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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

“TOR VERGATA”

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN


SCIENZE RIABILITATIVE DELLE PROFESSIONI SANITARIE
PRESIDENTE: PROF. UMBERTO TARANTINO

“STUDIO CASO-CONTROLLO: L’INCIDENZA E LA


PREVALENZA DEL FENOMENO LIMITAZIONE ALLA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI (MMC) DEGLI
INFERMIERI ALL’INTERNO DI UN POLICLINICO ROMANO”

RELATORI : STUDENTE:
DOTT.SSA SERVADIO ANNA MARIA MATTEO FARINA

DOTT. SILI ALESSANDRO

CORRELATORE:
DOTT. GALEOTO GIOVANNI

ANNO ACCADEMICO 2013-2014


Capitolo I - INTRODUZIONE

Le patologie muscolo-scheletriche riferite al rachide lombare sono molto diffuse nelle realtà
ospedaliere e, per questo motivo, hanno destato l’attenzione non solo del legislatore, ma
anche e soprattutto degli stessi operatori, oggi sicuramente maggiormente coinvolti e
interessati alla sicurezza.  Indubbiamente, le strutture ospedaliere rappresentano un luogo
altamente rischioso per quanto riguarda la probabilità di insorgenza di patologie a carico del
rachide lombo-sacrale da movimentazione manuale dei pazienti e dei carichi (MCC). Gli
infermieri, tra i professionisti sanitari, risultano essere tra i più esposti ai danni alla colonna
vertebrale, seguiti dagli assistenti socio-sanitari. È per questa ragione che il legislatore ha
ritenuto importante dedicare il titolo V del D.Lgs. 626/94 alla prevenzione di queste
patologie. Infatti, il rischio da movimentazione manuale di carichi e di pazienti è, oltre a
quello di tipo biologico, il più diffuso. Il numero dei probabili esposti a movimentazione dei
pazienti, nel settore ospedaliero italiano, è pari a 461.545 individui (fonte ISTAT 2002-2003),
considerando il personale infermieristico, socio sanitario e addetto a riabilitazione ed
assistenza. Molti sono i lavori scientifici che vanno a valutare questo rischio negli Infermieri,
considerati, già dagli studi di Magora del 1970 [1], la classe di lavoratori più a rischio, al pari
degli operai nelle industrie meccaniche, a problematiche muscolo-scheletriche correlate alla
tipologia del lavoro svolto. Sono altresì pochi i lavori in letteratura che si occupano del LBP
nei fisioterapisti, nonostante il  loro lavoro sia fisicamente molto impegnativo e comporti
spesso movimenti in flessione  durante l’attività coi pazienti con un conseguente aumento del
carico sul tratto lombare. Per il loro specifico professionale, i fisioterapisti conoscono i
principi di prevenzione  trattamento e controllo del mal di schiena. Questa loro competenza
deriva da conoscenze  specifiche di biomeccanica, di principi e tecniche di movimentazione,
di educazione e cura  del paziente con LBP, che sicuramente favoriscono la consapevolezza
dei relativi fattori di rischio  e meccanismi di insorgenza.  
1.1 Obiettivo Dello Studio

Lo scopo dello studio che segue è quello di valutare il ruolo di singoli fattori di rischio e della

loro eventuale interazione, implicati nel fenomeno “limitazioni alla movimentazione manuale

dei carichi (MMC)” nella negli infermieri del Policlinico Tor Vergata.

1.2 La Lombalgia

Il dolore al rachide, ed in particolar modo la lombalgia, è divenuto negli ultimi anni una delle
patologie più diffuse nei paesi industrializzati colpendo 8 persone su 10 ed è una delle cause
più frequenti di assenza dal lavoro, di visita medica e indagine diagnostica.

Questa patologia rappresenta così non solo un problema di salute, ma anche economico, sia in
termini di costi diretti che indiretti, al punto da costituire, per assenze per malattia, cure,
limitazioni dell'idoneità lavorativa e invalidità, uno dei più importanti problemi sanitari nel
campo del lavoro [2].

I dati riportati in letteratura riportano che, nella categoria dei lavoratori addetti alla
movimentazione manuale dei carichi la prevalenza della lombalgia (LWP) arriva fino all’80%
[3] per cui è diventata negli ultimi anni una patologia molto diffusa e costituisce una delle
principali cause di dolore muscolo scheletrico e di disabilità [4]. L’incidenza di tale patologia
è molto frequente, infatti si stima che l’ 85% della popolazione dei paesi sviluppati viva
almeno un episodio acuto di lombalgia nell’arco della propria vita [5]. I soggetti che più
frequentemente accusano questa sintomatologia, a testimonianza della stretta correlazione con
il lavoro manuale, sono i lavoratori con età compresa tra i 30 e i 50 anni [6]. Quasi il 25% dei
lavoratori dell’Unione Europea soffre di mal di schiena e il 23% lamenta dolori muscolari. La
movimentazione manuale dei carichi non è il solo ed unico fattore di rischio per la lombalgia,
tra i soggetti che riferiscono tale sintomatologia, infatti, il 35% trasporta o movimenta carichi
pesanti, il 62% dei lavoratori svolge operazioni ripetitive con le mani e con le braccia per un
quarto dell’orario di lavoro e il 46% lavora in posizioni dolorose o stancanti.

Da qui l’interesse più volte dimostrato dalla Comunità Europea con numerosi studi
sull’argomento, tra i quali si segnala la ricerca denominata “Fit for work?” (“Idoneo al
lavoro?”) del 2009, per valutare l’impatto dei disturbi muscolo scheletrici da sovraccarico
biomeccanico sulla popolazione lavorativa dei 27 paesi dell’UE e le possibili buone prassi da
adottare [7]. Essendo una patologia che colpisce la popolazione in età lavorativa, la lombalgia
rappresenta una sempre più costosa condizione, a causa delle spese di trattamento, di

quelle legate a esami strumentali, all’uso di farmaci e della perdita di produttività calcolata
dallo 0,8 al 2,1% del prodotto interno lordo in molti paesi occidentali [8].

1.3 Il rischio da movimentazione manuale dei carichi (MMC)

Nel nostro Paese circa tre milioni di lavoratori svolgono attività lavorative comportanti la
MMC (Movimentazione Manuale dei Carichi), che viene definita come l’insieme delle
“operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese
le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro
caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi
di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari” . Questo rappresenta
quindi un fattore di rischio comune nella maggior parte delle attività lavorative ed
extralavorative [9]. Non bisogna, dunque, prestare attenzione solamente a non sollevare
carichi pesanti proprio perché anche movimenti ripetitivi e mantenimento di posture
incongrue sono gravi fattori di rischio che si evidenziano prevalentemente a livello
dell’apparato locomotore, in particolar modo della colonna vertebrale, dando origine ad un
processo fisiopatologico, detto sovraccarico biomeccanico [10].

In ambito sanitario, considerando il modello biopsico-sociale, è fondamentale la centralità del


paziente nel trattamento e nella cura, per cui non si parla più di MMC, ma di Movimentazione
Manuale dei Pazienti (MMP). A livello internazionale gli interventi attuati finora
relativamente alla prevenzione del rischio di Movimentazione dei Pazienti (MMP),hanno
previsto la dotazione standard di ausili e la formazione degli operatori, non mostrando però
l’efficacia sperata [11].

Il rischio relativo alla MMP in ambito ospedaliero è legato al carico biomeccanico a cui gli
operatori sono sottoposti durante le attività di movimentazione, cura e assistenza dei pazienti.
Da parte del NIOSH è stato stabilito in 16 kg il limite massimo relativo alla forza applicata
che gli operatori sanitari possono sostenere durante le attività svolte sui pazienti in condizioni
ottimali [12]. Oltre alle manovre di movimentazioni, vengono riconosciute potenzialmente
rischiose anche altre attività legate all’assistenza (sostegno, terapia, igiene, riposizionamento)
che implicano postura eretta prolungata o posture a tronco flesso, protratte, concomitanti ad
applicazioni di forza, in grado di causare carichi eccessivi su schiena e spalle, definite posture
incongrue. L’utilizzo di ausili meccanici riduce solo parzialmente l’esposizione al rischio, ma
non elimina l’esposizione a un carico cumulativo che si configura come fattore di rischio
indipendente per lo sviluppo di disturbi muscolo scheletrici, relativo a fasi con impegno
posturale e di forza che costituiscono la maggior parte delle attività svolte soprattutto dalle
figure assistenziali negli ambiti di lungodegenza.

1.4 Basi fisiche dei movimenti del rachide

La colonna vertebrale, con tutte le sue vertebre e le ossa del bacino, può essere paragonata ad
un sistema di leve: ad una estremità esiste il carico da sollevare e all’altra i muscoli della
schiena che effettuano la rotazione del sistema sul fulcro (bacino). In base agli elementari
concetti della meccanica delle forze è così stimabile la forza che agisce sulle vertebre quando
vengono compiuti movimenti  e, in particolar modo, sollevamenti sotto carico. Dallo studio di
semplici formule di meccanica potrà essere dedotta anche la posizione in dipendenza della
quale lo stesso sollevamento provoca il minor sforzo sulle vertebre.

Se quindi ipotizziamo un sollevamento di circa 50 kg, considerando un peso medio umano di


circa 70 kg, dalla posizione della figura 1 con una distanza L di circa 30 cm si avrà una Forza
M di circa 450-500 kg sull’ultima vertebra lombare. Appare evidente che per far sopportare
alla colonna vertebrale sforzi inferiori si deve contenere il braccio L della forza assumendo
una posizione il più possibile verticale (figura 2). Ad esemplificazione, si può vedere come
l’atleta solleva pesi mantenendo la schiena verticale e utilizzando al meglio i muscoli
addominali. Numerosi studi hanno dimostrato che quando sui dischi intervertebrali delle 5
vertebre lombari operano forze a compressione superiori a 300 kg, aumenta
proporzionalmente il numero di lombalgie.
Per far si che sulle vertebre lombari non operino forze superiori ai valori prescritti, il peso
raccomandato massimo ammissibile nelle migliori posizioni di sollevamento non deve
superare i 25/30 kg. Tale peso nelle migliori posizioni di sollevamento (nelle figure 3 e 4,
esempi movimentazione corretta e errata del carico) è quello raccomandato per non superare
gli indici dei provvedimenti dedotti dalla tabella del calcolo dello sforzo mediante modello
NIOSH.
1.5 Il mal di schiena negli operatori sanitari

Il rischio da movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti è, oltre a quello di tipo
biologico, il più diffuso. Il numero dei probabili esposti a movimentazione manuale dei
pazienti, nel settore ospedaliero italiano, è di 461.545 (fonte ISTAT), considerando il
personale infermieristico, socio-sanitario e addetto alla riabilitazione ed assistenza operanti
nel settore pubblico e privato.

La categoria più esposta a danni alla colonna vertebrale, da una indagine svolta dal NIOSH, è
risultata quella degli infermieri, seguita dagli ausiliari socio sanitari. Sono pochi, invece, i
lavori in letteratura che indagano la LBP nei fisioterapisti, nonostante il loro lavoro sia
fisicamente molto impegnativo e comporti spesso movimenti in flessione durante l’attività
coi pazienti con un conseguente aumento del carico sul tratto lombare.

Per il loro specifico professionale, i fisioterapisti conoscono i principi di prevenzione


trattamento e controllo del mal di schiena. Questa loro competenza deriva da conoscenze
specifiche di biomeccanica, di principi e tecniche di movimentazione, di educazione e cura
del paziente con LBP, che sicuramente favoriscono la consapevolezza dei fattori di rischio e
meccanismi di insorgenza del LBP. L'ipotesi che questa consapevolezza del rischio e la
conoscenza degli strumenti di prevenzione e cura riducano le probabilità di LBP nei
fisioterapisti, spiega l'omissione di questa professione dagli studi riportati in letteratura [13].
Nonostante ciò, un recente studio del 2007 afferma che una percentuale tra il 30% e il 63%
dei fisioterapisti, nonostante la loro formazione, incorre in mal di schiena a un certo punto
della carriera [14].

Molti studi hanno indagato invece l’incidenza di LBP negli infermieri. La categoria degli
infermieri si colloca al vertice delle occupazioni caratterizzate da un alto tasso di disturbi
scheletrici; l’invecchiamento e il diradamento della forza lavoro infermieristica, la crescente
domanda assistenziale sul territorio e le modifiche organizzative pongono ulteriori sfide alla
salute e alla sicurezza in questo ambito [15]. Gli infermieri, assieme agli assistenti di cura e
inservienti, hanno, tra tutte le occupazioni, un punteggio più alto di lesioni alla schiena che
comportano assenza dal lavoro, con prevalenza annuale del 40-50% e una prevalenza
nell’arco della vita che varia dal 35 all’80% [2][3].

Una revisione della letteratura che analizza numerosi studi eseguiti tra il 1994 e il 2007 [16]
sui disturbi muscolo scheletrici nel personale sanitario soggetto a movimentazione di pazienti,
incentrando l’indagine sulla lombalgia (LBP), conferma che la movimentazione manuale dei
pazienti è un fattore di rischio per i disturbi del tratto lombare e che dunque è necessaria una
maggiore informazione del personale e, non meno importante, un adeguamento strutturale
dell’ambiente di lavoro.

Dagli studi di Magora (1970) [1], ancora oggi tra i più citati sull’argomento, risulta che gli
infermieri professionali presentano la prevalenza più elevata di lombalgia tra le varie
categorie professionali. L’autore ha infatti esaminato la relazione fra lombalgia e professione
in un vasto campione di addetti a differenti settori lavorativi considerati a rischio.
Nell’elaborazione dei dati effettuata con tassi grezzi, riportati nello studio, veniva messa in
rilievo fra gli infermieri una prevalenza pari al 16,8% del totale del personale esaminato. Il
dato risultava inferiore unicamente a quello relativo ai lavoratori occupati nell’industria tessile
e della carta (21,6%). La prevalenza della lombalgia registrata tra gli infermieri ha assunto
dimensioni maggiori in seguito all’elaborazione statistica effettuata da Occhipinti e
Colombini [17] i quali, dopo standardizzazione dei dati grezzi dello studio di Magora, hanno
dimostrato che gli infermieri presentavano il tasso più elevato, precedendo addirittura gli
addetti dell’industria pesante. Sempre dalla ricerca di Magora vengono fornite importanti
informazioni circa le modalità di comparsa della lombalgia degli infermieri: il sintomo
compare nel 46% dei casi prima dei 30 anni di età, nel 49,5% nei primi 3 anni di lavoro ed è
equamente ripartito tra un esordio improvviso (45% dei casi) e un esordio subdolo (49,5% dei
casi). Da uno studio inglese di Nicolson ci vengono fornite ulteriori informazioni sulla
prevalenza della lombalgia negli infermieri. Su un vasto campione di 3912 infermieri
operanti in diversi distretti rappresentativi di differenti mansioni di assistenza agli ammalati,
si registra un’incidenza annua di episodi lombalgici nel 43% dei soggetti e tra questi il 43%
riferisce 7 o più episodi all’anno. Più di un terzo dei soggetti colpiti attribuisce con sicurezza a
sforzi fisici eseguiti durante il lavoro.

Hignett [18], sommando i risultati di oltre ottanta studi condotto in numerosi paesi, ha
affermato che le lesioni della schiena negli infermieri hanno un grado di incidenza mondiale
del 17%, un’incidenza nell’arco dell’anno del 40-50% e un’incidenza nella durata della vita
del 35- 40%. Più di un terzo (36%) delle lesioni alla schiena tra gli infermieri è stata associata
alla movimentazione manuale e alla frequenza con cui viene loro richiesta la movimentazione
manuale dei pazienti.

Vasiliadou ed altri [19] trovarono che per circa la metà (52%) fino a due terzi (63%) degli
infermieri che ebbero lesioni alla schiena dipendenti dal lavoro, il dolore associato può durare
per più di quattordici giorni. Nel 67% dei casi il dolore fu problematico per almeno sei mesi.
Si è valutato che approssimativamente il 3% degli infermieri lascia il proprio lavoro a causa di
lesioni alla schiena e anzi alcuni infermieri possono dover abbreviare la loro carriera [20].

Uno studio, tramite somministrazione di questionario, condotto su personale infermieristico di


diversi reparti ospedalieri ha rivelato che il 59% dei partecipanti ha sofferto di mal di schiena
nell’anno trascorso e che il 36,9% ha accusato dolore nelle due settimane precedenti il periodo
di compilazione del questionario. Il 47% delle persone che han partecipato allo studio ha
individuato nella parte più bassa della schiena di dolore più comune. In genere il dolore
durava meno di una settimana e soltanto il 24% dei partecipanti necessitò di modificare le
attività esterne al lavoro. Un totale di 659 giorni lavorativi furono persi nel periodo di un anno
solamente da questa popolazione campione [21].

1.6 La prevenzione del mal di schiena da MMC

Una revisione sistematica del 2007, pubblicata su Occup Environ Med, seguendo le linee
guida sviluppate dal Comitato di Redazione della Cochrane Collaboration Back Review
Group, si è posta come obiettivo primario quello di determinare se ci sono interventi di
efficacia provata per impedire o prevenire il mal di schiena e l’infortunio negli infermieri e
negli assistenti di cura [22]. Sono stati presi in considerazione interventi che prevedevano
esercizi, formazione e movimentazione manuale, supporti lombari, gestione dello stress e
interventi multidimensionali.

Questa revisione ha individuato che:

-la sola formazione sulla movimentazione manuale non è efficace [23];

- i programmi di gestione dello stress non impediscono il mal di schiena [24];


- i supporti lombari sono inefficaci nel prevenire mal di schiena [25];

- gli esercizi di rinforzo dei muscoli spinali profondi e addominali, così come lo stretching,
sono raccomandati in accordo con le linee guida europee [26][27].

Negli ultimi vent’anni, le associazioni infermieristiche hanno sviluppato e sostenuto la


politica “non sollevare”, in cui è prevista attrezzatura e il sollevamento manuale viene
eliminato se non in circostanze eccezionali [28]. Una recente valutazione dell’applicazione di
un programma '' non sollevare '', realizzato negli ospedali australiani, ha riportato una forte
evidenza di riduzione degli infortuni alla schiena e di congedo per malattia tra gli infermieri.

I recenti studi di Hodder et al. e Holmes et al. [29], hanno suggerito e messo in evidenza che
solo il 40% delle LBP sono causate dal sollevamento/trasferimento dei pazienti e possono
essere prevenuti attraverso l’utilizzo di sollevatori meccanici. Il restante 60% dei disordini
muscolo-scheletrici sembra essere causato da altri compiti svolti dagli infermieri durante la
loro giornata lavorativa, come ad esempio riposizionare i pazienti allettati, portare a passeggio
i pazienti, svolgere pulizie o attività di cura e igiene dei pazienti non autonomi o parzialmente
autonomi. Questi risultati indicano quindi che tali operazioni non devono essere trascurate
come fattori di rischio lavorativo perché aumentano la possibilità d’insorgenza di lombalgia a
causa dello stress cui è soggetta la colonna vertebrale durante lo svolgimento di tali attività
che, peraltro, occupano la maggior parte del tempo lavorativo di un infermiere. L’utilizzo di
sollevatori meccanici sembra aiutare a ridurre il carico della colonna lombare, tuttavia
secondo uno studio [30] un utilizzo scorretto degli ausili meccanici è associato a comparsa di
lombalgia.

Dai dati di una recente revisione narrativa, che analizza 14 articoli che prendono in
considerazione diverse tipologie di trattamento emergono forti evidenze circa la non efficacia
della formazione e addestramento o dell’utilizzo di supporti lombari per ridurre l’incidenza di
lombalgia nel personale sanitario addetto alla movimentazione manuale dei pazienti [31][22].
Nella revisione gli autori ricordano che ci sono limitate evidenze sull’efficacia di programmi
di esercizi fisici specifici o generali, mentre sottolineano che gli interventi multidisciplinari
risultano più efficaci di qualsiasi altro intervento considerato singolarmente.

Gli obblighi di legge riguardanti, direttamente o indirettamente, la prevenzione dei disturbi


muscolo scheletrici e in particolar modo il mal di schiena, sono definiti da specifiche direttive
emanate dall’Unione Europea al fine di garantire nei paesi membri il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.

In Italia il provvedimento che recepisce tali direttive è di Decreto Legislativo 626/94,


abrogato e sostituito dal Decreto Legislativo 81/80. Tale decreto, articolato in più parti
(Titoli), nel Titolo primo definisce il “sistema di gestione del lavoro in sicurezza” che deve
essere adottato in ogni luogo di lavoro in cui vi sia anche un solo lavoratore dipendente. Tra le
principali disposizioni si ricorda il richiamo alle condizioni ergonomiche del lavoro affinché,
fin dalle fasi di progettazione delle attività, il lavoro, la mansione e i compiti lavorativi siano
adattati all’uomo e non viceversa. Il D.Lgs 81 obbliga infatti il datore di lavoro ad effettuare
la valutazione di tutti i possibili rischi presenti nell’unità produttiva per eliminarli o
quantomeno ridurli al di sotto della soglia di pericolo, con adeguate misure tecniche,
organizzative e procedurali di prevenzione e protezione dei lavoratori. Inoltre, tra i doveri
previsti, vi è il coinvolgimento degli stessi lavoratori attraverso le azioni di informazione e
formazione specifiche e la consultazione del loro rappresentante per la sicurezza del lavoro
(Costa F. e Tosi F., 2002).
Capitolo II - MATERIALI E METODI

2.1 Lo studio

Il lavoro presentato è uno studio di tipo Caso - controllo ed è stato condotto nel periodo
Marzo 2014 - aprile 2015 presso il Policlinico di Roma “Tor Vergata” (PTV). Ai partecipanti
allo studio, è stato somministrato un questionario anonimo composto da 31 domande
(Allegato 1). Le prime 10 domande del questionario vanno ad analizzare lo storico lavorativo
dell’infermiere; le restanti 21 domande sono state formulate sulla base dei principali fattori di
rischio per la “Low Back Pain”, riportati in letteratura[35][36][37][38][39].

Lo studio caso – controllo

Gli studi caso-controllo (o in inglese case-control study) rappresentano un tipo di studio


osservazionale-retrospettivo, nel quale il ricercatore non sottopone il soggetto ad alcuna
esposizione. Questo tipo di studio è utilizzato per investigare ed ottenere, in tempi
relativamente brevi ed a costi abbastanza contenuti, informazioni attendibili sul ruolo di
singoli fattori di rischio legati all’eziologia di una patologia e della loro eventuale
interazione. L’impostazione dello studio considera due gruppi di soggetti: i malati (o le
persone affette da una particolare condizione), che costituiscono il gruppo dei “casi”, ed i
“controlli” ovvero i soggetti con le stesse caratteristiche dei primi ma dai quali differiscono
solo per il fatto che non presentano la malattia. L’attendibilità e l’affidabilità dello studio
dipendono evidentemente dalla corretta selezione dei casi e dei controlli. Pertanto la
definizione di caso deve essere rigorosamente descritta nel protocollo di studio e deve
considerare i criteri di inclusione ed esclusione in modo oggettivo. Per il reclutamento dei casi
non è fondamentale che essi rappresentino un campione randomizzato di tutti quelli esistenti.
E’ invece importante che i controlli abbiano le stesse caratteristiche individuali dei casi tranne
che la malattia o la condizione correlata con essa. Per la scelta dei controlli si utilizza sovente
la tecnica dell’appaiamento (matching). In questo caso, per ogni malato, si seleziona una
persona che abbia le stesse caratteristiche ritenute importanti per lo studio (età, sesso, ecc.)
purché non sia malato o portatore di condizioni correlate con la malattia stessa. L’analisi
statistica verte sulla ricerca se, in passato, i casi sono stati esposti in modo differente rispetto
ai controlli ad uno o più fattori di rischio. Il confronto può essere quantitativo o qualitativo
(fattore presente o assente). Un’associazione tra malattia e fattore di rischio è presente quando
una percentuale degli esposti tra i casi è significativamente maggiore di quella degli esposti
nel gruppo di controllo.

Nel caso degli studi Caso-controllo, e degli studi “retrospettivi” in genere, Il metodo da
utilizzare per la misurazione dell'associazione di un fattore di rischio alla patologia è il calcolo
del cosiddetto «odds ratio (OR)» o «rapporto degli odd» o «rapporto incrociato».

Per comprendere questa misura, occorre introdurre il concetto di "odds": gli odds sono
rappresentati dal rapporto fra il numero di volte in cui l'evento si verifica (o si è verificato) ed
il numero di volte in cui l'evento non si verifica ( o si è verificato).

Per calcolarlo si fa riferimento ad una tabella 2x2 di questo tipo:

Casi (malati) Controlli (non malati)


esposti a b
Non esposti c d
totale a+c b+d

La formula utilizzata per calcolare l’OR è la seguente

OR = (a/b)/ (c/d) = ad/bc

L’interpretazione dell’OR è la medesima per il Rischio Relativo. Dapprima occorre


sottolineare che l’OR può assumere valori teorici compresi fra 0 e infinito.

 È intuitivo che un valore =1 indica assenza di associazione tra malattia ed


esposizione, in quanto testimonia che:

 l'odds di esposizione nei casi è uguale all'odds di esposizione nei malati.

 Un valore <1 indica una associazione negativa (cioè il fattore può proteggere dalla


malattia)
 mentre un rapporto >1 indica l'esistenza di una associazione positiva (il fattore
può causare la malattia).

Più i valori si discostano da 1, in un senso o nell'altro, più l'associazione è forte.

E’ importante ricordare che, prima di dichiarare l'esistenza di un rapporto causa-effetto tra


l'esposizione e la malattia, è necessario effettuare un test di significatività statistica (per
escludere che la differenza sia dovuta al caso) e verificare i criteri di causalità.
2.2 Il campione

Il campione è stato selezionato attingendo dalla figura professionale considerata più a rischio,
secondo la letteratura scientifica, per quanto riguarda i disturbi muscolo-scheletrici: gli
infermieri. Questa scelta è stata suggerita dai dati ritrovati in letteratura che confermano che la
categoria degli infermieri si trova al vertice delle occupazioni caratterizzate da un alto tasso di
disturbi muscolo-scheletrici, con un punteggio molto alto relativamente alle patologia di
colonna vertebrale che comportano assenza dal lavoro [2][3][15].

Criteri di Inclusione: Tutti gli infermieri del PTV, compresi gli infermieri con funzioni di
coordinamento. Il numero di infermieri dipendenti presso il Policlinico Tor Vergata che
hanno ricevuto e risposto al questionario risulta essere 656.

Gli infermieri, secondo i dati in nostro possesso, risultano distribuiti nei reparti in base a
questa ripartizione:

Grafico
1. Divisione del campione in base al reparto di appartenenza
REPARTO N° infermieri

1° NORD 15

1° SUD 15

2° NORD 15

AMBULATORIO ATEROSCLEROSI 10

AMBULATORIO INFERMIERISTICO 3

AMBULATORIO OTORINO E OTTICO 10

Tabella 1. AMBULATORIO PEDIATRICO 3 Divisione del


campione in AMBULATORIO ODONTOIATRICO 1 relazione al
reparto di BLOCCO OPERATRIO 41 appartenenza.

CARDIOCHIRURGIA 17

CARDIOLOGIA 17
2.3 La scelta dei casi
CENTRO PRELIEVI 20
La scelta degli CENTRO TRASFUSIONALE 8 infermieri da
introdurre nel gruppo dei “casi”
è stata presa in CHIRURGIA GENERALE 16 relazione alla
documentazione presente
CHIRURGIA TORACICA 16
all’interno del data base del PTV,
riguardante la COMFORT 3 condizione fisica
dei dipendenti e le eventuali
“limitazioni alla DAY SURGERY 16 movimentazioni
manuali dei carichi”
DEGENZE EMATOLOGIA 18
certificate tramite visita del Medico
del lavoro. DH EMATOLOGIA 13
Rientrano pertanto DH MEDICINA INTERNA 7 nei “casi”:
tutti gli infermieri DH ONCOLOGICO 7 dipendenti del
PTV che nel marzo 2014
presentano le DIALISI 18 seguenti diciture
da visita del DIREZIONE INFERMIERISTICA 5
Medico del
Lavoro
EMODINAMICA 17
-idoneo con limitazioni:
evitare ENDOSCOPIA 20 Movimentazione
Manuale per pazienti non
collaboranti in GASTRO 15 assenza di ausili
-temporaneamente HOLDING AREA 14 non idoneo:
evitare LIVER 16 Movimentazione
Manuale per pazienti non
collaboranti in MALATTIE INFETTIVE 14 assenza di ausili
-non idoneo alla MEDICINA DEL LAVORO 3 Movimentazione
manuale dei carichi
MEDICINA D'URGENZA 17
-temporaneamente non idoneo
AMBULATORIO NEUROLOGIA 7

NEUROCHIRURGIA 5

NEUROLOGIA (MEDICINA) 23

NEUROLOGIA (T.I.) 15
-idoneo con limitazioni: evitare la Movimentazione Manuale dei Carichi
In totale, il numero degli infermieri che rientrava in queste diciture all’inizio della consegna
dei questionari (marzo 2014) era di 156.
Tuttavia, la raccolta dei questionari, avvenuta nel periodo aprile – ottobre 2014, ha restituito
un totale di 117 questionari.
Ne consegue dunque che 39 questionari non sono stati riconsegnati o compilati per
- Maternità del personale infermieristico dipendente ( 7 questionari )
- Pensionamento del personale infermieristico ( 1 questionario)
- Cessazione del rapporto di lavoro subordinato dipendente (1 questionario)
- Non compilazione o restituzione del questionario ( 30 questionari )
In definitiva, il gruppo dei “ casi” risulta essere composto da 117 unità

2.4 la scelta dei controlli

Per formare il gruppo di controllo è stato preso in considerazione il gruppo di infermieri


dipendenti presso il PTV che non presentavano alcuna “limitazione alla movimentazione
manuale dei carichi, secondo certificazione del Medico del Lavoro.
Il numero degli infermieri senza limitazioni ai quali è stato consegnato il questionario è stato
pari a 539 unità. Di questi, al temine del ritiro, 3 questionari risultavano non presenti per
assenza momentanea del personale.
In definitiva, il gruppo dei “controlli” risulta essere composto da 536 unità
Disegno 1. Diagramma sulla scelta dei “casi” e dei “ controlli”

2.5 Fattori di rischio indagati.

La progettazione del questionario è stata effettuata sulla base dei principali fattori di rischio
che sono stati riscontrati in letteratura, relativamente alla “lombalgia” presente nel personale “
infermieristico”. Le domande relative ai fattori di rischio sono state introdotte nel questionario
a partire dal quesito numero 11. Le prime 7 domande (dalla 11 alla 17) si focalizzano sui
fattori di rischio “generali” che potrebbero, in base agli studi già effettuati, influenzare la
problematica “mal di schiena” nel personale ospedaliero. Tali fattori di rischio sono

- Lo stress ( percezione di stress e non soddisfazione per il proprio lavoro)


- utilizzo di scarpe con il tacco ( >3,5 cm)
- sollevamento durante l’attività lavorativa di oggetti pesanti (con peso superiore a 5
kg) per più volte (più di 10 volte al giorno)
- fumo ( più di 20 sigarette al giorno)
- svolgimento regolare di attività fisica
- permanenza in stazione eretta per più di quattro ore durante la giornata ( lavorativa e
non)
Le domande successive (dalla 18 alla 21), sono state riservate, invece, solo a coloro i quali
hanno risposto positivamente alla domanda “18”, affermando di aver sofferto di “mal di
schiena” una o più volte, dall’inizio dello svolgimento della professione infermieristica. In
questi quesiti, il fattore di rischio preso in considerazione è più specifico ed è relativo alla
mobilizzazione dei carichi ed alla permanenza nella stazione eretta, durante l’attività
lavorativa svolta nel PTV.

In particolare i fattori di rischio fanno riferimento a:

- mobilizzazione dei pazienti


- sollevamento di oggetto superiore a 5 kg
- sollevamento dei pazienti
- permanenza per lunghi periodi in ortostatismo
- trasferimento dei pazienti dal letto alla sedia
- trasferimento dei pazienti dalla sedia al letto
- trasferimento dei pazienti nel bagno

CAPITOLO III – RISULTATI

3.1 descrizione dei casi

Le prime 10 domande del questionario hanno permesso di valutare alcune caratteristiche


( genere, età media, reparto di appartenenza, etc…) del gruppo dei “ casi” , essenziali,
soprattutto per il confronto ed il “matching” rispetto al gruppo dei “controlli” .
Le caratteristiche del gruppo dei casi sono così riassunte:
* maschi: 28
* femmine: 89
* età media: 41,794
* età (deviazione standard) : 5,492
* divisione in fasce d’età (%)
- 1° (24-33 anni) = 9,36%
- 2° (34-43 anni)= 78,39 %
- 3° (44-53 anni)= 46,80%
- 4° (54-60 anni)= 2,34%
* appartenenza ai reparti: per semplificare ed unificare la raccolta dei dati, gli infermieri
sono stati invitati ad indicare la tipologia del reparto di appartenenza scegliendo 7 items ( più
l’area “direzione- comfort”). Sono di seguito riportati i reparti con il numero di infermieri e
relativa percentuale (%) del gruppo dei “casi” che ne fanno parte:
- ambulatorio: 40 (
- blocco operatorio
- chirurgia
- medicina
- pronto soccorso
- terapia intensiva
- day hospital
- direzione-comfort

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to handling manual of loads. Prevention & Research 2013 Jun 03.
ALLEGATO :

Gentilissimo collega Infermiere,

sono Tamburlani Matteo, fisioterapista e studente del secondo anno della Laurea Magistrale in

Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie presso l’Università di Tor Vergata. Le chiedo qualche

minuto di attenzione per la compilazione del questionario i cui dati saranno utili ai fini

dell’elaborazione della tesi di Laurea: “ La limitazione alla mobilizzazione manuale dei carichi:

l’incidenza del fenomeno all’interno del PTV”.

La letteratura non evidenzia correlazione degna di nota tra il “mal di schiena” e alcune professioni

sanitarie. Lo scopo dello studio è quello di osservare l’incidenza del fenomeno “limitazioni” negli

infermieri del PTV correlato alla permanenza del professionista sanitario nei diversi reparti, al fine di

poter sviluppare, proporre ed eventualmente implementare una strategia che sia in grado di ridurre il

fenomeno.
La preghiamo di rispondere a tutte le domande in modo obiettivo, considerando che le informazioni

raccolte saranno elaborate e verranno utilizzate esclusivamente per scopi didattici e di ricerca, nel

rispetto della normativa sulla privacy (L.675/96 e D.L.vo 196/0).

Grazie per la collaborazione

Matteo Tamburlani

1. Sesso: M F

2. Età :

3. Ha avuto gravidanze? Si No

4. Svolge attività di coordinamento? Si No

5. Da quanti anni esercita la professione?

6. Da quanti anni esercita la professione all’interno del PTV?

7. Dove ha esercitato la professione prima del PTV?

Ospedale Distretto Territoriale CAD Casa di Cura

ARES 118
8. In quale Area è assegnato attualmente?

Chirurgia Medicina Blocco operatorio

Pronto Soccorso Day Hospital Ambulatorio

Terapia Intensiva

9. Durante la Sua attività lavorativa presso il PTV quante volte ha cambiato U.U.O.O. e per
quale motivo?

1 2 3 4 5

Motivi di
salute

Altro

10. E’ affetto da una o più delle seguenti patologie? Se si, indicare da quanti mesi

Artrosi __________________

Artrite __________________

Spondilite Anchilosante __________________

Spondilolisi-listesi __________________
Ernia discale __________________

Protrusione discale __________________

11. Si sente stressato/a o non soddisfatto/a del proprio lavoro?

Sempre Quasi sempre Molto tempo Una parte del tempo

Quasi mai Mai

12. Solitamente indossa scarpe con tacchi alti? (>3.5 cm)

Sempre Quasi sempre Molto tempo Una parte del tempo

Quasi mai Mai

13. Durante la sua attività lavorativa Le capita di dover sollevare per più di 10 volte al giorno
un oggetto con peso superiore a 5 Kg?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

14. Fuma 20, o più, sigarette al giorno?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte


Quasi mai Mai

15. Svolge regolarmente attività fisica?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

16. Durante la giornata lavorativa resta in piedi per più di 4 ore?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

17. Durante il giorno, al di fuori dell’attività lavorativa, resta in piedi per più di 4 ore?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

18. Ha sofferto di mal di schiena da quando ha iniziato a svolgere la professione


infermieristica?

Mai 1 volta 2 o più volte


18a In caso di risposta negativa ha finito il suo questionario, in caso di risposta “1 volta” o “2 o
più volte” come classificherebbe il suo dolore su di una scala che va da 0 a 10, dove 0
rappresenta l’assenza di dolore e 10 il massimo dolore sopportabile?

19. Il primo episodio di dolore lombare si è presentato durante il turno lavorativo di giorno o di
notte?

Giorno Notte

19a Come classificherebbe il suo dolore su di una scala che va da 0 a 10, dove 0 rappresenta
l’assenza di dolore e 10 il massimo dolore sopportabile?

20. Il dolore è influenzato dalla mobilizzazione dei pazienti?

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

20a Come classificherebbe il suo dolore su di una scala che va da 0 a 10, dove 0 rappresenta
l’assenza di dolore e 10 il massimo dolore sopportabile?
21. Una o più delle seguenti manovre Le provoca dolore lombare? Quantificare il dolore per
ogni singolo items.

21 a1 Sollevare oggetti con un peso superiore a 5Kg

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 a2

21 b1 Sollevare i pazienti

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 b2

21 c1 Stare molto tempo in piedi


Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 c2

21 d1 Trasferire i pazienti dal letto alla sedia

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 2

21 e1 Trasferire i pazienti dalla sedia al letto

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 2
21 f1 Trasferire i pazienti nel bagno

Sempre Quasi sempre Molte volte Poche volte

Quasi mai Mai

21 f2

Grazie per la Collaborazione.

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