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Perché odiamo il GP Larciano", sottotitolo "non per Larciano in sé, che neanche sappiamo dove si trova

né tantomeno ci interessa, ma per il provincialismo che rappresenta e che, a nostro avviso, deve essere
estirpato"

Il 2020 verrà ricordato per sempre, da tutti, come l’anno della sventura più nera e funesta. Dal Covid-19 alla
morte di Maradona, passando per il frontale di Zanardi con un camion, nelle colline toscane.

Però il 2020 ha fatto anche cose buone.

Ricorderemo questo anno bisestile per un fatto fondamentale e dolcissimi per dei cycling addicted: il
calendario COMPRESSO del ciclismo professionistico. Una vera e propria orgia di corse senza soluzione di
continuità. Da agosto ad ottobre, dalle Strade Bianche al Giro delle Fiandre. In meno di tre mesi tutte le
gare più importanti dell’anno (con poche, dolorose, eccezioni), spesso caratterizzate da condotte di gara
spettacolari, finali incerti e prestazioni muscolari dei nostri beniamini. Agonismo puro e senza remore.
Poche occasioni per fare risultato, tutti impegnati al massimo, sempre e comunque.

Il tutto senza la rottura di palle delle gare minori. Delle premondiali, delle 2.1, dei trittici, qualunque cosa
voglia significare ciascuna di queste definizioni.

Una vera e propria rivelazione. Le corse minori sono passate in silenzio, in parte perché non disputate, in
parte perché offuscate dalla forza espressiva delle gare storiche, delle classiche vere e dei grandi giri. Ora,
non è che ci sfugga che le gare minori, il calendario diffuso, la partecipazione di molti attori e stakeholder di
vario tipo e grandezza rappresentano la struttura necessaria per una qualsiasi società.

Lo sappiamo, lo capiamo, ma non ci importa.

Guardiamo al ciclismo con un approccio PUROVISIBILISTA. Non ci interessa indagare le intricate nozioni e i
complessi meccanismi che consentono al carrozzone di stare in piedi o meno. Quelli sono argomenti della
Federazione, degli sponsor, degli organizzatori. Ci penserà Silvio Martinello, speriamo.

Noi vogliamo solo cantare il ciclismo, nel sangue e nella merda della sua realtà viva, pulsante e percepibile.
Novelli Omero, con Brera negli occhi e con De Zan nelle orecchie.

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