Lezione 06/10
Imprenditore art 2082. Può essere commerciale (art 2195) o agricolo (art 2135). L’imprenditore agricolo
nel nostro ordinamento ha sempre avuto un trattamento piuttosto favorevole rispetto all’imprenditore
commerciale. Entrambe le figure hanno una definizione in positivo, il che rende più complesso individuare
una linea di demarcazione. Non dobbiamo solo pensare all’imprenditore individuale, può anche essere
collettivo ad es. una società.
Imprenditore agricolo: art 2135, che ha subito una modifica rispetto all’art originario del 1992, il resto è
stato riscritto nel 2001, ampliando ulteriormente la figura dell’imprenditore agricolo a scapito di quello
commerciale. La nuova formulazione ha inglobato una serie di figure imprenditoriali incerte, che sono state
ricomprese nella categoria dell’imprenditore agricolo. La norma distingue tra attività tipicamente agricole e
attività connesse, cioè attività in più rispetto a quelle tipiche svolte dall’imprenditore, rispetto alle quali ci si
chiede se lo rendano commerciale. È agricoltore agricolo chi esercita coltivazione del fondo, selvicoltura
(coltivazione del bosco), allevamento di animali. Queste sono le tipiche attività svolte dall’imprenditore.
Il comma 2 definisce meglio le attività tipicamente agricole: si intendono “attività dirette alla cura ed allo
sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che
utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine” non per forza
l’intero ciclo biologico. Per essere imprenditore agricolo devo esercitare almeno una di queste attività.
Attività connesse, che una volta svolte non mi fanno diventare imprenditore commerciale: manipolazione,
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti
ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali.
Non è specificata la necessità che i prodotti provengano solo dal proprio fondo. Prevalentemente criterio
della prevalenza (finché l’attività di compravendita non diventa prevalente rispetto a quella agricola si
rimane imprenditore agricolo). Si fa anche riferimento alle “attività dirette alla fornitura di beni o servizi
mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate
nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale
e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge es. agriturismo. È necessario
comunque svolgere a monte una delle tre attività agricole, che devono essere prevalenti rispetto alle
attività collaterali svolte dall’imprenditore. Qualcuno dice che il fatturato dell’attività tipicamente agricola
debba essere superiore rispetto all’attività collaterale svolta per capire se un imprenditore rimane agricolo
o diventa commerciale.
Non si applica lo statuto degli imprenditori commerciale l’imprenditore commerciale deve tenere certe
scritture contabili, cosa che non ha l’imprenditore agricolo; l’imprenditore commerciale deve iscriversi al
registro delle imprese sezione ordinaria, invece l’imprenditore agricolo si iscrive in una sezione speciale.
Quando parliamo di imprenditore commerciante non dobbiamo pensare al cd. commerciante, cioè a colui
che compra e vende.
Sono imprenditori commerciali coloro che svolgono un’attività di produzione di beni o servizi: un’attività
intermediaria nella circolazione dei beni; attività di trasporto per terra, acqua o aria; attività bancaria;
attività ausiliarie.
Lezione 07/10
Distinzione tra imprenditore commerciale e agricolo; la disciplina dell’imprenditore commerciale risulta più
attenta. Il legislatore ha ritenuto che anche nell’ambito della figura dell’imprenditore commerciale,
l’applicazione di queste regole non fosse opportuna in caso di piccolo imprenditore. Diventa necessario
individuare questa ulteriore figura alla quale non si applica la disciplina generale.
Art 2083: sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo (sarebbero piccoli imprenditori agricoli, ai
quai in ogni caso non si applica lo statuto dell’imprenditore commerciale), gli artigiani (corrispondono ai
piccoli industriali), i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Prima del 2006 la legge fallimentare non dava una definizione di piccolo imprenditore, affermava soltanto
che questo non potesse fallire, quindi rinviava alla definizione del codice civile. Si tratta però di una
definizione un po’ vaga, motivo per cui venivano utilizzati moltissimi metodi di interpretazione per stabilire
questa prevalenza del proprio lavoro e ciò rappresentava un grande problema in materia fallimentare. Nel
2006, a seguito della revisione della legge fallimentare, il legislatore ha avvertito la necessità, in ambito
fallimentare, di definire in materia precisa il piccolo imprenditore; la legge parla di imprenditore fallibile o
non fallibile.
Art 1, Legge fallimentare: 2 comma non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori commerciali i quali dimostrino il possesso congiunto di tali requisiti (il
legislatore non ha fatto riferimento al piccolo imprenditore per non fare confusione con il 2083):
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio
dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore
ad euro trecentomila; (l’attivo patrimoniale è il patrimonio dell’impresa) requisito di tipo patrimoniale
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di
fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo
non superiore ad euro duecentomila; (i ricavi lordi sono i ricavi non al netto dei costi dell’imprenditore)
criterio prettamente economico
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. requisito
che riguarda l’indebitamento
Questi parametri permettono di stabilire con precisione chi sia fallibile e chi non lo sia.
Per quanto riguarda l’artigiano esiste una legge artigiana, che regola tale attività e detta una serie di regole
perché un soggetto possa definirsi artigiano criteri che valgono sia a livello amministrativo, ma potrebbe
anche costituire un riferimento per comprendere
Impresa familiare: impresa in cui lavorano l’imprenditore e alcuni componenti della famiglia,
l’imprenditore individuale è aiutato a alcuni membri della famiglia, ma si tratta comunque di un’impresa
che può essere agricola o commerciale. Ritroviamo tale fattispecie all’interno del diritto di famiglia, nella
parte che riguarda i rapporti patrimoniale al fine di evitare lo sfruttamento del lavoro familiare.
Art 230-bis: fine dell’articolo è la tutela dei familiari rispetto alla prepotenza dell’imprenditore. L’art
esordisce dicendo “salvo che sia configurabile un diverso rapporto” si tratta di una situazione residuale,
perché se c’è un rapporto che tutela maggiormente il familiare, come un rapporto di lavoro subordinato, è
chiaro che questo soggetto risulta già tutelato e non serve applicare la disciplina dell’impresa familiare. Si
applica quindi quando i familiari vengono fatti lavorare di fatto. I familiari sono indicati al terzo comma:
coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo.
“Il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare
ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili
dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi della azienda, anche in ordine
all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato” il familiare ha diritto di
partecipare agli utili. L’imprenditore da solo può prendere le decisioni di ordinaria amministrazione,
mentre quelle di straordinaria amministrazione, nonché quelle riguardanti l’impiego degli utili e degli
incrementi devono essere prese a maggioranza dei familiari. Il quarto comma sembra quasi configurare una
partecipazione simile a quella societaria. Cosa succede se l’impresa diventa insolvente? La cassazione
risponde dicendo che fallisce solo l’imprenditore impresa di tipo individuale e poi ci sono dei familiari che
lavorano di fatto con l’imprenditore, quindi siamo molto lontani dalla fattispecie societaria.
5 comma: che succede se il titolare decide di trasferire l’impresa ad estranei? Comporterà la cessazione
dell’impresa familiare. I familiari da un lato possono pretendere di acquistare loro l’azienda o un ramo di
azienda, cioè hanno diritto di prelazione sull’azienda. Al convivente di fatto che presti la propria opera
spetta la stessa disciplina prevista per il coniuge, ma non tutta: il legislatore gli attribuisce solo i diritti
patrimoniali, non il diritto di partecipare alle decisioni, né quello di prelazione.
Spesso nella pratica la disciplina dell’impresa familiare è utilizzata a fini fiscali. L’imposta sul reddito è
progressiva, quindi è fiscalmente conveniente dividere tra più persone un reddito elevato, perché si applica
l’aliquota base, in questo caso la normativa fiscale richiede che esista un atto costitutivo dell’impresa
familiare (ciò contrasta con ciò che abbiamo detto relativamente alla circostanza per cui l’impresa familiare
nasca di fatto) ai fini fiscali, se si vuole usufruire di questo frazionamento dell’aliquota fiscale, bisogna
conferire un atto costituivo.
Impresa pubblica: è un’impresa non esercitata da privati, ma dallo Stato o dagli enti pubblici. La presenza
dello stato nell’economia avviene in una moltitudine di forme, sia con strumenti di diritto pubblico, sia con
strumenti di diritto privato. Un tempo erano gli strumenti di diritto pubblico ad essere prevalenti, quindi
l’attività di impresa era esercitata direttamente dall’ente pubblico; oggi nella maggior parte dei casi il
soggetto pubblico usa degli strumenti di diritto privato, cioè la società, di cui il soggetto pubblico è socio
(AMT è una società, in cui il socio unico è il comune di Catania). Che succede se la società partecipata
dall’ente pubblico è insolvente? Il TUSP un po’ applica il diritto amministrativo, un po’ gli istituti di diritto
privato, in particolare stabilisce che le società partecipate da ente pubblico sono sottoposte a fallimento
così come le società partecipate da privati.
Lezione 12/10
Statuto dell’imprenditore commerciale: regola una serie di punti fondamentali
La capacità: per avviare un’attività commerciale occorre avere la capacità d’agire. Possono verificarsi eventi
per i quali un soggetto che non ha capacità d’agire può trovarsi titolare di un’attività commerciale, ad es. un
imprenditore commerciale che perde la capacità d’agire, morte dell’imprenditore commerciale e gli eredi
sono minori. Il codice civile detta una serie di regole relative a tale situazione.
Inizio e cessazione: il legislatore detta una presunzione l’impresa inizia nel momento in cui vi è
l’iscrizione sul registro delle imprese e cessa nel momento in cui si ha la cancellazione. Presunzione iuris
tantum: può anche accadere che l’imprenditore non si sia iscritto o l’abbia fatto in ritardo si può
dimostrare che stia esercitando l’attività nonostante la mancata iscrizione e in tal caso si applica la
disciplina relativa all’impresa commerciale
Gli ausiliari dell’imprenditore (art 2203): soggetti che collaborano con l’imprenditore nell’esercizio
dell’attività d’impresa. Distinguiamo tra ausiliari interni ed esterni. Il legislatore individua tre figure, che
sono l’institore, i procuratori e i commessi. Sono accomunati dal fatto che hanno poteri di rappresentanza
dell’imprenditore (possono porre in essere per conto dell’imprenditore atti con i terzi). I procuratori sono
soggetti ai quali l’imprenditore da una specifica procura per determinati atti; non sono soggetti che
rivestono ruoli particolari in sé, può anche essere un soggetto esterno e non dipendente dall’imprenditore.
L’ambito di rappresentanza di tali soggetti sarà quello delineato dalla procura che è stata loro conferita. I
commessi sono coloro che lavorano nei locali dell’impresa e sono preposti alle vendite; questi hanno
limitati poteri di rappresentanza, cioè quelli automaticamente connessi all’incarico che da loro
l’imprenditore, dipendono quindi dalla funzione loro assegnata. Due esempi sono: il commesso al banco
preposto alle vendite, che ha il potere di rappresentanza limitato alla possibilità di vendere prodotti
dell’impresa ai terzi. L’institore è un soggetto preposto dall’imprenditore all’esercizio dell’impresa o di un
ramo di essa (es. il direttore di banca). I poteri dell’istitore sono quelli connessi alla funzione che gli è
attribuita. La procura istitoria (nomina dell’institore) va iscritta nel registro delle imprese (deve essere resa
conoscibile ai terzi). L’institore non può alienare o ipotecare i beni immobili dell’azienda; si tratta di una
limitazione di legge, tranne che la vendita di immobili sei l’oggetto specifico dell’attività d’impresa. Se
l’imprenditore volesse porre altri limiti ai suoi poteri, ad esempio fino ad operazioni che hanno un
determinato tetto massimo, potrebbe farlo e come? Sicuramente può farlo e se l’institore violasse tale
limitazione sorgerebbe una responsabilità nei confronti dell’imprenditore. Per quel che riguarda i rapporti
con i terzi, tale limitazione può essere conosciuta attraverso l’iscrizione di essa nel registro delle imprese da
parte dell’imprenditore. Se non vi è tale iscrizione allora gli atti con i terzi risultano validi.
Il registro delle imprese (art 2188 e ss.): è lo strumento fondamentale della pubblicità commerciale. Il
registro dell’imprese era stato previsto dal legislatore del 1942, anno nel quale è avvenuta l’unificazione del
codice commerciale e del codice civile. Prima del 42 il registro delle imprese non esisteva, vi era solo quello
delle società, tenuto presso i tribunali con funzione di pubblicità legale, mentre le imprese individuali si
scrivevano presso la camera di commercio. Nel 42 si è ritenuto più opportuno istituire una pubblicità legale
per tutte le imprese, sia societarie che individuali e l’abolizione dei registri precedenti. Nell’idea del
legislatore del 42 esso doveva essere tenuto dai tribunali; esso sarebbe dovuto entrare in vigore a seguito
della predisposizione da parte del governo di regolamenti attuativi. Nel frattempo, in assenza dei decreti, si
sarebbe applicato il regime precedente.
A inizio anni novanta, 50 anni dopo, finalmente si ha la volontà politica di attuare il registro delle imprese. A
questo punto si ha un grande problema a seguito dei profondi cambiamenti rispetto alla realtà del 1942,
che prevedeva dei registri cartacei tenuti presso le cancellerei dei tribunali modalità che presentava dei
limiti dovuti alle conoscenze e tecnologie del tempo. Per conoscere delle notizie di un’impresa di Bolzano
era necessario recarsi al tribunale di Bolzano. Non aveva più senso creare dei registri cartacei, l’idea è
invece quella di creare dei registri informatici interconnessi tra loro; l’aspetto organizzativo era ovviamente
diverso. Negli anni 90 però i tribunali non avevano una rete informatica tale da gestire un registro
nazionale. Il legislatore introduce un cambiamento fondamentale: l’unico organo che poteva mettere a
disposizione una rete informatica tale da gestire un tale registro sono le camere di commercio sono le
camere di commercio a gestire il registro delle imprese, mediante un funzionario apposito, il conservatore
del registro delle imprese. Il legislatore ha lasciato la figura del giudice del registro, che viene designato
periodicamente ed è preposto alla sorveglianza del registro delle imprese e del conservatore. Egli non ha
solo una funzione di sorveglianza, ad esso si fanno anche i reclami contro il conservatore. Nonostante
l’informatizzazione del registro, comunque negli anni Novanta la presentazione dei documenti al registro
delle imprese era cartacea; oggi la presentazione di tutti gli atti avviene solo in via informatica, quindi solo i
soggetti che hanno la chiave informatica, quindi i professionisti abilitati, hanno la possibilità di fare queste
trasmissioni.
Art 2193: norma fondamentale relativa all’efficacia dell’iscrizione. Essa non ha una mera funzione di
conoscenza a vantaggio dei terzi, ma è una pubblicità legale, quindi l’iscrizione o mancata iscrizione ha delle
conseguenze molto importanti. Le questioni sono due: l’iscrizione di un determinato fatto; la non iscrizione
di un determinato fatto che non è stata conseguita; quali sono le conseguenze? Comma 2: un fatto doveva
essere iscritto ed è stato iscritto può essere opposto in maniera assoluta(non ha importanza la buona o
mala fede dei terzi, se essi possono dimostrare che non ne erano a conoscenza) ai terzi, si ha presunzione
assoluta di conoscenza. Ovviamente dal momento in cui l’scrizione è avvenuta, finché non sono iscritti non
sono opponibili ai terzi. Al comma 1 troviamo il caso opposto, cioè quello relativo ad un fatto che doveva
essere iscritto e non è stato iscritto o non è stato ancora iscritto in linea generale tale fatto non è
opponibile ai terzi; il terzo è protetto. Tali fatti non sono opponibili, a meno che l’imprenditore provi che i
terzi ne hanno avuto conoscenza; si deve provare la mala fede. L’art 2193 si chiude facendo riferimento alle
disposizioni particolari della legge: questa è la regola generale, ma vi sono poche deroghe a tale regola.
Le scritture contabili (art 2214 e ss, 2709 e ss): l’imprenditore commerciale è obbligato alla tenuta delle
scritture contabili (il piccolo imprenditore e quello agricolo devono comunque tenere le scritture contabili
richieste dalle norme fiscali). Ci riferiamo al libro giornale, al libro degli inventari e al fascicolo della
corrispondenza. Il libro giornale è il libro nel quale l’imprenditore deve segnare tutte le operazioni che ha
posto in essere giorno per giorno. Il libro degli inventari è quello in cui, alla fine di ogni esercizio,
l’imprenditore fa l’inventario, che si chiude con il bilancio da cui risultano gli utili o le perdite dell’esercizio
(si fa una volta l’anno). Il legislatore non detta criteri relativi alla redazione del bilancio, ma dice che si
applicano come compatibili le norme di bilancio della spa. Il fascicolo della corrispondenza: l’imprenditore
ha l’obbligo di conservare tutta la corrispondenza che attiene alla gestione dell’impresa per dieci anni.
Queste scritture contabili possono essere utilizzate come prove in giudizio? La controparte può pretendere
che vengano esibite? Le scritture possono essere usate a favore o contro l’imprenditore. L’utilizzo a favore
dell’imprenditore è molto limitato, non costituiscono prova piena perché l’imprenditore può effettivamente
scrivere ciò che vuole nelle scritture contabili. Possono essere utilizzate, anche se non costituiscono
comunque prova piena, nei conflitti tra imprenditori (e non contro i privati) e se sono regolarmente tenute.
Contro l’imprenditore costituiscono prova piena. Se si vuole agire contro un privato non bastano le scritture
contabili, ma si deve ad esempio mostrare la fonte del credito.
Le procedure concorsuali fallimento
Cos’è l’azienda? Spesso nel linguaggio comune impresa e azienda si usano quali sinonimi, ma così non è,
sono due cose completamente diverse. L’impresa è l’attività esercitata dall’imprenditore. L’azienda, art
2555, è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio d’impresa. A volte si parla anche
di ramo di azienda. Le operazioni relative all’azienda sono la cessione(vendita), affitto e costituzione di
usufrutto. Vige il divieto di concorrenza, art 2557 chi aliena l’azienda deve astenersi per un periodo di
cinque anni (è un divieto limitato nel tempo) dal trasferimento dall’iniziare una nuova impresa che sia
idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.
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Lezione 14/10
Passano i contratti inerenti l’azienda al cessionario. In caso di cessione di azienda il passaggio di crediti e
debiti è ben diverso tra loro. Il legislatore ritiene che il passaggio dei crediti sia un problema di
contrattazione tra le parti: se le parti sono d’accordo al passaggio dei crediti, l’acquirente pagherà un
prezzo maggiore. Quindi la cessione del credito è fondamentalmente libero, occorre però notifica e
accettazione, al fine di opponibilità ai terzi. Per quel che riguarda il passaggio dei debiti si presenta un
problema di tutela dei terzi creditori, per cui anche i debiti transitano verso il nuovo acquirente, non
potrebbero rimanere al vecchio che magari è rimasto senza nulla e finirebbe per non pagare il debito.
Art 2559 crediti relativi all’azienda ceduta; il legislatore non ci dice se i crediti devono essere ceduti per
forza, è una questione che non interessa. Si dice solo che, in deroga alla regola generale del diritto privato,
non vi è necessariamente bisogno di notifica e accettazione, basta solo l’iscrizione del trasferimento nel
registro delle imprese; tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante (si
manifestano delle circostanze per cui appare evidente che sia lui il titolare del credito)
Art 2560 i creditori dell’azienda vanno tutelati, perché potrebbero essere lesi da un’azione finalizzata a
scollare i debiti dal patrimonio generale rispetto al quale i crediti sono garantiti. Dei debiti chi continua a
rispondere? Se si cede un’azienda l’alienante è comunque obbligato, a meno che l’acquirente non l’abbia
liberato. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti anche l’acquirente della stessa. Il
legislatore precisa che tali debiti devono risultare dai libri contabili obbligatori, perché sennò potrebbe
rispondere anche di debiti di cui non conosce l’esistenza. Un problema può essere la retrocessione
dell’azienda: alla scadenza del contratto di affitto attua una seconda cessione del complesso aziendale per
effetto della quale l’originario cedente diviene a sua volta cessionario, assumendo obblighi di
mantenimento dell’occupazione sanciti dalla norma. Un altro problema è quello dell’individuazione del
ramo d’azienda e dei rapporti connessi: l’azienda cede il ramo aziendale, in questo caso quali rapporti
seguono il ramo? Si potrebbe pensare che seguono il ramo aziendale i contratti che attengono a quel ramo
aziendale. Quando si cede il ramo aziendale non sempre è facile capire quali sono i debiti destinati a
seguirlo. Il problema sorge quando le operazioni sono fatte a fini fraudolenti: es. un imprenditore con molti
debiti, rischia il fallimento; se si cedesse integralmente l’azienda ad un terzo a rispondere sono sia
l’acquirente che l’alienante. Si decide quindi di cedere un ramo d’azienda, elencando una serie di debiti,
mentre l’imprenditore tiene la parte di azienda meno fruttuosa e con più debiti. L’operazione è fraudolenta
quando viene effettuata apposta per scollare la parte migliore dell’azienda dai debiti.
Le società
Le norme sull’imprenditore individuale si applicano anche agli imprenditori collettivi e quindi anche alle
società. Una società può essere costituita per raggiungere qualsiasi scopo? La risposta è negativa.
Esaminando l’art 2297 è caratteristica delle società lo scopo di lucro; per poter costituire società senza
scopo di lucro queste società devono essere previste espressamente da leggi speciali. Va sottolineata una
differenza importante con la figura dell’imprenditore vi sono imprenditori che possono non perseguire lo
scopo di lucro, es. le cd. imprese sociali. Ma l’impresa è esercitata da una società lo scopo deve essere di
lucro. Se devo perseguire uno scopo ideale, benefico o così via, posso costituire un’associazione. Art
2247 contratto di società: due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Fa riferimento a due o più persone che effettuano dei
conferimenti, cioè gli apporti dei soci che vanno a costituire il patrimonio della società; siamo nell’ambito di
un’attività economica e lo scopo è quello di dividerne gli utili. Non siamo di fronte ad un contratto di
scambio, ma si tratta di un contratto associativo: non è un contratto dove la prestazione di ciascuno trova a
propria causa nella controprestazione dell’altro, ma si effettua per il raggiungimento di uno scopo comune.
Nell’art 2248 ci viene detto che se i soggetti che stanno in comune per uno scopo di godimento siamo
nell’ambito della comunione e non in presenza di un contratto associativo. Un discorso più complesso è
dato dal problema del socio unico: se noi ci fermassimo a questa nozione, dovremmo ritenere che per
esserci società devono esserci necessariamente due soci, ma oggi è possibile che ci siano società con un
solo socio in particolare è possibile che si sia una spa con un unico socio o una srl con un solo socio. Ma
come è possibile visto che la nozione parla di contratto e di uno più soci? All’inizio degli anni 90 è stata
prevista la possibilità della srl con unico socio e con la riforma del 2004 questa possibilità è stata estesa alla
società per azioni. Per gli altri tipi di società non è assolutamente possibile, se non vi è la pluralità dei soci la
società viene sciolta. L’imprenditore individuale non aveva nel nostro ordinamento la possibilità di ottenere
la responsabilità limitata; cosa diversa accadeva in caso di società, in cui i soci potevano liberamente
scegliere una forma societaria in cui i soci rischiano solo il capitale investito, non il patrimonio personale. Ad
un certo punto, negli anni 80, interviene una direttiva comunitaria (il nostro diritto societario ha subito
molte modifiche a seguito di direttive dell’Unione Europea) che impone a tutti gli stati di prevedere la
possibilità della responsabilità limitata anche per l’imprenditore individuale. La direttiva dava due
possibilità: prevedere una normativa speciale per l’imprenditore individuale a responsabilità limitata; la
seconda alternativa era quella di consentire che anche un solo soggetto potesse costituire ed essere socio
di una società a responsabilità limitata. Alcuni stati scelsero la prima strada, quella dell’Italia fu invece la
seconda (strada già seguita da molto tempo da Francia e Germania) e quindi fu rivista la possibilità per
l’imprenditore individuale di costituire una srl. Con la riforma del 2004 questa possibilità è stata estesa
anche alle società per azioni, che quindi possono essere costituite da un unico socio. Il legislatore prevede
alcune regole particolari per l’ipotesi del socio unico. La rubrica del 2247 dice “contratto di società”, nel
1942 era invece “nozione di società”; quando è stata introdotta la figura del socio unico, la norma è rimasta
invariata, ma è stata cambiata la dicitura della rubrica infatti quando la società è costituita da un socio
unico non si parla di contratto, ma di atto di fondazione di una società (cioè un atto unilaterale). A questo
punto passiamo ad esaminare i tipi di società.
Le società si distinguono sia per l’ordinamento interno, sia per il modo di atteggiarsi nei rapporti con i terzi
(responsabilità nei confronti dei terzi).
Società di persone SS (2251-2290 cc); SNC (2291-2312); SAS (2313-2324)
Società di capitali SpA (2315-2451 cc + TUF); SRL (2462-2496); SAPA (2452-2461)
Cooperative A R LIM (2511-2548)
Per quanto riguarda i rapporti con i terzi, diciamo che normalmente si dice che nelle società di persone i
soci sono a responsabilità illimitata, nelle società di captali sono a responsabilità limitata. In realtà non è
proprio così, ma vedremo meglio più avanti. Nelle società di persone i soci sono normalmente sono
solidalmente e illimitatamente responsabili verso i terzi per le obbligazioni societarie (solidarietà passiva
chi ha pagato con l’azione di regresso potrà rivalersi su tutti gli altri). La società in accomandita semplice
prevede dei soci a responsabilità limitata, altri soci a responsabilità illimitata, cioè gli accomandatari. Nelle
società di capitali i soci rischiano solo il capitale investito nella società. In realtà le società di persone sono
molto più convenienti dal punto di vista fiscali e le società di capitali hanno delle spese di gestione molto
elevate, quindi l’avvio di una società economica di piccole o medie dimensioni sconsiglia di scegliere una
società di capitali, che più costose. Una seconda cosa da notare è che tutte queste società sono disciplinate
nel codice civile, solo per la società per azioni si ha un richiamo al TUF, cioè il testo unico della finanza.
All’interno del testo troviamo la normativa delle società quotate in borsa, che in alcuni casi vanno ad
aggiungersi a quelle del codice, altre volte vanno a sostituirle.
Le cooperative sono, secondo il nostro legislatore, società a responsabilità limitata (prima della riforma del
2004, erano miste, successivamente si stabilì che dovessero necessariamente essere a responsabilità
limitata). Sono caratterizzate da una particolarità, cioè lo scopo non è quello del guadagno, ma è presente
uno scopo mutualistico: il beneficio dei soci non deriva dalla divisione dei guadagni con i soci,
Nell’ambito delle società non vale il principio dell’autonomia contrattuale i privati possono dar vita anche
a contratti atipici, purché gli scopi siano meritevoli di tutela. Nel mondo dei contratti vige la regola
dell’atipicità. Nell’ambito delle società vige invece il numero chiuso, cioè se i privati vogliono costituire una
società, devono scegliere uno dei quei tipi previsti dal legislatore. Si potrebbe dire che l’autonomia privata
non opera, ma non è così. All’interno di quel tipo di società i soci possono scegliere tra varie opzioni o
possono regolare diversamente certi aspetti della società. Per ciascun tipo ci sono norme inderogabili,
derogabili e aspetti non regolati dal legislatore. Come si esplica nel mondo delle società l’autonomia
privata? Operando nell’eventualmente modificando le norme derogabili o disciplinando profili non
disciplinati dal legislatore. Tutto questo dove e come lo fanno i soci? Nello statuto della società, cioè
l’insieme delle regole che i soci si danno si esplica l’autonomia privata dei soci nel momento in cui si
costituisce la società. Man mano che saliamo nel tipo di società le norme inderogabili sono sempre di più:
es le società di capitali hanno una struttura molto più rigida delle società di persone.
Attività di impresa commerciale e non commerciale non possiamo utilizzare qualsiasi tipo di società per
qualsiasi tipo di attività. Per attività di tipo commerciale non può essere utilizzata la società semplice;
questa può essere utilizzata per l’attività agricole o per le attività tra professionisti. Non a caso tutte le
società devono iscriversi nel registro delle imprese, per la società semplice non è prevista l’iscrizione nella
sezione ordinaria, ma solo in quella speciale. Se invece si tratta di attività non commerciale si può scegliere
qualsiasi tipo di società.
Può verificarsi che alcuni soci si accordino per fare qualcosa, ad esempio per votare in un certo modo
nell’assemblea della società si tratta di patti parasociali, cioè accordi di diritto privato stipulati tra alcuni
soci (molto presenti nelle società quotate). Nella società per azioni esiste una regolamentazione particolare
di questi patti parasociali.
Società di persone società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice.
Procederemo in paralelo parlando di società semplice e nome collettivo. La società semplice presenta un
numero maggiore di norme dedicate, proprio perché la disciplina generale è ivi dettata.
Costituzione 2251: nella società semplice il contratto non è soggetto a forme speciali, né ad substantiam,
né ad probationem. Una società potrebbe costituirsi anche oralmente, il legislatore non richiede una forma
particolare, salvo quella richiesta dalla natura dei beni conferiti (per il trasferimento di beni immobili è
richiesta la forma scritta, in particolare l’atto pubblico o scrittura privata).
2296: alla società in nome collettivo si applica una disciplina diversa. L’articolo ci dice che l’atto costituivo
della SNC deve essere effettuato con scrittura privata autenticata o atto pubblico e deve essere depositato,
entro 30 giorni, presso il registro delle imprese.
2265: le norme sulla SNC ci dicono anche cosa deve contenere l’atto costitutivo.
Nella società semplice non vi è l’iscrizione nella sezione ordinaria, al massimo nella sezione speciale. Nella
società di persone l’iscrizione ha funzione di mera pubblicità notizia. Se dovesse mancare, la società è
irregolare, ma viene comunque ad esistenza. Nella società di capitali la pubblicità ha funzione costitutiva, la
società non esiste se prima non viene iscritta.
Il legislatore accetta l’esistenza di una società (di persone) irregolare, anche se adotta un atteggiamento
non proprio favorevole. 2297 mancata registrazione: i rapporti tra società e terzi sono regolati dalle
disposizioni relative alla società semplice. Si presume che ciascun socio abbia la rappresentanza sociale,
anche in giudizio. I patti che attribuiscono la rappresentanza ad un solo socio o che limitano i poteri di
rappresentanza non sono opponibili ai terzi
I conferimenti: apporti dei soci per fornire la società del patrimonio necessario per perseguire lo scopo
sociale. Essi vanno a costituire anche quello che definiamo capitale sociale. Quali sono i beni che possono
essere oggetto di conferimenti? Beni o servizi, risponde il legislatore. Servizi: opera personale del socio, cd.
conferimento d’opera o lavoro; tale conferimento è possibile solo nelle società di persone, non di capitali.
Al lavoro bisogna dare una valutazione economica e dandola la imputiamo a capitale. Ciò nella società di
capitali non è possibile, perché serve un bene tangibile. Conferimento di beni: possono essere conferiti tutti
i beni suscettibili di valutazione economica. E infine conferimenti in natura, che comporta un problema di
valutazione Nelle società di persone il legislatore lascia le persone libere in merito ai conferimenti, nelle
società di capitali ci sono regole più rigide per quel che riguarda la valutazione economica dei conferimenti.
Questo perché nella società di persone vige la responsabilità illimitata e solidale dei soci, nella società di
capitali no, quindi la struttura deve essere più rigida. Per quel che riguarda i conferimenti in natura, il bene
che prima era del socio, al momento del conferimento il bene passa in proprietà della società. Ma il
conferimento di beni può essere fatto anche in godimento. Oggetto del conferimento non è il passaggio di
proprietà, ma l’utilizzo che quel socio conferisce per un certo periodo di tempo; il valore di tale
conferimento sarà il valore che ad esempio può avere la locazione sul mercato del bene per un tot di
tempo. Il valore dell’uso del bene per tot anni è la quota di conferimento, alla fine dei 5 anni ad esempio, il
bene torna in proprietà del socio, che RIMANE socio. Possono essere conferiti anche crediti verso terzi
(analogia con la cessione del credito). Si pongono due problemi, cioè la valutazione del credito e la possibile
insolvenza del debitore. Si tratta di un credito pro solvendo o pro soluto? Pro solvendo, perché il cedente
risponde della solvenza del credito. Il problema principale è infatti la tutela dei creditori.
Art 2253: tutti sono obbligati ad effettuare conferimenti, se non sono determinati tutti i soci devono
conferire in parti uguali tra loro quanto necessario. Art 2254: garanzia e rischi dei conferimenti la
garanzia dovuta dal socio è quella per evizione e vizi, inoltre il rischio di perimento grava sulla società solo
quando passa in proprietà alla società, cioè quando viene effettuato il conferimento. Comma 2: il rischio
delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha conferite e la garanzia per il godimento è
regolata dalla norme sulla locazione.
RESPONSABILITA’ DEI SOCI: i soci sono responsabili solidalmente (il creditore potrebbe pretendere il
pagamento dell’intero e sarà poi il socio tramite azione di regresso a ottenere la quota che gli spetta) e
illimitatamente.
SOCIETA’ SEMPLICE:
Il creditore prima di rivolgersi a un socio può farlo direttamente nei confronti della società? Art 2668: Il
socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione,
la preventiva escussione (se il socio ha il beneficio che può pretendere prima l’escussione della società e
quindi del debitore principale) del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa
agevolmente soddisfarsi. (beneficio di escussione attenuato).
Si può fare un patto di esenzione per limitare la responsabilità di alcuni soci? Art. 2667: I
creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale Per le obbligazioni
sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della
società, salvo patto contrario, gli altri soci. (patto che esoneri da responsabilità verso i terzi è possibile, ma
può esonerare solo colore che non agiscono per conto della società e quindi non hanno a che fare con i
terzi).
Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della
responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto
conoscenza.
Il socio è protetto fino a un certo punto (beneficio di escussione attenuato: il legislatore per penalizzare i
soci che non si sono iscritti al registro delle imprese gli applica la disciplina della società semplice) e, in
realtà, la responsabilità può essere limitata solo in relazione a coloro che agiscono.
SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO: Può rivolgersi il creditore direttamente al socio? Qui abbiamo un
beneficio di escussione pieno.
Art 2304: I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai
singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale. In cosa consiste questa escussione? Qual è il
grado di tentativo che deve fare il creditore sul patrimonio sociale per poi rivolgersi alla società?
Si può fare un patto di esenzione per limitare la responsabilità di alcuni soci?
Art. 2291: Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per
le obbligazioni sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.
Patto leonino: patto interno tra i soci ma estremo. Art 2265: È nullo il patto con il quale uno o più soci
sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
Se io subentro in una società come NUOVO SOCIO, nei confronti di quali debiti rispondo? debiti futuri o
debiti passati?
Art. 2269: Chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni
sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio.
Se sono un SOCIO USCENTE di una società rispondo di quali debiti?
Art. 2290: Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono
responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento. (società
semplice)
Lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza non
è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato.
Art. 2300: Gli amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni all'ufficio del registro delle
imprese l'iscrizione delle modificazioni dell'atto costitutivo e degli altri fatti relativi alla società, dei quali è
obbligatoria l'iscrizione.
Se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da deliberazione dei soci, questa deve essere depositata in
copia autentica. (società in nome collettivo).
Il creditore personale del socio, invece, potrebbe rivalersi sul patrimonio sociale? Per comprendere tale
situazione occorre parlare di autonomia patrimoniale; le società di capitali hanno autonomia patrimoniale
perfetta, società e soci sono assolutamente divisi, tra i patrimoni vi è una separazione netta. Nella società di
persone invece vi è autonomia patrimoniale imperfetta, cioè i due patrimoni non sono nettamente divisi.
Sappiamo infatti che i creditori sociali possono rivalersi per le obbligazioni sociali anche sul patrimonio dei
singoli soci, invece al contrario? La risposta è negativa. Il legislatore ha dovuto fare una scelta relativa alla
possibilità di garantire una maggiore tutela ai creditori commerciali, che sono quelli della società, o ai
creditori personali dei soci, che nascono per esigenze personali. Il piatto pende dal lato dei creditori
commerciali, anche per l’esigenza di garantire il buon funzionamento del mercali.
I creditori personali del socio possono rifarsi sugli utili della società e possono porre in essere atti
conservativi, relativamente alla quota del socio, non sul patrimonio sociale. Potrebbero chiedere la
liquidazione della quota del socio per rifarsi su essa? Ciò porterebbe ad una depauperazione del patrimonio
e una conseguente diminuzione della tutela dei creditori sociali. Il legislatore detta una disciplina diversa
per la ss e la snc, perché quest’ultima è una società commerciale per la maggior parte ed opera sul
mercato, quindi si manifesta sempre l’esigenza di garantire il buon funzionamento di quest’ultimo.
Art 2270: il primo comma enuncia una regola generale che vale sia per la ss, che per la snc. Comma 2: il
legislatore consente che la ss liquidi la quota di partecipazione del socio, se gli altri beni del debitore sono
ovviamente insufficienti a soddisfare i suoi crediti. Art 2305: disciplina che vale per la snc il creditore
particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione di quota del socio debitore. Se
i soci prorogano la società il creditore personale del socio debitore può richiedere la liquidazione
Le decisioni dei soci (diverse dalle decisioni degli amministratori; i soci vengono chiamati a partecipare alle
delibere più importanti della società, mentre la gestione quotidiana spetta agli amministratori): la legge,
tenendo conto delle dimensioni limitate delle società di persone, non prevede un’assemblea dei soci. Per
cui si ritiene che la decisione può essere adottata anche al di fuori del metodo assembleare, quindi lascia ai
soci libertà sulle modalità di decisione. Se invece è previsto dallo statuto bisognerà rispettare il metodo
assembleare.
Modalità di voto dei soci: teniamo presente che nelle società di capitali la regola unica, certa e inderogabile
è la maggioranza, il legislatore non richiede l’unanimità per ragioni di efficienza, nonostante l’unanimità
garantisca di più tutti. Nelle società di persone invece è prevista l’unanimità per alcune decisioni e per altre
la maggioranza, in quest’ultimo caso ci si chiede quale sia il criterio per calcolare la maggioranza, dato che
ne esistono di diversi. Nelle società di capitali la maggioranza è sempre di capitale, si vota in base alle azioni
sociali possedute. Nelle società di persone da più rilievo alle persone dei soci, quindi alcune volte prevede
una maggioranza per teste, altre per quote, altre ancora per partecipazione agli utili o alle perdite. Di solito
le modalità sono espresse dalle norme, talvolta invece non lo fa e quindi dobbiamo comprenderlo in via
interpretativa. Il caso più importante di delibere demandate ai soci è quello relativo alle modifiche dell’atto
costitutivo (o statuto), si tratta ovviamente di una decisione importante che non può essere presa solo dagli
amministratori ed è quindi necessario che partecipino tutti i soci. Art 2252: regola che vale sia per la ss che
per la snc. Il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di TUTTI i soci, salvo non sia
convenuto diversamente; i soci potrebbero quindi stabilire, nello statuto, di decidere a maggioranza. Nella
società semplice l’opponibilità ai terzi dipende
Nella snc è necessaria l’iscrizione dell’atto modificativo nel registro delle imprese per renderlo opponibile ai
terzi. Se non viene registrato di regola non è opponibile ai terzi, ma si può dimostrare che i terzi ne erano a
conoscenza.
AMMINISTRAZIONE: Nella società di persone gli amministratori devono essere soci (si tratta di una società
di piccole dimensioni, vi è l’intuitus personae, quindi è anche giusto che non solo l’amministratore sia una
persona di fiducia, ma che rischi anche lui). Nella società di persone vige il principio del potere-rischio il
fatto che chi amministri rischi personalmente diviene principio di buona amministrazione, sicuramente le
decisioni saranno più ponderate. Il legislatore stabilisce anche che tutti i soci sono anche amministratori,
ma ovviamente si tratta di una norma dispositiva, infatti di solito quando vi sono più soci vengono
individuate delle persone che gestiranno la società. Amministrare implica l’adozione di decisioni in merito
alla vita dell’impresa; può trattarsi di decisioni che esauriscono la loro portata all’interno dell’azienda, ma vi
sono anche decisioni che implicano rapporti con i terzi, caratterizzate da un momento esecutivo esterno
alla società. Occorre quindi che qualcuno abbia anche il potere di rappresentanza della società; nel silenzio
dello statuto, tutti gli amministratori hanno potere di rappresentanza. Nel caso in cui vi siano più
amministratori dobbiamo chiederci secondo quali modalità vengono adattate le decisioni che riguardano i
rapporti con i terzi. il legislatore prevede varie possibilità: il modello dell’amministrazione disgiuntiva,
quello dell’amministrazione congiuntiva e da anche possibilità che attraverso l’autonomia statutaria
vengano previsti altri modelli. Facciamo l’ipotesi che in una società ci siano 3 amministratori, come
adottano le decisioni?
Amministrazione disgiuntiva: ciascun amministratore può da solo decidere e porre in essere gli atti senza
bisogno di consultare gli altri e senza il loro consenso. Si tratta sicuramente di una forma molto efficiente e
rapida, meccanismo ispirato all’efficienza e rapidità delle decisioni, i soci sceglieranno questa forma quando
vi è grande fiducia tra loro. Questo meccanismo presenta qualche pericolo, perché un amministratore da
solo potrebbe compiere qualsiasi atto, anche danno; il legislatore ha previsto un temperamento, cioè gli
altri amministratori hanno diritto di veto, possono paralizzare l’atto prima che sia compiuto. Se l’atto viene
compiuto ormai è fatto e si pone solo il problema della responsabilità dell’amministratore nei confronti
della società. Vengono chiamati a decidere tutti i soci. Può essere prevista la forma di amministrazione
opposta.
Amministrazione congiuntiva il singolo non può da solo adottare decisioni, tutti gli amministratori
devono essere consultati e decidere; meccanismo ispirato alla massima garanzia, non è però un
meccanismo efficiente, perché occorre il consenso di tutti. Anche qui il legislatore ha previsto un
temperamento: in caso di un atto urgente, che se non compiuto si arrecherebbe un grande danno alla
società, può essere compiuto dal singolo socio.
I soci nell’atto costitutivo pertanto effettuano una scelta molto importante, decidono se preferire
l’efficienza o la sicurezza. Inoltre il legislatore afferma che i soci possono stabilire diversamente, m anon
dice nient’altro. La prassi magari ci indica delle alternative: l’amministratore unico, gli amministratori
decidono a maggioranza, oppure possono scegliere un sistema misto. Il legislatore lascia abbastanza liberi i
soci e non impone un regime particolare. Il legislatore stabilisce che se i soci non prevedono un altro
regime, quello previsto è l’amministrazione disgiuntiva. In merito all’amministrazione disgiuntiva ciascun
socio ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta. La
maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide
sull’opposizione.
Art 2258: amministrazione congiuntiva implica l’unanimità di tutti gli amministratori, ma il legislatore da, da
un lato, la possibilità per i singoli amministratori di adottare l’atto in caso di urgenza e dall’altro di
prevedere che gli amministratori per determinati atti decidano a maggioranza.
La nomina dell’amministratore viene effettuata da tutti i soci all’unanimità,
SCIOGLIMENTO: si può trattare dell’ipotesi in cui si sciolga l’intera società, che va quindi in liquidazione (si
giunge al termine previsto o i soci decidono di scioglierla); potrebbe sciogliersi il singolo rapporto con un
solo socio, posto che la società continua ad operare; fenomeno che normalmente si definisce cessazione
del rapporto con il singolo socio. Tre cause sono disciplinate dalla legge, l’ultimo possiamo ricavarlo dai
principi generali, ovvero la cd. cessione della quota.
Art 2284: morte del socio; le società di persone sono fondate sul cd. intuitus personae (c’è un rapporto di
fiducia tra i soci, si conoscono tra loro etc..), da ciò comprendiamo il perché la quota del socio non va
automaticamente agli eredi (diversamente da quanto accade nella spa in cui la partecipazione è
spersonalizzata). Il legislatore stabilisce una regola derogabile dallo statuto, ma se lo statuto non detta
regola particolare si applica la norma generale di legge; si rimanda alla volontà die soci superstiti, che
devono essere più di uno, perché se la società era fondata da due soci e entro sei mesi non si ristabilisce la
pluralità dei soci, la società va in liquidazione. Il legislatore da ai soci superstiti tre alternative:
1) liquidare la quota agli eredi: gli eredi non diverranno soci e riceveranno la liquidazione della quota del de
cuius; in particolare una somma di denaro pari alla quota del defunto. I soci superstiti potrebbero fare
un’operazione di riduzione del capitale per effettuare tale rimborso.
2) liquidare la società: ciò accade quando ad esempio l’apporto personale del socio che è morto era molto
importante/fondamentale per l’attività sociale o anche perché l’apporto di questo era così grande liquidare
la sua quota significherebbe depauperare il patrimonio sociale. Quindi i soci metteranno in liquidazione la
società e anche in questo caso gli eredi avranno diritto alla liquidazione della quota, che però è una
liquidazione reale, quindi gli eredi, come tutti gli altri soci, dovranno aspettare che avvenga.
3) proposta agli eredi di subentrare al posto del socio defunto: non vi sarà alcuna liquidazione, ma gli eredi
subentrano al posto del socio defunto. Ovviamente possono proporre, non obbligare; occorre infatti che ci
sia il consenso degli eredi a subentrare. Questo perché gli eredi subentrano in una posizione di soci a
responsabilità illimitata e rispondono delle obbligazioni precedenti e future.
Quale può essere la disposizione differente prevista dallo statuto? La prassi ci propone moltissime
alternative; una clausola nota è quella per la quale i soci superstiti sono obbligati a proporre agli eredi di
continuare. La giurisprudenza ha sempre ritenuto legittime tali clausole, ma ritenuto nulle quelle che
vincolano gli eredi a subentrare, sempre perché non si possono obbligare gli eredi ad assumere una
posizione a responsabilità illimitata.
Art 2286: Esclusione del socio. Un socio non può essere liberamente escluso dalla società, vi sono dei casi e
delle situazioni particolari che consentono l’esclusione del socio. Il legislatore prevede due ipotesi diverse:
esclusione automatica o di diritto, prevista direttamente dalla legge 1) fallimento del socio per questioni
che attengono ad un’attività commerciale che è esercitata dal socio per conto proprio; art 2288 che è in
vigore fino al 31 agosto 2021, in attesa che entri in vigore il nuovo codice della crisi e dell’impresa. 2) il
creditore particolare del socio ha ottenuto la liquidazione della quota.
Tutte le altre ipotesi implicano la volontà degli altri soci in presenza di determinate circostanze, considerate
dal legislatore cause di esclusione, di fronte alle quali i soci possono decidere o meno di escluderlo. In caso
di interdizione, inabilitazione o la sua condanna ad una pena che importa l’interdizione anche temporanea
dai pubblici uffici. Il socio che ha conferito nella società la propria opera o il godimento di una cosa può
essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita o per il perimento della cosa
dovuto a causa non imputabile agli amministratori. Il socio obbligato con il conferimento a trasferire la
proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la proprietà si acquistata dalla società.
Art 2287: procedimento di esclusione l’esclusione è deliberata dalla maggioranza; il legislatore non
specifica però che tipo di maggioranza. Il socio può fare opposizione davanti al giudice, la quale può
chiedere di sospendere l’esclusione. Se i soci sono solo due ci si rivolge direttamente al tribunale, che
pronuncerà l’esclusione se lo ritiene opportuno.
Art 2285: Recesso; ipotesi contraria all’esclusione, perché è la volontà del singolo socio di sciogliere il
rapporto sociale. Il legislatore distingue tra società a tempo determinato o indeterminato (che possono
essere società rispetto alle quali non è stato indicato il termine o i soci hanno effettuato una proroga tacita,
scaduto il termine previsto). Per quel che riguarda le società a tempo determinato il socio può recedere
solo in presenza di una giusta causa. Ragionamento diverso ha fatto il legislatore in caso di società senza
scadenza o in proroga tacita: il socio non può restare vincolato per sempre alla società; in questo caso il
socio può liberamente recedere, ha solo l’obbligo di conferire alla società un congruo preavviso.
C’è una quarta ipotesi di scioglimento del rapporto sociale non disciplinata dal legislatore: la cessione di
quota, cioè il socio esce perché vende la propria quota ad un altro soggetto. Non sappiamo però quali siano
le modalità, le regole e così via. È necessario il consenso si tutti gli altri soci e si applica la disciplina prevista
per le modifiche dell’atto costituivo. La cessione della quota per poter essere opposta ai terzi devi essere
portata a conoscenza di questi con mezzi idonei, in caso di ss; se si tratta si snc allora è necessaria la
registrazione.
Art 2289: Quantificazione della quota questa quota che deve essere data ai soci che sciolgono il
rapporto sociale o ai suoi eredi come viene quantificata? Si valuta in base al patrimonio sociale al momento
in cui si verifica la causa di cessazione del rapporto ( si prende la società, se ne fa una valutazione e in base
a quello si attribuisce una somma in denaro corrispondente alla quota).
LIQUIDAZIONE DELLA SOCIETA’: si è verificata una causa di cessazione della società, come la scadenza del
termine previsto dal contratto sociale, oppure può esser venuta meno la pluralità dei soci. Una volta che si
verifica una causa di scioglimento della società non cessano immediatamente tutti i rapporti, ma la società
entra in liquidazione. Si tratta di una fase nuova in cui cesseranno gli amministratori e verranno nominate
figure nuove, i liquidatori, che adempiranno alla liquidazione pagando i creditori e l’eventuale esubero
verrà utilizzato per rimborsare ai soci le quote. La cancellazione dal registro avverrà quando sarà
completata tale procedura.
SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE
Società che per certi versi sta a cavallo sta la società di persone e quelle di capitali. Vi sono due categorie di
soci, gli accomandatari che sono a responsabilità illimitata e gli accomandanti che rispondono solo in
funzione del capitale investito. La maggior parte degli articoli del codice civile sono dedicate alla posizione
degli accomandanti, perché una figura nuova che non ha niente a che vedere con i soci della società
semplice o in nome collettivo. Si fa poi rinvio all’art 2315 per lo più per quel che riguarda i soci
accomandatari. Un carattere tipologico è che la società può essere amministrata solo dai soci
accomandatari, proprio perché sono gli unici che rischiano anche personalmente. Si applicano tutte le
regole della snc (amministrazione congiuntiva e disgiuntiva, esclusione del socio, ecc…).
Art 2320: posizione dell’accomandante. In primo luogo è sancito il divieto di immistione: il socio
accomandante non può intromettersi nelle decisioni amministrative della società, né compiere atti con i
terzi in nome della società. La violazione di tale divieto è duramente sanzionata con la perdita del beneficio
di responsabilità limitata per tutte le obbligazioni sociali. Non diviene accomandatario, diviene solo
illimitatamente responsabile per tutte le obbligazioni, presenti e future; può anche essere escluso dagli altri
soci. Gli accomandatari possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori, che
possono rilasciare agli accomandanti una procura speciale per il singolo atto. Se gli amministratori
rilasciassero una procura generale il divieto sarebbe comunque violato. All’interno della società possono
prestare la loro opera in posizione subordinata rispetto agli amministratori e se l’atto costitutivo lo prevede
possono dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni.
Si pone inoltre il problema del controllo, a maggior ragione perché gli accomandanti sono naturalmente
non amministratori. Il legislatore affronta in maniera molto sintetica la questione affermando che gli
accomandanti possono compiere atti di ispezione e sorveglianza, ma senza entrare nel dettaglio della
disciplina; non c’è una tesi certa, potremmo dire che tali atti possono essere compiuti periodicamente solo
se l’atto costitutivo lo consente.
Art 2319: nomina e revoca degli amministratori. Per la nomina possiamo rinvenire un sistema misto: gli
accomandatari devono essere tutti d’accordo, mentre per gli accomandanti è richiesta la maggioranza
calcolata sulle quote di capitale. Contano ovviamente di più gli accomandatari, mente gli accomandanti
“pesano” meno.
Art 2322: Trasferimento della partecipazione. Nella snc è subordinato al consenso di tutti i soci; anche qui è
necessario il consenso di tutti per quel che riguarda la cessione della partecipazione dell’accomandatario,
mentre la cessione della partecipazione dell’accomandante è soggetta a regole particolari, dato che si
configura come un socio di capitale. In caso di morte del socio si applica la regola per cui la quota
dell’accomandante è trasmissibile; in caso di trasferimento inter vivos è richiesto il consenso dei soci che
rappresentano la maggioranza del capitale sociale.
Cause di scioglimento: è necessario che ci sia sempre almeno un accomandante e un accomandatario
Art 2317: società in accomandita semplice irregolare. Si tratta di una società non iscritta nel registro delle
imprese, per cui ai rapporti tra la società e i terzi si applicano le diposizioni previste dall’art 2297 , ovvero
quelle stesse norme penalizzanti che si applicano alla snc irregolare; tuttavia il legislatore prevede che per
le obbligazioni sociali, in ogni caso, gli accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota salvo che
abbiano partecipato alle operazioni sociali (richiamo al divieto di immistione)
Società di capitali il legislatore non ha previsto una disciplina unica per la società di capitali, ma ha
previsto discipline specifiche per ogni tipologia di società; discipline tendenzialmente autosufficienti.
Iniziamo analizzando la disciplina della società per azioni, che è pensata dal legislatore per le imprese di
grandi dimensioni, mentre per le imprese più piccole ha configurato la disciplina della srl.
SOCIETA’ PER AZIONI: la caratteristica fondamentale è che il capitale è diviso in azioni, cioè la quota del
socio è composta da una serie di azioni, costituite da titoli di credito destinati a circolare. Pensata per un
azionariato ampio e variabile. La partecipazione sociale, tendenzialmente, è incorporata in un titolo di
credito proprio per farla circolare liberamente e senza vincoli particolari. La disciplina sta nel codice civile, al
quale però si unisce il TUF (testo unico della finanza o detto testo Draghi), che detta regole speciale per le
società quotate in borsa. Il codice civile detta una serie di norme che valgono per TUTTE le società per
azioni, sono le regole di base, però dobbiamo acquisire una fondamentale distinzione; se le società
superano una certa dimensione dal punto di vista dell’azionariato il legislatore detta delle regole specifiche
per queste società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Può anche essere che esse siano
addirittura quotate in borsa (luogo in cui si scambiano titoli azionari), per le quali vi sono regole particolari
che o si aggiungono al codice civile o le derogano e sono contenute nel TUF. Vi sono tre possibilità quindi:
società per azioni di piccole dimensioni che non ricorrono al mercato di capitali di rischio, società con azioni
diffuse tra il pubblico in misura rilevante (società con un numero elevato di soci, normalmente si dice 100),
società quotate in borsa.
Art 2325: Responsabilità. Per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio. Qualora si
tratti di società con unico socio i conferimenti devono essere stati effettuati interamente e nel registro delle
imprese deve risultare la presenza di unico socio, altrimenti risponde illimitatamente con tutto il suo
patrimonio.
Art 2325 bis: Società che fanno ricorso al capitale di rischio.
Art 2326: La denominazione sociale deve contenere l’indicazione spa
Art 2327: Ammontare del capitale sociale. Non essendoci responsabilità personale dei soci il legislatore
stabilisce una capitale sociale minimo di cinquantamila euro. Per la stessa ragione il legislatore circonda di
particolari cautele il capitale sociale.
COSTITUZIONE SPA: è articolata in diverse fasi, trattandosi di un soggetto complesso e che è coperto di
cautele. Esistono due modalità di costituzione: costituzione simultanea e costituzione per pubblica
sottoscrizione. Nella costituzione simultanea tutto avviene simultaneamente, i soci si recano dal notaio tutti
insieme e, con atto pubblico, costituiscono la società. La costituzione per pubblica sottoscrizione è destinata
per quelle società più grandi, con tanti soci, che non possono quindi recarsi insieme dal notaio. In questo
procedimento vi sono i soci promotori che iniziano a ricercare le adesioni; il notaio quindi interverrà alla
fine di questa pubblica sottoscrizione e quindi l’atto costitutivo sarà quello redatto dal notaio che ha tenuto
conto di tutte queste sottoscrizioni.
Atto costitutivo: il legislatore è molto dettagliato per quel che riguarda il contenuto dell’atto
Deposito è iscrizione nel registro delle imprese: le società di capitali nascono con la sua iscrizione presso il
registro delle imprese; la società di fatto per il mondo del dritto non esiste.
Esistono due problemi: il primo è quello relativo agli atti compiuti prima dell’iscrizione nel registro delle
imprese, in un momento in cui la società non esiste ancora. Cosa succede se la società viene
successivamente iscritta? E viceversa cosa avviene se essa non viene iscritta, cioè nel caso in cui venga
rifiutata? Viene di solito chiamato problema della pre-società. Seconda questione riguarda la nullità della
società.
Art 2328: Atto costitutivo. Ci da indicazioni relativamente al contenuto di esso. Può essere costituita con
contratto o atto unilaterale, in caso di società con unico socio. Segue poi un elenco relativo ai requisiti di
contenuto dell’atto costitutivo. Abbiamo due documenti congiunti cioè atto costitutivo e statuto che
contiene le regole di funzionamento della società; mentre le società di persone sono il regno
dell’autonomia privata, nella spa sono poche le regole derogabili.
Art 2330: deposito dell’atto costitutivo e iscrizione della società. Il notaio è obbligato al deposito entro dieci
giorni, anche se al giorno d’oggi avviene in via telematica. L’ufficio del registro delle imprese. Appena riceve
il deposito dell’atto, deve provvede all’iscrizione. In realtà però si deve verificare la regolarità formale della
documentazione e per questo potrebbe volerci tempo, per cui l’iscrizione può non avvenire
contestualmente al deposito.
Art 2331: Effetti iscrizione. Con l’iscrizione nel registro la società acquista personalità giuridica. Si tratta di
personalità giuridica piena, mentre per le società di persone parliamo di una personalità giuridica
attenuata. Il primo problema di cui abbiamo parlato si trova nei commi successivi di tali articoli, cioè gli atti
posti in essere prima dell’iscrizione della società nel registro delle imprese, i cd. atti preparatori (un
esempio può essere il pagamento del notaio)non sono responsabili tutti i soci, sono illimitatamente e
solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito. Qui c’è un principio simile a quello presente
nei comitati o associazioni non riconosciute. Sono altresì illimitatamente e solidalmente responsabili anche
coloro che hanno deciso l’operazione, poiché hanno contribuito all’operazione pur non avendola
personalmente compiuta. Sono privi di responsabilità coloro che non hanno compiuto né deciso l’atto. Se la
società, per un qualche motivo, non viene iscritta allora vale solo questo prima comma. Se la società viene
invece iscritta, essa risponderà delle obbligazioni precedentemente assunte soltanto se le fa proprie; se le
obbligazioni passassero automaticamente qualsiasi socio sarebbe tentato di compiere atti sbagliati o
rischiosi, perché tanto ne risponderà la società. Se la società riconosce l’atto, a risponderne sarà solo
questa? È tenuta a rilevare coloro che hanno agito l’impressione che rileviamo da questa norma è che òa
responsabilità della società si aggiunge a quella del socio, il quale, qualora venisse chiamato a rispondere
delle obbligazioni assunte, può effettuare azione di ripetizione nei confronti della società. 4 comma: prima
dell’iscrizione i soci devono versare il 25% dei conferimenti presso una banca designata dai fondatori. Nel
caso in cui la società viene iscritta tali fondi vengono consegnati agli amministratori che devono dimostrare
l’avvenuta iscrizione. Se la società non viene iscritta entro il termine massimo di 90 giorni, tali somme
dovrebbero essere restituite ai sottoscrittori e l’atto costitutivo perde efficacia. Prima dell’iscrizione
ovviamente le azioni non possono essere emesse.
Art 2332: Nullità società. Problema dell’eventuale invalidità dell’atto costitutivo, che è sostanzialmente il
contratto di società. Essendo un contratto è sottoposto al regime dell’invalidità secondo la disciplina
generale dei contratti. In relazione ad una società già iscritta emerge però l’esigenza di salvaguardare anche
la stabilità del mercato. Il legislatore per le società di capitali ha trovato una disciplina particolare, che
restringe i casi di invalidità. L’annullabilità è totalmente assente in tale regime, invece la nullità è dettata
per casi particolari assolutamente determinati, in tutte le altre ipotesi non può essere dichiarata. Si tratta
inoltre di casi inverosimili, che molto difficilmente si verificano: 1)mancata stipulazione dell’atto pubblico;
2)illiceità dell’oggetto sociale; 3)mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, i conferimenti, il capitale, l’oggetto sociale. Inoltre tale nullità lascia salvi gli
atti già compiuti e non comporta la cessazione immediata della società, ma sono la circostanza per cui essa
va in liquidazione. I soci non sono infatti liberati dall’obbligo di conferimenti finché non vengono liberati i
creditori sociali. La nullità è sanabile, cioè prima che essa venga dichiarata può essere eliminata la causa di
nullità. Deduzione a monte del collega genio: questa disciplina vale solo per le società iscritte, mentre se la
nullità coinvolge il contratto di società prima della sua iscrizione allora si applica la disciplina generale dei
contratti.
Art 2333: costituzione per pubblica sottoscrizione, che è anche quella nata storicamente per prima.
PATTI PARASOCIALI: contratti tra i soci che stabiliscono come i soci si devono comportare,
contengono una penale per colui che viola il patto. Non coinvolgono tutti i soci, ma solo quelli che li hanno
sottoscritto. Sono accordi paralleli alla società. Essendo un istituto nato dalla prassi, presentano una varietà
infinita nella realtà e fino al 2004 non erano disciplinati. Successivamente il legislatore ha compreso che in
qualche modo influiscono sulla vita della società, quindi almeno dal lato della trasparenza è necessario che
siano regolati. Ha dettato una disciplina graduata rispetto alle società che non fanno ricorso al capitale di
rischio, quelle che vi fanno ricorso e le società quotate. La disciplina base è dettata all’art 2341, nel Ter c’è
la disciplina aggiuntiva per l società che fanno ricorso al capitale di rischio, mentre quella delle società
quotate è presente nel Tuf.
Art 2341-bis: in una prima parte della norma il legislatore recepisce le figure di patto più diffuse nella
realtà:
a) sindacati che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le
controllano i soci si accordano su cosa votare in assemblea
b) sindacati che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni. È, ad esempio, un patto con cui si
stabilisce che non si dovrebbero vendere le azioni o che prima devono essere presentate agli altri soci. Se
prevedono limiti al trasferimento delle azioni rientrano in questa tipologia.
c) esercizio congiunto di un’influenza dominante su tali società: accordi tra soci che possono influire
fortemente sulle decisioni di gestione della società. Intendiamola come una norma molto aperta.
È importante che il mercato e gli investitori sappiano di tale patto che sta alla base dell’assetto del governo
della società? Il legislatore ha fatto un’analisi di tipo riduttivo, perché le esigenze di trasparenza e pubblicità
sono minime. Nella lettera c il legislatore risponde a questa esigenza (avrebbe dovuto formare un comma a
parte) I patti non possono avere durata superiore a 5 anni, se viene prevista una durata superiore si
riduce comunque a 5 anni; sono però rinnovabili. Non si pone un problema di pubblicità.
Per quel che riguarda le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio vi è una previsione
aggiuntiva nel 2341-ter: esigenza di pubblicità, che consiste nel fatto che i soci devono dichiarare l’esistenza
del patto parasociale alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea, così che gli altri soci possano
venirne a conoscenza e anche i terzi, dato che viene iscritto anche nel registro delle imprese. Nel caso in cui
i soci vogliano mantenerlo segreto e venga successivamente scoperta l’esistenza del patto parasociale che
non è stato dichiarato è prevista una sanzione pesante i soci non possono votare in assemblea e se lo
avessero esercitato, la delibera assembleare, adottata con quel voto determinante, è impugnabile. Tale
sanzione vale a tempo indeterminato? Costa ritiene che valga solo per la prima assemblea, dato che poi il
patto verrebbe registrato.
Se il patto viene scoperto prima dell’assemblea i soci non votano; se viene scoperto dopo e la deliberazione
è stata adottata con il voto determinante del socio allora è annullabile. Es. di voto determinante: si devono
eleggere gli amministratori, i soci che hanno stipulato il patto hanno il 30% dei voti e si vota a maggioranza;
in questo caso la delibera è determinante. Se la delibera fosse stata adottata anche senza il loro voto allora
non è impugnabile. Si tratta della cd. prova di resistenza: analisi che si fa per verificare se il voto di quei soci
è stato determinante o meno; si verifica se la delibera resiste ugualmente anche sottraendo il loro voto
Il Tuf è un testo che non riguarda solo le società quotate, ma anche ad esempio la disciplina dei mercati, la
disciplina degli intermediari; si tratta di un testo molto complesso di cui noi esaminiamo per il momento
solo la parte dedicata alla società quotate. Le norme del tuf sono formulate all’inglese o americana, cioè
sono norme molto dettagliate
Art 122 Tuf: esigenza massima di trasparenza. Quindi i patti, aventi per oggetto i sindacati di voto (il
legislatore fa espresso riferimento ai sindacati di voto, ma tali regole vengono estese a tutti gli altri), entro
cinque giorni devono essere comunicati alla Consob (organo di controllo delle società quotate) pubblicati
per estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il registro delle imprese in modo che tutti i terzi ne
siano a conoscenza e ovviamente devono essere anche comunicati alla società.
Comma 3: in caso di inosservanza di tali obblighi i patti sono nulli. Per quel che riguarda la delibera che
viene adottata con il voto determinate dei soci, essa è annullabile.
Comma 5: le regole si applicano anche agli altri patti: a) che istituiscono obblighi di preventiva
consultazione per l’esercizio del diritto di voto; b) pongono limiti al trasferimento; c) che prevedono
l’acquisto delle azioni; d) aventi per oggetto dell’esercizio congiunto di un’influenza dominante; d bis) volti
a conferire o contrastare il conseguimento degli obiettivi di un’OPA o di scambio. Es: dinnanzi ad un’opa
(offerta pubblica di acquisto) coloro che hanno il controllo stipulano un nuovo patto finalizzato a
contrastare la scalata di terzi, compiendo una serie di operazioni come un aumento di capitale, il
rastrellamento di nuove operazioni.
Art 123 Tuf: i patti parasociali, se a tempo determinato, non possono avere durata superiore a 3 anni (si
accorcia la durata prevista dal codice); questo perché il legislatore ritiene sia un valore importante la cd.
contendibilità del controllo della società, cioè ritiene che se c’è una certa concorrenza nel tentare di
occupare le cariche sociali principali, questa competizione in qualche modo agevola e garantisce la buona
gestione. Quando è più facile ribaltare l’assetto di comando, si spinge chi governa a comportarsi meglio; il
legislatore non vuole che il controllo sia pietrificato, ma preferisce la contendibilità. I patti possono essere
stipulati anche a tempo indeterminato, ma è prevista la possibilità di recesso, previo preavviso di 6 mesi
si tratta quasi di patti a libera uscita. Il legislatore non detta nessuna regola contenutistica dei patti, detta
solo due regole relative alla durata e pubblicità, poiché la determinazione del contenuto è interamente
lasciata all’autonomia privata delle parti, è un vero accordo di diritto privato; ad esempio spesso viene
stipulata una clausola penale. È ovviamente soggetto alle regole di diritto privato. Sono disciplinati solo in
quei profili che possono avere un influsso diretto sulla società; riguardo a ciò che avviene tra i soggetti che
l’hanno stipulato si rimanda al diritto privato
Se la delibera assembleare è annullata, quali sono le conseguenze degli atti posti in essere con i
terzi? i diritti acquistati dai terzi sono salvi se il terzo è in buona fede.
CONFERIMENTI S.P.A: apporti dei soci che vanno a costituire il capitale sociale. A differenza della società di
persone, il legislatore deve dettare regole che proteggano al massimo il capitale sociale perché è l’unica
garanzia dei creditori. Nelle società per azioni è assolutamente vietato il conferimento d’opera, ciò perché
non costituisce garanzia per il creditore. Nel caso in cui si voglia godere dell’opera professionale di un
soggetto è necessario che questo sia già socio perché ha conferito denaro o beni in natura imputati a
capitale e che vengano emesse a suo vantaggio le cd. azioni con prestazioni accessorie, ex art 2345 in
relazione alle quali devono essere conferite anche delle prestazioni particolari, al fronte delle quali spetterà
al socio un certo compenso.
Art 2342: conferimenti in denaro. La legge detta una disciplina particolarein sede di costituzione della
società non si deve versare tutta la somma del conferimento, ma solo il 25%, la restante parte si potrà
conferire successivamente. Si potrà disporre del capitale sociale solo quando la società verrà iscritta nel
registro delle imprese. Per la società unipersonale tale regola non vale, poiché il socio unico dovrà versare
tutto.
Art 2343: conferimenti in natura e di crediti. Si rimanda alle norme previste per la società di persone.
Ovviamente in questo caso non vale la regola del 25%.
Art 2344: socio moroso. Quando gli amministratori richiamano il residuo 75% e il socio è moroso perchè
non paga.
Per i beni in natura si pone il problema della valutazione. Nelle società di persone non ci sono particolari
regole su come valutare tali bene, è una situazione regolata nel rapporto tra i soci, i quali mettendosi
d’accordo stabiliscono il valore de bene, che verrà poi imputato a capitale. Ciò è connesso alla circostanza
della responsabilità illimitata dei soci. Qui il problema è diverso, perché l’unica garanzia dei creditori è
proprio il capitale sociale. La preoccupazione del legislatore è che i bene vengano sopravvalutati e si venga
ad annacquare il capitale sociale, cioè creiamo un fenomeno illusorio per i creditori. il legislatore si
intromette pesantemente sulla valutazione del bene in natura, prevedendo un apposito procedimento.
Innanzitutto occorre una perizia giurata di stima, che viene effettuata da un perito nominato dal tribunale.
Il legislatore prevede che una volta effettuato il conferimento gli amministratori sono obbligati a fare
un’ulteriore verifica, se la differenza tra le valutazioni è inferiore ad un quinto allora vi sarà tolleranza,
sennò nel caso in cui sia maggiore di un quinto il socio verrà chiamato dagli amministratori per conferire la
restante parte. I crediti vanno valutati al valore di realizzo, cioè al valore relativo a quanto si pensa di
realizzare tali crediti.
2343-ter: ci sono beni che hanno un valore obiettivo indipendentemente da una stima appositamente
effettuata, ad esempio le azioni quotate, la cui valutazione obiettava è data proprio dalla quotazione in
borsa o un bene che è stato oggetto di una precedente stima. Si tratta di casi in cui esiste un valore
obiettivo di quel bene, per cui non è necessaria una valutazione giudiziale.
2342-bis: acquisti da parte correlate, cioè ipotesi che la società acquisti dopo la costituzione da una parte
correlata, cioè da un amministratore, socio, fondatore, ecc… Acquista quindi il bene da un soggetto con cui
ha particolare legame, per questo si tratta di un’operazione che lascia qualche perplessità. Serve ad evitare
che venga furbamente aggirata la norma sui conferimenti. Ipotesi che in accordo tra i soci uno di essi voglia
conferire un bene che vale cento ad un valore di 200, così da gonfiare il capitale sociale. Il socio conferisce
denaro per 200, ma vende il bene che vale 100 alla società per 200, aggirando così la regola sui
conferimenti (riprende i 200 inizialmente conferiti, andando poi conferire il bene che valeva 100 per 200). Il
legislatore ha posto freno a tale problema affermando che l’acquisto entro due anni dalla costituzione deve
essere autorizzato dall’assemblea e occorre un procedimento di stima analogo a quello previsto per i
conferimenti
AZIONI: frazioni del captale sociale. Il valore delle azioni si può ottenere dividendo l’intero importo del
capitale sociale per il numero di azioni emesse. L’azione non è solo una frazione del capitale sociale che
rappresenta la quota di ciascuno, ma è anche un titolo di credito destinato alla circolazione. Il valore
nominale è ovviamente quello scritto sulle azioni e che corrisponde ad una frazione del capitale sociale; è
anche previsto dal codice che ci siano delle azioni senza valore nominale, anche se di fatto il valore c’è e si
può ottenere con una semplice frazione. Accanto a quello nominale dobbiamo tenere presente altri due
valori delle azioni; prima dobbiamo parlare della distinzione tra capitale e patrimonio sociale. Il primo è un
numero fisso che è corrisponde alla somma dei conferimenti originari dei soci e che poi verrà rappresentato
nelle azioni. Il patrimonio sociale invece non è un numero fisso, ma la consistenza reale della società; al
momento iniziale della società il valore di capitale e patrimonio coincidono. Se il capitale sociale resta fisso
in quel numero e per cambiarlo occorre un procedimento formale, il patrimonio sociale cambia in
continuazione, perché la società opera, realizza degli utili, che divengono riserve e così via; quindi il
patrimonio può crescere e divenire più elevato del capitale sociale. Può anche accadere il contrario, quindi
la società anziché accumulare utili, ha accumulato perdite e quindi il patrimonio è inferiore al capitale
sociale. Il capitale è una linea retta, il patrimonio è una sinusoidale che sale e scende al di sopra o al di sotto
del capitale sociale in relazione a come vadano gli affari. Nel caso in cui il patrimonio sia superiore al
capitale sociale l’azione non verrà venduta al suo valore nominale, ma in maniera accresciuta rispetto
all’accrescimento del patrimonio sociale, cioè al suo valore reale. Il valore dell’azione sarà maggiore. Nel
caso in cui la società abbia accumulato perdite e il patrimonio sia inferiore al patrimonio sociale,
quell’azione che ha valore nominale 10 avrà un valore reale minore. Le azioni hanno anche un valore di
mercato di borsa per le azioni quotate che è oscillante e sensibile ad una serie di altri fattori, che possono
anche prescindere dal valore reale, come l’oscillazione di offerta e domanda, l’imposizione di dazi e così via.
Se si tratta di azioni non quotate un valore di mercato ufficiale non c’è, mentre per azioni in borsa, chi
compra mediante gli intermediari finanziari, acquista al prezzo di borsa.
Le azioni danno al loro titolare diritti amministrativi, finalizzati a partecipare alla vita della società, nei limiti
previsti dalla legge, visto che la società è gestita dagli amministratori; hanno ad esempio diritto di voto, di
impugnare delibere invalide e così via. Attribuiscono anche diritti patrimoniali, cioè diritti a ricavare dalla
società un beneficio patrimoniale, come il diritto alla partecipazione agli utili o ad ottenere la liquidazione
della quota di partecipazione. L’azione ordinaria attribuisce sia diritti patrimoniali, che amministrativi. Il
codice prevede che possano essere emesse anche azioni speciali, che invece presentano delle particolarità
in relazione o ai diritti amministrativi o ai diritti patrimoniali. Es. azioni a voto limitato che consento al socio
di votare solo all’assemblea straordinaria e non ordinaria. Ci sono poi azioni privilegiate, cioè azioni che
danno ai titolari dei privilegi patrimoniali, per esempio il diritto ad ottenere una quota agli utili superiore o
che danno una limitazione delle perdite in sede di liquidazione; azioni che contemporaneamente
presentano limitazioni di voto e privilegi patrimoniali. Possono essere strumenti per incentivare le persone
a sottoscrivere le azioni. Sono previste delle assemblee speciali per queste categorie speciali di azioni.
Azioni di godimento: categoria speciale di azioni che sono legate al problema della riduzione di capitale.
Ci sono anche azioni che possono essere emesse esclusivamente dalle società quotate, cioè le azioni di
risparmio, che sono disciplinate infatti nel Tuf; sono azioni destinate agli investitori in borsa soggetti che
non vogliono gestire la società, ma che vogliono esclusivamente realizzare un guadagno. La caratteristica
fondamentale di queste azioni è che potrebbero essere totalmente prive del diritto di voto, ma avranno
invece diritti patrimoniali forti, decisi dalla società al momento dell’emissione, ad es. il fatto che in caso di
distribuzione degli utili a loro spetterà una percentuale maggiore rispetto agli altri soci. Anche per questa
categoria adi azioni è prevista un’assemblea speciale, unica assemblea cui potranno partecipare questi
azionisti. In quale modo potranno difendere i loro diritti? È previsto che possa essere nominato un
rappresentante che per conto degli azionisti di risparmio potrà partecipare all’assemblea generale della
società e potrà difendere gli interessi degli azionisti di risparmio, ad es. ha anche il diritto di impugnare le
delibere dell’assemblea generale dei soci nel caso in cui ledano i diritti degli azionisti di risparmio. Non è
detto che tutte le azioni di una società quotata abbiano lo stesso valore di borsa, ad es. le azioni ordinarie e
le azioni di risparmio possono avere valori di borsa diversi; in determinati giorno possono essere più
appetibili le azioni ordinarie, ad esempio a seguito di un’OPA e quindi verranno vendute anche ad un prezzo
superiore a quello di borsa.
CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI: la società per azioni nasce per società con azionariato ampio; l’azione è il
titolo di credito che attribuisce la qualità di socio ed è naturalmente destinata a circolare. (studiare bene
clausola di gradimento e clausola di prelazione). La circolazione in passato avveniva nella stessa maniera
per tutte le azioni, oggi dobbiamo fare due discorsi diversi a seconda che noi discutiamo di azioni di società
non quotate e di società quotate o comunque con azionariato diffuso. Il sistema previsto dal codice vale
quindi solo per le società non quotate: il codice prevede che le azioni possono essere nominative o al
portatore, ma successivamente è entrata in vigore una legge, che, per motivi fiscali, ha stabilito che tutte le
azioni devono essere nominative. Oggi vi è la sola eccezione delle azioni di risparmio per le società quotate
in borsa, che possono essere emesse anche al portatore. Premessa: perché fare tale distinzione? per le
azioni delle società non quotate l’azione è cartacea, esiste fisicamente l’azione o il titolo; non è lo stesso per
le società quotate, in cui le azioni sono dematerializzate, presso sistemi computerizzati.
Circolazione dei titoli ordinari: l’azione esiste fisicamente, il socio ha questo titolo cartaceo. L’azione si
trasferisce mediante girata, con una firma autografa apposta nel retro del titolo. Due particolarità: la girata
deve portare il nome del giratario, cioè del soggetto cui viene trasferito il titolo; la girata deve essere
autenticata o da un notaio o da una SIM(società di intermediazione immobiliare). Il soggetto che ha
acquisito il titolo mediante girata diviene il soggetto legittimato ad esercitare i diritti sociali. Per le azioni
nominali occorre una doppia intestazione, quella sul titolo (mediante girata) e nel libro soci, detenuto dalla
società. Si tratta di due operazioni con effetti e significati diversi la girata serve a trasferire l’azione;
l’iscrizione del libro soci serve al portatore del titolo per esercitare i diritti nei confronti della società.
Potrebbe verificarsi che l’acquirente non si iscriva al libro soci, ma trattiene per un periodo di tempo
l’azione e poi la gira a sua volta ad un altro soggetto; l’azione potrebbe circolare per 3-4 volte senza
richiedere l’iscrizione nel libro soci, verrà iscritta solo nel caso in cui si vorrà godere di diritti amministrativi
o patrimoniali. Il libro soci quindi non è sempre aggiornato, si aggiorna solo nel caso in cui un socio chieda
l’scrizione.
Circolazione delle azioni quotate: sono dematerializzate, sono annotate in un sistema monte titoli
pensiamo ad una piramide in cima alla quale vi è questa società Monte Titoli, in parte pubblica e creata per
gestire questo sistema. Sotto di essa vi sono gli intermediari finanziari, abilitati ad operare in borsa, come le
SIM e le banche, essi sono gli unici che possono operare con monte titoli. Alla base vi sono tutti gli
investitori. Il deposito (anche se informatico) avviene presso Monte Titoli, la scrittura contabile ce l’ha
l’intermediario finanziario, presso il quale ho un conto titoli; questo a sua volta ha un conto titoli presso
monte titoli, presso il quale vi saranno tutti i titoli dell’intermediario finanziario depositato dai suoi clienti. È
come se vi fossero due depositi. Devo vendere le mie azioni mediante la borsa, quindi comunico ad intesa
san paolo (intermediario) di vendere le mie azioni. Chi le compra? Ad esempio l’acquirente è un altro
cliente di intesa san paolo san paolo prende le azioni e le gira a favore dell’altro cliente a cui vengono
vendute; il suo conto non subisce reali modifiche. Facciamo l’esempio che invece le compri un cliente di
Unicredit san paolo prende le mie azioni e comunica al monte titoli di spostarle nel sottoconto di
Unicredit che effettuerà la girata a favore dell’acquirente; il conto san paolo diminuisce e per questo deve
comunicarlo a Monte Titoli.
Se voglio partecipare ad un’assemblea, in caso di società non quotata, il socio dovrà depositare le proprie
azioni o presso la società o presso una banca e poi gli amministratori aggiorneranno il libro soci. Con il
Monte Titoli si prevede che sarà l’intermediario finanziario che rilascerà al socio una certificazione che gli
permetterà di partecipare in assemblea.
OPERAZIONI SULLE PROPRIE AZIONI: art 2357 e seg + 132 TUF. Ipotesi in cui in cui la Fiat abbia della
liquidità da investire e acquisti azioni sul mercato della fiat, quindi acquista azioni di sé stessa. Il legislatore
guarda con un certo sospetto il cd. acquisto di azioni proprie, perché può di fatto comportare una diluizione
o svuotamento del capitale sociale. la fiat ha rimborsato il captale ad uno o più soci, mettendosi in
portafoglio delle azioni che di fatto non valgono nulla. Al fronte di un capitale di 100, i creditori troveranno
beni per 80, perché quei 20 sono azioni della società che sta andando male. Di fatto avremmo depauperato
il capitale sociale, rimborsando in maniera sommersa le azioni ad una parte dei soci. Qual è il
comportamento del legislatore nei confronti di queste operazioni? Il divieto assoluto è previsto solo per la
sottoscrizione delle proprie azioni. Per quel che riguarda l’acquisto il legislatore ha adottato un
atteggiamento più morbido, perché l’acquisto di proprie azioni da parte di società quotate può avere un
suo senso, per esempio se la società può sostenere in borsa i suoi titoli. Sostanzialmente il fatto che gli
amministratori siano soggetti posti al giudizio dei soci è una garanzia di buon funzionamento. Il legislatore
vuole evitare tutti quei meccanismi che li portano a svincolarsi dal giudizio dei soci e ad auto eleggersi. Gli
amministratori fiat acquistano un numero tale di azioni proprie tale da avere un ruolo determinante si
tratta di beni della società stessa, quindi per la società chi vota? Chi gestisce la società, quindi gli
amministratori. Quali pericoli si annidano quindi dietro l’acquisto di azioni proprie? Annacquamento del
capitale sociale e controllo su stessi da parte degli amministratori e quindi la perpetuazione degli
amministratori nella loro carica. Il legislatore sottopone la disciplina a restrizioni particolari.
Art 2357: il legislatore ha voluto consentire tale operazione, ma imponendo dei limiti. Una società che non
ha riserve, ma ha solo capitale non può acquistare azioni proprie. Per farlo la società deve avere utili
accantonati e può acquistare azioni solo nei limiti di tali utili accantonati. L’acquisto deve essere autorizzato
dall’assemblea, che ne deve stabilire le modalità, non può essere un’iniziativa dei soli amministratori. Le
azioni acquistate in violazione dei limiti precedenti devono essere alienate entro un anno o in mancanza
annullate.
Art 2357- ter: finché le azioni restano in proprietà alla società il diritto di voto è sospeso, ma le azioni sono
computate ai fini del calcolo delle maggioranze; quindi gli amministratori non voteranno. Il diritto di voto di
quelle azioni è sterilizzato finché la società le ha nel portafoglio. Si scongiura il secondo pericolo. L’ultimo
comma afferma una regola per sterilizzare il bilancio di azioni proprie, dobbiamo trattare tali azioni come se
non valessero nulla.
ASSEMBLEA SPA: non pensiamo che sia l’organo sovrano, che sta al di sopra degli altri e può incidere su
tutto. In realtà il legislatore ha voluto ideare una divisione di compiti tra i vari organi al fine di ottenere un
bilanciamento di poteri e il corretto funzionamento della società. Si tratta di organo sociale che interviene
in certi momenti stabiliti, anche perché la gestione quotidiana della società è affidata agli amministratori. Si
tratta di organi con competenze predeterminate.
Si distingue tra assemblea ordinaria e straordinaria, solo che cambiano le maggioranze; le decisioni
vengono tutte adottate a maggioranza, ma ciò che cambia è il tipo di maggioranza richiesta. Il linea
generale l’assemblea ordinaria delibera una serie di argomenti che attengono alla vita ordinaria della
società, mentre quella straordinaria delibera su questioni straordinarie che non si pongono
periodicamente, ma solo in certi momenti della vita della società, talmente importanti che il legislatore
ritiene sia necessaria una maggioranza particolarmente elevata. L’assemblea ordinaria dei soci infatti deve
essere convocata almeno una volta l’anno, ad esempio per deliberare sul bilancio di esercizio.
Quorum costitutivo serve per verificare la regolare costituzione dell’assemblea. Ci sono regole particolari
per le società quotate.
Quorum deliberativo quello che di volta in volta il legislatore stabilisce al fine di adottare la deliberazione
L’atteggiamento del legislatore è diverso a seconda che si tratti di assemblea ordinaria e straordinaria.
L’assemblea ordinaria deve approvare il bilancio, nominare gli amministratori, ecc… l’atteggiamento del
legislatore è quello per cui, in un modo o nell’altro, è necessario che tali delibere vengano adottate, cioè le
delibere devono essere adottate per forza. Invece per quel che riguarda l’assemblea straordinaria non è
così. Per questo il legislatore, in seconda convocazione, per l’assemblea ordinaria, ha tolto il quorum
costitutivo e quindi a prescindere dal numero di presenti la delibera verrà comunque adottata a
maggioranza; mentre per l’assemblea straordinaria sono previsti comunque quorum costitutivi e
deliberativi, anche se vanno comunque a degradare. Nell’assemblea straordinaria è necessario il verbale
notarile, dato che spesso si delibera ad esempio su modifiche dell’atto costituivo, che andranno iscritte sul
registro delle imprese; invece il verbale dell’assemblea ordinaria può essere redatto dal presidente e dal
segretario.
Rappresentanza in assemblea: se e a quali condizioni un socio che non può recarsi personalmente in
assemblea può arsi sostituire da un altro soggetto che lo rappresenti in assemblea. Dal 2004 le assemblee di
società, se previste dallo statuto, si svolgano anche per video conferenza, quindi il problema della
rappresentanza è un po’ diminuito. Il codice però dice che lo statuto deve prevederlo espressamente,
mentre in questo periodo di covid un dpcm ha stabilito che anche se lo statuto non lo prevede le assemblee
dovranno svolgersi in video conferenza, ma ovviamente si tratta di una circostanza straordinaria. Un socio
che non può recarsi in assemblea può dare delega ad un altro soggetto; le norme sulla rappresentanza sono
derogabili, cioè gli statuti sociali possono introdurre forti restrizioni all’istituto della rappresentanza, al fine
di evitare che si rechino in assemblea degli estranei. Il legislatore vuole evitare meccanismi per i quali gli
amministratori della società riescano in qualche modo a rieleggere sé stessi, con il meccanismo che si
chiama rastrellamento delle deleghe, cioè raccolgano le deleghe di tutti quei soci che non sono
particolarmente interessati e magari affidarle a soggetti che sono di loro gradimento per sostenere la loro
rielezione. Quindi la disciplina prevista del legislatore è finalizzata ad evitare il rastrellamento delle deleghe.
Art 2372: il socio può farsi rappresentare in assemblea, ma è comunque prevista l’autonomia statutaria,
cioè possono essere previsti, dallo statuto, dei limiti. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio la rappresentanza può essere prevista solo per singole assemblee. Divieto di delega in bianco la
delega non può essere rilasciata in bianco, cioè quelle in cui il rappresentato lascia il nome del
rappresentante in bianco, in modo che sia riempito successivo; si vuole evitare che gli amministratori
raccolgano queste deleghe in bianco e le riempiano con i nominativi di rappresentati a loro graditi. Divieto
di dare delega agli organi amministrativi e di controllo o ai dipendenti della società qui il legislatore è
veramente rigido, perché i dipendenti sono soggetti al potere di fatto degli amministratori e finirebbero per
votare come vogliono questi. La stessa persona non può rappresentare più di 20 soci (o per le società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio sono previsti altri numeri un po’ più ampi). Per le società
quotate in borsa ci sono alcune regole particolari presenti nel TUF.
Art 142 Tuf: la delega di voto è sottoscritta dal delegante
Art 141 Tuf: è possibile che esistano delle associazioni degli azionisti, di cui il legislatore ha voluto regolare
l’operato.
Conflitto di interessi del socio: ci occupiamo del conflitto di interessi del socio in assemblea, cioè l’ipotesi
per cui l’assemblea deve adottare una delibera rispetto alla quale il socio presenta un interesse personale. I
soci ovviamente devono perseguire un interesse sociale, mentre il socio in questione ha un interesse
estraneo, personale. Cosa deve fare il socio? Teniamo presente che una cosa è il conflitto di interessi del
socio, un’altra è il conflitto di interessi dell’amministratore, circostanza decisamente più grave.
Art 2373: il legislatore adotta una soluzione cautelativa per la società, ma non drastica. Il legislatore fa due
ragionamenti: 1) non è detto che il socio persegua l’interesse extra sociale, potrebbe anche perseguire
l’interesse sociale, votare per qualcosa che sia utile per la società; 2) nell’assemblea ci sono gli altri soci,
non è detto che il voto di questo socio, anche se sia in conflitto di interessi, pesi talmente tanto da fare
adottare lui la delibera. Ritroviamo la prova di resistenza all’interno della norma la deliberazione
approvata con il voto determinante del socio che rechi danno alla società può essere impugnata e
annullata. I due requisiti sono quindi il danno alla società e il voto determinate del socio; nel caso in cui non
sia stato determinante la delibera non è impugnabile, anche se vi è stato danno per la società.
INVALIDITA’ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI: la disciplina dell’invalidità è contenuta agli articoli 2377-2379
ter, quindi nell’ambito della disciplina dell’assemblea, vi è poi qualche regola particolare che riguarda
l’ipotesi per cui si tratti di delibera di approvazione del bilancio, art 2434 bis. Discutendo l’invalidità delle
delibere dobbiamo richiamare ciò di cui avevamo parlato in merito alla nullità del contratto di società il
legislatore cerca di garantire la stabilità del mercato, quindi deve in qualche modo contenere il fenomeno
dell’invalidità, in funzione della tutela del mercato. Tutto ciò conduce il legislatore a ribaltare il sistema
nullità annullabilità previsto dal codice civile per la disciplina dei contratti. In che senso li ribalta? Nel diritto
privato generale la nullità ha carattere generale, mentre l’annullabilità ha carattere limitato, perché si può
esperire solo in particolari fattispecie; la nullità può essere rilevata da chiunque ne abbia interesse e anche
d’ufficio ed è imprescrittibile, l’annullabilità può essere esperita solo da alcuni soggetti legittimati e si
prescrive in un determinato periodo di tempo. Il legislatore, al fine di tutelare il mercato, cercherà di
comprimere la nullità, trasferirà tutto all’annullabilità, ponendovi però anche dei limiti. Partiamo dalla
nullità.
Nullità: Essa non è prevista per la contrarietà alla legge, ordine pubblico, etc… è prevista solo in delle ipotesi
specifiche, per manca di requisiti fondamentali, abbiamo quindi una forte compressione dell’ambito di
applicazione della delibera. La nullità di diritto privato è imprescrittibile, invece qui il legislatore introduce
un limite temporale per agire con azione di nullità; nel diritto privato il negozio nullo non può essere
convalidato, mentre in questo caso sì. Restrizione del campo di operatività della nullità, estensione del
campo di operatività dell’annullabilità.
L’annullabilità: il legislatore vi riversa qualsiasi violazione di legge o dell’atto costitutivo; vi sono però dei
limiti alla possibilità di esperire l’azione le delibere sono impugnabili solo entro 90 giorni; possono
impugnare la delibera solo i soci dissenzienti e i soci assenti (non chiunque vi abbia interesse), nonché da
tanti soci che rappresentino una certa percentuale del capitale sociale. i soci che avranno invece subito un
danno, questi non raggiunge la quota di capitale, potrà agire per il risarcimento del danno nei confronti
della società.
Art 2379: sono indicate delle ipotesi molto puntuali di casi di nullità: mancata convocazione dell’assemblea;
mancanza del verbale; impossibilità o illiceità dell’oggetto (es. costituire una società per costruire un hotel
sulla luna; società che ha come oggetto sociale il commercio della droga). Ipotesi davvero limitate. Può
essere impugnata da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dall’iscrizione nel registro delle imprese.
Non vi sono limiti di tempo in caso di modiche dell’oggetto sociale in qualcosa di illecito o impossibile.
Art 2379 bis: sanabilità. L’assemblea si è svolta comunque, anche se non è stata convocata. In caso di
mancanza del verbale, può essere sanata con l’avvenuta verbalizzazione prima dell’assemblea successiva.
Art 2379 ter: in casi particolari l’impugnativa non può essere proposta decorsi 180 giorni
Più articolata è la disciplina dell’annullabilità, dato che tutto ciò che di solito ricade nell’ambito di
applicazione della nullità, in questo caso divengono proprie dell’annullabilità.
Art 2377: una volta che la maggioranza ha approvato la delibera, essa è vincolante per tutti i soci. Dal
secondo comma troviamo le delibere che presentano irregolarità per essere contrarie o a norme di legge o
a norme dell’atto costitutivo. Possono impugnare la delibera non solo i soci, ma anche gli amministratori e il
consiglio di sorveglianza; si è molto discusso se debba trattarsi dell’intero collegio di
amministrazione/sindacale o dai singoli soci il legislatore dice “gli amministratori”, quindi fa riferimento
ai singoli membri dell’amministrazione; invece parla poi di collegio sindacale, il che fa comprendere che in
tal caso debba trattarsi dell’intero collegio. Il secondo comma si occupa del limite quantitativo, il legislatore
adotta però un sistema differenziato a seconda della tipologia: soci che rappresentino il 5% del capitale
sociale nelle società chiuse; nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è necessario
che rappresentino l’1 per 1000. La regola è derogabile, ma non si possono aumentare le percentuali, solo
diminuire il legislatore vuole tutelare i soci di minoranza.
Il legislatore ha introdotto la possibilità per i soci che non rappresentano la parte di capitale necessaria
hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato. L’annullamento non può aver luogo se, presa
coscienza del vizio, l’assemblea viene riconvocata per eliminarlo. Questo per quanto riguarda il merito,
perché l’art 2378 cura l’aspetto processuale dell’impugnativa della delibera. i soci, in casi di urgenza,
possono richiedere la sospensione della delibera. (argomento chiesto frequentemente agli esami)
AMMINISTRAZIONE: discorso specifico della società per azioni. In Italia i soci, costituendo una società,
possono scegliere tra tre diversi sistemi di amministrazione: sistema tradizionale, sistema dualistico;
sistema monistico. Nel silenzio dello statuto vige il sistema tradizionale.
Perché tre sistemi? Queste tre alternative le abbiamo a seguito della riforma della società di capitali del
2004, prima esisteva solo quello tradizionale; il diritto societario è uno dei settori nei quali abbiamo
risentito di più degli orientamenti e in particolare direttive dell’Unione europea. In tutto il settore
economico le esigenze di uniformare le regole di tutto il sistema sono ovviamente maggiori; per cui, in
attuazione della direttiva, accanto al sistema tradizionale vi sono anche quello dualistico e monistico. La
decisione in merito alla scelta è rimessa all’autonomia delle parti, ognuno sceglie il sistema che gli è più
congeniale.
Sistema tradizionale: abbiamo una centralità dell’assemblea, che ha competenze importanti, per quanto
limitate. L’assemblea nomina gli amministratori, il collegio sindacale e il revisore esterno (per le società
quotate si tratta sempre di una società di revisione).
Quindi che controllo fa il collegio sindacale, se quello contabile è svolto da un revisore esterno? Il collegio
sindacale effettua il cd. controllo di legalità, controlla la gestione della società, il consiglio di
amministrazione, effettuando un controllo di correttezza, legalità etc… una cosa importante chiesta agli
esami: questo meccanismo del revisore esterno c’è dal 2004, ma dal momento che esso è economicamente
difficile da sostenere, quindi per le piccole società (che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio)
per azioni si è stabilito che potrebbero stabilire di affidare il controllo contabile al collegio sindacale. Se il
controllo contabile lo fa un soggetto esterno e specializzato non è necessario che il collegio sindacale sia
composto tutto da soggetti esperti in materia di revisione contabile, ma è richiesto che solo il presidente sia
un commercialista iscritto all’albo di revisione dei conti; se la revisione contabile è effettuata dal collegio
sindacale allora tutti i membri devono essere revisori dei conti iscritti nell’apposito albo.
Deleghe: Il cd. amministratore delegato o il comitato esecutivo; consiste nel fatto che all’interno del
consiglio di amministrazione alcuni consiglieri possono diventare consiglieri delegati, con alcuni poteri
singoli o possono costituire un organo apposito detto comitato esecutivo. Ciò è particolarmente utile nelle
grandi società, nel caso in cui si debbano prendere delle decisioni più rapide. Tali soggetti sono nominati
direttamente dal consiglio di amministrazione e svolgono l’ordinaria amministrazione. Rispondono dei
proprio atti dinnanzi al consiglio di amministrazione, che può revocarlo e nominare un nuovo
amministratore delegato e quindi effettua un’opera di sorveglianza. Se ci sono gli amministratori delegati, i
quali pongono in essere gli atti, ma il consiglio di amministrazione risponde per culpa in vigilando, cioè per
non aver vigilato nella maniera corretta. il consiglio di amministrazione sceglie chi sono i delegati al suo
interno, ma la possibilità stessa che possa esserci una delega deve essere prevista nello statuto o
autorizzata dall’assemblea. Per le società medio-piccole diventa una scelta dei soci. Non tutte le funzioni
del consiglio di amministrazione sono delegabili, anzi il legislatore prevede alcune competenze che restano
sempre e comunque del consiglio di amministrazione, la più importante è la delibera di predisposizione del
bilancio. La delega può avere carattere puntuale o generale.
Sistema dualistico: sistema di origine tedesca, previsto per le spa dei paesi germanici. È un sistema che è
adatto alle grandi spa, non a quelle medio piccole. In Germania infatti la società per azioni è riservata alle
imprese di grandi dimensioni, mentre per le società medio piccole si utilizza l’equivalente della nostra srl.
Es. in tutta la Germania le spa sono circa 700, in Italia sono alcune decine di migliaia.
L’assemblea dei soci è molto meno centrale, anzi è quasi un po’ defilata, poiché allontana la gestione della
società dalla decisione dei soci. L’assemblea nomina il consiglio di sorveglianza, che è sia un organo
decisorio, che di controllo: gli sono riservate le decisioni di alta amministrazione, ma al contempo esercita il
controllo sopra l’organo che effettivamente gestisce la società, cioè il consiglio di gestione. Quindi
l’assemblea non ha contatti, non nomina il consiglio di gestione, ma questi sono scelti dal consiglio di
sorveglianza, che ha grandissimi poteri. Tra assemblea e consiglio di gestione vi è un rapporto indiretto,
filtrato dal consiglio di sorveglianza. È un sistema a gradini, mentre quello tradizionale piò essere definito
un sistema a raggiera.
Il legislatore non detta una disciplina analitica, ma in via generale il legislatore dice che se non è previsto
espressamente al consiglio di gestione si applicano le norme sul consiglio di amministrazione e al consiglio
di sorveglianza quelle del collegio di controllo. Nomina e revoca del consiglio di gestione spetta al consiglio
di sorveglianza. Nel sistema dualistico la bozza di bilancio è predisposta dal consiglio di gestione, ma il
bilancio è approvato dal consiglio di sorveglianza. il legislatore riserva all’assembla solo la decisione sulla
destinazione degli utili. Se ci sono utili il consiglio di sorveglianza e di gestione sottoporranno il bilancio
all’assemblea solo per decidere la destinazione di tali utili. Comprendiamo come questa forma sia destinata
alla cd. società dei manager, non è sicuramente adatto a società di piccole dimensioni.
Sistema monistico: sistema di estrazione anglofona. È stato previsto perché allora anche la Gran Bretagna
faceva parte dell’UE, anche se c’è qualche paese del nord Europa che ha adottato tale sistema. Sistema
improntato all’efficienza, sistema più snello. L’assemblea dei soci nomina il controllore esterno e in
particolare un organo unico, che al suo interno si divide in due parti, alcuni svolgono la funzione di
amministratori, altri vanno a costituire il comitato per il controllo, al quale si applicano le regole del collegio
sindacale. Anche in questo caso possono essere nominati alcuni amministratori delegati. Nel caso in cui vi
siano deleghe di poteri amministrativi sia nel sistema monistico, che nel sistema dualistico, si applicano le
regole previste per la delega di poteri amministrativi nel sistema tradizionale.
L’assemblea ricopre invece un ruolo più simile al nostro (quindi approva il bilancio, nomina gli organi
principali…)
Si chiede spesso all’esame il paragone tra amministratori e sindaci.
Nomina: La nomina degli amministratori spetta all’assemblea e non possono essere nominati per un
periodo superiore a tre esercizi, sono però rieleggibili. Anche i sindaci vengono nominati dall’assemblea e
rimangono in carica per tre anni.
Gli amministratori sono espressione del gruppo di controllo, sono coloro che gestiscono l’impresa; quindi se
i soci volessero eleggerli per un periodo inferiore a tre anni, in teoria potrebbero farlo; infatti nella norma è
previsto che questi rimangano in carica per un massimo di tre esercizi, ma non è necessario. Come abbiamo
detto anche il collegio sindacale è eletto dalla stessa maggioranza assembleare che nomina gli
amministratori, quindi ci sarebbe il pericolo che i sindaci possano asservirsi al potere della maggioranza e
non controllare adeguatamente l’operato degli amministratori. Il legislatore come reagisce a tale
circostanza? Cerca di dare una soluzione rendendo stabile il collegio sindacale, che è come se si staccasse
dalla maggioranza che lo ha eletto e assumesse una posizione autorevole, autonoma e stabile.
Quindi i sindaci devono essere eletti per tre anni. Il collegio sindacale, dovendosi occupare della conformità
alla legge e allo statuto, indirettamente tutela anche i creditori sociali.
Revoca: sia degli amministratori che del collegio sindacale. Ci sono regole diverse, che comprendiamo solo
tenendo presente tale premesse. Parliamo ovviamente di revoca nel corso del mandato, quindi si desume
dalla volontà della maggioranza assembleare in sede ordinaria.
La revoca degli amministratori è libera. Non è necessaria giusta causa, nel caso in cui non ricorresse
l’amministratore ha diritto al risarcimento del danno.
La revoca dei sindaci è possibile solo per giusta causa. Il legislatore invece vuole dare stabilità alla carica ai
sindaci, quindi il legislatore stabilisce che durante il triennio non possono essere revocati, tranne nel caso in
cui non ci sia una giusta causa, la quale deve essere rilevata dal tribunale. Ù
Sostituzione: nell’ambito dei tre anni interviene una causa di cessazione della carica per un
amministratore/sindaco (morte, dimissioni).
Per la sostituzione dei sindaci il legislatore prevede un sistema automatico di sostituzione: l’assemblea deve
nominare anche due supplenti, che restano in carica per i tre anni, con la stessa stabilità garantita per i
sindaci effettivi. La legge ha quindi previsto un sistema automatico di sostituzione. Normalmente subentra il
più anziano tra i due, ma vi sono delle circostanze diverse; se il controllo contabile è affidato al collegio
dallo statuto allora tutti i sindaci, anche i supplenti, devono essere revisori dei conti e tra i due subentra il
più anziano. Nel caso in cui il controllo contabile è esterno solo il presidente deve essere revisore dei conti
e in questi casi uno dei due supplenti deve essere revisore dei conti, e sarà questo, tra i due a subentrare.
Per la sostituzione degli amministratori il legislatore detta regole diverse a seconda che venga meno la
minoranza degli amministratori, la maggioranza di essi o tutti gli amministratori. [Es. consiglio composto da
tre amministratori, viene meno un amministratore delegato (minoranza amministratori); ne vengono meno
due (maggioranza amministratori); tre (totalità)].
Nel caso in cui venga meno la minoranza: il legislatore detta una regola un po’ in deroga momentanea alla
competenza assembleare, dettata dalla necessità di efficienza. Si parla di cooptazione: i due amministratori
superstiti possono cooptare un amministratore nuovo, quindi il sostituito è scelto dagli amministratori che
sono rimasti in carica; questo rimarrà in carica solo fino alla prima assemblea utili, che deciderà in merito
alla nomina del sostituto. Quando viene meno la maggioranza degli amministratori, l’amministrazione
superstite deve convocare immediatamente l’assemblea per l’integrazione del consiglio di amministrazione.
L’ultima ipotesi prevista è la sostituzione della totalità degli amministratori, per cui il collegio sindacale deve
convocare d’urgenza l’assemblea per la nomina di nuovi amministratori.
Nelle società quotate ci sono delle norme particolari, attenzioniamo due circostanze; la prima è
rappresentata dalle quote rosa: il legislatore ha previsto che nelle società quotate un terzo del consiglio di
amministrazione e un terzo del collegio sindacale deve essere di un genere diverso rispetto agli altri due
terzi. Per le società ordinarie non vi è alcuna regola del genere, ma si tratta di una regola estesa anche alle
società a partecipazione pubblica e alle banche. La seconda invece prevede che nelle società quotate, a
differenza di quanto accade nelle altre (in cui i membri degli organi sociali sono espressione della
maggioranza), un amministratore debba essere nominato dalla minoranza, dato che il legislatore ritiene
che debbano essere rappresentate negli organi sociali. Nel Tuf il legislatore detta una regola generale, per
cui gli statuti devono prevedere l’elezione da parte della minoranza di un amministratore e di un sindaco,
ma senza dire come farlo, lascia questa decisione all’autonomia statutaria; per cui negli statuti, in relazione
alle modalità di voto, verrà deciso come permettere alla minoranza di eleggere tali soggetti. Le due clausole
più note sono il voto di lista, il secondo cercalo.
Delibere: per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (quorum costitutivo) è
necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, quando lo statuto non richieda un
numero. Le decisioni invece sono prese a maggioranza assoluta (quorum deliberativo).
Rappresentanza: potere di compiere atti con i terzi in nome della società. Di solito non tutti gli
amministratori hanno il potere di rappresentanza, normalmente lo hanno il presidente del consiglio e
l’amministratore delegato. Ciò è conoscibile attraverso il registro delle imprese.
Art 2328 n9: norma dell’atto costitutivo; nell’atto deve essere indicato chi ha la rappresentanza della
società, cioè quali cariche sociali (es. presidente o amministratore delegato).
Art 2384: potere di rappresentanza. Tale potere ha portata generale, non si specifica nella norma che l’atto
deve rientrare nell’oggetto sociale, quindi i terzi non devono fare verifiche troppo approfondite in merito al
potere degli amministratori. Le limitazioni ai poteri degli amministratori non sono opponibili ai terzi, questi
dovranno accertarsi solo che il soggetto che sta agendo in nome della società si realmente il
rappresentante; tranne nel caso in cui i terzi fossero già a conoscenza di tali limitazioni. Tale regola è
finalizzata a tutelare la sicurezza dei traffici commerciali.
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATORI: hanno l’obbligo di agire con diligenza; si tratta di una diligenza
qualificata, che attiene alle competenze dell’incarico. Diviene lo standard in base al quale valutare i suoi
comportamenti. È una responsabilità che colpisce l’amministratore anche qualora si ritenga che il suoi
comportamento non corrispondano agli standard di diligenza previsti. Per parlare di responsabilità è chiaro
che debba essersi verificato un danno economicamente qualificabile. Quindi deve esserci un
comportamento non diligente dell’amministratore e da ciò deve essersi verificato un danno. Quando si
parla di responsabilità, facciamo riferimento a tre tipologie di responsabilità: verso la società, verso i
creditori sociali, verso i terzi estranei (ipotesi extracontrattuale).
Azione di responsabilità: deve essere l’assemblea ordinaria dei soci a deliberare l’azione di responsabilità.
Potrebbe essere che gli amministratori siano ancora in carica, in questo caso la legge prevede che questi
decadano nel caso in cui venga approvata nei loro confronti azione di responsabilità. Ipotesi molto
frequente in caso di fallimento della società; in questo caso l’azione può essere mossa dal curatore
fallimentare. Il fine ultimo è quello di ottenere un risarcimento che andrà a confluire nel patrimonio della
società. L’azione mossa dalla società è di tipo contrattuale, quindi si tratta di responsabilità contrattuale
Accanto a questa azione, vi è quella promossa dai creditori. Dalla cattiva amministrazione ne è derivato un
danno al patrimonio sociale e anche la possibilità di soddisfacimento dei creditori sociali. Si tratta di
un’azione extra contrattuale. Anche la terza tipologia di responsabilità è di tipo extra contrattuale.
Responsabilità dei sindaci: quando si parla di responsabilità dei membri di collegio sindacale, si pensa a
due tipi di responsabilità, una propria del collegio per atti da loro compiuti (i sindaci non hanno svolto con
diligenza un compito loro proprio) e l’ipotesi più frequente della responsabilità solidale per atti e omissioni
posti in essere dagli amministratori. In questo secondo caso si parla di culpa in vigilando.
Quando invece non rispondono? Il codice civile dice che per non essere coinvolti nella responsabilità degli
amministratori, i sindaci devono dimostrare di aver fatto tutto ciò che era in loro potere per evitare il
verificarsi del danno. I sindaci infatti possono rivolgersi al tribunale, possono impugnare le delibere
dell’assemblea, possono rivolgersi al tribunale per far mettere la società in liquidazione.
La prova è a loro carico perché si tratta di responsabilità contrattuale. (responsabilità amministratori
domanda chiesta frequentemente)
CONFLITTO DI INTERESSI: Una delle ipotesi particolari che possono dare luogo a responsabilità degli
amministratori è quando questi operano in conflitto di interessi con la società. Norma molto importante
per gli amministratori, dato che sono incaricati della gestione quotidiana della società, quindi è frequente
che possano verificarsi conflitti di interessi.
Art 2391: considerazione alla base è che non è scontato che l’amministratore agisca per un interesse
estraneo a danno della società, così come anche un’operazione che coinvolge soggetti vicini
all’amministratore potrebbe comunque fare l’interesse della società. Quindi il legislatore non ha posto un
divieto, bensì delle cautele. Per prima cosa è posto un obbligo di informazione e trasparenza, quindi
l’amministratore deve manifestare questo interesse agli altri membri del collegio; se si tratta di
amministratore delegato invece deve astenersi dal porre in essere l’atto e rivolgersi prima al consiglio di
amministrazione. L’ultima circostanza riguarda l’amministratore unico, che pone in essere l’atto e poi ne da
notizia all’assemblea. La legge quindi esamina tre ipotesi che risolve sul piano della trasparenza. È poi
sancito un obbligo di motivazione a carico del consiglio di amministrazione che deve deliberare in merito
ad un’operazione che coinvolga l’interesse di uno dei consiglieri.
Nel caso in cui non vengano rispettate tali formalità e qualora si verifichi un danno per la società, gli
amministratori e i membri del collegio sindacale possono impugnare la delibera, ma non può essere
proposta da chi ha consentito l’atto con il proprio voto favorevole.
Operazioni con parti correlate, art 2391 bis controparti che hanno determinati rapporti con gli
amministratori della società.
Art 2390: divieto di concorrenza a carico degli amministratori. il legislatore non chiarisce quali siano i limiti,
non qualifica queste attività in concorrenza. Possiamo richiamare la norma relativa alla cessione di azienda,
che detta un criterio che può essere applicato in via analogica.
CONTROLLO: la prima tipologia di controllo sulle società è il controllo giudiziario ex art 2409 cc e 128 Tuf.
Viene nominato un perito incaricato di accertare la presenza di eventuali irregolarità commesse da
amministratori e sindaci e nel caso in cui ciò accada, il tribunale ha un potere enorme, cioè eliminare gli
amministratori e nominare un apposito amministratore giudiziario che rimarrà in carica finchè tali
irregolarità non verranno eliminate e sarà il tribunale a decidere quando cesserà dalla carica, alla fine della
quale convocherà l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori.
Si tratta un intervento molto forte all’interno della società, poche altre volte vi sono intromissioni così da
parte del tribunale nelle spa (domanda frequente). Non ci sono parametri che qualificano le gravi
irregolarità, sarà il tribunale a stabilire ciò.
Obbligazioni convertibili: è un’obbligazione particolare, perché da all’obbligazionista l’opportunità di
trasformare l’obbligazione in azione.
Se gli amministratori, quando gli obbligazionisti vogliono convertire le obbligazioni, per emettere nuove
azioni, dovranno effettuare un aumento di capitale? Qui il legislatore ha inventato un meccanismo molto
semplice, perché l’emissione di obbligazioni convertibili sono emesse dall’assemblea straordinaria e
delibera un aumento di capitale condizionale, cioè un aumento da fare tutto in una volta se tutti gli
obbligazionisti convertissero le obbligazioni in azioni; si tratta di un capitale condizionato, che diventerà
capitale reale man mano che le obbligazioni saranno convertite. Si tratta quindi di un aumento scindibile e
condizionale.
MODIFICHE DELL’ATTO COSTITUTIVO: tra queste rientrano anche le modifiche del capitale sociale, ma si fa
riferimento a qualsiasi modifica, come ad esempio dell’oggetto, della sede, etc. per queste è richiesto un
particolare procedimento affidato all’assemblea straordinaria, si tratta di un procedimento rafforzato dalle
maggioranze qualificate previste per l’assemblea ordinaria. è caratterizzato da un procedimento intermedio
molto importante, simile a quello previsto per la costituzione: verifica di legalità. Essa era una volta
effettuata dal tribunale, con un giudizio detto di omologazione. Oggi questo procedimento è stato
semplificato, quindi è svolto dal notaio che redige il verbale di assemblea straordinaria per le modifiche
dell’atto costitutivo. Il notaio è obbligato a ricevere la delibera, poi il controllo diventa un’altra cosa. Il
notaio può ritenere che la modifica non sia conforme a legge, cosa può fare la società? Se ritengono che il
notaio abbia sbagliato possono ricorrere al giudice del registro, che dovrà valutare la delibera, se darà
ragione al notaio essa verrà rigettata, se sarà ragione alla società provvederà egli stesso all’iscrizione nel
registro delle imprese.
Alle modifiche dell’atto costitutivo è legato il diritto di recesso: solo in relazione ad alcune modifiche. Qui
c’è una differenza fondamentale rispetto alle società di persone, perché nella spa il recesso può consistere
in un rimborso del capitale, che determina un depauperamento del capitale sociale. Il legislatore ha
previsto una serie di cautele
1) solo alcune modifiche dell’atto costitutivo possono dare luogo a recesse: modifica dell’oggetto sociale,
trasformazione della società, trasferimento della sede all’estero.
Ovviamente ci riferiamo a soci assenti o dissenzienti. Si tratta di modifiche molto forti, per questo è previsto
il diritto di recesso.
2) il rimborso della quota sociale prevede un meccanismo tale per cui la riduzione del capitale sia l’ultima
possibilità. Al socio può essere rimborsata la quota utilizzando le riserve; i soci possono rimborsare
personalmente la quota; può essere trovato un sostituto del socio uscente. L’ultima possibilità è la
riduzione di capitale.
MODIFICHE DEL CAPITALE SOCIALE: particolare modifica dello statuto. Capitale sociale numero fisso,
costituito dai conferimenti effettuati dai soci. Essendo un numero fisso, per essere modificato, occorre un
procedimento di modifica dell’atto costitutivo. Riprendiamo la distinzione tra capitale sociale e patrimonio
sociale, il primo corrisponde ai conferimenti, il secondo è il patrimonio vero della società. Nel momento
della costituzione capitale sociale e patrimonio sociale sono coincidenti; una volta che la società inizia ad
operare le cose cambiano, perché il capitale sociale rimane fisso, mentre il patrimonio sale e scende in
relazione agli affari sociale. Il capitale sociale è una linea retta, il patrimonio è una sinusoidale.
Il legislatore si preoccupa della tutela dei creditori e terzi che entrano in contatto con la società, anche
perché all’esterno della società appare il capitale sociale. I terzi conosco la reale consistenza del patrimonio
sociale? in realtà no. Vi sono alcuni terzi particolarmente attrezzati, come le banche, che studiando i bilanci,
riescono a comprendere la reale consistenza del patrimonio sociale; i normali terzi diciamo che non fanno
tali analisi approfondite, per questo si affidano al capitale sociale.
Aumento del capitale a pagamento: la società ha bisogno di nuovi finanziamenti, di liquidità o di beni che
potrebbero essere conferiti in natura. Si tratta di una modifica dell’atto costituivo, quindi viene convocata
l’assemblea straordinaria. Chi farà i conferimenti? Il legislatore attribuisce un diritto importante ai vecchi
soci, che hanno il diritto di opzione, i quali in prima battuta hanno un diritto preferenziale a sottoscrivere le
azioni di nuova emissione. Se tutti i soci lo esercitano, l’aumento di capitale è totalmente coperto dai vecchi
soci. I soci hanno non meno di trenta giorni per esercitare il diritto di opzione. Tale diritto ha due funzioni:
tutelare i diritti amministrativi dei soci (se sono socio al 30% e la società offrirà il 30% delle nuove azioni,
dato che si sottoscrivono pro quota), per cui si garantisce la stessa percentuale che si aveva
precedentemente; tutelare i diritti economici amministrativi (se io sono socio al 30% avanzo diritti sul 30%
del patrimonio della società, quindi ho in astratto una pretesa patrimoniale sul patrimonio, sostanzialmente
il diritto di opzione mi consente di rimanere titolare della stessa pretesa patrimoniale).
Se non si esercita il diritto di opzione, vengono ridotti sia i diritti amministrativi, che quelli economici
patrimoniali.
La società potrebbe stabilire che l’aumento sia inscindibile, ovvero rimane valido ed efficace solo se viene
sottoscritto tutto; oppure scindibile, cioè anche se viene coperto solo in parte rimane valido.
Cosa succede se i soci non sottoscrivono nuove azioni? La legge attribuisce ai soci che hanno esercitato il
diritto di opzione, la possibilità di prelazionare le azioni non sottoscritte, potranno esercitare il diritto di
prelazione. Ciascuno di questi soci potrà dire fino a che importo è disposto a sottoscrivere.
La società può inoltre offrire le azioni di nuova emissione ai terzi. il legislatore distingue tra società quotate
in borsa e non quotate per quel che riguarda il piazzamento di nuove azioni. Le azioni quotate offrono i
diritti di opzioni in borsa; per le società non quotate invece saranno gli amministratori a cercare i soggetti
disposti a sottoscrivere le nuove azioni.
Se l’aumento di capitale è inscindibile, si dovrà comprendere se è stata raggiunta la sottoscrizione integrale;
se invece è scindibile l’aumento di verifica fin dove si è sottoscritto.
La società che delibera l’aumento a pagamento, potrebbe deliberare di escludere o limitare il diritto di
opzione dei soci? Il legislatore da questa possibilità alla società, ma solo in circostanze particolari:
1)quando l’interesse della società lo esige (clausola generale che è sempre stata intesa in maniera
abbastanza rigida, cioè deve essere un interesse molto forte e importante, che attiene quasi alla
sopravvivenza della società);
2) quando la società ha bisogno di un certo conferimento in natura (la società deve acquisire un capannone
industriale in una certa zona e il proprietario di quel capannone è disponibile a conferirlo in natura
entrando in società);
3) la società aumenta in capitale a pagamento e decide di offrire le azioni tra i dipendenti della società
Le azioni devono essere sottoscritte dagli estranei con un sovraprezzo: dovranno sottoscrivere le azioni non
al valore nominale, ma pagando di più. Questo viene determinato in funzione delle riserve patrimoniali
della società. Questo sovraprezzo non può essere imputato a capitale, ma confluisce nella cd. riserva
sovraprezzo azioni.
Competente a deliberare l’aumento reale del capitale è l’assemblea straordinaria, ma il legislatore consente
che questa possa delegare tale potere agli amministratori, anziché farsi l’aumento tutto in una volta viene
fatto nel corso del tempo, massimo 5 anni. Non sarebbe opportuno convocare tutte queste volte
l’assemblea straordinaria, quindi vi provvederanno gli amministratori nel corso del tempo.
AUMENTO DEL CAPITALE GRATUITO: detto anche aumento del capitale nominale. La società non ha
bisogno di nuovi conferimenti, qui c’è solo un problema di immagine, perché deve aumentare il capitale,
ma il patrimonio non deve aumentare. In questa situazione abbiamo in parte capitale e in parte riserve
(capitale 100, riserve 500). La società infatti potrebbe avere interesse a mostrare all’esterno un capitale più
elevato, sia per motivi di immagine, ma anche ad esempio per partecipare a determinate attività (particolari
tipologie di appalto). Quindi consiste sostanzialmente in un’operazione contabile.
L’assemblea delibera quindi di trasformare parte delle riserve che ha in bilancio in capitale sociale. non c’è
aumento di patrimonio. Quali riserve si possono usare? Il legislatore fa riferimento alle riserve disponibili,
questo fa comprendere che la cd. riserva legale, che è una riserva indisponibile, non può essere imputata a
capitale. Inoltre prima dell’aumento del capitale la somma del valore delle azioni corrispondeva al valore
del capitale sociale, per cui è necessario parificare gli importi a seguito dell’aumento di capitale. Il
legislatore ha due alternative: aumento del valore nominale delle azioni in circolazione oppure il valore
nominale delle azioni rimane uguale e vengono emesse nuove azioni dallo stesso valore, ma da distribuire
ai soci a titolo gratuito.
RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE: si pone un problema nel momento in cui il valore del patrimonio, a
seguito delle perdite subite dalla società, scenda di molto al di sotto del capitale. Il legislatore quindi
pretende che in tale circostanza si riduca il capitale sociale, per evitare che i terzi creditori siano ingannati
dal valore del capitale, che poi non corrisponde a quello del patrimonio. Le perdite ovviamente prima di
aggredire il capitale intaccano le riserve. Sono previste dal legislatore tre ipotesi:
1) Il patrimonio è sceso al di sotto di un terzo del capitale sociale: quindi le perdite hanno aggredito il
capitale sociale solo di 1/3. Il legislatore in tale caso non prevede alcun intervento immediato, perché è
possibile che le perdite possano essere recuperate se non raggiungono un ammontare eccessivo. Se poi i
soci voglio volontariamente ridurre il capitale possono farlo, ma non sono obbligati.
2) il patrimonio sociale è sceso al di sotto di due terzi: la società in tal caso deve necessariamente
intervenire, prevedendo due possibilità. La società può ridurre il patrimonio e riportarlo al valore del
patrimonio sociale, oppure può temporeggiare per un esercizio, a conclusione del quale dovrà ridurre il
capitale se non ci sono stati utili che hanno colmato le perdite.
3)le perdite hanno aggredito il capitale sociale minimo della società: il patrimonio quindi è sceso al di sotto
del capitale sociale minimo. Il legislatore stabilisce che la società debba intervenire subito, attraverso una
ricapitalizzazione da parte dei soci, al fine di riportare il patrimonio sociale all’importo minimo. Due
possono essere le modalità:
prima deve essere effettuata una riduzione del capitale e contestualmente un aumento del capitale
sociale al fine di riportarlo al minimo legale;
i soci effettuano dei versamenti a fondo perduto a favore della società (che vengono effettuati
generalmente in relazione alla loro quota di capitale).
Nel caso in cui non vi sia la possibilità di effettuare una ricapitalizzazione, per salvare la società, può essere
effettuata trasformazione in un diverso tipo di società che sia caratterizzato da un capitale minimo minore;
nel caso in cui non ci sia nulla da fare non rimane altro che mettere in liquidazione la società.
Una delle circostanze più frequenti di responsabilità degli amministratori è proprio la prosecuzione
dell’attività anche a seguito di perdite che hanno intaccato il capitale sociale. Gli amministratori infatti
devono convocare “senza indugio” l’assemblea; ne ricaviamo un principio: gli amministratori per verificare
che ci sono delle perdite non devono aspettare l’approvazione del bilancio di esercizio, ma anzi hanno
l’obbligo di monitorare continuamente il patrimonio sociale per verificare se ci sono state perdite.
[nel Campobasso il patrimonio può essere anche chiamato patrimonio netto o capitale reale]
RIDUZIONE REALE DEL CAPITALE: detta anche riduzione per esubero. In questo caso la situazione
economico patrimoniale è eccedente rispetto all’attività che si vuole svolgere, per cui i soci decidono di
restituirsi parte del patrimonio della società. Se ci sono delle riserve i soci possono distribuirsi prima quelle
attraverso una delibera dell’assemblea ordinaria. può anche accadere che i soci decidano di rimborsarsi
parte dei conferimenti. Quindi nel caso in cui vi sia esubero del capitale rispetto all’oggetto che vogliamo
conseguire, si delibera quindi di ridurre il capitale e l’eccesso si distribuisce ai soci. I creditori potrebbero
subire un danno a seguito di questa operazione. Una volta che viene iscritta nel registro la delibera di
riduzione, i creditori hanno tre mesi per fare opposizione; quindi non è immediatamente esecutiva, ma
resta in sospeso per tre mesi. L’opposizione è un’azione giudiziaria, per cui la delibera rimane paralizzata in
attesa che il tribunale decida e verifichi se tale riduzione sia davvero dannosa per i creditori o meno.
Essendo una causa può durare a lungo, per cui se la società vuole dare comunque seguito all’operazione, i
soci possono pagare direttamente i creditori che hanno fatto opposizione oppure possono conferire idonee
garanzie. Questa è la procedura lineare, ma per ridurre il capitale esuberante si può perseguire anche
un’altra strada. La società può acquistare sul mercato azioni proprie e poi le annulla; annullandole deve
ridurre il capitale di conseguenza e il rimborso ai soci consiste nel prezzo pagato dalla società per le azioni
vendute, rimborsando di fatto il capitale all’alienante. In questo caso però non si ha un rimborso
proporzionale alla quota per tutti i soci, ma solo nei confronti di chi le ha effettivamente vendute.
Azioni di godimento (categoria speciale di azioni che non hanno dritto al rimborso del capitale,
rappresentano dei diritti sulle riserve) vengono date a coloro che hanno ceduto le proprie azioni alla società
(che poi le ha annullate) per riduzione del capitale esuberante.
SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE DI SOCIETA’: si tratta di regole tipiche di tutte le società di capitali.
Scioglimento: si è verificata una causa di cessazione della società; liquidazione: le società operano sul
mercato ed hanno un fascio di operazioni in corso, per cui una volta che si verifica una delle cause di
scioglimento inizia una nuova fase della società, la liquidazione, i cui scopo non è il perseguimento
dell’oggetto originario, ma finalizzata a sistemare le pendenze.
Verranno nominati dei soggetti detti liquidatori, che devono gestire l’attività al fine di liquidazione. Si deve
liquidare l’attivo (vendere bene, riscuotere i crediti) e con il ricavato verranno pagati i creditori; se
rimarranno delle somme verranno rimborsati i conferimenti ai soci; alla fine di questo procedimento verrà
effettuata la cancellazione nel registro delle imprese, che rappresenta il momento reali di cessazione
dell’attività sociale, è in questo momento che la società si estingue.
La funzione liquidatoria è totalmente diversa da quella degli amministratori, non possono infatti avviare
nuove operazioni, non hanno funzione gestoria, ma liquidatoria.
Art 2484: cause di scioglimento. Decorso il termine; conseguimento dell’oggetto sociale o avvenuta
impossibilità dello stesso; impossibilità di funzionamento a seguito dell’inattività dell’assemblea, la società
è quindi paralizzata; riduzione del capitale al di sotto del minimo legale e i soci non ricapitalizzano, né
trasformano la società; deliberazione dell’assemblea; altre cause previste dall’atto costituivo o dallo
statuto; liquidazione giudiziale (ex fallimento) e liquidazione controllata (sovraindebitamento), diciamo che
il codice della crisi afferma che si ha scioglimento della società anche per fallimento.
Il legislatore vuole disciplinare il fenomeno dei gruppi di società, che si ha quando una società capogruppo
e una serie di società figlie, che possono essere partecipate dalla capogruppo. Questa è quella che poi
nomina gli organi amministrativi delle società figlie, dando anche delle direttive. il problema è che queste
direttive della capogruppo, che esercita direzione e coordinamento della società, potrebbero danneggiare
le società figlie, spostando ad esempio ricchezza e danneggiando anche i possibili soci di minoranza, che
nulla c’entrano con la capogruppo. Il senso della disciplina è infatti la tutela dei soci di minoranza delle
società figlie, evitando che vengano depauperate da comportamenti della società gruppo.
SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA: destinata a società di più piccole dimensioni e con un azionariato
tendenzialmente stabile. La partecipazione sociale è rappresentata da una quota, che però non è
incorporata in un titolo di credito destinato a circolare. È una disciplina autonoma e tendenzialmente
completa; prima del 2004 la maggior parte della disciplina era posta in essere tramite un rinvio alla
disciplina della spa, il legislatore invece ha voluto renderla tendenzialmente autonoma, dandole una
configurazione nuova e più aderente alla realtà. Si tratta di una considerazione importante, perché oggi tale
disciplina sta a cavallo tra quella della società di persone (in particolare per quel che riguarda la
valorizzazione dell’autonomia statutaria) e quella della società per azioni. Proprio valorizzando l’autonomia
statutaria, il legislatore consente ai soci, nello statuto, di fare una scelta importante tra un modello più
simile alla società di persone o uno più simile alla spa.
Il capitale sociale minimo per la srl è 10.000; esistono le srls in cui è possibile creare il capitale sociale con 1
euro, ma lo statuto è tipico e stabilito dal legislatore.
Conferimenti: possono essere effettuati in denaro o in natura, come nella spa; il socio, per quel che
riguarda il conferimento in denaro, può anche non versale il 25%, dando particolari garanzie; per i
conferimenti in natura la valutazione viene effettuata da un perito nominato dai noci e non dal tribunale.
Mentre nelle società per azioni non esiste il socio d’opera, nella srl il conferimento d’opera è possibile, ma
comprendendo che anche qui c’è il problema dell’imputazione a capitale, il socio d’opera deve garantire il
conferimento secondo un regolamento ministeriale che sarebbe stato poi emanato, ma ancora non è stato
emanato.
Finanziamenti dei soci: Il finanziamento dei soci nasce da una prassi, che è presente anche nella spa, ma è
molto più frequente nella srl, proprio perché il capitale minimo è molto limitato e insufficiente a gestire
un’attività commerciale, quindi nella prassi molto spesso i soci finanziano la società, facendo appunto dei
prestiti; i soci quindi sono contemporaneamente soci e creditori, integrando il capitale sociale con dei
finanziamenti. Quindi nel bilancio della società risulteranno quali debiti della società verso i soci, ecco la
prassi di indicare nel bilancio la voce finanziamento dei soci. Ovviamente, non essendo imputate a capitale
sociale, non sono soggetti alle regole stringenti previste dalla legge. Il socio, per quanto riguarda il
finanziamento fatto dalla società, è un creditore, quindi se le cose dovessero andare male perderebbe il
capitale sociale, ma gli verrebbe rimborsato il finanziamento come a tutti gli altri creditori.
Art 2467: Il legislatore ha ritenuto che non fosse giusto che i soci finanzino la società, correndo il rischio
d’impresa solo per una fetta del loro conferimento e per il resto siano trattati come gli altri creditori, ecco
perché i crediti dei soci sono postergati rispetto a tutti gli altri creditori; cioè i soci non concorrono insieme
a tutti gli altri creditori, ma verranno soddisfatti dopo che siano soddisfatti i terzi creditori.
Accade spesso, ovviando a tale problema, che prima che le cose vadano male, i soci si rimborsassero i
finanziamenti. Il legislatore ha quindi detto che se tale operazione viene effettuata nell’anno precedente al
fallimento della società, questi verranno annullati e dovranno restituire la somma (domanda chiesta
frequentemente)
Trasferimento e limiti: il legislatore consente che lo statuto sociale introduca limiti importanti alla
circolazione della quota, questo perché nella srl c’è un po’ di intuitus personae, per cui vi è l’interesse a
consentire l’accesso solo ad estranei graditi. Addirittura può essere concordata l’esclusione della possibilità
di trasferire la partecipazione. Da qualche anno, a seguito di una legge di semplificazione, il legislatore ha
abolita il libro soci (che nella spa ha una funzione molto importante, cioè da la legittimazione ad esercitare i
diritti sociali). Infatti il trasferimento della quota deve avvenire tramite atto notarile (anche i commercialisti
possono autenticare il trasferimento) e verrà poi iscritto nel registro delle imprese.
Quando i soci acquisiscono il diritto ad esercitare i diritti sociali, essendo stato abolito il libro soci? Dal
momento in cui sono iscritti nel registro delle imprese; quindi mentre nella spa l’azione è spersonalizzata e
nel registro delle imprese non sono scritti anche i nomi dei soci, per quel che riguarda la srl è presente
l’elenco dei soci.
Il recesso è ammesso con maggiore larghezza ed è permesso che lo statuto preveda alcuni casi di esclusione
Amministratori: può essere previsto o meno un termine. La legge consente ai soci di scegliere il sistema
amministrativo. I soci possono scegliere, nello statuto, o di far operare più amministratori con sistema di
consiglio di amministrazione. Gli amministratori possono anche operare senza riunirsi, ma opera poi come
nella spa. Ma i soci possono scegliere di far operare gli amministratori in maniere disgiuntiva o congiuntiva,
anzi, quando il legislatore prevedere tale possibilità, si rinvia alla disciplina della spa. Per certe delibere di
particolare importanza, qualora sia prevista l0aministrzione disgiuntiva, occorre comunque che operino
congiuntamente. Per quel che riguarda il controllo dei soci, il legislatore si è ispirato alla disciplina della
società di persone.
Collegio sindacale: il legislatore parte dalla solita idea per cui la srl non dovrebbe essere destinata ad
iniziative di grandi dimensioni. Il collegio è un organo costoso, per cui le piccole srl non hanno bisogno che
ci sia il collegio sindacale. Il legislatore ritiene che sia obbligatorio solo al di sopra di certe dimensioni, al di
sotto è solo facoltativo. Potrebbe anche esserci un sindaco unico o addirittura un revisore esterno. I limiti al
di sopra dei quali è obbligatorio sono stati molto abbassati dal codice della crisi e dell’insolvenza, norma
entrata subito in vigore, quindi una gran quantità di srl hanno bisogno del collegio.
Decisioni dei soci: il legislatore non parla di assemblea, ma di decisioni. Nella spa l’unico luogo in cui i soci
adottano le loro decisioni è l’assemblea, mentre nella srl si prevedono due diversi sistemi, dando ai soci
un’alternativa: i soci possono prevedere in statuto l’assemblea dei soci; in alternativa può essere previsto
nello statuto che le decisioni possono essere adottate con un altro metodo di natura informale
espressamente indicato nello statuto (scambio di mail o pec). (domanda frequente)
Titoli di debito: la normativa della srl non prevede emissione di obbligazioni. Il legislatore ha consentito di
emettere quindi questi titoli di debito, che si distinguono dalle obbligazioni, perché possono essere
sottoscritti solo da investitori istituzionali (banche, fondi di investimento) e non privati; proprio perché si
tratta di soggetti particolarmente attrezzati e qualificati in gradi di valutare gli eventuali rischi connessi alla
singola società.