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Quotidiano

FAMIGLIA E SUCCESSIONI » Mantenimento figli 4-10-2017


Il convivente more uxorio ha diritto al rimborso delle spese per il mantenimento del figlio

Ove un genitore abbia anticipato per intero le spese per il mantenimento del figlio, l’altro è tenuto a rimborsare la propria quota, e la domanda – che può essere proposta
iure proprio dal genitore, nel caso in cui non abbia agito direttamente il figlio – rientra nella competenza del tribunale ordinario, a prescindere dal valore della stessa.

di Matteo de Pamphilis - Avvocato e dottore di ricerca

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Cass. civ., 7 aprile 2017, n. 9059; App. Potenza, 13 maggio
2015; Trib. Treviso, 23 luglio 2014; Trib. Roma Sez. I, 17
settembre 2013; Cass. civ., 27 maggio 2005, n. 11320; Cass.
Conformi
civ., 18 aprile 2005, n. 8007; Cass. civ., sez. un., 16 ottobre
2003, n. 15481; Cass. civ., 19 giugno 2003, n. 9806; Cass.
civ., 1 giugno 1982, n. 3344
Difformi Non constano pronunce difformi.

Il tribunale di Aosta, dando seguito a una giurisprudenza ormai consolidata, ha riaffermato il diritto del genitore che abbia anticipato la totalità delle spese per il
mantenimento del figlio a vedersi rimborsata la quota di competenza dell’altro genitore e chiarisce che la relativa domanda, ancorché di valore tale da rientrare
astrattamente nella competenza del giudice di pace, deve essere proposta avanti al tribunale ordinario, quale organo competente a determinare l’importo dell’assegno di
mantenimento, oppure, come nel caso di specie, a dirimere le contestazioni sull’operatività delle intese stragiudiziali intercorse, sul punto, tra i genitori conviventi more
uxorio.

Analisi del caso

Una coppia non coniugata aveva dato alla luce una figlia. Per provvedere al suo mantenimento, i genitori avevano tra loro stipulato due scritture private. Con la prima, il
padre si era impegnato a versare alla compagna, a titolo di contributo al mantenimento della figlia (stabilmente convivente con la madre), la somma di lire 400.000 mensili;
con la seconda, l’importo del contributo mensile era stato ridotto a lire 350.000.

Allegando il mancato adempimento da parte del padre, che non aveva versato il contributo per circa due anni, la madre ne ha pertanto chiesto la condanna al pagamento di
euro 4.157,25.

Il padre, spiegate una serie di eccezioni di inammissibilità della domanda, aveva eccepito in compensazione un credito che sosteneva essere maturato in virtù del fatto
che egli stesso, nonostante la pattuita riduzione del contributo, aveva nondimeno continuato a versarlo, per un certo periodo, in misura maggiore.

La soluzione

Il tribunale, dapprima, ha qualificato la domanda come domanda di rimborso pro quota delle spese anticipate per il mantenimento, ciò escludendo l’applicabilità del rito
camerale (disposta per le ipotesi in cui debba procedersi a un’autonoma determinazione del quantum del mantenimento). In secondo luogo, ha escluso che la competenza a
decidere la vertenza dovesse essere attribuita – in ragione del valore della domanda, inferiore a cinquemila euro – al giudice di pace, spettando a quest’ultimo, nella materia
in discorso, unicamente le vertenze relative all’esecuzione e attuazione delle statuizioni contenute nella sentenza del tribunale sugli obblighi di mantenimento.

Nel merito, il giudice aostano ha dato seguito al costante orientamento di legittimità, in virtù del quale il genitore già affidatario, il quale continui a provvedere direttamente
ed integralmente al mantenimento del figlio convivente, divenuto maggiorenne, ma ancora dipendente economicamente, è legittimato a richiedere il rimborso di quanto da lui
già erogato a titolo di contributo, dovuto dall'altro genitore, nonché il versamento in via preventiva di detto contributo, se il figlio non agisce direttamente nei confronti
dell'altro genitore, con tale comportamento implicitamente riconoscendo che il proprio credito deve essere riversato nel patrimonio del genitore convivente (Cass. civ., 12
marzo 1992, n. 3019; più recentemente, Cass. civ., 27 maggio 2005, n. 11320; Cass. civ., 18 aprile 2005, n. 8007; Cass. civ., sez. un., 16 ottobre 2003, n. 15481; Cass. civ.,
19 giugno 2003, n. 9806).

Obbligo di mantenimento del figlio e diritto al rimborso delle spese anticipate

Caposaldo della materia in discorso è il diritto del figlio di essere mantenuto da entrambi i genitori (art. 315-bis c.c.). Questo diritto è acquistato dal figlio per il fatto stesso
del concepimento e, quindi, a prescindere dall’accertamento dello stato di filiazione (Cass. civ., sez. un., 16 ottobre 2003, n. 15481). Ne consegue che, se un genitore si è
dato carico, da solo, del mantenimento del figlio, acquista il diritto di ottenere dall’altro genitore il rimborso della quota spettante sul medesimo (v., nella giurisprudenza di
merito più recente, App. Potenza, 13 maggio 2015; Trib. Treviso, 23 luglio 2014; Trib. Roma Sez. I, 17 settembre 2013).

Posta questa premessa, la giurisprudenza di legittimità, cui la decisione in discorso ha dato seguito, ha precisato che, poiché i genitori devono adempiere l'obbligazione di
mantenimento verso i figli (art. 147 c.c.) in proporzione alle loro sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo (artt. 148 e 316-bis c.c.), ai fini
della quantificazione del rimborso pro quota vanno tenuti presenti tali criteri, considerando, cioè, quanto avrebbe dovuto corrispondere il genitore fin dalla nascita del figlio
(Cass. civ., 25 febbraio 2009, n. 4588). Tuttavia, egli non può essere tenuto a contribuire anche a spese irragionevoli, sicché deve escludersi che il genitore in parola abbia
tacitamente accettato le spese sostenute dall'altro, conferendogli una sorta di delega in bianco che gli impedirebbe poi di contestarne le pretese (Cass. civ., 25 febbraio 2008,
n. 4588).

Il giudice della decisione in commento, sul punto, ha stabilito ulteriormente che, al fine di escludere o ridurre l’obbligo del padre di rimborsare alla madre le spese di
mantenimento della figlia, non possono rilevare né la dichiarazione della figlia di rinunciare a quanto a lei spettante a tale titolo, né le difficoltà economiche addotte del
genitore, né, infine, la circostanza per la quale la madre abbia, nel frattempo, contratto matrimonio con un facoltoso imprenditore, non essendo quest’ultimo tenuto al
mantenimento della prole nata dalla prima unione. Per altri versi, anche l’eccezione di compensazione svolta dal padre (che allegava di aver continuato a versare una somma
maggiore, nonostante la riduzione pattuita nella seconda scrittura privata) è stata respinta, in quanto il giudice ha ritenuto tale elargizione quale adempimento di una
obbligazione naturale, per sua natura irripetibile.

Nel caso di specie, la madre ha promosso un autonomo procedimento avanti al tribunale ordinario. Deve, nondimeno, considerarsi che la domanda di rimborso delle
somme anticipate da un genitore può essere proposta nel giudizio di accertamento della paternità o maternità naturale, mentre l'esecuzione del titolo e la conseguente
decorrenza della prescrizione del diritto a contenuto patrimoniale richiedono la preventiva definitività della sentenza di accertamento dello "status" (Cass. civ., 30 luglio 2010,
n. 17914, v. anche Cass. civ., 25 settembre 2013, n. 21882).

Sotto il profilo della quantificazione, invece, la Suprema Corte ha stabilito che il diritto al rimborso delle spese a favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del
figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, in quanto diretto
ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, degli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole. Ne consegue che il giudice di merito, ove l'importo non
sia altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, legittimamente provvede, per le somme dovute dalla nascita fino alla pronuncia, secondo equità trattandosi di criterio
di valutazione del pregiudizio di portata generale, fermo restando che, essendo la richiesta di indennizzo assimilabile ad un'azione di ripetizione dell'indebito, gli interessi, in
assenza di un precedente atto stragiudiziale di costituzione in mora, decorrono dalla data della domanda giudiziale (Cass. civ., 22 luglio 2014, n. 16657).

Rispetto alla fattispecie oggetto della sentenza annotata, il giudice non ha avuto bisogno di ricorrere al criterio equitativo, in quanto, come si è visto, tra i genitori erano
intervenute ben due scritture private (incontestate nel giudizio), deputate precipuamente alla determinazione pattizia dell’importi dovuto dal padre, in favore della madre, a
titolo di contributo al mantenimento della figlia con la stessa convivente.

Con riguardo, poi, ai limiti temporali per il promovimento dell’azione, la Cassazione ha precisato che la prescrizione (ordinaria decennale; cfr. Cass. civ., 4 aprile 2014,
n. 7986) del diritto del genitore ad ottenere dall'altro il rimborso pro quota delle spese anticipate per il mantenimento del figlio nato fuori del matrimonio decorre dal
riconoscimento del figlio da parte dell'altro genitore o dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (da ultimo, Cass. civ., 7 aprile 2017, n. 9059).

Concentrandosi nuovamente sulla decisione in commento, risulta, infine, degna di nota l’argomentazione volta a escludere la competenza per valore del giudice di pace (la
domanda di condanna ammontava a meno di cinquemila euro; cfr. art. 7 c.p.c.). Il tribunale di Aosta, infatti, da un lato ha respinto la qualificazione della domanda come
richiesta di autonoma determinazione dell’importo del mantenimento (al fine di escludere l’applicabilità del rito camerale); dall’altro, ha affermato la competenza per materia
del tribunale (in luogo del giudice di pace) proprio facendo leva sulla devoluzione al tribunale stesso delle vertenze in merito alla determinazione o modificazione dell’assegno
di mantenimento. Come si è visto, tuttavia, nel caso in esame, non sussisteva alcun dissenso circa la determinazione pattizia del quantum dell’obbligo di mantenimento, bensì
soltanto una contestazione, da parte del padre, «sull’operatività delle pattuizioni stragiudiziali», in ragione della dedotta difficoltà economica dello stesso e dell’eccepita
compensazione del debito con le maggiori somme già versate. In ciò potrebbe rinvenirsi, conclusivamente, un piccolo cortocircuito motivo della decisione.
Tribunale Aosta, sentenza 6 giugno 2017, n. 200

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