sopravento. La costituzione del 1982
ancora in vigore segna un distacco rispetto alle costituzioni socialiste: è la principale fonte
del diritto, ma manca il controllo di costituzionalità delle leggi per cui in Cina non si parla di
giustizia costituzionale ma di supervisione costituzionale. La Carta costituzionale stabilisce
infatti che tutti gli organi statali, le forze armate, i partiti politici, le imprese e le istituzioni
devono conformarsi alla costituzione e alle leggi. Ogni atto che la violi deve essere
investigato dalla Procura. L’Assemblea nazionale del popolo (ANP) si riunisce una volta
l’anno e deve sorvegliare l’applicazione della costituzione, la quale comunque si inserisce
in un più ampio processo di trasformazione della società e dell’ordinamento per aprire la
porta all’occidente ma secondo caratteristiche cinesi, dando priorità all’interesse collettivo
ed al ruolo direttivo del partito. Per questo qualsiasi norma introdotta, simile a quella dei
paesi della tradizione giuridica occidentale, viene rielaborata in base a elementi locali.
Premessa – per paesi islamici si intendono i paesi che hanno una maggioranza islamica.
L’islam è una religione monoteista, fondata sulla rivelazione divina, espressa in arabo e
contenuta nel corano, testo nel quale si affiancano gli ahkam (precetti, norme), le storie e
le leggende e le esortazioni e gli ammonimenti. I primi hanno contenuto eterogeneo.
L’islam ha sviluppato un proprio sistema giuridico: sarì’a per l’insieme delle norme rivelate;
qanum per la legge che promana il governatore e urf per le consuetudini.
A partire dalla metà del XIX sec, tre fattori influenzano il destino della sarì’a:
l’istituzionalizzazione di un sistema educativo secolare; la formazione dei moderni stati-
nazione e con essi l’idea di codice e costituzione e, infine, emerge un’opposizione politica
in chiave islamica che fa appello alla sarì’a come ideale di giustizia sociale. Vi sono poi
altri due fattori importanti: da un lato l’acculturazione giuridica e dall’altro la
modernizzazione.
La recezione del modello occidentale ratione imperii e imperio rationi
A causa del fascino del modello occidentale e delle vicende colonialistiche, a partire dal
XVIII e XIX sec, la relazione fra tradizione giuridica occidentale e tradizione giuridica
islamica diventa più stretta e gli influssi della prima sulla seconda più netti.
Acculturazione
Questa viene spiegata da Castro come una profonda trasformazione della società nella
quale si innestano nuove concezioni giuridiche. Grazie alla necessità di uscire dal pantano
economico, vengono avviate riforme che portano anche, nel 1876, alla costituzione. Le
riforme riflettono almeno in parte una visione secolare del ruolo dello stato, visibile anche
nelle strategie adottate al momento della codificazione delle mecelle, codice civile. I codici
di commercio risultano notevolmente influenzati dal diritto francese.
Ataturk alla nascita della repubblica di Turchia decide di eliminare i residui del diritto
islamico per sostituirlo con i codici europei. Vi fu l’adozione del codice civile svizzero
riadattato e ciò venne reso possibile dalla rinuncia da parte di ebrei, armeni e greci del loro
diritto di vivere secondo la propria legge comunitaria.
Grazie al vocabolario raffinato del fiqh, la traduzione dei testi non risulta particolarmente
ostica e lo stesso vale per la Turchia. Il codice civile è stato riformato in modo sostanziale
nel 2001, intervenendo soprattutto nel diritto di famiglia per ridefinire i ruoli dei coniugi in
termini di piena uguaglianza, portare a 18 anni l’età minima patrimoniale per ambo i sessi,
disciplinare l’adozione anche da famiglie di fatto, riconoscere gli stessi diritti ereditari a
bambini nati fuori dal matrimonio e a quelli nati durante.
Non in tutti i paesi islamici l’impianto del diritto occidentale è stato volontario come
nell’impero ottomano e nella Turchia, ma, per via di imposizione autoritativa attraverso il
regime coloniale e mandatario. Gli inglesi, ad esempio, se in Nigeria settentrionale hanno
affrontato il diritto con la indirect rule (attraverso l’intermediazione di capi locali), in British
Raj, hanno optato per la direct rule. Quest’ultima in india si sostanzia in una serie di
riforme relative all’amministrazione della giustizia; nei tribunali di primo grado, i giudici
inglesi erano affiancati da consulenti mussulmani e indù. Il vertice però era assegnato agli
inglesi. Nell’indirect rule, la potenza coloniale controlla tesse, le relazioni con altri stati,
mentre, alle autorità locali, è delegata l’amministrazione ordinaria. Problema: scelta dei
capi locali da parte dei colonizzatori.
Nelle terre di colonizzazione francese furono applicate le norme dei codici della Francia.
Un caso particolare fu l’Algeria: vi furono pressioni politiche enormi sulla Francia affinchè
agevolasse le loro ambizioni commerciali concedendo loro la terra o permettendogli di
acquistarla dai nativi a condizioni di favore. Vi era poi l’aspirazione di renderla un territorio
metropolitano; ciò non impedì una politica discriminatoria, il cui culmine fu l’emanazione
del codice dell’indigeno, che ruotava attorno alla distinzione fra cittadini metropolitani e
sudditi indigeni. Nel 1873 Warnier rese applicabile l’intero diritto francese meno le
successioni e lo statuto personale in Algeria. Un controllo incisivo sul diritto mussulmano si
ebbe grazie ad una particolare sezione della corte d’appello di Algeri. L’intervento francese
modifica il fiqh dando vita al droit musulman algerien, sia attraverso l’attività di tribunali sia
attraverso l’attività di dottrina, traduzione e reinterpretazione delle fonti classiche.
Nel mediterraneo si affermarono nel XIX sec, modelli diversi, sia pure questi tributari al
diritto europeo e francese. L’Egitto, ad esempio, vi fu l’istituzione di tribunali misti dove
sedevano giudici delle potenze capitolari; vi fu anche l’elaborazione di codici misti,
trasposizioni di diritto francese, da applicare nei rapporti fra stranieri di differenti
nazionalità e tra stranieri ed egiziani. Più avanti vennero emanati i codici nazionali, da
applicarsi nei rapporti tra egiziani contenenti diritto francese e italiano. L’Egitto si trova ad
avere in vigore sei codici misti e sei nazionali. Il diritto mussulmano sopravvive solo nel
dominio riservato dallo statuto personale, delle successioni e delle fondazioni pie. Il
superamento del sistema capitolare si ha con la convenzione di Montreux nel 1937 e nel
1949 vede la luce il codice civile unificato. Nel Maghreb spicca nel XX sec, il codice
delle obbligazioni e dei contratti tunisino, un connubio di diritto romano e mussulmano. Il
modello francese circola in altre parti del mondo islamico attraverso strumenti intermedi
come nell’Indonesia olandese, dove a metà ottocento entra in vigore un cc modellato sul
codice napoleonico. In Afghanistan e in Iran, invece, non si ha una trasposizione dei
modelli europei: il primo ha incorporato la materia dello statuto personale e vede il suo
diritto di famiglia sorretto da disposizioni conformi alla tradizione giuridica islamica; il cc
afgano si colloca nell’insieme dei codici derivanti dalla variante irachena del cc egiziano e
contenente riferimenti al fiqh e alla mecelle. In Iran l’adozione del cc si colloca nella
campagna per l’abolizione del regime delle capitolazioni, con una soluzione nazionalista
che unisce il diritto sciita e qualche elemento del diritto francese ma anche influssi svizzeri.
Il costituzionalismo
La prima costituzione in assoluto nel mondo islamico è quella tunisina nel 1861, nella
quale è prevista l’istituzione di una commissione legislativa, un organo di controllo delle
spese di governo e una struttura giudiziaria gerarchica. L’istituzione del protettorato
francese sospese la carta e la nuova costituzione si ebbe solo con l’indipendenza nel
1956. La prima costituzione ottomana vede la definizione dei diritti dei sudditi; vengono
conservati ruolo e prerogative del sultano e il principio di separazione dei poteri è piuttosto
superficiale. Anche questa costituzione ebbe vita breve, il parlamento venne sciolto e non
si riunì per 30 anni e la costituzione venne sospesa, solo nel 1909 una riforma
costituzionale restituì sovranità al parlamento; pochi anni dopo la prima guerra pose fino
all’impero e iniziò la storia della Turchia repubblicana.
I paesi nati dalla colonizzazione provvedono a darsi delle carte fondamentali. Emergono
sostanzialmente due modelli: quello liberale e quello socialista, destinato a fallire. Il
modello liberale fallisce presto e le carte diventano mezzo di politica. Sono prive di
costituzione l’Arabia Saudita e la Libia.
La sarì’à continua ad avere rilievo in quanto una delle fonti del diritto o la fonte di diritto.
Il controllo di costituzionalità viene definito solo in pochi paesi come l’Egitto e il Pakistan.
In Egitto convivono la Corte di Cassazione di modello francese che permette
l’interpretazione e applicazione uniforme del diritto nel paese, tanto su istanza delle parti
che del pm e la Corte Costituzionale che effettua il controllo di costituzionalità di leggi e
regolamenti. La seconda distingue tra i principi di fonte e significato assoluti da non
interpretare e i principi relativi che mutano. In Pakistan a fianco della Corte Suprema
esiste, la Corte Federale Sciaraitica, con il compito di verificare la conformità delle leggi
federali e statali ai precetti dell’islam come stabiliti nel Corano e nella sunna; è composta
da 8 giudici di religione mussulmana. La corte può anche riesaminare sentenze in materia
di reati e ordinare la sospensione di una sentenza di condanna e il rilascio del reo per la
durata del riesame.
Il diritto penale
Nel settore penale i primi codici compaiono in Egitto e nell’impero ottomano intorno alla
metà dell’ottocento e risultano piuttosto scarni, incompleti. Il primo vero codice penale si
ha nell’impero ottomano nel 1858 che riproduce quasi per intero il codice penale francese,
in seguito è integrato con elementi italiani tedeschi e ungheresi pur mantenendo riferimenti
alla sarì’a in tema di reati di sangue. Il codice penale della Repubblica turca del 1926 è
invece un omaggio alla tradizione penale italiana ed è rimasta in vigore fino al 2005
quando è stato oggetto di una profonda revisione. In Egitto, i codici, erano meri calchi del
diritto francese mentre quello attuale è frutto dell’emancipazione legislativa seguita al
trattato di Montreux dello stesso anno e si spira largamente al codice Rocco, modello, in
quegli anni; a questo codice si rifà anche quello della Libia indipendente integrato da vari
spunti. Nel subcontinente indiano, il modello dominante è stato il codice penale anglo
indiano del 1860 emanato dalla corona inglese per risolvere definitivamente il problema
del diritto applicabile in un contesto in cui convivevano le norme di diritto musulmano, del
diritto in due regolamenti coloniali. Tale codice venne usato anche in altri coloni inglesi
anche se, in alcuni di questi, subì pesanti riforme. Nelle terre sotto il dominio coloniale
francese si ha l’applicazione diretta del codice napoleonico. A partire dal 1972 si inizia a
radicalizzare una re-islamizzazione totale o parziale del diritto penale attraverso diversi
strumenti: affiancando l’esistente codice penale con leggi speciali a contenuto sciaraitico;
emendare o scrivere ex novo il codice penale inserendo al suo interno le disposizioni
penali sciaraitiche; infine, si può optare, per un mero rinvio, sempre all’interno del codice
penale, in bianco, alle norme sciaraitiche la cui disciplina non è quindi esplicitata dal
legislatore ma richiede un’opera di studio e interpretazione dei testi classici da parte dei
giudici procuratori avvocati.
Il diritto di famiglia
L’influenza del diritto europeo sul diritto di famiglia dei paesi islamici sono del tutto
marginali, con solo alcune rare eccezioni (come ad esempio nella Turchia repubblicana).
In Senegal, il legislatore, nel disciplinare il diritto di famiglia a messo insieme elementi del
diritto francese, del diritto musulmano, ma anche dalle numerose consuetudini locali.
Spesso il diritto di famiglia è ancorato a una concezione confessionale, e dunque,
personale dello stesso: sono ad esempio, retti dalle regole della propria comunità religiosa
di appartenenza gli statuti personali in Libano, in Egitto, in Indonesia, in Afghanistan.
Soprattutto lì dove l’Islam non è maggioritario il rinvio al diritto personale implica che il
rinvio a un diritto dottrinale non sia codificato come, ad esempio, in Kenya. Lo strumento
della codificazione è utilizzato dal legislatore statale per introdurre riforme.
IL DIRITTO TRADIZIONALE PERSONALE INDU’ – si dice che il diritto indù legato alla
religione induista sia il più antico sistema di diritto al mondo. Già i Veda, testi sacri risalenti
nel periodo VII a.C.- II d.C., sono ritenuti testi da cui discendono regole di comportamento
sociale. L’india antica non riconosceva la nozione di diritto positivo: la società era
organizzata in categorie sociali (varna) e vi si apparteneva secondo la nascita e ad ogni
categoria corrispondeva un codice di comportamento o dharma: ogni uomo per restare
inserito nella comunità doveva adempiere agli obblighi che il suo status gli imponeva. Il
dharma è un insieme di precetti privi di sanzione, religiosi, etici e di prevenzione, fondati
sulla credenza che esista un ordine dell’universo che l’uomo non deve turbare. I primi
scritti appaiono intorno al VI a.C. detti dharmasastra: raccolte di regole redatte da saggi,
sono circa 100 e formano un precetto unico. Si basano tutti sulle scritture del sacro Veda.
La loro base in realtà si può trovare nelle consuetudini, rispettate dagli indù nelle relazioni
sociali e in campo religioso. Sono diversi tra loro, risalgono ad epoche diverse. Il dharma
non è immutabile ma sensibile all’evoluzione della società. Dall’XI al XVII sec. quando il
paese cadde in mani islamiche, si arrivò alla redazione di nuove opere, i nibandha, perché
raccogliessero le fonti dedicate ad un dato problema o a un istituto, le confrontassero e ne
risolvessero le contraddizioni.
- è una continuazione della common law per i metodi di lavori: consultazione di precedenti,
conduzione del dibattimento, redazione delle sentenze. Le soluzioni usano schemi e
concetti della common law;
- ruolo assunto dal giudice che crea norme giuridiche se il legislatore è carente op in
contrapposizione ad esso. La corte suprema dell’India ha assunto una funzione di
supplenza rispetto alle carenze del legislatore restio ad emanare leggi impopolari: es. il
progetto di legge sulle adozioni internazionali fu osteggiato dai musulmani, ostili all’idea di
un’adozione capace di creare un vincolo di parentela; la corte suprema ha previsto una
regolamentazione in materia. Secondo l’art. 141 della costituzione ogni regola di diritto
elaborata dalla corte suprema vincola tutti gli organi giudiziari del paese. Questo
sembrerebbe il fondamento costituzionale della regola del precedente, ma in realtà tale
regola sta perdendo terreno a causa di un’intensa produzione legislativa specie in materie
socio economiche non coperte da precedenti giudiziari che hanno indotto i giudici a
rivolgersi alla legge. Inoltre le sentenze emesse dalla Corte suprema sono così numerose
e contraddittorie che per un giudice diventa difficile ricostruire lo stato attuale della
giurisprudenza. La Corte suprema indiana ricorse spesso, per le sue decisioni, al diritto
comparato soprattutto britannico, australiano, canadese. Ultimo tratto proprio del diritto
indiano è la predominanza della fonte legislativa. Decisa a troncare ogni rapporto di
continuità con la madrepatria e a dotarsi di un diritto proprio, l’India ha scelto lo strumento
legislativo per tradurre in testi di legge le idee maturate durante il movimento di
liberazione. L’art. 44 della costituzione auspica la promulgazione di un codice civile
unificato per tutta la nazione.
TRADIZIONE DI CIVIL LAW(cap. 2) SEZIONE I – LE ORIGINI
Il contesto in cui comincia a formarsi la tradizione di civil law, quindi, si caratterizza per lo
stato di arretratezza in cui versa il diritto. Tal contesto è prodotto delle condizioni politiche,
economiche e sociali dominanti. Manca l’autorità centrale, il potere è diffuso tra organismi
locali, la società e l’economia sono agricole e chiuse.
Le Novellae, che raccolgono gli atti normativi promulgati dopo la pubblicazione del CJC.
Relativamente al diritto romano bisogna considerare alcune cose:
la codificazione giustinianea si propone come una rottura con il passato: il diritto
precedente viene spazzato via.
il giurista di civil law rinasce come interprete di un testo autorevole.
la tradizione del civil law ha nella dottrina il suo fulcro principale, come testimonia
l’attribuzione di forza di legge alle opinioni dei giureconsulti e alle Istitutiones.
Perché il diritto romano - Nell’Europa del XII secolo erano presenti molteplici fonti
normative (legislazioni monarchiche, statuti comunali, consuetudini feudali) che
impedivano la formazione di un forte potere centralizzato come in Inghilterra. Per superare
i vari diritti locali e rispondere ai bisogni di una società più mobile ed aperta, il diritto
comincia a essere concepito e insegnato come modello di organizzazione sociale, che
indicava ai giudici cosa era necessario fare. Questo per diffondere l’ideale di una nuova
società fondata sul diritto romano, perché:
il diritto romano è ricco, raffinato, dotato di prestigio e accessibile in quanto scritto
in latino. Inoltre, grazie all’opera di Tommaso d’Aquino, si è liberato dal pregiudizio
che fosse il prodotto di un mondo pagano, lontano dalla legge divina. Ciò porta alla
sua diffusione: fu l’unico insegnato e studiato nelle università d’Europa;
il diritto romano è collegato con l’ideologia imperiale, in quanto tende ad esaltare
una concezione volontaristica e legislativa del diritto, utile all’impero. Il diritto
romano è valido perché deriva da una manifestazione di volontà dell’imperatore.
il diritto romano, data la sua concezione autoritaria e statuaria, ben si sposa con i
disegni di predominio della Chiesa anche sul piano temporale.
- i canonisti. La chiesa è custode di tradizione, cultura, diritto, lingua. Essa ha bisogno del
diritto per affermare, con Gregorio VII, la supremazia politica e giuridica del papato
sull’intera chiesa, l’indipendenza del clero dal controllo laico, il suo ruolo nella lotta per le
investiture. Nel XII sec. la chiesa vince sull’impero e i canonisti iniziano un lavoro di
riorganizzazione delle fonti canoniche, ad opera soprattutto di Graziano da Chiusi, forse
monaco bolognese, che pubblicò la Concordiantia Discordantium Canonum, poi nominato
Decretum Magistri Gratiani (1140 ca.), prima consolidazione del diritto della Chiesa che
costituisce la base del diritto canonico rimasta in vigore fino al primo Codex Juris Canonici
nel 1917. Deve essere sottolineato il contributo che il diritto della Chiesa dette alla
costruzione dello ius commune. L’organizzazione della chiesa favorì la diffusione del diritto
canonico, che aprì la strada alla recezione, e la definizione del processo, caratterizzato da
scrittura, segretezza, inquisitorietà, che divenne tipico di tutto il continente europeo. Il
diritto canonico ruota attorno ai precetti etici della teologia morale, con la valorizzazione
dell’elemento equitativo. Significativo è il contributo in campo processuale, il medello
elaborato dai canonici, infatti, circolò in tutto il continente europeo.
- gli umanisti, scuola aperta in Francia nel 16° sec. e diffusa in Europa. Essi hanno un
diverso approccio allo studio del diritto romano. Loro obbiettivo è restituire al diritto romano
la sua portata autentica e il suo senso originale, sia contenutistico che formale.
L’importanza di tale scuola sta nell’aver anticipato l’idea della codificazione: poiché il
Corpus juris era pieno di glosse e interpolazioni, era difficile il recupero del testo originale
e l’unica soluzione era una nuova codificazione per disciplinare organicamente materie
determinate. Gli umanisti influenzarono anche i giuristi tedeschi del 16°-18° sec. che
facevano prevalere l’uno o l’altro metodo secondo il luogo e l’università. Quando questi
cercano di conciliare i due metodi si parla di usus modernus pandectarum.
Fa eccezione la Francia che crea il vero diritto comune attraverso la giurisprudenza dei
suoi Parlaments, corti sovrane che partecipano al governo del Regno e che, ricorrendo al
concetto di equità, possono temperare il diritto romano.
si critica l’idea che il diritto romano possa essere eterno e si esalta la creazione di
un nuovo diritto che si imponga a livello nazionale, più aderente alle caratteristiche
di popoli e luoghi.
In questo contesto si afferma un ceto potente di giuristi pratici, vicini al sovrano e la scuola
del diritto naturale, ovvero il giusnaturalismo, che vede il diritto come una norma umana,
sganciata da ogni presupposto oggettivo. Il giusnaturalismo è fondato sul concetto di
soggettivismo: i diritti soggettivi naturali, alla proprietà, alla libertà, alla vita, prevalgono sul
diritto oggettivo positivo che deve essere finalizzato alla loro tutela. Il giusnaturalismo
porta avanti gli ideali di: laicità del diritto, potere limitato del sovrano, ruolo centrale
dell’individuo e l’uguaglianza tra essi, la funzione garantista dello stato.
In definitiva si arriva alla codificazione grazie alla Rivoluzione del 1789, con nuovi modi di
concepire uomo, società, economia, stato e con nuove forze intellettuali: giusnaturalismo,
dottrina della separazione dei poteri (diffidenza verso il potere dei giudici), fede nel
razionalismo (fede nella capacità della ragione di produrre nuove regole), liberalismo
(fondato su concetti di proprietà e contratto) statalismo (che vede stato e individuo padroni
della scena sociale e giuridica) e il nazionalismo che vede nel sistema giuridico
l’espressione di idee nazionali e dell’unità della cultura nazionale.
IL CODE CIVIL DEL FRANCAIS DEL 1804 - Primo vero codice dell’età moderna,
rappresenta il modello delle codificazioni privatistiche dei sistemi a base romanistica. Tale
codice rappresenta una svolta rispetto ai precedenti, non solo perché riformula i rapporti
civili, obbedendo a scelte sistematiche, ma anche perché assume il modello garantistico a
guida di una coerente organizzazione del diritto, segnando così il trionfo dell’ideologia
della classe borghese. Attraverso il dogma della proprietà e della volontà il codice
garantisce la libertà di agire in senso economico.
Alle radici del Code - Il Code civil costituisce un atto di rottura con il passato, il rifiuto del
modo di produrre diritto proprio del droit coutumier: con esso il diritto non proviene più dal
basso, ma si pone dall’alto, assumendo il carattere di diritto nazionale unico, completo ed
esclusivo. Con il codice la legge diventa l’unica fonte capace di esprimere la volontà
generale, e quindi si passa dal concetto di droit a quello di loi. La legge diventa strategia e
attraverso la divisione dei poteri, lo stato borghese monopolizza il potere legislativo. Tale
codice è il risultato di vari fattori:
la Rivoluzione del 1798, intesa in senso non solo storico-politico ma anche intellettuale.
una lunga evoluzione alle sue spalle, sintesi dell’esperienza germanica (pays de droit
contumier) del nord e di quella romana (pays de droit écrit) del sud.
l’esigenza sin dal 1454 (ordinanza di Montils les Tours di Carlo VII) di creare un diritto
consuetudinario francese comune attraverso la redazione delle consuetudini.
una dottrina dotata di grande prestigio, che coltivò a lungo l’idea di unità di fondo del
diritto francese, rendendo possibile l’opera di codificazione. Molti contribuirono a creare
l’idea di un diritto francese comune: tra essi Domat, il sistematico che riordinò il diritto
romano secondo i bisogni del tempo, e Pothier, maestro del diritto romano e
consuetudinario, che influenzò i redattori del Code Civil.
Stile e struttura del Code - Il Code è redatto in stile semplice ed elegante per essere
compreso anche dal non giurista, elemento che ha contribuito alla sua circolazione. Lo
stile influenza anche il modo in cui la norma è formulata: il codice si trova a metà tra i
principi generali e le regole casistiche.
Per quanto riguarda la struttura il Codice si compone di 2281 articoli, distribuiti in:
Il processo di adeguamento del Codice - Il Code civil è l’archetipo dei codici borghesi
del XIX secolo e riflette la struttura economica e sociale del suo tempo (es. manca una
disciplina del rapporto di lavoro, il diritto di famiglia ruota intorno alla figura del
padre/marito). Come può sopravvivere un codice entrato in vigore due secoli fa? Il Code
civil è considerato un monumento della cultura giuridica francese. C’è stata la
decodificazione, cioè la moltiplicazione di disposizioni legislative al di fuori del codice. I
primi tentativi di riforma sono falliti. Si pensa che alcune parti del codice soffrano più di
altre (es. il diritto delle obbligazioni e dei beni). Nel 2005 sono stati fatti studi per riformare
il diritto di garanzia e della responsabilità patrimoniale (Rapporto Grimaldi). Molti sono
stati anche gli interventi adegua tori da parte del legislatore, della giurisprudenza, della
dottrina:
- Il legislatore è intervenuto in particolare sul diritto di famiglia, riformato per rispondere alle
esigenze prospettate dal nuovo ruolo della donna nella società e sul diritto dei contratti,
limitando sempre più l’autonomia contrattuale. Dopo il Rapporto Grimaldi è stato introdotto
nel codice il nuovo Libro IV. La riforma francese tende a richiedere: per le garanzie
personali, garanzie autonome al posto della fideiussione; per le garanzie mobiliari, il
trasferimento della proprietà a scopo di garanzia; nel campo delle ipoteche, la circolazione
dell’ipoteca per renderla utilizzabile per garantire un altro credito.
- La giurisprudenza, che ha contribuito ad adeguare le norme del Code civil alle nuove
esigenze attraverso un’interpretazione evolutiva favorita dal particolare livello semantico di
alcune disposizioni del codice, come ad es. gli artt. 1382-1386 relative alla disciplina
dell’illecito civile, che indicano che la responsabilità da atto illecito poggia sul principio
della colpa, disciplinando le eccezioni. Le norme sulla responsabilità extracontrattuale
hanno subito solo modifiche insignificanti, tuttavia, sebbene la facciata del codice sia
rimasta quella che era, la prassi ha operato in modo diverso relativamente al diritto della
responsabilità. Troviamo, contrariamente all’immagine della tradizione di civil law che ci
viene proposta, una giurisprudenza creativa che, sfrutta gli spazi lasciati aperti dal
legislatore e supera il criterio tradizionale della colpa, estendendo le ipotesi di
responsabilità senza colpa al settore gli infortuni sul lavoro, dell’esercizio di attività
pericolose, dei danni da prodotto.
- la dottrina, che ha contribuito all’adeguamento del codice. Nei primi decenni successivi
alla sua entrata in vigore, la dottrina visse un periodo poco fertile, dominato dalla scuola
dell’exégèse, in cui si limitò ad effettuare un’esegesi grammaticale e logica del testo
legislativo e ad ignorare le decisioni giudiziarie. Nonostante i dettami di questa scuola, la
realtà era diversa e i giudici e la dottrina dovevano provvedere a colmare le lacune
presenti nel codice. Verso fine XIX, infine, il quadro mutò: l’esegesi non era più in grado di
fornire ai giudici gli strumenti sufficienti a far evolvere il Code, e quindi si approda alla
Scuola della libera ricerca scientifica, che favoriva un’interpretazione che tenesse conto
delle esigenze di una società in continua trasformazione.
La diffusione del modello Code civil - Come accadde per il diritto romano, anche per il
Code civil, a una diffusione ratione auctoritatis, segue una diffusione auctoritate rationis.
Lo testimonia il fatto che dopo il Congresso di Vienna, imitazioni del Code restano in
vigore o sono riadattate in alcuni stati italiani; nei territori ad ovest del Reno; nel
Granducato di Baden; nei Cantoni di Ginevra, nel Giura Bernese. A parte Austria,
Germania e Svizzera, molti paesi seguono il modello francese:
Belgio, che, pur con modifiche e differenti interpretazioni, ha mantenuto il Code anche
dopo l’indipendenza ottenuta nel 1830.
Olanda, che ha visto l’affermazione del modello francese fino alla approvazione del nuovo
codice civile tra il 1970 e il 1992.
Italia dove il codice del 1865 si ispira a quello francese.
Spagna, il cui Codigo del 1889, ancora in vigore, si basa sul codice francese, nonostante
la forte imposizione delle consuetudini locali.
Portogallo, dove il modello francese ha resistito fino al nuovo codice introdotto nel 1967,
principalmente di matrice tedesca.
paesi del centro e sud America: i codici di Bolivia e Messico sono traduzioni di quello
francese, quelli di Cile e Argentina, pur basandosi sul modello francese, sono caratterizzati
da una loro originalità.
Louisiana e Quebec, dove, nonostante la forte influenza della common law, resiste la
tradizione francese, ma non si sa fino a che punto abbia resistito all’influenza della
common law.
paesi africani e asiatici colonizzati dalla Francia, oggi indipendenti, e l’Egitto che ha dal
1949 un codice francesizzante, nonostante non abbia conosciuto la dominazione coloniale
francese.
Federico II intorno al 1746 tentò di dare vita ad un progetto di codice affidandolo al suo
cancelliere, con l’obiettivo della razionalità e chiarezza della norma e di fondare la norma
sulla ragione naturale e le tradizioni costituzionali dei singoli territori. Ma la guerra dei
Sette Anni rinviò la realizzazione del progetto (Corpus Juris Fridericianum). Si deve così
attendere il 1780 perché il cancelliere Von Carmer dia inizio a quel progetto di codice di
diritto naturale che, dopo varie rielaborazioni, sfocerà nell’ALR (1794), sotto l’Imperatore
Federico Guglielmo II. Il Codice civile prussiano, dominato dai principi di chiarezza e
completezza, può essere definito come la traduzione prussiana del tardo assolutismo
illuminato europeo. Tale codice consta di tre parti: introduzione, contenente norme
generali di evidente matrice giusnaturalista; parte prima: Diritti reali(cioè norme sul
patrimonio del privato); parte seconda: Associazioni(la consociatio groziana) cioè diritti
basati sull’appartenenza alla stessa casa, diritti dei diversi ceti, e diritti e doveri dello stato
verso i cittadini.
Viste la sua acritica fede nella ragione, la sua sfiducia nei confronti dell’autoresponsabilità
dei cittadini, la sua visione ormai superata della società, la fede nella possibilità di un
diritto perfettamente giusto, la presunzione di poter regolare tutti i possibili rapporti
intersoggettivi e, soprattutto, la sua accozzaglia disomogenea di materie, si è discusso se
sia possibile collocare l’ALR tra i codici ottocenteschi o se, invece, sia più corretto
collocarlo fra le raccolte di leggi del ‘700. Ma considerando lo stile, la buona formulazione,
il buon collegamento e la concisione dei precetti, lo avvicinano molto alle codificazioni
moderne. Tale opera è di ispirazione giusnaturalista: è sancita la prevalenza del bene
comune sugli interessi individuali, il fatto che i diritti degli uomini sono fondati sulla libertà
di ciascuno di perseguire il proprio bene senza ledere gli altri, il fatto che i diritti del singolo
traggono origine dalla nascita del ceto, dagli atti a cui la legge attribuisce efficacia
costituzionale. Ciò significa moltiplicare il numero delle norme necessarie a regolare la vita
dei consociati, impedendo la formulazione di principi generali. Tale opera non è però
ancora liberata dalle incrostazioni feudali. L’influenza dell’ARL fu inferiore ai suoi meriti ed
al suo valore intrinseco: restò in vigore solo fino all’entrata in vigore del BGB (tedesco) ed
ebbe diffusione modesta, dato che al di fuori dei confini prussiani era costretto a
soccombere di fronte ai modelli francese e austriaco più chiari con più capacità di
astrazione e universalismo. L’ARL aveva ridotto la dottrina e la giurisprudenza a semplici
guardiani della legge, tanto che Savigny, che occupò la cattedra di diritto civile in Prussia
nel 1810 definì l’ARL “spazzatura”.
per colmare le lacune legislative, dopo l’analogia, il codice consente il ricorso ai principi
del diritto naturale.
il legislatore riconosce all’individuo una serie di diritti innati che si conoscono solo con la
ragione, indipendenti da contingenze storico-politiche.
Va ricordato che il codice austriaco è illuminista, ma con uno stridente contrasto con la
realtà sociale austriaca del 1811: nonostante venga riconosciuta la libertà della persona
come diritto innato, fino al 1848 persiste la servitù della gleba. nonostante venga
stabilito il principio per cui i rapporti tra proprietari terrieri e lavoratori sono regolati dalle
disposizioni di legge e dalle costituzioni delle province, sono ancora riscontrabili molti
privilegi feudali. Sebbene l’ondata
rivoluzionaria del 1848 porta ad abolire la servitù della gleba ed alla libertà di stampa,
causa anche alcuni passi indietro: il matrimonio dei cattolici torna sotto al regime del diritto
canonico e le relative controversie ai tribunali ecclesiastici, e l’istruzione torna sotto il
controllo ecclesiastico. Anche qui il dopo codice porta a scuole ispirate all’esegesi del
testo. Dal 1848, con l’apertura alla Germania, nei manuali successivi compare una parte
generale che nel codice manca. L’influenza di questo Codice all’estero è minima e si limita
al Centro Europa, ai Balcani ed al Lombardo Veneto, dove resta in vigore fino all’unità
d’Italia.
IL CODICE CIVILE TEDESCO DEL 1900 (BGB)
premessa- La Germania, anche all’indomani del Congresso di Vienna, conserva ancora le
sue caratteristiche medievali che ostacolano la rielaborazione delle consuetudini e la
graduale costruzione di un diritto privato tedesco, favorendo invece la recezione di quello
romano. Tali caratteristiche sono: il potere imperiale debole, che comporta che la
Germania sia ancora divisa in 39 stati sovrani; Mancanza di una giustizia regia forte,
data la mancanza di una corte superiore con poteri effettivi e penetranti; il diritto romano
costituisce in molti Stati una delle fonti principali. La funzione unificante è riscontrabile
nella dottrina, spinta dall’ideale dell’unità culturale giuridica tedesca e favorita dalle
università (comunità di professori e studenti che circola liberamente nell’area tedesca).
Non a caso la scienza giuridica svolge un ruolo di primaria importanza, preparando ed
anticipando la codificazione tedesca.
sistematico: in presenza di più definizioni, la più corretta è quella che si armonizza bene
con le altre del sistema (principio della coerenza).
Il giurista tedesco, muovendo dal Corpus iuris civilis lacunoso e oscuro razionalizza e
spiega i concetti ivi contenuti, deduce le regole pratiche, esprimendosi in un linguaggio
scientifico e ricco di neologismi.
3. il terzo libro è dedicato ai diritti sui beni e contiene la disciplina dei diritti reali
e della proprietà, ancora solidamente ancorata alla concezione
individualistica.
Filosofia del BGB - Il BGB, codice fortemente conservatore, rappresenta un mondo in via
di dissoluzione. Non attribuisce alcun compito sociale al diritto privato: tale atteggiamento
si riflette sulla struttura patriarcale della famiglia, sul rapporto di lavoro ignaro del
sindacalismo, sul controllo sociale del privato, sullo sfavore nei confronti dei gruppi
intermedi, eversivi, che possono indebolire l’autorità centrale. Il BGB aspira a prospettare
un sistema chiuso, caratterizzato da: definitività, perché i concetti del dogma sono
immutabili e conclusivi; completezza, in quanto si nega l’esistenza di lacune;
esclusività, in quanto l’interprete può riferirsi a precetti diversi dalla legge in casi tassativi.
Evoluzione del diritto tedesco dopo la codificazione - Pur essendo stato l’ultimo frutto
borghese del XIX secolo piuttosto che il preludio del XX secolo, il BGB, dopo aver
attraversato l’Impero, il nazismo, le due guerre, è arrivato fino ai giorni nostri. Fino al 1918
il diritto tedesco è rimasto stabile, tratto tipico dei periodi appena successivi alle
codificazioni, dominati dal positivismo, dalla teoria pura del diritto e dalla stretta aderenza
al testo del codice.
Il diritto tedesco durante la Repubblica di Weimar è stato caratterizzato da profondi
interventi del legislatore e della giurisprudenza. Quest’ultima ha fatto largo uso delle
clausole generali per adeguare il codice alle mutate condizioni economiche e sociali,
mentre la legislazione, per esempio è intervenuta nel diritto del lavoro, a tutela dei
lavoratori, e nella disciplina della proprietà privata che cambia passando da una
protezione completa del titolare alla concezione di essa in termini diversi: “la proprietà
obbliga”, il suo uso deve servire al contempo al bene comune.
Il diritto tedesco nel nazismo Con la nomina di Hitler a cancelliere il 30 gennaio 1933,
inizia il nazionalsocialismo, movimento totalitario, razzista e rivoluzionario, elementi che
ebbero forte ripercussione sulla sfera giuridica, anche se occorre distinguere tra i propositi
giuridici del nazismo e la loro concreta traduzione in diritto positivo. Il nazismo, infatti, non
è riuscito in dodici anni a distruggere completamente il BGB, uscito vittorioso dagli anni più
bui della storia tedesca. Gli elementi giuridici più caratteristici del regime nazista furono:
- l’idea che il diritto non può che essere un mezzo di salvaguardia, garanzia e sviluppo
della comunità razziale del popolo.
- la nuova teoria delle fonti del diritto che porta al rifiuto della preminenza della legge,
poiché strumento di organizzazione sociale che deriva da una fonte primaria, costituita
dalla razza e dalla ’appartenenza al popolo tedesco. La persona che proclama il diritto
sorto da questa fonte, è il Fuhrer.
- le leggi razziali di Norimberga del 1935, vero manifesto normativo del movimento nazista
(leggi sulla cittadinanza, purezza del sangue tedesco, restrizione dei diritti politici, divieto
di relazione tra ebrei e non ebrei ecc.).
- la giurisprudenza che, nonostante una latente opposizione, tende ad un atteggiamento di
compromesso con il regime e comincia ad interpretare le clausole generali in chiave
nazionalsocialista.
Il diritto tedesco nel secondo dopoguerra - La Costituzione del 1949 è uno dei principali
motivi ispiratori della riforma del diritto tedesco. Si hanno:
l’intervento del legislatore, caratterizzato da una forte apertura sociale e da uno spirito
egualitario (es. nel diritto di famiglia), liberale e umanitario (nel diritto penale). Un
intervento legislativo del 2002 ha sostanzialmente riscritto per intero il libro II del BGB,
concernente il diritto delle obbligazioni, per adeguare ai tempi il tessuto normativo,
riordinando norme sparse, innovando o recuperando i risultati più importanti delle
elaborazioni dottrinali di un secolo.
il ruolo determinante assunto dalla Corte costituzionale federale che veglia sul rispetto
dei principi fondamentali della Costituzione e dei diritti dell’individuo e contribuisce non
poco al ringiovanimento del diritto tedesco.
La diffusione del modello del BGB - La diffusione del BGB è stata modesta e limitata nel
tempo, nonostante l’influenza estesa in Brasile, Portogallo, Estremo Oriente. In Grecia è
stata più duratura, forse perché durante la dominazione ottomana (bizantina) il diritto
praticato in Grecia era quello romanico bizantino. L’attuale codice civile greco promulgato
nel 1940. dal 1835 si iniziò a guardare all’opera dei Pandettisti. Data la sua evoluzione
storica, la sua sistematicità e il suo contenuto, può essere considerato come appartenente
ai sistemi germanici.
IL CODICE CIVILE SVIZZERO DEL 1912: ZIVILGESETZBUCH - ZGB - Nel XVIII secolo
il diritto elvetico consisteva essenzialmente nelle consuetudini di origine germanica anche
se già dal XIV sec. il territorio elvetico era autonomo dal Sacro Romano Impero. Quando
con le conquiste di Napoleone si formò uno stato unitario, cominciò a prospettarsi l’ipotesi
di un diritto privato unitario, ma in seguito al Congresso di Vienna si creò un sistema
federale in cui ciascun cantone manteneva la propria indipendenza e autonomia.
L’ideale illuministico della codificazione aveva ormai preso piede e i cantoni svizzeri
decisero di introdurre un proprio codice civile. Ma si divisero circa il modello da seguire:
nella zona meridionale ed occidentale fu seguito il Code civil. nella zona centrale fu
seguito il modello austriaco.
nel cantone di Zurigo, tra il 1853 e il 1855, fu promulgato un codice redatto da giuristi
locali formati presso la Scuola storica di Savigny che influenzerà il codice svizzero del
1912.
Codificazione svizzera - La Svizzera voleva restare isolata rispetto alla realtà politica
d’Europa, ma intorno alla metà del XIX secolo si cominciò ad avvertire l’esigenza di
rendere unitario il sistema giuridico, per risolvere il problema della frammentarietà del
diritto, elemento grave in un’epoca di grandi trasformazioni economiche e sociali. Il
cammino verso un codice unitario si svolse attraverso alcune tappe importanti:
nel 1881 entrò in vigore una codificazione unitaria del diritto delle obbligazioni.
Successo e diffusione dello ZGB – Allo ZGB sono stati dati giudizi positivi:
- per Zweigert e Kotz, autori tedeschi, il successo dello ZGB e la sua ampia diffusione
sono attribuibili a molteplici fattori: la modernità delle soluzioni adottate, l’equilibrio tra il
difficile concettualismo del BGB e la chiarezza del Code civil, il riconoscimento del potere
creativo della giurisprudenza. I due autori sperano che lo ZGB possa essere preso a
modello per un futuro codice civile europeo.
- per Wieacker la codificazione svizzera si è imposta più del BGB all’attenzione degli stati
desiderosi di riforme. Tale successo è misurabile dal fatto che tutti gli ordinamenti nei quali
si è codificato il diritto privato dopo l’entrata in vigore dello ZGB, ne hanno tenuto conto.
Per esempio la Turchia si è rivolta al modello svizzero quando ha voluto adottare un
codice per modernizzare il proprio diritto durante la rivoluzione culturale guidata da
Ataturk. Il Codice civile turco del 1926, ricalcando lo ZGB, ha portato alla laicizzazione del
diritto della Turchia.
LE CODIFICAZIONI ITALIANE
I codici di alcuni stati preunitari - Dopo la Restaurazione molti Stati preunitari (Regno
delle Due Sicilie, Ducato di Parma e Piacenza, regno di Sardegna) adottarono dei codici
civili ispirati al Code Napoleon, tranne il Lombardo Veneto, a cui venne esteso l’ABGB, e
lo Stato Pontificio e la Toscana, in cui continuava a vigere il diritto comune. Sono codici
poco originali ma che testimoniano il bisogno di una formazione univoca e il richiamo delle
idee e della filosofia del codice francese.
Il codice del 1865 - All’unificazione politica doveva seguire anche quella legislativa,
compito non difficile, perché la disciplina del diritto civile era all’epoca omogenea in tutto il
Paese e il Code civil rappresentava un valido esempio cui ispirarsi, da un lato, per la sua
origine romanistica e, dall’altro, in quanto riflesso della condizione economica e sociale
della nostra penisola, dove la borghesia cominciava a farsi prepotentemente largo. L’unità
italiana, inoltre, si era fatto con i francesi contro gli austriaci, il cui codice era visto con
diffidenza. Il Codice civile del 1865, che per larghi tratti si presenta come una mera
traduzione del Code Civil, presenta come fulcro centrale il concetto dell’individualismo. I
divieti e gli obblighi sono stabiliti nel codice, infatti, non servono a soddisfare interessi
collettivi ma a consentire che la libertà dell’uno coesista con quella dell’altro. Alcune
caratteristiche del nostro codice lo differenziano dal testo francese:
si apre la possibilità di attribuire personalità giuridica anche agli enti morali
(gruppi intermedi).
si amplia l’esercizio dei diritti civili anche allo straniero, senza condizioni di
reciprocità.
Il Codice del 1942 - Il Codice del 1865, pur presentando le caratteristiche di un codice
astratto, quindi predisposto alla longevità, non riesce a sopravvivere alla trasformazione
economica e politica che investe l’Italia unificata negli ultimi anni del XIX secolo. In
risposta alle nuove necessità economiche del Paese qualcosa riesce a fare il codice di
commercio promulgato nel 1882, ma vi sono grossi problemi sul piano sociale. Si ha
l’esigenza di sistemare i rapporti tra le classi sociali e serve un codice chiaro e duttile. Per
questo si inizia a pensare ad una riforma del codice e nel 1923 il Governo delega una
commissione per la risistemazione dei primi tre libri del codice e parallelamente una
commissione mista italo francese si propone di realizzare una legislazione uniforme per i
due paesi in materia di obbligazioni e contratti, senza ottenere alcun risultato né in
Francia, né in Italia. I primi due libri del Codice civile, “Persone e Famiglia” e“Successioni”
furono promulgati nel 1939 e 1940, mettendo in evidenza:
un’impostazione tradizionale dell’istituto familiare, con accentuazione dell’unità della
famiglia e con una larga possibilità di intervento dello Stato sia sotto il profilo patrimoniale
che dei rapporti personali; un’impostazione tradizionale delle successioni, con la riscoperta
di anacronistici istituti, con riforme discutibili. E’ difficile qui innovare se si mantiene il
principio della trasmissione dei beni mortis causa e dell’efficacia della volontà privata del
testatore. Gli altri libri sono dedicati alla Proprietà, alle obbligazioni, al lavoro, alla tutela
dei diritti.
I giuristi, avvalendosi della loro esperienza tecnica, cultura e neutralità, riuscirono ad
impedire che prevalessero le ideologie politiche prive di chiarezza del fascismo, tanto che
alla caduta del regime non fu difficile ripulire il codice delle sue incrostazioni fasciste.
Anche il vero testo costituzionale del fascismo, la Carta del Lavoro, era un’enfatica ma
vuota petizione di principio, che i giuristi si rifiutarono di codificare. La maggiore
innovazione del codice del 1942 è rappresentata l’unificazione del diritto privato che ha
esteso in maniera soddisfacente a tutti i rapporti le regole fino a quel momento esclusive
del commercio. Tutta l’attività economica normativa diventa il centro di un unico testo
normativo che fa leva sull’imprenditore, dal punto di vista soggettivo, sui concetti di
impresa ed azienda dal punto di vista oggettivo. Maggior risalto è dato al lavoro
subordinato, elemento determinante dell’Impresa. I libri sono, oltre i due già citati:
- Delle obbligazioni, Libro IV il più ampio dedicato al rapporto obbligatorio generale ed alle
fonti di obbligazione. Spiega il nuovo ruolo del contratto non più solo modo d’acquisto ma
fonte di obbligazioni e rapporti;
- Del lavoro, Libro V il più innovativo ma anche quello più colpito dall’impostazione del
regime. Si regolano le attività economiche e gli strumenti delle attività. Le società
commerciali sono le uniche persone giuridiche con libertà d’azione.
- La proprietà, Libro III a livello concettuale è il più distante dal Code Civil: riflette il
passaggio da un’economia agraria ad una industriale. Si evidenziano i limiti del
proprietario e i suoi obblighi. Si parla di funzione sociale della proprietà, sia accentua il
processo di mobilizzazione della ricchezza che provoca la svalutazione in particolare della
proprietà fondiaria.
- Libro VI, Della tutela dei diritti disciplina varie materie e istituti che hanno funzione
strumentale per assicurare l’attuazione del diritto soggettivo.
Concludendo, il Codice civile del 1942 non rappresenta una svolta epocale paragonabile a
quella del codice napoleonico. Il nostro codice nasce in un periodo in cui le vecchie idee
sono superate e quelle nuove non sono ancora mature per essere codificate. Inoltre le
trasformazioni economiche e sociali sono troppo rapide per tramutarsi continuamente in
modificazioni di un testo chiuso come quello di cui trattiamo. Caduto il regime fascista non
c’è stata una vera e propria codificazione ma una decodificazione che ha travolto il codice.
Sull’impianto originario del codice hanno avuto impatto: la legislazione speciale, la
giurisprudenza e la Costituzione del 1948.
La legislazione speciale: il codice del 1942 le ha attribuito ampio rilievo. Non si può più
considerare semplicemente esplicativa del Codice, ma portatrice di autonomi principi
regolatori. Es. nel campo delle attività economiche, come il diritto di proprietà e l’impresa.
Il codice è lontano dal processo economico, ma è il regno della libertà e autonomia dei
privati. L’entrata in vigore della Costituzione ha poi portato nuova linfa alla legislazione
speciale che modifica i principi base del diritto privato e toglie ad esso e al codice civile la
funzione costituzionale. Principio di uguaglianza e tutela della personalità sollecitano
intervento attivo dello stato per la sua realizzazione. Il codice civile si è quindi impoverito:
per es. l’istituto familiare, oggetto di grandi riforme che hanno inciso sull’impianto
patriarcale e autoritario del codice e sulle disuguaglianze che lo caratterizzavano. Ruolo
fondamentale è stato svolto anche dalla giurisprudenza ed in particolare dalla Corte
costituzionale che hanno ampliato i limiti del risarcimento dei danni alla persona. Esempi
sono:
- il riconoscimento del danno biologico, inteso come lesione dell’interesse
costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona. Viene risarcita la
lesione fisica in sé a prescindere dagli effetti patrimoniali subiti dalla vittima.
- il riconoscimento del danno esistenziale, come peggioramento riscontrabile delle proprie
condizioni di esistenza, che estende l’invocazione del danno sia a situazioni a contenuto
non patrimoniale che prive di contenuto medicalmente rilevante.
- il riconoscimento della risarcibilità dei danni che hanno leso interessi legittimi, con la
conseguente eliminazione dell’immunità della pubblica istruzione.
In tutti i codici c’è stata l’opera adeguatrice di legislatore, dottrina, giurisprudenza. In Italia
e nei paesi dell’Unione europea il codice civile muta anche sotto l’influenza del diritto
comunitario.
Se il diritto è inteso come costante ricerca di giustizia, dai pochi elementi analizzati
sembrano potersi desumere due diversi modi di intraprendere questa ricerca: nella civil
law si cerca la soluzione di giustizia con una tecnica che ha come punto di partenza la
legge, nella common law la si cerca prendendo le mosse dal caso concreto e dalla
decisione giurisprudenziale. Si capisce come il tema delle fonti del diritto sia sempre stato
tra i più studiati per comprendere differenze e similitudini tra le varie famiglie giuridiche, in
particolare tra civil law e common law. Tuttavia, a proposito della configurazione della
common law come diritto sostanzialmente giurisprudenziale, in contrapposizione alla civil
law come diritto scritto, si osserva ormai una certa convergenza:
o nelle esperienze di civil law la legge non può più considerarsi la sola fonte
del diritto, essendo ormai ampiamente riconosciuto anche il ruolo della
giurisprudenza.
o il funzionamento della regola del precedente non può più essere
considerato come un fattore determinante per la distinzione, dato che,
mentre le corti di civil law sono ormai piuttosto attente al valore dei
precedenti, quelle di common law hanno sviluppato tecniche che possono
rendere elastico il significato della regola stare decisis (rimanere su quanto
deciso)
LA GERARCHIA DELLE FONTI - L’attuale gerarchia delle fonti si presenta molto più
complessa di quanto non faccia intendere, ad esempio, l’art. 1 delle nostre Preleggi. Un
ruolo fondamentale, infatti, è stato acquisito:
dalle Costituzioni e dai trattati internazionali, che tendono a prevalere sulla legge.
dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
dalla globalizzazione che tende a sottrarre allo Stato parte del suo potere di produzione
del diritto, quel potere monopolistico che dopo la rivoluzione si esprime nel codice e nella
legge.
Il nuovo diritto della globalizzazione è più vicino alla tradizione orale, colloquiale, aperta
della common law che non a quella scritta, vincolante della civil law. Si presenta come un
diritto non più necessariamente legato allo Stato, la cui fonte principale, le regole del gioco
e i principi, sono in continuo divenire ad opera della prassi e della dottrina.
- Nel sistema diffuso, detto americano, il potere di controllo spetta a tutti gli organi
giudiziari che lo esercitano incidentalmente, cioè in occasione della decisione di una
controversia concreta. Il giudice disapplica le leggi che ritiene in contrasto con la
costituzione e tale decisione ha efficacia inter partes. Ma se la controversia giunge alla
corte al vertice della giurisdizione, la decisione della corte vincola i giudici attraverso il
principio dello stare decisis.
Sono molte, tuttavia, le varianti dei due sistemi, le cui particolarità possono riguardare la
composizione della corte, le sue competenze e il tipo di atti sottoposti al controllo, i
soggetti legittimati a presentare la questione di legittimità, l’efficacia della pronuncia del
giudice costituzionale. Per l’Italia si è parlato di un sistema ibrido perché comprende
caratteristiche di entrambi i sistemi. Qui il controllo è svolto da una corte ad hoc ma la
questione di legittimità perviene attraverso il filtro del giudice che la solleva per decidere la
causa. Tale giudizio incidentale conferisce notevole concretezza al nostro sistema
accentrato.
Se si vuole completare la prospettiva comparatistica e considerare anche un controllo di
carattere politico, è necessario fare riferimento al caso francese. Sebbene in Francia non
sia contemplato un controllo propriamente giudiziario di costituzionalità delle leggi, la
costituzione della V Repubblica voluta da Charles de Gaulle nel 1958 ha affidato al
Conseil constitutionnel un controllo di costituzionalità preventivo. Il Conseil deve giudicare
la legittimità delle leggi organiche (che riguardano l’organizzazione di pubblici poteri) e
delle leggi ordinarie prima della loro promulgazione. Tuttavia, a partire dagli anni ’70, il
potere del Conseil è stato ampliato in quanto tale organo è venuto a proporsi anche come
garante dei diritti fondamentali. Il controllo di costituzionalità ha iniziato a comprendere altri
testi normativi oltre alla Costituzione, e ciò ha permesso al Conseil di superare il ruolo
marginale che gli era stato attribuito dalla Costituzione della V Repubblica. La legge di
riforma del luglio 2008 riguarda 33 dei 39 articoli della Costituzione del 1958 e tutti i poteri
dello stato ed è volta a rinnovare le modalità di esercizio del potere esecutivo, a
rivitalizzare il ruolo del parlamento, e per la prima volta in Francia al Conseil è affidato il
controllo di costituzionalità delle leggi a posteriori; ma deve solo verificare, poiché solo la
Corte di Cassazione o il Consiglio di Stato possono sollevare questioni di costituzionalità.
LE LEGGI - Tra le fonti del diritto la legge è quella che la tradizione legata alla Rivoluzione
e alle codificazioni colloca al vertice della gerarchia, dove resta fino all’avvento delle
costituzioni. Anche il codice è una legge ma si pone in un rapporto particolare rispetto alla
legislazione speciale: questa deve intervenire per disciplinare tutta una serie di nuove
esigenze non contemplate dal codice, dettate dallo sviluppo economico, sociale e
tecnologico. La rapidità dei cambiamenti sconsiglia di mettere mano a nuovi codici, opere
fatte di principi che devono essere acquisiti nella coscienza sociale prima di poter
diventare regole. Il codice rimane comunque al centro del sistema: è lui a garantire
un’organizzazione sistematica ad ogni norma positiva e a risolvere i casi dubbi o nuovi. Il
particolare rapporto tra legge speciale e codice si vede, per es., nel BGB tedesco: chi lede
con dolo o colpa vita, corpo, salute o libertà altrui, è obbligato a risarcire il danno. La legge
limita la responsabilità al risarcimento del danno patrimoniale e stabilisce un tetto
massimo, ma la vittima può instaurare un procedimento ex art. 823 per un ammontare
illimitato, se prova la colpa del danneggiante.
Occorre aggiungere che attualmente, anche dove vige una forma di governo
parlamentare, l’attività legislativa vede sempre più spesso protagonista l’esecutivo
piuttosto che l’assemblea legislativa.
I REGOLAMENTI - Il regolamento, in particolare quello governativo (es. previsto nell’art.
85 co 5 della nostra costituzione), è la tipica fonte secondaria che nella gerarchia delle
fonti si colloca al di sotto della legge e non può ad essa derogare. Un caso emblematico è
dato dalla Francia della V Repubblica, dove per rafforzare il potere esecutivo, era stato
previsto un potere regolamentare non subordinato al potere legislativo, quindi autonomo. Il
potere regolamentare del governo è sottratto al controllo del Conseil costituzionale e
sottoposto alla giurisdizione del Consiglio di Stato (Conseil d’Etat) che nel 1959 si è
attribuito il potere di controllare la legittimità dei règlements governativi, assimilando la sua
autorità a quella di una Corte costituzionale. E’ visibile quindi, nella situazione francese, un
sempre più ampio potere dei giudici sul legislativo e sull’esecutivo.
Nei paesi di civil law, queste corti di ultima istanza difettano di strumenti efficaci di
selezione dei ricorsi, caratteristici invece delle corti di common law, che riescono ad
evitare l’intasarsi dei tribunali. Le corti di civil law, sommerse di ricorsi non possono
concentrarsi sulla loro funzione di nomofilachia (proteggere l’osservanza della legge),
propria della Corte Suprema. Il legislatore italiano ha introdotto nel 2009 l’art. 360 bis
c.p.c. che prevede una selezione preliminare del ricorso, inammissibile se il
provvedimento impugnato ha deciso conformemente alla giurisprudenza della corte e non
si può mutare tale orientamento, con la speranza di diminuire il carico di lavoro della corte.
Vi sono situazioni in cui è forte la tentazione di parlare di dottrina del precedente anche
nella civil law. In Spagna, la doctina legal, quale si esprime nella giurisprudenza
consolidata del Tribunal supremo, non è fonte del diritto, ma affianca l’art 1 del cc le fonti
classiche del diritto, e la sua violazione può costituire oggetto di ricorso in cassazione. In
Messico, 5 sentenze consecutive di una Camera della Corte suprema sono vincolanti per
tutti i giudici. In Francia e Germania se ci si vuole allontanare da una sentenza, viene
convocata la Corte suprema. In Italia il riferimento è l’art. 360 bis c.p.c. per dichiarare
inammissibilità del ricorso, è importante che il provvedimento impugnato abbia deciso in
modo conforme alla giurisprudenza della corte; oppure se le parti non propongono ricorso
nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il procuratore può chiedere che la corte enunci il
principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. I giudici, infatti,
anche per pigrizia mentale, tendono a seguire i loro predecessori e i valori della certezza,
della prevedibilità e dell’uguaglianza richiedono che casi simili siano decisi allo stesso
modo. Si capisce come la giurisprudenza abbia un’autorità fortemente persuasiva, non poi
così lontana da quella delle corti di common law.