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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alta Formazione Artistica e Musicale


CONSERVATORIO STATALE DI MUSICA
“Giovanni Pierluigi da Palestrina”
Piazza Porrino, 1 – 09128 CAGLIARI

TRIENNIO ORDINAMENTALE
CORSO DI FONDAMENTI DI ACUSTICA
DEGLI STRUMENTI MUSICALI E DELLA VOCE
STEFANO SEBIS

ANNO ACCADEMICO 2018/2018

DOCENTE: PROF. IGNAZIO PERRA

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Elementi Fondamentali della Musica


DI CHE COSA E’ FATTA LA MUSICA

Se davanti a un dipinto non ci accontentiamo della prima impressione ma poniamo attenzione


anche ai particolari, scopriamo che tale impressione è frutto della geniale e armoniosa
fusione di elementi diversi.
Tale elementi sono il disegno e le sue proporzioni, le figure di primo piano e il loro ambiente,
la prospettiva, lo sfondo, i colori.
Elementi analoghi sono riconoscibili anche nella musica e sono il ritmo, la melodia, l’armonia,
i timbri strumentali. A essi è dovuto l’effetto complessivo che la musica suscita in noi.
Soffermarci un po’ su tali elementi è importante: è come osservare un motore in movimento e
afferrarne il funzionamento attraverso il gioco delle sue parti, o meglio – per restare nel
campo dell’arte – è come guardare un dipinto analizzando gli elementi che lo formano:
disegno, colore, luci, movimento, prospettiva.

SIGNIFICATO DEL TERMINE MUSICA

La musica (dal sostantivo greco μουσική) è l'arte e la scienza dell'organizzazione dei suoni,
dei rumori e dei silenzi nel corso del tempo e nello spazio.
Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti
sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo che produce la musica e
dell'ascoltatore; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi
dell'intima struttura della musica. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante
l'utilizzo di strumenti musicali che, attraverso i principi dell'acustica, provocano la percezione
uditiva e l'esperienza emotiva voluta dall'artista.
Il significato del termine musica non è comunque univoco ed è molto dibattuto tra gli studiosi
per via delle diverse accezioni utilizzate nei vari periodi storici. Etimologicamente il termine
musica deriva dall'aggettivo greco μουσικός/musikòs, relativo alle Muse, figure della mitologia
greca e romana, riferito in modo sottinteso a tecnica, anch'esso derivante dal greco
τέχνη/techne. In origine il termine non indicava una particolare arte, bensì tutte le arti delle
Muse, e si riferiva a qualcosa di "perfetto". Le macro-categorie della colta, leggera ed etnica
si articolano in diversi generi e forme musicali che utilizzano sistemi quali armonia, melodia,
tonalità e polifonia.

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MELODIA, ARMONIA, RITMO,TIMBRO.

LA MELODIA

La parola “melodia” deriva dal greco antico: mélos = “frase musicale” e odé = “canto”. Se il
ritmo è l’espressione del movimento fisico e quindi della danza, la melodia è l’espressione del
sentimento, e quindi del canto. Essa può essere fatta di poche note, oppure essere un lungo
elaborato discorso musicale fatto di tante note, che richiede molta attenzione per essere
eseguito e compreso.
Qualunque sia il brano musicale – da una semplice canzonetta a una grande sinfonia – il
ritmo e la melodia, e con essi l’idea della danza e del canto, non mancano mai. Come le frasi
del linguaggio parlato ci permettono di esprimere i nostri pensieri, così la melodia è il mezzo
con cui il musicista si esprime nel modo più naturale e spontaneo. E’ un vero e proprio
discorso musicale, con un suo inizio, un suo sviluppo e una sua conclusione.
Quando ascoltiamo un brano musicale qualsiasi la nostra attenzione è quasi sempre
monopolizzata dalla melodia. E’ questo infatti l’elemento della musica che il compositore pone
nel maggior risalto, ricorrendo a diverse tecniche, come affidarla agli strumenti e alle voci più
brillanti e comporla con le note più acute rispetto a quelle che formano l’insieme del pezzo.
L’ARMONIA
Mentre la melodia nasce dal susseguirsi ritmico di suoni diversi, l’armonia è fondata sul loro
risuonare contemporaneo. Due o più suoni che echeggiano insieme costituiscono un accordo.
L’accordo è l’unità di base dell’armonia.
Come la melodia è una successione logica di suoni, così l’armonia è un’altrettanto logica
successione di accordi. Qual’ è la sua funzione, quale importanza riveste in una
composizione musicale?
Se per la melodia abbiamo preso in prestito un esempio della letteratura definendola il
“discorso musicale”, ora l’esempio lo prenderemo dalla pittura. Un artista dipinge un ritratto.
Disegna la figura del modello in primo piano e la completa con uno sfondo. Quest’ultimo
naturalmente sarà concepito in modo da creare la sensazione dello spazio, della profondità
per mettere nella giusta evidenza la figura principale. Analogamente l’armonia in un brano di
musica ha la funzione di completare la melodia, di ambientarla, di darle risalto attraverso il
gioco degli accordi, in una parola, di farle da sfondo ideale.

IL RITMO

Elemento primario, comune sia alla musica sia alla danza – che non potrebbero esistere
senza di esso – il ritmo rappresenta la vita fisica, la carica energetica, ciò che si traduce in
slancio, in azione sia materiale che ideale.

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Non è improbabile che il ritmo, puro è semplice, sia stato la prima manifestazione musicale
dell’uomo. Ancor oggi, presso certe popolazioni, le danze collettive sono spesso
accompagnate dal solo battere di strumenti a percussione.
Talvolta la danza non è accompagnata da strumenti e il suo ritmo è marcato dal risuonare
degli ornamenti metallici che i danzatori portano alle braccia e alle caviglie. Si tratta in
apparenza di una “musica” molto primitiva, ma quei ritmi, talvolta assai elaborati e complessi,
possiedono un’incredibile carica espressiva e riescono persino a destare emozioni, allegria,
minaccia, paura.
Il ritmo è il cuore della musica, ciò le assicura il movimento e la vita. Come un organismo
vivente ha bisogno di un cuore che pulsi ritmicamente così anche la musica, di qualunque
genere sia, deve possedere ritmo, poiché senza di esso sarebbe una cosa immota e priva di
anima: non sarebbe musica.

I TIMBRI STRUMENTALI

Il timbro strumentale è per il musicista ciò che il colore è per il pittore. Ogni strumento ha un
suo timbro diverso e caratteristico, è in un certo senso un colore musicale. Per il compositore
– anzi, per l’orchestratore, poiché così si chiama colui che realizza la musica per l’orchestra –
l’insieme degli strumenti è quindi come la tavolozza del pittore: da essi egli trae i timbri per il
proprio “quadro sonoro”, li mescola fra loro, così come il pittore mescola i colori, per ottenere
gli effetti più diversi.
Ogni timbro, come ogni colore, ha un suo particolare potere di suggestione. Se pensiamo alle
infinite possibilità di mescolare i timbri orchestrali fra loro, è facile immaginare quale gamma
di combinazioni, di sfumature il compositore abbia a disposizione per “colorire” e “illuminare” il
suo pensiero musicale.
Tanta ricchezza di timbri musicali, se sfruttata sapientemente, è in grado di far nascere
nell’ascoltatore le immagini e i sentimenti più diversi. Un corno inglese, dei clarinetti e dei
fagotti possono richiamare immagini pastorali; un ottavino in mezzo ad un sommesso accordo
di violini il canto di un usignolo nella foresta; il rullare dei timpani in un crescendo di tutta
l’orchestra il cupo fragore del temporale.
Talvolta una composizione viene concepita addirittura in funzione di un determinato timbro
strumentale, come accade ad esempio per i concerti in cui l’elemento predominante è lo
strumento solista (pianoforte, violino, violoncello, flauto, ecc.). In questo caso la musica
sfrutta al massimo non solo le risorse tecniche dello strumento, ma anche e soprattutto le sue
qualità timbriche.

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ELEMENTO PRINCIPALE DELLA


MUSICA
IL SUONO

Il suono (dal latino sonus) è la sensazione data dalla vibrazione di un corpo in oscillazione.
Tale vibrazione, che si propaga nell'aria o in un altro mezzo elastico, raggiunge l'apparato
uditivo dell'orecchio che, tramite un complesso meccanismo interno, crea una sensazione
"uditiva" correlata alla natura della vibrazione; in particolar modo la membrana timpanica
subendo variazioni di pressione entra in vibrazione
Le oscillazioni sono spostamenti delle particelle intorno alla posizione di riposo e lungo la
direzione di propagazione dell'onda; gli spostamenti sono provocati da movimenti vibratori,
provenienti da un determinato oggetto, chiamato sorgente del suono, il quale trasmette il
proprio movimento alle particelle adiacenti grazie alle proprietà meccaniche del mezzo; le
particelle a loro volta, iniziando ad oscillare, trasmettono il movimento alle altre particelle
vicine e queste a loro volta ad altre ancora, provocando una variazione locale della pressione;
in questo modo, un semplice movimento vibratorio si propaga meccanicamente originando
un'onda sonora (o onda acustica), che è pertanto onda longitudinale. Si ha un'onda
longitudinale quando le particelle del mezzo in cui si propaga l'onda, oscillano lungo la
direzione di propagazione. Le onde meccaniche longitudinali sono anche denominate onde di
pressione. Il suono è un'onda che gode delle seguenti proprietà: riflessione, rifrazione e
diffrazione, ma non della polarizzazione (a differenza della luce che è un'onda
elettromagnetica).

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DIFFERENZA TRA SUONO
DETERMINATO E INDETERMINATO
Suono determinato e indeterminato
Uno strumento a suono determinato è uno strumento musicale che emette suoni in
riferimento alle note musicali. Può essere strumento a suono determinato un qualsiasi
strumento a note come il pianoforte; non lo è uno strumento come una grancassa o un'intera
batteria, detti a suono indeterminato

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LA COMPOSIZIONE SPETTRALE DEL
SUONO

Timbro e spettro di un segnale sonoro

Si definisce timbro la qualità percepita di un suono che ci permette di distinguere due suoni
che hanno la stessa altezza e la stessa intensità. In parole più semplici il timbro è la
qualità del suono che ci permette di distinguere la voce di un violino da quella di un flauto,
quando i due strumenti stiano emettendo una stessa nota. Il timbro ci permette di distinguere

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l'uno dall'altro i diversi strumenti che compongono un'orchestra anche questi suonano
insieme.

Semplificando molto il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima parte, alla


composizione spettrale del suono che esso emette. In pratica quando uno strumento emette
una nota di una determinata frequenza, esso, a causa dei vincoli imposti dalla "geometria"
delle parti oscillanti degli strumenti musicali, genera, insieme alla nota fondamentale, più note
tutte di frequenza multipla intera della fondamentale stessa (armoniche). Per esempio la
figura seguente mostra lo spettro della stessa nota emessa da un flauto e da un violino:

Come si può vedere, le note musicali (rispetto ai toni puri di cui abbiamo parlato prima e che
sono segnali sinusoidali) sono segnali periodici non sinusoidali composti da più armoniche:

 l'armonica fondamentale (quella a frequenza più bassa) determina l'altezza percepita


della nota;
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 le altre armoniche invece determinano il timbro, cioè permettono di distinguere
strumenti diversi.

La figura seguente mostra per esempio gli spettri della stessa nota (un Si bemolle a 466Hz)
eseguita su tre strumenti diversi:

Ad ogni composizione spettrale corrisponde una ben precisa forma d'onda ottenuta
"sommando" le varie armoniche. Dunque il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima
parte, alla forma d'onda del suono emesso. Di seguito riportiamo le forme d'onda dei tre suoni
precedenti:

Spettrogramma

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In realtà lo spettro fornisce soltanto una rappresentazione statica di una singola nota
musicale. Producendo suoni musicali, rumori o parlato non si ha quasi mai a che fare con una
singola nota costante nel tempo, ma piuttosto con sequenze di noti o accordi (note prodotte
simultaneamente).

Ciò implica che in generale lo spettro di un suono reale cambia nel tempo. Per rappresentare
uno spettro in evoluzione nel tempo si usa un grafico particolare detto spettrogramma (detto
anche sonogramma).

La figura qui sopra mette a confronto lo spettrogramma di un suono (in alto) con la forma
d'onda nel tempo del suono stesso (in basso). Osserviamo che:

 sull'asse orizzontale x sono rappresentati i tempi;


 sull'asse verticale y dello spettrogramma sono rappresentati i valori di frequenza;
 l'intensità dei colori nello spettrogramma indica ad ogni istante quanto grande è
l'intensità di quella certa frequenza nello spettro del segnale (i colori rosso e arancio
indicano una maggiore intensità, mentre i colori verdi e azzurro indicano un'intensità
minore).

In pratica lo spettrogramma fornisce ad ogni istante di tempo la scomposizione spettrale del


suono. La figura seguente mostra invece una rappresentazione tridimensionale di uno

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spettrogramma, dove l'intensità delle diverse componenti spettrali viene rappresentata con
l'altezza delle righe:

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L’AMPIEZZA DEL SUONO
Toni puri

Un tono puro è un'onda sonora perfettamente sinusoidale e dunque interamente


caratterizzabile da tre parametri:

l'ampiezza, cioè il valore massimo dell'onda (a sua volta legato alla potenza sonora dell'onda
stessa);

la frequenza, cioè il numero di oscillazioni al secondo dell'onda;


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la lunghezza d'onda, cioè la distanza nello spazio fra due creste successive (legato alla
velocità di propagazione dell'onda nel mezzo tramissivo).

Dal punto di vista della percezione umana, i due parametri fondamentali sono l'ampiezza

Ampiezza e volume

L'ampiezza di un tono puro sinusoidale viene percepito dall'orecchio come volume o intensità
sonora. Maggiore è l'ampiezza dell'onda, maggiore sarà il volume sonoro percepito.

Si definisce soglia di udibilità la minima intensità sonora che l'orecchio umano è in grado di
percepire. L'esperienza mostra che tale soglia varia da individuo a individuo (per esempio si
innalza all'aumentare dell'età del soggetto), e, soprattutto che, anche per un singolo individuo,
essa dipende dalla frequenza del suono ascoltato.

Il livello di intensità sonora si misura in decibel di pressione sonora (dBSPL o più brevemente
dB). L'intensità sonora IdB è definta come

IdB= 10 log10 (I/I0)

dove I0 è un valore convenzionale, ottenuto mediando la soglia di udibilità di molti individui


per un suono puro di frequenza di 1000 Hz. Esso vale

I0 = 10-12 W/m2

Il rapporto I/I0 è un numero puro e la misura in dB rappresenta quanto l'intensità sonora


risulta maggiore rispetto alla soglia di udibilità. La tabella seguente riporta l'intensità sonora
associata a diversi eventi:

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dBSPL Sorgente Numero di volte rispetto all'udibilità

300 Eruzione del Krakatoa nel 1883 1030

250 All'interno di un tornado 1025

180 Razzo al decollo 1018

140 Colpo di pistola a 1 m 1014

130 Soglia del dolore 1013

125 Aereo al decollo a 50 m 1012,5

120 Sirena, Auto di Formula 1 in pista 1012

110 Motosega a 1 m 1011

100 Discoteca, concerto rock 1010

90 Urlo, fischietto 109

80 Camion pesante a 1 m 108

70 Aspirapolvere a 1 m; radio ad alto volume 107

60 Ufficio rumoroso, radio, conversazione 106

50 Ambiente domestico; teatro a 10 m 105

40 Quartiere abitato, di notte 104

30 Sussurri a 1 m 1000

20 Respiro umano 100

0 Soglia dell'udibile 1

-9 Camera anecoica 0,13

Osserviamo che i dB forniscono una scala logaritmica per la misura dell'intensità sonora: ad
ogni aumento di 10 dB corrisponde un aumento di un fattore 10 dell'intensità del suono.

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L'adozione di tale scala trova giustificazione nel fatto che l'orecchio umano non presenta una
sensibilità lineare rispetto all'intensità sonora, ma, in prima approssimazione, la sensibilità
cresce in modo logaritmico rispetto all'intensità (cioè secondo la scala in dB).

Decibel sonori e decibel di amplificazione

In fisica e in ingegneria spesso si assume, senza neppure esplicitarlo, che i rapporti in dB che
verranno calcolati siano sempre relativi a energie o potenze. Questo introduce nei calcoli un
fattore 20 che può creare confusione.

Ad esempio, in elettronica ed elettrotecnica, parlando di rapporti in dB fra tensioni o correnti


elettriche, talvolta non si intende il rapporto fra le grandezze stesse, ma fra le potenze che le
tensioni svilupperebbero se applicate a una medesima impedenza. Essendo la potenza W
proporzionale al quadrato della tensione V, sfruttando le proprietà dei logaritmi si ricava la
formula seguente:

Tale formula vale però, solo nell'ipotesi che le tensioni o correnti di ingresso e di uscita
vengano applicate a una medesima impedenza: cosa spesso vera per gli amplificatori a
radiofrequenza, ma ben lontana dalla realtà nella maggior parte dei comuni amplificatori
audio.

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La gamma delle frequenze
fondamentali degli strumenti
musicali

La seguente tabella mostra le estensioni approssimative di alcuni moderni strumenti musicali.


Ogni strumento, naturalmente, non produce un tono puro, ma un largo spettro di suoni
armonici, differente per ogni nota.

L'estensione raffigurata nella tabella si riferisce alla fondamentale prodotta dagli strumenti, e
non all'intero spettro. Infatti, se consideriamo l'intero spettro possiamo osservare che gli
armonici più acuti prodotti da quasi tutti gli strumenti (voci incluse) raggiungono facilmente il
limite della gamma udibile.

Questo spiega perché, ad esempio, ai fini della registrazione e riproduzione audio si possa
ottenere un'alta fedeltà solo utilizzando una larghezza di banda appropriata (cioè fino a circa
22000 Hz), ovvero, nel caso del suono digitale, una frequenza di campionamento di almeno
44000 Hz. Altresì si vede chiaramente che la voce umana viene distorta significativamente
nella trasmissione in una linea telefonica, che ha larghezza di banda tipica di circa 6000 Hz.

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Frequenze degli strumenti musicali

STRUMENTO FREQ. MINIMA FREQ. MASSIMA

Flauto traverso 261 Hz 2093 Hz


Ottavino 587 Hz 4186 Hz
Flauto contralto 174 Hz 1396 Hz
Flauto d’amore 195 Hz 1567 Hz
Oboe 233 Hz 1567 Hz
Oboe d’amore 207 Hz 1174 Hz
Corno inglese 164 Hz 932 Hz
Heckelphon 166 Hz 698 Hz
Clarinetto in Sib 146 Hz 1567 Hz
Clarinetto in La 138 Hz 1479 Hz
Clarinetto piccolo in Mib 195 Hz 1864 Hz
Clarinetto basso in Sib 69 Hz 783 Hz
Clarinetto basso in La 61 Hz 739 Hz
Fagotto 184 Hz 1318 Hz
Controfagotto 32 Hz 220 Hz
Sassofono sopranino in Fa 331 Hz 1661 Hz
Sassofono sopranino in Mib 277 Hz 1479 Hz
Sassofono soprano in Sib 207 Hz 1108 Hz
Sassofono contralto in Mib 138 Hz 932 Hz
Sassofono tenore in Sib 69 Hz 783 Hz
Sassofono baritono in Mib 48 Hz 277 Hz
Corno 43 Hz 698 Hz
Tromba acuta in Fa 246 Hz 1244 Hz
Tromba acuta in Mib 220 Hz 1108 Hz
Tromba acuta in Re 207 Hz 1174 Hz
Tromba in Do 184 Hz 1046 Hz
Tromba in Sib 174 Hz 1046 Hz
Tromba in Fa 116 Hz 932 Hz
Tromba in Mib 103 Hz 932 Hz
Trombone contralto in Mib 63 Hz 987 Hz
Trombone tenore in Sib 38 Hz 1174 Hz
Trombone basso in Fa 73 Hz 830 Hz
Trombone contrabbasso in Sib 36 Hz 1174 Hz
Tuba contrabbassa in Sib 116 Hz 1174 Hz
Organo a canne 8 Hz 4000 Hz
Violino 195 Hz 3135 Hz
Viola 65 Hz 1318 Hz
Violoncello 65 Hz 880 Hz
Contrabbasso 32 Hz 277 Hz
Arpa 31 Hz 698 Hz
Chitarra 82 Hz 880 Hz
Clavicembalo 42 Hz 1174 Hz
Pianoforte 22 Hz 4186 Hz
Timpano I 51 Hz 97 Hz
Timpano II 69 Hz 130 Hz
Timpano III 73 Hz 138 Hz
Xilofono 261 Hz 2349 Hz
Celesta 261 Hz 4186 Hz
Glockenspiel 440 Hz 2637 Hz
Campane 164 Hz 587 Hz
Sega 261 Hz 1046 Hz
Vibrafono 92 Hz 1046 Hz
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Le caratteristiche del suono e
relative specifiche
In qualsiasi manuale di acustica si può leggere che i caratteri distintivi del suono sono tre:
altezza, intensità, timbro,e che questi dipendono rispettivamente dalla frequenza delle
vibrazioni (altezza), dall’ampiezza dellevibrazioni (intensità), dal numero, dall’ampiezza e
dalle modalità di associazione delle componentiarmoniche (timbro).
Questa tradizionale descrizione delle relazioni che intercorrono tra il fatto fisico e quello
soggettivodell’audizione è insufficiente: attualmente infatti si ammette una quarta
caratteristica, la durata del suono.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL SUONO

Altezza

L'altezza è la qualità che fa distinguere un suono acuto da uno grave. Dipende in massima
parte dalla frequenza ma anche dalla intensità. L'orecchio umano percepisce solo i suoni che
vanno da 16 a 20.000 oscillazioni al secondo. Al di sotto abbiamo gli infrasuoni, al di sopra gli
ultrasuoni. Il sonar, ma anche i delfini ed i pipistrelli, percepisce gli ultrasuoni mentre gli
elefanti, i pesci ed i cetacei percepiscono gli infrasuoni.
La pratica musicale copre una gamma di suoni, le cui fondamentali vanno dal do grave che
ha circa 65 oscillazioni semplici al secondo al do acuto che ha 8276 oscillazioni semplici. La
voce umana ha un registro ancora più limitato. Per calcolare l'altezza dei suoni, è stato scelto
come punto di riferimento il La4 (= ottava centrale del pianoforte) che chiamiamo diapason o
corista. La frequenza del diapason, che fino al XIX secolo variava di Paese in Paese e anche
a seconda del tipo di musica da eseguire (sacra, da camera ecc.) è stata determinata da
diversi congressi: nel 1885, il governo austriaco stabilì che il La4 corrispondesse a 870
oscillazioni semplici che, a loro volta, corrispondevano a 435 oscillazioni doppie. Ora invece il
valore di riferimento, stabilito dalla Conferenza di Londra del 1939, è 440 vibrazioni doppie,
quindi 880 semplici.

Volume e pressione

Il volume che viene spesso anche chiamato - colloquialmente ed erroneamente - pressione, è


la qualità sonora associata alla percezione della forza di un suono, ed è determinato dalla
pressione[2] che l'onda sonora esercita sul timpano: quest'ultima è a sua volta determinata
dall'ampiezza della vibrazione e dalla distanza del punto di percezione da quello di emissione
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del suono.[3] In particolare, la pressione di un'onda sonora sferica emessa da una sorgente
puntiforme risulta essere proporzionale al reciproco della distanza.
Per misurare il volume percepito di un suono si fa spesso riferimento al livello sonoro, che
viene calcolato in decibel
L'intensità di un'onda sonora è invece definita come la quantità di energia che passa
attraverso l'unità di area nell'intervallo di tempo unitario.

Timbro, colore del suono

Il timbro è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro. Il timbro


dipende dalla forma dell'onda sonora, determinata dalla sovrapposizione delle onde
sinusoidali caratterizzate dai suoni fondamentali e dai loro armonici. Dal punto di vista della
produzione del suono, il timbro è determinato dalla natura (forma e composizione) della
sorgente del suono e dalla maniera in cui questa viene posta in oscillazione.
La scomposizione di un suono nelle proprie componenti sinusoidali fondamentali è detta
analisi in frequenza. Le frequenze vengono misurate in Hz, ovvero oscillazioni al secondo. Le
armoniche di un suono sono suoni con frequenze che sono multipli interi del suono principale.
Nella musica, tanto più un suono è composto da diverse componenti, tanto più esso risulta
complesso: si va dal suono di un flauto dolce, composto dalla fondamentale e da pochissime
armoniche, al suono degli strumenti ad arco, composto da moltissime frequenze armoniche
secondarie.
Tanto più le frequenze secondarie che si sovrappongono alla principale non sono armoniche
(ovvero hanno frequenze che non sono multipli interi della fondamentale), tanto più ci si
avvicina al rumore.
La durata
La durata del suono è il suo prolungarsi nel tempo attraverso l’emissione di onde sonore. I
suoni, a seconda della loro durata, si definiscono brevi o lunghi.
La durata di un suono è determinata da diversi fattori:
– l’elasticità del corpo sonoro che lo produce (una piastra di metallo risuona più a lungo di
una di legno);
– la forza con cui si fa vibrare il corpo sonoro (una superficie sonora percossa debolmente
produce un suono più breve di una percossa con forza);
– il tipo di sollecitazione al quale viene sottoposto il corpo sonoro per produrre il suono (una
corda di violino pizzicata con le dita produce un suono più breve di una corda sfregata con
l’archetto).

Suoni e rumori

Si può distinguere il concetto di suono da quello di rumore. Il suono è in generale una


sensazione che nasce nell'uomo quando una perturbazione meccanica si propaga in un
mezzo elastico facendolo vibrare. Per questa ragione molto spesso abbiamo a che fare con
suoni i cui stimoli acustici hanno le componenti in frequenza multipli della frequenza
fondamentale. Il rumore è comunemente identificato come una sensazione uditiva sgradevole
e fastidiosa o intollerabile. Tuttavia alcuni studiosi ritengono che la differenza di significato tra
"suono" e "rumore" sia legata alla controllabilità dell'emissione acustica, e non alla sua
gradevolezza. L'orecchio umano non è ugualmente sensibile a tutte le frequenze, ma è più
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sensibile nel campo compreso fra 2 kHz e 5 kHz, ed è molto meno sensibile alle frequenze
estremamente elevate o estremamente basse. Questo fenomeno è molto più pronunciato ai
bassi livelli di pressione sonora che non agli alti livelli. Ad esempio, un segnale a 50 Hz con
un livello di pressione sonora di 85 dB dà luogo alla stessa intensità soggettiva di un segnale
di 70 dB a 1.000 Hz. Pertanto affinché uno strumento per la misura del rumore reagisca nella
stessa maniera dell'orecchio umano, si deve dotarlo di un filtro di ponderazione che ne simuli
la risposta. Questo filtro, definito dalla norma CEI è denominato "A".

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La durata del suono
La durata del suono è il suo prolungarsi nel tempo attraverso l’emissione di onde sonore. I
suoni, a seconda della loro durata, si definiscono brevi o lunghi.
La durata di un suono è determinata da diversi fattori:
– l’elasticità del corpo sonoro che lo produce (una piastra di metallo risuona più a lungo di
una di legno);
– la forza con cui si fa vibrare il corpo sonoro (una superficie sonora percossa debolmente
produce un suono più breve di una percossa con forza);
– il tipo di sollecitazione al quale viene sottoposto il corpo sonoro per produrre il suono (una
corda di violino pizzicata con le dita produce un suono più breve di una corda sfregata con
l’archetto).

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Gli Ipertoni e i suoni Armonici

Armonici naturali

Armonici naturali

Tono fondamentale (110 Hz) e primi 15 armonici naturali


Gli armonici naturali sono una successione di suoni le cui frequenze sono multipli di una nota
di base, chiamata fondamentale.
Un suono prodotto da un corpo vibrante non è mai puro, ma è costituito da un amalgama in
cui al suono fondamentale se ne aggiungono altri più acuti e meno intensi: questi sono gli
armonici, che hanno una importanza fondamentale nella determinazione del timbro di uno
strumento e nella determinazione degli intervalli musicali.
I suoni armonici corrispondono ai possibili modi normali di oscillazione di un corpo sonoro
(secondo un moto armonico).
Ad esempio, se una corda di lunghezza L emette un Mi (primo armonico), la stessa corda
vibra con meno intensità anche a frequenza doppia (pari alla lunghezza L/2, secondo
armonico), emettendo un Mi all'ottava superiore, e così via, suddividendo la lunghezza d'onda
in multipli interi L/3, L/4, eccetera. Lo stesso principio vale per le colonne d'aria che vibrano
all'interno di tubi (come negli ottoni) e per la voce umana che, attraverso la tecnica del canto
armonico, è in grado di mettere in risalto nitidamente almeno 16 armonici principali.
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La serie armonica naturale è la seguente:

in cui il suono fondamentale è un Do. Questa serie di note è la base fisica che ha dato origine
all'intonazione naturale. Notare che il 7º, l'11º e 14º armonico suonano calanti ed il 13º è
crescente in relazione agli analoghi suoni nel temperamento equabile.

Da un punto di vista matematico un suono può considerarsi, con buona approssimazione,


una funzione periodica e continua del tempo F ( t ) {\displaystyle F(t)} .

F ( t ) = ∑ n = 1 ∞ A n cos ( n ω t + φ n ) {\displaystyle F(t)=\sum _{n=1}^{\infty


}A_{n}\cos(n\omega t+\varphi _{n})} Il primo termine della serie rappresenta il suono
fondamentale, di frequenza f = ω 2 π {\displaystyle f={\frac {\omega }{2\pi }}} mentre i
termini successivi rappresentano rispettivamente il secondo armonico, il terzo e così
via.

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Ipertoni

ipertoni armonia

Gli ipertoni sono le componenti di un suono complesso dotate di una frequenza superiore a
quella della fondamentale. Se le frequenze degli ipertoni sono multipli interi della frequenza
della fondamentale, essi si dicono armoniche. Nello spettrogramma del suono, gli ipertoni
sono evidenziati dai massimi del grafico. In particolare, gli ipertoni si presentano negli
strumenti a corda, nei fiati e nella voce umana.

λ n = 2 L n , n > 0 {\displaystyle \lambda _{n}={\frac {2L}{n}},\;n>0} .


Nella pratica
Un elevato numero di ipertoni corrisponde ad un suono armonioso e ricco: il violoncello, ad
esempio, produce più di 10 armoniche mentre gli strumenti a fiato più semplici (come il flauto
dolce) ne producono non più di 3 o 4. Il diapason, invece, è in grado di emettere un "la" a 440
Hertz molto puro, cioè praticamente senza ipertoni. Il pianoforte, infine, ben rappresenta la
categoria degli strumenti che non producono armoniche esatte: si parla in tal caso di
inarmonicità degli ipertoni.
Gli ipertoni caratterizzano fortemente il timbro di uno strumento, come rilevato da Helmholtz:
la prima armonica, se abbastanza intensa, conferisce “sostanza” al suono; la seconda dà
limpidezza, la sesta e l'ottava lo rendono squillante, la settima e la nona lo inaspriscono.
Strumenti privi di armoniche pari (come il clarinetto, o in generale le "canne chiuse") hanno un
caratteristico timbro "nasale", immediatamente riconoscibile.

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Unità di misura dell’altezza del suono

L'altezza è la frequenza fondamentale di una nota musicale o suono che viene percepita, ed
è una delle caratteristiche principali di un suono. L'altezza è la qualità che permette di
distinguere se un suono è acuto o grave e dipende dalla frequenza dell'onda sonora che lo ha
generato. In particolare: più la frequenza di un'onda sonora è elevata e più il suono ci
sembrerà acuto, mentre più è bassa la frequenza e più il suono ci apparirà grave. Nonostante
la frequenza fondamentale reale possa essere determinata con una misura fisica, essa può
differire dall'altezza percepita per via degli ipertoni e degli armonici naturali del suono. Il
sistema di percezione uditiva umano può avere anche difficoltà a distinguere differenze di
altezza fra le note, in alcune circostanze.
I limiti dell'orecchio umano vanno da un minimo di 16 Hz ad un massimo di 20 000 Hz. La
pratica musicale tuttavia si serve di suoni la cui frequenza è compresa in limiti più ristretti e
precisamente tra 64 e 8 000 vibrazioni semplici al secondo. La Frequenza (altezza) del suono
è il numero di cicli al secondo dell'onda sonora. Viene misurata in Hertz (Hz). La frequenza di
un suono aumenta con il numero di cicli al secondo. I suoni in alta frequenza, come la sirena
della polizia, hanno una frequenza di migliaia di cicli al secondo.

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Unità di misura dell’intensità del suono


L'intensità acustica o sonora è una grandezza fisica definita come il rapporto tra la potenza di
un'onda sonora e l'area della superficie che da essa viene attraversata; oppure come
l'energia che nell'unità di tempo attraversa l'unità di superficie posta in un punto
perpendicolarmente alla direzione di propagazione del suono.

I = P S {\displaystyle I={\frac {P}{S}}}


Nel Sistema Internazionale l'intensità acustica si misura in watt al metro quadrato, in simboli
W/m2.
L'intensità acustica è legata in modo indiretto al volume sonoro, ossia la qualità che distingue
i suoni in deboli da quelli forti, grandezza legata alla psicoacustica.
L'orecchio umano è in grado di percepire intensità acustiche che variano in un intervallo molto
grande (12 ordini di grandezza): si definisce soglia di udibilità il valore I = 10-12 W/m2 al di
sotto del quale non è più possibile percepire alcun rumore, mentre si chiama soglia del dolore
il valore I = 1 W/m2 al di sopra del quale si inizia a provare dolore fisico.
Vista l'ampia escursione delle intensità acustiche dei suoni udibili, si utilizza
convenzionalmente una scala logaritmica (che possiede come punto di riferimento il valore
della soglia dell'udibilità) definita livello di intensità acustica (Intensity level, IL), o livello
sonoro, spesso misurata in decibel.

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Il rimbombo

Nell'acustica ambientale, il fenomeno cui è dovuto il non gradevole prolungamento dei suoni
emessi in un ambiente con un grande tempo di riverberazione (maggiore di 2÷3 s); lo si
elimina sostituendo (per quanto si può) con materiali assorbenti i materiali acusticamente
riflettenti delle superfici dell'ambiente.
La condizione fondamentale affinché il suono si propaghi è la presenza di un mezzo di
propagazione che può essere gassoso, liquido o solido. Maggiore è la densità del mezzo di
propagazione e maggiore sarà la velocità del suono: nell'aria a 20 °C, il suono si propaga ad
una velocità di circa 340 metri al secondo, nell'acqua e attraverso un mezzo solido ancora più
velocemente.
L'ECO è la ripetizione di un suono dovuta a riflessione dell'onda sonora da parte di un ostacolo
verso l'ascoltatore; è interessante notare che si può verificare il fenomeno dell'eco quando la
distanza tra la fonte sonora e la parete è 17 metri o maggiore. Il nostro orecchio infatti
percepisce due suoni distinti solo se giungono separati da almeno 1/10 di secondo l'uno
dall'altro. Ne deriva che, per poter sentire l'eco, essa deve arrivarci almeno dopo 1/10 di
secondo, e, poiché in tale frazione il suono percorre 34 m (340:10), l'ostacolo deve essere
distante almeno 17m.
Se la distanza è inferiore, si avrà il RIMBOMBO. Infatti se l'ostacolo che riflette il suono è
vicino, per esempio le pareti di una stanza vuota, le onde riflesse tornano indietro dopo un
brevissimo intervallo di tempo, si mischiano a quelle emesse e danno origine al RIMBOMBO
che amplifica e disturba il suono emesso.

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Il suono puro
Ogni suono è rappresentabile attraverso un'onda, più o meno complessa, a seconda che si
tratti di un suono puro, come per esempio quello trasmesso da un diapason, oppure di un
rumore, prodotto dalla sovrapposizione di molte onde. Per analizzare le caratteristiche di
un'onda sonora è utile riferirsi al suono di un diapason, uno strumento costituito da una barretta
di acciaio piegata a U, i cui due rami sono detti rebbi: percuotendo con un martelletto di gomma
uno dei due rebbi, il diapason entra in vibrazione ed emette un suono puro (cioè di una
determinata frequenza). Le onde emesse da un diapason sono sinusoidali, dove l'ampiezza
dell'onda rappresenta il massimo dell'oscillazione dei rebbi
Un suono puro è un suono avente una forma d'onda sinusoidale, privo di ipertoni.
Una sinusoide è caratterizzata dalla sua frequenza (il numero di cicli per secondo, o dal suo
reciproco che è la lunghezza d'onda, cioè la distanza fra due picchi), e dalla sua ampiezza
(l'altezza di ciascun picco).
Hermann von Helmholtz viene considerato il primo creatore di un suono avente forma d'onda
sinusoidale mediante la "sirena di Helmholtz", un dispositivo meccanico che invia aria
compressa attraverso i fori di un piatto rotante.
Il teorema di Fourier
Il teorema di Fourier stabilisce che qualunque forma d'onda periodica può essere approssimata
quanto più si desideri sommando alla sinusoide avente la stessa frequenza dell'onda periodica
(frequenza fondamentale o prima armonica) una serie di sinusoidi aventi frequenze multiple
(armoniche) di quella dell'onda periodica, di ampiezza opportuna e in specifici rapporti di fase
fra loro. La più bassa di queste frequenze (la frequenza fondamentale), che è anche l'inverso
del periodo dell'onda, determina l'altezza del suono, come percepita dall'udito.
La possibilità di sovrapporre delle onde sinusoidali, o sintesi additiva, viene sfruttata da alcuni
apparati detti sintetizzatori, che permettono di riprodurre i timbri dei vari strumenti musicali (ma
anche di creare delle sonorità artificiali, appunto "sintetiche") amalgamando opportunamente
delle oscillazioni armoniche.

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Forme d'onda particolari

Forme d'onda sinusoidale, quadrata, triangolare e a dente di sega


Onda quadra
Si ottiene sommando alla prima armonica le armoniche superiori di ordine dispari, con
ampiezza inversamente proporzionale al loro numero d'ordine.
Onda triangolare
Si ottiene sottraendo e sommando alternativamente alla prima armonica le armoniche superiori
di ordine dispari, con ampiezza inversamente proporzionale al quadrato del loro numero
d'ordine.
Onda a dente di sega
Si ottiene sommando alla prima armonica tutte le armoniche superiori, con ampiezza
inversamente proporzionale al loro numero d'ordine (dente a sinistra), oppure sommando alla
prima armonica le armoniche superiori di ordine dispari e sottraendo quelle di ordine pari, con
ampiezza inversamente proporzionale al loro numero d'ordine (dente a destra).

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La velocità del suono

La velocità del suono è la velocità con cui un suono si propaga in un certo ambiente, detto
mezzo. La velocità del suono varia a seconda del mezzo (ad esempio, il suono si propaga più
velocemente nell'acqua che non nell'aria), e varia anche al variare delle proprietà del mezzo,
specialmente con la sua temperatura.
Nell'aria, la velocità del suono è di 331 m/s a 0 °C (pari a 1 191,60 km/h) e di 343,8 m/s (pari a
1 237,68 km/h) a 20 °C (e in approssimazione lineare varia secondo la legge a(T) = (331,45 +
(0,62 * T)) m/s con T la temperatura misurata in °C).
Il suono si propaga in modi diversi a seconda che sia in un solido, in cui tutte le molecole sono
collegate solidamente fra loro, oppure in un fluido (liquido o gas), che invece è incoerente. Nei
fluidi, la velocità del suono segna il confine tra due regimi di moto completamente diversi, per
l'appunto detti regime subsonico e regime supersonico.
Questa grandezza è molto importante, perché è anche la velocità con cui si propagano l'energia
cinetica e le sollecitazioni meccaniche in una determinata sostanza.

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Tipologia dei suoni emessi dalle corde
di un Pianoforte

Uno strumento musicale è un oggetto creato per far vibrare l’aria. Per esempio, le corde di
una chitarra,i rebbi di un diapason, i tubi di una tromba, quando vibrano, mettono in
vibrazione l’aria circostante,generando delle onde sonore.
Gli strumenti sfruttano la risonanza, che consiste nel far vibrare due oggetti alla stessa
frequenza. Peresempio, la cassa di una chitarra è costruita in modo da poter vibrare alla stessa
frequenza delle corde. Il pianoforte è formato da una serie di corde di acciaio tese, su cui
battono dei martelletti ricopertida feltro, e da una serie di smorzatori. Quando si abbassa un
tasto per suonare, il martelletto batte sullacorda corrispondente, la quale vibra emettendo così
il suono. Quando il tasto viene riportato in posizionenormale, alla corda si avvicina lo
smorzatore, che, al contrario del martelletto, fa arrestare le vibrazioni.
Il pianoforte è anche provvisto di due pedali: quello di sinistra è uno smorzatore e fa sì che i
suoni vengano prodotti «a basso volume»; il pedale di destra, invece, prolunga la vibrazione
della corda anche dopo che il tasto è stato rialzato.

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La risonanza
La risonanza acustica è il fenomeno di amplificazione delle onde sonore che caratterizza i
risuonatori: tale amplificazione è indotta da un impulso esterno trasmesso al risuonatore
attraverso vincoli meccanici oppure attraverso l'aria, ed è tanto maggiore quanto la frequenza
dello stimolo è vicina alla frequenza di risonanza naturale del risuonatore.
La risonanza acustica è, di fatto, un caso particolare di risonanza meccanica, ed è un principio
su cui si basa il funzionamento di quasi tutti gli strumenti musicali.
Ogni sistema fisico che sia caratterizzato da frequenze proprie di oscillazione (si comporta cioè
come un oscillatore armonico o come una sovrapposizione di più oscillatori armonici) può
risuonare con una sorgente esterna.
Dal punto di vista fisico l'onda sonora viene assorbita dal risuonatore: ad alcune frequenze
caratteristiche (che dipendono dal tipo e dalla conformazione del risuonatore, cioè
essenzialmente dalla sua massa, rigidità ed elasticità l'energia non viene però più o meno
gradualmente esaurita come per altre frequenze, ma accresce ad ogni impulso causando
l'aumento di intensità sonora.

La risonanza è di fondamentale importanza negli strumenti musicali in quanto nella


loro quasi totalità si compongono di tre principali elementi:

1. una sorgente sonora, caratterizzata da un elemento vibrante (la fonte delle


oscillazioni, ad esempio le corde di un violino o le labbra di un trombettista)
2. un risuonatore acustico vero e proprio che ha la funzione di amplificare e caratterizzare
il suono emesso dell'elemento vibrante (ad esempio la cassa di risonanza del violino o
della chitarra acustica, oppure il canneggio di una tromba), il quale vibra con le stesse
caratteristiche della sorgente sonora
3. eventuali adattatori di impedenza acustica, ovvero elementi che favoriscono la
trasmissione dell'energia vibrante tra la sorgente sonora ed il risuonatore, le diverse
parti dello strumento, e tra lo strumento e l'ambiente circostante (ad esempio il
ponticello e l'anima del violino o la campana di una tromba).

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I suoni Armonici
Gli armonici naturali sono una successione di suoni le cui frequenze sono multipli di una nota
di base, chiamata fondamentale.
Un suono prodotto da un corpo vibrante non è mai puro, ma è costituito da un amalgama in cui
al suono fondamentale se ne aggiungono altri più acuti e meno intensi: questi sono gli armonici,
che hanno una importanza fondamentale nella determinazione del timbro di uno strumento e
nella determinazione degli intervalli musicali.
I suoni armonici corrispondono ai possibili modi normali di oscillazione di un corpo sonoro
(secondo un moto armonico).
Ad esempio, se una corda di lunghezza L emette un Mi (primo armonico), la stessa corda vibra
con meno intensità anche a frequenza doppia (pari alla lunghezza L/2, secondo armonico),
emettendo un Mi all'ottava superiore, e così via, suddividendo la lunghezza d'onda in multipli
interi L/3, L/4, eccetera. Lo stesso principio vale per le colonne d'aria che vibrano all'interno di
tubi (come negli ottoni) e per la voce umana che, attraverso la tecnica del canto armonico, è in
grado di mettere in risalto nitidamente almeno 16 armonici principali.

La serie armonica naturale è la seguente:

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in cui il suono fondamentale è un Do. Questa serie di note è la base fisica che ha dato origine
all'intonazione naturale. Notare che il 7º, l'11º e 14º armonico suonano calanti ed il 13º è
crescente in relazione agli analoghi suoni nel temperamento equabile

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Gli Idiofoni
Negli strumenti musicali denominati idiofoni secondo la classificazione Hornbostel-Sachs (H-
S: 1) il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo stesso dello strumento, senza l'utilizzo di
corde o membrane tese e senza che sia una colonna d'aria a essere fatta vibrare.

In base alla classificazione gli idiofoni si suddividono nelle seguenti famiglie:

percussione diretta (l'esecutore compie il gesto di percuotere e produce un singolo colpo


alla volta). Il colpo può essere effettuato con le mani o con altri oggetti, ad esempio con una o
più bacchette (rispettivamente come nel triangolo e come nella marimba) o con le mani; lo
strumento può ricevere il colpo sbattendolo contro pareti o contro il pavimento;

percussione diretta a concussione (due o più oggetti uguali fatti battere tra loro come nei
piatti, nelle nacchere, nei leggenti, nella cosiddetta "frusta" orchestrale composta da due
assicelle che battono tra loro imitando il suono della frusta da vetturino o nel triccheballacche
napoletano dove gli elementi uguali sono tre);

percussione indiretta a raschiamento (ad esempio la bacchetta che scorre lungo le


scanalature del güiro cadendo dentro ad ogni scanalatura vi produce un suono che diventa a
raffica; il singolo suono prodotto da una sola caduta alla volta non va considerato come
percussione diretta);

percussione indiretta a scuotimento interna o esterna (le maracassono un esempio di


percussione indiretta interna, dovuta a piccoli oggetti contenuti nello strumento che quando
viene agitato produce suono per i colpi contro le pareti e tra gli oggetti stessi);

strappo il caso dei tre cucchiai usati nel ballo popolare europeo (con esempi, tra l'altro in
Italia e Russia), dove due oggetti (in questo caso due cucchiai accostati) battono tra loro
quando ne viene fatto passare in mezzo un altro, che, "strappando", induce l'allontanamento
e il brusco riavvicinamento degli altri due oggetti.

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pizzico come nel caso della m'bira africana o dello scacciapensieri

frizione (come nel caso del bicchiere di cristallo sfregato sul bordo e nella cassa armonica di
mozartiana memoria);

aria (ad esempio la bottiglia vuota accartocciata che scricchiola soffiandovi dentro per
l'aumentare della pressione che la spinge a deformarsi, oppure quando l'aria fa battere tra
loro oggetti sospesi).

Gli idiofoni sono realizzati in materiali diversi, come il metallo, il legno, l'osso e le materie
plastiche. A differenza degli idiofoni a suono indeterminato, quelli a suono determinato sono
suonati controllando la nota prodotta e rispettando le regole di intonazione delle varie culture
musicali (scala cromatica "temperata" della musica colta occidentale, scale indiane, cinesi,
intonazioni degli xilofoni africani)

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L’intensità del suono
L’intensità del suono è la caratteristica che ci permette di distinguere i suoni forti da quelli
deboli. È ciò che comunemente si definisce volume del suono.

Il suono si misura in decibel ed è direttamente proporzionale alla forza impiegata per


produrlo. In tale atto, si produce una vibrazione alla relativa fonte sonora (strumento, voce
ecc.). La pressione acustica esercitata sull’orecchio umano da un corpo sonoro deriva dalla
vibrazione delle onde sonore che provengono dallo stesso e che si propagano generalmente
attraverso l’aria.

È bene rendere consapevoli gli alunni di tali meccanismi. Inoltre, facciamo capire loro che,
seppur breve, l’esposizione a un suono di forte intensità può provocare danni all’udito anche
permanenti. L'intensità acustica è legata in modo indiretto al volume sonoro, ossia la qualità
che distingue i suoni in deboli da quelli forti, grandezza legata alla psicoacustica.

L'orecchio umano è in grado di percepire intensità acustiche che variano in un intervallo molto
grande (12 ordini di grandezza): si definisce soglia di udibilità il valore I = 10-12 W/m2 al di
sotto del quale non è più possibile percepire alcun rumore, mentre si chiama soglia del dolore
il valore I = 1 W/m2 al di sopra del quale si inizia a provare dolore fisico.

Vista l'ampia escursione delle intensità acustiche dei suoni udibili, si utilizza
convenzionalmente una scala logaritmica (che possiede come punto di riferimento il valore
della soglia dell'udibilità) definita livello di intensità acustica (Intensity level, IL), o livello
sonoro, spesso misurata in decibel.

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Gli strumenti a serbatoio d’aria
Gli strumenti aerofoni (classificazione Hornbostel-Sachs: cat. 4) sono strumenti musicali nei
quali l'aria stessa è il mezzo primario che viene messo in vibrazione producendo suono[1].
Nella classificazione di Hornbostel-Sachs, gli strumenti aerofoni sono divisi in due classi, a
seconda che l'aria che vibra sia contenuta in una cavità dello strumento (aerofoni risonanti o
strumenti a fiato veri e propri), oppure no (aerofoni liberi).

Gli strumenti a serbatoio d'aria sono quelli in cui il suono non viene generato direttamente ma
prima passando da un serbatoio; un esempio base potrebbe essere la cornamusa, la
zampogna e la fisarmonica; invece delle eccezioni sono l'organo che genera il suono
attraverso delle pompe che allungano o accorciano la colonna d'aria a seconda dei tasti che
vengono schiacciati e l'armonium che genera il suono schiacciando dei mantici coi piedi e i
tasti con le mani. Per quanto riguarda la riserva d'aria, gli aerofoni possono ricevere il flusso
d'aria dai polmoni dell'esecutore o da altre fonti, attingendo ad un serbatoio d'aria. In pratica
l'aria non viene insufflata direttamente nello strumento a fiato, ma viene accumulata in
serbatoi (zampogne, cornamuse) o caricata con mantici (organi a canne, fisarmoniche,
organetti diatonici, eccetera) è anche possibile utilizzare la bocca dell'esecutore come
serbatoio d'aria (launeddas, respirazione continua con trombe, sax, clarinetti nelle
performance jazz, ecc.).

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Gli aerofoni

Gli strumenti aerofoni (classificazione Hornbostel-Sachs: cat. 4) sono strumenti musicali nei
quali l'aria stessa è il mezzo primario che viene messo in vibrazione producendo suono[1].
Nella classificazione di Hornbostel-Sachs, gli strumenti aerofoni sono divisi in due classi, a
seconda che l'aria che vibra sia contenuta in una cavità dello strumento (aerofoni risonanti o
strumenti a fiato veri e propri), oppure no (aerofoni liberi). Gli strumenti aerofoni si
suddividono, a loro volta, in due sottocategorie ossia quella degli aerofoni liberi e degli
aerofono risonanti.

Gli aerofoni liberi sono strumenti che non contengono l'aria al loro interno; semplifichiamo il
concetto con un esempio concreto che ci porta a pensare all'armonica a bocca, uno
strumento ad ancia libera che produce il suono tramite la vibrazione scaturita dal passaggio
dell'aria sulle ance vale a dire delle piccole lame in ottone che si trovano sull'estremità
inferiore e superiore dello strumento stesso.
Gli aerofoni risonanti, invece, non sono altro che tutti quegli strumenti dotati di una cavità
dove l'aria è in grado di vibrare. Appartengono alla categoria il flauto, la tromba e l'oboe e, in
genere, la maggior parte degli strumenti a fiato.
Il flauto è uno degli aerofoni più diffusi e costituisce, per la precisione, uno strumento
aerofono labiale; ne esistono due sottocategorie, quella del flauto traverso e del flauto diritto o
"dolce", a cavità aperta. E' annoverato tra gli strumenti musicali più antichi che esistano
avendo origini risalenti al Paleolitico.
L'oboe è classificato come strumento aerofono ad ancia doppia ed è principalmente
adoperato nella musica da camera oppure nelle orchestre sinfoniche; la tromba è anch'essa
classificata tra gli aerofoni risonanti e appartiene alla famiglia degli ottoni. La tromba basso e
la tromba piccola sono le più comuni.

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La frequenza sonora
La Frequenza (altezza) del suono è il numero di cicli al secondo dell'onda sonora. Viene
misurata in Hertz (Hz). La frequenza di un suono aumenta con il numero di cicli al secondo. In
acustica frequenza è il numero che definisce quante volte al secondo oscilla un onda sonora,
si misura infatti in cicli al secondo, detti più comunemente Hertz (Hz) in onore del noto fisico
tedesco Heinrich Hertz che scoprì le onde elettromagnetiche (anch'esse si misurano in
questo modo ma oscillano per lo più a frequenze ben maggiori).
Suoni acuti, alti, come quelli suonati da un violino, come un fischio o un sibilo, hanno
frequenze dal numero alto (alte frequenze), suoni gravi, bassi, come un trombone, un basso
elettrico o un tuono in lontananza, hanno numeri di frequenza piccoli (basse frequenze).
Una dimostrazione pratica di ciò è il rombo del motore di un’automobile: più gira rapidamente,
più genera vibrazioni più rapide e quindi suoni sempre più acuti; quando gira al minimo è un
rombo cupo perchè fa pochi giri al secondo.
Musicalmente la frequenza è vicina al concetto di altezza: le note basse hanno i loro suoni
fondamentali che hanno numeri di frequenza piccoli, le note alte hanno fondamentali con
numeri di frequenza più grandi.
Nell’audio si definiscono 4 zone, dette tecnicamente bande di frequenza: i bassi (20-200 Hz),
i medio-bassi (200-1000 Hz), i medio-alti (1000-5000 Hz) e gli alti (5000-20000 Hz).
Il nostro apparato uditivo è infatti in grado di percepire suoni compresi tra i 20 e i 20000 Hz.
Ciò ci permette di definire come ultrasuoni quelli che oscillano a più di 20000 Hz e infrasuoni
quelli sotto i 20 Hz.

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L’Hertz

L'hertz (simbolo Hz) è l'unità di misura del Sistema Internazionale della frequenza.[1] Prende
il nome dal fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz che portò importanti contributi alla scienza,
nel campo dell'elettromagnetismo.

Variazione della forma d'onda al variare della frequenza


L'altezza è la frequenza fondamentale di una nota musicale o suono che viene percepita, ed
è una delle caratteristiche principali di un suono. L'altezza è la qualità che permette di
distinguere se un suono è acuto o grave e dipende dalla frequenza dell'onda sonora che lo ha
generato. In particolare: più la frequenza di un'onda sonora è elevata e più il suono ci
sembrerà acuto, mentre più è bassa la frequenza e più il suono ci apparirà grave. Nonostante
la frequenza fondamentale reale possa essere determinata con una misura fisica, essa può
differire dall'altezza percepita per via degli ipertoni e degli armonici naturali del suono. Il
sistema di percezione uditiva umano può avere anche difficoltà a distinguere differenze di
altezza fra le note, in alcune circostanze.
I limiti dell'orecchio umano vanno da un minimo di 16 Hz ad un massimo di 20 000 Hz. La
pratica musicale tuttavia si serve di suoni la cui frequenza è compresa in limiti più ristretti e
precisamente tra 64 e 8 000 vibrazioni semplici al secondo.

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IL Decibel
Dall'ampiezza dell'onda, si calcola la pressione sonora, definita come la variazione di
pressione rispetto alla condizione di quiete, e la potenza e l'intensità acustica, definita come il
rapporto tra la potenza dell'onda e la superficie da essa attraversata; l'intensità delle onde
sonore viene comunemente misurata in decibel
Il decibel (dB) è un’unità di misura inizialmente utilizzata in acustica per misurare l’intensità
del suono (dal nome dell’inventore Alexander Graham Bell). Ad oggi essa è largamente
utilizzata in numerosi campi applicativi ed in particolare nel campo delle telecomunicazioni.
Il decibel (simbolo ㏈) è la decima parte del bel (simbolo B): 10 ㏈ = 1 B ed è un'unità di
misura logaritmica del rapporto fra due grandezze omogenee (es. due potenze, due
pressioni, due potenziali elettrici). Il valore ottenuto da un logaritmo è per definizione un
numero puro (adimensionale), ma vi può essere associata un'unità di misura per indicare la
base del logaritmo utilizzato. Il bel è ormai caduto in disuso. Altre unità logaritmiche di uso
comune sono il neper (logaritmo in base e), il bit, il nat e l'hartley (usati in teoria
dell'informazione).

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La lunghezza dell’onda sonora
Per la fisica, il suono è un'oscillazione (un movimento nello spazio) compiuta dalle particelle
(atomi e molecole) in un mezzo. Nel caso del suono che si propaga in un mezzo fluido
(tipicamente in aria) le oscillazioni sono spostamenti delle particelle, intorno alla posizione di
riposo e lungo la direzione di propagazione dell'onda, provocati da movimenti vibratori,
provenienti da un determinato oggetto, chiamato sorgente del suono, il quale trasmette il
proprio movimento alle particelle adiacenti, grazie alle proprietà meccaniche del mezzo; le
particelle a loro volta, iniziando ad oscillare, trasmettono il movimento alle altre particelle
vicine e queste a loro volta ad altre ancora, provocando una variazione locale della pressione;
in questo modo, un semplice movimento vibratorio si propaga meccanicamente originando
un'onda sonora (od onda acustica), che è pertanto onda longitudinale.

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Rappresentazione grafica di un'onda sonora

Le onde sonore possono essere rappresentate graficamente utilizzando un grafico


cartesiano, riportante il tempo (t) sull'asse delle ascisse, e gli spostamenti delle particelle (s)
su quello delle ordinate. Il tracciato esemplifica gli spostamenti delle particelle: alla fine, la
particella si sposta dal suo punto di riposo (asse delle ascisse) fino al culmine del movimento
oscillatorio, rappresentato dal ramo crescente di parabola che giunge al punto di massimo
parabolico. Poi la particella inizia un nuovo spostamento in direzione opposta, passando per il
punto di riposo e continuando per inerzia fino ad un nuovo culmine simmetrico al precedente,
questo movimento è rappresentato dal ramo decrescente che, intersecando l'asse delle
ascisse, prosegue in fase negativa fino al minimo parabolico. Infine, la particella ritorna
indietro e ripete nuovamente la sequenza di spostamenti, così come fa il tracciato del grafico.

Il periodo (graficamente il segmento tra due creste) è il tempo impiegato dalla particella per
tornare nello stesso punto dopo aver cominciato lo spostamento (indica cioè la durata di una
oscillazione completa). La distanza dalla cresta all'asse delle ascisse indica, invece,
l'ampiezza del movimento, in altre parole la distanza massima percorsa dalla particella dalla
sua posizione di riposo durante l'oscillazione. Tuttavia, nonostante il periodo e l'ampiezza
siano due grandezze che da sole sarebbero sufficienti per descrivere le caratteristiche di
un'onda, non sono frequentemente utilizzate, perlomeno non in forma pura: in acustica si
preferisce, infatti, usare altre grandezze da queste derivate. Il numero di periodi compiuti in
un secondo esprime la frequenza in hertz (Hz).

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IL Timbro del suono

Il timbro, è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro e permette di


distinguere suoni emessi da sorgenti diverse, anche se essi hanno la stessa frequenza e la
stessa intensità, ma sono avvertiti in maniera diversa dall’orecchio. Il timbro dipende dalla
forma dell'onda sonora, determinata dalla sovrapposizione delle onde sinusoidali
caratterizzate dai suoni fondamentali e dai loro armonici. Dal punto di vista della produzione
del suono, il timbro è determinato dalla natura (forma e composizione) della sorgente del
suono e dalla maniera in cui questa viene posta in oscillazione La scomposizione di un suono
nelle proprie componenti sinusoidali fondamentali è detta analisi in frequenza. La frequenze
vengono misurate in Hz, ovvero oscillazioni al secondo. Le armoniche di un suono sono suoni
con frequenze che sono multipli interi del suono principale. Nella musica, tanto più un suono
è composto da diverse componenti, tanto più esso risulta complesso: si va dal suono di un
flauto dolce, composto dalla fondamentale e da pochissime armoniche, al suono degli
strumenti ad arco, composto da moltissime frequenze armoniche secondarie. Tanto più le
frequenze secondarie che si sovrappongono alla principale non sono armoniche (ovvero
hanno frequenze che non sono multipli interi della fondamentale), tanto più ci si avvicina al
rumore. Ciascun strumento musicale ha un timbro diverso.
Il timbro rappresenta quell'attributo della sensazione uditiva che consente
all'ascoltatore di identificare la fonte sonora, rendendola distinguibile da ogni altra.

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La classificazione degli strumenti
musicali
La classificazione degli strumenti musicali è una disciplina a sé stante, per la quale sono stati
ideati vari sistemi negli anni. I criteri più comuni di classificazione sono l'estensione dello
strumento, la sua grandezza, il materiale di cui è fatto o il modo in cui il suono è emesso,
come nel più noto metodo accademico, la classificazione Hornbostel-Sachs. La scienza che
studia gli strumenti musicali è denominata organologia.

Gli strumenti musicali possono esser classificati secondo vari criteri. Fra i più diffusi quello
basato sull'uso che ne fa lo strumentista, molto diffuso e ripreso ampiamente nella struttura di
una orchestra, e quello basato sul metodo di produzione del suono, nella versione
occidentale noto come sistema Hornbostel-Sachs, con un predecessore storico nell'India fra il
200 avanti e dopo Cristo ("Natya Shastra/Bharata Muni"). La classificazione degli strumenti
musicali può avvenire anche secondo criteri diversi, per esempio differenziando le
caratteristiche comuni, o le tecniche di utilizzo, o il campo di applicazione, per origini
geografiche ecc.

Classificazione sull'uso dello strumentista

Si tratta della classificazione orientata alla struttura dell'orchestra sinfonica e si articola quindi in:

 strumenti ad arco
 strumenti a fiato (ottoni e legni)
 strumenti a percussione
 strumenti a tastiera
 strumenti a pizzico

Classificazione sul modo di emissione del suono

La classificazione avviene solitamente secondo il sistema Hornbostel-Sachs, che li suddivide


in cinque famiglie (idiofoni, membranofoni, cordofoni, aerofoni, elettrofoni).

Le cinque suddivisioni della classificazione Hornbostel-Sachs sono:

Aerofoni
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Gli aerofoni emettono un suono per mezzo di una colonna d'aria che vibra all'interno dello
strumento. Negli aerofoni risonanti (come legni ed ottoni, tradizionalmente detti "fiati" nel loro
complesso), in cui l'aria è contenuta in una cavità dello strumento, e aerofoni liberi(come
l'armonica a bocca), in cui l'aria si trova all'esterno.

Cordofoni

Nei cordofoni il suono è emesso dalla vibrazione di una corda azionata tramite lo sfregamento
di un arco (strumenti a corde strofinate), la percussione di un martelletto (strumenti a corde
percosse), o pizzicando le corde di cui sono dotati (strumenti a corde pizzicate). I principali
cordofoni sono: violino, pianoforte, clavicembalo, contrabbasso, viola, chitarra, liuto.

Membranofoni

Nei membranofoni il suono è prodotto dalle vibrazioni di membrane, percosse dalle mani o da
appositi battenti (in questo caso chiamati tamburi), oppure fatte vibrare da colonne d'aria (in
questo caso chiamati mirliton). Vi sono anche strumenti in cui alla membrana è fissata un'asta
(tamburi a frizione) o ad una cordicella (tamburi a pizzico).

Idiofoni

Negli idiofoni il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo dello strumento stesso. In base al
modo in cui lo strumento è messo in vibrazione gli idiofoni si dividono in:

 idiofoni a percussione diretta (triangolo, gong, xilofono, metallofono, marimba,


vibrafono);
 a percussione diretta a concussione(piatti, nacchere);
 a percussione indiretta a scuotimento (sonaglio, maracas);
 a percussione indiretta a raschiamento (güiro, scetavajasse).
 a frizione (glass armonica).
 a pizzico (scacciapensieri, zanza).

Elettrofoni

Negli elettrofoni, il suono viene generato per mezzo di elettricità, o per induzione
elettromagnetica. La famiglia è stata aggiunta successivamente alle prime quattro.

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La classificazione delle voci
La voce è il più importante strumento di comunicazione dell'uomo e anche il primo strumento
musicale a nostra disposizione. Le voci si dividono in tre gruppi:
gruppo maschile; gruppo femminile; e voci bianche.

- La voce acuta dei maschi si chiama tenore, la voce media baritono e la voce grave basso.

- La voce acuta delle femmine si chiama soprano, la voce media mezzosoprano e la voce
grave contralto.

- Sono le voci di bambini e ragazzi fino all'età in cui inizia la cosiddetta muta vocale, che si
verifica all'incirca tra i tredici e i quindici anni. In questo periodo inizia un lento cambiamento
della voce che da bianca, cioè infantile, si sposta progressivamente sul registro più grave,
tipico della voce adulta.

In via generica diciamo che le voci si dividono tra maschili e femminili.

Tra le voci femminili abbiamo il soprano, il mezzosoprano, il contralto ed il falcon. Il Soprano è


una voce molto comune, mentre il contralto ed il falcon sono voci molto rare perché hanno
suoni molto scuri, che scendono, cioè, parecchio al di sotto del pentagramma, però hanno
anche la caratteristica di andare nei suoni alti così come un soprano, anche se non con una
grande estensione
.
Tra le voci maschili abbiamo: il tenore, il baritono ed il basso.
Tra i tenori distinguiamo: i tenori leggeri, i tenori lirici, i tenori lirici spinti ed i tenori
drammatici. La differenza tra queste voci la dice la stessa classificazione: i tenori leggeri sono
quelle vocine più piccole, dolci, adatte ad un repertorio tipo Mozart o Rossini; i tenori lirici
possono invece cantare La Boheme, la Traviata o la Tosca; i tenori lirici spinti cantano invece
l’ Andrea Chénier e l’Otello, che sono opere più forti. Tra i baritoni abbiamo: il baritono
cantabile, che è un baritono non troppo scuro, ed il baritono. Tra i bassi distinguiamo: il basso
buffo, il basso leggero ed il basso profondo, che presenta dei suoni molto al di sotto del
pentagramma. Il basso buffo può fare “Il barbiere di Siviglia”( che è un personaggio buffo che
fa ridere: da qui è venuta la denominazione di basso buffo), oppure opere come “Il
matrimonio segreto”.
La diversificazione delle voci è data dal colore o timbro. Ogni voce ha un suo colore: ci sono i
colori scuri ed i colori chiari. Ad esempio possiamo dire che una voce femminile si qualifica
come soprano, mezzosoprano, contralto o falcon a seconda del suo colore.

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La prosodia

La prosodia (dal latino prosodia(m), che deriva a sua volta dal greco prosodia, composto di
pros-, "verso" e odè, "canto") è la parte della linguistica che studia l'intonazione, il ritmo, la
durata (isocronia) e l'accento del linguaggio parlato.

Le caratteristiche prosodiche di un'unità di linguaggio parlato (sia essa una sillaba, una parola
o una frase) sono dette tratti soprasegmentali, perché simultanee ai segmenti in cui può
essere divisa quell'unità; idealmente, le si può infatti rappresentare come 'sovrapposte' ad
essi. Alcuni di questi tratti sono, ad esempio, la lunghezza della sillaba, il tono, l'accento.

Le unità prosodiche non corrispondono a unità grammaticali, anche se possono dirci


qualcosa su come il nostro cervello analizza il parlato. I sintagmi e i periodi sono invece
concetti grammaticali, i quali tuttavia possono avere – a più livelli gerarchici – equivalenti
prosodici (unità prosodiche o intonazionali).

Queste unità sono caratterizzate da diversi segni fonetici, come una forma coerente di tono, e
il graduale abbassamento del tono e allungamento delle vocali lungo la durata di un'unità: fino
a quando il tono e la velocità si stabilizzano per ricominciare con l'unità successiva – sembra
che respirazione, inspirazione ed espirazione avvengano solo a queste condizioni.

Diverse scuole di linguistica descrivono le unità prosodiche in modo leggermente diverso.


Una comune distinzione è tra prosodia continuata, che nell'ortografia inglese si potrebbe
segnalare con una virgola, e prosodia finale, che potremmo indicare con un punto: questo è
l'uso comune dei simboli IPA per le pause prosodiche minori e maggiori.

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IL Diapason
Il termine diapason in musica ha diversi significati, ma comunemente indica uno strumento
acustico per generare una nota standard sulla quale si accordano gli strumenti musicali.

Se ne conoscono di vari tipi. Il più antico, e anche il più noto, consiste in una forcella di
acciaio che quando viene percossa produce un suono molto puro, privo di frequenze
armoniche. Questo suono può essere anche amplificato se la base della forcella viene
collocata su una superficie che funga da cassa armonica: ad esempio può essere messo a
contatto con la cassa di risonanza in legno di un altro strumento, quale un violino o una
chitarra.

La sua invenzione può essere ascritta al musicista John Shore nel 1711.

La frequenza alla quale il diapason oscilla dipende dalle proprietà elastiche del materiale di
cui è costituito, dalla lunghezza e dalla distanza fra i rami della forcella: è possibile reperire in
commercio diapason tarati per emettere note diverse. Il più comune è il diapason in La, che
oscilla a una frequenza di 440 Hertz, corrispondente al La della quarta ottava del pianoforte[1],
ed è utilizzato per accordare gli strumenti.

Tra i tipi più recenti di diapason sono quelli in cui il La è prodotto elettronicamente e quello
detto corista, simile ad un particolare fischietto e costituito da un'ancia battente inserita in una
breve canna, nella quale si soffia. Questo diapason deve il suo nome di "corista", perché
largamente utilizzato dai direttori di coro per ricavare le note di partenza da fornire alle
diverse sezioni nelle esecuzioni senza accompagnamento strumentale (dette "a secco" o "a
cappella").

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IL Metronomo
Il metronomo, dal greco μέτρον (métron, "misura") e νέμω (némo, "amministro", "guido"), è
uno strumento usato in musica per misurare il tempo ed esplicitare quindi la scansione
ritmica.
I numeri di metronomo sono siglati MM, cioè Metronomo Mälzel, o anche BPM, Beats Per
Minute (Battiti Per Minuto). Viene usato come strumento di misurazione della velocità del
tempo musicale, sia soprattutto come sussidio allo studio di un brano musicale, consentendo
al musicista di essere supportato da un battito costante, che lo aiuta ad evitare di accelerare
o rallentare.
I numeri di metronomo comunemente utilizzabili vanno da 40 a 208 secondo una scala
consuetudinaria che comprende solo alcuni particolari valori, permettendo una
differenziazione ritmica tra i gradi della scala sufficientemente apprezzabile. Solo alcuni
metronomi elettronici o software permettono l'utilizzazione di qualsiasi valore numerico.

Fu Galileo Galilei che, nel 1583, osservando una lampada del Duomo di Pisa scoprì
l'isocronismo del pendolo e aprì così la strada alla possibilità di misurare e riprodurre la
velocità di una pulsazione ritmica. Tra le prime testimonianze disponibili, pare che Christoph
Bernhard (1628 - 1692), allievo e cantore di Heinrich Schütz, abbia usato l'oscillazione di un
pendolo per determinare la velocità di esecuzione di un brano (episodio desunto da Johann
Mattheson, Der volkommene capellmeister, 1739).

Il primo utilizzo, sia pure solo sotto il profilo teorico, del pendolo avviene con Thomas Mace
(Musick's Monument, Londra 1676). Un ulteriore perfezionamento anche sul piano pratico fu
condotto nel 1696 da Étienne Loulié (Elémens ou principes de musique, mis dans un nouvel
ordre), che mise a punto il primo metronomo graduato, chiamato Cronometro di Loulié,
costituito da un peso fissato a un filo che non produceva battiti udibili ma andava osservato.
Questo modello fu, a sua volta, rielaborato nella sua forma definitiva a doppio pendolo
dall'orologiaio di Amsterdam Dietrich Nikolaus Winkel, che va considerato il vero inventore del
metronomo moderno.

Johann Nepomuk Mälzel nel 1816 brevettò lo strumento modificandolo per ottenere un battito
anche sonoro e non solo visivo. Winkel gli fece causa e la vinse, tuttavia Mälzel continuò a
godere sia della fama che dei benefici economici dell'invenzione non sua, tanto che
Beethoven dedicò nel 1812 a Mälzel come inventore del metronomo il Canone a 4 voci "Ta ta
ta ta" (WoO 162 - edito in Beethoven Werke S. 23, n. 256, 2), basato sul tema del 2º
movimento (Allegretto scherzando) dell'ottava Sinfonia. Questa composizione è però ritenuta

"dubbia o spuria" da molti studiosi-


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