1.2 IL QUADRO
355 parrocchie afferenti a 16 giurisdizioni.
Le giurisdizioni più rappresentate sono il Patriarcato di Romania, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (giurisdizione di
origine italiana) e il patriarcato di Mosca.
La distribuzione delle chiese ortodosse copre tutto il territorio nazionale, tanto che non c'è regione che non registri almeno
una chiesa ortodossa. Distribuzione che però non si estende in maniera omogenea e infatti Lazio, Lombardia e Piemonte
sono le regioni che registrano i numeri più alti di concentrazione in tal senso, numeri che rispondono ai flussi migratori
legati per lo più alle dinamiche del mercato del lavoro.
La presenza ortodossa in Italia, poco più di un secolo fa, era circoscritta a parrocchie e giurisdizioni di origine straniera che
offrivano i loro servizi pastorali a quei pochi fedeli ortodossi che si trovavano nel nostro paese. Numericamente, è con la
Rivoluzione Russa e con la fine della Seconda Mondiale che si attesta un primo momento e aumento di diffusione. Poi, se
intorno al 1960 assistiamo alla nascita delle prime parrocchie ortodosse italiane, è comunque solo nei Novanta che ha vita il
vero e proprio boom, e di tipo quantitativo e in termini di diversità delle giurisdizioni adesso presenti.
La presenza degli ortodossi nel nostro paese è continuamente aumentata, questo sia in numero assoluto sia in percentuale
rispetto agli immigrati di altre tradizioni religiose. Infatti, nel 2006 gli ortodossi immigrati hanno superato i cattolici
immigrati e negli anni successivi si sono avvicinati anche al numero dei musulmani immigrati. In effetti, secondo una stima
del 2012, gli ortodossi presenti in Italia è di circa 1mln400mila, a fronte di 1mln600mila musulmani. Addirittura si dice che
nell'ipotesi che questo andamento si mantenga costante, gli ortodossi sarebbero destinati a superare i musulmani.
1.4 CONCLUSIONI
Il cristianesimo ortodosso dovrà affrontare un periodo di stabilizzazione e istituzionalizzazione sia nei confronti dello Stato
italiano, sia ancora nei confronti della religione di maggioranza presente sulla penisola, il cattolicesimo.
- Dal punto di vista giuridico, nel luglio del 2012 c'è stato un grande passo in avanti nelle relazioni tra una giurisdizione e lo
Stato italiano, nel senso che è stata approvata la possibilità per i ministri di culto del patriarcato ecumenico di celebrare
matrimoni con validità anche civile, di poter insegnare anche la loro religione nelle scuole pubbliche e, infine, di poter
accedere alla ripartizione dell'8x1000.
- Sul versante propriamente religioso, i rapporti fraterni tra cristianesimo ortodosso e cattolicesimo sono buoni (anche se
variano in base alla giurisdizione considerata).
Detto quanto raggiunto, tra i tasselli che vanno ancora inseriti nel prossimo futuro, c'è da considerare il versante culturale,
per cui l'ortodossia deve cominciare a ripensarsi come un'entità più generale, universale, risolta dai nazionalismi.
CAPITOLO 3 - I MUSULMANI E I LORO LUOGHI DI CULTO (di Khalid Rhazzali e Massimiliana Equizi)
3.1 CHI SONO I MUSULMANI?
Nel panorama delle presenze religiose in Italia, i musulmani rappresentano numericamente la compagine più grande tra le
minoranze religiose (1,6mln). Quando parliamo di musulmani non parliamo di quel tipo di persone che i media e la retorica
politica ci rappresentano, ma più banalmente pensiamo a persone che vivono o che provengono da paesi in cui la religione
predominante è l'islam.
Detto questo, esistono tante tipologie di musulmani: sufi, salafi, musulmani che mantengono un rapporto più distaccato
con la pratica religiosa (salvo comunque recuperi di qualche precetto in occasioni particolari), musulmani che invece vivono
a strettissimo contatto con la pratica religiosa...Tutto questo ci induce a pensare l'Islam come un fenomeno complessissima
sociologicamente parlando, da cui l'importanza di uscire nell'approcciare a questo, da una visione essenzialistica. Sì, perché
anche in quello che chiamiamo musulmano ci sono tantissimi piani che si intrecciano complessificando il quadro.
4.4 CONCLUSIONI
Sebbene espressioni di una religiosità minoritaria, in generale gli studiosi rilevano nu crescente interesse per queste nuove
forme di religiosità in Italia. Circa i praticanti italiani è possibile dire che se i primi hanno dovuto convertirsi in età adulta ad
una specifica tradizione religiosa, le seconde e le terze generazioni che sono seguite non hanno effettuato alcuna
conversione ma sono nate e cresciute come tali (credenti di quella specifica tradizione religiosa). Ancora, i praticanti italiani
sono per lo più appartenenti alla classe media e per lo più donne.
Centri e templi legati alle religioni orientali si trovano soprattutto nelle regioni economia mente più dinamiche, nel Nord
(vedi Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna), mentre molto rara è la loro presenza al Sud e nelle Isole. La qual cosa
probabilmente è dovuta ai flussi migratori che, fin da sempre, sono maggiormente stati orientati nel caso italiano verso il
Settentrione.
5.5 UNO STUDIO DI CASO: LA CHIESA DELLA PENTECOSTE IN ITALIA (CHURCH OF PENTECOST, COP)
La COP è una singolare Chiesa pentecostale ghanese. Questa è nata da una scissione di tipo dottrinale circa i temi della
guarigione e dell'uso di farmaci. La COP pone la Bibbia al centro della propria dottrina, crede nel battesimo dello Spirito
Santo, in Gesù Cristo salvatore, nei doni dello Spirito Santo e nella guarigione divina. In Ghana è una delle più grandi e
consolidate Chiese pentecostali.
Ciò che rende peculiare la COP è l'imparagonabile progetto missionario intrapreso a livello mondiale, infatti a ben vedere è
presente in Africa, Europa, Stati Uniti, Sidamerica, Asia, Europa dell'Est. Tale articolata strategia missionaria ha portato
questa Chiesa a essere tra le più influenti sia in Ghana che nelle diaspore ghanesi nel mondo.
In modo particolare, in Italia la COP affonda le sue radici da migranti economici prima insediatisi a Castel Volturno, poi a
Udine. Da qui (Udine), sulla scorta del Modello di Missione Migrante, ha chiesto aiuto alla sede centrale della COP ad Accra,
ricevendolo e consolidandosi in territorio italiano. Nel 2001 la COP ha 71 Chiese divise in 18 distretti, per un totale di
membri attivi di circa 7800 unità. La nazionalità di questi è prevalentemente ghanese, tanto è che gli italiani registrati sono
solamente 3 (ci sono anche migranti africani di 140 nazionalità diverse).
Il caso della COP è molto simile ad altre Chiese che si sono inserite in un progetto di missione transnazionale. Certo, tra
queste altre Chiese ce ne sono alcune molto deboli che sopravvivono a fatica, o che, talvolta, si dissolvono nel nulla.
6.3.2 La galassia
Le ADI costituiscono solo un tassello del mosaico pentecostale italiano. Per ordine di grandezza, il secondo ente di
rappresentanza è costituito dalla Federazione delle Chiese pentecostali (FCP). A tale federazione aderiscono, oltre ad
alcune Chiese locali o regionali, alcuni network nazionali, vedi la Chiesa Elim, la Chiesa di Dio, la Chiesa Parola della Grazia,
la Chiesa cristiana pentecostale italiana, la Chiesa evangelica internazionale, il Movimento Nuova Pentecoste e la Chiesa
apostolica in Italia.
CAPITOLO 8 - STUDI DI CASO: TORINO E BOLOGNA (di G. Becchis, L. Berzano, M. Equizi, A. Lucà Trombetta e P. Lucà
Trombetta)
8.1 CHIESE PENTECOSTALI DI IMMIGRATI IN TORINO
8.1.1 Il pentecostalismo diasporico in Torino
Nel tracciare una panoramica su chiese e movimenti pentecostali presenti a Torino, ci si deve confrontare con la difficoltà di
proporre nette classificazioni tipologiche: ognuna di queste, infatti, pur riconoscendosi nella tradizione evangelico-
pentecostale, presenta peculiarità legate alla propria storia e al contesto socioculturale in cui si è sviluppata, il tutto con
conseguenze molto varie. D'altronde, è il mondo religioso pentecostale stesso che per sua natura tende a "sfuggire"
rappresentazioni e definizioni troppo uniformi.
Ricerche recenti a Torino hanno analizzato le funzioni sociali delle Chiese pentecostali ivi presenti.
1. Queste sono risorse di identificazione collettiva, specie per la protezione dalla condizione di stranieri in campo italiano.
2. Di più, mantengono la memoria originaria trasfigurata in epos, la codificazione del costume come religione civile, la
trasfigurazione dei legami di parentela vissuti simbolicamente come "stirpe", il patrimonio comune di miti, credenze e
riti. ...e così facendo, danno un senso all'esistenza individuale e di gruppo (permettono che l'ethnos sia vissuto come valore
aggiunto).
Le Chiese pentecostali presenti a Torino sono "Chiese diasporiche", ovvero di immigrati che mantengono legami e rapporti
con il luogo di provenienza.
Islam
Nell'insieme, l'Emilia-Romagna si colloca come uno dei poli più attrattivi della Umma italiana, essendo la prima area
nazionale per numero di moschee calcolato sulla base della popolazione residente e seconda solo alla Lombardia per
numero totale: 122 i luoghi di culto stimati.
Emergono, nel caso dell'islam, entrambe le tendenze di cui sopra, inclusiva ed esclusiva. Esistono infatti, in parte un islam
etnico, vale a dire costituito dalle moltissime musallayat (sale di preghiera) specifiche a ciascuna comunità nazionale che,
per loro natura, escludono; in parte un islam interetnico rappresentato dalle maggiori moschee, per loro natura questa
volta inclusive.
Protestanti e pentecostali
13 le chiese protestanti e pentecostali (soprattutto ADI) censite a Bologna. Queste in prevalenza sono frequentate da
africani che, in quanto appunto presenza maggioritaria, producono trasformazioni talvolta anche sul piano liturgico,
mettendo non di rado alla prova la disponibilità delle comunità locali ad accogliere le diversità. La maggioranza degli
immigrati appartiene a congregazioni di matrice neopentecostale, ovvero comunità che nascono ad opera di energici
imprenditori religiosi.
Ortodossia
Delle 16 giurisdizioni presenti in tutta Italia, 4 sono solo a Bologna: russa, romena, greca, copta, con 7 congregazioni. Sia la
regione che la provincia (Emilia-Romagna e Bologna) sono aree in cui si è maggiormente strutturata la presenza ortodossa
in Italia. Le parrocchie sono in gran parte ospitate presso cappelle e chiese cattoliche in disuso (tensioni tra cattolici e
ortodossi).
I cattolici "etnici"
A Bologna abbiamo nove comunità immigrate. La parrocchia è, in questa prospettiva, il primo veicolo di integrazione fra il
vissuto personale dell'immigrato e la comunità ospitante, nel rispetto ovviamente dei percorsi differenziati di
"avvicinamento culturale". Le comunità sono anche i luoghi di incontro e sostegno materiale e psicologico attraverso
attività di vario tipo: infatti, come stesso gli operatori religiosi dichiarano, la loro presenza dà vitalità a parrocchie
sonnolente e permette di recuperare ambienti anche prestigiosi sul piano artistico e architettonico, in disuso.
Altre religioni
Il pluralismo religioso non si riduce alla presenza degli immigrati. Esistono infatti:
- comunità ebraiche di antichissimo insediamento;
- religioni di derivazione cristiana, vedi i Testimoni di Geova e i mormoni;
- Dianetics-Scientology;
- luoghi di incontro massonici;
- religioni "orientali", ovvero centri spirituali e religiosi di matrice hindu e di matrice buddhista;
- associazioni "pseudocattoliche" o cattoliche-scismatiche non riconosciute dalla Chiesa.
CAPITOLO 9 - STUDI DI CASO: ROMA, CASTEL VOLTURNO, PALERMO, MAZARA DEL VALLO (di A. Amitrano, E. Di Giovanni,
D. Di Sanzo, E. Gandolfi, M. I. Macioti, M. A. Maggio)
9.1 RELIGIONI A ROMA. LA COMPLESSA ARTICOLAZIONE DELLE DIVERSE PRESENZE RELIGIOSE
9.1.1 A monte
Roma rispetto alle altre città permette un indubbio vantaggio e un indubbio svantaggio. Il vantaggio è che pullula di studi
precedenti molto molto accurati; lo svantaggio invece è che è la culla dell'umanità, quindi è logico attendersi qui una
presenza di nazionalità e religioni molteplici.
Il primo problema con la ricerca attuata a Roma è stato di tipo organizzativo. Si è deciso, comunque, di procedere nella
direzione di una ricerca longitudinale in primis, riprendendo dall'impostazione dell'ampio materiale preesistente
(biblioteche, pubblicazioni scientifiche, tesi di laurea); inoltre, in un secondo momento, si passerebbe a fare interviste
qualitative o telefonicamente, o, nei casi più complessi, in loco nell'ambito di visite ai luoghi di culto.
Da questa esperienza il risultato principe è stato il rafforzamento di una convinzione già profonda, cioè il fatto che è difficile
parlare, oggi, di secolarizzazione; piuttosto è attendibile l'ipotesi di una diversa richiesta del sacro (un reincantamento).
9.3 TUNISINI A MAZARA DEL VALLO: UN ESEMPIO DI "UMANESIMO TEMPERATO" (RISPETTO DELLA DIVERSITÀ)
Mazara del Vallo è la più araba delle città siciliane, con circa 3000 stranieri residenti, quasi tutti di religione islamica, in
massima parte provenienti dal Maghreb e di cui la prima ondata migratoria risale agli anni Ottanta.
Lo studio di Mazara ci pare una scelta quasi obbligata in quanto costituisce un test convincente per misurare il rapporto di
identità tra Oriente e Occidente. La città, difatti, porta nella sua cultura numerose tracce e testimonianze di questa antica
convivenza.
La comunità stanziale tunisina, grazie ad una locale società accogliente, passivamente tollerante, vive a tutt'oggi una
coabitazione grossomodo senza pregiudizi razziali. Gli stranieri sono per eh la maggior parte impegnati in agricoltura e nei
mestieri del mare: marinai e pescatori ingaggiati nella flotta di Mazara, che è tra le più importanti di Italia.
La ricerca di campo, però, segnala Mazara come sì, comunità accogliente, ma non proprio interattiva: la comunità mazarese
e quella tunisina, infatti, pur condividendo talune regole e taluni spazi a garanzia della reciproca convivenza, conducono in
realtà "vite separate". Ciò significa che il multiculturalismo della città in verità nasconde forme di isolamento e di
marginalizzazione. È un dato di fatto che i contatti tra le due comunità si limitano principalmente al mondo del lavoro, nel
quale i migranti sono inseriti e, il più delle volte, in condizione di sottoccupazione.
Attualmente il tentativo di procedere significativamente sulla strada dell'integrazione è condotta dalla Chiesa cattolica
mazarese, che sta provando a costruire un opportuno incontro interculturale e interreligioso anche grazie ad alcune
associazioni che si prodigano in tal senso.
Alla base della difficoltà di o comunicazione e della mancata permeabilità tra le due culture, permane il pregiudizio, da una
parte che L'Occidente possa minare i valori della tradizione islamica, dall'altra parte che l'Oriente possa islamizzare
l'Occidente. Bisogna rimettere in gioco il concetto di accoglienza e di convivenza, richiamando al dialogo interreligioso
contro quella visione monolitica dell'islam fino ad ora prevalente, il vero grande ostacolo sulla strada della reciproca
incomprensione. Questo perché nel comune di Mazara del Vallo, tutti i ragazzi devono poter aspirare, al pari dei loro
coetanei, al comune obiettivo di una costruzione del futuro.
CAPITOLO 10 - I TAMIL IN EMILIA-ROMAGNA E SICILIA: IDENTITÀ E METICCIAMENTI (di Cristina Natali e Giuseppe Burgio)
10.1 UNA REALTÀ RELIGIOSA SOMMERSA: L'INDUISMO TAMIL SRILANKESE IN EMILIA-ROMAGNA
Un primo elemento peculiare della sommersa, quindi nascosta o comunque fuggevole, presenza tamil in Emilia-Romagna,
trattiamo il "dove" vengono a svolgersi le omologhe cerimonie di culto:
1. DIMENSIONE PUBBLICA. In assenza di luoghi ufficiali deputati al culto tamil, si svolgono negli stessi locali che ospitano le
lezioni di lingua tamil per bambini e ragazzi. Queste cerimonie risultano avere un tono culturale e, in tal senso, presentano
una forte connotazione di tipo educativo-civile. Le festività religiose sono considerate infatti importanti occasioni di
apprendimento alla base della tradizione hindu. Svolgendosi in aule o piccole sale di centri culturali che ospitano
associazioni culturali di stranieri e non essendo pubblicizzate, le cerimonie vedono l'esclusiva partecipazione di membri
della comunità tamil.
2. DIMENSIONE PRIVATA. Ci sono anche altri luoghi di culto tamil -come dire- "maggiormente sommersi", ovvero gli spazi
domestici. Infatti, coerentemente con la tradizione hindu, in ogni abitazione c'è una stanza deputata all'adorazione. Questa
presenta un tavolo, un mobile o una mensola su cui sono collocate le immagini di divinità del pantheon hindu...e tali
immagini sono dedicate quotidianamente, o in occasioni speciali, pratiche rituali che prevedono preghiere, accensione di
luci e incensi o offerte di fiori.
2. DIMENSIONE INTERMEDIA TRA PUBBLICA E PRIVATA. Esistono non fine spazi che presentano un profilo intermedio in tal
senso, ovvero ad esempio quei casi in cui vengono innalzati degli altarini per l'adorazione in negozi gestiti da tamil. La qual
cosa avviene in rari casi anche in Emilia-Romagna.
Insomma, proprio in virtù di quanto abbiamo visto finora, si determina una sorta di invisibilità della religiosità induista
tamil.
Altro tratto peculiare di questa confessione religiosa, l'assenza degli specialisti rituali. Tale assenza, conseguenza diretta
della mancanza di templi, si traduce nella necessità di ricorrere ad altri membri della comunità al fine di poter portare a
termine le cerimonie. Le persone scelte per questi incarichi devono possedere una qualità peculiare, la "purezza", che si
manifesta soprattutto nella scelta di una dieta vegetariana (ma non solo). Ecco allora che, se dall'esterno paiono una
comunità chiusa, i tamil, in realtà al loro interno socializzano tantissimo, questo anche e soprattutto in occasione delle
festività religiose.
CAPITOLO 11 - CATTOLICI DAL MONDO IN ITALIA (di Monica Chilese e Giovanna Russo)
11.1 IL CATTOLICESIMO COMPOSITO DEL TERZO MILLENNIO
Il sincretismo religioso sta mutando gli assetti tra le e delle diverse religioni oggi presenti nel panorama mondiale e, più
specificatamente, italiano. Fra queste religioni, il cattolicesimo mostra una rinnovata vitalità e sensibilità nei confronti del
sacro che, in questo capitolo, intendiamo approfondire.
Le migrazioni e, più un generale, i movimenti della popolazione mutano non solo la geografia politica di un territorio, ma
anche i riti e le pratiche culturali: le popolazioni si pluralizzano così anche dal pronto di vista religioso, per effetto di una
globalizzazione che inevitabilmente produce culture ibride e relativizza la nozione di identità di un intero paese. Oggi infatti,
sottolinea De Vita, "la cultura sono le culture e la loro mescolanza".
In questo quadro, il presente contributo cerca di descrivere a livello macro prima e micro poi (per micro intendiamo focus
su territori specifici quali il Triveneto e l'Emilia-Romagna) le diverse presenze religiose di estrazione cattolica che stanno
modificando la geografia socioculturale italiana.
11.2 CENTRI PASTORALI PER IMMIGRATI CATTOLICI
Negli ultimi vent'anni, con l'incremento dei flussi migratori, sono sorte diverse strutture pastorali per assicurare assistenza
socio-religiosa ai cattolici stranieri residenti nel nostro paese. Queste strutture sono definite genericamente Centri pastorali
(CP). Tali Centri pastorali, nell'arco di dieci anni sono più che raddoppiati (da 300 a 700 circa).
Dal punto di vista strutturale, i Centri pastorali possono avere una parrocchia di riferimento oppure possono essere essi
stessi una parrocchia.
Tra le principali diocesi metropolitane italiane, particolare e di prim'ordine è la situazione di quella romana: qui il numero di
parrocchie conta circa 300 unità per un totale di circa 130 Centri pastorali, nei quali ovviamente confluiscono tutti i colori
della cattolicità. Nelle altre principali diocesi metropolitane (Milano, Torino, Firenze, Napoli, Bologna, Palermo) si
evidenziano una presenza di cattolici stranieri innanzitutto meno numerosa e, in secondo luogo, meno frammentata per
nazionalità. Nota: in effetti i CP sono organizzati proprio secondo il criterio della nazionalità (oppure rifacendosi all'etnia e/o
alla lingua).
Al Nord prevalgono i CP per cattolici ucraini, al Centro quelli per cattolici filippini, al Sud nuovamente quelli per cattolici
ucraini e sulle Isole il maggior numero di CP è implicato per i cattolici srilankesi. Non di rado capitano CP che comprendono
contemporaneamente più comunità: è il caso di Bassano del Grappa, che vede in uno stesso CP cattolici nigeriani e cattolici
ghanesi.
Insomma, abbiamo ben capito che cattolico non vuol dire solo cattolico italiano, ma si è cattolici universalmente;
universalità che ci viene ricordata soprattutto dalla presenza migrante con cui bisogna fare quotidianamente i conti.
CONCLUSIONI
Il panorama religioso è mutato e continuerà a mutare ancora di più. Si tratterà di un passaggio culturale rilevante per un
paese tendenzialmente a mono cultura religiosa come l'Italia. Arriveranno le nuove intese che sanciranno, anche dal punto
di vista giuridico, il riconoscimento della diversità religiosa: non si potrà più continuare a tergiversare negando all'uno o
all'altro tale riconoscimento. Il riconoscimento delle libertà di culto non può esser condizionato o, peggio, soddisfatto in
modo selettivo.
La via, quindi, per costruire una società di persone libere comincia dalla novità storica che le migrazioni hanno introdotto
nella vita sociale. Bisogna, a chiosa di tutto il discorso, trasformare l'estraneità in solidarietà.