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Madre Cristina
La fede ha segnato il cammino spirituale della Santa per accompagnarla nell'intimità
eucaristica. La sua fede viene espressa nel continuo adorare Gesù. Nella contemplazione
di Gesù eucaristico offre se stessa e si dona vittima in unione con la Vittima per eccellenza
per la salvezza dell'umanità, realizzando così la sua vocazione. La fede da sola non basta.
Ha bisogno della compagnia, della speranza, che a sua volta richiama la carità, il vertice di
tutte le virtù.
La speranza affonda le sue radici nella promessa dell'intervento di Dio, che non
abbandona mai che si affida a Lui; diventa così incoraggiamento, forza, per affrontare le
prove e riuscire in tutto. Per questo la Madre non si allontanava mai da Dio, non
presumeva di sé, non si disperava, non si smarriva nelle situazione difficili, ma aveva la
certezza dell'intervento di Dio in cui poneva ogni speranza. La speranza era la molla che
scattava in ogni attività: tutto doveva raggiungere il suo fine, perché da Dio proveniva e a
Dio era diretto. Niente poteva distruggere questo totale affidamento.
Fede e speranza responsabilizzavano la madre nel raggiungere la maturità di Cristo
nell'amore adorante di Dio e nell'amore fattivo e concreto per l'uomo. C'era un crescente
movimento nella carità della Madre: “Amore verso Dio e verso prossimo sono come due
rami che partono dallo steso tronco. L'amor di Dio genera l'amor del prossimo; questo
nutre l'amor di Dio. La carità è la regina delle virtù; essa però deve essere sostenuta
dall'umiltà. Non vi può essere amor di Dio, se non si ama il prossimo, e senza amare il
prossimo, non si può amare Dio.” La santità quindi, consiste nel vivere intensamente
queste due comandamenti. Nella preghiera si racchiudeva la sua fede, la sua speranza e la
sua carità. La Madre trovava nell'Eucaristia la fonte dell'amore fonte perenne di ogni
virtù a cui anche noi siamo chiamati eda cui siamo abbeverati.
Santa Maria Cristina ha ricevuto il dono della preghiera continua. Ha pregato molto e
ha custodito questo dono perché ha sempre amato il Signore. Per lei preghiera significava
configurarsi con Cristo quale Vittima Espiatrice del peccato del mondo. La sua preghiera
prediletta era quella eucaristica, la contemplazione di Gesù nell'Eucaristia in spirito di
riparazione.
Maria Cristina ha capito che l'Eucaristia era il tesoro da custodire, da amare e da far
conoscere agli altri. La radice della sua spiritualità e santità è stato l'amore per l'Eucaristia.
Per questo motivo Ella viene definita da papa Giovanni Paolo II “L'Innamorata
dell'Eucaristia”, non solo per la forte attrazione e amore che ha per Gesù eucaristia, ma
anche perché ha saputo essere lei stessa eucaristia vivente, divenendo pane spezzato per i
fratelli sempre più assetati e affamati dell'amore misericordioso di Dio.
Parlare di adorazione è come parlare di amore: si può dire molto ma tuttavia non dire l’essenziale. Si tratta
dell’ineffabile dove non si esprime a parole ma con la vita. L’adorazione si vive, come l’amore. Infine come
amare anche adorare si impara adorando. Ci sono due verità che si toccano e sono queste: Dio crea l’uomo e
lo crea libero. Libero di scegliere Dio e riconoscerLo come suo Creatore ed anche come suo Salvatore. E
l’uomo raggiunge la beatitudine dandoGli gloria, lodando e adorando Dio. Così, l’adorazione è un atto libero
di colui che cerca la vera felicità in Dio, di colui che cerca il riposo della sua anima davanti la presenza del
suo Dio.
Adorare Dio è una necessità intrinseca dell’uomo. Non si può veramente vivere senza adorare Dio.
Nell’adorazione l’uomo scopre la sua vera dimensione e scopre che in Dio non ci sono confini.
Nell’adorazione incontra il suo riposo, raggiunge la pace. Parafrasando sant’Agostino potremmo dire che il
nostro cuore non trova riposo fino a che non riposa in Dio, fino a quando non lo incontra e lo adora.
In questo periodo di lungo silenzio abbiamo riflettuto e abbiamo riscoperto il senso e la preziosità della vita
e anche nello stesso tempo la sua brevità. La pandemia ci ha fatto capire che l’uomo non è padrone della
sua vita, perché la vita è stata donata da Dio da custodire, da vivere anche come una “Benedizione”. Questa
consapevolezza di vedere la vita come un dono fa scaturire e maturare i sentimenti di gratitudine e di
riconoscenza a Colui che ci ha donato la Vita e a discernere e decidere su ciò che è essenziale e duraturo. La
pandemia è un momento di rientro in noi stessi, un viaggio dentro di noi che ci fa recuperare un’altra
dimensione della vita quella spirituale. In essa abbiamo scoperto un grande desiderio, una grande sete di
Dio, che solo Lui può colmare.