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Dispensa- Opzionale - Riassunto ECONOMIA DELLE


IMPRESE AGROALIMENTARI
Economia Delle Imprese Agroalimentari (Università degli Studi di Napoli Parthenope)

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APPUNTI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE AGROALIMENTARI

CAPITOLO 1: L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE

1.1 Globalizzazione ed internazionalizzazione

Al giorno d’oggi vengono impiegati più spesso termini come internazionalizzazione e globalizzazione; si tratta di concetti
accostabili, ma totalmente diversi. Negli ultimi decenni si è assistito a:

 Un progressivo incremento degli scambi commerciali a tutti i livelli (merci, servizi) a seguito del processo di
liberalizzazione degli scambi.
 Una crescita senza eguali della diffusione di qualunque genere di conoscenza e un crescente confronto tra i
differenti modelli imprenditoriali e le diverse esigenze dei consumatori a livello mondiale.
 Una sempre più marcata contrapposizione tra l’affermarsi del paesi industrializzati e le difficoltà di evoluzione
manifestate dai pvs.

Tutto questo può identificare il fenomeno della globalizzazione, che quindi interessa diversi ambiti. Il termine è stato
utilizzato dagli economisti a partire dai primi anni 80 del ‘900, soprattutto per riferirsi agli aspetti economici delle relazioni
tra popoli e grandi aziende. Il fenomeno, però, deve essere inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali,
tecnologici e politici. In ambito prettamente economico, la globalizzazione indica la pressante integrazione nel commercio
mondiale e la crescente dipendenza tra tutti i paesi del pianeta. Secondo alcuni economisti, la globalizzazione può essere
definita come un singolare sviluppo delle possibili relazioni tra le differenti macroaree del pianeta. Per
internazionalizzazione, invece, si intende quel processo orientato soprattutto al commercio internazionale oppure al
marketing; talvolta, si parla anche di internazionalizzazione passiva e attiva. Si ricade nel primo ambito quando alcuni
operatori economici trovano convenienza nell’acquisto del prodotto dell’impresa di un certo paese; alcuni elementi di
questa forma sono: la non ricerca del cliente, la non conoscenza del mercato e così via. Si ricade nel secondo ambito nel
momento in cui l’impresa è in grado di occuparsi almeno nella fase distributiva all’estero, della propria attività economica
e di promuovere i propri prodotti. In generale, l’internazionalizzazione può riguardare la produzione, l’ambito
commerciale, le attività di R&S e così via.

Malgrado alcuni momenti di recessione di varia intensità, la crescita degli scambi commerciali è proseguita nel corso degli
ultimi decenni; facciamo alcune importanti riflessioni: se l’incremento degli scambi internazionali è più veloce della
crescita complessiva del Pil mondiale, allora vuol dire che quello che viene prodotto in un paese è consumato sempre più
in un altro paese e che i capitali di un paese investiti altrove. Quello che si è venuto a generare è un fenomeno di
dilatazione spaziale di proporzioni via via più vaste, per cui tutte le attività economiche costituenti la filiera produttiva si
dispiegano nello spazio. Semplificando al massimo le ragioni che inducono al fenomeno della dislocazione spaziale
possono essere ricondotti a tre:

 Motivi di tipo esogeno: ad es i consumatore di un determinato paese richiedono beni e servizi prodotti altrove.
 Innovazioni politiche: esempi sintomatici sono dati dalla rimozione di ostacoli naturali.
 Scelta dell’impresa: per es collocare il proprio ramo della produzione o della R&S in paesi a più bassi costi.

1.2 La strategia

“La strategia è il fondamento di obiettivi, finalità e scopi, che comprende le politiche e i programmi atti al raggiungimento
di tali obiettivi” (K.R. Andrews, 1971). Dunque, riferendosi, ad una impresa con una sola attività (monobusiness), la
strategia generale è definibile come un sistema di scelte da risolversi contemporaneamente. Tali scelte risultano essere di
fondamentale importanza per la vita dell’impresa, dato che ne determineranno il posizionamento strutturale rispetto ai
vari mercati di riferimento. La strategia, inoltre, non si riferisce alle scelte che possono riguardare la normale gestione
quotidiana dell’attività dell’impresa. I mercati di riferimento sono:

 Di sbocco, per il collocamento ottimale del prodotto da vendere.


 Di rifornimento degli input, per l’individuazione delle materie prime.
 Del know-how, cioè delle conoscenze non solo tecnologiche.
 Del lavoro, per l’individuazione delle risorse umane.

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 Dei capitali di credito, per il normale svolgimento della gestione finanziaria dell’attività dell’impresa.
 Del capitale di rischio, necessario per l’esistenza stessa dell’impresa.

L’obiettivo finale è quello di ottenere un equilibrio generale di tipo dinamico, che tenga conto degli inevitabili mutamenti
nel tempo delle condizioni endogene ed esogene dell’impresa. Nel caso più complesso di un’impresa che svolge più di una
attività (multibusiness), la strategia generale deve inglobare anche il mix di attività in grado di ottimizzare i fattori.

Sulla base di questi concetti, è possibile individuare un insieme di strategie funzionali a quella generale, il cui compito è
quello di individuare l’equilibrio in riferimento ai singoli mercati di riferimento. Naturalmente, la scelta ottimale è
appannaggio di un soggetto in possesso della c.d. “intelligenza strategica” e che può essere unico o composto da più
elementi. Nel primo caso la responsabilità cade su di un unico individuo che può essere un amministratore o un
imprenditore; nel secondo caso, invece, sono più soggetti, che attraverso lo studio di info, prendono decisioni.

1.3 Strategia di internazionalizzazione e problematiche

Dato che la teoria economica di base insegna che lo scopo principale di una impresa è quello di ottenere un profitto della
propria attività produttiva senza limiti temporali, si può dire che l’internazionalizzazione rappresenterebbe un naturale
passo nel processo di crescita di tutte le imprese. La realtà dei fatti dimostra che non è così, configurando 2 modelli di
imprese internazionalizzate: europeo e americano. Il primo caso evidenzia che le imprese di paesi di dimensioni medio-
piccole, una volta che è stato saturato il mercato interno, possono confrontarsi in tempi più brevi con altri mercati,
accumulando così una certa esperienza in campo internazionale. Il secondo caso, mostra la crescita all’interno di un paese
di grandi dimensioni può diventare un modello da seguire. Basilare è la scelta di un’adeguata strategia di
internazionalizzazione, che dovrà tenere in debita considerazione i mercati. Tuttavia, la determinazione della strategia
ottimale si scontra con una serie di problemi che vanno ben oltre i semplici problemi naturali. Tra le principali difficoltà è
possibile identificarne le più significative:

 Un primo ostacolo può essere di tipo linguistico: l’assenza della capacità di un’azienda di interfacciarsi con paesi la
cui lingua è molta diversa può rendere difficili le comunicazioni riguardanti i prodotti da piazzare sul mercato.
 Un secondo ostacolo può essere di tipo giurisdizionale, che possono condurre l’impresa verso rischi maggiori o
comunque diversi rispetto a quelli riscontrabili nel paese di origine.
 Un terzo ostacolo è relativo ai confini dei paesi e alla situazione doganale.
 Un quarto ostacolo sono i problemi valutari a causa dell’imprevedibilità delle transazioni economiche legate alla
variabilità dei cambi.
 Infine, vi è l’ostacolo della discontinuità nel contesto, ovvero a confrontarsi con ambienti, modalità di produzione
e/o di distribuzione e/o consumo, molto spesso totalmente differenti.

A completamento di quanto detto, bisogna sottolineare che una formula imprenditoriale non può essere concretamente
replicata sempre e ovunque, perché il suo successo dipende anche da condizioni storiche, ambientali e casuali che non
potranno mai essere le stesse. A maggior ragione, nel caso dell’internazionalizzazione, il successo della strategia di
un’impresa non è una garanzia assoluta del raggiungimento dello stesso risultato anche in altre circostanze.

1.4 Motivazione dell’internazionalizzazione

Non sempre una impresa trova una spinta verso il processo di internazionalizzazione. Tuttavia, molto spesso si presentano
delle condizioni che spingono un’impresa ad affacciarsi sui mercati internazionali e, talvolta, tali condizioni riguardano gli
ambiti di attività dell’impresa più significativa, come l’ambito commerciale, finanziario e della produzione. Per quanto
concerne le vendite, le spinte verso l’allargamento del raggio d’azione oltre i confini nazionali sono diverse e vanno oltre
le possibilità di sfruttare la notorietà del marchio in altri paesi. Infatti, potrebbe verificarsi una saturazione del mercato
interno che spingerebbe l’impresa a rivolgersi ad altri mercati per la vendita del proprio prodotto. Dal punto di vista
prettamente economico-finanziario, l’impresa potrebbe trovarsi nella necessità/opportunità di ottenere vantaggi fiscali in
paesi diversi dal proprio. Per quanto riguarda l’aspetto produttivo, infine, una impresa potrebbe trovarsi nella condizione
di doversi internazionalizzare a motivo di alcuni vantaggi, come la semplice vicinanza ad un altro paese o l’opportunità di
attingere a specifiche competenze non presenti nel paesi di origine.

1.5 Elaborazione della strategia

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Il processo di elaborazione della strategia di presenza di una impresa in diversi paesi da quelli di origine è molto
complesso, ma passa attraverso alcuni momenti fondamentali: dapprima deve essere effettuata un’analisi approfondita
del potenziale strategico dei mercati; dopodiché va fatta una valutazione dell’attività dei singoli mercati. Una volta che è
stata decisa la presenza su un determinato mercato di sbocco estero, l’impresa avrà diverse possibilità in funzione delle
motivazioni strategiche che la spingono ad operare su quel mercato.

Nel caso di un basso coinvolgimento finanziario, le possibilità per l’impresa sono solo quelle di sfruttare delle opportunità
spot: ad es l’impiego di procacciatori d’affari, oppure occasioni come le fiere molto utili per farsi conoscere all’estero. Se
l’obiettivo è quello di essere presenti in maniera più costante sul mercato estero potrebbe essere utile il ricorso ad una
trading company del paese di origine.

Nel caso di un coinvolgimento finanziario più rilevante, a seconda dell’obiettivo della strategia, l’impresa potrà creare un
ufficio di rappresentanza oppure spingersi oltre, fino a creare una joint venture commerciale e ad effettuare IDE. Nel
momento in cui è stata già presa la decisione di internazionalizzarsi, l’impresa dovrà decidere quali elementi della catena
del valore portare all’estero, poi quanti dovranno essere controllarti e così via. La ricerca del controllo strategico presenta
alcune implicazioni molto importanti: l’impresa, infatti, dovrà sicuramente impegnare una gran quantità di risorse e
sostenere alti costi fissi, incrementando la sua esposizione al rischio.

1.6 Modalità di internazionalizzazione

Generalmente possono essere identificate 3 modalità di internazionalizzazione di una impresa.

1.6.1 Esportazioni

L’esportazione è la forma più semplice e viene normalmente definita come un trasferimento di beni e servizi da un paese
all’altro grazie a metodi diretti e indiretti. La scelta tra il metodo diretto e quello indiretto implica un diverso grado di
coinvolgimento. Nel primo caso l’impresa arriva al consumatore finale o alla grande distribuzione del paese obiettivo
usufruendo di un proprio agente o di una propria filiale; in questo caso il ritorno reddituale è superiore. Nel secondo caso,
anche se i guadagni risulteranno minori, il rischio viene trasferito ad altri soggetti economici che non operano per conto o
in nome dell’impresa, ovvero ad intermediari quali una trading company o un esportatore.

1.6.2 Contratti

Le forme di collaborazione con altri soggetti economici rappresentano una valida alternativa in un processo di
internazionalizzazione:

 Licenza: è un contratto tramite cui il soggetto che cede la licenza (licenziante) si accorda con il soggetto che la
gestisce (licenziatario) per il trasferimento del diritto di produrre o distribuire un bene, dietro il pagamento di un
compenso unico o percentuale.
 Franchising: è una forma di collaborazione per la distribuzione di beni o servizi, utile per la velocità di diffusione
internazionale a basso costo, per le imprese che intendano affiliarsi ad un marchio già affermato. L’azienda madre
(franchisor) concede all’affiliato (franchisee) il diritto di commercializzare i propri prodotti e servizi utilizzando
l’insegna dell’affiliante, oltre ad assistenza tecnica e consulenza sui metodi di lavoro, in cambio del rispetto di
standard e modelli di gestione e produzione stabiliti ed il pagamento ti una percentuale sul fatturato (royalty).
 Appalto chiavi in mano: è un contratto con cui si accorda per la costruzione di impianti che vengono resti pronti
per l’attività al momento della consegna.
 Manufacturing: con tale contratto una impresa che si sta internazionalizzando si accorda con un produttore già
presente nel paese obiettivo per l’approvvigionamento di quanto necessario per servire il mercato locale.
 Management contract: in questo l’impresa estera amministra e controlla la gestione dell’attività ordinaria del
paese obiettivo.
 Costellazione: è un accordo tra imprese, ciascuna specializzata in una specifica fase del processo produttivo, che
collaborano tra loro, al fine di conseguire un’ottimizzazione dei costi della produzione.
 Joint venture: si tratta di un accordo di collaborazione con cui almeno 2 imprese intendono realizzare un progetto
comune di natura industriale o commerciale, prevedendo l’utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole

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imprese partecipanti, ma anche una equa suddivisione dei rischi legati all’investimento. Può essere di tipo
contrattuale oppure societario.

1.6.3 Investimenti Diretti all’Estero (IDE)

Gli IDE possono essere definiti come investimenti internazionali che esprimono un interesse duraturo a lungo termine,
nonché una significativa influenza nella gestione dell’impresa di una paese target da parte di quella del paese di origine. Si
differenziano dagli investimenti di portafoglio dato che questi constano di semplici attività puramente finanziarie. Gli IDE,
invece, prevedono una gestione diretta da parte dell’investitore che mantiene il totale controllo sulle modalità di impiego
del capitale investito. Generalmente si manifestano sotto forma di acquisizione del controllo su una impresa estera
oppure nella nascita di una consociata. Benché molti dei motivi che giustificano gli idp siano validi anche per gli ide, essi
non spiegano la ragione per cui gli operatori di un dato paese accettino IDE invece di fare essi stessi investimenti reali
all’interno della nazione. In effetti, una normale considerazione porta a dire che le imprese nazionali dovrebbero avere
una conoscenza superiore delle caratteristiche del paese godendo di un vantaggio competitivo rispetto alle imprese
estere internazionalizzate. Una forma di giustificazione degli IDE è l’integrazione verticale, in base alla quale una impresa
internazionalizzata trasferisce all’estero una parte della sua catena produttiva. Ma gli IDE possono rispondere anche ad
esigenze diverse, ad es per eludere barriere tariffarie.

Un significativo esempio di IDE è senz’altro la modalità di ingresso nella produzione internazionale. Con la produzione
all’estero si realizza una vera e propria integrazione con i mercati obiettivo. Aumentano così le possibilità di successo ma
si devono sopportare costi e rischi più elevati. Con gli IDE esiste un maggior coinvolgimento nelle operazione che si
svolgono nel paese target e si ottengono vantaggi di costo su materie prime, lavoro e trasporti. Esistono varie tipologie di
produzione all’estero con investimento diretto e un diverso impiego di risorse:

 Joint venture: consente di entrare rapidamente nel mercato di destinazione e di ripartire gli investimenti nonché i
rischi con un altro soggetto.
 Stabilimenti completi: modalità di ingresso più complessa detta greenfield, che prevede la costruzione di impianti
ex novo nel paese target e con cui si possono utilizzare le tecnologie più recenti e scegliere luoghi più vantaggiosi.
In tal caso quasi tutte le risorse impiegate sono dell’impresa internazionalizzata.
 Acquisizione convenzionali: ad es di un’impresa con tutto il suo patrimonio di clienti e contatti commerciali,
permettendo di entrare molto rapidamente nel mercato target. È possibile tenere anche il management
dell’azienda acquisita e sfruttare anche il capitale di esperienza.
 Brownfield: l’impiego di risorse è simile al caso greenfield, ma in più vi si presente anche l’opportunità di accedere
ai fornitori locali, a quote di mercato già consolidate e a marchi locali, eventualmente sostituendo in tutto o in
parte le preesistenti linee di produzione.

1.7 Problematiche di marketing internazionale

Il marketing rappresenta uno degli aspetti più rilevanti delle attività operative di un’impresa; assume un valore maggiore e
più particolare nel momento in cui l’impresa si internazionalizza. Il marketing, inteso come attività diretta a soddisfare i
bisogni e le necessità del consumatore/cliente tramite i processi di scambio e sincronizzazione di produzione e
distribuzione di beni e servizi, ha alcune funzioni di base: regola i rapporti tra impresa e mercato, identifica i bisogni e di
desideri dei consumatori, trova soluzioni in grado di soddisfare la clientela. Naturalmente è necessario porre in atto una
serie di operazioni, come: la raccolta di info che forniscano dati sull’attuale situazione sia interna che esterna; l’analisi dei
punti di forza e debolezza del mercato ecc. La strategia di marketing poi, deve indicare i segmenti di mercato (gruppi di
potenziali consumatori con caratteristiche simili, che costituiscono, per l’azienda, un unico obiettivo di mercato) ai quali
farà riferimento. L’operazione di scelta dei segmenti avviene solo in seguito ad una attenta valutazione delle loro
caratteristiche in rapporto alle risorse disponibili. Dal punto di vista dei prezzi, la politica di marketing deve decidere
dapprima il prezzo di vendita dei vari prodotti o gamme, per poi passare ad eventuali differenziazioni. L’attività
promozionale, invece determina obiettivi, modalità e mezzi di comunicazione. Per ottenere un elevato grado di successo a
livello internazionale, l’impresa deve essere in grado di segmentare i mercati mondiali ottenendo vantaggi significativi.

Un marketing con l’ottica della globalizzazione implica profonde ristrutturazioni dell’organizzazione aziendale; in
particolare deve essere centralizzato e contemplare culture differenti per il raggiungimento del nuovo modello di

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consumatore internazionalizzato. Risulta evidente che non può esistere un modello di marketing internazionale
universalmente valido, tuttavia per risultare vincente deve necessariamente: agire in un contesto competitivo; mantenere
un collegamento dinamico tra i mercati e così via. La sfida del marketing internazionale è, dunque, di riuscire a conciliare
la tendenza della standardizzazione del prodotto e alla centralizzazione delle scelte strategiche dell’impresa con il bisogno
di un consumatore sempre più globalizzato, ma anche più esigente.

1.8 Corporate social responsability e sostenibilità

Un altro aspetto importante in ottica strategica è il peso che l’impresa affida al ruolo della CSR e di elementi quali
ambiente, sicurezza della forza lavoro ecc. L’affermarsi del concetto di sviluppo sostenibile ha introdotto il principio etico
dell’equità, che ha determinato l’obbligo dell’universo imprenditoriale, di assumere una responsabilità verso la società
diversa dalla produzione e distribuzione dei profitti. Tale concetto è alla base degli studi svolti sulla CSR. Oltre l’etica e la
responsabilità, ora le imprese devono rappresentare in modo attivo ed efficace tutta una serie di valori, cosa che richiede
l’analisi di alcuni fattori importanti quali: il potere e l’influenza delle grandi multinazionali sull’economia mondiale.
Parlando, in particolare, della responsabilità sociale, questa genera diverse conseguenze. Innanzitutto, ha le potenzialità
per apportare un miglioramento dell’ambiente di lavoro; la sua corretta applicazione può condurre ad una efficace
gestione delle risorse naturale.

Appendice. Un quadro generale sugli IDE

A partire dalla seconda metà del secolo scorso, i flussi di IDE hanno evidenziato un progressivo incremento, interrotto
soltanto da alcuni periodi caratterizzati da una certa instabilità politica o economica, rappresentando il principale
elemento di crescita del Pil mondiale. Gli IDE si concentrano solo in una piccola parte nel settore primario (meno del 10%),
dato che la maggior parte interessano i servizi (50%) e il settore industriale (40%). Sulla base di riflessioni di tipo teorico, si
tende a pensare che la principale tendenza dei flussi di IDE sarebbe quella di generarsi nei paesi industrializzati per
collocarsi nei pvs, dove potenzialmente, sarebbero presenti maggiori possibilità di sfruttare condizioni particolarmente
favorevoli. Tuttavia, molto spesso le considerazioni teoriche non riescono a spiegare concretamente cosa accade, ossia il
progressivo incremento degli investimenti incrociati (flussi bidirezionali) tra paesi più internazionalizzati. Entrando più nel
dettaglio, dopo il calo dei primi anni del nuovo millennio, gli IDE, sono cresciuti progressivamente negli ultimi 4 anni (dal
2007), raggiungendo i 1833 miliardi di dollari. Al primo posto degli IDE ci sono, inequivocabilmente, gli USA, con 1248
miliardi di dollari.

CAPITOLO 2: LE MULTINAZIONALI

2.1 Caratteri delle multinazionali

Il processo di internazionalizzazione delle imprese trova la sua massima espressione nella moderna forma di
multinazionale. Elemento di riferimento per l’individuazione di una multinazionale è dato dal fatto che tutte presentano la
fondamentale caratteristica della dislocazione spaziale, anche se non sempre col medesimo grado di
internazionalizzazione e nonostante le indubbie differenze che talvolta possono manifestarsi. Solitamente diventano
multinazionali quelle imprese che sono spinte dallo sviluppo di asset intangibili (marchio,reputazione ecc) in grado di
essere diffusi in modo non competitivo e a costo zero tra le differenti unità operative, creando così economie di scala
crescenti e potere di mercato. Così facendo possono operare all’interno di nuovi mercati, mantenendo l’asse intangibile,
in modo che non venga dissipato. In altri casi la spinta puo essere quella di investire all’estero per ottenere un risparmio
sui costi di produzione e di distribuzione, per acquisire tecnologie specifiche o per sfruttare esternalità locali. La scelta d i
localizzazione gioca un ruolo centrale nella strategia di internazionalizzazione, la cui decisione viene influenzata da alcuni
fattori più significativi così sintetizzabili:

 Ordinamento giuridico nazionale, sottoposto a valutazione nell’intento di individuarne i punti di forza e di


debolezza;
 Accesso ai mercati esteri;
 Distanza geografica tra le unita operative dell’impresa;

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 Disponibilità di fattori di produzione a basso costo;

Sulla base di alcune caratteristiche organizzative più rilevanti è possibile fare una distinzione significativa tra quattro
forme d’impresa:

 Multinazionale: presenta una forte centralizzazione e risulta localmente autosufficiente; le unità estere svolgono
l’importante compito di individuare e sfruttare le opportunità che possono manifestarsi a livello locale; ciascuna
di esse ha una divisione di R&S indipendente dalla casa madre e il know-how non viene condiviso con le altre
unità.

 Globale: risulta fortemente centralizzata con un forte grado di dislocamento spaziale; le filiali non hanno una
propria autonomia, ma si limitano a mettere in atto la strategia e le indicazioni della casa madre; una
centralizzazione molto spinta caratterizza anche lo sviluppo e la gestione delle conoscenze.

 Internazionale: esiste una tendenza verso la decentralizzazione. Eccezion fatta per gli elementi più importanti a
livello di risorse materiali, umane e così via, le unita possono usufruire delle competenze proprie della casa
madre, adattandole e modificandole opportunamente per le esigenze locali, la R&S è centralizzata, ma le
conoscenze vengono poi trasferite alle singole filiali

 Transnazionale: la configurazione di beni e capacità è distribuita, interdipendente e specializzata; le singole unità


estere contribuiscono in maniera autonoma e differenziata all’attività mondiale della casa madre; la R&S è attuata
da tutte le unità in maniera congiunta e per l’uso comune a livello mondiale.

 Con riferimento al ruolo della casa madre e al tipo di interconnessione esistente tra le imprese presenti in diversi
paesi ma facenti parte della medesima struttura di corporate (societaria):

 La corporate può coordinare le attività delle sussidiarie nei mercati target nell’intento di conseguire significative
sinergie tra tutte le filiali del gruppo e, quando si tratta di una strategia transnazionale essa fa anche in modo di
trasferire a vantaggio di tutta l’impresa innovazioni, competenze e informazioni delle sussidiarie che risultino
determinanti dal punto di vista strategico.

 In un altro caso la casa madre può fornire servizi a valore aggiunto alle filiali dei vari paesi obiettivo, che si basa su
economie di scala, di scopo e di specializzazione che potrebbero derivare dalla condivisione del know-how, delle
risorse e delle capacità commerciali.

 La corporate può assumere il compito di sviluppare tutti gli elementi comuni a livello globale: valori, orientamento
strategico e obiettivi dell’impresa. Questo tipo di azione può contribuire a rendere sempre più omogenei fra loro i
comportamenti delle singole filiali, lasciandone allo stesso tempo inalterata l’autonomia, creando in tal modo le
basi per un’unità di intenti
 A volte la casa madre può limitarsi a svolgere un ruolo de secondo piano, semplicemente assumendo funzioni
puro centro finanziario se non addirittura di intermediario, ottimizzando il portafoglio investimenti e le risorse
economiche a livello globale

Secondo alcuni studi (Henderson) è possibile individuare alcuni caratteri strutturali delle multinazionali in grado di
specificare dimensioni e ruolo in un determinato settore:

 L’elemento più palese è il fatturato netto totale dell’impresa, che può fornire una adeguata misura delle sue
dimensioni
 Un altro indicatore è il peso delle imprese multinazionali sul fatturato di un settore ovvero il grado di
concentrazione aziendale in uno specifico settore, calcolato in percentuale su un numero certo di imprese
 Altrettanto importante è il grado di misura di multinazionalizzazione, che può segnalare in quale misura una
impresa è presente in altri paesi calcolando la percentuale di filiali estere rispetto alle sue filiali totali.

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 Il grado di specializzazione dell’impresa, calcolato come percentuale del fatturato in un determinato settore
rispetto al fatturato totale di tutte le sue attività.

Secondo Porter le multinazionali possono configurarsi secondo un modello organizzativo che vede la presenza di due tipi
che caratterizzano maggiormente il settore agroalimentare, le “multidomestic” e le “globali”.

 Nel primo caso le imprese effettuano la localizzazione dell’intero processo produttivo integrato in paesi differenti
ed il prodotto finale è destinato al solo mercato locale. La strategia di impresa viene strutturata tenendo in debita
considerazione i rispettivi paesi di presenza della multinazionale, che è quindi organizzata in divisioni responsabili
delle attività nei singoli mercati di riferimento. Ciao determina un livello ridotto del coordinamento tra le diverse
filiali localizzate nei singoli paesi, che quindi risultano indipendenti.

 Nel secondo caso, le singole filiali estere sono specializzate in una unica fase del processo produttivo, producendo
in tal modo beni intermedi non posizionatili sui mercati locali e che vengono trasferiti alle altre filiali presenti nei
vari paesi per completare il processo produttivo. Il prodotto finale viene commercializzato nei molteplici mercati
di destinazione.

2.2 Ruolo ed effetti delle multinazionali

Date le proprie dimensioni la maggior parte delle multinazionali gioca un ruolo considerevole non solo nell’economia
mondiale, ma soprattutto in quella dei singoli paesi in cui operano. Gli effetti del loro operato tendono a differenziarsi a
seconda del paese di origine e di destinazione, anche se tale destinazione risulta ormai poco esplicativa della complessità
e delle conseguenze del fenomeno. Sia per i paesi di origine dell’impresa multinazionale che investe all’estero, sia per
quelli di destinazione dell’investimento, la valutazione dei vantaggi e dei costi legati all’effettuazione degli IDE risulta
complessa e controversa. La presenza di multinazionali estere ha in potenza la capacità di accelerare il processo di
industrializzazione di un paese, consentendo un elevato tasso d’investimento, introducendo più rapidamente nuove
tecnologie, favorendo lo sviluppo di nuove professioni e del capitale umano in generale, generando un più elevato tasso
di crescita dell’economia. Spesso si obietta che in realtà le multinazionali hanno uno scarso impatto sull’occupazione
locale in quanto:

 Tendono ad utilizzare manodopera specializzata della madrepatria;


 Tendono a produrre limitazioni della concorrenza e a introdurre pratiche monopolistiche;
 Hanno uno scarso effetto sul reddito locale, dato che la gran parte dei profitti vengono rimpatriati;
 Possono creare varie forme di dipendenza del paese ospitante rispetto al paese investitore, tra cui la creazione di
interferenze politiche straniere per la tutela degli interessi dei propri insediamenti industriali. Le multinazionali,
con la loro estrema rapidità dei meccanismi decisionali e l’elevata flessibilità operativa, hanno assunto sovente
dimensioni economiche paragonabili a quelle delle nazioni, arrivando a diventare ormai veri e propri loro
interlocutori;

CAPITOLO 3: ELEMENTI DI TEORIA DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE

3.1 La teoria dell’internazionalizzazione delle imprese

La paternità delle moderne teorie sui processi di internazionalizzazione delle imprese è da attribuirsi a Hymer. Secondo
Hymer, inizialmente l’impresa cresce solo a livello nazionale grazie ad un processo di concentrazione, consentendole di
ottenere profitti sempre maggiori; tuttavia, il processo di concentrazione a livello locale si arresta allorquando rimangono
in gioco solo poche grandi imprese e l’elevato profitto derivante dal grado di monopolio raggiunto è utilizzabile per
investimenti all’estero, il cui fine è di espandere il processo di crescita oltre i propri confini nazionali. normalmente si
tende a pensare che un’impresa che si internazionalizza in un altro paese vada incontro a tutta una serie di problemi. Per
Hymer pero, i vantaggi che un’impresa può ottenere all’estero rispetto ai concorrenti locali risultano superiori, in quanto
le imprese locali non hanno accesso alle medesime competenze e risorse che ha acquisito l’impresa internazionalizzata, la
quale, è facilmente in grado di superare gli ingenti costi fissi cui va incontro. L’impresa potrà optare per le esportazioni

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oppure per la produzione nel paese obiettivo in base alle condizioni del mercato in cui agisce. Nel momento in cui viene
scelta la produzione in loco piuttosto che le esportazioni, l’impresa deciderà se intervenire direttamente tramite IDE
oppure cedendo licenze a produttori locali: la decisione verrà ovviamente presa in funzione degli specifici vantaggi
competitivi posseduti dall’impresa. Tuttavia secondo Hymer la distribuzione iniziale dei vantaggi non condiziona affatto il
futuro ed i processi evolutivi dipendono dai contesti di riferimento e da eventi storici del tutto casuali: il che significa che
non è detto che un’impresa con una buona dose di vantaggi iniziali abbia un sicuro sviluppo futuro di un certo rilievo,
come pure un’impresa con pochissimi vantaggi potrebbe diventare un modello vincente nei processi di
internazionalizzazione.

3.2 Il ruolo dell’innovazione tecnologica

Una delle prime teorie che ha posto una particolare attenzione sullo sviluppo tecnologico è quella del “divario
tecnologico” (Posner). Secondo tale teoria,i vantaggi comparati sarebbero funzione del vantaggio monopolistico del paese
innovatore, il quale tenderà ad esportare i prodotti di nuova concezione fino a che il gap tecnologico risulti azzerato. Il
momentaneo vantaggio del paese innovatore dipenderebbe, da due elementi, da un lato il ritardo della domanda e,
dall’altro il ritardo dell’imitazione: il primo rappresenta il tempo intercorrente tra la messa in atto di un nuovo prodotto e
la domanda del medesimo in paesi diversi, mentre il secondo rappresenta il lasso di tempo che separa il momento in cui
inizia l’esportazione del nuovo prodotto da quello che segna l’avvio della sua produzione anche in altri paesi.
Con la teoria del “ciclo di vita del prodotto” (Vernon) che diventa più stringente il tentativo di spiegare i motivi del
commercio internazionale attraverso l’innovazione tecnologica. Secondo Vernon il ciclo di vita di un prodotto è
fortemente collegato alla dislocazione internazionale delle imprese e alle caratteristiche dei paesi. Due elementi
fondamentali, alto livello di reddito pro capite e abbondanza di capitale, hanno spinto i consumatori verso particolari
esigenze e, di conseguenza, verso prodotti che le soddisfacessero. In una prima fase, che corrisponde all’introduzione del
prodotto sul mercato, esso risulta nuovo e non standardizzato: le caratteristiche non sono ancora ben definite, come le
stesse tecniche di produzione, c’è molta indeterminazione sulle dimensioni del mercato e non è ancora noto l’impatto sui
consumatori e sui costi di produzione. In questo momento di lancio e di sperimentazione, risulta fondamentale una buona
informazione per la conoscenza del prodotto. Nel corso della seconda fase il prodotto si sviluppa e tende ad affermarsi un
processo di standardizzazione, anche se questo non significa automaticamente che non si possano avere tipologie
differenti del medesimo prodotto. Nella fase di maturità del prodotto, quando ormai si sono stabilizzate le vendite nel
mercato interno, le dimensioni dei mercati esteri continuano a crescere finchè anche la produzione in loco diventi
efficiente e si raggiungano economie di scala. L’impresa innovatrice, per poter mantenere la propria quota di mercato e
difendersi dai potenziali nuovi entranti che imitano il prodotto, inizierà ad investire nelle fasi a valle della filiera e a
sostituire le esportazioni con la produzione nei mercati esteri, trasferendovi le proprie tecnologie di processo, fino a
giungere ad una sorta di paradosso in cui, ad un certo punto, il paese innovatore diventa importante del bene che egli
stesso ha esportato inizialmente. Nell’ultima fase del declino del prodotto, la domanda termina il proprio processo di
crescita o tende a calare; la tecnologia ha raggiunto il massimo grado di maturità e di standardizzazione, diventando poi
completamente accessibile agli imitatori locali. Una delle poche possibilità di rivitalizzazione consiste nel collocare la
produzione nei paesi, dove i fattori produttivi come il lavoro hanno un costo inferiore. Ora gli IDE si dirigono soprattutto
verso i paesi in via di sviluppo e non più verso quelli con caratteristiche simili al paese di origine della multinazionale.

3.4 Il paradigma eclettico

Uno dei primi tentativi di racchiudere in una teoria generale l’internazionalizzazione e l’attività di una multinazionale è
rappresentato dal cosiddetto “paradigma eclettico” (Dunning). Secondo l’autore della teoria, è possibile individuare
quattro categorie di imprese multinazionali:

 Imprese rivolte ai mercati delle risorse, che hanno lo scopo di ottenere l’accesso a risorse non disponibili sul
mercato nazionale oppure alle medesime risorse ma a costi più bassi;
 Imprese rivolte ai mercati di sbocco, il cui fine è di fornire i propri prodotti sui mercati internazionali;
 Imprese rivolte all’efficienza, le quali, avendo già fatto investimenti sui mercati delle risorse e di sbocco, cercano
di ottenere vantaggi usufruendo delle opportunità che si presentano sui diversi mercati;
 Imprese rivolte al loro rafforzamento, ovvero che, attraverso acquisizioni di altri concorrenti, intendono rendere
più forte la propria posizione o indebolire quella di altre imprese;

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Secondo Dunning, le scelte di internazionalizzazione delle imprese possono essere spiegate attraverso l’esistenza di tre
categorie di vantaggi: da proprietà, che derivano dal controllo proprietario di determinate risorse aziendali trasferibili
all’estero a basso costo e spiegano il “perchè” delle attività dell’impresa; da internalizzazione che invece derivano
dall’integrazione nell’impresa di attività diverse spiegano il come ottimizzare le attività; infine da localizzazione, che sono
legati alle caratteristiche dei paesi ospitanti e che spiegano il “dove” localizzare le attività. I vantaggi da
internazionalizzazione spingeranno l’impresa a scegliere a favore di IDE o delle esportazioni piuttosto che verso una o più
delle forme contrattuali, oppure quelli di localizzazione sollecitano il ricorso all’internazionalizzazione produttiva
attraverso investimenti diretti. Il limite di questa teoria è dato dal fatto che spiega l’internazionalizzazione delle imprese in
base a vantaggi dati e senza considerare la dinamicità delle interazioni inevitabili nel caso di un processo di crescita
internazionale. E’ vero che la dotazione di una impresa condizionerà il processo di internazionalizzazione, ma è pur vero
che i vantaggi derivanti dall’internazionalizzazione generano competitività.

3.6 Le teorie strategiche e il diamante porteriano

Kogurt è stato il primo ad intersecare due teorie di differente concezione: quella del vantaggio comparato delle nazioni
dell’economia internazionale, in base alla quale viene decisa la localizzazione delle attività, e quella del vantaggio
competitivo delle imprese di Porter dell’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, determinante per individuare le attività su
cui investire. Dato che esisterebbe la propensione delle imprese a collocare le attività della propria catena del valore nei
paesi in cui è presente un vantaggio comparato nell’implementazione proprio di queste stesse attività, l’interazione tra le
due tipologie di vantaggio porterebbe alla individuazione di tre possibilità nel processo di internazionalizzazione. Se è
presente solo il vantaggio competitivo delle imprese, gli IDE hanno il compito principale di introdurre l’impresa nel nuovo
mercato attraverso l’integrazione orizzontale, mentre i flussi commerciali sono sostanzialmente intrasettoriali e incrociati;
nel caso in cui sia presente solo il vantaggio comparato delle nazioni, allora gli IDE servono soprattutto per
l’approvigionamento nei paesi obiettivo e l’integrazione verticale, mentre i flussi commerciali risultano intersettoriali e
unidirezionali; qualora ci sia presenza ed interazione di entrambi i tipi di vantaggio, le configurazioni di penetrazione dei
mercati, dei flussi commerciali e di integrazione risulteranno naturalmente molto più diversificate e complesse. Le teorie
raggiungono la massima espressione con il modello del diamante porteriano. L’economista introduce un concetto che è
poi alla base della sua teoria, ovvero il vantaggio competitivo della nazione, inteso come quello che una nazione
acquisisce grazie al vantaggio competitivo della nazione, inteso come quello che una nazione acquisisce grazie al
vantaggio competitivo delle imprese che costituiscono il nerbo del suo tessuto industriale trainante. Questo vantaggio
viene determinato dalle interazioni tra quattro elementi che costituiscono la struttura portante del cosiddetto
“diamante”: condizioni dei fattori, condizioni della domanda, settori industriali correlati e di supporto e strategia,
struttura e rivalità delle imprese. A questi poi sono stati aggiunti il ruolo del caso e del governo. Lo sviluppo industriale
non si fonda solo su fattori che possono esistere già naturalmente: l’abbondanza di tali elementi può essere determinante
per il vantaggio competitivo, tuttavia viene introdotto il concetto di cluster, ovvero di gruppi di aziende tra loro collegate
in qualche modo e presenti in determinati contesti spaziali. I cluster sono in grado di influenzare la concorrenza
incrementando la produttività delle aziende che lo costituiscono, alimentando l’innovazione nell’ambito di competenza e
creando nuove attività economiche e finanziarie. Gli elementi del diamante influenzano l’operato delle aziende del
cluster.
Il primo elemento della teoria di Porter è la condizione dei fattori e la distinzione iniziale da fare è quella tra “dotazione di
fattori” e “gerarchia fra fattori”. Per dotazione di fattori si intende tutte le risorse a disposizione del paese, quali quelle
naturali e umane, oppure le infrastrutture, i capitali e le conoscenze. La gerarchia dei fattori, si può valutare considerando
tre criteri di classificazione:

 La prima è tra i fattori di base e fattori avanzati: nel primo gruppo rientrano tutti quelli ereditati passivamente dal
paese mentre nel secondo quelli che generano vantaggi in quanto basati su tecnologie avanzate.
 Un’altra distinzione è tra fattori generalizzati e fattori specializzati: tra i primi rientrano le infrastrutture che
possono essere sfruttate in tutti i settori indifferentemente; nel secondo, invece, si riscontrano quelle
infrastrutture che richiedono quelle conoscenze specifiche in determinati campi ed impiegabili solo da imprese
che operano in certi settori.

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 Un’ulteriore distinzione possibile è tra i fattori ereditati e fattori creati: i primi sono quelli che le imprese possono
utilizzare perché già esistenti, come tecnologie ormai già diffuse; i secondi, al contrario, sono quelli che
consentono di raggiungere un vantaggio competitivo di ordine più elevato.

Il secondo elemento del diamante è la condizione della domanda: essa può essere determinata in riferimento a tre
elementi che spingono le imprese ad evolversi fino a raggiungere i caratteri necessari per internazionalizzarsi. Bisogna
considerare la composizione della domanda, che determina la natura nonché la varietà degli acquirenti domestici. Le
caratteristiche da ponderare sono: la struttura per segmenti della domanda, dato che più quest’ultima risulta segmentata
più le imprese sono incentivate a crescere per poter far fronte a richieste differenziate; la domanda sofisticata, poichè, se
i clienti in una data economia sono molto esigenti, la pressione che apporteranno le imprese per migliorare
costantemente la loro competitività attraverso innovazioni di prodotto, alta qualità e così via sarà maggiore; fabbisogni
anticipanti della domanda, perché la necessità da parte del consumatore di avere un prodotto che soddisfi un suo bisogno
nuovo spinge le imprese ad industriarsi per la sua realizzazione. In secondo luogo va valutata la dimensione e lo sviluppo
della domanda nazionale.

Il terzo elemento è costituito dai settori industriali correlati e di supporto: la contiguità spaziale di settori a monte o a valle
facilita lo scambio di informazioni e promuove uno scambio continuo di idee ed innovazioni.
Il quarto elemento è dato dalla strategia, struttura e rivalità delle imprese: la dinamicità che caratterizza soprattutto la
concorrenza mondiale impone alle aziende di attivarsi per aumentare la produttività e l’innovazione. Le imprese devono
porsi l’obiettivo di sfruttare al meglio il vantaggio competitivo dei settori industriali in cui la nazione di origine ha mostrato
il maggior successo delle proprie modalità organizzative e pratiche manageriali. Il ruolo del governo è di incentivare le
imprese a tendere verso livelli più elevati di performance competitive, stimolando la domanda di prodotti avanzati,
focalizzandosi sulla creazione di fattori specializzati e stimolando la rivalità locale, limitando però la cooperazione diretta.
Il governo può influenzare tutti gli altri caratteri del diamante, ma può anche subire a sua volta un condizionamento.

CAPITOLO 4: NESTLE’

La Nestlé rappresenta il primo gruppo alimentare del mondo, con un ricco portafoglio di marchi ed una grandissima
varietà di prodotti alimentari. Nel 2007, infatti, si posiziona tra le prime 100 imprese industriali più grandi del mondo per
capitalizzazione azionaria in Borsa e fatturato realizzato. Con sede legale in Svizzera, opera in 3 principali macro-aree:
Europa, continente americano e l’insieme di Asia, Africa e Australia. Si tratta, quindi, di una impresa totalmente
specializzata nel settore alimentare multiprodotto, ma con un elevato grado di multinazionalizzazione.

4.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La multinazionale è stata fondata nel 1866 a Vevey grazie allo sviluppo di un alimento innovativo, la farina lattea,
utilizzata per l’alimentazione dei neonati intolleranti al latte materno. Tra il 1870 e il 1880, per estendere l’utilizzo del
prodotto all’estero, è stata costituita una fitta rete di agenti e nuovi depositi, rendendo disponibile la farina lattea anche
in zone in cui il mercato era in pieno sviluppo, come l’Asia e il sud America. Nel 1905, la Nestlé Company si è unita alla
Milk Co. per lo sviluppo di prodotti a base di latte condensato, in modo da assicurare l’alimento anche alla crescente
popolazione urbana dei pvs. Rapidamente l’azienda è diventata leader nel segmento del latte. In seguito alla prima guerra
mondiale, c’è stato un deterioramento della situazione economica del Gruppo, che ha reagito ai cambiamenti del mercato
modificando la propria linea aziendale, riducendo il proprio debito ed iniziando ad espandersi nel settore della produzione
del cioccolato. Durante la seconda guerra mondiale è stato introdotto il prodotto di punta del Gruppo, il Nescafé. Nel
secondo dopoguerra è iniziata la fase più dinamica nella storia della Nestlé, la quale ha avviato un processo di
diversificazione nel settore food, sia lanciando nuovi prodotti che acquisendo aziende estere già operative. All’inizio del
nuovo millennio, è diventata leader indiscusso del settore alimentare a livello mondiale lanciando, nel 2000, un’iniziativa
chiamata GLOBE, che le ha permesso di conseguire vantaggi competitivi, minimizzando gli svantaggi legati alla dimensione
dell’azienda. Attualmente, oltre ad essere la più grande azienda operativa nel settore food&beverage, è anche leader
mondiale nel segmento della nutrizione. L’attività del Gruppo è decentrata in 480 unità produttive e 17 centri di ricerca,
occupando più di 250mila persone. Essi coprono tutte le categorie di food&beverage:

 Food e prodotti diary (prodotti derivanti dalla lavorazione del latte);

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 Gelati;
 Caffè e bevande aromatizzate;
 Cereali per la prima colazione;
 Cioccolato e confetteria;
 Prodotti per l’infanzia;
 Petfood;

4.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale l’azienda ha effettuato diverse acquisizioni che ne hanno accelerato la
crescita e il successo a livello globale; tra le più importanti rientrano: Maggi, nel 1947; C&B, nel 1960 e così via. Negli anni
’70, la Nestlé ha iniziato ad espandersi al di fuori del settore alimentare, realizzando una shareholding (detenzione di una
parte del capitale sociale; in questo caso si tratta del 30%) con L’Oréal. Negli anni ’80, il Gruppo, mentre da un lato ha
venduto attività non strategiche o non redditizie, dall’altro ha proseguito con la crescita nel settore food. La caduta delle
barriere commerciali e la nascita del mercato globale hanno fornito alla Nestlé nuovi importanti mercati nei quali
espandersi. Infatti, il decennio 1990-2000, ha rappresentato un periodo di forte crescita che si è tradotto in nuove
acquisizioni strategiche. A conferma del continuo impegno per la nutrizione, la saluto e il benessere, l’azienda ha acquisito
aziende operative nel settore degli alimenti dietetici. Tra le ultime acquisizioni, nel 2007, si ricorda quella di Gerber Baby
Food Co., marchio simbolo degli alimenti per l’infanzia degli Usa, a seguito della quale Nestlé è diventata leader mondiale
del settore e numero uno nel mercato statunitense. Infine, sempre nel 2007, Nestlé e L’Oréal hanno stipulato una joint
venture con Laboratoires innéov, leader europeo nel segmento degli integratori alimentari per la cura del corpo.

4.3 Andamento economico

Nestlé da 140 anni mostra una crescita continua, stabile e sostenibile, grazie all’attuazione di strategie economiche
orientate su un lungo orizzonte temporale. Analizzando i dati economici degli ultimi anni (periodo 2004-2007), si osserva
una costante crescita sia del fatturato che del mol (margine operativo lordo), rispettivamente pari a 65mila milioni di euro
e 9mila milioni di euro, in aumento costante. Passando alle aree geografiche di riferimento, si osserva che l’area più
dinamica è quella delle Americhe con un +24% del fatturato nel periodo considerato, seguito da Asia, Oceania e Africa. Il
segmento che ha contribuito in maniera più significativa alla ottima performance economica nel 2007, è sicuramente
quello food&beverage, in aumento del 4,6% rispetto all’anno precedente.

4.4 Orientamento strategico

Analizzando la categoria food&beverage si osserva che il segmento di maggior successo risulta quello della nutrizione, in
aumento del 35,4%, seguito dal beverage che registra un consistente incremento (+21,7%). Nonostante operi in un
contesto economico non favorevole come quello attuale, la struttura aziendale della Nestlé è mutata: da multinazionale
classica a gruppo flessibile, focalizzato su attività che permettono sia di rispondere rapidamente alle opportunità e ai
cambiamenti esterni, che di conseguire efficienza operativa. Diverse sono le politiche aziendali adottate negli ultimi anni.
Innanzitutto, sotto la spinta di numerose accuse, la multinazionale è stata costretta a rivedere continuamente le proprie
azioni strategiche. Nonostante adotti un codice di condotta e sia impegnata in progetti di sostenibilità ambientale e
agricola, essa ha vissuto problemi di ordine etico. L’accusa più forte è rivolta alla sue politiche. A tal proposito, le politiche
aziendali, sono oggi guidate da un documento, adottato dal Gruppo nel 2007, il Code of Business Conduct, che indica gli
standard minimi da osservare, oltre al rispetto delle legislazioni locali ed internazionali. Altro aspetto da sottolineare è la
politica dei costi. Il 2007 è stato un anno in cui il prezzo delle commodity agricole ha superato le previsioni economiche;
Nestlé, avendo identificato questo trend ad inizio anno, ha beneficiato del vantaggio di first mover e ha attuato le
strategie necessarie per rispondere in maniera adeguata ai cambiamenti in atto, incrementando l’efficienza produttiva.

CAPITOLO 5: KRAFT FOODS INC.

La Kraft Foods Inc. rappresenta l’azienda alimentare più grande dell’America settentrionale. Con sede legale in Virginia,
possiede 187 impianti di fabbricazione e trasformazione sparsi in tutto il mondo; inoltre, conta 6 centri tecnologici e 313
centri di distribuzione e deposito. Tutto ciò, unito alla crescita della dislocazione spaziale dovuta in maniera quasi

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esclusiva alle acquisizioni effettuata, sottolinea la notevole spinta di multinazionalizzazione e all’integrazione orizzontale.
La multinazionale, completamente specializzata nel settore alimentare, opera oltre che nel segmento dei formaggi e dei
latticini (con una quota di mercato del 10%), anche in quello dei piatti pronti, snack e bevande che vengono offerti in più
di 150 paesi.

5.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La nascita della Kraft Foods Inc. o KFI, risale al 1914, con l’apertura, in Illinois, di una azienda per la produzione di
formaggio, che negli anni successivi ha iniziato ad espandersi all’estero e a diversificare la propria attività possedendo, già
negli anni ’30, oltre il 40% del mercato americano dei formaggi. Nel 1945, ha iniziato a diversificare le proprie linee
produttive e ha incrementato gli investimenti in R&S e pubblicità, ma è a partite dagli anni ’80 che sono state poste in
essere tutta una serie di acquisizioni e fusioni che hanno portato alla creazione della KFI. La svolta decisiva per la vita
dell’azienda si è avuta nel 1988, quando è stata acquistata dalla multinazionale Philip Morris e due anni dopo fusa con la
General Food, creando la più grande azienda alimentare degli Usa. Nel 2000, la KFI, viene fusa con la Nabisco, che
rappresenta oggi, uno dei marchi più importanti affiancando prodotti noti in gran parte del mondo. In seguito ad un
andamento negativo delle vendite nel 2004, è stato avviato un programma triennale di ristrutturazione aziendale. Nel
2007, l’Atria Group (nuova denominazione della P. Morris) ha avviato un processo di ristrutturazione finalizzato a
salvaguardare il valore delle azioni della KFI; tale processo ha portato, attraverso uno spin-off del 100%, alla separazione
della Kraft che oggi opera come un’azienda del tutto indipendente. L’azienda ha proseguito col programma di
ristrutturazione attuando una nuova struttura organizzativa e riorganizzando le attività anche in Europa. Oggi i prodotti
Kraft vengono commercializzati non solo con il marchio aziendale, ma ben oltre 59 marchi noti in tutto il mondo. Nel
settore snack, ad esempio, i brand noti sono Milka, Oreo, Ritz; mentre in quello dei formaggi il più noto è Philadelphia.

5.2 Principali acquisizioni

Il processo di crescita dimensionale e di diversificazione produttiva avviene grazie all’acquisizione di diverse aziende già
operative e di numerosi marchi affermati nel mercato in cui l’azienda è andata ad operare. Le acquisizioni precedenti
all’ingresso nell’Altria Group hanno riguardato: la Fred Walker e Co., nel 1926 e aziende specifiche nella produzione di
formaggi, proseguendo poi con l’acquisizione di aziende dolciarie nei primi anni ’90, quali: Milka, Cote d’Or e aziende
operanti in Europa centrale e orientale. In seguito alla ristrutturazione, la nuova Kraft ha acquistato il Gruppo Danone e
l’attività internazionale per la produzione dei biscotti, compresi alcuni macchinari specifici per la loro realizzazione.

5.3 Andamento economico

Analizzando i dati economici degli ultimi 4 anni (periodo 2004-2007), si rileva una modesta crescita del fatturato a fronte
di un decremento dell’utile netto del Gruppo. Infatti, il fatturato nel 2007 è pari a 37mila milioni di dollari con un
incremento dell’8% rispetto all’anno precedente, mentre il mol mostra un decremento del 4% rispetto allo stesso anno.
Ne deriva un progressivo calo della redditività che nel 2007 è diminuita di 1,5 punti percentuali rispetto all’anno passato.
Si osserva, inoltre, che l’erosione del margine di guadagno non deriva da un calo dell’ammontare del fatturato netto, ma
dall’attuazione di una politica di stabilità dei prezzi di vendita. In particolare, l’incremento del fatturato del 2007, deriva da
un aumento del volume di vendita e del prezzo di vendita; invece, il peggioramento del mol deriva da un incremento del
costo del venduto, conseguente all’aumento dei prezzi delle materie prime impiegate. Quindi, per effetto di un
progressivo decremento del mol si registra una considerevole contrazione dell’utile netto.
Analizzando il peso del fatturato realizzato nelle diverse aree geografiche in cui opera l’impresa, si osserva che la quota
maggiore degli introiti (64%) deriva dalle attività svolte in Nord America; i settori che hanno contribuito maggiormente a
realizzare tale risultato sono quelli degli snack, dei formaggi, dei piatti pronti e delle bevande. La restante parte del
fatturato tot deriva dall’attività svolta nell’UE e nei mercati emergenti.

5.5 Orientamento strategico e prospettive di crescita

La KFI, oltre ad espandere ulteriormente la propria attività internazionale verso i nuovi pvs, persegue diverse strategie di
sviluppo organico, tra cui:

 Adozione di una nuova struttura organizzativa che permette l’utilizzo ottimale delle risorse presso le singole unità,
che decidono secondo le esigenze e le abitudini di consumo del cliente del mercato di riferimento. L’obiettivo

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fondamentale che la Kraft cerca di perseguire è quello di creare i presupposti per una crescita sostenibile nel
tempo;
 Revisione delle categorie di prodotti al fine di renderli maggiormente attinenti ai nuovi trend di consumo;
 Supporto alla forza vendita, con una serie di attività, tra cui: pubblicità in radio, su stampa ed on-line;
 Riduzione dei costi senza compromettere la qualità dei prodotti offerti. Per raggiungere tale obiettivo, l’impresa
tende ad affidare ad imprese esterne (outsourcing) le attività che non riesce a svolgere in maniera efficiente.

In effetti, operando in un settore altamente competitivo, risulta decisivo per l’impresa saper vincere la “gara” riducendo i
costi o aumentando le vendite, al fine di evitare una riduzione dei profitti. La multinazionale, inoltre, con l’obiettivo di
conseguire un vantaggio competitivo massimizzando gli utili di lungo periodo, ha adottato un comportamento
socialmente responsabile, rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori d’interesse. In
particolare, la Kraft pone molta attenzione alla sostenibilità ambientale, ma ha anche sviluppato ed attuato strategie che
cercano di ridurre l’impatto ambientale e l’utilizzo di risorse naturali, di convertire i rifiuti in energia e così via.

Occorre, però, ricordare che la redditività della stessa è minacciata dal rincaro del prezzo delle materie prime utilizzate.
Infatti, nonostante utilizzi tecniche di hedging (una serie di stumenti finanziari che coprono dal riscio di consistenti
variazioni dei prezzi dei vari agenti economici) per minimizzare i rischi, non riesce comunque a proteggere le sue
sussidiarie da incrementi dei costi.

CAPITOLO 6: UNILEVER

Il gruppo Unilever, presente in 90 paesi con 200 filiali, rappresenta una multinazionale altamente diversificata e
multiprodotto e si configura come il gruppo più importante nel settore dei beni di largo consumo: è tra le prime 20 realtà
industriali italiane e tra le prime 200 multinazionali mondiali per dimensioni e presenza sul territorio.

6.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

Unilever è nata nel 1930 dall’alleanza di due società: l’inglese Lever Brother, specializzata nella produzione e
commercializzazione di prodotti per la cura della casa, e l’olandese Margarin Unie, azienda specializzata nel settore dei
prodotti alimentari. In seguito alla seconda guerra mondiale l’azienda ha esteso la propria attività all’estero. Negli anni 80
e 90 è stata protagonista di una ascesa ed una espansione che l’ha resa una tra le multinazionali più potenti sul mercato:
l’espansione è avvenuta in modo progressivo, attraverso lo sviluppo dei marchi internazionali, la fusione di aziende locali
nonché l’apertura di filiali di società acquisite a livello mondiale. Oggi l’Unilever può contare su un ventaglio di marche sia
globali che locali, molte delle quali dominanti nei loro settori di vendita. E’ attiva nel settore di food e beverage con
prodotti quali zuppe, tè e gelati; invece nel settore dei prodotti per la cura della casa e dell’igiene personale con
detergenti per bucato, prodotti per la cura della pelle e deodoranti. Il gruppo Unilever è articolato in divisioni aziendali
per settori, ognuna delle quali autonoma nella gestione del proprio business ed organizzata in diverse funzioni: marketing,
vendite, produzione, amministrazione, logistica e personale. La holding Unilever Italia, con sede a Milano, controlla cinque
divisioni operative, che a loro volta impiegano circa cinquemila dipendenti in sette stabilimenti, specializzati nella
produzione della maggior parte dei prodotti commercializzati in Italia e all’estero. Le tre più importanti divisioni
dell’azienda sono:

 Ice-Cream and Frozen Food (ICFF), la cui produzione è realizzata negli stabilimenti di Caivano e Cisterna,
rappresenta il 52% della produzione di gelati e surgelati. In origine, l’offerta era caratterizzata principalmente da
gelati a marchio Algida confezionati singolarmente e venduti nei bar, per poi arricchirsi di prodotti dedicati al
consumo domestico in svariate confezioni. A seguito della grande crescita nel settore dei gelati alla fine degli anni
Sessanta, Unilever Italia è entrata nel mercato dei surgelati, attraverso una vasta gamma di prodotti di alta qualità
e l’acquisizione del brand Findus per la commercializzazione di pesce e verdure surgelate.
 Food and Foodsolutionss, la cui produzione, realizzata negli stabilimenti di Sanguinato e Inveruno, rappresenta il
25% della produzione totale dell’azienda ed una delle realtà economiche più importanti nel mercato alimentare
italiano, realizzando un fatturato di circa 500 milioni di euro. I prodotti realizzati sono commercializzati con i

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brand, Knorr, Calve, Maya; Lipton, Santa Rosa e Bertolli. Attualmente il gruppo Bertolli, con un giro di affari
stimato intorno ai 600 milioni di euro, rappresenta il leader mondiale nel mercato dell’olio di oliva.
 Home and Personal care, impiegando circa 1300 dipendenti dislocati tra la sede centrale di Milano e due unità
produttive (Casalpusterlengo e Porzilli) realizza circa il 23% della produzione aziendale complessiva.

6.2 Principali acquisizioni e ristrutturazioni aziendali

La prima importante acquisizione riguarda l’ampliamento della gamma tè con l’acquisto del brand Brooke Bond, ideatore
di PG Tips tè nel 1984. Tre anni dopo, Unilever ha rafforzato la sua posizione nel settore dei personal care rilevando
Chesebrough-Ponds con i brand Ragu Pond’s, Aqua Net, Cutex, Nail Polish, Pepsodent e Vaselina; alla fine degli anni
Novanta ha acquisito Calvin Klein Cosmetici, Fabrege e Elizabeth Arden, successivamente venduti attraverso FFI
Fragrances. Nel 1996, Unilever ha acquistato Helene Curtis Industrie, dando alla compagnia una nuova presenza nel
mercato degli shampoo e dei deodoranti, con i brand Suave, Finesse e Degree. Nel 2000, si è assistito all’acquisizione
dell’americana Bestfoods, a cui è seguito un immediata riorganizzazione aziendale con separazione delle attività nelle due
divisioni food e home and personal care. Sempre nel 2000 sono entrati a far parte di Unilever sia Ben & Jerry’s, sia Slim
Fast. Ad oggi il processo di acquisizione risulta fermo e, a seguito dei deludenti risultati registrati sul mercato europeo in
termini di fatturato, la multinazionale ha avviato nel 2004, una radicale ristrutturazione denominata “Unilever One”. Il
progetto prevede una nuova riorganizzazione delle divisioni aziendali, con la dimissione di asset non strategici, ed uno
snellimento dei processi di gestione, che risultavano essere troppo burocratici per un’azienda di tale rilievo mondiale. Tale
piano ha previsto la vendita di gran parte delle sue attività europee nei prodotti surgelati a Permira Fund con un accordo
del valore di 1725 milioni di euro. Il business Unilever ceduto in questa transazione comprende le attività nei prodotti
surgelati con i marchi Iglo e Birds Eye, commercializzati in ben nove Paesi dell’Europa Occidentale, escludendo Algida e
Findus in Italia, dove continuano ad essere leader incontrastati del mercato ice cream e forze food. Nei prossimi anni tale
ristrutturazione comporterà un notevole costo per l’azienda con il ridimensionamento dell’organico, la riorganizzazione di
diversi stabilimenti produttivi, la vendita di tutte le attività in Nord America del segmento di prodotti per il bucato, la
cessione di Bertolli alla società spagnola Sos Cuetara a causa delle forti fluttuazioni registrate sul mercato della
commodity.

6.3 Andamento economico

Analizzando i dati aziendali degli ultimi 4 anni è possibile osservare una progressiva crescita sia del fatturato +8% che del
margine operativo lordo +31,8%, che nel 2007 sono pari rispettivamente a 40.187 miliardi di euro e 5.245 milioni di euro.
Ne deriva, una progressiva crescita anche della redditività eccetto nel 2007 in cui risulta, rispetto all’anno precedente, in
calo di 0,6% a causa di un decremento del 3% registrato dal molo per effetto dell’incremento dei costi delle materie prime
utilizzate nel processo produttivo. L’utile del Gruppo, pari a 4.136 miliardi di euro nel 2007, registra rispetto al 2004 un
+40,6%, mentre rispetto all’anno precedente risulta in flessione del 17,5%. Nel periodo considerato si osserva, da un lato
un ridimensionamento dei ricavi totali proveniente dall’area europea, dall’altro il maggior peso acquisito dai paesi
dell’area Asia-Africa ed una stabile partecipazione ai ricavi totali dell’area delle Americhe. L’Europa è sicuramente il
mercato che contribuisce maggiormente alla realizzazione del fatturato totale 38%, pur dimostrando un calo nella sua
incidenza nel periodo considerato -3%. Nel 2007 la maggiore crescita è stata sostenuta dall’incremento delle vendite del
2,8% in Russia mentre sono rimaste costanti in Regno Unito, Germania, Italia e Paesi Bassi. Le Americhe contribuiscono
con il 33%, di cui il 10% deriva dall’attività svolta sul mercato degli Stati Uniti d’America, nonostante il crollo delle vendite
globali rilevato dal 2006 ed imputabile alla condizione economica stagnante del mercato statunitense. L’azienda ha inoltre
registrato da un lato una riduzione delle vendite in Messico e dall’altro un incremento delle stesse in Brasile e Argentina.
L’area Africa-Asia pur contribuendo alla realizzazione del 29% alle vendite totali, è la più veloce in termini di crescita +3%
dal 2004. La forte crescita è il risultato del grande interesse e degli ingenti investimenti che l’azienda sta effettuando nei
paesi in via di sviluppo, tra cui India, Indonesia; Filippine, Sud Africa e Turchia. L’obiettivo di Unilever in quest’area è di
riuscire a fornire prodotti con differenti livelli di prezzo a consumatori con diversa condizione sociale. Il settore che
contribuisce maggiormente al risultato operativo, con 21.701 milioni di euro (54% del totale), seguito dal personal care
con 11.252 milioni di euro e home care con 7.234 milioni di euro (18%). Nel 2007 il segmento food ha registrato un -2%
rispetto al 2004; alla performance dello stesso hanno contribuito i prodotti pressing e spread (35%), seguiti dai prodotti
ice cream e beverage (19%) e infine dalla divisione food-service, Unilever Foodsolutions, che rifornisce globalmente
cuochi professionisti e caterers. La categoria personal care registra buone performance (+2% sul 2004) grazie ai marchi

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globali associati a deodoranti, saponi per la pelle, prodotti per la cura dei capelli, prodotti per la pelle e l’igiene orale. La
home care, con una serie di prodotti per il bucato e per la casa, presenta un volume di vendite stazionario nel periodo
considerato.

6.4 Orientamento strategico e prospettive future

La multinazionale negli ultimi anni, ha indirizzato le proprie risorse verso prodotti Vitalità (basso contenuto calorico), per
rispondere alla crescente domanda di prodotti in linea con una dieta alimentare più equilibrata. Al fine di soddisfare tali
esigenze, Unilever ha attuato dal 2005 il “Nutrition Enhancement Program”, incrementando la gamma di insalate, zuppe e
condimenti e rimuovendo dai propri prodotti, oltre a sodio e zuccheri anche elevate percentuali di grassi insaturi e saturi.
Si riscontra nella multinazionale una forte attenzione verso prodotti non solo innovativi ma anche caratterizzati da un
certo livello qualitativo. A tal fine attua ogni anno consistenti investimenti in R&S, che nel 2007 sono stati pari a 868
milioni di euro, segnando +4% rispetto all’anno precedente. Per uniformare la struttura produttiva, funzionale e di
governance delle diverse divisioni, il Gruppo attua una politica di business-oriented che comprende: il codice dei Business
Principles, il codice etico per Senior Financial Officers, il Manuale di conformità all’elenco di regole sulla trasparenza, la
politica di Risk Management, di Accounting e Reporting e la politica di remunerazione e pensionamento. Unilever mira a
condividere questi standard e valori con i suoi fornitori e contraenti attraverso il codice di Business Partner, formulato in
base al codice dei Business Principles, che propone standard di integrità di business, standard lavorativi, sicurezza del
consumatore e salvaguardia ambientale. Nonostante la semplificazione e la flessibilità organizzativa hanno permesso
un’ottimizzazione dei vantaggi competitivi, e di cogliere meglio le opportunità presenti sul mercato globale, la
multinazionale deve far fronte ad una serie di circostanze che possono ridurre i propri margini operativi. Occorre
considerare la forte dipendenza dell’azienda dalle commodity(latte, frutta, verdure, olio di soia, uova) il cui aumento dei
prezzi si riflette su un peggioramento della struttura dei costi di produzione e, conseguentemente, sull’aumento dei prezzi
di vendita. Nonostante il Gruppo sia proprietario di brand di rilievo a livello locale e globale, esso concorre fortemente
con gli operatori della GDO che, offrendo prodotti private label ad un prezzo inferiore, sono in grado di sottrarre quote di
mercato specialmente in prospettiva di un peggioramento del potere di acquisto del consumatore medio.

CAPITOLO 7: PROCTER&GAMBLE

La P&G è una delle più grandi imprese multinazionali mondiali di beni di largo consumo altamente diversificate. Essa
possiede un ricco portafoglio di prodotti commercializzati in 130 paesi, utilizzando oltre un centinaio di brand, alcuni dei
quali nati dalla capacità interna dell’azienda di idearli, molti altri, invece, vi sono entrati attraverso un massiccio processo
di acquisizioni e fusioni di altre aziende, che ha caratterizzato il suo processo di internazionalizzazione.

7.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La P&G, con sede legale nell’Ohio, è nata nel 1837 dalla fusione di due piccole aziende, l’una specializzata nella
produzione di candele (Procter) e l’altra di saponi (Gamble). Il processo di internazionalizzazione fin dall’inizio è stato
fortemente caratterizzato da fusioni e acquisizioni. La forte propensione al cambiamento e all’innovazione e la grande
abilità di individuare le opportunità presenti sul mercato, le hanno permesso di crescere e diversificarsi prima in Canada,
Regno Unito e poi nel resto del mondo. La diversificazione produttiva è iniziata negli anni Settanta e Ottanta con l’ingresso
in settori anche non complementari al core business. Accanto al settore dei prodotti per la cura della casa, si aggiungono
quelli per la cura della persona, dei farmaceutici e cosmesi e del food&drink, che vanno ad arricchire il portafoglio dei
brand della multinazionale. La struttura organizzativa della P&G, rivisitata dal 1998, si articola in distinte funzioni aziendali
ognuna responsabile dello svolgimento di una specifica attività:

 Global Business Unit(GBU): si occupa della creazione di nuovi prodotti e dello sviluppo di strategie di mercato a
lungo termine puntando alla massimizzazione del Total Shareholder Return;
 Market Development Organisation(MDO): realizza le strategie concepite dalla GBU attraverso lo studio dei
mercati locali;
 Global Business Service (GBS): si occupa dell’assistenza tecnica e dell’infrastruttura sistemica e tecnologica;

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 Corporate Function (CF): si occupa dell’aspetto tributario e legale, dell’informazione tecnologi, del customer
business development e del marketing;

7.2 Principali acquisizioni

Dal 1985 al 1999 la P&G ha acquistato ben sette aziende: Richardson-Viks, Noxell, Old Spice, Ellen Cetrix & Max Factor, VP
Schickedan, Tambrands. Ultimo importante acquisto del secolo ha interessato l’impresa Iams, per 2 miliardi di dollari, con
cui ha esteso il proprio portafoglio prodotti nel settore dei cibi per animali. Dal 2000 in poi le operazioni di acquisizione
hanno interessato, invece, le aziende specializzate nel settore del personal care, tra cui la Clairol e Wella specializzata nei
prodotti per la cura e colorazione die capelli. Nel biennio successivo è avvenuta l’acquisizione più importante sotto il
punto di vista strategico e riguarda l’azienda Gillette, che oggi permette all’azienda di essere leader mondiale nel settore
rasoi e lame.

7.3 Andamento economico

Analizzando i dati economici degli ultimi 4 anni, si osserva che la multinazionale registra un progressivo incremento sia del
fatturato netto (+48,8% sul 2004 e +12,1% sul 2006) che del margine operativo lordo (+51,5% sul 2004 e 13,4% sul 2006)
con un valore nel 2007 pari rispettivamente a 74.476 milioni di dollari a 39.790 milioni di dollari. La multinazionale
presenta quindi, nel periodo considerato, una costante redditività, pari nel 2007 a 52% (+0,9% sul 2004 e +0,6% sul 2006).
L’utile netto del Gruppo nel 2007, pari a 10.340 milioni di dollari, registra una crescita del 68% rispetto al 2004 e del 19,1%
rispetto all’anno precedente. La costante crescita di anno in anno si riscontra anche in ogni regione geografica ad
eccezione dell’Est europeo, che ha subito l’impatto di alcune dimissioni. Fattore ponderante di tale crescita è
rappresentato dalle iniziative sviluppate sui key brand e dalla crescita economica dei PVS, che risulta tra l’altro più veloce
rispetto a quella europea ed americana. Nel 2007 le vendite provengono per il 44% dal Nord America, il 30% dai mercati
in via di sviluppo, il 22% dall’Europa Occidentale e il restante 4% dall’Asia del Nord-Est. Tutti i segmenti hanno registrato
una cres9cita dei volumi; quello che ha contribuito maggiormente alla creazione delle ottime performance aziendali del
2007 è quello degli household con 36.234 milioni di dollari (47,4% del fatturato totale), seguito dal segmento beauty and
health care che contribuisce con 31.945 milioni di dollari (41,8%) ed infine Gillette GBU che, pur contribuendo con solo
9.260 milioni di dollari (12,1%), mostra altissimi tassi di crescita. Nonostante le divisioni houseold care e beauty care
contribuiscano maggiormente alla formazione del risultato complessivo, mostrano una crescita più contenuta (+8,1% e
+10,2% sul 2006) e un calo dell’incidenza sul fatturato netto realizzato (-1,7% e-0,7% sul 2006) rispetto, invece alla
sorprendente performance registrata per la divisione Gillette GU (+44,2% del fatturato e +2,7% sul totale).

CAPITOLO 8: GRUPPO DANONE

Il Gruppo Danone si posizione al settimo posto tra le aziende alimentari mondali e al terzo in Europa per fatturato. In
particolare, rappresenta uno dei principali produttori di generi dairy nel nord e sud America, Europa, Africa e Medio
oriente. Tale società risulta fortemente multinazionalizzata, operando in 120 paesi e in 5 continenti: in particolare, quasi i
2/3 dei ricavi sono generati dall’Europa, il 12% dall’Asia e il 27% nel resto del mondo. Con 5 centri di ricerca e 150 unità
produttive, è presente sia nei paesi ad alto tasso di industrializzazione sia nei paesi emergenti; inoltre è quotato nella
borsa di Parigi e New York.

8.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La multinazionale ha origine dal gruppo BSN, una azienda vetraria francese nata nel 1966. Negli anni ’80 la BSN è entrata
nel settore alimentare, in particolare lattiero e si estesa acquisendo aziende operative non solo in quel settore, ma anche
in quello delle bevande e in sementi nuovi come quello dei biscotti, della pasta e delle salse. Nel decennio successivo,
l’azienda ha avviato un intenso processo di internazionalizzazione con l’ingresso in nuove aree geografiche. Dapprima ha
iniziato ad estendere la propria attività in altri paesi europei vicini culturalmente, tra cui Italia e Spagna, per poi insediarsi
in Europa dell’est, Asia e America Latina. La Danone ha proseguito la sua espansione internazionale facendo incursioni
anche nei pvs che presentano una elevata crescita economica. Il Gruppo, inoltre, per affermarsi a livello mondiale, ha
scelto anche la strada dell’esportazioni, dotandosi nel 1993 di una linea specializzata. Questa attività è condotta con

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marche molto importanti tra cui Evian e Volvic, già presenti in paesi come Usa e Giappone. Nel 1994, la BSN, cambiando
nome in Danone, ha effettuato una riorganizzazione aziendale vendendo molte delle attività acquisite e focalizzandosi su
3 aree ben definite: lattiero-caseari freschi; bevande; biscotti e cereali. In seguito a questa politica, la Danone, ha
proseguito a vele spiegate il suo processo di internazionalizzazione. I prodotti Danone sono rappresentati da:

 Prodotti lattiero-caseari freschi (actimel, activia, vitasnella ecc.);


 Bevande, tra cui l’acqua in bottiglia naturale e aromatizzata (Evian, Volvic ecc.);
 Alimenti per l’infanzia;
 Prodotti per la nutrizione clinica;

8.2 Acquisizioni, joint venture rilevanti e riorganizzazione aziendale

La prima diversificazione della BSN nel settore alimentare risale al 1970, quando ha acquistato due aziende di bevande. 3
anni dopo, invece, ha acquistato la Gervais-Danone, principale azienda francese produttrice di yogurt e altri prodotti a
base di latte. Nel corso degli anni ’80, ha acquistato la Dannon, la General e Nabisco per poi spostare l’attenzione su
numerosi marchi dell’industria alimentare italiana, tra cui Galbani, Ferrarelle e Saiwa. In seguito, ha consolidato la sua
posizione in Europa orientale, effettuando partecipazioni di controllo in diverse società. Nel 1992, ha acquisito per 500
milioni di dollari il marchio Volvic, raggiungendo la prima posizione a livello mondiale nella produzione di acqua minerale
naturale. Alla fine degli anni ’90, il Gruppo, in linea con la strategia di razionalizzazione aziendale, ha iniziato a dismettere
alcune sue attività. Nel 2000 la società ha rafforzato la sua posizione nel comparto dell’acqua imbottigliata nel nord
America; nello stesso anno, ha cercato, senza riuscirci, di rafforzare ulteriormente il proprio business delle bevande
attraverso l’acquisto di due marchi a livello mondiale, Schweppes e Gatorade. In linea, inoltre, con la nuova strategia di
focus su prodotti con forte valenza salutistica, nel 2007, ha acquistato Royal Numico, produttore di alimenti per l’infanzia
e di prodotti per la nutrizione clinica. Con questa acquisizione, la Danone è diventata leader europeo nel segmento degli
alimenti per l’infanzia col marchio Mellin.

La BSN, per rafforzare ulteriormente la propria presenza sui mercati esteri, ha iniziato, negli anni ’90, a stipulare diverse
joint venture con alcuni partner importanti. La prima (Britannia) è stata stipulata nel 1990, con un partner indiano per
acquisire le imprese Nabisco nell’area dell’Asia e del Pacifico. Nel 1992, ha stipulato una joint venture con Coca-Cola
Company, con cui la società commercializza succhi di frutta con marchio Minute maid e Danone, in Europa ed America
Latina. Con riferimento alla produzione di biscotti, la Danone ha concluso nel 2000 un accordo con United Biscuits,
produttore di biscotti nel Regno Unito, il quale gestiva le attività Danone legate a tale settore in paese europei. Nel 2005,
è stata costituita la Yakult Danone India Pvt, una joint venture al 50% con Yakult, finalizzata alla vendita sul mercato
indiano di probiotici utilizzati all’interno di integratori alimentari.

8.3 Andamento economico

Analizzando i dati economici del periodo 2004-2007, si riscontra un andamento (lento) discontinuo sia nel fatturato netto
che nel mol. Difatti, nel 2007, si rileva per il fatturato netto un incremento del 6% rispetto all’anno precedente, parimenti
per il mol. Ne deriva una leggera contrazione della redditività operativa, soprattutto causata dall’incremento dei costi dei
fattori produttivi, tra cui il latte. Più della metà del fatturato (57%) realizzato nel 2007, proviene dall’Europa, seguito dal
resto del mondo e dall’Asia. Analizzando, invece, il contributo dei segmenti di attività alla realizzazione del fatturato del
2007, si rileva che il maggior contributo proviene dai prodotti dairy (70% circa); in particolare, performance eccezionali in
tale comparto si rilevano in America Latina. La divisione bevande, pur contribuendo in maniera significativa, registra un
decremento del 10% rispetto all’anno precedente, in seguito alla dismissione di alcune attività; nonostante ciò, le vendite
in alcune zone hanno raggiunto risultati sorprendenti con picchi del +20% nelle americhe ed in Cina. Infine, la divisione
nutrizione per l’infanzia e nutrizione clinica, contribuisce con il 4%.

8.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Il posizionamento del Gruppo Danone a livello mondiale deriva da una strategia basata su un focus sulle attività a maggior
potenziale di sviluppo, ricercando, nel contempo, il giusto equilibrio tra ingresso in nuovi mercati e il crescente impegno
per l’innovazione e la costruzione di marchi forti. Per raggiungere gli obiettivi prefissati, Danone effettua ogni anno
consistenti investimenti in R&S, destinati soprattutto alla realizzazione di progetti relativi alla salute e alla nutrizione. Al
fine di comunicare tali innovazioni e potenziare i livelli di notorietà, il Gruppo ha investito fortemente in pubblicità, con un

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ampio uso di testimonial e promozioni. Attraverso l’innovazione e l’attenzione ai bisogni del consumatore finale è riuscita
a consolidare la propria posizione competitiva a livello mondiale e punta ad una ulteriore crescita in termini reddituali e
dimensionali.

CAPITOLO 9: HEINEKEN

Heineken è uno dei più grandi Gruppi internazionali nella produzione di birra e il primo in Europa. Il gruppo è specializzato
e molto multinazionalizzato, impiegando circa 50mila persone in più di 130 stabilimenti dislocati in 65 paesi. La sede
principale si trova nei Paesi Bassi, dove è quotata in borsa dal 1962. Il processo di internazionalizzazione ha visto
alternarsi di operazioni di acquisizione, di creazione di joint venture e di investimenti di tipo greenfield.

9.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La famiglia Heineken ha iniziato la propria attività nel 1863 con l’acquisizione di una fabbrica di birra in perdita situata ad
Amsterdam. All’inizio del secolo scorso, l’azienda ha iniziato a sviluppare importanti innovazioni, tra cui quelle riguardanti
la fermentazione, lanciando sul mercato nuove birre. Negli anni successivi Heineken è cresciuta acquisendo diverse
fabbriche e creandone di nuove. Il Gruppo ha attraversato due secoli affrontando la globalizzazione e la crescente
concorrenza nel mercato beverage. Il successo aziendale è attribuito, non solo alla qualità del prodotto, ma anche alla
capacità di conservare il valore nel tempo e di innovare secondo le esigenze della clientela locale. Heineken produce e
distribuisce in più di 170 paesi i propri prodotti con marchi internazionali quali Heineken e Amstel, affiancando la
produzione di birre locali realizzate dalle società consociate. Difatti, la produzione è divisa in 170 marchi di birre speciali,
locali e regionali, utilizzando marchi di tutte le nazionalità (birra moretti, dreher, icnhusa, budweiser, amstel ecc.). La
distribuzione globale avviene in alcuni mercati in via diretta attraverso filiali o concessioni di licenza, in altre tramite il
controllo o alleanze strategiche con grossisti.

9.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

La vocazione all’internazionalizzazione è parte dell’identità della Heineken sin dai suoi inizi. Le esportazioni e
l’acquisizione di marchi si sono rivelate un ottimo mezzo per diffondere la propria immagine. Tuttavia il Gruppo ha
acquisito anche diverse realtà locali e ha stipulato accordi commerciali con partner esteri. Per il Gruppo il processo di
acquisizione rappresenta un fenomeno che si è incrementato nel tempo e ha coinvolto diverse nazioni. Ad esempio, il
gruppo è entrato nel mercato italiano con le acquisizioni di Birra Moretti e, prima ancora di Dreher, nonostante le
limitazioni all’importazioni di quel periodo. Negli anni ’90, si è rafforzata la sua posizione nell’Europa dell’est con
l’acquisizione della polacca Zywiec. Nel 2007, l’azienda è riuscita ad entrare nel mercato tunisino, caratterizzato da forti
limitazioni e sempre nello stesso anno, insieme a Carlsberg, ha acquistato le azioni di maggioranza del gruppo inglese
Scottish & Newcastle, ottenendo il controllo delle attività in GB. Ha stipulato, inoltre, diversi accordi di collaborazione, tra
cui quello con Coca-Cola, per la produzione della birra in Brasile.

9.3 Andamento economico

Nel periodo 2004-2007 la multinazionale olandese ha evidenziato una progressiva crescita delle vendite e dei risultati
economici sostenuti da una politica di riduzione dei costi, da un consistente incremento dei volumi venduti e da migliori
prezzi di vendita. Il fatturato netto nel 2007 risulta in aumento del 6% rispetto all’anno precedente; tale risultato deriva,
principalmente, da un incremento dei volumi venduti. Il mol presenta anch’esso una crescita costante a +1% rispetto
all’anno precedente. Alla realizzazione del fatturato del 2007, hanno contribuito maggiormente i paesi dell’Europa
occidentale (44%), seguono quelli dell’Europa centrale e le americhe. Analizzando, però, l’andamento delle vendite per
aree geografiche, si osserva che le migliori performance si registrano nei paesi emergenti, mentre nelle aree sviluppate la
crescita risulta più contenuta. Al fine di espandersi ulteriormente, la Heineken, cerca di bilanciare la crescita interna con
quella esterna. In particolare, il gruppo, continua ad effettuare investimenti esteri in mercati emergenti caratterizzati da
una forte crescita economica e da un aumento sia della domanda di birra che di prezzi di vendita.

9.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

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Gli attuali punti di forza del gruppo sono: l’ampia gamma di prodotti costantemente arricchita all’insegna della qualità e
dell’innovazione e l’attività di R&S. L’innovazione si esplica, da un lato, con nuovi prodotti, dall’altro con soluzione e
tecnologie innovative. Il gruppo Heineken ha saputo differenziare tra loro i marchi in modo tale che ognuno possa
assumere una posizione distintiva ed originale, in ragione anche del target di riferimento che risulta molto variegato. In
materia di responsabilità sociale di impresa, il gruppo Heineken, al fine di ottimizzare i vantaggi per la società, per i
portatori di interesse e per se stesso, ha assunto una posizione molto forte in 7 aree su cui punta a raggiungere livelli
maggiori rispetto ai requisiti minimi imposti dalla legge; tra queste, spiccano: riduzione dell’uso di energia ed emissioni di
CO2; limitazioni nell’impiego e nello scarico di acque; utilizzo di materie prime di qualità e così via. Occorre però ricordare
che, nonostante il forte posizionamento assunto dal gruppo nel contesto mondiale, le attività sono esposte a diversi gradi
di rischio ed incertezze che minano la redditività e la crescita stessa del gruppo.

CAPITOLO 10: PERNOD RICARD

Pernod Ricard è una multinazionale francese, co-leader globale nel segmento degli spirit e quarta nel mercato mondiale
dei wine. Il gruppo, quotato dal 2003 nella borsa di Parigi, opera occupando circa 17mila dipendenti in terreni agricoli, siti
industriali, uffici amministrativi, centri di ricerca. Ormai totalmente specializzata, l’impresa, monobusiness e
multiprodotto, ha una gestione di tipo decentralizzato.

10.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

Nato nel 1975 dalla fusione di due società francesi (Pernod e Ricard), marchi molto conosciuti e concorrenti, il gruppo
formatosi è stato in grado di avvantaggiarsi delle nuove risorse per sviluppare una propria rete di distribuzione ed
arricchire il portafoglio di marchi, estendendo l’attività oltre i confini nazionali. In particolare, le prime acquisizioni hanno
riguardato le imprese produttrici di whisky (bevanda alcolica più consumata al mondo) localizzate negli Usa. Il gruppo ha
proseguito la sua crescita al di fuori della Francia, espandendosi in tutta Europa ed Asia. A partire dagli anni ’90, il gruppo
ha intrapreso poi un programma di riorganizzazione aziendale secondo due modalità:

 Affidamento a ciascuna delle sue principali filiali estere della diretta distribuzione sull’area di competenza;
 Affidamento alle controllate titolari di marchi della produzione e della gestione a livello globale dei beni coi
brand di cui sono titolari.

Pernod Ricard detiene diversi marchi di rilievo internazionale e locale nel segmento degli spirit&wine. In particolare
gestisce: Absolut vodka, Chivas Regal, Havana club, Malibu, Mumm.

10.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

Il processo di crescita esterna, attraverso le acquisizioni, è iniziato in Francia. Il gruppo, appena costituitosi, ha acquistato
Campbell Distillers. Hanno seguito altre importanti acquisizioni, tra cui noti marchi italiani come Ramazzotti. Nel ’93,
grazie ad una joint venture, è stata creata Avana Club Int., per la commercializzazione del rum Avana Club. Il gruppo ha
consolidato poi la sua posizione in Europa orientale, nel biennio 1999-2001, acquisendo importanti marchi del segmento.
All’inizio del nuovo secolo, il gruppo ha raddoppiato la sua dimensione nel segmento dei vini e degli alcolici. Nel corso del
2002, ha stipulato due partnership: una con Sogrape, per distribuzione del vino Sandeman e l’altra con la Kirib, per
distribuzione del bourbon. In seguito alla decisione di riorientare il suo core business, il gruppo ha iniziato a ritirarsi dal
segmento delle bevande non alcoliche e ha proseguito nello spirit&wine. E così, nel 2005, ha acquistato il principale
concorrente britannico, Allied Domecq, con l’obiettivo di rafforzare la propria presenza nei mercati che evidenziano
elevati tassi di crescita. Infine, nel 2008, ha acquistato per quasi 6miliardi di euro, la svedese Vin&Spirit ed il brand
Absolut Vodka.

10.3 Andamento economico

Analizzando i dati relativi al periodo 2004-2007, si osserva un progressivo miglioramento nelle performance aziendali
conseguite anche grazie alle acquisizioni strategiche effettuate dal gruppo. In particolare, il gruppo ha registrato un
aumento del profitto netto costante durante gli ultimi 10 esercizi. Un incremento si registra anche per il mol, con un +7%

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rispetto all’esercizio precedente. Di conseguenza la redditività del gruppo è aumentata del 3% rispetto all’ultima
rilevazione. Occorre, inoltre, osservare che, nonostante gli altri paesi europei contribuiscano maggiormente alla
realizzazione del fatturato totale, i risultati migliori si riscontrano in Asia e nel resto del mondo. Rilevante è la crescita del
settore wine, trainata dai vini cd premium del Nuovo Mondo, sebbene il mercato continui ad essere dominato dai vini
tradizionali dei paesi europei.

10.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Lo sviluppo delle marche strategiche è rafforzato da una solida politica di investimento. I principali investimenti effettuati
nel periodo considerato hanno riguardato:

 La costruzione di 4 nuovi magazzini di invecchiamento per il cognac e di 3 per il whisky;


 La costruzione di un nuovo impianto di stagionatura del vino:
 Il miglioramento della produttività degli stabilimenti per la produzione di champagne e distillazione del whisky;

La Pernod Ricard è riuscita ad affermarsi con successo, perseguendo 5 priorità strategiche:

 Costante attenzione alla crescita sia interna, grazie a struttura di produzione all’avanguardia, che esterna,
attraverso l’acquisizione di aziende forti;
 Concentrazione degli investimenti su 15 principali marchi venduti in tutto il mondo;
 Premiumisation del suo portafoglio di marchi;
 Rafforzamento della propria posizione nei mercati emergenti con elevato potenziale di crescita;
 Miglioramento di processi e prodotti attraverso l’utilizzo di innovazioni;

La Pernod Ricard deve considerare diversi rischi legati non solo al tipo di attività svolta, ma anche ai cambiamenti
economici e di consumo globali. Per affrontare tali problematiche implementa nel programma di sponsorship “A social-
responsible commitent”: con esso si promuove la creazione di valore per gli shareholder rispetto a tante problematiche,
come: le norme in maniera di trasparenza, l’adozione di un codice etico e così via.

CAPITOLO 11: GRUPPO CAMPARI

Il gruppo Campari è una delle realtà più importanti nel settore del beverage a livello mondiale; infatti rientra tra i primi 10
gruppi a livello internazionale nel segmento degli spirit di marca. Specializzato e con gestione centralizzata, presenta i
caratteri dell’impresa globale ed il suo processo di internazionalizzazione è stato caratterizzato prevalentemente da
operazioni di acquisizione. La capogruppo, Davide Campari-Milano Spa, con sede a Milano, svolge direttamente un’attività
di produzione di bevande alcoliche, impiegato più di 1500 persone, presso 8 stabilimenti. In particolare, la
commercializzazione dei prodotti del gruppo, rimane a capo alle società commerciali: Campari italia per il mercato
nazionale e Campari international, per quello all’estero.

11.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La storia del gruppo è iniziata nel 1860. Nel 1920, allo scopo di un progressivo slancio internazionale, l’azienda ha deciso
di focalizzare la produzione sulle sole bevande dotate di forte identità ed immagina, ossia l’aperitivo Campari e il liquore
Cordial Campari. Negli anni successivi sono stati lanciati nuovi formati e già negli anni ’60 il Campari era diffuso e
conosciuto in oltre 80 paesi. Il momento di svolta, che ha dato inizio ad un vero e proprio processo di trasformazione si è
avuto all’inizio degli anni ’90. Il gruppo Campari ha attuato una ben precisa scelta strategica: crescere tramite acquisizioni
per non dover ripiegare su un ruolo di nicchia. La società milanese ha proseguito nel lancio di nuovi prodotti ed ha
effettuato acquisizioni di importanti marchi che le hanno permesso di crescere e affermarsi. Nel corso del 2004, al fine di
semplificare e ridurre le strutture societarie, è stato attuato un articolato programma di razionalizzazione della
composizione del gruppo, al fine di penetrare in nuovi mercati. Negli ultimi 10 anni, la Campari ha più che raddoppiato le
proprie dimensioni costruendo ed ampliando il proprio portafoglio di marchi. Il portafoglio prodotti è suddiviso in tre
comparti: spirit, wine e soft drink, e costituisce un business mix che penetra settori e mercati diversi. Come accennato,
l’offerta del segmento spirit non si è fermata al suo prodotto storico, ma si è estesa anche a marchi di grande notorietà,

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sia internazionali come SKYY Vodka e Cynar, che locali come Aperol, Zedda Piras, Ouzo 12 (in Grecia). Infine l’offerta del
segmento soft drink avviene utilizzando i noti brand Crodino, Lemonsoda, Oransoda ecc.

11.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

Il primo passo nel creare il portafoglio ricco ed articolato che oggi caratterizza il gruppo si è realizzato nel 1995 con
l’acquisizione di marchi di primo piano nel mercato italiano ed internazionale, quali crodino, cynar e lemonsoda. Nel 1996,
sono stati acquistati i diritti di distribuzione sul mercato italiano di marchi leader nel segmento scotch whisky che si sono
aggiunti alla licenza di produzione del principale amaro tedesco, ossia Jagermeister. Nel 1999, è seguita l’acquisizione di
ouzo 12, bevanda alcolica greca a base di anice di cinzano. La crescita è proseguita con l’acquisizione di marchi leader nei
mercati brasiliano ed uruguayano, come dreher. Nel 2001 il gruppo, ha rafforzato la propria posizione nel segmento spirit,
acquisendo un ulteriore 50% del capitale di SKYY e ha ampliato il segmento wine acquisendo il 100% di zedda piras. Nel
2006, è entrata nel segmento chiave dello scotch whisky acquisendo glen grant e, nello stesso anno, la società milanese
ha iniziato la distribuzione degli spirit internazionali del gruppo C&C, tramite la propria joint venture Skyy Spirits. Occorre,
inoltre, ricordare che la società ha stipulato 3 joint venture che assicurano la distribuzione e la commercializzazione del
proprio portafoglio prodotti nei mercati dove operano le imprese partner.

11.3 Andamento economico

L’andamento (lento) generale del Gruppo nel 2007 ha evidenziato una evoluzione molto positiva delle venditi e dei
risultati economici e finanziari. Il fatturato netto, nel 2007, ha sfiorato il miliardo di euro con una crescita del 27% rispetto
al 2004; tale risultato deriva dall’impatto negativo, sia dell’effetto cambio che della ristrutturazione aziendale. Difatti,
nonostante il mol presenti una crescita costante, la redditività delle vendite risulta contenuta rispetto all’anno
precedente, attestandosi ad un +1,5%. Conseguentemente, l’utile netto del Gruppo nel 2007, si attesta in crescita del 7%
rispetto a quello dell’anno passato; questo beneficiando del consolidamento del 100% dell’utile della Skyy. Osservando le
aree che hanno contribuito maggiormente, si rileva che, nel 2007, l’Italia con un’incidenza del 40% si conferma come
maggior mercato del gruppo, seguito dalle americhe e dagli altri paesi europei. Analizzando, però, l’andamento delle
vendite per aree geografiche nel periodo considerato, si osserva che esse risultano particolarmente positive in tutte le
aree, eccetto per l’Italia, che registra un calo del 2%. Cosi come per le aree geografiche, anche tutte le aree di business
hanno chiuso il 2007 in crescita, ad eccezione del soft drink, la cui contrazione è attribuibile all’interruzione della
distribuzione di Lipton Ice Tea in Italia. Nonostante gli spirit rappresentino il core business del Gruppo e il segmento a più
alta redditività, il tasso di crescita più elevato si registra nel segmento wine, con un’incidenza del 16% sul fatturato totale.

11.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Il Gruppo opera in un mercato caratterizzato da un elevato livello di concorrenza e dalla presenza di un vasto numero di
operatori. In tale contesto, al fine di acquisire marchi leader nei rispettivi mercati di riferimento e consolidare la propria
presenza nei mercati chiave ha adottato una strategia basata soprattutto sulla crescita organica e sulle collaborazioni con
terzi. Tale importante risultato è stato raggiunto riuscendo, nel contempo, a puntare sull’ottimizzazione dei costi e
sull’incremento della efficienza produttiva e distributiva, raggiunta attraverso continui investimenti tecnici. In particolare,
gli investimenti del 2007 sono stati pari a 35 milioni di euro per: immobilizzazioni materiali e immateriali, attività
biologiche e così via. Attualmente, la multinazionale italiana, punta alla creazione di un portafoglio di qualità sempre più
alta.

Seppur il gruppo commercializzi principalmente alcolici, ha sempre condannato il loro consumo eccessivo ed
irresponsabile. Difatti, non solo sostiene la limitazione nell’utilizzo di tali prodotti, ma è anche membro di varie
organizzazioni che promuovono programmi sul consumo responsabile dei prodotti alcolici. Il gruppo, pertanto, punta al
continuo miglioramento dei propri risultati e ad una crescita delle vendite e della redditività.

Alcuni elementi consentono di confermare una visione positiva almeno nel breve periodo:

 Il trend positivo dei consumi dei brand più importanti del gruppo nei mercati principali;
 Gli aumenti di prezzo effettuati nel corso del 2007;

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Nel proseguire il suo percorso di crescita la multinazionale italiana deve considerare anche i rischi che possono avere un
impatto sull’attività; tra questi i più significativi sono quelli connessi:

 All’attività commerciale internazionale e all’operatività in mercati emergenti;


 Alla dipendenza da licenze per l’utilizzo di marchi di terzi e da licenze concesse per l’utilizzo di marchi del Gruppo;
 Alla dipendenza dalle preferenze e dalla propensione della spesa dei consumatori;
 Alle oscillazioni del tasso di cambio derivanti dalla crescita dell’attività internazionale del Gruppo in aree diverse
da quella dell’euro;

CAPITOLO 12: COCA-COLA COMPANY

La nascita della coca cola company risale al 1892, ad Atlanta, in seguito allo sviluppo della famosa bevanda coca-cola,
inizialmente proposta , in versione liscia, come medicinale, per poi diventare la bevanda gassata più famosa e consumata
al mondo. Grazie alle iniziative di marketing intraprese dall’azienda, la bevanda si è trasformata da bibita richiesta a livello
nazionale a bevanda disponibile in ogni angolo del mondo. Nel 1894 sono state costruite, per la realizzazione del
concentrato, delle succursali a Dallas, a Chicago e a Los Angeles, estendendo nel 1900 la distribuzione sull’intero territorio
degli Stati Uniti, grazie all’imbottigliamento della stessa affidato in esclusiva alle imprese locali. Nel 1919, il colosso
societario fu acquisito da un gruppo di investitori che hanno guidato fino al 1955 la coca-cola company verso uno sviluppo
internazionale. Nel 1920, divenne operativo in Francia il primo imbottigliatore di coca-cola nel continente europeo, nel
1926, fu costruito un dipartimento vendite all’estero che, quattro anni più tardi è diventato una consociata conosciuta
come coca-cola Export Corporation. Altri impianti sono stati aperti in Guatemala, Honduras, Messico, Belgio, Italia, Perù,
Spagna, Australia e Sud Africa. Grazie a continui investimenti in marketing e un’innovazione di hacking le vendite in
bottiglia hanno continuato a crescere estendendone la produzione in 44 paesi. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale
ha offerto all’azienda nuove opportunità di crescita, in quanto non solo riforniva i militari nazionali impegnati in guerra,
ma, sfruttando il trasporto gratuito sulle navi militari ha potuto trasferire in Europa la strumentazione necessaria
all’imbottigliamento della bibita. In seguito al fine di estendere l’insediamento a livello mondiale di Coca-cola bottling
system, è stata incentivata l’assunzione degli impianti da parte degli industriali locali, ai quali veniva fornito il know how in
ambito tecnico promozionale. Durante gli anni Sessanta la coca-cola company ha continuato il proprio processo di
sviluppo internazionale mediante anche l’ampliamento della gamma dei prodotti offerti, in particolare con il lancio di altre
bevande gassate, Fanta e Sprite, rispettivamente al gusto di arancia e limone; nonché attraverso una serie di acquisizioni
strategiche nel settore beveraggi ed in particolare nel comparto dei succhi di frutta e delle acque in bottiglia. Negli anni
Novanta, i cambiamenti politici ed economici, che hanno determinato l’apertura di mercati emergenti, l’hanno spinta ad
investire nella costruzione di impianti nell’Europa dell’Est e in nuove attrezzature di imbottigliamento in Africa.

12.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

La multinazionale americana è entrata nel settore dei succhi negli anni Sessanta mediante l’acquisizione di Minute Maid,
leader del comparto negli Stati Uniti. Negli anni Ottanta, ha tentato di penetrare nel settore vinicolo senza successo. Nel
1999, la multinazionale americana ha acquisito il brand Dasani, con cui la compagnia opera sul mercato delle acque
statunitense ed europeo. La forte crescita nel comparto delle bevande alla frutta è avvenuta grazie all’acquisizione di
Multon e di Acquavision in Russia, cui si aggiunge quella di Fresh & Co, importante produttore di succhi in Serbia e
Montenegro. Anche l’Italia, grazie ai forti consumi di acqua in bottiglia, ha rappresentato per la coca-cola company una
imperdibile opportunità di business, colta nell’estate del 2006, mediante l’acquisizione del 100% di Fonti del Volture Srl,
produttore che opera attraverso i marchi Lilia, Lilia Kiss, Sveva, Toka e Solaria. L’ingresso nel mercato del te è avvenuto
attraverso un accordo di sublicenza con la Nestlè Usa inc, con cui essa distribuisce sul mercato statunitense i prodotti
Nestea e Enviga. Durante il 2007 ha esteso il portafoglio beveraggi acquisendo: Energy Brands Inc, Fuze Beveraggi, LLC e
Leao Junior azienda brasiliana produttrice di bevande alle erbe. Nel marzo 2008 è stata stipulata una joint venture a livello
globale, Ilko Cofee International, tra coca-cola company e illy caffè Spa, volta a lanciare sul mercato tre nuovi prodotti a
base di caffè ready to drink. Ultima iniziativa è quella avviata nel corso del 2008, quando si è offerta di acquisire il gruppo
Huiyuan, il più importante produttore di succhi in Cina, con una quota di mercato stimata intorno al 43%.

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12.3 Andamento economico

Il Gruppo, nonostante presenti nel periodo 2004-2007 una costante crescita del fatturato netto (+32,7%) e del margine
operativo lordo, registra un lieve decremento della redditività operativa (-0,8%) a causa del forte aumento dei costi di
produzione. Nel 2007, a fronte di un incremento del fatturato netto (+19,8%) e del margine operativo lordo (+15,9%)
rispetto all’anno precedente, si registra un -2,2% della redditività. Tale risultato è determinato da variazioni nel volume di
vendite (+6%), da cambiamenti strutturali (+8%), dal mix di prodotti e prezzi (+2%), dall’impatto delle fluttuazioni delle
valute estere rispetto al dollaro statunitense (+4%). Alla realizzazione del fatturato totale contribuiscono con il 27,2% il
Nord America ( tra cui gli Usa con ben il 26,2%) con il 26,7% i Bottling Investiments, con il 15,3% l’area del Pacifico, con il
4,6% L’africa ed infine con il 3,8% l’Eurasia.

12.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Oggi l’impresa opera nelle aree di interesse con l’intenzione di completare la propria gamma di offerta con bevande piatte
(succhi e bevande alla frutta) al fine sia di offrire una più ampia possibilità di scelta ai consumatori locali che di soddisfare
le sempre più marcate esigenze salutiste evidenziate dai mercati internazionali. Lo schema organizzativo ha
indubbiamente favorito e accelerato lo sviluppo internazionale di coca cola in quanto il gruppo non ha dovuto sobbarcarsi
l’onere degli investimenti fissi in produzione e distribuzione, potendosi appoggiare a partner locali, molto meglio
introdotti sotto ogni aspetto sul proprio territorio. In questo modo è stato possibile sfruttare anche la maggiore vicinanza
culturale da parte degli imbottigliatori ai mercati locali, con la possibilità di reperire maggiori informazioni circa le
preferenze dei consumatori, per poi offrire dei prodotti in linea con le loro stesse esigenze. Ciao testimonia come la
multinazionale americana sia riuscita a diventare un colosso aziendale mediante una forma di collaborazione con soggetti
terzi e attraverso una internazionalizzazione del tipo make together, che consente di minimizzare i costi del processo di
espansione e, al tempo stesso, di minimizzare i profitti sfruttando a pieno la notorietà universale del marchio coca-cola.
Nonostante il grande successo, l’azienda deve far fronte a diversi rischi che minano la profittabilità aziendale, tra cui:

 Diminuzione della domanda di alcuni suoi prodotti, a causa non solo della maggior attenzione alla salute e al
benessere fisico, ma soprattutto del crescente fenomeno dell’obesità;
 Inefficienza del sistema dei costi di produzione nel lungo periodo conseguente non solo all’incremento dei costi di
materie prime ed energia, ma anche alla scarsità e inquinamento dell’acqua, quale ingrediente utilizzato per ogni
prodotto offerto;
 Continue fluttuazioni negative del cambio, in particolare il progressivo peggioramento del dollaro usa rispetto alle
altre valute;
 Peggioramento della posizione finanziaria dei bottling partner o assenza di un mix di prezzo, marketing e supporto
pubblicitario che li stimoli a continuare a collaborare con il Gruppo;
 Danno di immagine e reputazione causato sia da procedimenti legali contro l’utilizzo di ingredienti considerati
illegali e di prodotti altamente inquinanti, che da problemi dovuti alla posizione dominante occupata sul mercato
beverage. Per contrastare quest’ultimo, la coca cola company si è concentrata su tre principali aree fortemente
influenzabili dall’attività di impresa: il workplace, creando un ambiente lavorativo aperto basato sul
riconoscimento dei diritti umani; l’ambiente, cercando di gestire la propria attività in modo da proteggere e
preservare l’ambiente e conseguire, nel contempo, uno sviluppo economico sostenibile a favore delle singole
realtà locali presso le quali opera. La multinazionale ha stipulato alcune partnership con diverse organismi
internazionali e agenzie governative locali impegnate nella difesa dell’ambiente.

CAPITOLO 13: PEPSICO INC.

La società, con sede a New York, nasce nel 1965, dalla fusione tra Pepsi-cola company e Frito lay. La pepsi-cola ha iniziato,
negli anni trenta, a vendere i propri prodotti in europa per poi estendere rapidamente la propria attività a livello
internazionale. Tale processo di espansione è stato seguito anche dalla pepsiCo Inc., che nel 1966 è penetrata nel mercato
giapponese e dell’Europa dell’Est. Ha diversificato la propria attività entrando nel segmento food, introducendo nuovi
prodotti e nuovi hacking, fino a gestire ristoranti fast food com KFC, Pizza Hut etano Bell, attraverso la costituzione, nel

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1980, di PepsiCo Food Service International (PFSI). Nel segmento beverage, oltre al lancio di nuove bibite gassate la
società è entrata nel 1994 nel settore delle acque imbottigliate lanciando negli USA il marchio Aquafina, oggi leader nel
medesimo mercato; nel 1998, invece, ha avviato la penetrazione nel settore dei succhi di frutta con l’acquisto del
prestigioso marchio internazionale Tropicana. Alla fine del 2007, la struttura societaria è stata riorganizzata in tre
principali divisioni:

1. PepsiCo Americas Beverage (PAB) che a sua volta è suddivisa in:

 PepsiCo Beverages North America (PNBA) nata in seguito alla riorganizzazione delle unità beverage del Nord
America.
 Latin Americas Beverages (LAB), quale attività caratterizzata da un forte posizionamento da un forte
posizionamento dei prodotti realizzati su misura per il mercato Sud-americano.

2. PepsiCo International (PI), rappresenta la quarta multinazionale nel food e nel beverage dopo Nestlè, Kraft e Unilever.
La PI si occupa di tutte le attività snack, beveraggi e food presenti in Europa, Asia, Africa e Australia. Essa produce, vende e
distribuisce, una vasta gamma di prodotti con brand sia globali (lay’s, doritos ecc) che internazionali (come 7 up) nonché
locali (Walkers nel regno unito). Gode di un’ottima reputazione, focalizzandosi sul benessere e la salute fisica, la
sostenibilità ambientale e l’istruzione.

3. PepsiCo Americas Foods (PAF) si occupa del segmento food e snack nel Nord e Sud America. Il suo portafoglio di attività
include:

 Frito-Lay North America (FLNA), i cui principali prodotti sono offerti con brand globali come Lay’s, cheetos, Fritos…
 Quaker Foods North America (QFNA), che offre una vasta gamma di cereali per la prima colazione, sciroppi, pasta
e riso.
 Sabritas, leader nel mercato messicano degli snack e fun food, con una quota del 80%
 Gamesa, leader globale nel segmento dei biscotti e principale produttore in Messico.
 Latin America Foods (LAF) opera in Brasile, Argentina, Colombia, Perù e Venezuela, offrendo principalmente snack
sia con marchi globali che con quelli locali.

Il gruppo PepsiCo Inc opera anche in italia e, nel 1995, ha aperto una filiale italiana che si colloca fra le prime quattro
compagnie del mercato beverage e che opera in due categorie: bevande gassate (pepsi, Slam e Seven Up) e bevande
isogoniche (Gatorade).

13.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

La multinazionale americana deve il suo successo alle diverse acquisizioni strategiche susseguitesi nel tempo. Per quanto
riguarda il segmento food le principali acquisizioni sono rappresentate da: Sabritas, i ristoranti Pizza Hut Inc, Taco Bell,
KFC, le due società inglesi Walkers Crisps e Smith Crisps; l’impresa dolciaria messicana Gamesa; la polacca Wedel SA e la
cilena Barcel. Allo stesso tempo ha rafforzato ulteriormente la propria posizione sul mercato beveraggi, con importanti
acquisizioni aziendali tra cui: 7UP International, Mug Root Beer, Pepsi Cola Indian company; Tropicana Products; la società
californiana Naked Judice, specializzata nella produzione succhi di frutta 100% e judice smotta; l’azienda tedesca Punica
Getranke, produttrice di succhi e bevande alla frutta e Sanatora, grande produttrice di succhi sul mercato ucraino, con una
quota del 47%. Il Gruppo è riuscito ad affermarsi a livello internazionale anche grazie alla realizzazione di joint venture e
partnership, tra cui le più importanti sono:
 La joint venture agreement in India, stipulata da PI nel 1998;
 La joint venture tra Pepsi cola e Thomas J. Lipton Co., nel 1991, per la produzione e la distribuzione di te freddo;
 La North American Cofee partnership, costituita con Starbucks per la distribuzione delle bevande al caffè;
 La joint venture con Galaxy Food Co, stipulata, nel 2000, dalla tropicana, al fine di introdurre bevande prodotte
mescolando succo e purea di frutta e latte di soia;
 La joint venture con Empreseas Polar SA del Venezuela realizzata da Frito-Lay divenuta leader degli snack chip nel
Centro Sud-America;
 La partnership per lo sviluppo di programmi internazionali, incontri promozionali ed eventi, tra Pepsi cola e MTV

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 L’alleanza tra Pepsi e Lucasfilm prevedendo la sponsorizzazione dei brand beverage e snack food della PepsiCo
durante alcune famose serie cinematografiche;
 La distribuzione esclusiva per importanti partner, tra cui i villaggi di Ventaglio Group e il Parco Mirabilandia
nonché fornitore unico dei Multiplex Warner;

13.3 Andamento economico

Il 2007 è stato un anno di esiti positivi per la PepsiCo Inc. registrando un notevole incremento del reddito ed una forte
crescita dei profitti, con un fatturato annuo superiore ai 39.474 milioni di dollari, la multinazionale registra la crescita più
rapida di tutto il mondo. Presenta un incremento del 12,3% del fatturato netto rispetto all’anno precedente (+34,9%
rispetto al 2004) grazie sia alla crescita dei volumi venduti che del prezzo di vendita, il margine operativo lordo è
aumentato del 10,3% rispetto al 2006 (+36,3% su 2004) riflettendo la compensazione tra la crescita delle vendite e
l’incremento dei costi delle materie prime. Nel periodo considerato la multinazionale conserva un buon livello di
redditività (+0,2%) ed un costante incremento dell’utile netto d’esercizio (+34,3%). Le attività che hanno dato maggior
contributo di crescita per diversi anni sono rappresentate da quelle appartenenti alla divisione PAF ePI. Nel 2007
quest’ultima contribuisce alla realizzazione del 40% del fatturato netto, mentre la PAF con il 34%.

CAPITOLO 14: GRUPPO PARMALAT

Il Gruppo Parmalat rappresenta uno dei principali operatori del settore lattiero-caseario mondiale. La multinazionale
italiana, oltre a produrre e distribuire latte, prodotti dairy e bevande, si è focalizzata su specifiche tipologie di prodotti,
secondo le esigenze dei consumatori a livello locale ed ha individuato i segmenti ad alto potenziale di crescita dove
indirizzare la propria offerta. Totalmente specializzato e multibusiness, il gruppo, attualmente costituito da 90 società, è
centralizzato e presente in 12 nazioni, operando direttamente o tramite licenza con una vasta gamma di prodotti e diversi
marchi.

14.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

Il gruppo Parmalat, come si presenta oggi, è il risultato di un lungo processo di sviluppo e crescita dimensionale. L’impresa
è stata la prima ad abbandonare il confezionamento del latte nelle bottiglie di vetro sostituendola con il tetra pack,
specializzandosi, così, nella produzione e commercializzazione del latte a lunga conservazione. Nel 1966, al fine di
espandere la vendita nel mercato nazionale, è stata cambiata la denominazione dell’impresa in Parmalat. La produzione
è stata estesa anche a panna, burro e yogurt e, alla fine degli anni settanta, l’impresa ha iniziato il suo processo di
internazionalizzazione. Negli anni novanta ha inizio una fase di rapida crescita dimensionale con l’acquisizione di diverse
società nel territorio nazionale e all’estero, la cui direzione è affidata sempre a manager italiani. L’internazionalizzazione e
la diversificazione hanno generato un elevato fabbisogno di finanziamenti e liquidità e il gruppo, ha finanziato
interamente le proprie operazioni ricorrendo al debito bancario. Pertanto, già verso la fine degli anni ottanta, i debiti
ammontavano ad un centinaio di miliardi di lire e venne deciso di richiedere nuovamente credito alle banche. Nel 1990,
grazie alla quotazione in Borsa e a vari finanziamenti, Parmalat riuscì ad ottenere liquidità, utilizzandola per nuovi
investimenti. Così, mentre l’indebitamento cresceva, l’azienda ha iniziato a perdere profitti, anche a causa di errate
strategie sul mercato estero. Nel corso del 2003, le banche, dopo numerosi solleciti per il mancato rientro dei prestiti,
hanno imposto il commissariamento al gruppo, nominando un amministratore straordinario. Il 2003 fu un anno terribile e
si concluse con uno degli scandali finanziari più gravi degli ultimi anni, quando nel dicembre, Bank of America dichiaro che
i 4 miliardi di euro rappresentanti l’attivo Parmalat non esistevano. Questo scandalo portò il gruppo all’insolvenza,
costringendo ad iniziare la procedura di amministrazione straordinaria. Ebbe inizio un lungo processo, in cui le attività e le
passività delle aziende estere appartenenti al gruppo furono trasferite alla nuova Parmalat Spa istituita nell’ottobre 2005,
subito quotata nella Borsa di Milano. Il piano della nuova società prevedeva un rientro nel business core originario del
gruppo, in particolare:

 Una razionalizzazione del portafoglio prodotti con la focalizzazione della produzione essenzialmente su latticini e
bevande ed in particolare del latte, yogurt ecc;
 Una drastica riduzione anche dei marchi, passando da 130 a 30, prevedendo una valorizzazione; i marchi attuali
possono essere classificati in 3 grandi gruppi: globali, quali Parmalat e Santal, che rappresentano il cuore della

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strategia di sviluppo del gruppo; internazionali, come Zymil; locali, quali marche molto forti a livello locale in
quanto caratterizzati da un’immagine forte per il consumatore locale.
 Un ridimensionamento del perimetro geografico e societario, restringendo la presenza diretta nei mercati in cui
l’azienda ha da sempre una posizione forte;

14.2 Principali acquisizioni

L’espansione dimensionale dell’azienda è avvenuta tramite il diretto controllo delle attività acquistate in Italia e all’estero.
Ciò, se da un lato ha permesso all’azienda di avere un maggior controllo sia della fonte estera di approvvigionamento
delle materie prime che del mercato di sbocco, ha comportato, dall’altro, il sostenimento di ingenti costi di gestione.
Difatti, negli anni settanta è sbarcata in sud America, in Brasile, Uruguay, Colombia e Usa. Negli anni ’80 ha iniziato il
processo di diversificazione produttiva coi succhi Santal, le passate di pomodoro Pomì e così via. Inoltre, nel 1984, è
entrata nel settore dei prodotti da forno, con i biscotti e le merendine Mister Day. All’aumentare dei costi, il gruppo,
nell’intento di acquisire maggiore flessibilità operativa, ha iniziato a stringere dei rapporti collaborativi con alcuni partner
locali, stipulando principalmente contratti di concessione in licenza di marchi commerciali. Nel 1990 ha acquistato il
Parma Calcio. Un’altra diversificazione spinta è rappresentata, inoltre, dall’ingresso nel business delle tv commerciali, con
l’acquisizione di Odeon Tv. Dopo il crack, le acquisizioni del gruppo sono state tutte di natura strategica e fortemente
legate al core business aziendale.

14.3 Andamento economico

Dagli ultimi dati di bilancio, si rileva nel periodo 2004-2007, un progressivo aumento non solo del fatturato netto, ma
anche del mol, della redditività e soprattutto dell’utile. Tale andamento positivo è dovuto sia all’aumento dei prezzi di
vendita, che al miglioramento del mix d’offerta. In particolare, l’incremento dell’utile è dovuto, oltre che ad un aumento
considerevole dell’utile operativo, anche dai maggiori proventi finanziari netti, per effetto della diminuzione dei debiti e
dell’aumento della liquidità investita. Le aree che hanno maggiormente contribuito nel determinare questo trend positivo
del fatturato sono rappresentate principalmente dal centro-sud America, dal Canada e, in misura minore dai paesi
europei e dall’Italia. Un’inversione di tendenza, però, si rileva nel 2007; in particolare, si registra un incremento delle
vendite soprattutto in Italia (+16%) e Sud Africa. Si rilevano, però, anche decrementi consistenti delle vendite in alcuni
mercati europei, tra cui quello portoghese e sudamericano. I dati economici per divisione prodotto mostrano, per le
maggiori categorie, un incremento dei ricavi dal 2004 al 2007. Analizzando, nello specifico, le diverse divisioni si rileva
che:

 La divisione del latte rappresenta circa il 60% del fatturato, con una crescita durante il periodo dell’8%;
 La divisione derivati del latte, rappresenta circa il 33% del fatturato, con un incremento del 13%;
 La divisione bevande a base di frutta, rappresenta, nel 2007, circa il 7% del fatturato totale del gruppo, con un
incremento del 5% durante il periodo considerato.

14.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Nel corso del 2007, il gruppo ha realizzato investimenti per 115 milioni di euro, a conferma di un forte impegno non solo
in qualità e recupero di efficienza, ma soprattutto di crescita organica. Si rileva, inoltre, che l’incremento maggiore si
registra in Europa ed in modo particolare in Russia ed Italia. Tali investimenti sono stati indirizzati, non solo alla R&S e al
lancio di nuovi prodotti, ma anche al miglioramento dell’efficienza operativa e della reta distributiva, al potenziamento
della capacità produttiva degli stabilimenti e così via.

Alla luce della crescente domanda, su scala mondiale, di alimenti confezionati e di prodotti funzionali con caratteristiche
specifiche il Gruppo intende, consolidare la propria presenza sul mercato dairy con un focus maggiore sul functional dairy.
Difatti, la multinazionale italiana, grazie alla focalizzazione del proprio business nel settore degli alimenti funzionali, è
riuscita, non solo a superare la crisi finanziaria proseguendo nelle proprie attività con l’appoggio di consumatori e
distributori, ma soprattutto è riuscita a riaffermarsi. In particolare, il Gruppo, occupa le seguenti posizioni:

 Canada: rappresenta il primo mercato di riferimento, dove Parmalat è uno dei principali operatori nel settore del
latte;
 Italia: secondo mercato di riferimento, in cui è leader nel settore del latte pastorizzato e a lunga conservazione;

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 Australia: primo player di mercato nel dairy funzionale;


 Sud Africa: primo player di mercato sul latte e formaggi;
 Centro-sud America
 Cina: in cui è crescente la domanda di prodotti lattiero-caseari ed in particolare di latte in polvere;

Il Gruppo Parmalat, inoltre, opera assumendo una responsabilità, tanto sociale quanto economica. Nello svolgere
quest’ultima contribuisce allo sviluppo professionale dei propri dipendenti e collaboratori e al loro progresso economico e
sociale.

Nonostante le opportunità di crescita presenti nel mercato lattiero-caseario, occorre ricordare una serie di condizioni
significative che in futuro potrebbero influenzare o modificare la posizione competitiva del gruppo parmense:

 La crescita delle vendite di prodotti a marca commerciale (private label), in particolare in Europa, in cui si prevede
un aumento sensibile entro il 2010. Le private label, rappresentano, oggi, il 45% dei prodotti venduti in Europa;
pertanto, si prospetta un ridimensionamento della posizione di mercato del gruppo.
 L’aumento dei prezzi delle materie prime;

CAPITOLO 15: GRUPPO BARILLA

Il Gruppo Barilla è, oggi, riconosciuto nel mondo come uno dei simboli della cultura alimentare italiana e mediterranea e,
difatti, le sue attività si focalizzano principalmente su due aree di business: Primo piatto all’italiana e prodotti da forno
(bakery). In particolare, la multinazionale italiana si posiziona come leader mondiale nel mercato della pasta ed è uno dei
principali produttori di sughi pronti in Europa. Barilla possiede 54 poli produttivi, tra cui pastifici, fornerie, magazzini e
mulini, che forniscono gran parte della materia prima occorrente. Ciò evidenzia che l’azienda, al fine di garantire la qualità
della pasta, deve gestire direttamente la materia prima fondamentale e, quindi, internalizzare l’attività di
approvvigionamento. Il Gruppo impiega oltre 18mila persona ed esporta la propria produzione in più di 125 paesi, la cui
commercializzazione avviene utilizzando oltre 20 marchi.

15.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

L’impresa a conduzione familiare è nata nel 1877 a Parma. Nel 1910, è stato costituito il primo stabilimento Barilla per il
confezionamento e la vendita della pasta con l’omonimo marchio. Al crescere dell’attività, la famiglia Barilla ha deciso di
diversificare la propria produzione. Un momento significativo della vita dell’azienda è avvenuto nel 1971, quando la
maggioranza del pacchetto azionario delle società è stato venduto all’americana Grace. Nonostante la notizia non fu
accolta serenamente, l’azienda ne ha tratto un enorme beneficio, grazie al percorso di espansione aziendale intrapreso
dall’acquirente americana. Infatti, negli anni successivi sono state acquistate aziende già operative (come la Voiello) e
create nuove linee produttive (come la Mulino Bianco). Nell’ottobre 1975, dopo un anno di sperimentazione, sono
comparsi nei punti vendita le prime confezioni di biscotti a marchio Mulino Bianco, riscontrando da subito un enorme
successo. Un altro punto di svolta si è avuto nel 1979, quando, la famiglia Barilla ha riacquistato dalla Grace la
maggioranza del pacchetto azionario della società. L’impresa Barilla, difatti, è cresciuta assumendo sempre più la struttura
di una multinazionale, fino a diventare il primo produttore di pasta anche le mercato statunitense. L’attuale struttura del
Gruppo, fa capo a Barilla Holding SpA e opera attraverso 4 società diverse. I siti prodottivi attivi all’estero solo localizzati
in: Grecia, Turchia, Svezia, Germania, Norvegia e Usa. Per la realizzazione dei prodotti da forno, il gruppo possiede in
Italia, 9 centri produttivi, tra cui i più importanti sono: quello di Castiglione delle Stiviere, Mantova (75% produzione di
crackers e biscotti Mulino Bianco); quello di Cremona (produzione e confezionamento di pane); quello di Melfi (uno dei
siti più grandi d’Europa); quello di Novara (Pavesi); quello di Ascoli Piceno (prodotti per la prima colazione). Da
sottolineare che, mentre da un lato si osserva che l’offerta a livello mondiale di pasta e sughi pronti avviene utilizzando il
marchio internazionale Barilla, dall’altro si evidenzia che l’offerta dei prodotti da forno si articola su base regionale, con
marchi locali e prodotti pensati per soddisfare differenti gusti alimentari.

15.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

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La crescita dimensionale del Gruppo e l’affermazione a livello internazionale si è avuta grazie ad una serie di acquisizioni
strategiche effettuate nel corso degli anni. Tra le più rilevanti, in ordine cronologico, ci sono: azienda Tre Marie (1987),
quale simbolo della tradizione dolciaria milanese; Pavesi (1992). Occorre, inoltre, ricordare che nel 1998, per rispondere
ad esigenze di ordine organizzativo e strategico legati alla logistica, la Barilla ha creato una società, la Number1, che
gestisce e coordina in proprio l’intero trasporto delle merci. La Number1, rappresenta una società di servizi che ha
l’obiettivo non solo di offrire un collegamento moderno ed efficace tra gli stabilimenti, ma soprattutto garantisce il
rispetto del limite di rotazione imposto sulle scorte per salvaguardare la qualità e la freschezza dei prodotti offerti.
Nonostante questa nasca da un progetto della Barilla, grazie all’efficacia del servizio offerto, è diventata molto
competitiva sul mercato; infatti, oggi, sono molteplici i partner con cui collabora tra cui F&P e Riso Gallo.

15.3 Andamento economico

Nel 2007, il Gruppo ha conseguito un fatturato in incremento del 3,5% rispetto all’anno precedente; parimenti, un
progressivo aumento si è registrato per il mol. Invece, la redditività e l’utile operativo netto, registrano una leggera
flessione, evidenziando difficoltà nella gestione operativa. In particolare, l’incremento dell’utile operativo nel 2007, è
attribuibile principalmente ad un incremento del volume di vendita sui mercati internazionali; mentre, la riduce, rispetto
all’anno precedente, è dovuta ad un aumento dei costi di produzione. Dunque, l’utile netto presenta un decremento del
3%, rispetto all’esercizio precedente. Analizzando, inoltre, l’andamento del fatturato nelle aree di maggior interesse, si
rileva che la crescita maggiore si registra in Europa, con un incremento costante; anche in Italia, si riscontra un
miglioramento rispetto all’anno precedente, circa il 4%. Considerando i mercati internazionali, invece, si osserva che
quello nordamericano, quale driver di crescita del Gruppo grazie all’affermazione e al rafforzamento del marchio nel
segmento della pasta, registrando un aumento dell’8%.

Analizzando l’andamento per settore di attività, si nota che nel 2007, quello della pasta è aumentato rispetto all’anno
precedente; tale risultato è attribuibile all’innalzamento dei prezzi di vendita. Per quanto riguarda il fatturato dei sughi
pronti, invece, si è registrato un aumento più sostenuto; l’Europa si conferma terreno fertile per la Barilla, che conferma
la sua leadership, con risultati positivi ovunque. Per quanto riguarda il segmento bakery, nel 2007, il Gruppo ha registrato
un buon andamento nel mercato italiano, principalmente nei prodotti della prima colazione. In Europa nei due mercati di
riferimento più grandi del segmento bakery, Svezia e Germania, si è registrato un incremento del fatturato del 9% rispetto
al 2006. Un andamento decisamente positivo per tale tipologia di prodotti si riscontra anche nei mercati extra-europei.

15.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Il Gruppo Barilla è riuscito ad affermarsi a livello internazionale grazie ad una costante attenzione alla qualità e alla
comunicazione. Difatti, propone da sempre una corretta alimentazione, offrendo prodotti a base di grano duro di ottima
qualità, puntando al gusto e all’equilibrio nutrizionale, frutto di forti investimenti in R&S, per la continua introduzione di
innovazioni. Anche nel corso del 2007, il Gruppo ha continuato a svolgere attività di R&S, investendo 40mln al fine dei
migliorare ulteriormente le caratteristiche qualitative e nutrizionali dei prodotti. Nell’ambito della continua ricerca di
miglioramenti tecnologici e della produttività delle strutture sia italiane che estere, sono stati stanziati ulteriori 200mln. In
particolare, la sola Barilla G e R Fratelli ha investito circa 150mln; investimenti rivolti, soprattutto, alla realizzazione di un
nuovo stabilimento negli Usa e all’avanzamento della costruzione del mulino di Pedrignano. La costante crescita Barilla
nel mercato Usa, ha reso necessario, infatti, un investimento di 90mln di dollari per la costruzione di un secondo
stabilimento di pasta e centro di distribuzione. Un progetto ampio e ambizioso è risultato, invece, il mulino di Pedrignano,
che ha richiesto un investimento di 30mln e un notevole impiego tecnologico. Si tratta di un tassello importante nella
strategia di sviluppo della Barilla, in quanto, è in grado di trasformare 900 tonnellate di grano duro al giorno.

L’affermazione del Gruppo a livello internazionale lo ha spinto ad attuare, nel 2001, un progetto legato alle tematiche
della responsabilità sociale, che ha portato nel 2004 alla definizione del AFIS, che si focalizza su quattro aree
fondamentali: sicurezza alimentare, ambiente, social accountability e animal welfare.

CAPITOLO 16: GRUPPO FERRERO

L’industria Ferrero è nata nel 1946 vicino Cuneo, grazie allo sviluppo del Giandujot (o pasta Gianduia), che riscontrando
un grande successo tra i consumatori, ha spinto la pasticceria Ferrero ad aumentare la produzione e assumere nuovo

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personale. L’offerta del prodotto rivolta ai grossisti, è stata estesa ai negozianti dell’intero territorio italiano, risparmiando
le spese di distribuzione grazie all’utilizzo di automezzi propri; cosa che ha spinto verso un progressivo incremento della
produzione. Negli anni Cinquanta l’azienda, avendo già acquisito una dimensione nazionale, ha iniziato ad estendere la
propria presenza anche all’estero: dopo l’apertura di uno stabilimento in Germania, ha avviato l’esportazione diretta di
burro e cacao in Australia ed in America. Ha sviluppato oltre alla Nutella, anche altre iniziative produttive, come le
merendine. Durante gli anni Sessanta, ha poi continuato ad estendere la propria attività in Italia, con l’apertura di altri
stabilimenti per la produzione di prodotti da forno e la lavorazione delle nocciole per la produzione della Nutella. Si è
espansa anche in Europa, aprendo delle filiali in Francia e Belgio e costruendo una fitta rete commerciale, che le ha
permesso di essere presente con i propri prodotti in Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, Austria, Danimarca, Svezia e
Svizzera. Negli anni Settanta ha proseguito con una nuova linea di prodotti indirizzata sia ai bambini che agli adulti. Nel
decennio successivo la famiglia Ferrero, al fine di valorizzare i prodotti offerti e instaurare un rapporto di fiducia con i
consumatori, ha attribuito un marchio specifico a ciascun prodotto, la cui realizzazione è affidata ad imprese autonome
finanziariamente. Durante gli anni Novanta l’azienda, oltre ad insediarsi nell’Europa dell’Est, ha anche internalizzato le
risorse tecniche costituendo una società autonoma, la Ferrero Ingegneria, per la progettazione degli impianti del gruppo.
Per gestire un’attività sempre più articolata e internazionale, è stata creata la Ferrero International, quale holding
dell’omonimo Gruppo di proprietà della famiglia Ferrero e con sede a Lussemburgo, che attualmente coordina e controlla
tutte le società estere.

16.2 Acquisizioni e joint venture rilevanti

L’azienda ha posto in essere degli investimenti greenfield con la costruzione di impianti ex novo e l’apertura di proprie
strutture commerciali. Solo negli ultimi anni ha posto in essere alleanze strategiche con partner stranieri. Nel 2001 la
Ferrero ha concluso un accordo con Lever Faberge Italia di Unilever, per ottenere la distribuzione di chewing gum e
caramelle a marchio Mentadent.
Di particolare rilevanza, si è dimostrata la collaborazione sia con la Fundacion Maquita (MCCH) in Ecuador, avviata nel
1998, che con la Sogema, la quale fornisce una serie di servizi relativi alla logistica. Nel 2007 il Gruppo Ferrero ha
intrapreso un progetto entrando nel settore energetico. Difatti ha costituito con Egea una joint venture, denominata
AlbaPower, finalizzata alla realizzazione di una centrale di co-generazione per la produzione combinata di energia elettrica
e calore. E’ stato sponsor e fornitore ufficiale degli atleti italiani alle Olimpiadi di Pechino 2008, riscontrando ritorni in
termini di visibilità e di opportunità commerciali. All’inizio del 2009 l’impresa, per contrastare la crisi economica ha
programmato di incrementare l’efficienza operativa attraverso un ridimensionamento della struttura dei costi: in
particolare attuando una riorganizzazione societaria, riducendo la propria dipendenza dall'approvvigionamento delle
principali materie prime utilizzate nella produzione dei propri prodotti. Ha infatti programmato la costruzione del primo
impianto di essiccazione di latte in Italia e in Sud Africa, l’acquisizione di piantagioni di nocciole in America Latina e in Sud
Africa e ha costituito la Energie Spa, a cui è affidato lo sviluppo di programmi di investimento per la produzione di energia
in centrali di co-generazione o da fonti rinnovabili.

16.3 Andamento economico

Il Gruppo Ferrero ha chiuso l’esercizio 2007 con un fatturato di 5,6 miliardi di euro, il cui 27% rappresentato dalle
esportazioni che sono cresciute del 2,4% in volume e di solo 0,2% in valore. Ferrero registra un fatturato di 2.263 milioni
di euro, in aumento del 4,7% dell’anno precedente. Nonostante la crisi dei consumi, le vendite in Italia della società sono
cresciute del 5,3% in volume e del 3,9% in valore. L’andamento è stato positivo in particolare per le vendite dei confettini
Tic Tac, della Nutella, del te freddo Estate e del semifreddo Gran Solei.
Orientamento strategico e prospettive di crescita.

16.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

Il crescente successo dell’azienda in ambito internazionale e nazionale è sostenuto da una costante attività di ricerca e di
innovazione di prodotti e processi, un utilizzo efficace ed efficiente di materie prime di qualità, un’ottimizzazione dei costi
energetici con conseguente riduzione dell’impatto ambientale, un impiego e sviluppo razionale delle risorse umane e
infine un radicato insediamento sul territorio. La società Soremartec aiuta la Ferrero a migliorare i propri prodotti, infatti

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si occupa della cura di quelli già esistenti e ne crea di nuovi in modo da migliorare e consolidare il vantaggio competitivo
del Gruppo.

CAPITOLO 17: MARS INC.

La Mars Inc. è conosciuta in tutto il mondo principalmente per i suoi famosi snack, e in misura minore per la pasta, le
bevande e i petfood. Infatti la multinazionale è operativa nel segmento:

 Snack food, che risulta essere l’attività più rinomata e include prodotti al cioccolato confezionati;
 Bevande, in particolare con il caffè;
 Food, con la produzione di pasta pronta e salse;
 Petcare, offrendo prodotti per la nutrizione e la cura degli animali domestici;

Con sede legale in Virginia, possiede 215 siti, tra cui 100 industrie manifatturiere, dislocati in più di 66 paesi, denotando
una elevata multinazionalizzazione. Negli USA, sono localizzati diversi siti produttivi e altrettanti centri di ricerca. In
Europa la sussidiaria Mars Europe possiede 2 sedi principali, una in Belgio e l’altra nei Paesi Bassi. Il processo di
internazionalizzazione dell’impresa, è avvenuto attraverso sia investimenti greenfield che acquisizioni.

17.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

La compagnia è direttamente controllata dalla famiglia Mars, la quale svolge tale attività da ben più di un secolo. La prima
fabbrica di dolciumi è stata creata agli inizi deo Novecento nello stato di Washington, dove veniva prodotto una vasta
gamma di dolci, la cui commercializzazione è stata estesa a molti paesi della costa del Pacifico. Negli anni a seguire
l’azienda ha avuto alcuni problemi economici e nel 1922 ha rilevato una perdita di 6000 dollari. Dal 1924, grazie ad un più
efficiente sistema produttivo e ad una più attenta gestione del magazzino, l’azienda è riuscita a risollevarsi realizzando
700000 dollari di utile. Nel 1926, la Mars ha cambiato la propria denominazione in Mars Candisse, e per fronteggiare la
crescente domanda, è stato costruito un nuovo stabilimento a Chicago, in quanto più centrale e di più facile accesso alla
ferrovia. Nel 1930, sono stati creati nuovi prodotti e negli anni successivi è iniziato il processo di espansione all’estero.
Dieci anni dopo, è stata creata negli usa la M&M Limited realizzando dei confetti al cioccolato avvolti da un guscio di
zucchero: le M&M’s penaut. Nel 1943, la multinazionale ha iniziato a diversificare la propria attività producendo una vasta
gamma di prodotti, tra cui principalmente pasta, riso e piatti orientali, commercializzati soprattutto in Europa e in
Australia con i brand Country Inn riso, Dolmio e Suzi Wan. Negli anni Sessanta non solo è stata potenziata la capacita
produttiva aziendale, ma è anche stata ristrutturata l’intera organizzazione lavorativa, adottando un sistema radicalmente
egualitario e meritocratico, che ha reso più rapida ed efficiente la comunicazione tra le aree funzionali. Nel decennio
successivo, l’impresa ha ulteriormente diversificato la propria attività assumendo una posizione di rilievo nel settore
petfood, creando nel regno unito un proprio centro di ricerca in grado di sviluppare nuovi prodotti analizzando le
preferenze e le esigenze alimentari degli animali. La multinazionale è entrata in un settore totalmente nuovo, costituendo
in gb, la divisione MEI(mars elettronica international), la cui attività era finalizzata all’introduzione dei sistemi elettronici
nell’industria dei distributori automatici. I prodotti anno avuto successo globale. Al fine di migliorare e consolidare
l’immagine del brand l’azienda ha impiegato 5 milioni di dollari per rendere Snickers e M&M’s gli snack ufficiali delle
olimpiadi del 1984, diffondendo con una specifica campagna pubblicitaria l’idea di piccoli integratori energetici. Grazie a
tale strategia l’impresa è riuscita a guadagnare in poco tempo un’importante consenso da parte dei consumatori. Nel
1986, la compagnia ha creato una versione gelato dei suoi maggiori brand. Negli anni seguenti, la Mars ha registrato una
battuta d’arresto anche a causa del fallimento di alcuni prodotti ritenuti troppo costosi dai consumatori, ma ha riacquisto
la leadership nel 1991, introducendo delle varianti ai suoi prodotti più rappresentativi, quali M&M’s menta e mandorla,
Milky Way a cioccolato scuro e Snickers versione burro d’arachidi. L’impresa ha rafforzato la propria posizione nel
mercato internazionale degli alimenti per gli animali domestici, sia introducendo una nuova linea più costosa, che
rispecchiava una maggiore qualità rispetto ai prodotti precedenti, sia incrementando la visibilità dei prodotti, attraverso
l’esposizione degli stessi nei supermercati. La multinazionale americana ha avviato nel 2007 sia un processo di
rifocalizzazione dell’attività sul core business, che uno di unificazione globale del brand. Al fine di migliorare l’efficienza
operativa e rendere più flessibile il processo decisionale, l’attività è stata divisa per ASA (area strategica flessibile) e
ciascuna divisione attua le strategie della casa madre, godendo di una certa autonomia ed agendo nel rispetto dei principi

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base dell’azienda. Perseguendo una strategia di centralizzazione, la società ha riconvertito in “Mars” tutte le divisioni e
sussidiarie che operavano il nome Masterfoods.

17.2 Principali acquisizioni

Le acquisizioni condotte con un fine puramente strategico hanno riguardato aziende operanti nel settore degli snack,
come Chapple Brothers Ltd, la Dove e Wrigley Co e in quello dei petfood, come la Kal Kan Foods Inc, la Doane Pet Care
Company, azienda manifatturiera che produce prodotti dry food per private label e la azienda francese Royal Canin che
produce alimenti per animali domestici di categoria premium, occupando una posizione rilevante sul mercato europeo e
mondiale. Inoltre la Mars per riuscire a conquistare una posizione di rilievo sul mercato del riso ha acquisito dalla
Converted Rice Inc, il brand Uncle Ben’s Rice.

17. 3 Andamento economico

La multinazionale americana, nel 2007, ha registrato un fatturato di 24 miliardi di dollari, grazie ad un incremento delle
vendite e al relativo miglioramento della quota di mercato rispetto all’anno precedente. Nel 2007 il 49,5% delle vendite è
attribuito ai prodotti per animali domestici, seguito dagli snack con il 42,2% delle vendite, mentre la categoria food
rappresenta il 6,5% del fatturato con il restante 1,8% che è ottenuto dalla vendita di bevande. L’Europa, assorbendo circa
il 50% della produzione e generando 10,5 miliardi di dollari di fatturato, si afferma come il mercato di riferimento
principale, mentre il 40% della produzione è distribuita nelle Americhe e il restante 10% in Australia e Giappone. Il
mercato del cioccolato confezionato americano risulta essere uno dei più competitivi e grandi al mondo, in cui i prodotti
come M&M’s, Snickers, ùTwix, 3 Musketeers rappresentano il 25% del mercato. La Mars Italia, operativa nel mercato
italiano con tre linee di prodotto, ha registrato nel 2007 un fatturato di 274 milioni di euro, di cui il 28% realizzato nel
segmento dello snack al cioccolato e il 205 realizzato dai marchi storici come Mars Bar, Twix e M&M’s. Occorre
evidenziare il forte posizionamento della multinazionale nel mercato dell’Est europeo, con una quota del 5,5% del
segmento dei prodotti confezionati e del 7,8% del segmento del cioccolato.

17.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

la Mars ha scelto di internazionalizzarsi prevalentemente attraverso gli IDE, così da produrre e distribuire localmente i
propri prodotti ed influenzare i sistemi e le scelte effettuate dagli operatori locali. L’azienda, si è distinta fortemente dai
diretti concorrenti riuscendo a fronteggiare contesti instabili con l’entrata in mercati definiti difficili, come la Russia e la
Cina che presentano un elevato potenziale di crescita. Fino ad oggi, al fine di conseguire un vantaggio competitivo,
l’azienda ha costruito la propria strategia sulla valorizzazione dell’offerta e sul coinvolgimento del consumatore. Essa ha
deciso di sostenere maggiormente la strategia multicanale, incrementando la propria presenza nella GDO con prodotti
super premium, così da creare una vera e propria shopping experience che coinvolga totalmente il consumatore e lo
conduca ad una fidelizzazione alla marca. Di fronte alla crescente richiesta di prodotti con basso contenuto calorico,
laMars, si è affermata comò promotrice e sostenitrice attiva del benessere e della salute, senza mai abbandonare quegli
ingredienti che sono stati accusati fortemente di causare obesità. Dal 2006 l’impresa ha iniziato a ridurre le calorie
presenti negli snack sia creando nuovi formati secondo le occasioni di consumo, sia riducendo il quantitativo di ingredienti
maggiormente pericolosi per la salute. Nel segmento pescare, la Mars offre non solo prodotti di qualità atti a migliorare
l’alimentazione e la salute degli animali, ma cerca anche di tutelare questi ultimi attuando programmi sia per l’educazione
dei pet owner che per garantire l’incolumità dei pet. Nonostante, la multinazionale registri un continuo incremento delle
vendite anche in periodi di crisi economica, la sua posizione di leadership potrebbe essere influenzata da:

 Una futura e agguerrita competizione con private label.


 Incremento dei costi di distribuzione, a causa dell’incremento del prezzo del petrolio.
 Le crescenti proteste dei consumatori contro l’utilizzo dei coloranti artificiali, accusati di incentivare la iperattività
nei bambini.
 Una eccessiva pratica di product recall.

CAPITOLO 18: BOLTON GROUP

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I settori di attività in cui opera sono:

 Food (49% del fatturato), che comprende la produzione di tonno (Rio mare, Alco, Palmera), pesce e carne in
scatola, creme e cracker (Prima);
 Houseold care (20% del fatturato), ossia prodotti per la pulizia della casa (Omino Bianco, wc net..);
 Personal e beauty care (17% del fatturato), che comprende oltre ai prodotti per l’igiene e la cura personale, anche
i cosmetici (Collistar);
 Sigillanti e colle (UHU, Bison);

La casa madre, Gordons Investiments, ha sede legale nelle Antille olandesi, e, oltre a possedere finanziarie in
Lussemburgo, è proprietaria anche di numerosi stabilimenti produttivi localizzati in diversi paesi europei, in Messico, USA,
Australia e in Costa d’Avorio, dove avviene la produzione del tonno in scatola. Bolton Group negli ultimi dieci anni ha
acquisito 11 società e diversi brand e negli ultimi sette ha aperto nove sussidiarie in 5 diverse nazioni. L’attività food è
stata avviata nel 1960 con l’acquisizione di Manzotin e con il lancio del marchio Rio Mare, il quale è diventato, dopo
appena cinque anni, leader di mercato del tonno in scatola in Italia e, attualmente, anche a livello europeo, grazie
all’acquisizione, nel 1999, di Saupiquet. Un altro evento rilevante è stato l’acquisizione di CILE nel 1996, divenuta Bolton
CILE, specializzata nella produzione, commercializzazione e distribuzione di cibi in scatola con brand Prima, che
attualmente è il principale marchio nella vendita di ketchup in Spagna e occupa una buona posizione nel segmento
dell’aceto. L’ingresso del gruppo nel mercato mondiale degli adesivi e delle colle è avvenuto con l’acquisizione di UHU nel
1989 ed è proseguito con l’acquisizione di Bison e di Imedio, leader nella produzione di adesivi e guarnizioni
rispettivamente nel Benelux e in Spagna. La Bolton è entrata nel business dei prodotti per la cura personale nel 1968 in
Italia, proseguendo con l’acquisizione della Manetti & Roberts Company, allargando poi questa attività nel canale dei
prodotti parafarmaceutici. Un ulteriore business in cui Bolton è presente è quello dei cosmetici, acquisendo nel 1993 la
Collistar, marchio italiano leader nel mercato dei profumi, i cui prodotti sono esportati in 29 paesi.

18.2 Andamento economico e caso della Bolton Alimentari e del marchio Rio Mare

I dati relativi alla sola divisione food evidenziano che, nonostante un calo dll’1,6% del volume di vendite, il fatturato totale
realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese operative in tale segmento è stato superiore a 440 milioni di euro.
La Boltono Alimentari Spa, controllata dal Gruppo Bolton, è oggi presente in circa trenta paesi europei in cui
commercializza tonno è carne in scatola. In Italia è leader nel settore del tonno in scatola, facendo registrare nel 2006 un
fatturato di 639.945 milioni di euro. Bolton Alimentari Spa, dopo essere entrata nel mercato di tonno in scatola con il
brand Rio Mare, ha rafforzato la propria posizione nel mercato italiano acquisendo, dalla società Brands Srl in
liquidazione, i marchi Palmera e Alco, utilizzati per le conserve ittiche destinate all’alimentazione umana, e Potrete e
Petrit, attribuiti, invece, al cibo per animali domestici. Per rispondere alle nuove tendenze emergenti, Rio Mare, completa
la sua offerta, oltre al tonno di qualità trattato con ilio di oliva di qualità, si presenta con prodotti al naturale. Rio Mare è
presente sul mercato anche con altri generi di conserve ittiche all’olio di oliva, come i filetti di salmone, i filetti di sgombro,
le sardine, oltre ad altri prodotti come i Pronti.

18. 3 Orientamento strategico e prospettive di crescita

La Bolton Alimentari puntando all’ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali e all’acquisizione di un crescente potere
contrattuale nei confronti dei consumatori, dei concorrenti, dei fornitori e dei distributori, ha perseguito uno sviluppo
dimensionale e monosettoriale, inizialmente ampliando la potenzialità degli impianti o creando ex novo altre unita
produttive, attraverso un processo esterno di acquisizione di imprese similari, operative nel segmento delle conserve di
tonno, come la Palmera Brands. Tale processo ha suscitato molte polemiche sull’azienda accusata di detenere una
posizione dominante all’interno del mercato italiano grazie ai marchi Rio Mare, Palmera ed Alco. L’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, osservando le caratteristiche e il livello di concorrenza del mercato di riferimento, dichiara
che, nonostante il processo di concentrazione attuato, la Bolton non è in grado di attuare condotte indipendenti dalle
reazioni dei principali concorrenti e dei propri clienti nel mercato delle conserve a base di tonno. Occorre anche
considerare che i principali clienti del Gruppo sono rappresentati dalle grandi catene della distribuzione (GDO) che,
attualmente, dispongono di un elevato potere contrattuale nelle trattative commerciali con i propri fornitori, grazie alle

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vaste dimensioni, all’importanza commerciale che esse rivestono per il venditore e alla capacità di ricorrere a fonti di
approvvigionamento alternative qualora il fornitore Bolton decidesse di aumentare i prezzi dei propri prodotti o di ridurre
la produzione. Pertanto non esiste un rapporto di dipendenza della GDO dalle forniture della Bolton, in quanto gli
operatori della GDO sono clienti dotati di un potere di mercato assai significativo e idoneo a rappresentare un robusto
fattore di contrappeso al potere di mercato del Gruppo olandese, minacciando di cambiare fornitore o incrementando la
vendita di prodotti private label.

CAPITOLO 19: CHIQUITA BRANDS INTERNATIONAL, INC.

La Chiquita si posiziona come prima multinazionale operativa nel settore ortofrutticolo a livello globale. Fortemente
centralizzata ed integrata verticalmente, l’impresa, si presenta specializzata, multiprodotto e di tipo globale. Il processo di
internazionalizzazione è avvenuto prevalentemente attraverso l’attuazione di operazioni di acquisizione, accompagnate
da ide di tipo greenfield.

19.1 Evoluzione del gruppo e settori di attività

Oltre alla produzione e commercializzazione di oltre 400 varietà di banane, che rappresenta il core business, l’azienda è
anche uno dei maggiori distributori al mondo di altri prodotti alimentari freschi e lavorati. Difatti, opera in 3 segmenti di
business:

 Banana, che include l’acquisto, la coltivazione, il confezionamento, il trasporto, il marketing e la distribuzione;


 Insalate ed healthy snack (c.d. segmento fresh cut);
 Segmento fresh select, include produzione, marketing e distribuzione di tutta la frutta e verdura fresca;

La società, con sede legale nell’Ohio, opera a livello globale in 70 nazioni impiegando 24mila dipendenti in tutti i settori
aziendali, dalle piantagioni agli uffici. La multinazionale ha, fin dall’inizio, non solo controllato le piantagioni, ma anche
cercato di gestire direttamente tutti i servizi di trasporto e di stoccaggio.

Il commercio delle banane è iniziato intorno al 1870 ed è proseguito con la stipula da parte di alcuni investitori di una
partnership, la Boston Fruit Company. Quest’ultima, nel 1899, si è unita ad una società ferroviaria operativa in Costa Rica,
creando la United Fruit Company, quotata già nel 1903 alla Borsa di NY. Nei primi decenni del ‘900, l’azienda ha effettuato
ingenti investimenti sia per acquisire la proprietà delle piantagioni in America latina, sia per sviluppare nuove varietà di
banane resistenti a diverse malattie provenienti dall’area del Pacifico. Negli anni ’40 è stato creato il marchio Chiquita,
mentre nel decennio successivo è proseguito il processo di crescita. Negli anni ’60, l’impresa di banane ha avviato la
spedizione preconfezionata dei propri prodotti al fine di garantirne la freschezza ed anche un programma di branding per
sostenere la diffusione dei propri prodotti in Europa. Nel decennio successivo, al fine di allungare i tempi per la
commercializzazione dei prodotti, ha sviluppato diverse innovazioni di confezionamento, trasporto e conservazione fino a
divenire, nel 1980, sponsor ufficiale e fornitore esclusivo di banane ai giochi olimpici di NY. Negli anni ’90, la
multinazionale ha mantenuto ed ampliato ulteriormente il proprio potere economico. Difatti, cambiando denominazione
in Chiquita Brands International, ha contribuito ad estendere la propria attività all’estero. All’inizio del nuovo millennio, al
fine di riorganizzare l’attività, la multinazionale ha posto in essere una serie di dismissioni e si è focalizzata sulla
diversificazione produttiva, facendo il suo ingresso nel segmento della frutta e verdura confezionata. Nel 2007, ha
programmato un piano di riorganizzazione aziendale per gli anni successivi, al fine di incrementare la redditività e
l’efficienza produttiva, consolidando le attività e semplificando la sua struttura.

19.2 Principali acquisizioni

La multinazionale attraverso una serie di acquisizioni ha avviato un processo di crescita dimensionale, le cui principali
riguardano: AMK corportation (1970), Friday Canning corporation (1992), Stokely Usa (1998), Fresh Express (2005).

19.3 Andamento economico

Chiquita mostra nel 2007 dei risultati migliori rispetto agli anni precedenti, in cui ha sopportato consistenti perdite. Tale
andamento positivo deriva sia dall’aumento del prezzo di vendita delle banane in Europa e America, sia da un tasso di

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cambio favorevole. Un progressivo miglioramento si riscontra anche nel mol, che registra un +8% rispetto al 2006. Si
rileva, pertanto, un miglioramento anche della redditività operativa. Nonostante il miglioramento riscontrato nel 2007, la
multinazionale sopporta una perdita di 50mln di dollari. Si osserva, infatti, che il 2006 è stato un anno estremamente
difficile per la multinazionale, essendosi confrontata con l’aumento delle tariffe sull’importazione, una intensificazione
della competizione nel mercato delle banane, la perdita di fiducia del consumatore statunitense e un aumento dei costi di
produzione. Nonostante tali cambiamenti, l’azienda ha mantenuto la posizione di leadership nel mercato europeo delle
banane e ha conseguito notevoli risultati positivi del business della Fresh Express. Difatti, si registra, nel 2007, una
performance particolarmente positiva del fatturato in Usa, in aumento del 7%; seguono le altre aree europee, in
particolare la Germania e, in misura minore, l’Italia. Analizzando, invece, il fatturato per settori di attività, quello delle
banane contribuisce al 43%; segue il segmento fresch select con un 30% e il fresh cut con il 27%.

19.4 Orientamento strategico e prospettive di crescita

La Chiquita, al fine di mantenere la leadership nel mercato in cui opera, attua due differenti strategie: una rivolta al
consumatore e l’altra indirizzata al trade marketing. Difatti da un lato, l’azienda si focalizza sia sui clienti intermedi in
continuo sviluppo con il mercato, sia sulla garanzia e sulla visibilità dei propri prodotti; dall’altro, cerca di utilizzare il
marchio esclusivamente per prodotti di alta qualità. L’azienda segue la dottrina dei “Think Global, Act Local”, secondo cui
l’identità e il posizionamento della marca sono aspetti del marketing pensati globalmente e assumono le stesse
caratteristiche in ogni mercato in cui essa è presente. A livello locale, sono realizzati i programmi di sviluppo della marca e
le rivelazioni delle preferenze dei consumatori.

Siccome la produzione e la trasformazione dei prodotti avviene principalmente in Usa e Centro-Sud America, i guadagni
sono fortemente influenzati dalle dinamiche macroeconomiche e politiche di tali aree. Per ottimizzare le possibilità di
guadagno, la multinazionale deve affiancare alla politica di branded, la stipula di accordi con le autorità locali e nazionali
per evitare di incorrere in vari inconvenienti.

Inoltre, nel 2000, al fine di una conduzione etica del proprio business, l’azienda ha pubblicato un proprio codice di
condotta e un report sulla responsabilità aziendale, evidenziando i valori fondamentali con cui opera, quali: integrità,
rispetto delle diversità individuali e culturali, opportunità di crescita e miglioramento professionale. Tale condotta è stata
scelta con l’obiettivo di divenire una delle aziende più avanzate sul piano della responsabilità etica e sociale.

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