Sei sulla pagina 1di 14

DIRITTO COMMERCIALE 4 Marzo

Continuiamo il discorso che abbiamo intrapreso i giorni scorsi, facendo un rapido riassunto.
Possiamo dire sostanzialmente che con l’unificazione dei due codici, nel 1942, che cosa succede?
Sostanzialmente che tutte le norme contenute in quello che era il diritto di commercio (relative ad
identificazione di commerciante, attività, gli atti di commercio) vengono inserite nell’ambito del codice
civile.
In particolare, nel Libro V - che è dedicato al lavoro – e soprattutto nel Titolo II – che è appunto rubricato
“Del lavoro nell’impresa”.
Avviene questa rivoluzione copernicana perché non si parla più di commerciante, ma al centro della
ricostruzione vi è appunto l’impresa.
Quindi innanzitutto al centro del sistema normativo vi è l'impresa. Quindi non si parla più di commerciante
ma si parla di imprenditore.

Perché dico “rivoluzione copernicana”?


Non soltanto perché il centro non è più il commercio, il commerciante ma l'impresa, ma in realtà perché
cambia il piano, nel senso che è l'impresa che permette di definire poi l'imprenditore.
Cioè in realtà, sebbene nel 2082, come abbiamo visto ieri, si vuole definire l'imprenditore, in realtà
l'imprenditore è definito individuando l'impresa.
Quindi si danno le caratteristiche dell'impresa, gli elementi che devono ricorrere perché si possa parlare di
impresa e allora, una volta individuata l'impresa, il soggetto che svolge quell’attività con quelle
caratteristiche sarà considerato imprenditore.

Il rilievo dell'imprenditore qual è?


È il soggetto che è destinatario della disciplina prevista per l'impresa.
Quindi sostanzialmente la centralità è quella di
- un sistema oggettivo, perché l'impresa che viene definita in realtà come una attività con certe
caratteristiche e che ha un rilievo oggettivo a prescindere dal soggetto imprenditore,
- però un aspetto della disciplina è comunque sempre di tipo soggettivo, perché poi ci servirà
individuare l'imprenditore perchè sarà il destinatario di una serie di obblighi (che inizieremo a
vedere oggi).

Quando ieri abbiamo dato le caratteristiche dell'impresa, abbiamo subito messo in evidenza che in realtà
quelle caratteristiche - quindi che si tratti
- di un esercizio professionale di un'attività volta alla produzione di beni e servizi,
- che sia svolta secondo il criterio dell'economicità,
- che sia rivolta al mercato
- e si tratti proprio di un'attività organizzata (quindi ci sia il rilievo dell'organizzazione )
questi elementi servono ad individuare non una nozione generale di impresa ma specificamente la nozione
di impresa commerciale, dalla quale allora dobbiamo distinguere innanzitutto la nozione di piccola impresa
(che abbiamo visto ieri) perché lì manca l'elemento dell’organizzazione.

 Quindi la piccola impresa si distingue rispetto all'impresa commerciale perché manca l'elemento
della attività organizzativa svolta dall'imprenditore.
Quindi sostanzialmente il piccolo imprenditore svolge il ciclo produttivo, svolge quell’attività lavorativa
piuttosto che organizzarla.

L'elemento dimensionale in realtà non rileva ai fini della distinzione tra piccola impresa e impresa
commerciale, ma rileva ad alcuni fini: quelli della sottoposizione alle procedure concorsuali, però in realtà
sono dei limiti che vanno oltre la nozione di piccola impresa e si riferiscono, quindi, anche all’impresa
commerciale.
Quindi anche le imprese commerciali che non superano certe dimensioni, saranno assoggettate a certe
procedure concorsuali piuttosto che ad altre.
Quindi la rilevanza della distinzione tra piccola impresa ed impresa commerciale rileva ai fini
dell’applicazione generale della disciplina.
In particolare vi è un’espressa previsione di esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili (art 2214)
per il piccolo imprenditore, sebbene ieri abbiamo posto la questione secondo cui, in realtà, qual è il senso
di escludere il piccolo imprenditore dalla tenuta delle scritture contabili, quando in realtà, laddove possa
accedere alle procedure minori, avrà necessità di dimostrare quali sono i crediti che deve soddisfare?
Quindi qual è l’ammontare dei crediti, quali sono i fatti che hanno dato origine a quei crediti.
Quindi in realtà questo esonero delle scritture contabili rimane una questione che probabilmente dovrà
essere ridimensionata, sebbene nell’art. 2214 rimane comunque questa esclusione dall’obbligo di tenuta
delle scritture contabili per il piccolo imprenditore.

Vi è poi l’obbligo di iscrizione ad una sezione a parte e il 2221 in realtà prevedeva l’esonero dal fallimento,
sebbene oggi, con l’avvento del codice della crisi, che è il decreto legislativo 14/2019, che entrerà in vigore
18 mesi dopo la promulgazione (quindi ad agosto 2020)… ebbene, in realtà preveda delle procedure ad hoc
per i cd. Imprenditori minori. Quindi in realtà il 2221 possiamo dire che oggi è superato dal nuovo testo
normativo del codice della crisi.

Veniamo adesso all’argomento nuovo tradizionalmente l’impresa, oltre che dal piccolo imprenditore,
l’impresa commerciale è stata distinta rispetto all’impresa agricola.
L’impresa agricola, considerata dal legislatore del ’42, nell’art 2135 come una fattispecie a sé, volta
soprattutto ad individuare un nucleo di attività – in particolare le attività agricole - sottratte alla disciplina
prevista per l’impresa commerciale.
Sostanzialmente lo scopo del legislatore era quello di esonerare l’impresa agricola rispetto all’applicazione
della disciplina dell’impresa commerciale, in particolare a tutti quegli obblighi che appunto ricadono
sull’imprenditore, che esercita appunto l’impresa commerciale. Quindi esonerarlo dalle scritture contabili,
esonerarlo anche dalle procedure concorsuali e dal fallimento. Esonerarlo anche dall’obbligo di iscrizione
nel registro delle imprese, quindi sostanzialmente prevedere una disciplina più agevole, meno onerosa per
l’imprenditore agricolo.

Dal punto di vista della fattispecie si andava a descrivere un’attività che effettivamente era un’attività che
non aveva i requisiti dell’impresa commerciale, perché nella versione antecedente ad una modifica
importante del 2001, nella nozione originale del codice del 1942, l’imprenditore agricolo veniva individuato
come un soggetto che svolge determinate attività agricole, cioè:
- La coltivazione del fondo,
- L’allevamento del bestiame,
- E la silvicoltura.
Quindi sostanzialmente si prevedeva una relazione necessaria con il fondo, con il bestiame e, appunto
l'attività di silvicoltura.

Si prevedeva sostanzialmente che cosa?


Almeno questo si presupponeva nella nozione di imprenditore agricolo la necessità che l'imprenditore
agricolo in realtà seguisse un ciclo naturale di sviluppo delle attività agricole.
Quindi sostanzialmente che cosa mancava?
Mancava quella creazione artificiale del ciclo produttivo che invece è connaturata ad un’attività di impresa
commerciale, perché in realtà l'imprenditore agricolo si limitava a seguire il ciclo naturale di sviluppo dei
prodotti agricoli.

Proprio da qui, dall’assecondare questo ciclo, sfruttandolo nel senso di ricavarne i frutti, in realtà
l’imprenditore agricolo era anche considerato soggetto a calamità naturali, intemperie che quindi lo
esponevano ad un rischio diverso dall’impresa commerciale, cioè non un rischio imprenditoriale - perché il
rischio dell'imprenditore è quello che i prodotti da lui creati e venduti sul mercato non vadano a soddisfare
le esigenze della domanda e quindi sostanzialmente il rischio è quello di non andare a produrre con profitto
rispetto a quelle che sono le esigenze del mercato.
Invece qui il rischio dell’imprenditore agricolo era un rischio di tipo diverso, appunto di intemperie o rischio
di calamità naturali, quindi un rischio diverso dal rischio cui è esposto l’imprenditore commerciale, quindi
veniva considerato come una sorta di imprenditore a sè, quindi un soggetto esonerato dall'impresa
commerciale.

Vi era però un passaggio da mettere subito in rilievo, cioè comunque il legislatore si poneva di fronte al
caso che l'imprenditore agricolo in realtà spesso non si limita a produrre, comunque non si limita a
produrre per sé ma produce per rivendere e quindi sostanzialmente faceva rientrare nella nozione di
impresa agricola anche le cosiddette attività connesse, attività connesse appunto considerate come
l'alienazione e la commercializzazione dei prodotti.
Però venivano fatte rientrare nella nozione di impresa agricola purché rientrassero nei limiti della normale
attività agricola, quindi quando sostanzialmente in realtà il fine dell'attività agricola era quello della
produzione di prodotti e poi la rivendita era appunto un'attività connessa, che non andava ad alterare il
normale svolgimento dell'attività principale.
Quindi era considerata anch'essa un attività rientrante nella nozione di impresa agricola, cioè la vendita di
prodotti sul mercato, tuttavia purchè appunto questa attività connessa non fosse un'attività in tal fine
principale cui l'attività agricola fosse semplicemente strumentale.

Quindi laddove in realtà si fosse creata una impresa agricola, la cui finalità principale era quella della
vendita dei prodotti agricoli, in parte prodotti ed in parte acquistati da altri, in questo caso non si sarebbe
rientrati nella nozione di impresa agricola ma si sarebbe rientrati allora nella nozione di impresa
commerciale.
Quindi sostanzialmente la nozione di impresa agricola era volta in qualche modo ad esonerare colui che
svolgeva attività tipiche dell'agricoltura ad esonerarlo dalla disciplina dell’applicazione dell'impresa
commerciale.

Proprio per avvantaggiare ancora di più questo esonero si facevano rientrare nella nozione di impresa
agricola anche attività connesse.
Ma quali erano le attività connesse? Semplicemente le attività di vendita e di commercializzazione di
prodotti purché rientranti nei limiti della normale attività agricola.
Quindi in realtà l'attività agricola è principalmente quella della coltivazione del fondo e poi soltanto i
prodotti, i frutti che derivavano da questa attività principale potevano essere venduti anche a terzi.
Quindi questa connessione, poiché In realtà la connessione veniva limitata dalle modalità con cui venivano
esercitate, veniva fatta rientrare nella nozione di impresa agricola.

Nel 2001 abbiamo invece un cambiamento molto importante, una modifica legislativa che va in realtà a
stravolgere la nozione di impresa agricola e lo stravolgimento che ne deriva in realtà porta anche a far
discutere circa la possibilità di distinguere oggi, attualmente tra impresa agricola - di cui al 2135 - e impresa
commerciale.

Ora l'esigenza di individuare una nozione di impresa agricola diversa è stata dettata anche dalla
considerazione della trasformazione che c'è stata in questo settore, nel settore agricolo dove in realtà
sempre di più si può dire che l'agricoltura viene svolta in modo artificiale, cioè sostanzialmente si creano le
condizioni anche artificiali volte in qualche modo a contenere i rischi derivanti da calamità naturali, così
come anche a disancorare il ciclo produttivo dalla ciclicità delle stagioni.
Pensate alle coltivazioni in serra: consente di avere in stagioni anche invernali dei prodotti agricoli che
normalmente si avrebbero solamente in primavera ed estate. Consente anche di proteggere e limitare i
danni, ad esempio, della grandine, nel senso quindi che sono stati introdotti tutta una serie di elementi
artificiali nell'agricoltura che quindi hanno in qualche modo ridimensionato l'impatto dei fattori naturali
sulla produttività del settore. Quindi anche sul profitto dell'impresa agricola.

Proprio per questo in realtà si è voluta modificare la nozione delle attività principali.
Per cui vediamo l’articolo 2135 nel primo comma si prevede che “è imprenditore agricolo chi esercita
una delle seguenti attività, che sono: la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l'allevamento di animali
nonché le attività connesse”.
Ora in realtà il primo comma è stato modificato soltanto nella dicitura “animali” piuttosto che “bestiame”,
perché in qualche modo si è allargato il concetto, perché bestiame faceva fare riferimento esclusivamente
all'allevamento di ovini, bovini quindi bestiame inteso anche come equini, suini, quindi inteso come i tipici
animali che da sempre sono stati utilizzati nell'agricoltura.
Mentre parlare di animali ha fatto rientrare nell'attività agricola, ha chiarito che potessero rientrare anche
altri tipi di allevamenti. Pensate anche all'itticoltura, quindi ad esempio l'allevamento di pesci oppure anche
l'apicoltura, quindi l'apicoltore viene fatto rientrare nella categoria dell'imprenditore agricolo.
Quindi se si fosse lasciata soltanto la parola bestiame era più difficile interpretarlo in senso ampio,
estensivo. Invece modificando e passando da bestiame ad animale oggi è pacifico che anche l'apicoltore
possa rientrare nella nozione di imprenditore agricolo.

Poi si parla di attività connesse ma ciò che è stata una prima modifica importante riguarda la specificazione
di che cosa si intende per attività principali, cioè quelle che abbiamo detto finora (coltivazione del fondo,
allevamento di animali e silvicoltura).
Che cosa si deve intendere per queste attività principali?
Ce lo spiega il secondo comma e ci dice che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di
animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria
del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco, le acque
dolci, salmastre o marine.

Lo analizziamo parte per parte perché questa nuova definizione permette sostanzialmente di rompere nella
classica definizione delle attività agricole, perché si dice che per coltivazione del fondo, selvicoltura e
allevamento di animali si intende l'attività diretta alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico . E anche prima
potevano essere intese così.
Ma qui si dice “o anche di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale”.
Quindi questo ci dice che non è necessario, perché un imprenditore possa essere definito agricolo, che
segua il ciclo biologico dall'inizio alla fine - cioè dalla semina fino alla raccolta del grano. Ad es. - ma può
seguire soltanto una fase dello stesso. Quindi questo ha portato che anche le attività volte alla selezione ad
esempio dei semi, da poi vendere ad altri perché vengano poi piantati, anche questa è considerata
un'attività agricola.
Quindi dire sostanzialmente che il ciclo biologico può essere spezzato nelle varie fasi ed anche la cura di
una fase soltanto di questa ci porta subito a renderci conto che a questo punto il ciclo produttivo è di
carattere anche artificiale, perché anche la selezione dei semi sicuramente comporterà una organizzazione
di tipo industriale volta proprio ad individuare e selezionare i semi secondo dei criteri particolari.
Quindi in realtà si slega dalla ciclicità, dalla naturalità del ciclo biologico.
Quindi la cura di quella fase stessa permette in qualche modo di sganciarci da quella che poi sarà
l'evoluzione del ciclo stesso.

Poi ancora più importante è la prosecuzione di questo secondo comma, perché si dice che utilizzano e
possono utilizzare il fondo, il bosco, le acque dolci salmastre e marine.
Il fondo, così come il bosco, le acque dolci, salmastre o marine - che sono i luoghi naturali in cui le attività
agricole venivano svolte - possono mancare, quindi si recide questo collegamento naturale con quello che è
il luogo naturale dove si svolgono le attività agricole.

Quindi che vuol dire che si può anche prescindere dal fondo?
Quello che dicevamo prima la selezione dei semi avviene in un luogo del tutto diverso da quello del
fondo, per cui in realtà può avvenire anche nell'ambito dei capannoni industriali, quindi sostanzialmente
del tutto lontano dal luogo naturale in cui si svolge l'attività agricola per eccellenza 8che è appunto il
fondo).
-
Questo ci permette sostanzialmente di vedere come il legislatore sostanzialmente ha espressamente
previsto la possibilità anche di una artificialità del ciclo produttivo che rientra nell'attività agricola, proprio
perché dicendo che può utilizzare o anche può non utilizzare il fondo, ha permesso proprio la creazione, la
riproduzione in via artificiale delle condizioni naturali.

E molto importanti sono anche, al terzo comma, le definizioni di quelle che sono le attività connesse,
perché cambiano i criteri.
Prima del 2001 il criterio era il fatto che le attività connesse rientrassero nella normale attività agricola.

Viene superato questo criterio e si introduce il criterio della prevalenza.


Il terzo comma prevede che si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo
imprenditore agricolo - quindi è necessario che le attività connesse siano esercitate sempre
dall'imprenditore agricolo, quindi un soggetto che deve esercitare anche le attività principali e spiega in
cosa consistono le attività connesse - cioè sono quelle dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali.

Quindi per attività connesse che cosa si intende?


Si intendono attività che sono legate ai prodotti ottenuti con le attività principali ma sono attività
tipicamente commerciali, perché abbiamo attività di manipolazione, di trasformazione, di
commercializzazione - quindi di vendita.
Quindi, ad esempio, cosa si intende per manipolazione, trasformazione?
Pensate, ad esempio, all'attività di produzione della farina, quindi dalla raccolta del grano alla produzione
della farina.
Questa è un'attività che sicuramente richiede la creazione di un ciclo produttivo del tutto artificiale, perché
si parte si da un prodotto che è ottenuto dall'attività agricola, ma in realtà il prodotto finale, che poi è
destinato alla vendita sul mercato è un prodotto ottenuto artificialmente.
Quindi in realtà anche questa attività connessa viene considerata come attività agricola.

Conservazione e trasformazione, ma anche e soprattutto la commercializzazione, quindi si può poi


rivendere a terzi i prodotti ottenuti.
Così come anche la valorizzazione, cioè tutte quelle attività che servono ad attribuire maggiore valore alle
attività principali agricole.

Queste attività però sono considerate connesse non più quando rientrano nei normali limiti dell'attività
agricola e quindi sostanzialmente non devono essere tali da divenire l'oggetto stesso dell'attività agricola
piuttosto che in realtà una fase secondaria; diventano invece attività connesse quando utilizzano prodotti
ottenuti prevalentemente con l'attività principale.

Se vogliamo fare un esempio nella commercializzazione, che significa che i prodotti devono venire
prevalentemente dall’attività principale?
Che si va a vedere, rispetto all'origine dei prodotti che sono poi oggetto di attività connesse, la loro
provenienza e quindi se sono prevalentemente ottenuti con le attività principali che lo stesso imprenditore
svolge, allora potremmo dire che quelle attività, che sono commerciali dal punto di vista oggettivo,
rientrano nella nozione di impresa agricola.

Esempio: un produttore di mele rivende anche le mele sul mercato, quindi anche attività di commercio
tipico. L'attività di vendita delle mele in realtà può essere considerata connessa quando ha ad oggetto mele
ottenute prevalentemente con le attività principali, cioè con la coltivazione delle mele.
Significa allora che l’imprenditore agricolo (Tizio) che esercita attività di produzione di mele, che cosa fa?
Può vendere sia mele che ha prodotto egli stesso sia mele che in realtà ha acquistato da un altro
imprenditore (Caio) che produce sempre mele, purché però l'attività deve essere considerata connessa,
affinché l'attività sia considerata connessa è necessario tuttavia che le mele che sono oggetto della sua
attività provengano per il 51% dalle proprie piante.
Quindi sostanzialmente Tizio, che è produttore di mele, può vendere sia mele che ha prodotto egli stesso
sia mele che compra da Caio, tuttavia è necessario, perché questa attività di intermediazione del
commercio sia considerata un'attività connessa all'attività agricola, che le mele che vende provengano per il
51% dalle proprie piante piuttosto che dalle piante di Caio.
Quindi questa prevalenza, che si riferisce all'origine dei prodotti, fa sì allora che come attività connesse si
possano considerare attività tipicamente commerciali, proprio perché in realtà c'è una totale, o almeno in
parte, perdita di connessione con l'attività principale, perchè per una parte le mele le ha potute comprare
da Caio. Quindi lì è proprio una tipica intermediazione di commercio: compro per rivendere.

Proseguiamo poi nella seconda parte del terzo comma.


Questa prevalenza si riferisce anche ad attività di tipo diverso. Prevede che sono considerate attività
connesse anche le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di
attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitate, ivi comprese le
attività di valorizzazione del territorio, del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione, di ospitalità
come definite dalla legge.

Quindi sostanzialmente che cosa si prevede?


Che è possibile anche considerare come attività connessa un'attività che è in qualche modo legata allo
sfruttamento delle attrezzature che normalmente sono impiegate nell'attività agricola e dice ivi compresa la
ricezione, l'ospitalità in strutture che rientrano, sono presenti nell'ambito dello svolgimento dell'attività
agricola. (Patrimonio rurale e Forestale, ovvero della ricezione e ospitalità come definite dalla legge).

Qui allora la prevalenza si riferisce proprio all'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda
normalmente impiegate nell'attività agricola.
Che vuol dire? Vuol dire che per esempio l'attività di ristorazione che si può avere o addirittura la ricezione,
l'ospitalità intese come sostanzialmente ricezione notturna, quindi anche servizi di alloggio, deve però
essere fatta sfruttando prevalentemente delle risorse ottenute o impiegate nell'attività principale.
Ad esempio può rientrare in questa attività anche le attività magari di ricezione e sfruttamento
sostanzialmente di visita turistica, attività didattiche, laboratori organizzati per bambini, sempre dietro
retribuzione, quindi sempre dietro il pagamento di un corrispettivo, può essere considerata come
un'attività connessa purché però sia fatta sfruttando prevalentemente le strutture normalmente impiegate
nello svolgimento dell'attività agricola principale.

Questo allora fa sì, questa modifica anche dell'ambito della ampiezza delle attività connesse, che oggi si
possa dire che la nozione di cui al 2135 prevede comunque un’organizzazione di beni e di persone. Quindi
sostanzialmente per svolgere questa attività agricola di tipo non artificiale, così come per poter svolgere
queste attività connesse, sicuramente sarebbe necessaria un'organizzazione dell'impresa - quindi di mezzi,
di persone e di capitali - e sicuramente è necessaria anche una creazione artificiale del ciclo produttivo, che
sempre meno risente delle condizioni climatiche naturali.

Quindi sostanzialmente il legislatore dà una nozione che presuppone, in cui ricorrono gli elementi
dell'impresa commerciale, di cui all' articolo 2082.
Anche perché l'imprenditore agricolo non si limita a seguire il ciclo biologico, lo sviluppo naturale ma in
realtà incide, interviene sullo stesso con un'agricoltura sicuramente industrializzata.

Che di questo si sia reso conto il legislatore quando ha dato questa nozione nel 2135, se ne ha riprova nel
fatto che è stato anche modificato il regime dell'iscrizione nel registro delle imprese.
Anticipiamo una nozione successiva.
Il registro delle imprese è suddiviso in varie sezioni, ordinarie e speciali.
Tanto l'imprenditore agricolo quanto il piccolo imprenditore, prima della modifica del 2001, venivano
iscritti nella sezione speciale ed entrambi avevano una funzione di pubblicità notizia.
La pubblicità notizia si procede semplicemente a dare trasparenza, informazione al mercato sulle attività
che vengono svolte. Ma non ha anche l’efficacia di opporre ai terzi ciò che è iscritto.

Nel 2001 cosa si prevede?


Che l'impresa agricola continua ad essere iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese ma,
laddove l'attività agricola è svolta da una società semplice, l'efficacia dell'iscrizione è di pubblicità
dichiarativa, quindi di opponibilità ai terzi della conoscenza dei fatti degli atti iscritti.
Quindi questo fa sì che sostanzialmente si abbia una equiparazione dal punto di vista degli effetti della
pubblicità commerciale tra impresa commerciale ed impresa agricola.

Dati questi elementi, una parte della dottrina, in particolare il Ferri, arriva ad una conclusione ulteriore: cioè
dice in realtà prima del 2001 la nozione di impresa agricola serviva a distinguere l'impresa agricola
dall'imprenditore commerciale, quindi una sorta di distinzione verso l'alto. Quindi l'impresa agricola si
distingueva da una nozione più articolata di impresa commerciale.
Dopo il 2001, in realtà, la nozione di impresa agricola corrisponde a tutti gli elementi dell'impresa
commerciale, quindi la nozione del 2135 è la descrizione di un'impresa commerciale che si specifica per
l'oggetto dell'attività esercitata, che potremo far rientrare … ieri abbiamo ricordato il 2195 quali sono le
categorie delle imprese commerciali soggette a registrazione … nel numero 1 del 2195 si prevede che sono
soggette all'obbligo di iscrizione gli imprenditori che esercitano attività industriale diretta alla produzione di
beni o servizi.
Quindi dovrebbe rientrare in questo numero 1 perché è proprio un'attività volta alla produzione industriale
di beni e servizi, che si specificheranno perché riguarderanno il campo dei prodotti agricoli.
Però in realtà essendo sempre la produzione di beni e servizi dovrebbe rientrare nel numero uno del 2195.

Quindi a che serve oggi la nozione del 2135?


Non più a distinguere la nozione più articolata dell'impresa commerciale ma anzi a distinguere da una
nozione più semplificata, cioè una fattispecie più semplificata.
Qual è la fattispecie più semplificata?
Quella del piccolo imprenditore. Quindi in realtà serve a distinguere l'impresa agricola dalla nozione del
piccolo imprenditore.
Questo perché? A cosa dovrebbe servire questa distinzione, visto che non potrebbe mai sostanzialmente
essere una piccola impresa?
In realtà sì, nel caso del cd. coltivatore diretto, tanto che nella definizione di piccola impresa tra i soggetti
che vengono specificamente enucleati abbiamo l'artigiano , il piccolo commerciante e il coltivatore diretto.

Questo per dire che quando l`attività agricola si limita allo sfruttamento del fondo, del suolo per una
produzione sostanzialmente dei bisogni del proprio nucleo familiare ed, eventualmente, per la rivendita a
terzi, ma semplicemente dei prodotti che in qualche modo superano i bisogni familiari, e quindi dove
comunque non c'è questa artificialità del ciclo produttivo, appunto l’agricoltore si limita a seguire il ciclo
naturale, quindi a seguirlo assecondando per raccoglierne i frutti, allora in quel caso mancherà
l'organizzazione e mancando l'organizzazione si parlerà di piccola impresa.

Diversamente invece, laddove l'agricoltura invece sia di tipo industrializzato, nel senso che sia la creazione
di una artificialità del ciclo produttivo o si utilizzi un'organizzazione di mezzi, persone e capitali più ampia,
allora in questo caso si dovrà parlare di impresa agricola di cui al 2135, cioè di impresa che rientra nella
nozione di imprenditore commerciale.

Per quanto riguarda la pubblicità, abbiamo detto che il coltivatore diretto - quindi quando l'imprenditore
agricolo continua a rimanere nei limiti dello sfruttamento del suolo - sarà un piccolo imprenditore e quindi
dovrà iscriversi nella sezione speciale con efficacia di pubblicità notizia; laddove invece abbia una struttura
organizzativa articolata e che abbia una soggettività, dovrà iscriversi nella sezione speciale con funzione di
pubblicità dichiarativa, così come l'imprenditore commerciale.
Rimane però un punto da sciogliere.

Questa è l'impostazione che dà il Ferri.


La dottrina invece principale sostanzialmente, la dottrina dominante continua a considerare l'impresa
agricola come un genus a sé rispetto all’imprenditore commerciale, nel senso che dice che se pure è vero
che dal punto di vista dell'articolazione oggettiva, dell'organizzazione vi sia sicuramente una vicinanza
dell'impresa agricola all'impresa commerciale, tuttavia – dice - la nozione di impresa agricola continua ad
essere funzionale ad una differenziazione della disciplina.
Cioè sostanzialmente la dottrina dominante dice “va bene, è vero che il legislatore ha accolto una nozione
di impresa agricola che in realtà permette di dire che l'impresa agricola è un'impresa sostanzialmente
commerciale, tuttavia in realtà perché amplia allora la definizione di impresa agricola?
Non per equipararla alla disciplina dell’impresa commerciale, ma anzi proprio per sottrarre l'applicazione
della disciplina dell'imprenditore commerciale un più largo novero di imprenditori agricoli che proprio per
avere industrializzato il ciclo produttivo sarebbero dovuti rientrare nella nozione di impresa commerciale.

La dottrina dominante soprattutto dove va a puntare l'attenzione?


Sull'esonero o meno dal fallimento, perché in realtà la conclusione cui giunge Ferri era sostanzialmente
quella di applicare, di sottoporre l'impresa agricola al fallimento ed alle procedure concorsuali. La posizione
di Ferri si basava anche su una mancanza di un espresso esonero che invece è previsto per il piccolo
imprenditore.

Nel 2221, che appunto si riferisce agli enti pubblici e al piccolo imprenditore, si prevede proprio che il
piccolo imprenditore è esonerato dal fallimento e dal concordato preventivo.
Non c'è nessuna norma invece che si riferisce all'esonero dell'imprenditore agricolo dal fallimento.
Tuttavia prima della modifica del 2001 tutta la dottrina, quindi anche Ferri, arrivava alla medesima
conclusione perché diceva che il presupposto di applicazione sostanziale delle procedure concorsuali è che
l'imprenditore è imprenditore commerciale.
La definizione del 2135 ante riforma era una definizione di qualcosa di diverso dall'imprenditore
commerciale perché appunto mancava l’artificialità del ciclo produttivo e quindi anche che si appoggia
necessariamente ad un'organizzazione che ha una sua oggettività.
Proprio per questo doveva comunque essere esonerato dal fallimento.

Posto che il 2135, secondo Ferri, oggi descrive una specie di imprenditore commerciale, cioè il genus ampio
dell'imprenditore commerciale è quello del 2082 e le varie species sono quelle previste dal 2195,
l'imprenditore agricolo rientra nel 2195 numero 1. Quindi è una particolare categoria dell’imprenditore
commerciale.
Proprio per questo allora, non essendo previsto un esonero espresso e rientrando nella nozione di
imprenditore commerciale, deve essere assoggettato alle procedure concorsuali.

Invece la dottrina dominante continua a dire che l'imprenditore agricolo ha una disciplina a sé, che lo porta
ad una indicazione nella fattispecie dell'imprenditore agricolo serve proprio ad esonerare chi esercita
attività agricola dall'applicazione della disciplina dell'imprenditore commerciale.

In realtà questo riscontro forse nell’evoluzione legislativa c'è stato perché in realtà con le varie modifiche
delle procedure concorsuali è stata prevista una disciplina, una sorta di procedura concorsuale ad hoc, che
è quella degli accordi di ristrutturazione che sono stati previsti a partire dal 2012 anche per l'imprenditore
agricolo.

La situazione attuale qual è?


In realtà  le procedure minori previste nel codice della crisi sembrerebbero riferirsi anche all'imprenditore
agricolo e quindi sostanzialmente sembrerebbero un pochino avallare questa ipotesi, cioè dire che in realtà
l'impresa agricola non è soggetta per intero alla disciplina dell'imprenditore commerciale.
Ora però una posizione in qualche modo di sintesi che si potrebbe dare è la seguente: cioè dire che
comunque la nozione che noi troviamo nel 2135 è quella di un imprenditore agricolo che ha in tutto e per
tutto i requisiti dell'impresa commerciale e quindi sarà assoggettato alla disciplina dell'impresa
commerciale, tanto che infatti, per quanto riguarda l'iscrizione nel registro delle imprese non c'è più
differenza. Per quanto riguarda le scritture contabili anche qui, se pure ammettiamo che sono assoggettati
alle procedure concorsuali minori, comunque come abbiamo detto per il piccolo imprenditore, sarà
necessaria una tenuta delle scritture contabili.

L'unico problema è l'individuazione di una procedura concorsuale ad hoc piuttosto che quella generale visto
che è un imprenditore commerciale?
Questo comunque si potrebbe considerare una sorta di privilegio ma ciò non toglie che comunque
potremmo sempre dire che l'impresa agricola è un'impresa commerciale.

Il vero problema però che rimane è il seguente e cioè che per l'applicazione dei reati concorsuali, quale ad
esempio la bancarotta semplice e fraudolenta, è necessario un presupposto e cioè la dichiarazione di
fallimento. Ovvero oggi nel codice della crisi non si parla più di fallimento ma di liquidazione giudiziale. E la
liquidazione giudiziale è una procedura che non è prevista per l'imprenditore agricolo, quindi in realtà
rimane una differenza che forse in realtà può sollevare anche dubbi di costituzionalità rispetto all'articolo 3
della Costituzione, perché in realtà avremmo un imprenditore agricolo che rientra nella definizione di
impresa commerciale e che però in realtà, non potendo essere sottoposto alla disciplina della liquidazione
giudiziale, in realtà non potrà mai essere imputato per i reati cd. Fallimentari perché appunto mancherà
questo presupposto, cioè quello della dichiarazione di insolvenza e della liquidazione giudiziale.
Rimane quindi un dubbio di costituzionalità perché avremo, rispetto all'articolo 3 della Costituzione,
situazioni uguali trattate in maniera differente.
Però la questione è ancora aperta; nel testo di riferimento si ha questa impostazione che l'imprenditore
agricolo viene considerato in tutto e per tutto, quindi anche nella applicazione della disciplina, come
imprenditore commerciale all’esito appunto di questa evoluzione di questa disciplina.

Avendo distinto l'impresa commerciale rispetto a nozioni che non sono di impresa commerciale, in realtà
soltanto rispetto al piccolo imprenditore perché manca l'organizzazione, possiamo allora dire che
l'organizzazione che permette di dare quel rilievo oggettivo all'impresa e il rilievo oggettivo all'impresa che
permette anche di spiegare delle peculiarità che noi riscontriamo nelle varie norme, nelle discipline che si
riferiscono all'impresa commerciale.

Abbiamo detto che l'impresa, nella sua oggettività, che l'impresa oltre ad essere il comune denominatore
dei vari profili di disciplina, perché parliamo di impresa come oggetto di riferimento delle varie discipline, la
sua caratteristica, cioè quella della rilevanza oggettiva dell'organizzazione, permea sostanzialmente di
alcuni principi cioè quello dell'effettività, dell'oggettività la disciplina che riguarda l'impresa.
Tanto che potremmo dire, prima di soffermarci sui vari ambiti delle discipline, che la disciplina dell'impresa
sostanzialmente si distingue rispetto alla disciplina che riguarda i rapporti interindividuali, quindi il diritto
privato comune, o perché deroga ad alcuni principi presenti nel diritto privato comune o perché si prevede
principi che si aggiungono a quelli che si applicano secondo le regole di diritto privato comune o perché in
realtà prevede proprio degli ambiti di disciplina completamente diversi perché ci sono dei problemi
completamente nuovi.

Per fare un riferimento al primo tipo, al primo caso cioè di norme che in realtà derogano a principi del
diritto privato, possiamo fare l'esempio della conclusione del contratto perché il contratto si conclude
quando o vi è una contestuale accettazione, quindi firma sostanzialmente di una scrittura privata oppure
quando non avviene la firma contestuale, la conclusione come avviene?
Con una proposta che deve essere accettata dall'altro contraente.
Secondo il 1330 in realtà la proposta perde di efficacia laddove il proponente muoia prima che la proposta
sia accettata.
Ebbene, a questa previsione in realtà nel caso in cui la proposta sia fatta da un imprenditore, l'articolo 1330
prevede una deroga, perché prevede che la proposta (in realtà anche l’accettazione) quando è fatta
dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa non perde efficacia se l'imprenditore muore o diviene
incapace prima della conclusione del contratto, salvo che si tratti di piccolo imprenditore o che
diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze.

Quindi soltanto nel caso in cui abbiamo un’organizzazione che rileva oggettivamente e quindi un'impresa
commerciale in cui la persona dell'imprenditore in realtà perde di rilievo perché soltanto in realtà ha una
rilevanza nell'ambito dell'impresa, quindi come ruolo, come posizione nell'attività di impresa ma non ha un
rilievo in realtà fondamentale, cioè non si dà rilievo in realtà alla persona dell'imprenditore in sè per sè,
allora la morte dell'imprenditore fa sì che la proposta o l'accettazione da lui fatta non perda efficacia.

Un altro caso in cui si deroga a norme e principi propri di diritto privato comune è l'articolo 1722 in caso di
mandato, perché il mandato, tra le varie ipotesi, si estingue per morte, interdizione, inabilitazione del
mandante o del mandatario.
Ebbene, laddove il mandato ha per oggetto il compimento di atti relativi all'impresa, non si estingue se
l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti e degli eredi.
Quindi in realtà laddove l'impresa continua allora non si avrà l'estinzione del mandato. Quindi è come a dire
sostanzialmente: qua ciò che rileva è il valore dell'impresa oggettivamente considerata, al di là della
persona dell'imprenditore, per cui se l'impresa continua il mandato non si estingue.
Quindi questi sono due esempi di due casi in cui la disciplina dell'impresa modifica i principi di diritto
privato comune.

In altre ipotesi noi abbiamo una disciplina che si aggiunge al caso della vendita dell'azienda.
L'azienda che cos'è? È l'organizzazione dei beni che sono destinati all'esercizio dell'impresa.
Proprio questa destinazione unitaria dei beni all'esercizio dell'impresa fa sì che vi sia una sorta di
connessione economica tra tutti i beni.
Questo allora fa sì anche che laddove si vada a vendere o affittare l'azienda, in realtà si dovranno applicare
non soltanto le norme sulla vendita, quindi dei singoli beni per cui ad esempio se nell'ambito dell'azienda vi
è un bene immobile, la forma di contratto di vendita dell'azienda dovrà essere comunque un contratto che
deve essere fatto per iscritto, una scrittura privata autenticata o un atto pubblico.
Ma in realtà si applica una disciplina che riguarda l'azienda in sé per sé, quindi al di là dei singoli beni che
compongono l'azienda considera il complesso, l'azienda nella sua unitarietà. Quindi abbiamo una disciplina
che si aggiunge.

Poi abbiamo dei profili di discipline che in realtà prevedono degli aspetti totalmente nuovi. Sono quelli che
riguardano l'esercizio dell'attività nel mercato, perché abbiamo detto che c'è necessità di distinguere i
prodotti provenienti da un'impresa rispetto ad un'altra.
Quindi sono norme sui segni distintivi, norme sulla concorrenza.
Tutte queste modifiche, queste deroghe, queste novità in realtà derivano dal fatto che vi sono problemi
diversi, legati appunto all’esercizio dell’impresa diversa appunto da quelli che ci sono nei rapporti
interindividuali.

Tenendo presente che quando parliamo di impresa possiamo parlarne sia dell'attività che viene svolta - e
quindi con le caratteristiche che abbiamo detto prima - sia se ci riferiamo anche all'organismo produttivo,
noi possiamo distinguere le discipline che si riferiscono all'impresa a seconda che si riferiscano
all'organismo produttivo oppure all'attività che viene svolta nel mercato.

Partiremo allora, nell'analisi dei singoli profili di disciplina, dalla disciplina che si riferisce all'impresa come
organismo produttivo.
Nell'ambito di queste discipline dobbiamo dare una schematizzazione utile, possiamo distinguere tra una
disciplina dell'impresa complessivamente considerata; poi vedremo la pubblicità commerciale, cioè
l’iscrizione nel registro delle imprese, le scritture contabili.
Per dare una organizzazione nello studio sui vari profili di disciplina che riguardano l'impresa possiamo dare
una schematizzazione.
Possiamo distinguere le disciplina che si riferiscono all'impresa in due macrocategorie:
1) discipline che si riferiscono all'impresa come organismo produttivo e
2) discipline che si riferiscono all'impresa come attività organizzata e svolta sul mercato.

Per quanto riguarda la prima macro categoria, quindi quelle che si riferiscono all'organismo produttivo,
possiamo distinguere queste discipline in altre tre sottocategorie.
a) La prima categoria si riferisce alle discipline dell'impresa complessivamente considerata.
Qui quali sono le discipline che studieremo? La disciplina della pubblicità commerciale e la
disciplina delle scritture contabili.
b) La seconda categoria è quella della disciplina dell'organizzazione all'interno dell'organismo
produttivo.
Abbiamo detto sempre che l'organizzazione riguarda beni e persone e quindi parleremo
dell’organizzazione di beni dell'azienda e per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, in realtà,
quello che a noi interessa sarà la disciplina degli ausiliari dell'imprenditore, quindi institori,
procuratori e commessi.
c) Poi come ultima categoria abbiamo la disciplina dell'imprenditore.
Perché la mettiamo per ultimo? Proprio perché abbiamo detto che in realtà l'imprenditore è
semplicemente definito come colui che esercita l'impresa, quindi in realtà si ribalta l'impostazione
classica per cui partiamo prima dall'impresa per poi arrivare all' imprenditore.

Rispetto però all'imprenditore dovremmo vedere alcune problematiche.


Innanzitutto, problematica classica che c'è sempre, è quella della capacità perché non è semplicemente una
capacità di agire in questo caso, perché ha delle caratteristiche particolari proprio perché l'attività
imprenditoriale è connessa ad un rischio specifico.
Poi parleremo della individuazione dell'imprenditore e quindi in realtà qui ci occuperemo anche dell’inizio e
della cessazione dell'attività di impresa.
Poi lasciamo per ultimo un problema che è quello dell'imputazione dell'attività di impresa e quindi ci
occuperemo dell'imprenditore occulto, della problematica dell'imprenditore occulto.

Oggi quindi vedremo la disciplina della pubblicità commerciale, cioè dell'iscrizione nel registro delle
imprese.
Che si intende per pubblicità commerciale? Cioè l'iscrizione in un registro delle imprese.
In realtà era già previsto nel 1942 e tuttavia in realtà l'attuazione del registro delle imprese è avvenuta
molto dopo, quasi 50 anni dopo perché è avvenuta nel 1993, quindi con la legge 580/1993 che ha istituito
presso ogni camera di commercio il registro delle imprese, che è posto sotto la vigilanza di un giudice del
registro, ma questi aspetti procedurali in realtà hanno importanza piuttosto relativa.

Ciò che ci interessa è Innanzitutto capire la funzione dell'iscrizione nel registro delle imprese.
La funzione in realtà è quella di costituire una sorta di deroga, anche qui, rispetto alle forme di conoscenza
e conoscibilità tipiche dei rapporti tra soggetti diversi dall'imprenditore.
Quindi in realtà se nei rapporti contrattuali si vuole porre conoscenza ad un terzo di un certo fatto bisogna
in realtà darne prova, bisogna sostanzialmente utilizzare tutti i mezzi necessari per far conoscere un certo
fatto.
Ad esempio se si utilizza un rappresentante, se si fa ricorso ad un rappresentante, il terzo del contratto con
il rappresentante può chiedere di esibire i mezzi di prova dei poteri, quindi la procura, può chiedere
l'esibizione della procura.
Quindi sostanzialmente si mette, si fa gravare sui soggetti che contraggono l'onere di portare a conoscenza
dei terzi tutti i fatti che rilevano nei rapporti, nelle relazioni di diritti ed obblighi che possono instaurarsi, dei
rapporti contrattuali che possono instaurarsi.
Ed è chiaro che laddove ci caliamo in realtà diverse, in cui abbiamo un'organizzazione che opera
stabilmente nell'attività verso terzi, quindi nel mercato, dover dimostrare di volta in volta qualunque fatto
possa incidere nei rapporti con i terzi, in realtà potrebbe rallentare l'attività svolta verso i terzi perché
graverebbe l'imprenditore o i soggetti di cui egli si avvale, affidandogli anche dei poteri e attribuendogli
anche di ruoli di rappresentanza, ogni volta prevede di dover dimostrare a terzi, di mettere a conoscenza i
terzi di fatti che si vogliono opporre, la cui conoscenza si vuole opporre.

Allora proprio per evitare questo, viene istituito il registro delle imprese che diventa una sorta di privilegio
dell'imprenditore commerciale. Privilegio che però, la cui ratio, la cui giustificazione potremmo dire, deriva
proprio dall’oggettività dell’organizzazione.
Quindi il fatto che ci sia un’organizzazione oggettiva che opera nel mercato, fa sì allora che tutti i fatti posti,
che riguardano questa organizzazione e che possano incidere verso i terzi, possano essere portati a
conoscenza dei terzi con mezzi oggettivi, anche perché i terzi sono potenzialmente indefiniti.

Cioè chi sono i terzi con i quali entra in contatto un organismo produttivo? Sono potenzialmente indefiniti.
Quindi diventa veramente difficile, poi di volta in volta andare a dimostrare di aver portato a conoscenza
dei terzi un certo fatto.
Allora si utilizza un mezzo obiettivo, che è appunto quello del registro delle imprese.

Che cosa si deve iscrivere nel registro delle imprese? Si scrivono sicuramente i fatti che attengono
all’attività svolta e quindi immaginate al momento, se si tratta di un’impresa individuale si metterà il nome
dell’imprenditore; se ci sono persone delle quali si avvale, cui attribuisce i poteri, si dovrà mettere quali
sono i suoi collaboratori; qual è il tipo di attività è svolta; la sede dell’impresa, se ci sono delle sedi
secondarie. Quindi tutti gli elementi che, appunto, possono avere una rilevanza esterna, verso i terzi.

Laddove l’impresa sia invece in forma collettiva, quindi ad esempio societaria, si dovrà iscrivere la
denominazione sociale, chi sono i soggetti a cui sono attribuiti i poteri gestori, quindi gli amministratori; se
tra questi vi sono alcuni che hanno poteri di rappresentanza. Quindi, sempre tutti quei fatti che possono
incidere verso i terzi.

Qual è però l’efficacia dell’iscrizione del registro delle imprese? Non è però sempre uguale.
Mentre nell’idea iniziale del codice, in realtà la funzione doveva essere una, cioè quella dichiarativa, che ora
vediamo meglio, invece con l’istituzione del registro delle imprese si è prevista una triplicità di funzioni, che
corrispondono anche alle diverse sezioni, indicate meglio, di cui è composto il registro delle imprese.
Perché noi abbiamo una sezione speciale ed una sezione ordinaria.

Ripetiamo ora le cose che abbiamo detto prima per i piccoli imprenditori.
Per quanto riguarda la sezione speciale, chi vi si iscrive? Si iscrivono, appunto, i piccoli imprenditori, ancora
l’imprenditore agricolo, e poi in realtà diciamo anche altri organismi produttivi che sono stati nel tempo
introdotti, quali le startup innovative che sono di recente introduzione, oppure anche le società tra i
professionisti.

Qual è la funzione dell’iscrizione nel registro delle imprese nella sezione speciale?
Prima del 2001, quando c’è la stata la modifica per quanto riguarda l’imprenditore agricolo, quindi ad
eccezione ancora oggi di questo soggetto, l’iscrizione nel registro delle imprese nella sezione speciale ha la
funzione di pubblicità notizia.
Che vuole dire pubblicità notizia? Vuol dire che l’iscrizione ha semplicemente la funzione di certificazione
anagrafica, quindi dare notizia ai terzi indistinti di quali sono, appunto, le attività svolte, chi le sta
svolgendo, per questo diciamo certificazione anagrafica.

Oggi invece per l’imprenditore agricolo, così come per tutti coloro che si iscrivono nella sezione ordinaria,
che sono appunto gli imprenditori commerciali, l’efficacia dell’iscrizione è quella di pubblicità dichiarativa.
Che vuole dire pubblicità dichiarativa? Vuol dire che si ha una presunzione assoluta di conoscenza da parte
dei terzi di tutti gli atti e i fatti che sono iscritti nel registro delle imprese.
Quindi vuol dire che se indico che Tizio è l’institore dell’imprenditore, nessuno può dire che non sapeva che
stava contraendo con Tizio che era institore dell’imprenditore Caio.
Quindi tutti i fatti che vengono indicati, vengono ritenuti conosciuti dai terzi.
La presunzione è assoluta, quindi vuol dire che il terzo non può in nessun modo dimostrare di non averne
avuto conoscenza.

Per questo è un privilegio molto importante, perché appunto l’imprenditore non dovrà di volta in volta
portare a conoscenza dei terzi anche le modifiche. Quindi se cambia la persona dell’institore che prima era
Tizio e poi diventa Caio, non lo deve portare a conoscenza dei terzi, ma basta iscrivere la modifica nel
registro delle imprese.
Oppure se si modifica, ad esempio, la sede della società, non deve portare a conoscenza dei terzi, quindi
allora i terzi che dovranno adempiere alla propria obbligazione nella sede dell’impresa, avranno, in realtà,
loro l’onere di verificare la modifica della sede, andando a guardare nel registro delle imprese.

La presunzione assoluta di conoscenza però, alla presunzione assoluta di conoscenza da parte di terzi, per
quanto riguardo l’imprenditore, invece c’è una presunzione relativa di non conoscenza, nel senso che, per
quanto riguarda i fatti iscritti, se i fatti sono iscritti i terzi non possono dire di non averne avuto conoscenza.
Se i fatti, invece, non sono iscritti vi è una presunzione relativa di non conoscenza. Questo che vuol dire?
Vuol dire che invece l’imprenditore, pur non avendo iscritto il fatto, può dimostrare di aver portato a
conoscenza dei terzi un certo fatto con i mezzi idonei, quindi avvalendosi di mezzi idonei.
Quindi poi l’idoneità del mezzo, in questo caso, dovrà essere dimostrata caso per caso, deve essere oggetto
di valutazione, anche da parte di un giudice, per valutare se il mezzo utilizzato era idoneo oppure no.
Questo quindi è proprio un privilegio, è al punto tale questo privilegio che, anche laddove il fatto non è
iscritto, comunque non impedisce all’imprenditore di dimostrare di aver portato a conoscenza quel fatto ai
terzi, purché abbia utilizzato i mezzi idonei.

Abbiamo poi, una terza funzione della iscrizione nel registro delle imprese, cioè la cosiddetta pubblicità
costitutiva.
Cosa vuol dire pubblicità costitutiva? Vuol dire, se un certo fatto non viene iscritto nel registro delle
imprese, non produce effetti.
Ad esempio l’iscrizione delle società di capitale nel registro delle imprese è un fatto che ha un rilievo
costitutivo, nel senso che finché la società di capitale non è iscritta nel registro delle imprese si ha proprio
come non esistente, quindi come non ancora costituita, quindi non si applicherà la disciplina della società di
capitale. Quindi in quel caso l’iscrizione è proprio un presupposto costitutivo perché si possa parlare di
società per azioni.
In questo caso noi abbiamo, per quanto riguarda l’iscrizione nel registro delle imprese delle società di
capitali, abbiamo sempre una efficacia di pubblicità costitutiva assoluta.

Abbiamo poi dei casi, sparsi nelle norme del codice civile, in cui possiamo avere una efficacia di pubblicità
costitutiva relativa.
Cosa vuol dire pubblicità costitutiva relativa? Vuol dire che gli effetti si producono internamente ma non
verso terzi.
Ad esempio il caso della riduzione del capitale reale, cioè vuol dire che una parte degli investimenti fatti dai
soci quando restituiti ai soci, in realtà questo fatto deve essere iscritto nel registro delle imprese.
A partire dal momento in cui è iscritto, inizia a decorrere un termine entro cui i creditori possono fare
opposizione. Finché non è iscritto, i creditori non possono fare opposizione, quindi questo che vuol dire?
Che la riduzione reale non avrà efficacia nei confronti dei terzi fino a che non è iscritto e non decorrono
quei termini per l’opposizione. Per questo si dice efficacia di pubblicità costitutiva relativa, perché gli effetti
in realtà intercorrono solo inter partes tra i soci ma non verso terzi.

Potremmo aggiungere, in realtà, un’ulteriore funzione dell’iscrizione nel registro delle imprese, che
riguarda le società di persone perché, se le società di persone non sono iscritte nel registro delle imprese,
non è come nel caso delle società di capitali che non vengono proprio considerate come costituite.
Vengono considerate come società e come società operanti secondo la disciplina delle società di persone,
tuttavia non seguiranno la disciplina prevista per il tipo prescelto, ad esempio della società a nome
collettiva, ma seguiranno la disciplina del tipo della società semplice, che potremmo dire il genus più
semplificato di società di persone.
Quindi in questo caso potremmo dire che la funzione è normativa, perché l’iscrizione nel registro delle
imprese delle società semplici permette a quella società di seguire la disciplina del tipo previsto nel codice
civile per le società a nome collettivo. Altrimenti la chiamiamo società irregolare, perché è una società che
può regolarmente operare, ma irregolare perchè non è iscritta e che in realtà non seguirà la disciplina del
tipo societario prescelta dai soci ma quella della società semplice.

Potrebbero piacerti anche