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Coefficiente di imbibizione: la roccia che viene utilizzata in esterno quanta acqua assorbe? Per capirlo
si calcola il coefficiente. Basta avere una bilancia di precisione e con cinque provini standard con una
massa di almeno 200g, si mettono in acqua distillata per 100 ore e
si pesano, poi in forno a 110° ed essiccati e si ripesano. Il
coefficiente di imbibizione è il rapporto tra i due valori.
Le rocce che hanno il coefficiente più alto sono le arenarie e sono
tra le rocce più porose. Il coefficiente di imbibizione è una prova
semplice ma non ci fornisce nessun tipo di informazione sulla
dimensione dei pori, è grave nel caso di fenomeni gelo-disgelo in
cui la roccia potrebbe rompersi.
La meccanica delle fratture spiega come si formano e propagano
le fratture. Uno dei fattori fondamentali di una frattura è la
profondità, più è estesa nella roccia e più si propagherà, l’energia
si propaga nel diedro. Un altro fattore importante è il raggio di
curvatura, più è stretto e più la frattura si propagherà. I fattori
che influenzano la resistenza delle rocce sono parecchi:
Granulometria avrà più resistenza una roccia a grana fine,
omogenea perché le fratture passano lungo superfici di
discontinuità e di confine dei granuli, più cambi di direzione fa una frattura più energia è
utilizzata.
Mineralogia differenza di comportamento reologico (quarzo e feldspati comportamento fragile,
fillosilicati comportamento più plastico, si organizzano in pacchetti di lamelle ed hanno una
resistenza meccanica minore).
Contatti intergranulari, si propaga meglio una frattura in un contatto interlobato, suturaro.
Anistropie e microfratture, se la roccia è foliata le prove di compressione andranno effettuate
sia perpendicolarmente che parallelamente.
Alterazione, se ho un granito idrotermalizzato, o alterato da alterazione meteorica superficiale
avrà una resistenza meccanica minore di un granito sano.
Una delle prove meccaniche a distruzione più semplici è la prova di resistenza uniassiale, cubo o
cilindro di dimensioni standard (dipende unicamente dalla macchina che ho a disposizione), i risultati
ottenuti sono confrontabili se il cilindro ha un diametro compreso tra 4 e 8 cm e un rapporto h/d=2. Il
carico viene aumentato progressivamente sulla pressa fino a che si arriva alla rottura del campione,
l’unità di misura è il MPa, se la roccia è anisotropa vanno effettuate due prove, perpendicolare e
parallela. La resistenza meccanica del calcestruzzo ha valori massimi di 46-48 MPa, il marmo bianco
130-180 MPa. Il campione deve avere superfici piane parallele e con buoni piani rifiniti perché il peso
sia omogeneo su tutto il campione.
Prova di resistenza a compressione uniassiale dopo cicli gelo-disgelo
Si utilizzano dei provini sottoposti a ciclo gelo-disgelo per 20 volte consecutivw (congelatore-vasca
bollente) e successivamente li sottopongo alla prova. Confronterò poi i valori con provini sani. La roccia
è geliva o non geliva se dopo il trattamento termico la riduzione del carico di rottura è minore del 25%.
Ma non è molto applicabile in realtà perché la cosa fondamentale è la dimensione dei pori per i cicli gelo
disgelo.
Modulo di elasticità normale: quanto un materiale si deforma sotto il peso di un carico. È il rapporto
tra il valore della compressione esercitata su un corpo roccioso e il valore della diminuzione di
lunghezza che subisce. (vedi slide)
Resistenza all’urto: molto utile per i pavimenti, è la resistenza a rottura per il colpo di un corpo
contundente. È importante lo spessore delle lastre e quello su cui le appoggio, che assorbe l’urto.
Usura per attrito radente: marciapiede, strada. Si usa un “enorme grattugia”, in cui vi è un disco
rotante sopra il quale c’è una graniglia abrasiva (legata da un olio) i provini sono schiacciati contro la
pista rotante girando anche su se stesso, si fa un percorso standard e si valuta quanto si è abraso il
materiale. (1000 m alla velocità di 1 m/s). La superficie risultante non è piano parallela ma bombata e si
fanno quattro misure, i 4 vertici e il centro con un micrometro. Tutti i campioni vengono confrontanti
con un campione standard: il granito di San Fedelino, un granito peralluminoso a due miche. Quindi il
coefficiente di abrasione sarà dato da:
Se il valore è espresso in mm significa che non ho utilizzato il confronto con lo standard perché è più
costoso.
Durezza di una roccia: ci sono prove standard mutuate da materiali metallici, ad esempio la prova di
microdurezza knoop. Il campione viene levigato, a dimensioni standard e su questo campione premo delle
punte con una certa pressione e vedo se ha scalfito o meno il campione. Le punte sono in diamante e in
base agli angoli della punta (130-136°) le due prove hanno nomi differenti, in base all’impronta che
lasciano nel materiale, questo sarà più o meno tenero. Effettuando più prove ottengo un grafico che
mostra la durezza e anche la distribuzione delle microdurezze (dovute alla mineralogia). A) marmo
calcitico monomineralico, distribuzione della durezza omogenea.
Colorazione rocce ornamentali: se il colore dipende dalla mineralogia si parla di rocce idiocromatiche e
i colori sono stabili nel tempo, altre rocce invece contengono dei pigmenti, alcuni calcari sono neri
perché contengono bitume o grafite, altri sono rossastri perché contengono abbondante Fe+2 disperso,
altri gialli perché contengono Fe+3, queste rocce sono allocromatiche e il loro colore non è stabile nel
tempo, e i calcari neri vanno ad esempio continuamente lucidati perché la grafite e il bitume tendono ad
ossidarsi. Più la roccia è compatta, minore sarà la tendenza a ossidarsi.
Assorbimento di acqua: le guglie del duomo di Milano ogni 30 anni devono essere cambiate perché
assorbono molta acqua. Nel passato durava fino a 150 anni.
La solubilità aumenta con l’aumentare della temperatura e dipende dal pH, il quarzo si discioglie più
facilmente in ambiente basico ed è molto più solubile il quarzo amorfo.
Uno dei fattori più importanti per dire se una roccia si degraderà nel tempo è la dimensione dei pori e
la loro distribuzione dimensionale. È stata mutuata una tecnica analitica: la porosimetria a mercurio.
Con questa tecnica posso studiare tutti i materiali porosi, rocce e polveri (che ha anch’esso una sua
porosità). I materiali non vengono bagnati dal mercurio (perché la goccia non si espande), se la si fa
cadere su di un metallo, come l’oro, potrebbe formare l’amalgama, si lega e rovina il materiale. Non è il
massimo per rocce tenere (calcareniti) e materiali troppo fragili. Posso studiare i pori con un raggio
compreso tra 0,003 e 400 micron. Ottengo la porosità totale aperta al mercurio (pori d dimensioni
sufficienti), densità totale del materiale e la distribuzione dei pori.
Bagnabilità: il mercurio in generale non bagna e quindi ha un angolo di contatto notevole. Per portare il
mercurio all’interno dei pori di una roccia devo applicare una pressione e più la pressione è grande più
sono piccoli i pori che vado a riempire, la pressione è inversamente proporzionale al raggio dei pori e il
volume totale di mercurio assorbito dipenderà dalla quantità di pori.
Equazione di Washburn
Varierà la pressione che applico al mercurio perché il numeratore è costante. Le pressioni arrivano fino
a 200 MPa, porosimetri hanno pressioni maggiori per studiare pori ancora più piccoli.
Il raggio espresso indica il raggio dei cilindri perché i pori sono assunti come cilindri, anche se non è mai
così, per studiare la forma dei pori utilizzo la microscopia elettronica a scansione.
I pori devono essere accessibili, perché spesso non hanno diametro costante e i più difficili sono quelli a
forma di “pera” l’ingresso è molto stretto e quindi non penso che la parte sotto del poro sia maggiore di
quella superiore.
Se immergo il campione nel mercurio e lo sottopongo a pressione, cosicchè il mercurio entri nel poro
ottengo un diagramma che mette in relazione la pressione e il volume cumulativo di mercurio che entra
nel campione, questo entra nel campione finchè applico il mercurio, quando finisco la prova la pressione
diminuisce e noto un ciclo di ritorno che non sarà mai uguale a quello di andata perché parte del
mercurio rimane intrappolato all’interno del campione e questo diventa un rifiuto speciale.
Come penetra il mercurio tra i pori? Tensione superficiale, diametro delle particelle..
Il dilatometro ha trasduttori elettrici che misurano la differenza di altezza della colonnina di mercurio,
in funzione delle pressioni crescenti. Se ho un materiale molto disomogeneo devo effettuare almeno 5
prove, mentre un campione omogeneo a grana fine necessita di meno prove.
Alcuni materiali si possono rompere, all’applicare della pressione (nel grafico vedo un picco di assunzione
del mercurio), non si può effettuare sui metalli (per l’amalgama) ed è una prova distruttiva perché dopo
la prova il campione diventa rifiuto speciale. Bisogna lavorare sotto cappa perché il mercurio volatile è
molto nocivo per la salute.
Se ne utilizzano tantissime, perché hanno tantissime applicazioni, devono essere effettuate prove per
vedere quale è la più adatta per l’utilizzo che devo farne.
Analisi petrografica su sezione sottile mediante la conta di punti, per vedere quanti minerali e
quali ci sono nella sabbia o nella roccia.
Densità
Resistenza all’urto
Resistenza all’usura
Prova Los Angeles
Gelività
Potere legante la natura della ghiaia è importante per la qualità e la durata del manto stradale.
Quanto il bitume lega la ghiaia? Necessito di un materiale resistente all’usura e che non si
degrada nel tempo, per cui userei un granulato di quarzo e feldspato, ma c’è un problema il
bitume sul quarzo NON aderisce, nel tempo si sgrana, il materiale che invece offre un ottima
presa al bitume è il calcare e la dolomia. Molto spesso si concilia il fattore adesione con il
fattore di resistenza meccanica. Il porfido è un ottimo materiale, i basalti anche (colli Eugani,
vicentino).
Qualità degli aggregati impiegati nei calcestruzzi e negli aggregati bituminosi. Lo strumento ha una
forma a tamburo e ricorda il cestello di una lavatrice. Prendo il quantitativo noto di una ghiaia (con
grana da 6 a 12 mm), insieme ad un certo numero di sfere di acciaio e le pongo nel tamburo rotante,
la ghiaia tende ad abradersi contro le sfere di acciaio, avrò una parte fine che passa al setaccio di
1,6 mm ce va pesata, avrò una percentuale di materiale abraso e quindi perso, il valore di perdita è il
coefficiente di Los Angeles, più è basso questo valore migliore sarà il materiale. I migliori
materiali sono alcuni porfidi, basalti non alterati e alcuni calcari e graniti (meglio a grana fine).
Alcune rocce non sono per niente adatte (arenarie, argille) perché sono troppo tenere e abradibili.
Il gesso è assolutamente da evitare perché essendo un solfato si solubilizza, se l’anidrite viene a
contatto con l’acqua diventa gesso e aumenta di volume.
Tra le rocce peggiori in assoluto ci sono i micascisti, cloroscisti.
La differenza tra un aggregato naturale e uno artificiale sta nella spigolosità, l’artificiale spigoloso
è più efficiente perché offre miglior adesione ed è quindi migliore per un manto stradale. In un
calcestruzzo l’80% è di ghiaia e sabbia e il 20% di legante.
I materiali venduti devono essere suddivisi per granulometria, e per separarli sul campo uso dei
vagli vibranti o rotanti (pendente con fori di diverse dimensioni).
Dimensiono una sabbia-ghiaia in modo da ottenere il massimo riempimento degli spazi, devo avere un
fuso granulometrico tale da ottenere il migliore impacchettamento. L’assunzione è che tutti gli
aggregati devono essere sferici.
I minerali indesiderati sono: il quarzo deformato (metamorfico) perché tende a reagire col cemento
a formare reazioni alcali-silice e portare a espansione e rottura del materiale. Feldspati alterati, di
cui va sempre segnalata la presenza perché portano a degradazione meccanica. Non devo mai avere
solfuri e cloruri perché i primi sono solubili e i secondi erodono anche.
Le miche (muscovite, biotite e clorite) hanno poca resistenza meccanica. Le particelle a grana
finissima e le sostanze organiche riducono l’adesione del cemento, per cui posso lavare l’aggregato
per eliminare questa parte. Su un 100% di materiale estratto il 30-40 % può essere di materiale
fine argilloso che deve essere tolto.