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IL TAO DELLA TECNICA

del Maestro Kenran Umeji

Permettere al Tao di sbocciare non è possibile che seguendone


la Via che sfida ogni descrizione: «da cuore a cuore». I mezzi
pratici che permettono di dimostrare questo cammino sono
numerosi. Essi sono tuttavia tutti (utilizzati e esercitati nella
maniera giusta) delle forme di realizzazione del Tao. C'è un “Tao
della tecnica”. La tecnica perfetta nella pratica di un esercizio
(gyo) è, in sé, una manifestazione del Tao. Nel Tao della Tecnica,
essa stessa è Tao e Tao è la tecnica. Dunque tecnica = Tao e Tao =
tecnica.
Per pervenire al possesso e alla gioia del Tao nell'esercizio
del tiro con l'arco, bisogna morire a tutto quello che è voluto e
cosciente, in favore dell' Essere essenziale puro e libero.
Bisogna anche imparare a controllare l'irruzione della grande
Verità, simile ad una sorgente perpetuamente zampillante, e
pervenire infine, appoggiandosi sull'intenzione giusta, a
manifestare il Tao per un attitudine conforme. E' una via molto
“facile” e diretta. Ma, per ognuno, la cosa più difficile è, al
momento stesso di far partire la freccia, di lasciar totalmente
morire il proprio io.
La “morte totale” di cui si tratta qui non è quella “morte”
inutile dove, per tenere e tendere l'arco, uno sforzo eccessivo
fino allo sfinimento fa soffrire un'agonia psichica e fisica. La
“morte assoluta dell'Io”, ben compresa, è quella che dà accesso
alla libertà della vita e della morte elevandosi al disopra
dell'una e dell'altra, quella che porta l'allievo a scoprire il
suyo vero cuore, il suo Essere essenziale, ed a schiudersi nella
Vita infinita, aldilà della vita e della morte. Si tratta di
annullare questo io restato prigioniero degli opposti, così bene
con l'assoluto che con il relativo.
Rendere possibile la morte totale del piccolo io è, per un
esercizio instancabile, sforzarsi all'attitudine giusta – sotto la
direzione di un maestro che la possieda e la sveli. La prima tappa
consiste nell'assimilare, per una lunga pratica del tiro,
esattamente tutti gli elementi del processo, in modo che la
padronanza assoluta della sua “legge naturale” elimini la più
leggera tensione del corpo, la minima contrazione. Bisogna in
seguito imparare a liberarsi da tutti i legami, da tutte le
inquietudini e divenire puro come un bambino. Il nucleo stesso
dell'esercizio, che scappa a tutta la coscienza oggettiva, appare
allora alla luce interiore e questa “forma pura”, riflessa nella
coscienza, entra in gioco da se stessa, senza sforzo né ricerca.
Il cammino verso la purezza necessaria per raggiungere e
lasciar schiudere il «Gyo Tao», è a doppia:
1. Si impara a superare tutta la coscienza intenzionale e tutte
le fluttuazione dell'umore al fine di divenire libero di
ascoltare infine, nel profondo del suo essere, la voce del
vero cuore, vale a dire dell' Essere essenziale alla ricerca
del Tao.
2. Si segue fino alla fine il cammino della coscienza oggettiva,
intenzionale, poi spezzandosi sui suoi limiti, si arriva al
movimento del progresso senza fine.
Se uno di questi due cammini conduce allo scopo, si è divenuti
puri, liberati dal proprio “fare” artificiale. La purezza perfetta
non è nient'altro che lo schiudersi del Tao. In lei la grande
Verità è al tempo colta e manifestata. Un santo di altri tempi ha
detto: «Purezza o impurità hanno lo stesso senso che raggiungere o
mancare il Tao. Colui che cerca il Tao non può pervenirvi che per
la purezza».
In tutto l'esercizio si deve, dal primo passo, mettere tutto
in opera per vincere l'impurità. Ma che cos'è l'impurità? E' tutto
quello che riguarda l'io, tutti gli attaccamenti dell'io. Perché
l'uomo inizia sovente l'esercizio con le sue impurità (volontà
propria, coscienza dell'io, ambizione), non arriva a disfarsi del
dualismo, del “giusto” e “non giusto” “bene” e “male”, essere e
non essere, e dimora preso nell'errore, il dubbio e la mancanza di
fede. Fintanto che un opinione dell'io “sulla domanda” prende il
primo posto, egli non perviene all'attitudine giusta. Anche quando
egli “percepisce” e comprende interiormente questo, egli è
incapace, con la migliore volontà del mondo, di mantenervisi. Al
momento decisivo, il suo io lo tiene prigioniero. Egli resta
sospeso, in uno stato pietoso e, benché senta la sua attitudine
falsa, incapace di progredire. Quale che sia il suo zelo nello
sforzo, il Tao gli resta inaccessibile. Per raggiungerlo, egli
deve pervenire alla completa conversione del cuore, la
purificazione. Fin là, la trasmissione del Tao “da cuore a cuore”
gli è, anche lei, chiusa. Quest'uomo si trova ancora fuori dal
Tao.
Cosa si intende, durante il corso di un esercizio, trovarsi
all'interno del Tao? Ci sono tre tipologie di allievi:
Ci sono quelli che sono di fatto fuori dal Tao. Essi si
impegnano, ma cercano giustamente là dove non lo si può trovare.
Sentono bene che c'è del falso nella loro attitudine. Essi sono
convinti della giustezza di quella degli altri e tentano di
pervenirvi. Ma pertanto essi restano attaccati alla loro cattiva
attitudine perché, benché sembrino conoscerla, essi non si rendono
conto di quello che e giusto e di quello che non lo è. E' per
questo che che non arrivano a trasformare l'attitudine, che essi
sanno tuttavia falsa, in attitudine giusta. Anche distinguendola,
restano rinchiusi nell'errore, nel loro conflitto tra giusto ed
ingiusto, bene e male. Di tanto in tanto essi pervengono allo
stato di spirito adeguato e si trovano nella pace e nella
concentrazione giusta. Ma ben presto essi si separano da questo
stato di discernimento e la lotta tra giusto e ingiusto, bene e
male, riappare. Si può chiamare questo il dedalo del conflitto
degli opposti, o l'aberrazione dualista. Quello che tiene
prigioniero, si trova ancora al di fuori del Tao ed il cammino “da
cuore a cuore” gli è chiuso.
Altri sono già all'interno del Tao. Il loro lavoro è buono e,
immancabilmente, il Tao si sveglia in loro. Ma, all'inizio, essi
si ingannano sulla loro posizione all'interno di questo.
Tra loro si trovano degli allievi che sanno veramente
l'attitudine che bisogna avere e lavorano in una buona direzione,
verso la liberazione dall'io. Pertanto essi fanno fatica a
mantenervisi. Quando, grazie ad una pratica instancabile, essi
hanno raggiunto l'attitudine giusta, si interrompono, si fermano.
Fare un passo in avanti diventa per loro impossibile. Essi allora
se ne rendono conto e riprendono il loro cammino.
Altri allievi, già all'interno del Tao, hanno coscienza dello
stato di spirito che vi é conforme e vi si mantengono senza grande
difficoltà. Questi discepoli sono liberati da quello che é falso
e, da che si accorgono di un errore, riprendono la buona
direzione. Che questa conoscenza sia portata per un altro o che
essa nasca in loro, poco importa: dal momento in cui essa sboccia,
essi “cadono” da loro stessi, fisicamente e spiritualmente,
nell'attitudine giusta e vi si tengono. Anche questi discepoli
rischiano un giorno di smarrirsi sulla Via. Tuttavia non restano
mai immobili, progrediscono costantemente. Per loro non c'è più
altro cammino che quello verso l'alto e, passo a passo, vi
avanzano.
Questi due ultimi tipi di discepoli non possono mancare di
arrivare all'illuminazione poiché, gli uni come gli altri, non
segnano mai il passo, non restano mai immobili. Per queste due
categorie, si tratta di “deviazioni” all'interno di uno stato del
Tao, di errori interni. Questi d'altronde non sono praticamente
errori. In loro esiste il “dare e prendere da cuore a cuore”.
C'è infine il grado dove - pensiero, azione o attitudine –
tutto quello che si fa, o rinuncia di fare, testimonia il Tao,
manifesta il Tao. E' il grado della maestria. Gli allievi che
abbiamo descritto come all'esterno del Tao caratterizzano il grado
meno elevato del tiro con l'arco. E' il livello dello
“apprendistato”. Gli altri livelli comportano già qualcosa in più
di quello. Negli allievi più avanzati, l'esercizio e divenuto
azione (non come l'azione di mirare diretta dall'io, ma azione del
Tao per mezzo del tiro con l'arco). Il processo di formazione
obbedisce alla legge della vita. I progressi oltrepassano
l'acquisizione della tecnica propriamente detta ed il possesso
della forma esteriore. Essi conducono alla nascita della “forma”
che é al di là di tutte le forme, al compimento della Legge che é
al di là delle leggi esteriori e, per una via particolare, alla
Via. Il progresso decisivo non é una questione di tempo, esso
dipende da “dove si trova il cuore” (dipende dalla grande
metamorfosi). Si può pervenire di colpo all'illuminazione.
L'accesso al grado della conoscenza ultima non é dunque, in fondo,
una questione di evoluzione ma di rivelazione improvvisa.
Il tiro con l'arco é un cammino che porta alla nascita del
Tao. E' un modo della Via. Acquisire il Tao per l'esercizio del
tiro con l'arco dipende dalla giusta attitudine in colui che lo
pratica. Egli accede a questo stato interiore per la purezza e la
morte dell'io. Quando il piccolo io muore totalmente, e in quel
momento solo, egli può pervenire alla vera illuminazione e, nel
senso proprio del termine, alla tecnica che eguaglia il Tao;
raggiungere anche la manifestazione di questo e la conoscenza
suprema per la giusta utilizzazione della grande saggezza. Infatti
il Tao non è altro che la Purezza assoluta, e questa non significa
altro che la grande Verità che abbraccia l'universo intero. Il
cuore di un uomo del Tao, vale a dire un uomo che gli porta
testimonianza, che annuncia il Tao senza il minimo sforzo, e il
cuore di colui che lo cerca non sono, l'uno e l'altro, che una
modalità della Purezza assoluta, con la sola differenza che nel
cuore dell'uomo in ricerca essa non é ancora evoluta, torbida e
alterata e che, nel risvegliato, essa si manifesta in tutta la sua
limpidezza.
Così ne è anche della relazione tra allievo e maestro.
Improvvisamente, senza alcun segno precursore, quello che emana
dal maestro e quello che vorrebbe farsi giorno nell'allievo si
incontrano. Di colpo, in questa presenza comune, il cuore del
maestro e quello dell'allievo divengono “uno”. E' quello che si
chiama “da cuore a cuore” ed é per questo che il Tao non può
essere “trasmesso” che a colui che già lo possiede.
Maestri e allievi del mondo intero, ricordatevi di questo:
«Siete o no all'interno del Tao?»

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