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18.3.4 Influsso della formazione con esperienza spirituale intensa sulla prima e sulla seconda
dimensione 36
18.3.5 Influsso della formazione sulla terza dimensione........................................................... 37
18.3.6 Influsso della formazione religiosa su equilibrio o disequilibrio tra la prima e la
seconda dimensione............................................................................................................................... 37
18.4 La formazione e gli ideali auto-trascendenti....................................................................37
18.4.1 Quadro generale riassuntivo dell’influsso della formazione sulla potenzialità di
internalizazzione degli ideali................................................................................................................. 37
18.4.2 Osservazioni ulteriori..................................................................................................... 38
18.4.3 Alcune riflessioni finali [AVC II – pg 149-152]............................................................. 38
18.4.4 Alcune conseguenze pastorali [Vedere AVC II – pg 151-160]....................................... 38
19 CAP 7 – Importanza relativa dell’influsso dell’ambiente sull’internalizzazione e sulla
perseveranza..................................................................................................................................... 38
19.1 Introduzione.....................................................................................................................38
19.2 I tipi di osservazioni fatte.................................................................................................38
19.3 Presentazione delle varie osservazioni.............................................................................38
19.3.1 Alcune considerazioni di interesse pastorale [AVC II – pg 192-199]............................ 39
20 CAP 8 – Potenzialità di Internalizzare e capacità di relazione con gli altri........................39
20.1 La relazione con gli altri vissuta come auto-trascendenza nell’amore teocentrico.........39
20.2 La relazione psico-sessuale con gli altri e con se stessi vissuta come auto-trascendenza
nell’amore teocentrico....................................................................................................................40
20.3 Alcune applicazioni pastorali...........................................................................................43
20.4 Riguardo alle relazioni psico-sessuali..............................................................................44
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2 LA PERSONA UMANA: LA LIBERTÀ (DANIELA)
2.1 Considerazioni Generali
L’interesse della ricerca di Rulla parte molto prima della stesura di AVC e si muove nei
precedenti studi per vedere le motivazioni sottese ai fatti esistenziali, in particolare in ambito
vocazionale: inizio, perseveranza, efficacia apostolica.
Il tema della libertà quindi prende corpo fin subito, prima ancora delle ipotesi delle tre dimensioni
(ipotesi formulata con AVC). Tale discorso si pone alla base della spiegazione antropologica in
quanto tale.
Si volevano vedere le predisposizioni all’agire della Grazia e quindi vedere i limiti della
libertà umana senza però cadere nel determinismo.
ESCLUSIONE DI DETERMINISMO: “L’uomo è intrinsecamente aperto all’Essere,
ad immagine e somiglianza, in Lui si realizza e tende ma è anche intrinsecamente
libero di poter dirigersi ad una parte e non al tutto, per la natura umana che convive
con la natura spirituale. Il soggetto ha in sé l’oggetto ma rimane soggetto” (De
Finance).
Mette da subito in parallelo due realtà umane: l’implicita possibilità di autotrascendersi e il
non effettivo sviluppo di tale possibilità per via di diverse influenze.
A questo punto le domande che ci possono orientare sono due: prima di tutto cosa s’intende per
libertà e poi come sta in relazione alla verità visto che si parla di una dialettica rivolta ai valori
oggettivi?
LIBERTA’ DI SCEGLIERE (orizzonte sociale)
Qui vi è chiaramente tutto il discorso dell’inconscio e della sua influenza sulle dinamiche della
libertà. Interessante lo sviluppo che in AVC viene fatto tra Ey, Ricoeur e Wojtyla con la sintesi dei
5 punti:
Vediamo l’uomo nella sua totalità
In una realtà bipolare tra conscio e inconscio
Nell’esperienza soggettiva senza cadere nel relativismo
Dove l’elemento inconscio è antecedente e quindi indispensabile da interpretare ma
non predominante nelle dinamiche umane
Queste forze creano antinomie tra emozioni1/facoltà spirituali-razionali
Da queste riflessioni possiamo dire che esiste una libertà conscia condizionata da influenze
inconsce (II dimensione) o da resistenze consce (I dimensione).
Il discorso della libertà poi viene approfondito a partire dal concetto di libertà di DeFinance:
- Libertà orizzontale: scelta entro un orizzonte già limitato
- Libertà verticale: è il passaggio da un orizzonte all’altro, talvolta ripudiando parti di
quello precedente. In questo caso si tratta di conversione. E’ uno sviluppo delle
potenzialità, non è da leggere immediatamente in chiave religiosa. La conversione supera
l’orizzonte precedente sviluppandolo, non distruggendolo. Gli orizzonti rimangono
conformi (razionale, morale e religioso); uno ha bisogno dell’altro. (Metodo, p. 258).
Allo stesso tempo ogni livello ha una realtà sua propria (es. la santità).
o Conversione
Intellettuale: chiarimento radicale sull’erroneità del mito che conoscere è guardare qualcosa che è
là fuori. Questo mito non distingue tra mondo dell’immediatezza che è la somma di ciò che è visto,
udito, toccato dal mondo mediato del significato. Il primo è un frammento del secondo. Conoscere
abbiamo visto è vedere, sperimentare, riflettere, giudicare e credere.
Criteri dell’oggettività sono dati dallo sperimentare, è data dall’esperienza organizzata
dall’intelligenza, posta dal giudizio.
Il processo di esperienza, d’intelligenza e di giudizio è di auto trascendenza. Bisogna sapere cosa si
fa quando si conosce, questo apre la vita a nuovi chiarimenti e sviluppi.
Morale: cambia il criterio delle proprie decisioni. Passaggio a comprendere dall’infanzia dove gli
altri dicono cosa seguire o fare, al rendersi conto di “dover decidere di sé ciò che egli deve fare di
sé”. Qui vi è il passaggio per la libertà verticale. Optare per ciò che è veramente bene, quindi
valore contro soddisfazione quando sono in conflitto. Ma decidere è una cosa e fare è un’altra.
Bisogna sradicare le proprie deformazioni individuali, di gruppo, generali. Bisogna rimanere aperti,
continuare a mettere in discussione, ascoltare la critica degli altri, ecc.
Religiosa: essere presi da ciò che ci tocca assolutamente. E’ innamorarsi in maniera ultramondana.
E’ consegnarsi totalmente e per sempre senza condizioni, restrizioni, riserve! E’ uno stato
dinamico, è il principio di atti che possono ora essere messi in pratica. E’ un’accettazione destinata
di una vocazione alla santità. Per il cristiano è l’abbandonarsi all’amore di Dio che inonda i nostri
cuori per mezzo dello Spirito: grazia operante. Grazia cooperante: il cuore cooperante diventa
efficace attraverso la libertà umana. Efficacia della conversione.
Movimento graduale verso una piena e completa trasformazione di tutta le vita, dei sentimenti,
pensieri, azioni… La conversione religiosa è la conversione a un innamoramento totale quale
fondamento efficace di ogni auto trascendenza.
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A livello causale la conversione religiosa precede perché è l’amore di Dio che è dono. Non vi
è conversione avvenuta una volta per tutte, c’è dissolvimento.
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4 AUTO-REALIZZAZIONE (RENATA)
La persona, che si sente chiamata da Dio, nel primo momento risponde la chiamata come l’auto-
realizzazione. Due versioni:
La versione dell’attualizzazione (o versione umanista). Il soggetto tende alla messa
in atto delle proprie potenzialità, capacità, attitudini e predisposizioni. <Realizzarsi> è tirar
fuori quello che si è e si ha già in nuce. Solitamente s’indicano in C. Rogers, A. Maslow, K.
Godstein gli esponenti più in vista.
La versione della perfezione (o versione idealista). La forza è piuttosto la spinta a
lottare e impegnarsi per realizzare una vita più completa e armoniosa, forse anche
compensando le carenze iniziali. Tra rappresentanti di questa versione vengono
generalmente indicati A. Adler, R.R. White, G.W. Allport, E. Fromm.
Anche dobbiamo ricordare l’uomo dell’epoca dell’illuminismo, l’uomo russoniano, il buon
selvaggio “l’uomo che nasce buono, ma la società che la corrompe”.
Valori Naturali: (essi riguardano la natura sensibile o spirituale del soggetto, e non la persona in
quanto tale)
Valori Autotrascendenti (perché impegnano tutta la persona nell’esercizio della sua libertà e
responsabilità e la portano a superarsi, a crescere verso “un-di-più”).
Frankl: auto trascendenza non oggettivata. I valori non sono oggettivi ma nemmeno
c’è un’immanenza. (AVC 253). Non valori oggettivi e rivelati.
Il valore morale: Comprende ed esprime i beni che non solo rendono
buona un’azione o un atto umano, ma attuano come buono.
Il valore religioso: Concerne la relazione del soggetto al principio
supremo del valore che è anche quello del soggetto.
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I valori possono essere anche: oggettivi (in sé); soggettivi (per me).
Io Attuale
Io Ideale
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6 I PROCESSI CHE CORRISPONDONO ALLE STRUTTURE2 (JUAN PABLO)
6.1 Processi che permettono il cambiamento di atteggiamento.
Originata dal discorso sul cambiamento degli atteggiamenti, all’inizio della sua ricerca, Rulla è
stato molto attento a capire quali erano i processi dietro la decisione di cambiare un atteggiamento
oppure un’opinione. La psicologia sociale americana si era occupata abbastanza di
quest’argomento. Herbert Kelman3, un professore di etica di Harvard, introdusse una distinzione
che è diventata classica e continua a usarsi fin oggi da parecchi autori. Rulla fa una distinzione
ulteriore nel caso dell’identificazione, ma la differenza più importanti tra loro è che Rulla parla
sempre di valori oggettivi all’ora d’internalizzare.
1. Compiacenza: La persona agisce nello scopo di evitare una situazione sgradevole (una
sofferenza, una punizione), oppure nello scopo di ricevere una soddisfazione (una ricompensa, un
riconoscimento). Per es., un seminarista che accetta di fare il rosario con un gruppo di amici
seminaristi devoti, 5 volte la settimana anche se questo gli costa tempo e fondamentalmente non
condivide questa devozione. Pensa: «se non lo faccio non mi considerano più amico; non sarò più
voluto bene da loro». Quindi, la compiacenza ha una motivazione immatura che non mira alla
realizzazione di un valore cristiano, ma la soddisfazione di certi bisogni. Non crede nei contenuti.
Soltanto accettazione pubblica senza accettazione interna.
Se si pensa alle funzioni dell’atteggiamento, si può dire che entrano in gioco nella compiacenza la
funzione utilitaristica e difensiva.
A continuazione, il quadro sintesi della teoria di Kelman (attenzione alle differenze accennate con
Rulla). Si presentano i determinanti di ogni tipo di processo. Questo quadro ci spiega perché in
alcune situazioni/persone prevale un tipo di processo o altro.
Compiacenza Identificazione Internalizzazione
Antecedenti
1. Basi per l’importanza Interesse per l’effetto sociale Interesse per l’ancoraggio Interesse per la congruenza
dell’induzione del comportamento sociale del comportamento del comportamento e valori
2. Fonte di potere per Means control Attractiveness Credibilità
l’agente influente
3. Modo di prevalere della Limitazione nella capacità di Delineamento degli requisiti Riorganizzazione dello
risposta indotta scegliere comportamenti del ruolo schema mezzi-fini.
Conseguenze
1. Condizioni della Sorveglianza di un’agente Importanza della relazione Importanza dei valori a
performance della risposta influente. con l’agente mettere in atto
indotta
2. Condizioni di cambiamento Percezione cambiata delle Percezione cambiata delle Percezione cambiata delle
ed estinzione della risposta condizioni per le ricompense condizioni per relazioni condizioni per massimizzare i
indotta sociali autodefinitorie soddisfacenti valori
3. Tipo di sistema Richieste esterne da uno Aspettative che definiscono Il sistema di valori della
comportamentale nel quale è setting specifico. un ruolo specifico. persona.
la risposta indotta
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le forti opposizioni interne della I e II dimensione inclinano la persona ad adottare
nuovi atteggiamenti o valori perché soddisfano e accrescono l’immagine e la stima che ha di
se stessa (cfr. identificazione internalizzante o meno = accettazione interna del valore)
più la persona è matura e più riesce a internalizzare i valori.
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3. Contraddizioni esagerate in individui intelligenti e competenti.
4. Ripetitività, automatismi e stereotipie comportamentali (compulsioni).
9 LA LIBERTA’4
LIBERTA’ ORIZZONTALE LIBERTA’ VERTICALE
E’ l’esercizio della decisione che ha luogo E’ la scelta del sistema di valori in genere, è la
dentro ad un orizzonte già stabilito. decisione per un orizzonte.
N.B. L’orizzonte è il proprio campo di visuale. Ogni dimensione costituisce un vero e proprio
orizzonte: l’orizzonte della I dimensione è costituito dai valori autotrascendenti teocentrici, quello
della III dimensione è costituito dai valori naturali, infine quello della II dimensione è costituito dai
valori congiunti.
10 SANTITA’5
SANTITA’ SOGGETTIVA SANTITA’ OGGETTIVA
Indica quanto di fatto la persona usa delle E’ costituita non solo dalle capacità libere
capacità, delle possibilità libere ricevute da Dio. dell’individuo, ma anche da quelle che non
N.B. La distinzione considera solo una differenza di disposizioni della persona alla santità, ma non
tratta il grado di santità.
N.B. A ciascuno dei due tipi di santità corrisponde una sua efficacia apostolica (= manifestazione visibile e
comunicazione sociale dei valori di Cristo). C’è da distinguere tra:
- EFFICACIA = riguarda i valori di Cristo presentati come fini.
- EFFICIENZA = riguarda i mezzi usati per presentare i valori di Cristo.
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12 I SIMBOLI6
IL SIMBOLO. Non si sottomette alle regole della logica, ma alla ambiguità delle
immagini cariche di affetti. Mentre il linguaggio logico lotta per l’univocità di significato, il
simbolo favorisce un grande numero di significati molteplici. Il simbolo fa quello che la logica
non può mai fare: provvede un modo per stabilire una comunicazione interna tra i vari livelli della
nostra vita psichica.
* Sono i due poli (S e O) della relazione * E’ la relazione che S stabilisce tra i simboli
intenzionale; questi poli sono caratterizzati dal polari.
tipo di relazione intenzionale che si stabilisce
tra di essi. * Tali simboli riflettono il modo con cui S
* Qui l’elemento importante sono i termini che percepisce e reagisce a O
determinano e originano la relazione.
* Qui l’immagine evoca emozioni o è evocata * L’elemento importante è il significato della
da emozioni. relazione tra i simboli polari.
* SIMBOLI POLARI DELL’OGGETTO:
- sono i valori oggettivi * Qui l’immagine evoca una relazione concreta
stabilita da S con O.
- Dio si serve di simboli per parlarci (natura,
riti, parola della rivelazione, persone...)
* Il simbolo come elaborazione ha una funzione
- il linguaggio esprime i valori oggettivi: le
generativa, può essere parte attiva nella
parole risvegliano emozioni nel S, esse
trasformazione, nella conversione della persona.
condensano infatti affetti e significati.
* SIMBOLI POLARI DEL SOGGETTO:
- sono le emozioni e gli affetti presenti nelle
nostre risposte intenzionali ai valori
dell’oggetto
- sono i valori soggettivi
N.B. E’ possibile che il simbolo polare evochi un’emozione che tende all’autotrascendenza
mentre il simbolo come elaborazione evoca una relazione che blocca l’autotrascendenza.
13 MATURITÀ - MATURITÀ
Il concetto di maturità si definisce a partire di tre fattori (quasi uguale a ciò che facciamo per la
diagnosi nel DSM 3¾. (IMS = Indice di maturità dello sviluppo, AVC II, p.36; dopo quattro anni
p.104).
Capacità di vivere i valori proclamati.
Qualità delle relazioni interpersonali.
Capacità di rispettare i propri impegni vocazionali e professionali.
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15 IL SELF (MICHELE)
15.1 Introduzione
Molto semplicemente possiamo dire che l’essere umano è contemporaneamente soggetto e oggetto
della propria vita mentale: è colui che riflette e conosce, sul mondo e su se stesso (self come
soggetto e processo); inoltre conosce se stesso, riflette su di sé (self come oggetto).
Secondo Zollner7 possiamo accostarci al self secondo due grandi prospettive:
1. Self come sottofondo che unifica i vissuti umani: da una parte potrebbe essere come
una centralina senza contenuto proprio che ha solamente funzioni di collegamento; dall’altra
è concepito come un’entità psichica tangibile senza la quale io non posso capire me stesso
come persona e totalità.
2. Il self nelle sue varie sfaccettature: idea si sé, consapevolezza di sé, fiducia di sé,
realizzazione di sé … ecc.
Un altro tentativo di definizione di Galimberti: “Il termine self acquista il suo significato a partire
dall’orientamento teorico che ne dispone l’impiego e ne decide l’uso. Tre significati fondamentali:
1) nucleo della coscienza autoriflessiva; 2) nucleo permanente e continuativo nel corso dei
cambiamenti somatici e psichici che caratterizzano l’esistenza individuale; 3) totalità delle istanze
psichiche relative alla propria persona in contrapposizione alle relazioni oggettuali.”8
Noi quindi sappiamo che abbiamo e siamo un self. Il self viene quindi percepito come9:
1. Agente: agente delle proprie azioni a partire dal quelle corporee, accompagnate dal
vissuto che ciò che riguarda il corpo riguarda me; percepiamo di essere agenti che pensano,
percepiscono, sanno; capacità di regolare e controllare le proprie azioni in generale;
7 Seguo come canovaccio per il Self il capitolo tre di A. MANENTI – S. GUARINELLI – H. ZOLLNER,
Persona e formazione, EDB, Bologna 2007.
8 U. GALIMBERTI, Dizionario di psicologia, UTET, Torino 2006, 851.
9 Cfr idem; più appunti presi a lezione.
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2. Consapevolezza riflessiva: turning our attention back to ourselves;
3. Continuo: la continuità è garantita dai ricordi che hanno una collocazione precisa nel
passato personale in cui è rintracciabile un’identità al di sotto delle mutazioni;
4. Siamo in rapporto agli altri: i comportamenti di relazione e di rifiuto degli altri si
riflettono sulla concezione di sé;
5. Come portatore di valori: in base ai valori si costruisce un sé ideale che la persona
vuole realizzare.
Inoltre possiamo descrivere il self come personalità (ha tratti significativi), ruolo (ciò che si è
tramite le proprie appartenenze), potenziale (in via di sviluppo), portrait/ritratto (attuale= io adesso),
process/processo (io sto cambiando, divenire), attore (cioè agente). Nella prospettiva cristiana è
importante chiedersi quale immagine di sé si porta di fronte al Signore. Da quanto detto si capisce
come il Self sia troppo complesso per definirlo semplicemente.
Possiamo dire quindi anche che il Self assolve una funzione di unificazione di processi e funzioni
della personalità. Non è facile definire il Self però possiamo distinguerne alcune funzioni, seguendo
Allport nella sua analisi: ne individua in particolare sette:
1. Senso corporale: ciò che appartiene al proprio corpo è bene accetto (succhio il
sangue dal mio dito ferito, ma non dalla benda intrisa di sangue);
2. Identità di sé: nonostante cambi il tempo e le circostanze riconosco ciò che mi
appartiene, sia che abbia 3 o 80 anni!
3. Valorizzazione dell’io: se vengo rimproverato o lodato divento conscio di me, come
se fossi sotto i riflettori;
4. Espansione dell’io: comprende tutto ciò che la persona ritiene proprio.
5. Attività razionale: conoscere, percepire la mia attività di conoscere, sperimentarmi
come conoscente;
6. Immagine di sé: la stima di sé;
7. Tendenza del proprium: dietro ogni attività c’è un proprium di un Self che pianifica
e si pianifica; impianto valoriale.
a. Contenuti e processi del Self
Possiamo studiare il Self secondo i suoi contenuti e i suoi processi: sono entrambi difficili da
cogliere.
Contenuti del Self: cosa vivo, cosa penso, come, quando perché, indicano i contenuti del Sé e per
comprenderli è molto importante ciò che la persona dice di se stessa, oltre ad altri dati presi da
indagini indirette e proiettive. Processi del Self: ancora più difficile coglierli, lo si può fare
attraverso test ed esperimenti.
Ogni approccio a questi due elementi rimarrà per forza di cose incompleto e unilaterale: possiamo
distinguere due modelli in cui si prendono in considerazione contenuti e processi come realtà
distinte ma non separate:
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permettono alla persona di assimilare e rielaborare le informazioni rilevanti per il Self. Se i processi
sono positivi la persona può sviluppare un Self:
Stabile: ma non rigido (io sono così e basta);
Flessibile: ma che non perde la capacità di difendersi (sono aperto a tutto)
Questi processi hanno due funzioni importanti per fruttuosa crescita del Self (entrambi positivi):
Pro-attiva: la persona diventa sicura di ciò che è e quindi rafforza l’immagine di sé;
Re-attiva: i processi rinforzano le tendenze difensive della persona; metto al sicuro la
mia immagine, evito il confronto con realtà potenzialmente minacciose per il Sé e mi
vedo in una luce positiva.
B. Contenuti e processi non sono separabili neppure nel secondo modello. Ciò che sono
(contenuti) lo sono diventato in quanto ho integrato (processi) ciò che ero e ciò che ho
incontrato. Ciò che sono influisce poi nel modo in cui rielaboro. Tale interdipendenza è chiarita
dal collegamento che possiamo rilevare tra tre modi diversi con cui la persona comprende se
stessa e raggiunge la propria identità:
1. Sé individuale: caratteristiche che ho solo io e che mi distinguono dagli altri. Emerge
dal confronto con gli altri: serve a rassicurarmi, proteggermi e garantire il mio sviluppo.
2. Sé relazionale: parti delle rappresentazioni di me che condivido con gli altri,
particolare con altri significativi, e rischiarano il mio ruolo nei modelli relazionali della
mia vita. In esso troviamo le rappresentazioni di relazioni interpersonali come genitore-
figlio, marito-moglie, amico-amica ecc. Tali rappresentazioni si formano in base
all’importanza che diamo loro e a quanto ci plasmano. A questo livello rafforzo relazioni
significative ed esprimo stima per persone importanti.
3. Sé collettivo: in quanto membro di un gruppo mi identifico con determinate
caratteristiche del gruppo stesso.
Queste rappresentazioni sono presenti unitamente nell’unico Self; come interagiscono è ancora
quaestio disputata: per alcuni una è decisiva dal punto di vista strutturale; secondo altri influiscono
in maniera equilibrata; secondo un terzo gruppo ogni rappresentazione ha maggiore influenza in una
determinata area del Self.
15.3 Funzione e struttura del self secondo Rulla
Rulla, come anche Imoda, vedono il Self come finito e limitato, ma anche proteso ad una libertà più
grande: si interrogano sulle motivazioni che sostengono la persona e sostengono che
l’autorealizzazione avviene attraverso l’autotrascendenza: mi trovo totalmente se vado oltre me
stesso. Tale forza motivazionale risiede nel Self dell’essere umano e si può indirizzare verso diversi
obiettivi, naturali e teocentrici. Tale autotrascendenza è caratterizzata dal mio muovermi verso Dio
e i fratelli e dall’adesione ai valore evangelici. Sia Rulla che Imoda si concentrano, nei loro lavori,
più sui contenuti (struttura e sviluppo) che sui processi del Self, anche se poi nella ricerca hanno
affrontato, anche se indirettamente, anche questi ultimi.
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STRUTTURE DEL SELF: nel parlare di “struttura” ovviamente non ci si riferisce ad un’idea della
persona concepita a compartimenti stagni: AVC distingue tra Io-ideale e Io-attuale.
Il primo è costituito dagli ideali personali (self-ideal) e dagli ideali che il soggetto ritiene che
siano importanti per l’istituzione di cui fa parte (istitutional ideal): questi due elementi insieme
(self-ideal-in-situation) possono essere vissuti con più libertà dal soggetto nella misura in cui,
consciamente o inconsciamente, si sforza di vivere maggiormente i propri ideali piuttosto che i
propri bisogni; il secondo, invece, rappresenta il modo in cui la persona agisce in maniera non
corrispondente ai propri valori e ideali, dando maggior spazio ai bisogni egocentrici.
L’Io attuale presenta tre livelli molto importanti per la comprensione del Self: il proprio
comportamento di cui si ha coscienza, di cui si è consapevoli (Present Behavior); quella parte del
proprio Self che non è cosciente, che fa parte di un’area della propria vita inconscia e alla quale si
può arrivare solamente attraverso l’aiuto degli strumenti posti a disposizione della psicologia del
profondo (Latent Self): questo punto è molto importante per la comprensione delle tre dimensioni;
la parte del Self che si riconosce appartenente ad un gruppo sociale (Social Self).
Il Sé quindi è espressione di diverse intenzioni e tendenze: in sintesi, tutta questa elaborazione si
può riassumere con l’espressione dialettica di base che indica il Self come costituito da tensioni tra
una sua parte prigioniera in se stessa e l’altra che spinge verso i valori teocentrici.
Quanto esposto avviene in tre dimensioni del Self: quella in cui scelgo in modo conscio tra
virtù e peccato (prima dimensione); quella in cui l’influsso delle dinamiche inconsce e non
patologiche mi porta a scegliere il bene reale o il bene apparente (seconda dimensione); quella
che comprende il continuum tra normalità e patologia (terza dimensione). Nelle tre dimensioni
hanno influsso altri contenuti della psiche: bisogni, emozioni, valori, aspetti cognitivi, come
anche l’inconscio, con il suo maggiore o minore influsso.
15.4.1Stima di sé10
Come l’uomo sperimenta il proprio Self? La stima di sé è un bisogno naturale senza la quale è
difficile vivere: senza ci si sente inferiori, inadatti. Secondo gli psicologi aver risolto il problema
dell’autostima significa poter dare di sé una valutazione realistica sostanzialmente positiva e
stabile. Le componenti della stima di sé sono:
- La condizione di base: conoscenza oggettiva di se stessi, compreso ciò che si può
conoscere dell’influenza dell’io latente;
- Nascita della stima: capacità di apprezzare quel che si è; valutazione positiva delle
proprie caratteristiche positive e naturali (Io attuale);
- Compimento del processo di stima: sana tensione verso un bene-valore (Io-ideale);
ciò significa: saper riconoscere e identificare il bene reale e il bene totale e saperlo portare a
compimento e maturazione; saper mantenere una distanza ottimale (frustrazione ottimale)
tra io-ideale e io-attuale.
- Pienezza della stima: integrazione del negativo presente nella propria vita (negativo
fisiologico, psicologico e morale).
Definizione di Lonergan:
Le emozioni sono il motore/energia della coscienza intenzionale, senza le emozioni il nostro
decidere e conoscere non ha forza: da queste traiamo orientamento in un mondo mediato dal
significato.
Per cui, secondo la Arnold, l’emozione è “una tendenza sentita verso qualunque cosa valutata come
buona e via da qualunque cosa valutata come cattiva.” Si tratta di una valutazione immediata,
intuitiva, diretta.
Tale valutazione intuitiva, connessa all’emozione, influisce sul processo decisionale. Vediamo
come:
Quanto detto sinora è il DESIDERARE EMOTIVO. Ma c’è anche un’altra valutazione, quella
riflessiva o intellettuale.
VOLERE EMOTIVO: percezione memoria affettiva immaginazioni riguardanti il futuro valutazione
intuitiva emozione (azione impulsiva)
VOLERE RIFLESSIVO: giudizio riflessivo che giudica il precedente processo del volere emotivo
emozione tipicamente umana (azione deliberata)
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16.3.2 Importante intrinseco
Libera dall’incentrarsi su se stessi; porta verso l’auto-trascendenza, indipendentemente da noi e
dalle nostre disposizioni; l’emozione che deriva da un bene che non dipende da me, ne deriva da
me, che io non posso influenzare, che ha importanza indipendentemente che io lo conosca o ne
gioisca: questo ci eleva, sta sopra di noi e ci porta all’autotrascendenza. Si tratta delle emozioni che
fanno trascendere i limiti dell’essere colpito da stimoli qui ed ora (desiderare emotivo) e si riferisce
a qualcosa che è importante anche in se stesso (desiderare razionale). QUINDI le emozioni della
valutazione razionale sono l’elemento dinamico che sta alla base e sostiene le nostre risposte
all’importante intrinseco.
Gli elementi emotivi e razionali con i loro elementi dinamici cono presenti CONTEMPORANEAMENTE
nell’agire dell’uomo, quindi nella sua MOTIVAZIONE (in gradi, proporzioni e prevalenza diverse).
16.3.5Abitudine (habit)
Diverso da emotional attitude ma legata ad essa, infatti l’atteggiamento emotivo è una reazione
emotiva abituale ma non comporta necessariamente che all’emozione sentita abitualmente segua
un’azione abituale. Una emotional attitude diventa un emotional habit solo quando si cede ad essa
(it is given in to) e la si mette in atto. Così quando un’abitudine è pienamente sviluppata, può dar
forza ad emozioni che vanno contro altre o addirittura andare contro obiettivi scelti dalla persona.
Ad una abitudine formata che produce piacere è più difficile resistere. Non è detto che inizi da
un’esperienza piacevole, può iniziare anche per altri motivi (es. di inizia a fumare per sentirsi
grandi), fino a che il piacere connesso all’abitudine viene scoperto. Da questo momento in poi è
data la possibilità di dipendenza, precisamente a causa dell’aspettativa di costanza confermata con
ogni indulgenza/debolezza/vizio. Normalmente non si ha un solo interesse per cui è difficile cadere
in una dipendenza, ma se capita di essere annoiato o depresso o le circostanze favoriscono una certa
indulgenza (es. del commesso a cui è offerto da bere da ogni cliente) il danno della dipendenza è
moltiplicato.
Un’abitudine propriamente parlando non è imparata: si cede ad essa (it is given in to)! La tendenza
a svilupparsi nasce con la prima esperienza di sentimento o emozione, sia essa piacevole o meno.
Per rompere l’abitudine non basta trasformare l’ambito del piacere in uno temporaneamente
spiacevole (es. usare farmaco che crea nausea verso il drink), oppure ridurre gli effetti fisiologici di
dipendenza: anche se questi accorgimenti aiutano non bastano. Per romperla è necessaria una forte
motivazione che garantisca una decisione deliberata di fermare l’indulgenza/debolezza/vizio e/o di
agire contro tale emozione. Questo richiede: 1) rinunciare al piacere della debolezza; 2) soffrire il
disagio del desiderio contrastato; 3) accettare il rischio che la paura ci spinge a evitare; 4)
sopportare il fastidio che la rabbia ci spinge a combattere.
Esiste anche un’abitudine che deriva da scelte deliberate e da un pensare razionale. Per rompere
un’abitudine emotiva, l’abitudine all’azione deve essere sostituita da motivazioni razionali. Infatti
ogni azione decisa dopo una riflessione razionale su basi razionali lascia una inclinazione ad una
azione simile, così come ogni azione che asseconda le emozioni lascia una inclinazione a fare lo
stesso la volta successiva. C’è un’abitudine all’azione che concorda con ciò che è giusto (virtù), e
viceversa (vizio).
È possibile anche sviluppare una abitudine ad un incisivo ragionamento logico, questo è possibile
per ogni essere umano che è interiormente capace di ragionare nei limiti delle sue possibilità. Nei
limiti della propria comprensione, l’uomo può allenarsi a pensare logicamente, oppure alla verbosità
e confusione. È una abitudine che va imparata ma che si rafforza con ogni tentativo riuscito. (es.
dell’insegnante con gli studenti) (da M. B. Arnold 1960, 190-191).
16.3.6 Sentimenti
Una singola situazione di base può durare e svilupparsi in sentimento, a condizione che abbia una
valore che duri oltre l’immediata attrazione sensoriale. Il sentimento può essere concreto o astratto e
deve essere ben definito; non è stereotipato ed è variabile indefinitamente (per esempio, ci sono
diversi modi di amare date le circostanze). Possiamo dire che i sentimenti sono tendenze durature a
reagire emotivamente e apertamente quando è data l’opportunità. Il cuore del sentimento è AMORE
o ODIO, che sono identificabili attraverso le varie azioni o emozioni che da questi emergono.
27
18 [AVC II – SINTESI] CAP 3 – CHE COS’È LA PERSONA UMANA NEL
DIALOGO VOCAZIONALE? (VICTORIA)
28
orizzonte i valori naturali e auto-trascendenti congiunti e la terza dimensione tende prevalentemente
ai valori naturali, ma questo non esclude anche un’apertura ai valori auto-trascendenti.
29
Pedagogia rivolta all’aspetto spirituale conscio, senza il quale non può esistere lo
sviluppo della persona verso i valori auto-trascendenti. La conoscenza e l’iniziazione ai
valori cristiani auto-trascendenti rimane un punto di riferimento essenziale per ogni
crescita nella vocazione cristiana. La lotta spirituale tra l’io ideale e l’io attuale si svolge
sempre anche sul piano conscio, spirituale, morale tra bene e male, virtù e vizio, passioni
centrate sull’io e amore teocentrico, Io e Dio. È il campo della libertà che si può
esercitare sia pure nei suoi limiti a scegliere il bene o a rifiutarlo. Ma tante volte questa
lotta assume aspetti confusi e nonostante gli sforzi compiuti con buona volontà, essa non
riesce a porsi nei termini corretti, così, la persona gira a vuoto, perde tempo, si deprime,
accetta soluzioni di compromesso e finisce per adattarsi a una «rinuncia» che è ben
lontana da essere cristiana. In momenti di più acuta chiaroveggenza si riconosce che c’è
«qualcos’altro», ma non si sa cos’è. Il pericolo è dimenticare la domanda e finire la
ricerca, per cui è utile una seconda pedagogia.
Pedagogia rivolta agli aspetti della persona che si esprimono attraverso le
inconsistenze inconscie e consistenze la cui dialettica sfugge alla coscienza
dell’individuo, intacca l’esercizio della libertà, favorisce una simbolizzazione regressiva.
Lo scopo è quello di affrontare la componente subconscia, identificare le aree di
inconsistenza, permettere alla libertà di esercitarsi a partire da esperienze più realistiche
di sé e del mondo, fondandosi su una comprensione e su giudizi meno influenzati dalla
tendenza a mettere l’Io al centro, scoprire com’è possibile confondere il bene reale con
quello apparente nel caso concreto della propria vocazione e delle proprie scelte.
Pedagogia rivolta all’area propriamente psicopatologica. L’ambito della sua
applicazione nel campo vocazionale dovrebbe essere previo e limitato, cioè le persone
dovrebbero essere aiutate prima di entrare nelle case di formazione o almeno di essere
ammesse all’ordinazione sacerdotale o ai voti. Anche se l’aspetto della psicopatologia
dev’essere, alcune volte, oggetto di attenzione da parte dei formatori, è bene sottolineare
che il loro compito non è quello di fare «psicoterapia», ma di aiutare le persone a
sviluppare la capacità di internalizzare i valori auto-trascendenti anche mediante
«colloqui personali di crescita vocazionale» (oltre che della Grazia divina).
30
20.2 Le conferme esistenziali cercate
Si sono cercate le conferme per le prime tre proposizioni della teoria dell’auto-trascendenza nella
consistenza: Proposizione I – La vocazione cristiana è un processo verso la realizzazione dell’ideale
di sé piuttosto che del concetto di sé (è veramente presente una tendenza più ad auto-trascendersi
che ad auto-realizzarsi?); Proposizione II – La vocazione cristiana è un processo verso la
realizzazione dell’ideale di sé nella situazione o Io ideale (gli individui entrano in vocazione
attraverso la mediazione dell’Io-ideale piuttosto che attraverso la mediazione delle altre componenti
strutturali della personalità); Proposizione III – L’Io ideale per mezzo di cui si esprime l’inizio
dell’impegno vocazionale è caratterizzato più dai valori strumentali e terminali che dagli
atteggiamenti, e il contenuto di questo ideale (valori e atteggiamenti) è costituito più da variabili
auto-trascendenti che da variabili naturali.
20.3 Le conferme esistenziali trovate
Nelle persone che entrano in vocazione esiste una tendenza ad auto-
trascendersi più che ad auto-realizzarsi. Questo è provato dal fatto che la correlazione
o l’accordo tra gli Ideali Istituzionali (II) e gli Ideali Personali (IP) è maggiore di
quella tra gli Ideali Istituzionali (II) e l’Io manifesto (IM) o concetto di sé. La tendenza
osservata è presente sia per i valori che per gli atteggiamenti.
Si osserva una tendenza statisticamente significativa per gli ideali auto-
trascendenti ad essere più elevati di quelli naturali.
La decisione di entrata nell’istituzione vocazionale è mediata dall’Io ideale.
Non si può dire che i giovani che scelgono la via della vocazione siano
significativamente più o meno maturi, per quanto riguarda la prima o la seconda
dimensione, né più o meno normali o devianti per quanto riguarda la terza dimensione,
in paragone con i giovani laici-laiche che non hanno fatto questa scelta. Ciò che li
caratterizza è la presenza di questo più elevato Io Ideale specie per i contenuti auto-
trascendenti. Questo però non elimina la presenza delle tre dimensioni.
I valori sono più importanti degli atteggiamenti nel differenziare le persone
che entrano in vocazione da quelle laiche.
31
dell’altro non possono diventare la base per valutare le scelte morali e le credenze. La base è l’auto-
trascendenza teocentrica a cui si è teologicamente chiamati e a cui ontologicamente si tende, è il
dono totale di sé all’altro e all’Altro. Perciò la vocazione cristiana non deve diventare idolatria,
cioè, adorazione di se stessi, dei propri desideri, dei propri intenti, dei propri ruoli, della propria
volontà, Vitz chiama «egotismo» in cui l’Io o self e le sue esperienze sono viste come il valore più
alto e l’oggetto ultimo di riferimento e di interesse. Purtroppo questo «egotismo» è entrato in
parecchie dei programmi di formazione dei giovani in vocazione sacerdotale o religiosa come pure
in parecchi degli «stili di vita» di persone in vocazione.
a) La pastorale per ottenere vocazioni sovente sottolinea motivazioni prevalentemente
umane, nel senso di offrire soprattutto ideali naturali: realizzare i propri desideri, ricoprire
e svolgere ruoli di utilità sociale e professionale, sviluppare le proprie doti, i propri talenti,
ecc. ma non basta. La vocazione cristiana è un invito ad essere umani, però anche ad
essere più che umani. Cristo nella sua vita terrena era umano, ma anche più che umano.
L’amore del cristiano non deve nascere dall’uomo, ma da Dio e per Dio sopra ogni cosa, e
per gli uomini come immagine di Dio sulla terra. La vita del cristiano deve essere umana,
ma anche più che umana, cioè completamente cristiana così da diventare una sfida, un
punto interrogativo per le altre persone; altrimenti esse sentiranno che la vita di chi è in
vocazione non è sufficientemente diversa dalla loro e perciò non pone una sfida, un invito
per loro.
b) I programmi di formazione vocazionale sovente sono pianificati secondo modelli che
ostacolano l’auto-trascendenza teocentrica e – senza volerlo – favoriscono invece un’auto-
realizzazione, che si limita agli ideali naturali, cioè essi vanno contro le tendenze di auto-
trascendenza teocentrica che sono presenti nei giovani candidati. L’Io, il self, che viene
promosso da questi modelli è quello che valorizza fortemente l’essere autonomo,
attualizzante, libero da inibizioni, emancipato da ogni forma di «dovresti», di
obbligazioni, anzi indipendente da ogni scopo o fine preciso da raggiungere. Questo
modello difficilmente può essere conciliato con quello di una trascendenza per l’amore
teocentrico come quello di Cristo, di una formazione orientata ai valori auto-trascendenti,
oggettivi e rivelati da Cristo. È fondamentale non subordinare i valori essenziali e
inalterabili rivelati da Cristo ai bisogni espressi da una cultura o dalla pressione di un
gruppo sociale o di un individuo, bisogni che possono essere contrastanti con i suddetti
valori cristiani ed essenziali.
c) Una crescita dei candidati nell’auto-trascendenza teocentrica dipende anche dai
formatori e dalle loro capacità di presentare e di esprimere nella totalità della loro vita i
valori auto-trascendenti di Cristo, anziché dei valori puramente naturali. Di qui
l’importanza di una loro formazione che non si limiti a fornire nozioni teoriche, ma
direttamente e personalmente li aiuti a superare le tendenze all’auto-realizzazione
egocentrica più o meno presenti nella loro personalità.
d) Un’ultima area pastorale in cui l’egotismo può opporsi alla trascendenza teocentrica
dei valori auto-trascendenti è quella dei ruoli. (es. il religioso vuole fare un tipo di
apostolato e non altro magari più utile alla comunità) La vita di un apostolo non deve
essere orientata ai ruoli ma ai valori.
33
strumentali e terminali auto-trascendenti; b) un peggioramento della crisi può avere la sua radice
non solo in un peggioramento nella prima dimensione, ma prima ancora nella fragilità della persona
dovuta a una condizione di inconsistenze inconscie della seconda dimensione, da lungo tempo
esistente in modo latente.
Gli atteggiamenti sembrano essere i primi a mostrare i segni di una crisi vocazionale nel suo
sorgere. La seconda dimensione sembra essere, come disposizione, la radice della crisi vocazionale
in quanto rende l’equilibrio-disequilibrio tra prima e seconda dimensione molto fragile e così può
scalzare alcuni degli ideali fondamentali per la vocazione.
Gli ideali (soprattutto come valori auto-trascendenti), e non le dimensioni, sono i mediatori psico-
sociali prevalenti del processo di entrata; mentre per la perseveranza, anziché gli ideali, sono le
prime due dimensioni, e specialmente la seconda, a costituire i fattori prevalenti e predisponenti di
influsso.
Nello studio della persona è bene sottolineare una visione d’insieme e sistematica della persona
stessa e perciò antimeccanicista: l’uomo è motivato da unità integrate, non da parti separate. Le
dimensioni non sono dei compartimenti stagni, delle parti ciascuna delle quali è separata dal tutto o
dalle altre, ma sono parti che interagiscono in un tutto.
Tuttavia, ciascuna parte ha la sua forza tale che, se è sufficientemente grande, viene a influenzare
l’insieme della personalità. C’è quindi un’interazione complessa tra le dimensioni.
Le tre dimensioni sono presenti, in modo diverso, in tutti i soggetti. Non tutti i soggetti però sono al
tempo stesso maturi o immaturi per tutte le dimensioni.
Le relazioni tra le varie dimensioni esaminate indicano che, grosso modo, la percentuale dei
soggetti disposti meno favorevolmente all’internalizzazione oscilla tra il 60% e l’80% e, viceversa,
la percentuale dei soggetti più favorevolmente disposti oscilla tra il 20 e il 40%.
Se si tiene presente che nella maggioranza dei casi le persone presentano due o tre inconsistenze
centrali inconscie con relative consistenze difensive, si vede facilmente come per il 60-80% delle
persone si trovi in queste inconsistenze e consistenze difensive la base di una forte resistenza
all’internalizzazione.
È confermata la prevalenza di influsso della seconda dimensione nei confronti della prima e della
terza per la probabilità di internalizzazione. Perciò, sembra essere fondato affermare che una
valutazione della maturità-immaturità della seconda dimensione è un indice sufficientemente
attendibile della disposizione o meno all’internalizzazione degli ideali auto-trascendenti.
21.4.8Quattro sottogruppi e loro relazione con la potenzialità di
internalizzazione
Una valutazione della maturità-immaturità della seconda dimensione è, da sola, un indice
sufficientemente attendibile della disposizione più o meno inconscia e più o meno favorevole
all’internalizzazione degli ideali auto-trascendenti.
La seconda dimensione con la sua realtà è capace di caratterizzare vocazionalmente gruppi di
persone. Considerando anche il criterio della perseveranza o no, si possono distinguere quattro
sottogruppi:
35
Non nidificatori – sono i perseveranti e che per la loro maturità nella seconda
dimensione sono favorevolmente disposti a internalizzare. In questo modo crescono
nel loro impegno vocazionale. Continuano a mantenere attive sia la prontezza a
rispondere (willingness) che l’atto di volere (willing) in quanto persistono nella
vocazione come maturi.
Cambiati – sono coloro che non perseverano e hanno scelto di lasciare la vita
«vocazionale» (sacerdotale o religiosa), ma che sono maturi nella seconda dimensione
e perciò hanno una disposizione favorevole all’internalizzazione degli ideali auto-
trascendenti. Si chiamano cambiati in quanto hanno operato una revisione della loro
decisione iniziale di entrata. Questi cambiati persistono nella prontezza a rispondere o
willingness per quanto riguarda l’internalizzazione, ma hanno cambiato la direzione
nell’atto di volere (willing) per la perseveranza. Per queste ragioni si può pensare che
la loro decisione è un atto maturo.
Spinti – coloro che non perseverano e hanno scarsa maturità nella seconda
dimensione e quindi una disposizione meno favorevole all’internalizzazione degli
ideali auto-trascendenti. Si possono chiamare spinti in quanto i bisogni inconsci delle
loro inconsistenze centrali limitano l’esercizio della loro libertà effettiva. Infatti,
essendo limitati nella loro willingness, sono realmente meno aperti nei loro atti di
volere (willing) in vista di scegliere e di vivere gli ideali auto-trascendenti. Ne può
seguire più facilmente un cambiamento (su basi meno mature) della decisione iniziale
per quanto riguarda la perseveranza. 74%
I «non nidificatori» sono risultati significativamente più maturi degli altri tre sottogruppi:
«cambiati», «nidifica tori» e «spinti».
Non c’è una differenza statisticamente significativa tra i «nidificatori» e gli «spinti». Questo
significa che essi sono simili per quanto riguarda la loro potenzialità di internalizzazione degli ideali
auto-trascendenti; si potrebbe dire che con la loro decisione di entrata, essi hanno «deciso» di
internalizzare, ma che (nonostante la loro buona volontà), durante i quattro anni di vita religiosa, il
limitato esercizio della loro libertà effettiva, dovuto al blocco delle inconsistenze inconcie, li ha
portati a non fare ciò che era necessario e che consciamente avevano deciso di fare e ancora
consciamente intendevano fare.
Perciò i «nidificatori» e gli «spinti» differiscono nel loro atto di volere (willing) espresso nello stare
in vocazione o nell’uscire, ma, più o meno inconsciamente, essi continuano a «nidificare» dentro o
fuori l’istituzione non essendo diversi per la loro prontezza a rispondere (willingness).
36
2. Alcune conseguenze per la pastorale vocazionale
Vedere AVC II – pg 109-114
22.1 Introduzione
L’essenza della formazione nella vocazione sacerdotale e religiosa consiste nell’aiutare la persona a
sviluppare la potenzialità di internalizzare, cioè di assimilare e di personalizzare gli ideali auto-
trascendenti di Cristo in modo da essere trasformata secondo questi ideali e diventare un «altro
Cristo». D’altra parte l’individuo che è chiamato a internalizzare gli ideali scelti all’entrata, presenta
nella sua personalità delle componenti strutturali dialettiche che hanno già caratteristiche proprie a
ciascun individuo; infatti l’esperienza del passato ha lasciato delle impronte caratteristiche in queste
strutture dialettiche.
22.2 Le conferme esistenziali cercate
22.3 Le conferme esistenziali trovate
Non si osserva alcun miglioramento statisticamente significativo dopo quattro anni di formazione
per tutti i gruppi.
22.3.1Influsso della formazione sulla prima dimensione
Da una parte si nota un certo miglioramento nelle disposizioni riguardanti la potenzialità di
internalizzazione dei valori auto-trascendenti rappresentata dal miglioramento delle strutture della
prima dimensione; dall’atra parte questo relativo miglioramento nelle disposizioni strutturali si
riduce notevolmente se si considerano i segni manifestati nella vita vissuta.
22.3.2Influsso della formazione sulla seconda dimensione
C’è una bassa proporzione di soggetti che migliorano strutturalmente e questa si riduce di nuovo
notevolmente quando si considerano i segni manifestati nella vita vissuta.
22.3.3Influsso relativo della formazione sulla prima e sulla seconda dimensione
Per quanto concerne l’influsso della formazione sulle disposizioni per la libertà effettiva di
internalizzare, per i religiosi e le religiose la prima dimensione migliora (anche se in modo ridotto)
detta potenzialità e tale miglioramento è significativamente superiore a quello che si verifica per la
seconda dimensione.
Mentre la formazione religiosa sembra migliorare la prima dimensione significativamente più di
quanto non faccia migliorare la seconda, tale fenomeno non si verifica per le laiche, dove l’influsso
della formazione non porta a una differenza significativa tra il miglioramento della prima e quello
della seconda dimensione.
I dati indicano che la formazione religiosa influisce significativamente più che la formazione delle
laiche sul miglioramento della maturità propria della prima dimensione.
I dati indicano che la formazione religiosa non ha influito in modo significativamente superiore a
quello della formazione delle laiche sul miglioramento della maturità propria alla seconda
dimensione, cosa che invece si verificava per la prima dimensione.
22.3.4Influsso della formazione con esperienza spirituale intensa sulla prima e
sulla seconda dimensione
37
I dati indicano che la proporzione dei soggetti che migliorano strutturalmente per la prima
dimensione è significativamente superiore a quella di chi migliora strutturalmente per la maturità
della seconda dimensione.
Il noviziato, per quanto riguarda la libertà effettiva in relazione alla potenzialità di internalizzazione
degli ideali auto-trascendenti, tocca relativamente la prima dimensione e in modo
significativamente inferiore la seconda dimensione.
Sembra confermato che la formazione religiosa, anche con un’esperienza spirituale intensa, non
cambia in modo significativo la seconda dimensione in paragone alla prima, che invece migliora
temporaneamente durante il noviziato ma poi sembra mostrare una tendenza all’attenuarsi di tale
miglioramento nel periodo dei due anni successivi al noviziato.
Si può dire che il 91% dei soggetti immaturi e il 93% di tutti i soggetti religiosi non migliora
durante i quattro anni di formazione, quando, oltre al criterio strutturale si chiama in causa il criterio
esistenziale. Tale criterio considera i segni di miglioramento nella disposizione alla potenzialità di
internalizzare gli ideali auto-trascendenti, segni che si manifestano nella vita vissuta.
22.3.5Influsso della formazione sulla terza dimensione
La formazione di quattro anni non cambia, come d'altronde ci si può aspettare, la situazione di
«devianti» o di «normali» presenti all’inizio.
22.3.6Influsso della formazione religiosa su equilibrio o disequilibrio tra la
prima e la seconda dimensione
Il 94% dei soggetti sembrano già piuttosto solidificati nel loro sistema motivazionale per la
potenzialità di internalizzazione. Da questo risultato si può inferire che la loro willingness, positiva
o negativa, conscia e inconscia, sembra essere piuttosto solidificata e non facile da modificare.
La seconda dimensione offre più grande resistenza che la prima dimensione all’influsso della
formazione sull’equilibrio/disequilibrio tra la prima e la seconda dimensione.
22.4 La formazione e gli ideali auto-trascendenti
22.5 Quadro generale riassuntivo dell’influsso della formazione sulla
potenzialità di internalizazzione degli ideali
- La formazione ha favorito un miglioramento degli ideai auto-trascendenti nei primi due anni
(noviziato); però detto miglioramento si è trasformato in un peggioramento complessivo nei due
successivi anni e in un peggioramento tale che gli ideali sono diventati, dopo quattro anni di
formazione, significativamente più bassi di quanto erano all’inizio. Tra altro, dopo quattro anni,
questi stessi ideali peggiorati sono significativamente migliori nelle persone più mature di quelli
delle persone meno mature.
- Per la prima dimensione (conscia) l’influsso della formazione è stato quello di favorire un
suo relativo miglioramento durante i primi due anni. Col passare del tempo, cioè dopo quattro anni
di formazione, tale miglioramento tende ad attenuarsi, ripetendo così – in grado minore – la
configurazione di peggioramento osservata per gli ideali auto-trascendenti.
- Per la seconda dimensione (dove la componente subconscia è importante) l’influsso della
formazione è stato praticamente quasi nullo nel doppio senso che un suo miglioramento è molto
raro e, inoltre, detta dimensione tende a non cambiare: la seconda dimensione tende infatti a
rimanere stabile sia dopo due anni di noviziato (nonostante l’esperienza spirituale intensa e
prolungata dei religiosi), sia dopo quattro anni di formazione.
- Per la Maturità dello Sviluppo della persona nel suo insieme l’influsso della formazione,
com’è ora offerta (senza interesse per la seconda dimensione), non sembra aver toccato le
disposizioni della potenzialità di internalizzare i valori auto-trascendenti di Cristo con amore.
- Va sottolineato il fatto che la seconda dimensione sembra essere un ostacolo notevole nel
miglioramento del processo di internalizzazione nell’amore degli ideali auto-trascendenti di Cristo,
miglioramento che sarebbe lo scopo principale della formazione nella vocazione cristiana sia dei
38
religiosi o religiose che dei laici. Si noti che l’ostacolo posto dalla seconda dimensione all’influsso
della formazione religiosa sull’equilibrio/disequilibrio tra la prima e la seconda dimensione viene
più frequentemente dalle resistenze della seconda dimensione anziché da quelle della prima
dimensione.
Osservazioni ulteriori
Tendenza alla mancanza di miglioramento nonostante il passare del tempo. C’è una convergenza di
numerosi risultati i quali direttamente e indirettamente suggeriscono fortemente che l’aspetto
immaturo del sistema motivazionale ha tendenza a persistere nonostante la formazione.
Gli individui con discordanze nelle loro dichiarazioni, scritte o orali, fanno parte dei gruppi poco
maturi più sovente di quelli che sono francamente e costantemente negativi nelle loro dichiarazioni.
Tutto questo forse significa che il grado di maturità è influenzato negativamente quando una
relazione con i genitori non è stata solamente difficile ma anche repressa e mantenuta al di fuori del
campo conscio; una relazione difficile con i genitori non conduce necessariamente all’immaturità. Il
fatto di aver represso una difficile relazione coi genitori rappresentandola in seguito in termini
ottimistici e poco realisti, influisce sullo sviluppo più fortemente che l’ammettere senza repressioni
una realtà negativa.
22.5.1Alcune riflessioni finali [AVC II – pg 149-152]
22.5.2Alcune conseguenze pastorali [Vedere AVC II – pg 151-160]
23.1 Introduzione
23.2 I tipi di osservazioni fatte
23.3 Presentazione delle varie osservazioni
Gli effetti dei mutamenti avvenuti nella Chiesa e nella cultura del mondo cristiano dal periodo pre a
quello post-Vaticano II sulle due realtà di base dell’antropologia sarebbero i seguenti:
a) Per la possibilità, capacità all’auto-trascendenza teocentrica, dopo il Vaticano II,
c’è un abbassarsi dei valori auto-trascendenti a cui di fatto aspira l’Io ideale della persona
b) Per la libertà di internalizzare detti valori c’è un cambiamento che è più
apparente che reale; infatti le limitazioni di detta libertà non sono cambiate prima e dopo il
Vaticano II. Più specificamente: prima del concilio Vaticano II il processo di
internalizzazione era compromesso dalla compiacenza e dall’identificazione verticali con
l’istituzione; dopo il Vaticano II, l’internalizzazione è spesso compromessa dalla
compiacenza, ma più frequentemente dall’identificazione orizzontale con vari oggetti
sociali. In entrambi i casi, all’internalizzazione e all’identificazione internalizzante si
sostituiscono in modo significativo o l’identificazione non internalizzante o la
compiacenza.
In generali, i risultati indicano che non ci sono differenze nelle «risultanze» (outcomes) riguardanti
le caratteristiche vocazionali della personalità e la perseveranza nei paragoni tra i periodi pre e post-
Vaticano II. Questo dato conferma le osservazioni fatte di una certa irrilevanza dell’influsso
dell’ambiente sulle tre dimensioni strutturali della persona che appaiono transituazionali e
transtemporali.
Fanno eccezione due serie di dati che esprimono tendenze più che differenze dirette, e che non
contraddicono quella osservazione generale: a) la tendenza degli ideali sia auto-trascendenti che
39
naturali ad essere meno elevati nel periodo post-Vaticano II in paragone a quelli del periodo pre-
Vaticano II. Questa differenza riguarda prevalentemente gli ideali naturali; b) la tendenza
riguardante i quattro sottogruppi della seconda dimensione che all’entrata presentano percentuali
più elevate di «nidificatori» e di «spinti», da una parte, e, dall’altra, percentuali meno elevate di
«non nidificatori» e «cambiati» nel periodo post-Vaticano II paragonato al periodo pre-Vaticano II,
riflettendo così una certa differenza nella selezione iniziale all’entrata.
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24.1 La relazione con gli altri vissuta come auto-trascendenza nell’amore
teocentrico
La persona umana e il cristiano sono chiamati alla libertà per l’auto-trascendenza nell’amore
teocentrico. D’altra parte, la persona umana è per sua natura sociale e tale socialità si realizza
pienamente nell’amore per gli altri.
La relazione con le altre persone nell’amore però comporta il dono totale di sé fatto alla Chiesa,
come Cristo ha fatto morendo per la sua Chiesa. È solo questo dono totale e sincero di sé che
permette alla persona umana sia di ritrovare pienamente se stessa, crescendo in tutte le sue doti, sia
di rispondere alla propria vocazione, sia di contribuire allo sviluppo della società.
Per che cosa si fa il dono? Il dono di sé deve essere fatto per il bene, per il valore teocentrico del
donante e del ricevente, che supera la chiusura in se stessi, e raggiunge la realizzazione di entrambi.
In altre parole, il dono di sé dell’amore realizza le due persone solo se è motivato da un’auto-
trascendenza teocentrica anziché da una trascendenza egocentrica o filantropico-sociale.
Qual è l’entità del dono che si fa? Il dono di sé deve essere totale, cioè con tutto il proprio cuore,
con tutta l’anima, con tutta la propria mente e con tutte le proprie forze, cosicché si perde la propria
vita per l’Altro e per l’altro.
I risultati delle ricerche indicano che il dono teocentrico è favorito da una disposizione
antropologica che comprende la maturità nella prima, seconda e – talvolta – terza dimensione. Detti
risultati inoltre suggeriscono che la libertà per l’internalizzazione degli ideali auto-trascendenti è un
fattore importante per rendere possibile il dono totale di sé.
Sembrerebbe perciò che, salva l’azione della Grazia, sia possibile formulare la seguente ipotesi: gli
individui che presentano una più grande maturità esistenziale nella prima, seconda e – talvolta –
terza dimensione, insieme con una più grande libertà effettiva per l’auto-trascendenza nella seconda
dimensione (come struttura), sono quelli che dovrebbero essere più disponibili, più liberi per vivere
le loro relazioni con gli altri in un modo che favorisce la loro crescita nell’auto-trascendenza per un
amore teocentrico anziché solo quella nell’auto-trascendenza per un amore filantropico-sociale o
egocentrico. Tale maggiore disponibilità per relazioni con gli altri che tendono a favorire l’auto-
trascendenza teocentrica e ad essere totali sarebbe indicata da una specifica sottostruttura, che è
parte della seconda dimensione di questi individui.
La seconda dimensione quanto più è matura, tanto più di per sé già tende all’auto-trascendenza per
l’amore teocentrico, e quanto meno è matura, tanto più si oppone a tale auto-trascendenza
favorendo così quella per un amore filantropico-sociale o egocentrico.
Dalla ricerca fatta si è confermato che solo nel caso di un alto grado di maturità esistenziale che
dispone anche a un alto grado di libertà per l’auto-trascendenza nei valori teocentricamente auto-
trascendenti, sarà possibile vivere la relazione con gli altri in modo totale e motivato da un’auto-
trascendenza per un amore teocentrico.
24.2 La relazione psico-sessuale con gli altri e con se stessi vissuta come auto-
trascendenza nell’amore teocentrico
La relazione sessuale cristiana matura, sia essa genitale o no, implica una relazione con la totalità
reale della propria persona e con la totalità reale della persona dell’altro; entrambi non possono
essere mai piegati agli scopi utilitaristici, narcisisti del proprio desiderio.
Anche per la relazione psico-sessuale, i fattori dell’auto-trascendenza per l’amore teocentrico e
quello della libertà effettiva per vivere totalmente gli ideali auto-trascendenti, agiscono come
predittori primari per la maturità della relazione psico-sessuale.
La Provvidenza ha disposto che esista una complementarità biologica e psico-sociale tra i due sessi.
Ogni interazione psico-sessuale, sia essa genitale o no, mette in moto nuove e potente forze
motivazionali (cioè forze di natura sessuale) in entrambe le persone interessate.
41
È nozione comune tra i cultori di psicologia del profondo e dello sviluppo che il sesso (inteso non
solo come bisogno istintuale, ma come bisogno psico-sociale con direzione e orientamento sociale)
mostra una grande plasticità e ubiquità. In altre parole, il sesso può essere in relazione e influenzato
da molti e differenti aspetti o disordini della personalità; cioè ogni forza motivazionale della
persona (come per esempio il senso di inferiorità, il bisogno di dipendenza affettiva, l’aggressione,
ecc.) può usare le manifestazioni e le relazioni psico-sessuali come un mezzo per esprimersi, sia
come gratificazione o come difesa della persona sia come espressione dei suoi ideali, anche per gli
ideali auto-trascendenti solo apparenti cioè non reali.
Esistono aspetti, forze motivanti negli individui che possono costituire un indice del maggiore o
minore grado di sviluppo psico-sessuale raggiunto da ciascuna persona. Si potrebbe parlare di un
Indice di Sviluppo Psico-sessuale, che esprime le disposizioni della persona per una maturità o
meno nelle sue relazioni psico-sessuali.
Ipotesi di base: gli individui che presentano una più grande maturità nella prima, seconda e terza
dimensione, insieme con una maggiore libertà effettiva per l’auto-trascendenza nella seconda
dimensione, sono quelli che hanno un grado più alto per l’Indice di Sviluppo Psico-sessuale; a loro
volta, detti individui sono quelli che non presentano «debolezze sessuali» in aree riguardanti la
masturbazione o le relazioni omosessuali o le relazioni eterosessuali.
La frequenza dei comportamenti relativi alle debolezze sessuali deve essere considerata nella
cornice della psicodinamica di tutta la persona.
Le valutazioni cliniche assumono un significato speciale quando le suddette debolezze psico-
sessuali accadono in persone come quelle in vocazione sacerdotale e religiosa, le quali, secondo gli
ideali da loro stesse proclamati, vogliono integrare la loro sessualità e la loro esistenza in un
progetto di vita morale e religiosa per cui esse stesse si sono liberamente impegnate.
Le modalità di valutazione hanno seguito i seguenti criteri:
a) Masturbazione: considerata come una «debolezza» dopo l’entrata sia per i
religiosi maschi, i seminaristi che per le religiose, se presente nei quattro anni di vita
vocazionale come persistente (cioè almeno con una frequenza superiore a quella di 6 volte
all’anno);
b) Omosessualità: considerata presente se nella persona si erano verificate una o
entrambe le seguenti manifestazioni: 1) ogni espressione fisica ripetuta, quale ad esempio
il coito anale, la fellatio, la masturbazione mutua, l’accarezzare i genitali o altre parti
sessualmente sensibili del corpo; 2) presenza di una omosessualità latente o falsa (pseudo-
homosexuality) se la persona mostrava persistenti paure o affetti di omosessualità che
influivano sul suo comportamento;
c) Eterosessualità: considerata presente come «debolezza» psicosessuale se, dopo
l’entrata, c’era la presenza di una o entrambe le seguenti manifestazioni: 1) il frequentare
una persona dell’altro sesso con uno specifico desiderio conscio tendente alla
gratificazione sessuale anche fisica, genitale o no, 2) espressioni sessuali fisiche di
qualsiasi tipo.
La significatività delle differenze ottenute è sempre nella direzione secondo cui le persone con un
più alto grado di maturità per la seconda dimensione hanno anche un più alto grado di sviluppo
psico-sessuale.
Si è riscontrato che i «non nidificatori» hanno un Indice di Sviluppo Psico-sessuale
significativamente più elevato di quello dei «nidificatori».
Si deve concludere che è importante per lo sviluppo delle relazioni psico-sessuali nella direzione
dell’internalizzazione per l’auto-trascendenza teocentrica prendere in considerazione
contemporaneamente le componenti della persona espresse dalle tre misurazioni: Indice di Maturità
dello Sviluppo, seconda dimensione e Indice di Sviluppo Psico-sessuale. Limitarsi a prestare
attenzione a una sola delle tre componenti è rendere più difficile o meno probabile la crescita in
detta auto-trascendenza.
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Non c’è una corrispondenza tra
- La prima dimensione e l’indice di sviluppo Psico-sessuale
- La terza dimensione e l’indice di sviluppo Psico-sessuale
- Le consistenze difensive e l’indice di sviluppo pisco-sessuale
- L’indice di Orientamento Interpersonale e l’indice di sviluppo psico-sessuale
Si può concludere che l’indice di sviluppo psico-sessuale possiede una validazione convergente e
divergente. Questo significa che il detto indice misura adeguatamente l’aspetto di sviluppo psico-
sessuale in quanto è in correlazione con elementi fondamentali della maturità della persona; d’altra
parte questa misurazione si differenzia sostanzialmente da altri aspetti rilevanti della persona stessa
e quindi rappresenta un’area specifica dello sviluppo dell’individuo.
L’esercizio e l’esperienza di ruolo (anche dei ruoli non psico-sessuali) è utile per l’internalizzazione
se l’individuo gode, come presupposto, di una sufficiente libertà effettiva per l’internalizzazione e
perciò di una certa maturità esistenziale.
A questo proposito è bene ricordare che, come i dati della ricerca indicano, il 60-60% dei soggetti in
vocazione studiati non sembra godere della suddetta libertà effettiva per l’internalizzazione e della
maturità esistenziale.
Perciò le opportunità offerte agli individui per la crescita nella potenzialità di internalizzare gli
ideali auto-trascendenti, sia mediante le relazioni interpersonali sia mediante le relazioni psico-
sessuali, sono utili se tali individui possiedono già un certo grado di libertà effettiva, libertà che non
è ostacolata da disarmonie interiori centrali conscie, o sopratutto – inconscie. Infatti, se le persone
sono veramente libere, esse tendono a scegliere i valori auto-trascendenti dell’importante per sé del
regno di Dio invece dei valori naturali che sono importanti per me e in contraddizione con il regno
di Dio. Dopo tutto, lo scopo finale della vocazione cristiana non è quello dell’auto-realizzazione,
ma quello dell’amore teocentricamente auto-trascendente di se stessi e degli altri.
Considerazioni conclusive:
- La maturità delle disposizioni motivazionali di tutta la persona che è collegata alla
presenza o meno delle debolezze sessuali.
- La maturità-immaturità della prima dimensione non è direttamente correlata con
le debolezze sessuali, né con l’indice di Sviluppo Psico-sessuale. Perciò, per questa area
della persona, l’individuo mantiene la sua libertà effettiva di scelta e questo comporta una
responsabilità morale.
- La maturità-immaturità della seconda dimensione è correlata alle debolezze
sessuali solo indirettamente tramite l’Indice di Sviluppo Psico-sessuale. Perciò la seconda
dimensione non limita la libertà effettiva della persona nell’ambito delle debolezze sessuali
al punto di togliere il senso di responsabilità morale a cui dispone la prima dimensione.
- L’indice di sviluppo psico-sessuale è diverso dalla seconda dimensione ed è una
sottostruttura della dinamica personale che non ha l’importanza «centrale» della seconda
dimensione nella dinamica della persona. Da solo essi sembra non limitare la libertà
effettiva, cosa che invece può essere presente per la seconda dimensione.
- Per la maturità-immaturità della terza dimensione i dati indicano che esiste una
correlazione con le debolezze sessuali. Però tale correlazione è significativa solo per i casi
di psicopatologia che presentano una disorganizzazione del self, cioè solo con i casi di
psicopatologia che sono più gravi.
- La maturità psico-sessuale non corrisponde necessariamente a quella di
orientamento interpersonale nel senso di una maggiore o minore disposizione a vivere le
relazioni interpersonali secondo i valori di un’auto-trascendenza teocentrica. Questa
mancanza di correlazione sembra essere dovuta al fatto che le relazioni eterosessuali, siano
esse genitali o no, mettono in moto anche nuove e potenti forze motivazionali di natura
sessuale in entrambe le persone interessate.
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- Sono le persone, che hanno già raggiunto un maggiore grado di maturità per
l’indice di maturità dello sviluppo e per la seconda dimensione, quelle che approfittano
positivamente delle relazioni interpersonali e/o eterosessuali per vivere tali relazioni in un
modo orientato all’auto-trascendenza teocentrica. È quindi chiaro che tali relazioni devono
essere usate per l’importante per sé dell’auto-trascendenza per il regno di Dio, anziché per
l’importante per me che è in contraddizione con tale auto-trascendenza.
Il rispetto e l’amore per gli avversari è un po’ il banco di prova per gli «immaturi» nelle relazioni
con gli altri. Infatti, la loro immaturità tende sovente a mutare quello che è solo differenza di
opinione tra le persone in difficoltà di relazione interpersonale o in inimicizia.
Questo avviene anche per un’altra ragione. L’accettazione della diversità di opinione o di azione
dell’altro richiede che, mentre non si rinuncia a professare la verità di ciò che si crede, tuttavia si
tratta l’altro con sufficiente rispetto e amore cosicché si stabilisce un vero dialogo, cioè si è capaci
di parlare insieme e si è disposti a dare ma anche a ricevere; e il ricevere è molto più difficile per
persone come gli «immaturi» che sono orientati a valorizzare ciò che è egocentrico e ciò che è
sociale anziché a superare entrambi per ciò che è teocentrico, cioè per i valori che sovente
richiedono rinuncia di quello che può essere gratificante, difensivo o direttamente (come
egocentrico) o indirettamente (come sociale).
Questa difficoltà a essere disposti non solo a dare ma anche a ricevere può essere particolarmente
sentita in cose religiose. Gli «immaturi» della prima e seconda dimensione sono persone divise in se
stesse specialmente o anche per i valori auto-trascendenti, cioè per i valori per i quali la persona
umana è stata particolarmente creata. Di qui la reazione degli «immaturi» a sentirsi particolarmente
minacciati nella loro «divisione» e perciò nel proprio senso di sicurezza. Come conseguenza essi
tenderanno a reagire alla diversità di idee non per difendere la verità, ma per difendere sub
consciamente la propria persona, la stima di se stessi; e tenderanno a fare questo usando sub
consciamente distorsioni nel loro ascoltare, nel loro giudicare e discernere.
24.4 Riguardo alle relazioni psico-sessuali
GS12 collega la somiglianza umana con Dio all’esistenza dell’umanità come uomo e donna, cioè
con la sessualità. Ma questo collegamento della sessualità umana alla somiglianza della creatura
umana con Dio comporta il fatto che la sessualità umana supera i fenomeni puramente naturali della
riproduzione, per elevarsi a livello di un dialogo fatto di amore psicologico e spirituale, e perciò di
un amore che coinvolge tutta la persona. L’uomo come immagine di Dio è un’essenziale e vivente
relazione a Dio, relazione singolarmente completa a profonda, relazione di Dialogo con Dio. Perciò
la sessualità umana comporta un’auto-trascendenza dell’amore teocentrico di tutta la persona
umana.
La socialità è un fattore che può combinarsi facilmente con la sessualità e condurla a situazioni,
genitali o no, che non necessariamente coincidono con il fine ultimo di amore teocentricamente
auto-trascendente proprio della persona umana.
Le dialettiche centrali della prima e seconda dimensione (e talvolta della terza dimensione), possono
esercitare una funzione debilitante sulla volontà della persona e inclinarla alle debolezze sessuali.
Nella prassi pastorale si tende a negare con molta facilità che esista il peccato personale, specie
nella sfera sessuale. Così tende a negare ogni colpevolezza per la masturbazione, il sesso
prematrimoniale, l’omosessualità, le amicizie eterosessuali chiaramente non ordinate al fine ultimo
della persona umana, ecc. Invece come i dati di ricerca suggeriscono, c’è tutta una gradazione di
responsabilità morale che va giudicata caso per caso, però i casi di mancanza di responsabilità
morale sono una piccola percentuale.
Come conseguenza si constata nella società contemporanea un’attenuazione del senso di peccato.
Un’altra causa di questa attenuazione del senso del peccato va trovata nel fatto che tropo spesso si è
considerato il peccato quasi esclusivamente come una trasgressione delle norme etiche. Ora, a parte
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il fatto che in certe circostanze tale trasgressione non è accompagnata da una vera responsabilità,
resta anche il fatto più importante che si è dimenticato il vero significato della trasgressione di
queste norme etiche: il significato religioso di alienazione da Dio.
Per quanto riguarda più specificamente le trasgressioni della castità e l’attenuazione del senso del
peccato, forse sarebbe utile nella pastorale sottolineare l’aspetto positivo della castità stessa anziché
quello negativo, cioè accentuare il concetto di dono all’Altro e all’altro anziché il concetto di
rinuncia. La castità è un sacrifici precisamente perché significa rinunciare non a qualcosa di osceno
e basso, ma a qualcosa di bello e buono, che viene donato all’Altro e all’altro.
Per i «maturi», la chiamata alla castità/celibato è in senso positivo un’avventura, l’avventura di chi
crede, portatrice di gioia per chi è chiamato in modo sempre nuovo; essa è esperienza di Dio in
Cristo, prova della sua fede, speranza e carità.
La testimonianza deriva da un valore che testimonia per la sua stessa presenza: l’essere è più
importante del fare.
Il carisma della castità/celibato non è qualcosa a sé stante, completo e dato una volte per tutte. È
qualcosa donato da Dio all’uomo nella sua situazione concreta storica, antropologica e psicologica.
Il compito richiesto da una vita di celibato non è indifferente. Oggi più che mai si conosce
l’importanza del corpo e della sessualità nello sviluppo della personalità. Anche i consacrati per il
regno dei cieli, devono vivere interamente nel loro corpo con il pensiero e le emozioni, nel
sacrificio e nell’azione portando sempre il segno della loro sessualità. Altrimenti, il consacrato non
amerebbe veramente con il suo cuore neppure Dio, né irradierebbe alcun segno valido di
testimonianza per gli altri. «Solo attraverso un’accettazione conscia e il trascendere personale della
corporeità sessualmente differenziata, le rinunce liberamente accettate per il celibato cessano di
essere un ostacolo per lo sviluppo umano, mentale e religioso della persona e diventano sorgenti di
nuova energia, promuovendo gli scopi del celibato cristiano» (Wulf).
Il dono non è un sostituto per il processo lento e laborioso di apprendimento della rinuncia. Esso
mette in moto la lotta, ma nello stesso tempo fornisce un’assistenza che supera lo sforzo umano.
Per questo sopratutti i giovani necessitano di guida e di formazione.
«se i problemi conessi col celibato non sono affrontati e risolti (Worked out), ci sono conflitti
irrisolti e un impoverimento della persona, mentre la consacrazione di tutta la persona a Dio per gli
altri deve condurre il sacerdote alla sua piena maturità» (Neuner)
È importante una formazione che raggiunga le «inclinazioni più profonde della natura umana».
Il rapporto sessuale-genitale può essere usato per esprimere ogni tipo di conflitti individuali, di
bisogni e preoccupazioni, anziché una relazione affettiva piacevole tra due individui.
Per gli «immaturi» della seconda dimensione i significati prevalenti attribuiti alle relazioni sessuali
possono essere molto facilmente ben diversi da quelli di auto-trascendenza dell’amore teocentrico
inerenti alla natura della persona umana e propri della vocazione cristiana; perciò tali significati
invece di aiutare, sono di ostacolo a un’internalizzazione degli ideali auto-trascendenti e così alla
crescita nella vocazione cristiana. Anche se sub consciamente, nella relazione interpersonale, si
finisce per «usare» l’altra persona come un «oggetto» e di rendere più difficile o addirittura di
minare la sua crescita vocazionale. Questo «uso» subconscio dell’altro come «oggetto» può togliere
la responsabilità morale, ma certamente rende più difficile scoprire da soli il danno che si sta
procurando a se stessi e agli altri e quindi liberarsi dagli ostacoli per una crescita nella possibilità di
internalizzare i valori auto-trascendenti. Le dinamiche conscie e subconscie messe in moto da
questo tipo di relazione tra i membri (genitori e figli) delle famiglie indeboliscono o distruggono
l’unità, la stabilità e la felicità delle famiglie stesse.
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Una vera amicizia è fondata sui valori auto-trascendenti, cioè su di un’auto-trascendenza che cerca
e fa il bene teocentrico che impegna entrambe le persone.
Un’amicizia eterosessuale non può essere fondata sulla ricerca di un legame affettivo che gratifichi
reciprocamente le due persone.
Le psicodinamiche inconscie della seconda dimensione da una parte rendono le persone meno
capaci di veramente vedere e oggettivamente discernere quanto di immaturo è presente nella
relazione e così portano a un progressivo peggioramento della situazione; d’altra parte, lentamente
ma progressivamente, esse hanno effetti negativi sia nel senso di diminuire la potenzialità di
internalizzazione in particolare e la crescita vocazionale in generale.
Gli «immaturi» (che sono circa il 60-80%), proprio perché sono sub-consciamente divisi in se stessi
e perciò si sentono in qualche modo fragili o bisognosi di appoggio, hanno grande difficoltà a dare
senza cercare di ricevere o senza cercare di difendersi. Si può avere l’impressione di servire l’altro,
ma in fondo sub-consciamente si agisce per essere serviti.
Inoltre la tendenza all’esclusività di frequente porta ad essere gelosi. L’esclusività con un partner
umano facilmente tocca altre aree della vita delle due persone: una diminuzione nella vita di
preghiera, di unione con Dio; la relazione verso la comunità (o gruppo familiare) con cui si vive e
verso cui le persone si possono sentire più scontente oppure diventare meno responsabili; l’essere
chiusi in modo ossessivo nel mondo dei pensieri e di desideri che riguardano l’altra persona.
Per superare queste deviazioni o distorsioni delle amicizie eterosessuali bisogna assumere un
atteggiamento non solo negativo di rinunce, ma uno positivo di un amore teocentricamente auto-
trascendente. Nel contesto di vita consacrata, come puro in quello, del matrimonio, la vita affettiva
dei cristiani richiede non solo delle rinunce, ma anche e soprattutto delle testimonianze presenti in
tre tipi di relazioni. Anzitutto e in modo primario e fondamentale la testimonianza di una profonda
relazione con Dio. Una seconda testimonianza (che segue la prima) necessaria per riempire il nostro
vuoto affettivo, è la relazione con la comunità, col gruppo con cui si vive. Infine c’è la
testimonianza delle relazioni legate alle nostre attività di lavoro e/o di ministero; detta
testimonianza deve essere aperta a tutti, specie ai più bisognosi dell’amore di Dio e del prossimo.
Le tre testimonianze sono le forze positive che ci aiutano a vivere con gioia il senso di vuoto, di
solitudine inerente alla persona umana, perché ci avvicinano sempre più a Dio, fonte della nostra
gioia.
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Si è apostoli quando si è liberi di avere relazioni molteplici che vanno al di là di una ricerca di
relazioni esclusive e si cerca invece di unire a Cristo, anziché a se stessi, l’altra persona; in altre
parole, si è apostoli quando non si cerca l’importante, il gratificante per me ma l’importante per sé
del Regno. Si è apostoli quando si amano le persone che non possono rispondere all’amore che si
offre a loro o che tradiscono l’amore offerto. Si è apostoli quando sempre si testimonia nella vita la
nostra risposta totale all’amore del Padre per noi. Così ha fatto Gesù.
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