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FONDAZIONE POLITECNICA PER IL MEZZOGIORNO D'ITALIA

P. Giannattasio, C. Caliendo, L. Esposito, B. Festa, W. Pellecchia

PORTANZA DEI SOTTOFONDI

Tema n 2 della Ricerca finalizzata a:


Redazione di un "Catalogo delle pavimentazioni stradali" a cura del C.N.R., Gruppo di lavoro "Progettazione
Pavimentazioni"

Napoli, dicembre 1989


Lavoro svolto con il contributo di:

AISCAT -Associazione Italiana Societa Concessionaria Autostrade e Trafori AITEC -Associazione Italiana
Tecnico Economica per if Cemento CO.GE.!. S.p.A. -Costruzioni Generali Italiana

ITALCEMENTI S.p.A.

MAC-Modern Advanced Concrete S.p.A.

PAVIMENTAL S.p.A.

SITEB -Associazione Italiana operatori del settore bitumi

UNICEM S.p.A.
INDICE

PORTANZA DEI SOTTOFONDI

1 INTRODUZIONE

2 DEFINIZIONE E COMPORTAMENTO DEI TERRENI DI SOTTOFONDO

2.1 Definizione di sottofondo

2.2 Comportamento meccanico dei terreni

2.2.1 Fasi costitutive


2.2.2 Azione del gelo e disgelo
2.2.3 Meccanismi di deforrnazione
2.2.4 Deforrnazione in funzione del tempo

2.3 Portanza

2.3.1 Definizione di portanza


2.3.2. Fattori che influenzano la portanza
2.3.3. Valutazione della portanza
2.3.4. La portanza nei metodi razionali

2.4 Classifica dei terreni di sottofondo

3 DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI RAPPRESENTATIVI DELLA


PORTANZA

3.1 Parametri statici

3.1.1 Modulo elastico statico Est


3.1.1.1 Est ricavato con prove di carico su piastra
3.1.1.2 Est ricavato con la trave Benkelmann
3.1.1.3 Est ricavato con prova triassiale
3.1.2. Modulo elastico Ev2
3.1.3. Rapporto di Poisson statico f!st
3.1.4. Modulo di reazione del sottofondo K
3.1.5. Modulo di deforrnazione Md
3.1.6. Indice CBR
3.1.7 R-Value

3.2. Parametri dinamici

3.2.1. Modulo resiliente Mr


3.2.2 Modulo Edin ricavato con prove deflettometriche (FWD)
3.2.3 Modulo Edin ricavato con prove di propagazione di onde (RVM)
3.2.4 Rapporti di Poisson resiliente e dinamico
3.3. Criteri per tener conto della disomogeneità del sottofondo e della variabilità delle
prove

3.4. Cedimenti permanenti per effetto del transito veicolare

4 CORRELAZIONE TRA I VARI PARAMETRI DI PORTANZA

4.1. Correlazione tra Edin e CBR


4.2. Correlazione tra il Est e CBR
4.3. Correlazione tra il modulo resiliente Mr e CBR
4.4. Correlazione tra il modulo di reazione K e CBR
4.5. Correlazione tra Md e CBR di progetto
4.6. Correlazione tra Est ed Edin
4.7. Correlazione Est e il modulo di reazione K
4.8. Correlazione tra Edin e modulo di reazione K
4.9 Correlazione tra il modulo resiliente Mr e il modulo di reazione K
4.10. Correlazione tra Edin e modulo di deformazione Md
4.11. Correlazione tra la deflessione elastica del sottofondo "d" misurata con la trave Benkelman
ed Md del sottofondo
4.12. Correlazione tra la deflessione elastica del sottofondo "d" misurata con la trave Benkelman e
CBR
4.13. Correlazione tra il DCP (Dynamic Cone Penetrometer) e CBR
4.14. Correlazioni tra R-Value ed altri parametri
4.15. Correlazione tra varie caratteristiche del terreno e il CBR

5.2. Metodi presentati sotto forma di cataloghi

5 PARAMETRI DI PORTANZA DEL SOTTOFONDO DI CALCOLO ADOTTATI IN


VARI PAESI

5.1 Metodi presentati sotto forma di nomogrammi, abachi e formule di dimensionamento

5.2 Metodi presentati sotto forma di cataloghi

5.3. Metodologie di dimensionamento da sviluppare con il calcolo automatico

6. SUGGERIMENTI SUL PARAMETRO DI PORTANZA PIU APPROPRIATO PER


IL CATALOGO ITALIANO.

6.1. Scelta del parametro di portanza per il catalogo


6.2. Correlazioni tra vari parametri utili per l'impiego del Catalogo

BIBLIOGRAFIA
1. INTRODUZIONE

Il presente rapporto tratta della "portanza dei sottofondi' cioè della capacita che il terreno su cui
poggia la pavimentazione ha di sopportare i carichi senza che si verifichino eccessive deformazioni.

Esso si inquadra nel pin vasto programma di ricerca formulato dal Gruppo di Lavoro
"Progettazione Pavimentazioni" della "Commissione di studio per le norme relative ai materiali
stradali e progettazione, costruzione e manutenzione strade" del CNR, finalizzato alla redazione di
un Catalogo delle Sovrastrutture Stradali valida per le condizioni di traffico e c1imatiche tipiche
dell'Italia.

Un catalogo, com'e noto, consiste in una serie di configurazioni di sovrastrutture che sono tutte
in grado di assicurare per un determinato periodo di tempo un buon comportamento nei riguardi
della sicurezza e del confort, differenziandosi - in relazione al traffico e alla portanza del sottofondo
- per la qualità dei materiali e 10 spessore degli strati che le compongono.

Preliminare alla redazione del Catalogo è la precisa definizione e determinazione dei


parametri di base (traffico, portanza del sottofondo, caratteristiche dei materiali, condizioni
climatiche), nonché la scelta e la messa a punta dei criteri e dei modelli di calcolo. A questo fine e
stata avviata una ricerca di base, in gran parte affidata alla Fondazione Politecnica per il
Mezzogiorno d'Italia che opera attraverso alcune Unità operative delle Università di Catania,
L'Aquila, Napoli "Federico II" e Roma "La Sapienza", con lo scopo, appunto, di fornire precise
indicazioni sui parametri da assumere nell'elaborazione del Catalogo, mediante l'esame
approfondito e critico della letteratura tecnica internazionale e la raccolta quanta più ampia
possibile dei dati relativi alla realtà italiana.

Nell'ambito di tale ricerca di base si colloca quella sulla "portanza dei sottofondi'' che forma
oggetto del presente rapporto.

Gli obiettivi di tale ricerca sono:

a) caratterizzazione della portanza del sottofondo ai fini della redazione del Catalogo;

b) definizione dei criteri per la misura e la valutazione della capacita portante ai fini
dell'utilizzazione del Catalogo
2. DEFINIZIONI E COMPORTAMENTO DEI TERRENI DI SOTTOFONDO

2.1. Definizione di sottofondo

Il transito dei veicoli provoca all'interno dell'ammasso terroso, sottostante la pavimentazione, una
variazione della stato tensionale esistente da cui scaturiscono le deformazioni responsabili dei
cedimenti visibili in superficie. In via teorica la zona interessata dalle sovratensioni e priva di
confini, tuttavia soltanto una porzione di essa e tale da fornire con le sue deformazioni un contributo
apprezzabile ai cedimenti. Questa parte del terreno, generalmente compresa in uno strato
superficiale avente un spessore dell'ordine del metro, nel quale sono inclusi anche gli eventuali
strati drenanti per il controllo delle acque di falda o di risalita capillare, costituisce il sottofondo
delle pavimentazioni.

Un buon sottofondo deve possedere una limitata deformabilità allo scopo di assicurare, in fase
costruttiva, la conservazione della regolarità del piano di posa della pavimentazione sotto il traffico
di cantiere e di favorire il costipamento degli strati della sovrastruttura, e di garantire, in esercizio,
l'assenza di cedimenti tali da compromettere la regolarità e la funzionalità della sovrastruttura
stessa. Esso, inoltre, deve essere esente da variazioni spontanee di volume e di deformabilità,
inconvenienti questi che possono essere presenti soprattutto nei terreni dotati di un'apprezzabile
frazione sottile, per la loro sensibilità all'acqua ed al gelo.

2.2 Comportamento meccanico dei terreni

2.2.1. Fasi costitutive

II terreno è un materiale costituito da un insieme di particelle solide e di vuoti


interparticellari detti pori. Questi pori sono normalmente riempiti da acqua e da aria. Pertanto i
terreni sono sistemi costituiti, in genere, da tre fasi: una fase solida, una fase liquida ed una fase
gassosa. Non sempre sono contemporaneamente presenti le due fasi fluide, potendo i pori essere
occupati soltanto da acqua (terreno allo stato saturo) o da aria (terreno allo stato secco).

La fase solida è composta da un insieme di elementi lapidei di varie dimensioni e forma. La


composizione granulometrica, la forma dei granuli e la porosità condizionano sensibilmente il
comportamento meccanico dei terreni.

La fase gassosa presenta poco interesse in quanto non produce azioni particolari che
influenzano in modo diretto le proprietà dei terreni.

La fase liquida, invece, gioca un ruolo molto importante nel comportamento dei terreni. Essa
é costituita da acqua che può trovarsi sotto forme diverse e cioè sotto forma di "acqua di
adsorbimento", "acqua pellicolare", "acqua libera o gravitazionale" e "acqua capillare" (v. fig. 2.1).

L'acqua di adsorbimento e quell'acqua che si trova ad immediato contatto con le particelle


solide e vi e trattenuta da forze attrattive.
Fig. 2.1 -Varie forme di acque nei terreni secondo la rappresentazione di Zunker [15].

Le cause del fenomeno sono da attribuirsi alle azioni di natura elettrochimiche che nascono
all'interfaccia solido-acqua. Difatti il nucleo solido possiede una distribuzione di cariche elettriche
superficiali, mentre le molecole d'acqua possono guardarsi come tanti dipoli. Ne consegue che le
molecole d'acqua sono energicamente attratte dal nuc1eo solido e si dispongono intorno a questa
con orientamenti ben determinati.

L'acqua di adsorbimento, che forma un velo sottilissimo attorno ad ogni granulo, presenta
proprietà, quali la viscosità e la densità, completamente diverse dall'acqua ordinaria ed é così
tenacemente aderente ai granuli che è molto difficile staccarla da essi per azione meccanica o
termica. Va inoltre osservato che in natura i singoli granuli di materia vengono a trovarsi spesso in
contatto con liquidi che contengono una certa quantità di elettroliti; alcuni ioni di questi elettroliti (per
esempio quelli positivi, detti anche cationi) migrano nella strato di acqua di adsorbimento, ne modificano le
proprietà ed insieme con questa costituiscono il così detto "complesso di adsorbimento" del granulo che si
considera (v. fig. 2.2).

Fig. 2.2 -Particella di argilla con acqua adsorbita, acqua pellicolare, ioni e acqua libera.
Da quanto sopra esposto emerge che i granuli delle miscele non si trovano a contatto diretto
tra loro e quindi le azioni di mutua attrazione tra i granuli (coesione) non si esercitano direttamente
fra le particelle solide a contatto, bensì attraverso questi "complessi di adsorbimento"la cui natura e
spessore influenzano pertanto il comportamento meccanico dei terreni. La natura e lo spessore dei
"complessi di adsorbimento" dipendono, a loro volta, dalla composizione mineralogica e dalla
superficie specifica delle particelle. Nei terreni a grana media e grossa (sabbie e ghiaie) che hanno
una ridotta superficie specifica, la presenza dei "complessi di adsorbimento" assume poca
importanza; le loro proprietà meccaniche sono influenzate soprattutto dalle caratteristiche delle
particelle solide (natura, dimensione e forma). Per i terreni a grana fine (in particolare per le
argille), dati gli elevati valori della superficie specifica, il comportamento meccanico dipende
invece dai complessi di adsorbimento.

L'acqua pellicolare é quell'acqua che riveste l'acqua adsorbita e che resta legata alle
particelle solide perche anch'essa risente, seppur con minor intensità, delle forze attrattive. Ha
proprietà intermedie tra l'acqua libera e l'acqua di adsorbimento. Alcuni autori sostengono che le
proprietà meccaniche dei terreni non dipendono solo dagli strati di adsorbimento, ma anche dalla
presenza dei veli d'acqua pellicolare.

L'acqua libera è quell'acqua che, non risentendo più delle forze attrattive del nuc1eo solido,
obbedisce alle leggi della gravità. Essa riempie gli spazi vuoti esistenti tra i veli d'acqua
precedentemente definiti e le sue caratteristiche fisiche sono quelle dell'acqua ordinaria.

L'acqua di capillarità é quell'acqua che si trova ad una pressione inferiore a quella


atmosferica. Tale minore pressione e dovuta alle tensioni capillari che nascono in corrispondenza
delle superfici di separazione tra acqua ed aria (menischi). Tali tensioni esercitano non solo
un'azione attrattiva sulle particelle di acqua che occupano i pori sotto i menischi, ma esercitano
anche delle azioni attrattive tra le pareti che delimitano i pori, cioè tra i grani. L'intensità di queste
azioni e tanto pili forte quanto minore è la sezione dei pori, cioè quanta più piccole sono le
dimensioni delle particelle. Si pensi alla possibilità di ottenere campioni indisturbati di argilla, e alla
possibilità di ottenerli per la sabbia.

2.2.2. Azione del gelo e del disgelo

Quando la temperatura resta per lunghi periodi al di sotto dello zero nei terreni "gelivi" si
può avere perdita della portanza. Infatti, questi terreni caratterizzati dalla presenza di materiali fini,
con elementi di diametro minore di 0.02 mm in percentuale compresa tra il 10% ed i1 15%
(secondo la c1assificazione del Road Research Laboratory), danno luogo in presenza di falda, a
risalita capillare di acqua; questa fenomeno che già da solo e causa di perdita di portanza, in caso di
gelo, col tempo, determina la formazione di lenti di ghiaccio. Queste causano il rigonfiamento del
sottofondo e quindi il sollevamento e la fessurazione della pavimentazione. L'inconveniente più
grave si ha però all'epoca del disgelo, quando le lenti di ghiaccio sciogliendosi danno luogo alla
formazione di sacche d'acqua nel sottofondo determinando quindi una sensibile perdita di portanza.
Si può pertanto dire che per avere problemi causati dal gelo e necessario:

a) essere in presenza di materiale fino, con percentuali di particelle con diametri minori di
0.02 mm superiori al 10-15 %;
b) essere in presenza di falda;
c) il freddo deve durare per un periodo di tempo abbastanza lungo.
In Italia il problema e quasi inesistente, infatti nel centro sud sono soggetti a temperature
inferiori a 0 C° spessori fino a 50 mm; tali spessori, una volta costruita la strada, rientrano tutti nella
sovrastruttura, per cui il problema non esiste.

Nell'Italia Settentrionale, dove invece il gelo può interessare strati fino a un metro di
spessore, e il caso di prendere in esame di volta in volta il metodo migliore per evitare danni alle
pavimentazioni specie nei periodi del disgelo; per cui se per le strade secondarie si può al limite
fermare il traffico nel periodo del disgelo (barriere antigelo), nelle strade dove questa non è
possibile si provvederà o ad aumentare gli spessori della pavimentazione per tener conto della
perdita di portanza oppure a sostituire il sottofondo stesso con materiale non gelivo oppure a
realizzare strati coibenti costituiti da polistirolo espanso o argilla espansa.

Nella figura 2.3 è riportato un esempio di evoluzione stagionale della portanza del
sottofondo espressa attraverso il modulo elastico. Tale diagramma può essere utilizzato per
programmare il periodo di funzionamento delle barriere antigelo.

Fig 2.3 Esempio di evoluzione stagionale della portanza del sottofondo espressa col modulo elastica
[17]

2.2.3. Meccanismi di deformazione

Dopo aver esaminato le varie fasi costitutive di un terreno e l'azione del gelo,si analizza il
suo comportamento sotto l'azione dei carichi. Allorché viene applicato un carico, nei punti di
contatto dei granuli costituenti il terreno si manifestano tensioni sia normali che tangenziali le quali
generano deformazioni dei granuli solidi a contatto e/o scorrimenti fra i granuli stessi; ne derivano
deformazioni che in generale sono elastoplastiche (fig. 2.4).
2.4 -Rappresentazione schematica della trasmissione
delle forze nei terreni: a) Sezione trasversale di un
recipiente contenente terreno; b) Ingrandimento di una
parte della sezione trasversale che mostra le forze in due
punti di contatto delle particelle [10].

Le deformazioni dei granuli solidi, in corrispondenza dei punti di contatto, comportano un


allargamento delle aree di contatto delle particelle (fig. 2.5). Queste deformazioni sono di tipo
elastico e/o plastico; ne consegue che possono essere totalmente, parzialmente o per nulla
recuperate alla rimozione del carico.

Fig. 2.5 -Movimento delle particelle dovuto alle deformazioni di contatto. La linea piena mostra la
superficie delle particelle dopo l'applicazione del carico (la particella inferiore e stata considerata
fissa); la linea a tratteggio mostra la superficie delle particelle prima dell'applicazione del carico
[10].

Quando poi é presente una particella lamellare che si dispone come in fig. 2.6, questa si
inflette sotto l'azione del carico. Questo tipo di deformazione e da ritenersi recuperabile alla
rimozione del carico.
Fig. 2.6 -Movimento relativo delle particelle dovuto all'inflessione della particella appoggiata [10].

Infine se le forze tangenziali nei punti di contatto superano la resistenza a taglio, si generano
scorrimenti relativi tra le particelle che danno luogo a una deformazione non recuperabile (fig. 2.7).

Fig. 2.7 -Movimento relativo delle particelle dovuto allo scorrimento interparticellare [10].

Da quanto detto si evince che la deformazione totale di un terreno net suo complesso é
somma della deformazione delle particelle solide e di quella che si genera per effetto della
scorrimento.

Per quanta concerne il comportamento meccanico dei terreni di natura prevalentemente


argillosa, un ruolo molto importante gioca la disposizione geometrica delle particelle che ne
costituisce la cosiddetta "struttura". Questa, nei riguardi dei legami fra le particelle, si distingue in
"dispersa" e "flocculata", e nei riguardi dell'orientamento delle particelle in "casuale", o
"semiorientata ( o semiparallela)" o "orientata (o parallela)" (fig.2.8).

Fig. 2.8 -Schemi di strutture di terreni argillosi:

(1) struttura dispersa


(2) struttura flocculata
(a) e (d) disposizione casuale
(b) e (e) disposizione semiparallela
(c) disposizione paralle1a
Alla struttura flocculata corrispondono forze attrattive tra le particelle molto più intense di
quelle che si esercitano nella struttura dispersa. Di norma in natura si hanno disposizioni casuali,
mentre quelle semiparallele e parallele sono il risultato di azioni meccaniche esterne. In fig. 2.9 e
riportato il meccanismo di deformazione di un terreno argilloso a disposizione casuale per effetto di
una forza verticale esterna. Sotto il carico le particelle tendono a disporsi parallelamente. E' logico
ritenere che la deformazione risultante dalla orientazione delle particelle sia in gran parte non
recuperabile alla rimozione del carico applicato. Se invece la disposizione e parallela, la
deformazione è dovuta alla diminuzione delle spazio esistente tra le particelle stesse. Tale
avvicinamento può verificarsi anche in assenza di carico.

Fig. 2.9 -Meccanismo di deformazione di particelle di argilla [10].

Difatti una variazione chimico fisica del "complesso di adsorbimento", per esempio un
aumento della concentrazione dei sali o una riduzione del PH, da luogo a forze attrattive tra
particelle molto pili intense con conseguente riduzione dello spazio tra loro esistente (fig. 2.10).
Entrambe le deformazioni, riportate in figura 2.10 sono da ritenersi recuperabili quando vengono
ripristinate le condizioni iniziali

Fig. 2.10 Meccanismo di deformazione di particelle di argilla a disposizione parallela per effetto di
una forza esterna 0 per variazione delle condizioni ambientali (aumento dei sali, riduzione del PH,
incremento della temperatura) [10].

Passiamo ora ad esaminare il comportamento dei terreni sottoposti a cicli ripetuti di carico e
scarico. In figura 2.11 sono riportate le curve tensione-deformazione di una "sabbia" sottoposta a
cieli ripetuti di carico e scarico in cui il carico varia tra due limiti fissati. La prova e effettuata in
condizioni edometriche cioè a deformazione laterale impedita. Si osserva che le deformazioni
verticali sono prevalentemente plastiche alla prima applicazione del carico, per poi diventare, con
l'aumentare del numero di ripetizioni del carico, prevalentemente elastiche. Ciò, si spiega col fatto
che le partice11e inizialmente scorrono con facilita le une su11e altre andando ad occupare i vuoti
esistenti, dando cosi luogo a deformazioni che sono largamente irreversibili. Con l'aumentare del
numero di ripetizioni del carico, però, esse tendono sempre più ad incastrarsi ed a conferire quindi
all'ammasso terroso la sua massima compattezza. Pertanto il comportamento elastico del terreno
prevale sempre di più.

Fig. 2.11 Curva tensione-deformazione durante cicli di carico statico di una prova edometrica
eseguita su una sabbia (Da Slaman et all.,1962) [10].

Al limite si ottiene uno stabile "cappio di isteresi" vale a dire che la deformazione indotta
durante la fase di carico é in pratica del tutto restituita allo scarico con percorso diverso (fig. 2.12).

σ vmax

σvmin

Fig. 2.12 Ciclo di isteresi in condizioni edometriche.

La sequenza degli eventi, ovvero la maggiore deformazione a parità di carico in fase di scarico (
per σvmin < σv < σvmax che si verificano durante ciascun ciclo di carico può essere meglio chiarita
mediante il meccanismo di deformazione unidimensionale dell'insieme delle sfere elastiche
riportato in fig. 2.13.
Fig. 2.13 Comportamento durante il ciclo di isteresi in condizioni edometriche.

a) Sotto il carico verticale le particelle si deformano e si muovono verso i1basso senza spostamenti laterali dei loro centri
(deformazione orizzontale unitaria nulla). Le forze normali di contatto producono lo spostamento Sn 1ungo le congiungenti i centri A e
B, ma per 1a loro compatibilità geometrica si ha uno scorrimento tangenziale St che crea una forza di attrito.
(b) Durante la fase di scarico si ha i1 movimento verso l'alto di A rispetto a B. Per mantenere 1a condizione di deformazione laterale
impedita si verifica uno scorrimento re1ativo tra le particelle e quindi una forza d'attrito di verso opposto a quello della fase di carico
[10].

Sotto il carico verticale in condizioni edometriche le particelle si deformano e si muovono


verso il basso senza spostamenti laterali dei 10m centri (deformazione orizzontale unitaria, εo,
nulla). Le forze normali di contatto producono 10 spostamento Sn lungo le congiungenti i centri A e
B (fig. 2.13). Poiché lo spostamento tra A e B é, come detto, verticale, deve verificarsi
necessariamente uno scorrimento St ortogonale al precedente. Tale componente tangenziale della
spostamento causa una forza d'attrito. Durante la fase di scarico l'energia elastica immagazzinata
nelle singole particelle, quando il terreno é stato caricato, determina il movimento verso l'alto di A
rispetto a B. Per mantenere la condizione di deformazione laterale impedita, si verifica uno
scorrimento relativo tra le particelle e quindi una forza d'attrito di verso opposto a quello della fase
di carico.

Alla luce di quanta sopra esposto si può meglio comprendere il significato fisico del
fenomeno di isteresi dei terreni a cui si e accennato innanzi. L'attrito tra le particelle si oppone
durante la fase di carico alla deformazione facendone diminuire l'entità rispetto a quella che si
avrebbe in assenza di attrito. In fase di scarico accade l'inverso, vale a dire l'attrito si oppone alla
tendenza del sistema a tornare alla configurazione iniziale e quindi viene conservato un maggiore
livello di deformazione; conseguentemente per una data tensione la deformazione é maggiore (v.
fig. 2.12).

La curva σ-ε della fase di scarico , in altri termini resta al di sotto di quella della fase di
carico; l'energia somministrata non viene completamente restituita nonostante l'inesistenza di
deformazioni residue a fine ciclo. L'energia dissipata corrisponde all'area racchiusa nel ciclo di
isteresi.

2.2.4. Deformazione in funzione del tempo

I materiali presentano in genere uno stato elastico, uno viscoso ed uno elastoplastico. Si dice che un
corpo é caratterizzato da un comportamento "elastico" quando subisce deformazioni sotto l'azione
di forze, ma ritorna senza dissipazione di energia allo state iniziale una volta che queste cessano, e
ciò indipendentemente dalle modalità seguite nell'applicare e togliere le forze stesse.
Nella generalità dei casi, in elasticità si accetta l'ipotesi di un legame di linearità tra la tensione e la
deformazione (legge di Hooke). Per studiare e rappresentare convenientemente tale comportamento
si ricorre ad un modello elastico ideale, vale a dire ad una molla (fig. 2.14).

Fig.2.14 Modello e relazione tensione-deformazione del mezzo elastico

Nei materiali "viscosi" invece le deformazioni dipendono anche dalla durata di applicazione
del carico. Più precisamente vi é una corrispondenza biunivoca tra la velocità di deformazione e la
sollecitazione applicata. Se tale legame é di tipo lineare il materiale é detto newtoniano. Tale
comportamento é schematizzato mediante un ammortizzatore (fig. 2.15).

Fig. 2.15. Modello e relazione tensione-velocità di deformazione del mezzo viscoso newtoniano.

Per comportamento "elastoplastico" si intende che le deformazioni sono finite e reversibili


fino ad un certo valore, detto limite di elasticità ovvero di proporzionalità, oltre il quale le
deformazioni proseguono a tensione costante, ed irreversibilmente, fino a rottura come mostrato
nella figura 2.16. In questa figura é anche riportato il modello del materiale e1astoplastico che é
costituito da una molla e da un morsetto d'attrito disposti in serie.

Fig. 2.16. Modello e relazione tensione-deformazione del mezzo elastico-plastico.

Il comportamento viscoso può essere legato a quello elastico e/o a quello plastico. Si parla
quindi di viscoelasticità, viscoplasticità e elastoviscoplasticità.
Gli stati viscoelastici sono quelli caratterizzati da una componente elastica e da una
componente viscosa che interagiscono tra loro.
Una delle combinazioni classiche é rappresentata dal modello di Kelvin o Voigt in cui c'é
una molla e un ammortizzatore collegati in parallelo (fig. 2.17).

Fig. 2.17 Modello di Kelvin o di Voigt.

Questo modello schematizza il cosiddetto comportamento "elastico ritardato" per cui la


deformazione segue la tensione con un certo ritardo. In altri termini all'applicazione, per esempio, di
una sollecitazione costante ed inferiore al limite di elasticità del materiale, si riscontra una
deformazione progressiva che richiede un certo intervallo di tempo per raggiungere il valore finale
stabilito dalla legge elastica. Inoltre al cessare della sollecitazione, la deformazione non si annul1a
istantaneamente, ma decresce lentamente tendendo ad annul1arsi dopo un tempo teoricamente
infinito (fig. 2.18).
Fig. 2.18 Relazione tensione-tempo e deformazione-tempo di un mezzo ad "elasticità ritardata"
(viscosità reversibile)
Un modello diverso dal precedente e quello introdotto da Maxwell per studiare il comportamento
definito come "scorrimento viscoso". Come mostra la figura 2.19, esso è costituito da una molla e
da un ammortizzatore disposti in serie.

Fig. 2.19 Modello di Maxwell.

La deformazione in questa modello non tende ad un valore di equilibrio. Cioè all'applicazione, per
esempio, di una sollecitazione costante, la deformazione cresce indefinitamente nel tempo. Inoltre
alla sua rimozione resta una deformazione permanente (fig. 2.20).

Fig. 2.20 Relazione tensione-tempo e deformazione-tempo di un mezzo a "scorrimento viscoso"


(viscosità irreversibi1e)

L'elasticità ritardata (viscosità reversibile) e lo scorrimento viscoso (viscosità irreversibile)


danno luogo a cicli di isteresi se si sottopone il materiale a sollecitazioni ripetute. Ciò provoca una
dissipazione di energia dovuta al ritardo con cui la deformazione segue la sollecitazione.
Per quanto concerne la viscoplasticità, c'é da dire che essa caratterizza il comportamento del
materiale dopo che é stato raggiunto il limite di proporzionalità. Il corrispondente modello é
costituito da un morsetto d'attrito e da un ammortizzatore collegati in parallelo (fig. 2.21).

Fig. 2.21 Modello del mezzo visco-plastico.


Il modello di Bingham (fig. 2.22) rappresenta insieme sia il comportamento elastico che quello
viscoplastico.

Fig. 2.22 Modello elastico, viscoplastico di Bingham.

Per rappresentare comportamenti più complessi, che sono poi quelli che si verificano nella realtà in
particolare nei terreni, si ricorre a combinazioni complesse dei modelli precedentemente descritti
quali ad esempio quello di figura 2.23, quello proposto da Runesson per le argille molli scandinave
(fig.2.24) e quello di Gioda per le rocce (fig. 2.25).

Fig. 2.23 Modello visco-elastico ottenuto disponendo in serie il modello di Maxwell e quello di
Kelvin -Voigt.

Fig. 2.24 Modello elastico, visco-plastico, plastico di Runesson.


Fig. 2.25 -Modello elastico, visco-elastico, visco-plastico di Gioda.

I cedimenti viscosi reversibili sono dovuti ai complessi di adsorbimento, all'acqua libera


contenuta nei pori del terreno (alla rimozione del carico viene richiamata l'acqua espulsa), e/o alla
microstruttura delle aree di contatto delle particelle solide.
I cedimenti viscosi irreversibili sono dovuti al progressivo assestamento delle particelle, in
particolar modo sotto carichi dinamici, ed al fenomeno della consolidazione.
Va notato, penò, che quest'ultima non interessa i sottofondi per i seguenti motivi:

-nei rilevati il sottofondo e normalmente costituito da materiali a grana grossa e quindi


insensibili all'azione dell'acqua;
-nelle trincee, quando si é in presenza di materiali :fini si provvede generalmente al
risanamento; in ogni caso il peso proprio della parte di terreno sterrato avrà in genere provocato
una preconsolidazione [1/3/4/5/10/11/14/15/18/46/67].
2.3. PORTANZA

2.3.1. Definizione di portanza

La caratteristica dei terreni di sottofondo sulla quale maggiormente si sofferma l'attenzione


dell'ingegnere stradale é la "portanza", ossia la resistenza che i terreni offrono alle deformazioni
che, come già detto nel paragrafo precedente, sono di tipo elastoplastoviscoso. Infatti la necessità di
avere contenute deformazioni nel sottofondo, al fine di garantire la regolarità del piano viabile e
consentire un'accettabile vita utile della sovrastruttura, condiziona decisamente 10 spessore
complessivo della pavimentazione e quindi il costa che deve sostenere l'ente committente per la
costruzione della stessa.

2.3.2. Fattori che influenzano la portanza

La portanza, detta anche capacità portante, dipende da una serie di fattori tra i quali:

- natura, porosità e contenuto d'acqua del terreno;


- entità, area di impronta e velocità di applicazione del carico, nonché numero di applicazioni del
carico stesso.

Con il termine natura del terreno qui ci si riferisce alla granulometria ed alla sensibilità
all'acqua valutata attraverso i limiti di Atterberg. Un'indicazione circa la connessione esistente fra la
capacità portante ed il tipo di terreno può trarsi osservando le c1assificazioni delle terre riportate nel
paragrafo successivo. Da esse si desume che le prestazioni vanno man mana scemando
all'aumentare della frazione di elementi aventi diametro minore di 0.075 mm e dell'indice di
plasticità,

La porosità, data dal rapporto fra il volume dei vuoti occupati da aria e/o da acqua ed il
volume della frazione solida, incide sulla componente elastica e plastica dei cedimenti. Al suo
diminuire si verifica un aumento dei punti di contatto (interlocking grade) fra i granuli all'interno
dell'ammasso terroso, generando cosi due effetti positivi: da un lato vi é una migliore diffusione dei
carichi che comporta una diminuzione delle sollecitazioni sui singoli granelli e quindi minori
cedimenti elastici, dall'altro si riduce la libertà di movimento "rigido" dei granelli, responsabile dei
cedimenti irreversibili. Generalmente il secondo effetto e preponderante sul primo. Da tutto ciò e
facile intuire l'importanza che assume il costipamento e la sua corretta realizzazione nei riguardi
della portanza dei terreni.

L'influenza del contenuto d'acqua sulla deformabilità dei terreni dipende dalla natura dei
terreni stessi: quelli a matrice limo argillosa modificano sensibilmente il proprio comportamento al
variare della fase liquida. Per tale motivo quando si é in presenza di questi terreni e importante
definire l'umidità che si avrà al di sotto della pavimentazione. Ciò non costituisce un problema nei
tratti ove la strada corre in rilevato, perche in tal caso il contenuto d'acqua può ritenersi
sufficientemente stabile, mentre 10 stesso non può dirsi nelle zone in trincea, ove occorre conoscere
l'andamento del contenuto d'acqua in sito nel tempo (cfr. par 2.3.3).

Il comportamento viscoso dei terreni, già evidenziato nel paragrafo precedente, fa si che le
deformazioni relative alle azioni dinamiche sono minori di quelle conseguenti alle azioni statiche
della stessa intensità. Evidentemente quindi 1a capacità portante, per un dato sottofondo, assumerà i
suoi massimi valori in presenza di carichi dinamici. Tale considerazione offre lo spunto per
sottolineare che la portanza non può valutarsi allo stesso modo per un'autostrada e per un piazzale
di sosta.

Andamenti tipici dei cedimenti al crescere dell'intensità dei carichi si possono desumere
osservando i diagrammi riportati in fig. 2.26, tratti da risultati di prove di carico svolte su un terreno
ben compatto e su un terreno sciolto. Si noti che il legame causa-effetto può ritenersi lineare
soltanto in un tratto iniziale, la cui estensione dipende dalla natura e dall'addensamento del terreno.
Procedendo oltre tale tratto si giunge ad una zona corrispondente alla fase di rottura della porzione
di ammasso terroso interessato dalle pressioni. sovratensioni. Qui gli incrementi del cedimento
crescono notevolmente fino a diventare teoricamente illimitati. Quest'ultima zona riveste, pero, un
importanza marginale nel campo delle sovrastrutture stradali poiché le azioni indotte dal traffico
pesante nel sottofondo sono ben lontane da quelle corrispondenti alla rottura.

Fig. 2.26. Relazione tra pressioni e cedimenti; a) terreni compatti; b) terreni sciolti.

Alcune indagini volte ad individuare la dipendenza dei cedimenti dall'estensione dell'area di


carico, supposta circolare, mostrano che essi, a parità di pressione media applicata, sulla superficie
di un sottofondo omogeneo, crescono con legge approssimativamente lineare ali'aumentare del
diametro. Tale andamento si mantiene immutato fino a quando il diametro non si approssima a 76
cm; oltre tale valore i cedimenti possono ritenersi indipendenti dall'estensione dell'impronta di
carico. Cia può spiegarsi pensando che all'aumentare del diametro gli incrementi di tensione
interessano strati sempre più profondi, i quali posseggono una minore deformabilità sia per il
processo di naturale consolidazione che hanno subito sia per la maggiore tensione di confinamento
laterale a cui sono sottoposti.

L'applicazione di pressioni ripetute sul terreno induce un addensamento dei granelli che ]0
compongono. A seguito di ciò, secondo quanta evidenziato nel paragrafo 2.2.3, si ha uno sviluppo
dei cedimenti di natura plastica il quale per pressioni di non elevata entità (variabile in relazione alla
natura del suolo) e caratterizzato generalmente da incrementi che vanno via via riducendosi.
Contemporaneamente, in forza di quanta detto precedentemente, diminuiscono gli incrementi dei
cedimenti di natura elastica.
2.3.3. Valutazione della portanza

La capacità portante può essere rappresentata con più parametri. Fra questi alcuni hanno
natura prettamente semiempirica altri invece teorica. I primi costituiscono soltanto una misura
convenzionale della capacita portante che tiene conto complessivamente del comportamento
elastoplastico del terreno. Per questa motivo il loro dominio di impiego non include i metodi di
calcolo razionali delle sovrastrutture. Fra di essi quelli pin diffusi sono il CBR, il modulo di
deformazione Md e l'R - value dei quali in seguito si parla. I parametri di natura teorica nascono
invece dall'intento di assimilare il terreno in sito ad opportuni modelli teorici quali:

-il semispazio elastico lineare omogeneo ed isotropo (Boussinesq).


-il mezzo elastico lineare caratterizzato dal fatto che in ogni punto il cedimento dipende soltanto dal
carico ivi applicato (Winkler).

Nel primo caso ci si riferisce a1 modulo elastico E ed al rapporto di Poisson µ, nel secondo
al solo modulo di reazione K.

I procedimenti per la determinazione dei parametri di portanza consistono, nelle loro linee
generali, nell'applicare un carico al terreno di sottofondo e nel misurare i cedimenti corrispondenti.
Essi possono suddividersi in un gruppo in cui gli stati tensionali e deformativi indotti dalle prove
sono prossimi a quelli che si verificano in esercizio (fanno parte di questa le prove di carico su
piastra, le prove deflettometriche e quelle eseguite nella cella triassiale) ed in un altro gruppo ove
ciò non si verifica (appartengono ad esso le prove di penetrazione CBR).

I metodi di valutazione della portanza che si basano su test effettuati direttamente in sito
hanno il pregio, rispetto a quelli che utilizzano esperienze in laboratorio, di fornire un valore riferito
all'intero sottofondo ed alle condizioni reali dei materiali che 10 compongono, tenendo cosi
intrinsecamente conto delle eventuali disomogeneità presenti. Dal canto loro pero Le indagini
condotte in laboratorio consentono, rispetto alle altre, di evidenziare, senza eccessive difficoltà,
come si modifica la portanza al variare dell'addensamento e soprattutto del contenuto d'acqua.

L'insieme degli aspetti che influenzano i cedimenti discussi nel paragrafo precedente, mette
in luce alcuni dei motivi per cui i valori della capacita portante valutati con uno stesso tipo di prova,
ma con modalità differenti, non possono essere identici. L'evidenza di tale circostanza impone che
le prove debbano eseguirsi osservando scrupolosamente le norme di esecuzione indicate nelle
relative specifiche. Se ciò non si verifica, i valori che si ottengono non possono essere confrontati
con altri e soprattutto non sono idonei a essere utilizzati nei metodi di calcolo delle pavimentazioni,
poiché non si é nella stessa ipotesi di chi li ha proposti.

La definizione della portanza richiede una campagna di prove che oltre a dover essere tale
da fornire valori sufficientemente significativi deve essere anche ben articolata, in modo da cogliere
i mutamenti di proprietà del terreno in sito che normalmente avvengono lungo i tracciati stradali.

La scelta delle condizioni di umidità alle quali occorre riferire la portanza deve effettuarsi in
maniera oculata, al fine di non incorrere in errori di valutazione che porterebbero ad un
dimensionamento non corretto della pavimentazione. Se il contenuto d'acqua può ritenersi
sufficientemente stabile ad eccezione di qualche breve periodo (per condizioni naturali o per la
presenza di opere opportune), la situazione di riferimento e quella che pili spesso ricorre, Se sussiste
invece una fluttuazione notevole occorre tenerne debitamente conto.
Ne1 caso si adottino i metodi di ca1colo razionale, ciò può farsi suddividendo la vita utile in
più periodi, ciascuno caratterizzato da una situazione di contenuto d'acqua stabile, e valutando il
relativo parametro di portanza. Il ca1colo del danno da fatica complessivo si otterrà "accumulando"
i danni corrispondenti ad ogni periodo. Per i metodi empirici si ricorda che il metodo AASHTO
fornisce una procedura per definire un modulo resiliente equivalente (vedi par 3.2.1) ed un modulo
di reazione del sottofondo equivalente. Questi parametri sono quelli a cui corrisponde un
danneggiamento annuale equivalente a quello ottenuto sommando il danno relativo ad ognuno dei
periodi climatici in cui si può dividere l'anno.

Naturalmente per svolgere le analisi prima accennate e necessario conoscere sia il futuro
andamento dell'umidità al disotto della pavimentazione sia come varierà la portanza del terreno.
Riguardo al primo di questi due aspetti sono disponibili alcuni studi intrapresi particolarmente da
CRONEY e COLEMANN che consentono di stimare i1 contenuto d'acqua nei sottofondi stradali
non saturi di pavimentazioni reputate impermeabili. Prima di addentrarsi, anche se solo
superficialmente nel procedimento di stima [8] scaturito da tali studi, é utile premettere alcune
definizioni:
- suction s = pressione negativa dell'acqua interstiziale presente in un campione di terreno
umido (non saturo) non sottoposto ad a1cuna sollecitazione estrema. Viene espressa in
pf, che rappresenta il logaritmo in base 10 cambiato di segno dei centimetri d'acqua
equivalenti alla pressione suddetta;
- pressione dell'acqua nei pori u = pressione relativa dell'acqua nel punta del terreno ove
si vuole conoscere il contenuto d'acqua;
- fattore di compressibilità a = coefficiente angolare della re1azione (lineare) fra la
pressione totale sul mezzo trifase e la pressione dell'acqua nei pori;
- pressione p = pressione indotta sul mezzo trifase dalla pavimentazione e dal peso
proprio del terreno nel punto ove si vuole conoscere il contenuto d'acqua.

II procedimento ha inizio con la valutazione della pressione dell'acqua nei pori. Da questa, poi,
mediante la relazione appresso indicata si risale al valore della suction:

u=s+a*p (2.1)

ottenuta la suction, il contenuto d'acqua w si ricava attraverso l'impiego di diagrammi sperimentali


variabili a secondo delle caratteristiche del terreno. In figura 2.27 sono mostrati, a titolo
esemplificativo, tre diagrammi relativi ad una sabbia fine con tre diverse densità.
Fig. 2.27 -Diagrammi suction - contenuto d'acqua per una sabbia fine avente tre diverse densità.

La valutazione della pressione dell'acqua può farsi abbastanza semplicemente se il livello


della falda freatica e ad una profondità tale da poter ritenere che la frangia capillare giunga ad
interessare quasi tutto il sottofondo. In tal caso la pressione in esame può calcolarsi dalla relazione:

u=h*g (2.2)
dove:

u = pressione dell'acqua nei pori;


h = differenza di quota fra il punta ove si vuole conoscere il contenuto d'acqua e la quota della falda;
g = peso specifico dell'acqua.

Se il livello della falda é a grande profondità ed il clima e sufficientemente umido, può


stimarsi direttamente il valore della suction in funzione dell'evapotraspirazione, della distribuzione
del tempo della pioggia, del tipo di terreno e cosi via [8]. Se infine il clima e molto secco l'umidità
del terreno sarà molto bassa, quasi simile all'umidità atmosferica.

Quando é noto che il contenuto d'acqua subirà delle variazioni positive, ma non si riesce a
prevederne l'entità é consuetudine riferire i parametri rappresentativi della portanza alle condizioni
peggiori: quelle corrispondenti alla saturazione.

La capacità portante del sottofondo deve essere tale da consentire non solo una adeguata
azione di sostentamento della pavimentazione, ma anche la corretta costruzione della stessa. Tra
questi due aspetti il secondo e quello che limita maggiormente il valore minimo desiderabile per la
portanza. Per rendersi conto di ciò é sufficiente osservare che nei riguardi della resistenza della
pavimentazione già realizzata e accettabile, anche se solo teoricamente, qualsiasi valore della
capacita portante del sottofondo, basta soltanto assegnare uno spessore adeguato agli strati che la
compongono. In fase costruttiva, invece, é necessario che la portanza non scenda al disotto di certi
valori, per garantire la conservazione della regolarità del piano di posa della pavimentazione e per
assicurare il buon costipamento degli strati della sovrastruttura stessa. Se il terreno in sito non
possiede tale pregio si dispone su di esso uno strato costituito da materiale, legato o non, avente
sufficiente rigidezza. L'impiego di questa provvedimento oltre a rappresentare un'efficace soluzione
per i problemi prima citati comporta anche altri vantaggi, fra i quali compare la creazione di un
elemento di separazione che evita sia la risalita dell'acqua capillare nella pavimentazione sia
l'inquinamento della strato di fondazione da parte dell'argilla eventualmente presente. Lo spessore
varia fra 20 e 40 centimetri, generalmente si aggira intorno ai 40 cm.

Lo strato migliorativo adoperato in fase costruttiva non può considerarsi facente parte degli
strati della sovrastruttura, poiché generalmente non possiede le stesse doti di uniformità circa 10
spessore ed il grado di addensamento. A ciò va ad aggiungersi anche l'inferiore qualità dei materiali
che 10 compongono rispetto a quelli costituenti la pavimentazione. Naturalmente 10 strato in
esame, definito in Francia con il nome "Couche de forme" e nel Regno Unito come "Capping layer"
eserciterà la sua influenza anche sulla portanza del piano di posa della sovrastruttura in fase di
esercizio. La maniera di tener conto di ciò varia a seconda del procedimento di dimensionamento e
dell'autore che lo ha proposto.

Nell'approccio razionale i parametri rappresentativi della portanza vengono riferiti ad un


sottofondo ideale omogeneo ed isotropo che presenta la "stessa" deformabilità di quello reale
composto dal terreno in sito e dall'eventuale strato migliorativo sovrapposto. Essi possono essere
valutati direttamente effettuando delle prove di carico sulla superficie che costituirà il piano di posa
dello strato di fondazione oppure, conoscendo i parametri rappresentativi del terreno in sito e del
materiale costituente lo strato, mediante lo studio del modello costituito da uno strato elastico
poggiato su un semispazio elastico. Quest'ultimo, nel caso di schematizzazione del sottofondo alla
Winkler, si muta in mezzo elastico lineare caratterizzato dal fatto che in ogni punta il cedimento
dipende soltanto dal carico ivi applicato.
Nei procedimenti di dimensionamento basati sui cataloghi e sui metodi di calcolo empirici,
la portanza viene valutata in maniera differente a secondo dell'organismo che li propone e pertanto
si rimanda alle relative pubblicazioni.

2.3.4 La portanza nei metodi razionali

I parametri rappresentativi della portanza adoperati nell'approccio razionale al calcolo delle


sovrastrutture devono tener conto del ruolo che svolgono i cedimenti elastici (elastici e viscosi
reversibili) e plastici (plastici e viscosi irreversibili).

Nelle pavimentazioni flessibili le deformazioni ripetute negli strati di conglomerato


bituminoso, responsabili della rottura per fatica, sono connessi ai cedimenti elastici del sottofondo.
Quelli plastici, invece, non hanno a tal proposito influenza degna di nota in quanta queste
sovrastrutture, per la deformabilità intrinseca del conglomerato che le costituisce, si adagiano sul
sottofondo seguendone l'andamento senza pertanto pregiudizio per il loro comportamento a fatica. I
cedimenti plastici del sottofondo sono, però, tra le cause della perdita di regolarità della superficie
stradale (ormaiamento). Pertanto la portanza, riguardata come dato di ingresso per valutare le
deformazioni responsabili della rottura per fatica, deve riferirsi ai soli cedimenti elastici del terreno.
Di quelli plastici se ne tiene conto successivamente valutando l'abbassamento plastico complessivo
che si ha al termine della vita utile e ponendolo a confronto con dei valori limiti.
Nelle pavimentazioni rigide, contrariamente a quelle flessibili, lo stato tensionale indotto dai
carichi veicolari dipende anche dai cedimenti plastici del terreno. In questa caso, tuttavia, la
portanza può comunque riferirsi ai soli cedimenti elastici, se si adopera un modello di calcolo che
tiene conto della perdita di supporto conseguente ai cedimenti plastici.

2.4. Classifica dei terreni di sottofondo

I risultati dell'esperienza accumulata in molti anni di progettazione, disponibili sotto forma


di tabelle, consentono di c1assificare i terreni in relazione ad alcune caratteristiche facilmente
ricavabili con brevi e semplici prove di cantiere. Il che rappresenta un valido aiuto soprattutto
quando si conduce un'indagine rivolta alla formulazione di un giudizio preliminare sulla capacita
del terreno di costituire un buon sottofondo.
L'attenzione delle c1assifiche e rivolta verso i terreni privi di forti percentuali di materie
organiche e costituiti da materiali non modificabili sotto le macchine di cantiere, ossia i più diffusi.
Questi sono raggruppati in più c1assi in base all'assortimento granulometrico ed ai limiti di liquidità
e di plasticità (limiti di Atterberg).
Il primo elemento utilizzato per la c1assificazione, la granulometria, mira essenzialmente ad
individuare la quantità degli elementi aventi dimensione minore di 0,075 mm, data la loro deleteria
influenza sulle proprietà meccaniche. I limiti di Atterberg hanno la funzione di indice per stabilire la
presenza (non certo vantaggiosa) dell'argilla fra gli elementi sottili, nonché la capacita dei terreni di
mutare in maniera sensibile il proprio volume al variare del contenuto d'acqua.
L'indagine in sito, necessaria per riconoscere il terreno, deve interessare tutto lo spessore del
sottofondo; se questa possiede una notevole eterogeneità il giudizio deve rifarsi alle caratteristiche
fisiche medie.

Fra le c1assifiche più adoperate vi é quella di Casagrande e quella dell' HRB accolta nella
norma CNR-UNI 10006, riportate nelle figure 2.28 e 2.29. La lettura di queste da una chiara
indicazione di come cambiano le proprietà dei sottofondi al variare dei fattori a cui si é accennato
all'inizio del paragrafo precedente. Da esse e anche possibile trarne qualche indicazione sulla natura
degli interventi di miglioramento capaci di elevare le prestazioni del terreno in sito.
Fig. 2.28 Classifica di Casagrande.
Frazione passante allo IP
LL Caratteristic Ritiro o
staccio UNI 2332 indice di Indice di Materiali caratteristici azione del Permeabili Classificazion
Gruppo sottogruppo limite costituenti il gruppo
he come
gelo
rigonfiament
tà e generale
plasticit gruppo sottofondo o
liquido
2 0,4 0,075 à

ghiaia o breccia, ghiaia o


<= 50
A1 - a <= 30 <= 15 breccia sabbiosa, sabbia
A1 ---- <=6 0
grossa, pomice, scorie nessuna
A1 - b ---
<= 50 <= 25 vulcaniche, pozzolane
da nullo elevata
eccellente o lieve
a Terre
A3 - - > 50 <= 10 - - 0 sabbia fine buono ghiaio -
A2 - 4 <=40 <= 10
0
sabbiose
A2 - 5 > 40 <= 10 ghiaia o sabbia
A2 ---- ---- <= 35
limosa o argilosa
media nullo o lieve
A2 - 6 <= 40 > 10
<= 4 media o
A2 - 7 > 40 > 10 scarsa

A4 - - - > 35 <=40 <= 10 <= 8 limi poco compressibili molto


lieve o medio
elevata
limi fortemente compressibili da
A5 - - - > 35 > 40 <= 10 <= 12
mediocre
argille poco compressibili a media elevato Terre
A6 - - - > 35 <=40 > 10 <= 16 scadente limo -
argille fortemente
> 40 >10 argillose
A7 - 5 compressibili mediamente elevata elevato scarsa o
IP <= LL - 30 plastiche nulla
A7 - - > 35 <= 20
> 40 >10 idem
A7 - 6 fortemente plastiche
media molto elevato
IP > LL - 30
torbe, detriti organici di
inadatte Torbe
A8 - - - - - - - origine palustre

Fig. 2.29 Classifica dell’ HRB.


3. DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI RAPPRESENTATIVI DELLA
PORTANZA.

In questa capitolo si effettua una descrizione dei parametri atti a rappresentare la portanza.
Per ciascuno di essi si forniscono dapprima una descrizione sommaria dei relativi metodi di prova e
poi le re1azioni analitiche disponibili in letteratura.

I primi ad essere trattati sono quelli cosiddetti statici che danno una misura della resistenza
opposta alla deformazione dai terreni quando sono sottoposti a carichi quasi statici. Sono tali: i
moduli elastici Est ed EV2 ai quali si associa i1 rapporto di Poisson µ, il modulo di reazione K, i1
modulo di deformazione Md, l'indice CBR e i1 "Resistance Value" R-value. Accanto a questi si
descrive il metodo dell'HRB a cicli ripetuti.

Si passa poi ad esaminare i parametri cosiddetti dinamici che rappresentano la capacita


portante dei sottofondi quando questi sono sollecitati dalle azioni provenienti dai carichi mobili.
Essi sono Mr (modulo resiliente) ed Edin, ai quali si associano i relativi rapporti di Poisson.

3.1 Parametri statici

3.1.1 Modulo elastico statico Est

La caratterizzazione della portanza attraverso questa parametro nasce dall'intento di voler


adoperare i metodi di calcolo che schematizzano la pavimentazione come un multistrato elastico
poggiante su di un semispazio elastico, al fine di ottenere la distribuzione delle tensioni alle varie
profondità e la verifica dell'accettabilità delle deformazioni provocate dai carichi. Esso e quasi
esclusivamente adoperato per i1 calcolo delle pavimentazioni flessibili. II suo impiego nel caso di
sovrastrutture destinate al transito di carichi mobili é subordinato all'uso di opportune correlazioni
(cfr. cap. 4) che lo traducono in modulo dinamico. I metodi statici pin comuni per la determinazione
di Est, cosi definiti perche il carico e applicato staticamente e per un intervallo di tempo costante
(almeno fino ali'esaurirsi della deformazione), si basano sia su prove in sito: metodi diretti (prova di
carico con piastra a cielo unico ed a cicli ripetuti, prove deflettometriche), sia su prove di
laboratorio: metodi indiretti (prova triassiale).

Le condizioni di addensamento del terreno sul quale si eseguono le prove devono


corrispondere a quelle che si hanno dopo la fase di costipamento.

3.1.1.1 Est Ricavato con prova di carico con piastra

La prova di carico con piastra é stata una delle prime prove in sito per la determinazione dei
parametri di deformabilità dei terreni.
Essa consiste, nelle sue linee generali, nel disporre una piastra sufficientemente rigida di
forma circolare sul piano di sottofondo in posizione orizzontale. Sulla piastra si dispone un
martinetto idraulico che contrasta con un carico fisso (per esempio un rimorchio zavorrato).
Azionando il martinetto si carica la piastra e quindi il piano di prova. Il carico può essere
determinato leggendo la pressione raggiunta dal fluido nel martinetto, ovvero mediante la lettura ad
un anello dinamometrico. Allo scopo di non incorrere in errori di valutazione e bene che il punto di
misura sia sufficientemente rappresentativo della zona ove si svolge l'indagine. II diametro della
piastra di carico deve essere inferiore a 76 cm. Ciò scaturisce dall'osservazione [14] di alcuni studi
sperimentali i quali evidenziano che il cedimento si approssima a quello valutato con la teoria del
semispazio elastico soltanto se il diametro dell'area circolare di carico é inferiore al valore suddetto.
Generalmente si adoperano le piastre di 30 cm, in ogni caso e bene sottolineare che la
dimensione minima prescritta per la piastra, 30 cm , dettata da motivazioni pratiche (limitare il peso
sul contrasto), fa si che si coinvolga una profondità limitata. La pressione media applicata sul
sottofondo, intesa come rapporto fra il carico applicato e l'area della piastra, deve essere della stesso
ordine di grandezza di quella massima a cui il sottofondo e sottoposto quando la strada e in
esercizio. La natura statica della prova impone che gli abbassamenti della piastra, in corrispondenza
di ogni incremento o decremento del carico, devono essere misurati soltanto dopo che si sono
stabilizzati i cedimenti.
Le prove di carico con piastra si distinguono in prove a ciclo unico ed in prove a cicli
ripetuti. Nei vari casi la piastra va caricata e scaricata gradualmente con incrementi e diminuzioni di
carico progressivi.
Nelle prove a ciclo unico la natura e l'entità dell' abbassamento sotto carico possono
valutarsi osservando il relativo diagramma pressione cedimenti. Esso e costituito da una curva del
tipo riportata in fig. 3.1 in cui il ramo AB é relativo al carico e quello BC allo scarico,

Fig. 3.1 -Curva pressione-cedimenti di una prova di carico a ciclo unico.

Allo scarico si ha una restituzione parziale, cioè permane una deformazione residua

AC = fp .
Si chiamerà:
-freccia totale ft quella relativa al punta B;
-freccia plastica fp quella del punta C;
-freccia elastica fe la differenza ft-fp.
I risultati di questo tipo di prova vengono utilizzati oltre che per valutare il modulo elastico
Est anche per misurare altri parametri rappresentativi della portanza.
Per quanto riguarda invece la natura e l'entità dell'abbassamento sotto carico, nelle prove a
cicli ripetuti si osserva (fig. 3.2) che il cedimento plastico fp di ogni ciclo diminuisce all'aumentare
del numero di ripetizioni del carico, mentre il cedimento elastico fe (differenza tra quello totale e
quello plastico) risulta pressoché costante.

Fig. 3.2 -Diagramma dei cedimenti, in funzione del carico p, di una prova di carico a cicli ripetuti.

II MC LEOD, per un dato valore della pressione massima, pone:

fe = cost
(3.1 )
ft = f1 + K *log N

dove f1 e il cedimento totale al primo ciclo di carico, N il numero di ripetizioni e K una costante. Al
variare della pressione massima varieranno i valori di fe, f1 e K.
Riportando in un diagramma semilogaritmico log N e le frecce: ft e fp (fig. 3.3), le (3.1) sono
rappresentate da due rette parallele la cui distanza, misurata in verticale, rappresenta la freccia
elastica fe, la retta inferiore rappresenta la freccia plastica fp, mentre quella superiore rappresenta la
freccia totale ft.
Fig. 3_3 - Andamento delle frecce totali e delle frecce plastiche in funzione del numero delle
ripetizioni del carico (in scala logaritmica).

Alcune esperienze hanno evidenziato che le (3.1) sono valide anche per valori molto elevati di N,
quando la pressione sul terreno non é elevata. In caso contrario esse divengono funzioni che
crescono più che linearmente con log N (fig. 3.4).

Fig. 3.4 -Diagramma delle deformazioni z in funzione del numero N di ripetizioni dell'applicazione
dei carichi P.

La teoria del semispazio elastico di Boussinesq fornisce le seguenti espressioni per il calcolo dei
cedimenti della piastra circolare rigida:

(3.2)

ove:

f = freccia
a = raggio della piastra
E = modulo elastica
µ = rapporto di Poisson

dalla quale si ottiene facilmente l’espressione del modulo elastico statico:

(3.3)
Sull'entità del cedimento da assumere nel calcolo del modulo non vi è unità di vedute.
Alcuni autori [14] consigliano di riferirsi alla freccia totale ottenuta con un unico ciclo di carico,
giustificando tale scelta in base alla considerazione che i veicoli non passano tutti per uno stesso
punto, per cui i cedimenti permanenti da essi prodotti si distribuiscono su una parte piuttosto grande
della superficie del sottofondo; di qui la curvatura che assume la sua deformata dopo un certo
numero di passaggi é sicuramente inferiore a quella che si ha al primo passaggio (fig. 3.5). Cosi
facendo pero il cedimento che si considera non é esclusivamente elastico.

Fig. 3.5 -Deformazione del piano d'appoggio di una mota per passaggi ripetuti.

Di parere diverso, invece, e il RAFIROIU [55] il quale determina il modulo in oggetto sotto
il secondo carico della piastra circolare. TESORIERE [12], dal canto suo, ritiene opportuno
applicare la (3.3) assumendo come f la freccia totale ottenuta al decimo ciclo.

Soltanto alcuni autori, fra i quali CRONEY [8] e JEFFROY [2], fanno esplicito riferimento
alla sola componente reversibile della freccia.
Quest'ultimo criterio, alla luce di quanta espresso nel paragrafo
2.3.4 riguardo alle pavimentazioni flessibili, sembra essere il migliore. Tra le grandezze che
rientrano all'interno dell'espressione del modulo elastico compare anche il rapporto di Poisson. Le
eventuali imprecisioni sul valore di tale parametro non costituiscono un serio problema per il
modulo, data la posizione che occupa nell'ambito della relazione (3.3). Per la sua determinazione si
veda il paragrafo 3.1.3.

3.1.1.2 Est ricavato con la trave Benkelmann.

La prova Benkelmann, messa a punta negli Stati Uniti nel 1953, utilizza un'apparecchiatura
che consente di misurare la deflessione del sottofondo, 0 della pavimentazione intera, provocata da
un carico statico rappresentato dalle due mote gemelle dell'asse di un autocarro. La prova si articola
in più fasi. Dapprima si dispone la trave con un estremo poggiato sui punta del piano di sottofondo
dove si vuole misurare la deflessione e l'altro invece collegato ad un comparatore situato lontano dal
punta caricato (fig. 3.6a). Poi si fa avanzare lentamente un autocarro a marcia indietro fino a che
l'asse posteriore non ha raggiunto il punta di misura. Con l'autocarro in questa posizione si
effettuano due letture dei cedimenti: una immediata B e l'altra D quando la deformazione si é
stabilizzata.
Fig. 3.6 - Misura dei cedimenti con la trave Benkelmann

Fatto ciò si fa muovere in avanti l'autocarro di 5 -10 metri (fig. 3.6b) e si effettua una terza
ed ultima lettura r del cedimento. L'intero svolgimento degli abbassamenti é mostrato in (fig. 3.6c).

La differenza f, tra i cedimenti D e B, rappresenta la deformazione differita, mentre quella d, fra D


ed r, individua la deformazione elastica restituita. L'abbassamento r rappresenta invece la
deflessione permanente.

Per la determinazione del modulo in oggetto può utilmente impiegarsi la relazione di


BOUSSINESQ opportunamente modificata [69]:

(3.4)

dove:
p = pressione di gonfiaggio dei pneumatici;
r = raggio del carico circolare equivalente;
µ = coefficiente di Poisson;
w = deflessione del sottofondo misurata fra le ruote gemellate;
CB = coefficiente correttivo.
Il raggio equivalente si ottiene dall'area circolare necessaria per trasmettere al terreno, con la
pressione dei pneumatici il carico che grava su entrambe le ruote.
II coefficiente correttivo e funzione del rapporto (di/r) fra la distanza delle ruote gemellate
ed il raggio d'impronta di una di esse sul terreno. I suoi valori possono dedursi dalla figura 3.7

Fig. 3.7 -Coefficiente di proporzionalità CB

Nei riguardi della natura della deflessione da considerare nella (3.4), se elastica o
elastoplastica, vale quanta detto nel paragrafo precedente. Lo stesso dicasi per il rapporto di
Poisson.

I risultati dell'applicazione della trave di Benkelmann direttamente sul sottofondo per la


valutazione del modulo elastico sono poco attendibili a causa dei seguenti motivi:

- I carichi dovuti al traffico, causa lo spessore, si diffondono all'interno della sovrastruttura


per cui il sottofondo e interessato da tensioni verticali molto basse, dell'ordine dei centesimi
di MPa. Durante la prova invece i pneumatici trasmettono una tensione maggiore della reale,
pari a 0.7 MPa; ciò a scapito della bontà dei risultati. D'altronde la pressione di gonfiaggio
non può essere ridotta di molto per non incorrere nell'urto tra i pneumatici.
- E’ difficile effettuare la prova su una superficie irregolare di un terreno seppur costipato, in
quanto la misura può essere falsata, ad esempio dalla presenza di un inerte grosso sotto la
punta del deflettometro.
3.1.1.3 Est ricavato con prova triassiale.

La prova triassiale é un test molto usato in geotecnica. Con essa si determinano molte
grandezze tra le quali compare anche il modulo elastico statico. La prova consiste nel sottoporre, in
laboratorio, un provino di forma cilindrica, avvolto in una membrana di gomma, dapprima ad una
sollecitazione sferica (σl = σ2 = σ3) e poi ad una sola tensione verticale σl (fino a rottura),
incrementata con il sistema a deformazione controllata. Le dimensioni dei provini vengono scelte in
base alla granulometria ed alle caratteristiche strutturali del materiale. L'evoluzione dello sforzo
deviatorico (σ1-σ3) in funzione della deformazione verticale ε1 non conserva sempre lo stesso
andamento, ma varia a secondo del tipo di terreno.
In fig. 3.8. si riportano due andamenti caratteristici: il primo riferito a terreni di scarsa
resistenza, il secondo relativo invece a terreni di discreta resistenza.
Il valore della stato tensionale deviatorico massimo e quindi "l'altezza" di ciascuna curva, é
ben lontano dall'essere costante, infatti risulta essere funzione crescente dello stato tensionale
sferico (fig. 3.9).

Fig. 3.8 -Diagramma di deformazione verticale-stato tensionale deviatorico.


1) Terreni di scarsa resistenza
2) Terreni di buona resistenza
Fig. 3.9 -Diagrammi di deformazione verticale-stato tensionale deviatorico per tre differenti stati
tensionali sferici σ3a<σ3b<σ3c.

II modulo, in questo tipo di prova, e dato dalla tangente trigonometrica dell'angolo formato dalla
tangente alla curva (re1ativa al terreno in esame) e l'asse delle ascisse (fig. 3.10):

(3.5)

Il modulo elastico così trovato non e affatto unico, ma varia con l'intensità. In particolare
cresce all'aumentare della sollecitazione sferica e decresce all'aumentare di quella deviatorica. :

Fig. 3.10 -Valutazione del modulo elastico statico Est dal diagramma deformazione verticale-sforzo
assiale deviatorico.

Nella pratica le tensioni σl e σ3 a cui si riferisce Est possono ottenersi svolgendo, in prima
approssimazione, un calcolo delle tensioni nel sottofondo. Un suggerimento sul valore della
tensione σ3 proviene da YODER il quale consiglia di assumere valori tra 0 e 0.15 MPa [6].

Tale modo di procedere nella ricerca del modulo elastico oltre ad essere piuttosto dispendioso é
anche affetto da un certo grado di imprecisione. Basta, infatti, considerare che il test, date le ridotte
dimensioni del provino, in alcuni casi può risultare scarsamente rappresentativo. Accanto a ciò si
colloca anche l'approssimazione insita nel ca1colo degli stati tensionali di riferimento.

3.1.2 Modulo elastica Eν2

Il modulo elastico in oggetto al pari di quello precedente ha origine dall'idea di voler assimilare il
sottofondo ad un semispazio omogeneo, isotropo ed elastico lineare.
La prova, standardizzata dal LCPC, si esegue con una piastra avente diametro di 60 cm
caricata due volte con una velocità di circa 80 N/sec. Il processo di carico consiste inizialmente nel
raggiungere sul terreno già costipato la pressione di 0,25 :MPa e mantenerla costante fino a quando
si sono stabilizzati i cedimenti, successivamente rimuoverla per 2 o 3 secondi ed infine riportala a
0.2 MPa.

La relazione analitica di Eν2 si ottiene dalla espressione fornita da Boussinesq per il cedimento al
centro di un'area di carico uniforme e circolare, considerando un rapporto di Poisson pari a 0.5:

(3.6)
dove:

qo = pressione sul terreno al secondo ciclo;


a= raggio dell'area circolare di carico;
ZT2 = cedimento totale al secondo ciclo, dato dalla differenza fra quello complessivo al secondo
ciclo e quello al primo ciclo.

Il motivo che ha spinto gli autori a preferire il cedimento zT2 a quello relativo al primo ciclo
deriva dalla constatazione che in quest'ultimo la componente plastica é notevolmente maggiore.
II modulo EV2 é utilizzato quale parametro rappresentativo nel catalogo francese e tedesco. In
Francia viene adoperato come dato di input per i metodi di calcolo razionali delle sovrastrutture.

3.1.3 Rapporto di Poisson statico µst

La schematizzazione del sottofondo come un semispazio elastico oltre al modulo elastico


richiede che sia definito anche il rapporto di Poisson. La determinazione di questa parametro può
condursi mediante la misura della deformazione radiale εr che si ha nella prova triassiale
sommariamente descritta nel paragrafo 3.1.1.3.
La valutazione εr può farsi con una misura diretta oppure attraverso la misura della variazione di
volume ∆v. Di solito si preferisce ricorrere a quest'ultimo modo perché la misura diretta non
fornisce valori affidabili in quanta la deformazione radiale del provino non é costante lungo la sua
altezza. La variazione di volume rapportata a quello iniziale, ∆v/v, stante l'uguaglianza di εr con
ambedue le deformazioni principali parallele al piano orizzontale, può cosi scriversi:

(3.7)

dove ε1 é la deformazione verticale riferita allo stato tensionale deviatorico già discusso nel
paragrafo 3.1.1.3. Dalla (3.7) si ottiene facilmente εr e di qui il coefficiente di Poisson:

(3.8)

Combinando la (3.7) con la (3.8) si ha:

(3.9)

dove: ∆v > 0 se di contrazione


ε1> 0 se di accorciamento.

Tale rapporto di Poisson, in via approssimata, potrà essere assunto per i terreni argillosi pari a 0,5 e
per quelli ghiaio - sabbiosi e compreso fra 0,35 e 0,40. In tabella III.1 si riportano i valori di µ
utilizzati da diverse agenzie americane come dato di input nel progetto delle pavimentazioni
flessibili.

TABELLA III.1

Agenzie µ
Original Shell Oil Co. 0,50
Revised Shell Oil Co. 0,35
The Asphalt Institute 0,45
Kentucky Highway 0,45

3.1.4 Modulo di reazione del sottofondo K

Il sottofondo, come già detto nel paragrafo 2.3, può schematizzarsi, ai fini del calcolo razionale,
oltre che come un semispazio elastico anche come un mezzo elastico caratterizzato dal fatto che in
ogni punta il cedimento dipende soltanto dal carico ivi applicato. Questo modo di modellare il
terreno e adoperato soprattutto per definire lo stato tensionale nelle pavimentazioni rigide.
II parametro che rappresenta la portanza in tal caso é il modulo di reazione K . Esso si
determina con una prova di carico su piastra a ciclo unico simile a quella vista per il modulo
elastico statico Est. Da questa tuttavia si differenzia per le dimensioni della piastra che qui, come gia
detto, deve avere un diametro maggiore o uguale di 76 cm. Tale esigenza deriva dalla constatazione,
basata su risultati sperimentali [14], che i cedimenti del piano di sottofondo, a parità di pressione,
divengono indipendenti dal diametro della piastra soltanto quando questa supera i 76 cm. II
parametro K é legato alla pressione sul sottofondo ed al cedimento dalla relazione seguente:

(3.10)

L'US Corps of Engineers propone di valutare K in base al cedimento totale provocato da un


carico che trasmette sul terreno una pressione di 0,07 MPa:

(3.11)

Secondo la procedura proposta dal Westergaard, K può anche determinarsi misurando la


pressione p [MPa] da applicare alla suddetta piastra per ottenere un cedimento di 0,127 cm , per cui
si ha:
(3.12)

Poiché il modulo K deve essere rappresentativo di un comportamento pressoché elastico del


terreno, se la pressione di 0,07 MPa rientra nel campo di tale comportamento é accettabile la (3.11).
In caso contrario, sempre che la deflessione di 0,127 cm risulti ancora nel suddetto campo
pressoché elastica, sarà più indicata la (3.12).
Se la curva carichi-cedimenti ha un tratto iniziale non rettilineo (v. fig. 3.11) K può
determinarsi come proposto da JEUFFROY. Si traccia dall'origine degli assi del diagramma carichi-
cedimenti la paralle1a alla corda che passa per i punti corrispondenti alle pressioni di 0,07 MPa e
0,21 MPa. Fatto ciò si adotta come deflessione da introdurre nella (3.11) quella valutata in
corrispondenza di 0,07 MPa sulla retta appena tracciata.
Fig. 3.11 - Correzione proposta da Jeuffroy nella determinazione di K per una curva carico-
cedimenti molto discosta dall'andamento rettilineo.
In presenza di terreni dotati di ottima rigidezza la piastra adoperata per la prova può
inflettersi. Questa circostanza falsa, per eccesso, la valutazione del modulo di reazione K in quanto i
cedimenti valutabili lungo il bordo della piastra sono inferiori a quelli di qualsiasi altro punto.
Evidentemente quindi occorre correggere i1 valore del modulo cosi trovato, ciò si può fare
utilizzando il diagramma rappresentato nella figura 3.12 [6].

Fig. 3.12 - Grafico per la correzione di K per l'inflessione della piastra.

Nel caso del parametro in esame é impossibile ottenere direttamente i valori della portanza
per contenuti di acqua diversi da quelli presenti al momento della prova, in quanta non esiste alcuna
prova di laboratorio su campioni che consenta la misura di K. Un'indicazione sul valore del modulo
di reazione in condizioni di saturazione può trarsi dalla relazione [6]:

(3.13)
dove:

K= modulo di reazione del terreno saturo;


Kr = modulo di reazione del terreno nelle condizioni reali;
d= deformazione ottenuta sottoponendo ad una prova di consolidamento o di semplice
compressione con 0,07 MPa di pressione un campione del terreno in esame avente
condizioni di addensamento ed umidità simili a quelle presenti in sito;
ds = deformazione ottenuta sottoponendo ad una prova di consolidamento o di semplice
compressione con 0,07 MPa di pressione un campione saturo di terreno in esame.
Secondo il metodo AASHTO i valori di K corrispondenti a differenti contenuti d'acqua
possono essere definiti sulla scorta dei valori del modulo resilente Mr [MPa] , di cui si dirà
appresso, ottenuti per diverse umidità adoperando la relazione:

(3.14)

Lo stesso procedimento di dimensionamento propone una procedura per determinare il


modulo di reazione cui compete un danneggiamento annuale equivalente a quello ottenuto
sommando il danno relativo ad ogni periodo climatico in cui può essere suddiviso l'anno. Esso si
articola attraverso i seguenti passi:

1) Suddivisione dell'anno in periodi mensili o quindicinali.


2) Stima del modulo resiliente del terreno in sito corrispondente a ciascun periodo considerato.
3) Determinazione del modulo di reazione del sottofondo relativo a ciascun periodo, attraverso
la relazione 3.14.
4) Stima del danno Uri relativo a ciascun periodo (metodo AASHTO vol. 2 appendice HH).
5) Calcolo del danno medio annuale mediante la relazione:
(3.15)
dove n rappresenta il numero dei periodi considerati in un anno.
6) Stima del modulo di reazione K equivalente (metodo AASHTO vol 2 appendice HH).

Secondo una correlazione proposta dall'ICAO tra la classifica delle terre adottata anche dal CNR e
il modulo K, i terreni granulari del tipo A1e A3 forniscono valori di K compresi tra 90 e 200 MPa/m,
i terreni A2 valori da 50 a 150 MPa/m, mentre per i terreni A4, A5, A6, A7, i valori di K sono molto
inferiori (da 15 a 60 MPa/m).
La PCA (Portland Cement Association -1984) [30] fornisce altri valori di K in funzione del tipo di
terreno (tab. ID.2).

TABELLA III.2

Valori di K in funzione del terreno di sottofondo proposti dal PCA.

Valori di K
TIPO DI TERRENO DI SOTTOFONDO
MPa/m
Terreni a grana fine con predominanza di
20 - 33
particelle argillose e limose
Miscele di sabbie e sabbie ghiaiose contenenti
36 -47
quantità moderata di limo e argilla
Miscele di sabbie e sabbie ghiaiose non
50 -60
contenenti particelle fini e plastiche
Vari autori (R. Jones ed altri, 1962) [50] forniscono i seguenti valori sperimentali della costante K
[MPa/m] per i diversi tipi di terreno:

terra coerente consolidata 150 -290


sabbia e ghiaia compatta 100 -300
sabbia molto compatta > 150
sabbia mediamente compatta 75 -150
sabbia mediamente sciolta 30 -75
sabbia sciolta 130 -30
sabbia molto sciolta 4 -120

Da un punta di vista qualitativo, per un terreno di sottofondo si può considerare il seguente


campo di variabilità per K [23]:

materiale scadente K ≤ 40
materiale da mediocre a buono K = 50-70
materiale molto buono K ≥ 80

3.1.5. Modulo di deformazione Md

Introdotto dalla SNV (Association Suisse de Normalization) e normalizzato anche in Italia


(CNR -B.D. n° 9 del 11.12.1967), da una misura convenzionale della capacità portante. E'
adoperato sia per il solo sottofondo sia per l'insieme costituito dal sottofondo e dai vari strati di
fondazione delle pavimentazioni stradali ed aeroportuali.
Viene valutato effettuando su una piastra da 30 cm una prova di carico a ciclo unico simile a
quella descritta a proposito del modulo elastico Est. Il terreno dovrà trovarsi nelle condizioni di
addensamento che avrà durante l'esercizio della sovrastruttura.

II valore di Md è dato dalla relazione:


(3.16)
dove:
f = coefficiente che dipende dalla forma della piastra, per piastra circolare F = 1;
∆p = incremento di pressione media sulla piastra;
∆z = corrispondente cedimento della piastra;
D = diametro della piastra.

Per i terreni di sottofondo l'incremento di pressione é assunto uguale a 0,1 MPa ed e


computato a partire da una pressione sul terreno di 0,05 MPa.
II modulo di deformazione al momento é impiegato soltanto per avere un'indicazione delle
qualità del sottofondo, non essendo utilizzato come dato di progetto in alcun metodo di calcolo.
Si deve osservare che il modulo Md basandosi su prove di carico che utilizzano la piastra da
30 cm non tiene conto della deformazione degli strati profondi e quindi talvolta non riesce a fornire
una efficace valutazione della portanza. Meglio si presta a dare indicazioni sul grado di
costipamento

3.1.6. Indice CBR

E' un parametro che fornisce una valutazione indiretta della portanza del terreno in quanto
deriva da una prova di penetrazione, in laboratorio o in sito, nella quale le deformazioni plastiche
sono di entità notevolissima e per giunta conseguenti ad uno state tensionale che é ben lontano da
quello realmente presente nel sottofondo al passaggio dei veicoli. Il motivo della sua ampia
diffusione, sia come parametro rappresentativo della portanza nei metodi di calcolo empirici più
noti sia come elemento di riferimento per il costipamento, é legato oltre che all'esperienza anche
alla relativa facilità di esecuzione delle prove.
La prova per la determinazione in laboratorio del CBR consiste nel far penetrare a velocità
predeterminata una sonda di dimensioni prestabilite in un provino di terreno contenuto in una
fustella cilindrica standard e nel misurare i carichi che provocano degli affondamenti prefissati. Tali
valori si rapportano a quelli analoghi ottenuti su un terreno di riferimento. Il maggiore dei due
rapporti percentuali costituisce l'indice CBR. In generale la prova presenta diversi limiti, qua1i:

a) La dispersione dei valori. Secondo a1cuni autori [51,42] l'intervallo di ripetibilità della
prova e pari al 25 % del risultato più piccolo. Ciò e causa d'imprecisione nella
valutazione della portanza soprattutto per i terreni plastici e di scarsa permeabilita.
Relativamente ad essi infatti, dati i ridotti valori dell'indice CBR che si riscontrano, un
errore, anche se di poche unità per cento, può far cambiare radicalmente il giudizio sulla
capacità portante.
b) La massima dimensione dell'inerte contenuto nella fustella secondo le norme CNR-UNI
10009 può essere al pin 25mm.
c) L'imbibizione. Il periodo standard di 4 gg. fissato dalle norme per la saturazione dei
provini, non é sempre sufficiente per i terreni coesivi. In alcuni casi infatti occorrono
più di 15 gg. L'indice CBR
d) valutato dopo tale periodo prolungato subisce una riduzione compresa tra il 50% e 10
80%.
e) La velocità di punzonamento. Il suo valore standard per tutti i terreni fa temere che
l'indice CBR non può considerarsi influenzato dalla viscosità.

Le prove oltre che su campioni di terreno possono essere effettuate, con le stesse modalità,
applicando direttamente la sonda sul sottofondo. In entrambi i casi i risultati sono rappresentativi
del terreno appartenente ad una piccola porzione di sottofondo. Essi possono estendersi all'intero
volume soltanto se l'ammasso terroso e caratterizzato da una discreta omogeneità. Se ciò non accade
si conducono delle elaborazioni per giungere ad un valore sufficientemente rappresentativo (cft. par.
3.3).
Le condizioni di addensamento e di umidità variano il relazione al tipo di indice che si vuole
ottenere:
-CBR ottimo
-CBR ottimo saturo
-CBR reale
-CBR reale saturo

1- Il CBR ottimo, detto anche CBR nelle condizioni AASHO Mod., é quello che si misura su
campioni costipati alla densità massima ed alla umidità ottima della prova AASHO Modificata.
Questo indice in quanta ottenuto su campioni di terreno in condizioni differenti dalle reali, può
essere utilizzato solo come elemento di riferimento, ma non come dato di input in un calcolo delle
pavimentazioni.
Nella tab. III.3 é riportata una classificazione qualitativa del terreno di sottofondo in
relazione all'indice CBR.

TABELLA III.3

Classificazione qualitativa del terreno di sottofondo


(ICAO).

CBR QUALITA’ DEL TERRENO


2-5 Sottofondo molto scadente
5–8 Sottofondo scadente
8 – 20 Sottofondo scadente e buono
20 - 30 Sottofondo ottimo

Allorquando la densità secca raggiunta in sito mediante costipamento é inferiore a quella


ottenuta con la prova AASHO Mod. si assiste ad un calo di portanza. Il Peltier [42] ha suggerito dei
coefficienti riduttivi "C" del CBR che sono riportati in tab. III.4; da essi si evince la necessità di
raggiungere in situ una densità secca almeno pari al 95% della massima di laboratorio.

TABELLA III. 4

Coefficiente riduttivo in funzione della


densità secca in sito.
dmax C
100 % 1
95 % 0,60
90 % 0,40
85 % 0,25

2 - Il CBR ottimo saturo é risultato della prova di penetrazione condotta in laboratorio su un


provino dapprima costipato con energia ed umidità ottima corrispondente alla prova AASHO
modificata e poi successivamente immerso in acqua per 4 gg.
3 Il CBR reale può essere determinato direttamente in situ oppure in laboratorio su di
un campione avente la densità e l'umidità riscontrata o prevedibile in situ; viene comunemente
utilizzato per il calcolo delle pavimentazioni. Tale indice é anche impiegato per stabilire se il
materiale proveniente dagli scavi, in funzione del suo contenuto d'acqua, può essere utilizzato nei
rilevati, ovvero deve essere corretto o rifiutato. Un criterio a riguardo può essere il seguente: se il
contenuto d'acqua naturale corrisponde ad un CBR (relativo ad un costipamento eseguito per la
prova Proctor Standard) e maggiore di 10, il materiale e utilizzabile; se l'indice e minore di 5 il
materiale deve essere trattato [14]. E' opportuno osservare che date Ie differenti modalità esecutive
i risultati del CBR misurato direttamente in sito non sono confrontabili con quelli di laboratorio.

4- Il CBR reale saturo é quello misurato in laboratorio su un provino avente la densità


che ha il terreno in sito e sottoposto ad immersione per 4 gg.

Si forniscono nel seguito delle indicazioni generali circa il confezionamento dei provini in
funzione del comportamento dei terreni nei riguardi del rigonfiamento e della densità a cui possono
essere costipati. A tale proposito i terreni sono stati suddivisi in tre grandi categorie [40]:

Terreni incoerenti - ghiaie, ghiaie sabbiose, sabbie, sabbie ghiaiose, che per l'effetto
combinato del costipamento in cantiere e del traffico, raggiungono una densità pari alla massima
AASHO Mod. ed il cui CBR non é influenzato dalla saturazione. Per tali terreni il CBR andrà
determinato come al punto 1.
Terreni coesivi a basso indice di plasticità scarsamente rigonfianti ¬ ghiaie sabbio-
argillose, ghiaie argillose e limose, sabbie argillose e limose, sabbie fini, limi organici, argille
inorganiche scarsamente plastiche. Tali terreni raggiungono una densità in sito dell'ordine del 95%
di quella massima ed il loro CBR risente della saturazione, per cui si procede come indicato al
punto 3. Per quanta riguarda il contenuto d'acqua di riferimento vale quanta detto nel paragrafo 2.3.
Terreni fortemente espansivi - Limi compressibili ed argille plastiche. Questi terreni sono
caratterizzati oltre che da una e1evata dipendenza dell'indice in questione dal contenuto d'acqua
anche da una forte tendenza al rigonfiamento. Per la valutazione del CBR si opera come suggerito
nel punto 3 tenendo presente che molto spesso, allo scopo di ridurre l'espansione, può essere
conveniente costipare il terreno ad un tenore d'umidità nettamente maggiore di quello ottimo della
prova AASHO Mod.
Infine, quando il sottofondo é costituito da terre appartenenti ai gruppi A4 – A5 - A6 - A7,
(cfr. par. 2.4.) più o meno plastiche, esistono delle correlazioni (Peltier, Tempestini) che consentono
un calcolo approssimato dell'indice CBR, noti i limiti di Atterberg, senza dover effettuare la prova
che, per queste terre, fornisce risultati comunque incerti (cfr. cap. 4).

3.1.7. R -value

E' il valore di resistenza di un sottofondo determinato con lo stabilometro, i1 test é stato


messo a punto dalla California Division of Highways.
La prova, di tipo triassiale condotta senza arrivare a rottura, consiste nel misurare la
pressione orizzontale che la superficie laterale del provino esercita sulle pareti della cella quando lo
stesso é sottoposto ad una determinata sollecitazione verticale. La complessità del test e l'elevato
costo dell'apparecchiatura uniti alla considerazione che il risultato é comunque di carattere empirico
hanno fatto si che il parametro sia poco diffuso in Europa. Sono cioè venuti meno quegli incentivi
che hanno invece favorito il diffondersi della prova CBR quali la semplicità, la rapidità ed il basso
costo. Mancano dunque dati sperimentali, almeno nella letteratura europea, unitamente a tentativi di
correlazione con altri metodi. Per questi motivi la prova e stata trattata molto sommariamente in
questa rapporto.

In possesso dei risultati della prova allo stabilometro e cioè:

Pv = la pressione verticale corrispondente ad un carico di 9000 N (l MPa);


Ph = la pressione orizzontale misurata quando il carico verticale é pari a 9000 N;
D = il numero di girl della pompa a mano per portare la pressione orizzontale da 0,035 MPa
a 0,7 MPa.

si entra nella (3.17) [6] e si ottiene la resistenza R:

(3.17)

3.2. Parametri dinamici

Il comportamento "elastico" dei terreni di sottofondo soggetti a cicli di carico dinamici, può
essere caratterizzato col modulo resiliente Mr o con il modulo Edin .

3.2.1. Modulo resiliente Mr


Il modulo resiliente viene definito come il rapporto tra deviatore di tensione q (uguale alla
differenza tra la tensione principale verticale e orizzontale (σ1 - σ3) per esempio misurata in una
prova triassiale ripetuta e la corrispondente deformazione assiale di recupero εra, cioè:

(3.18)

Questa prova simula abbastanza bene il regime di tensione e di deformazione che si verifica
in sito al passaggio dei veicoli. Tra l'altro, come si vedrà in seguito, é possibile tener conto della
deformazione elastica ritardata. Pertanto i1 modulo resiliente é un modulo elastico dinamico che
considera anche la componente viscosa reversibile della deformazione. Esso viene determinato
dopo n cicli di carico q e può essere utilizzato per la progettazione di pavimentazioni flessibili
oppure indirettamente, attraverso il modulo di reazione K, per la progettazione di pavimentazioni
rigide e composite.
Un provino di terreno, posto in una cella triassiale, viene prima assoggettato ad uno stato
tensionale sferico σ3 (in cui le tensioni principali sono uguali) e successivamente ad una serie di
applicazioni e rimozioni della sforzo assiale deviatorico q = σl -σ3 (fig. 3.13) [9]
Fig. 3.13 -Prova triassiale ripetuta [9]

In un generico istante quindi esso é sottoposto sulla superficie laterale ad una pressione σ3 e
sulle basi ad una pressione σ3 + q=σl. La pressione di confinamento σ3 (coincidente con la
pressione principale minima) viene mantenuta, in genere, costante durante la prova, mentre il
deviatore di tensione q = σl -σ3, con σl uguale alla tensione principale massima, può variare tra due
limiti fissati con legge sinusoidale, oppure essere un carico pulsante.

In figura 3.14 sono riportate, anche se qualitativamente, le deformazioni verticali totali e


residue che si ricavano da una prova triassiale a pressione di confinamento costante ed a sforzo
assiale deviatorico variabile con legge di tipo sinusoidale in funzione del tempo.
La differenza tra la deformazione totale e quella residua individua la deformazione
recuperata o resiliente.
In realtà le curve di deformazione totale e residue che sono crescenti col numero di
applicazioni del carico tendono ad assumere andamenti paralleli solo dopo un certo numero di cicli
di carico.
Pertanto la deformazione resiliente dapprima varia sensibilmente col numero di cicli per poi
assumere un valore praticamente costante. Il rapporto tra il deviatore di tensione q e la
corrispondente deformazione resiliente εra ormai stabilizzatasi intorno un unico valore dà il modulo
resiliente Mr.
Fig. 3.14 -Tensioni e deformazioni in una prova triassiale ripetuta [9].

Secondo alcuni autori, a meno che non si raggiungano condizioni di rottura del terreno, la
deformazione resiliente diventa stabile dopo un numero di cicli variabile tra 200 e 2000; ciò
dipende naturalmente dal terreno e dalle condizioni di carico [9].
Il provino, però, viene prima sottoposto ad un certo numero di applicazioni del carico, che
oltre ad eliminare le imperfezioni di contatto all'interfaccia piatti di prova - provino, ha lo scopo di
eliminare gli effetti che si generano nell'intervallo di tempo compreso tra la sua compattazione e
l'inizio vero e proprio della prova. La figura 3.15 mostra l'effetto di questa "tempo di stagionatura"
sui risultati di una prova triassiale ripetuta, eseguita da Seed ed altri, su di un terreno costituito da
limo ed argilla utilizzato come sottofondo dell'AASHO Road Test [49]. Provini di questo tipo di
terreno, identici tra loro, sono stati sottoposti all'applicazione del carico dopo un periodo di tempo
dalla preparazione compreso tra 15 minuti e 50 giorni.

Fig. 3.15 -Effetto della tixotropia sulle caratteristiche resilienti. AASHTO Road Test
Subgrade Soil [49].
Da questa figura si evince che per "tempi di stagionatura'' lunghi e per un basso numero di
applicazioni del carico si ha un modulo resiliente più alto. Ciò si spiega col fatto che provini di
terreno, in particolare di natura argillosa e ad elevato grado di saturazione, presentano un
incremento della resistenza a taglio e quindi una diminuzione della deformazione resiliente quando
passa molto tempo prima che siano sottoposti all'applicazione del carico.
Quest'ultimo incremento della resistenza a taglio é attribuito alla "tixotropia" la quale
sembra essere dovuta ad un progressivo cambiamento della disposizione delle particelle ed alla
variazione della pressione dell'acqua contenuta nei pori del terreno.

Alcuni studiosi ritengono che tale effetto viene largamente dissipato dopo circa 1000 cic1i di
carico [9].
Dopo aver effettuato questo "condizionamento" del provino, il valore del modulo resiliente
viene calcolato dopo circa 150 -200 ripetizioni del carico per un dato livello di sollecitazioni [6].
Per quanta concerne il carico c'é da dire che, nella maggior parte dei casi, esso non é
sinusoidale ma pulsante. Una sequenza tipica consiste in un carico della durata di 0.1 secondi che
viene applicato ogni 1-3 secondi [6]. Queste pause permettono un recupero elastico ritardato nei
terreni analogo a quello caratteristico dei materiali bituminosi [9].
Circa le modalità di prova si rimanda alle norme AASHTO T 274-82: "Resilient Modulus of
Subgrade Soils". Dopo aver esaminato alcuni aspetti della metodologia di determinazione del
modulo resiliente, si analizzano ora i parametri dai quali dipende.
Il comportamento non lineare dei terreni fa sì che la legge che lega il deviatore di tensione q
= σl - σ3 e la corrispondente deformazione assiale di recupero o resiliente sia rappresentata
mediante una curva. In figura 3.16 sono riportati i risultati di una prova triassiale per vari valori
della pressione di confinamento σ3. Il modulo resiliente aumenta al diminuire di q e al crescere di
σ3 a parità rispettivamente di σ3 e di q.

Fig. 3.16 - Rappresentazione generale della non linearità dei terreni e dei materiali granulari
[9].
La norma AASHTO prevede che la prova venga effettuata per diversi valori di σ3 e di q e
considera i1 modulo secante. In figura 3.17 si riporta una tipica rappresentazione dei risultati di una
prova. Resta comunque al progettista i1 compito di utilizzare il valore del modulo resiliente
corrispondente ai livelli di sollecitazione prevedibili in esercizio. La relativa influenza di q e di σ3
dipende dal tipo di terreno coesivo o incoerente. Prove effettuate su materiali incoerenti, utilizzati
per sottofondi, per strati di base e di fondazione di pavimentazioni stradali hanno messo in evidenza
che il modulo resiliente Mr é poco sensibile alla variazione dell'intensità dello sforzo q mentre varia
in modo significativo con il valore della pressione di confinamento σ3 come si vede dalla figura
3.17 [70].

Fig. 3.17 -Tipici andamenti del modulo resiliente Mr, ricavati da prove sperimentali, in
funzione del deviatore di tensione q e della tensione di confinamento σ3 per un sottofondo costituito
da limo e sabbia [70].

La relazione che lega il modulo resiliente Mr alla pressione di confinamento σ3 é non lineare
ed é espressa dalla seguente relazione [6]:

(3.19)

dove K'l e K'2 sono delle costanti di regressione che dipendono dalle proprietà fisiche del
materiale. Nella maggioranza dei casi, però, per la determinazione del modulo resiliente ci si
riferisce ad un'altra espressione [6]:

(3.20)

dove Θ é uguale alla somma delle tensioni principali, cioè Θ = σ1 + σ2 + σ3, che ne1 caso
della prova triassiale é uguale a σ1 + 2σ3 = q + 3σ3 , K1 e K2 sono delle costanti di regressione che
dipendono dalle proprietà fisiche del materiale. Tali re1azioni si ottengono dall'interpolazione nel
piano (Mr, σ3 , oppure Mr, Θ) di punti sperimentali ricavati da prove triassiali. Molti ricercatori
hanno determinato, in base alle risultanze sperimentali, i valori delle costanti Kl e K2 ottenendo,
come é ovvio, valori differenti in re1azione alle caratteristiche dei materiali provati. Infatti la
re1azione che lega il modulo resiliente al livello di sollecitazione dipende oltre che dal tipo di
terreno, dalla granulometria dell'aggregato, dalla forma e tessitura delle particelle, dalla densità e
dal contenuto d'acqua. In genere il modulo resiliente cresce con l'angolo di attrito e con la densità,
mentre diminuisce col contenuto d'acqua [6].
In figura 3.18 é riportata una tipica variazione del modulo resiliente Mr, in scala logaritmica,
in funzione della somma delle tensioni principali per un materiale incoerente secco e parzialmente
saturo [6].

Fig. 3.18 – Tipico andamento del modulo resiliente per i materiali granulari (da Hicks) [6].

Il passaggio dai terreni incoerenti a quelli coesivi implica una maggiore influenza del
contenuto d'acqua sul modulo resiliente mentre la pressione di confinamento assume minore
importanza in quanta le particelle sono tenute insieme da legami coesivi più o meno intensi. La fig
3.19 mostra l'effetto del contenuto d'acqua e della densità sul modulo resiliente Mr [6]. Da questa si
evince che il modulo resiliente Mr diminuisce all'aumentare del contenuto d'acqua ed al decrescere
della densità, a parità rispettivamente della densità e del contenuto d'acqua.

Deviatore di tensione q = 2psi (0.0138 MPa)


Tensione di confinamento σ3 = 3psi (0.020 MPa)
Modulo resiliente corrispondente a 1000 applicazioni di tensioni con durata di 0.1 sec e frequenza di 20 ripetizioni al minuto.

Fig. 3.19 -Effetto del contenuto d'acqua e della densità secca sul modulo resiliente (da
Monismith) [6].
Nei terreni coesivi, contrariamente a quelli incoerenti, il modulo resiliente Mr dipende
essenzialmente dall'intensità dello sforzo assiale deviatorico q = σl - σ3 Esso diminuisce
rapidamente con il deviatore di tensione q fino ad un certo valore oltre il quale cresce lentamente. In
figura 3.20 é riportato il valore del modulo resiliente, per una data tensione di confinamento, in
funzione del deviatore di tensione per un terreno parzialmente saturo costituito da argilla e limo [9].

Fig. 3.20 - Modulo resiliente in funzione del deviatore di tensione per terreni costituiti da argilla e
limo (Seed et al.) [9].

Da questa figura si evince chiaramente che il modulo resiliente é fortemente influenzato dal
deviatore di tensione soprattutto per bassi livelli di sollecitazione che sono poi uguali a quelli che si
verificano in sito [9].
La dipendenza non lineare del modulo resiliente da q, mostrata nella figura precedente, può
essere analiticamente espressa dalla seguente relazione [9]:

(3.21)

dove σ3 = tensione effettiva iniziale di confinamento, q = deviatore di tensione, K ed n sono


delle costanti che dipendono dal terreno. Altre espressioni del modulo resiliente, per questi materiali
sono [6]:

(3.22)
(3.23)

Dove σl - σ3 è lo sforzo deviatorico, mentre per il significato dei simboli K1 , K2 , K3, e K4


si rimanda alla figura 3.21 [6].
Fig. 3.21 - Tipico andamento del modulo resiliente per i terreni a grana fine (da Terrel) [6].

Si riportano di seguito alcune relazioni reperibili in letteratura tecnica che legano il modulo
resiliente Mr al regime di sollecitazione ed alle costanti di regressione, nonché dei valori tipici.

- Hicks [6]

Mr = 2156Θ0.71 (psi) [Mr = 509Θ0.71 (MPa)]


materiale granulare allo stato secco
0.67
Mr = 2033Θ (psi) [Mr = 393.4Θ0.67 (MPa)]
materiale granulare parzialmente saturo

- Monismith [54]

Mr = 7000σ30.55 (psi) [Mr = 754.48 σ0.55 (MPa)]


materiale granulare secco

- AASHTO: T 274 -82 [70]

Mr = 4100Θ0.363 (psi) [Mr = 172Θ0.363 (MPa)]


sabbia e limo A2-4 90 % AASHTO T -180,
γ = 123 (pef) (1970.5 Kg/m3), W = 8%, S = 68%

-Medina et, al. [65]


(1) per (f) K1 è proporzionale a K4 ; K1 e K2 sono in kN / m2, K3 e K4 sono adimensionali.
(2) le equazioni resilienti per le granulometrie A e B sono valide per provini costipati col
contenuto ottimo di umidità.
(3) Mr è espresso in KN/m2 (l MPa = 103 KN/m2)

-Yoder [6]

Tipo di terreno Mr (psi) Mr (MPa)


Argilla 3000 ÷ 4000 21 ÷ 28
Sabbie fini 25000 ÷ 30000 172 ÷ 207

-Yoder [6]

Materiali granulariMr = K1 σ3K2


K1 K2 Mr (σ3 = 5 psi) Mr (σ3 = 50 psi)
[≈ 0.034 MPa] [≈ 0.034 MPa]
Valori medi 9600 0.55 22500 psi 80000 psi
Intervallo 5000 ÷ 15000 0.45÷0.60 15000 ÷ 35000 psi 60000 ÷ 110000
[≈ 103 ÷ 241 MPa] [≈ 414 ÷ 758 MPa]

Per quanto concerne l' "AASHTO Guide" c'é da dire che per il progetto delle pavimentazioni
flessibili si fa riferimento ad un modulo resiliente Mr "effettivo" che é equivalente all'effetto
combinato dei valori del moduli resilienti "stagionali" Mri relativi ai periodi in cui é stato suddiviso
l'anno. Questi moduli resilienti "stagionali" possono ottenersi da prove di laboratorio effettuate su
campioni di terreno in condizioni tali da simulare le situazioni in sito per quanta concerne sia il
regime di sollecitazione che l'umidità. In alternativa il modulo resiliente "stagionale" può essere
determinato da correlazioni con le proprietà del terreno quali ad esempio il contenuto d'argilla,
l'umidità, l'indice di plasticità etc., ovvero attraverso misure deflettometriche. Noti i moduli
stagionali Mri, si calcolano i corrispondenti "danni" ufi a cui é soggetta la pavimentazione durante
ciascun periodo considerato (ufi = 1,18*108*Mri-2.32). Si calcola quindi il "danno annuale medio"
uf=Σ(ufi/n) dove n è il numero di periodi considerati in un anno e quindi dalla figura 3.22 si ricava
i1 modulo resiliente "effettivo" Mr da impiegare nel ca1colo della sovrastruttura. Nelle figure 3.23,
3.24, 3.25 e 3.26, sono rispettivamente riportate, a titolo esemplificativo, le caratteristiche
climatiche delle sei regioni in cui vengono suddivisi gli Stati Uniti, la durata espressa in mesi
durante la quale si hanno queste caratteristiche, i valori dei corrispondenti moduli resilienti
stagionali Mri per terreni di diversa "qualità" ed infine i corrispondenti moduli resilienti effettivi Mr.

Fig. 3.22 -Diagramma per la valutazione del modulo resiliente effettivo dei terreni [32].

Fig. 3.23 -Le sei regioni climatiche in cui sono stati suddivisi gli Stati Uniti d'America. [32]
(*) Numero del mesi per ciascuna stagione

Fig. 3.24 -Durata delle stagioni in mesi proposte per le sei regioni climatiche degli U.S. [32].

(*) Valori del modulo resiliente espressi in psi


(**) Valori del modulo resiliente espressi in MPa

Fig. 3.25 -Moduli resilienti stagionali proposti in funzione della relativa qualità dei materiali
di sottofondo. [32]
(*) Valori del modulo resiliente espressi in psi
(**) Valori del modulo resiliente espressi in MPa

Fig. 3.26 -Valori del modulo resiliente effettivo dei terreni di sottofondo che possono
essere utilizzati nella progettazione delle pavimentazioni flessibili a basso volume di
traffico. I valori proposti dipendono dalle sei regioni climatiche e dalla relativa qualità
dei materiali di sottofondo. [32].

Il modulo resiliente Mr, come già accennato a proposito dello "AASTHO Guide", può essere
determinato anche in sito con prove ripetute di carico con piastra. L'espressione analitica, valida per
piastre rigide, che ne consente la valutazione éla seguente [49] :

(3.24)
dove ∆ é la deflessione resiliente di una piastra circolare rigida poggiante su di un
sottofondo schematizzato come semispazio elastico per il quale si é assunto un valore del rapporto
di Poisson di 0.5, q é la pressione applicata sulla superficie della piastra ed r il raggio della piastra.

3.2.2. Edin ricavato con prove deflettometriche (FWD)

I metodi basati su prove deflettometriche consistono in genere nella misurazione dei


cedimenti provocati sulla superficie della pavimentazione da un carico esterno e nel valutare in base
ad essi i moduli dinamici dei materiali costituenti gli strati della sovrastruttura e del sottofondo.
Qui di seguito si dà una breve descrizione del deflettometro a massa battente (FWD) che é
l'apparecchiatura deflettometrica più diffusa e si riportano a1cune metodologie per la valutazione
dei moduli dinamici stessi.
II Falling Weight Deflectometer é costituito essenzialmente da una massa che cadendo su un
gruppo di molle montate su una piastra poggiata sulla pavimentazione genera sul sottofondo un
carico con andamento di tipo semisinusoidale nel tempo.
La misura delle deflessioni, che sono di tipo elastiche e viscose reversibili (cfr. 2.2.4.), viene
effettuata tramite sette trasduttori accelerometrici (geofoni) disposti in linea. Disponendo delle
misure di deflessione, noti gli spessori degli strati della pavimentazione che eventualmente
sovrastano il sottofondo e fissati, in base all'esperienza, i valori dei rapporti di Poisson e dei moduli
di reazione orizzontale all'interfaccia, é possibile ricavare i moduli dinamici dei vari strati compreso
il sottofondo procedendo nel modo seguente: assegnati diversi valori di tentativo dei moduli dei vari
strati si va a verificare, utilizzando un metodo di calcolo appropriato, quali di questi valori
producono le deflessioni che meglio approssimano quelle misurate. Tali valori rappresentano i
moduli cercati [16].
Una rappresentazione schematica del bulbo delle tensioni indotte dall'FWD nel caso di un
sistema multistrato e mostrata in figura 3.27.

Fig.3.27 -Schema dello stato tensionale all'interno della pavimentazione sotto il carico
dell'FWD [32].

L' "AASHTO GUIDE" propone invece, per il calcolo dell'Edin del sottofondo sulla base delle
deflessioni indotte dall' FWD, la seguente relazione [32]:

(3.25)
dove:
dr = deflessione misurata con il geofono posta alla distanza r dal centro;
r = distanza del geofono di misura dal centro;
P = carico dinamico dell'apparecchio FWD utilizzato;
Sf = fattore di previsione del modulo dinamico.

Detta ae l'ampiezza in orizzontale del bulbo delle pressioni in corrispondenza del piano di
sottofondo (v. fig.3.27), i casi che si possono verificare sono due:

a) , in tal caso il fattore Sr dipende solo dal rapporto di Poisson del


terreno di sottofondo (U) ed assume i seguenti valori:
TABELLA III. 5

U 0.50 0.45 0.40 0.35 0.30


Sf 0.2686 0.2792 0.2892 0.2874 0.2969

b) , il fattore Sf dipende anche dal rapporto r /ae e si può valutare


utilizzando i diagrammi di figura 3.28.

Fig. 3.28 -Fattore di previsione del modulo Sf del sottofondo in funzione del rapporto r / ae
[32].
Quest'ultimo caso é importante in quanto non é sempre possibile sistemare il geofono più
estremo ad una distanza maggiore di ae. In particolare il valore di ae é ottenuto attraverso
l'espressione [32]:

(3.26)
dove:
ac é il raggio della piastra di carico dell'apparecchio FWD;
Fb é un fattore di deflessione funzione del rapporto di Poisson del sottofondo e del rapporto
tra il parametro He, di seguito definito, ed il raggio della piastra (ac).

Il parametro He viene valutato attraverso la seguente relazione [32]:

(3.27)
dove:

hi è lo spessore dello strato i-esimo


Ei é i1 modulo dinamico dello strato i-esimo
Esott é i1 modulo dinamico del sottofondo
ui é i1 rapporto di Poisson dello strato i-esimo
usott é i1 rapporto di Poisson del sottofondo
La determinazione del fattore Fb viene fatta attraverso i diagrammi riportati in figura 3.29.

Fig. 3.29 -Fattore di deflessione Fb in funzione del rapporto He/ac .

Nel caso in cui la pavimentazione non é presente (He = 0 e quindi He/ac = 0), il fattore di
deflessione Fb assume i1 valore 1 (v. fig. 3.29) e quindi dalla 3.26 si ricava che ae é uguale al raggio
ac della piastra dell'apparecchio FWD. In tale caso il rapporto r/ae risulta certamente maggiore di 1,
pertanto il fattore di previsione del modulo Sf dipende solo dal rapporto di Poisson del terreno [32].

3.2.3 Edin ricavato con prove di propagazione di onde (RVM)

Questi metodi si basano sull'osservazione che un carico vibrante, applicato alla superficie di
un materiale elastico, genera tre tipi di onde [16]:

- onde longitudinali o di compressione "P";


- onde trasversali 0 taglianti "S";
- onde superficiali distinte in:
- onde di Rayleigh "R";
- onde di love"L".

Per ogni tipo di onda la relativa velocità di propagazione e funzione delle caratteristiche
elastiche del materiale e della frequenza ovvero della lunghezza d'onda. Pertanto é possibile, una
volta note le espressioni che legano la velocità al modulo elastico ed al rapporto di Poisson, valutare
dette caratteristiche misurando sperimentalmente tali velocità.

Per gli usi stradali si preferisce operare con le onde R in quanta hanno la peculiarità di
interessare strati diversi di una pavimentazione in relazione alla loro frequenza.
Più precisamente esse si propagano in uno spessore di pavimentazioni pari alla lunghezza
d'onda, per cui il materiale che con le sue caratteristiche elastiche determina la velocità di
propagazione é quello posto a profondità pari alla semilunghezza d'onda; pertanto incrementando la
frequenza (diminuzione della lunghezza d'onda) si vanno ad interessare gli strati più superficiali,
mentre diminuendola si interessano quelli inferiori [16].

Ispirandosi a tale metodologia sono state ideate delle macchine, quali la RVM (Road
Vibration Machine) di seguito descritta, capaci di generare nella pavimentazione delle onde vibranti
di assegnata frequenza. Con gli strumenti di rilevamento é possibile determinare la velocità delle
onde e quindi calcolare il valore del modulo dinamico di uno strato posto ad una data profondità.

La RVM consiste in un vibratore meccanico in grado di generare forze verticali sinusoidali e


in un sistema di rilevamento composto da accelerometri piezo-elettrici che consentono la misura
della velocità delle onde d'urto nel terreno. Attraverso considerazioni teoriche il modulo del
sottofondo é ricavato con la seguente relazione [6]:

(3.28)
dove:

Vr é la velocità delle onde Rayleigh;


γ é il peso dell'unità di volume del mezzo;
g é l'accelerazione di gravità;
a è il rapporto Vr/Ns cioè tra la velocità delle onde "R" e la velocità delle onde "S";
rapporto che dipende linearmente da µ (per µ = 0, α = 0.875, mentre per µ = 0.5, α = 0.955);

In tabella III.6 si riportano alcuni valori tipici della velocità di propagazione delle onde.

TABELLA III.6 -Valori tipici della velocità di propagazione della onde [2].

Le tensioni indotte dall'RVM sono molto più piccole di quelle indotte dal traffico pesante.
Essendo poi il comportamento dei materiali impiegati nelle pavimentazioni stradali di tipo non
lineare, ne consegue che i moduli determinati mediante la velocità di propagazione delle onde sono
più alti di quelli corrispondenti a carichi di traffico pesante. Per sottofondi a grana fine e stato
trovato che i moduli calcolati con l'RVM sono tre volte più grandi di quelli trovati con l'FWD il cui
livello di sollecitazione corrisponde a quello indotto dai veicoli pesanti [19].
Altre differenze sostanziali sono:
-frequenza di applicazione del carico,
-modello di calcolo assunto per la valutazione dei moduli.
3.2.4. Rapporti di Poisson resiliente e dinamico

Il rapporto di Poisson resiliente é definito dal rapporto tra la deformazione radiale di


recupero εrr e la deformazione assiale di recupero εra e cioè:

(3.29)

Hicks e Finn hanno determinato il rapporto di Poisson resiliente su campioni provenienti dal
terreno utilizzato come sottofondo del San Diego Road Test. I valori medi ottenuti sono di 0.35 per
i terreni trattati, e 0.4 per quelli non trattati [8].
In figura 3.30 é riportato il campo di valore del rapporto di Poisson resiliente ricavato da
Hicks e Monismith in funzione del rapporto tra il deviatore di tensione e la tensione di
confinamento; le prove sono state effettuate su due tipi di materiale (ghiaia e rocce fratturate) e per
diverse condizioni di umidità e densità [8].

Fig.3.30 -Effetto del rapporto tra il deviatore di tensione q e la pressione di confinamento σ3


sul rapporto di Poisson µ per ghiaie e rocce fratturate (Hicks e Monismith) ['8].

Per quanto concerne il rapporto di Poisson µdin, esso può essere ricavato con prove in sito
basate sulla misura della velocità di propagazione delle onde trasversali "S" e longitudinali "P".
Infatti si può porre [6]:

(3.30)
dove: B = 2 (Vs/Np);

Vs é la velocità delle onde "S" ottenute con piastra vibrante;


Vp é la velocità delle onde "p" ottenute con prove di rifrazione sismica.
3.3. Criteri per tener conto della disomogeneità del sottofondo e della variabilità delle
prove.

La portanza dei sottofondi può presentarsi variabile sia lungo l'asse stradale che
ortogonalmente a questo. Il variare della capacità portante del sottofondo dipende sia da
cambiamenti geologici, intesi come tipologia e spessori delle stratificazioni del terreno, che
climatici e dalle variazioni dello stato di addensamento e di umidità che i terreni stessi presentano.

Variazioni geologiche in grande scala possono essere prese in considerazione in fase di


progetto dividendo l'asse stradale in aree omogenee che presentano caratteristiche simili. Rimane
comunque da affrontare il problema della scelta, in una data area, di un valore del parametro di
portanza da utilizzare per il dimensionamento della sovrastruttura.
Infatti la capacità portante del sottofondo all'interno di un'area geologicamente omogenea si
può presentare comunque variabile da punta a punta per gli altri fattori che la influenzano, di cui si
é fatto cenno innanzi.
Si illustrano qui due criteri proposti per la scelta del valore del parametro di portanza da
utilizzare in fase di progetto che tengono conto della sua variabilità.

-Metodo proposto da YODER [6]

Il progetto della sovrastruttura stradale può portare ad un sottodimensionamento o


sovradimensionamento a seconda che si basi sui minimi o sui massimi valori della portanza
misurata.
La distribuzione dei valori della portanza può essere rappresentata attraverso un istogramma
di frequenza o attraverso la relativa curva di probabilità.

Percentile della distribuzione dei valori della portanza

Fig. 3.31 - Curve di minimo costo in funzione del coefficiente di variazione (CV), e del
rapporto di costo (CR) e del percentile della distribuzione dei valori della portanza per diverse
condizioni di traffico [6].

Un'analisi di minimo costo ha mostrato che il valore della portanza di progetto ottimale é
legato, attraverso il corrispondente valore del percentile, al traffico (EAL -assi equivalenti da 18000
lb), al rapporto fra costo unitario di manutenzione e costo unitario iniziale (CR) ed al coefficiente di
variazione CV (é un indice sintetico di variabilità relativa s/x della distribuzione dei valori della
portanza). E' perciò possibile tracciare per ogni condizione di traffico e per ogni valore del
coefficiente di variazione una curva che lega i percentili della distribuzione del valore della
portanza al CR (fig. 3.31).

Il CR rappresenta ovviamente una scelta gestionale, valori indicativi vengono comunque


riportati nella TABELLA III.7.

TABELLA III.7

(a) Per esempio vicino ad aree urbane e dove e facile fornire percorsi alternativi.
(b) Situazioni dove prevedere percorsi alternativi può risultare difficile.
(c) Strade ubicate a grande distanza dai centri di manutenzione.

- Metodo tratto da "MANUAL FOR DESIGN AND CONSTRUCTION OF ASPHALT


PAVEMENT" (GIAPPONE) [37].

Questo criterio é applicabile solo per misure di portanza effettuate attraverso l'indice CBR.
Si esegue il prelievo di campioni di terreno da sottoporre alla prova CBR, dalle zone in
trincea e dai depositi di materiale di riporto. Il prelievo deve avvenire ad una profondità minima di
50 cm al di sotto del livello del sottofondo o del piano di campagna del deposito di materiale di
riporto.
Diversi prelievi sono necessari ogni qualvolta siano presenti stratificazioni di differenti tipi
di materiale o dello stesso materiale in condizioni di addensamento od umidità diverse fino alla
profondità di 1 m. I campioni prelevati vanno immediatamente chiusi in contenitori per lasciare
immutato il loro contenuto d'acqua. La prova per la determinazione dell'indice CBR viene eseguita
su provini costituiti dal terreno prelevato passante al 40 mm, compattato in tre strati sotto 67 colpi e
saturo in acqua per 4 giorni.

Il valore del CBR da considerare come rappresentativo della capacità portante nei singoli
punti di misura, dove sono presenti più stratificazioni viene calcolato con la formula:
(3.31)

CBRi = valore del CBR della strato i-esimo


hi = spessore della strato i-esimo, con Σhi = 100.

Il CBR di progetto, da introdurre nei calcoli per il dimensionamento della sovrastruttura, per
le aree geologicamente omogenee scaturisce dai valori del CBRm nei singoli punti attraverso la
relazione:

CBR di progetto = (ΣCBRmi/P) - (Max CBRm – Min CBRm) / C (3.32)

dove:

C é un coefficiente funzione del numero di misure del CBRm di cui si é in possesso (P);

P = numero di determinazioni del CBRm effettuate;

Max CBRm é il massimo valore del CBRm misurato che soddisfi la relazione:

(Max CBRm – CBRmax-1) / (Max CBRm - Min CBRm) < γ

Min CBRm é il minimo valore del CBRm che soddisfi la relazione:

(CBRmin+1 - Min CBRm) / (Max CBRm -Min CBRm) < γ

CBRmax-1 è il valore del CBR riscontrato immediatamente inferiore al Max CBRm;

CBRmin+1 é il valore del CBRm riscontrato immediatamente superiore al Min CBRm;

γ é un parametro funzione del numero di determinazioni del CBRm effettuate.

3.4. Cedimenti permanenti per effetto del transito veicolare.

I cedimenti permanenti del terreno di sottofondo che si sviluppano per effetto del transito
veicolare costituiscono uno degli aspetti da tenere presenti nella progettazione delle sovrastrutture
flessibili, in quanto essi contribuiscono alla formazione delle ormaie e quindi alla progressiva
diminuzione d'efficienza. La loro stima costituisce un problema di non facile soluzione poiché
dipendono da un elevato numero di fattori quali ad esempio la natura del terreno, lo stato di
addensamento, la distribuzione granulometrica, il contenuto d'acqua, il sovraccarico indotto dai
veicoli e la sua frequenza nell'ambito della vita utile.
Nei modi di calcolo razionali delle pavimentazioni più diffusi si tiene conto dei cedimenti
permanenti, ai fini dell'ormaiamento, in due modi differenti.
II primo di essi consiste nel verificare che la deformazione verticale massima nel terreno,
ottenuta dall'applicazione della teoria del multistrato elastico dell'insieme pavimentazione-
sottofondo, sia inferiore ad un valore limite che dipende dal numero di passaggi dei veicoli. Lo
stesso tipo di verifica viene imposto a volte sulla tensione verticale massima anziché sulla
deformazione. Se la verifica ha esito favorevole vi sono buone probabilità che i cedimenti
permanenti del sottofondo saranno tali da non contribuire eccessivamente alla perdita di regolarità
superficiale della sovrastruttura. Le espressioni analitiche dei valori limite, ricavate empiricamente
da diversi autori, sono appresso indicate [17]:

Università di Nottingham εz = 21600*10-6*N-0.28 (3.33)

Shell (1977) εz = 28000 *10-6 *N-0.25 (3.34)

CRR εz = 11000 *10-6*N-0.23 (3.35)

Caroff e Peyronne εz = 21000 *10-6*N-0.24 (3.36)

Heukelom (3.37)
dove Edin é il modulo dinamico del terreno di sottofondo

Formula danese σz = 0.152 * E * N-0.307 (3.38)

Le espressioni dei valori limite, in termini di εz, appena indicate non posseggono un elevata
validità poiché non sono condizionate dalle caratteristiche del terreno ne dell'entità della
sollecitazione. Lo stesso può dirsi per quelle in termini di σz, infatti esse possono trasformarsi con
sufficiente approssimazione in εz dividendo per i moduli elastici e quindi divenire indipendenti dal
tipo di terreno.

Il secondo modo di tener conto dell'influenza del sottofondo sull'ormaiamento é quello di


stimare i cedimenti permanenti che si avranno in esso al termine della vita utile. II conseguimento
di tale risultato é subordinato alla conoscenza del modo di evolvere delle deformazioni plastiche in
un campione di terreno in funzione del numero di ripetizioni del carico e dello stato tensionale,
modo che naturalmente varia a seconda del tipo di terreno. La metodologia di indagine
generalmente adopera per ottenere ciò é quella delle prove triassiali con pressione di confinamento
costante e pressione verticale variabile in maniera sinusoidale o pulsante. In genere si fa riferimento
ad una frequenza di 10 Hz nel caso del carico sinusoidale e 20-30 ripetizioni per minuto con durata
di 0.1 secondi nel caso del carico pulsante, nell'intento di simulare quanto accade al passaggio dei
veicoli pesanti viaggianti a 40-50 Km/h.

Le prove appena descritte, applicate su campioni di terreno limo argilloso saturi forniscono
risultati che danno luogo agli andamenti riportati in figura 3.32 [9]. In questa figura si vede che fin
quando il rapporto R fra lo sforzo deviatorico massimo applicato e quello dello stesso tipo che
conduce a rottura, in una prova statica consolidata non drenata, é minore di 0.7 la deformazione
evolve sempre più debolmente. Oltre tale valore si osserva che le deformazioni dapprima crescono
con incrementi via via minori e poi aumentano molto rapidamente. Il numero dei cicli a cui
corrisponde questa inversione di comportamento dipende dall'entità dello sforzo deviatorico
applicato.

Fig. 3.32 -Sviluppo della deformazione permanente in un terreno limo-argilloso saturo


naturalmente consolidato.

L'espressione analitica generalmente adoperata per descrivere il primo tipo di andamento


sopra descritto, quello caratterizzato da incrementi di deformazione sempre decrescenti, é la
seguente:

(3.39)
oppure:
(3.40)
dove:
N = numero di cieli;
A e b = costanti.

Le esperienze condotte da più autori volte a determinare le costanti b ed A sembrano


mostrare che la prima dipende soltanto dal tipo di terreno e dalla sua storia tensionale, mentre la
seconda é funzione dello stato tensionale applicato, della sua storia tensionale e delle modalità di
sperimentazione. I loro valori possono essere facilmente definiti mediante la (3.40) se si dispone di
risultati di prove cic1iche in cella triassiale.

I risultati sperimentali ottenuti per bassi valori dello sforzo deviatorico, q, dell'ordine di
quelli presenti all'interno del sottofondo di pavimentazioni ben progettate, rilevano una minore
precisione rispetto a quelli ricavati per valori maggiori di q [62]. Per minimizzare questa
inconveniente si può far ricorso a relazioni che legano la deformazione permanente allo sforzo
deviatorico.
Queste consentono di conoscere le deformazioni permanenti relative a sforzi deviatorici di
scarsa intensità senza effettuare le corrispondenti prove sperimentali, ma sviluppando delle
espressioni nelle quali compaiono alcune costanti che devono essere stimate a partire dai risultati di
prove condotte per sforzi deviatorici di intensità medio - alta. Una relazione analitica
sufficientemente valida in tal senso che ha fornito un'ottima approssimazione per 10.000 ripetizioni
è la seguente:

(3.41)

dove:
q = deviatore di tensione ;
εap = deformazione permanente verticale ad uno specifico numero di cicli;
l, m = coefficienti sperimentali, stimabili mediante il metodo dei minimi quadrati.

La relazione (3.41) diviene molto utile anche quando si vuol tener conto del variare
dell'intensità delle sovratensioni che avviene nel corso della vita della pavimentazione sia per
effetto della varietà dei carichi veicolari sia per il mutare del rapporto fra la rigidezza della
pavimentazione e quella del sottofondo. Grazie ad essa infatti é possibile stimare le diverse
corrispondenti deformazioni a partire da un numero non elevato di test, le quali, come si vedrà più
avanti, vengono utilizzati in procedimenti capaci di stimare la deformazione complessiva.

I coefficienti A e b dell'espressione (3.39) oltre che da prove triassiali cicliche possono


ricavarsi anche da prove di creep. Questa affermazione é resa possibile dagli studi svolti da Hyde e
Brown [63] e da altri prima di loro. Dalle loro esperienze é emerso che la derivata rispetto al tempo
della deformazione permanente, riportata in un diagramma bilogaritmico in funzione del tempo, é
per entrambe i tipi di prove ben approssimabile con un andamento rettilineo (3.42), (3.43). La
pendenza di questo, sempre negativa ed in modulo minore dell'unità, non muta passando da una
prova all'altra e dipende soltanto dal tipo di terreno e dalla sua storia tensionale.

Prova triassiale ciclica:


(3.42)

(3.43)
dove:

= derivata rispetto al tempo della deformazione permanente che si ha in una prova triassiale.
= derivata rispetto al tempo della deformazione permanente che si ha in una prova di creep.
t = tempo in secondi
αc, αt, β = costanti .

Ciò che differenzia le rette interpolanti rappresentate dalle equazioni (3.42) e (3.43) e la loro
intersezione con l'asse delle ordinate che é funzione dello sforzo deviatorico applicato, della storia
tensionale e del tipo di prova. Dai risultati di prove di creep é possibile risalire, oltre che al valore di
β, anche al valore del parametro αt che compare nella (3.42) [63] e quindi per integrazione della
(3.42) si ottengono le costanti A e b cercate, previa trasformazione del tempo t in numero di cicli N.
L'espressione (3.39), come già anticipato, consente di descrivere soltanto uno dei due tipi
degli andamenti illustrati in figura 3.32: quello caratterizzato ovunque da una progressiva
diminuzione degli incrementi di deformazione plastica. A fronte di ciò sono state proposte le
re1azioni [19] appresso indicate che consentono di descrivere entrambi i tipi di comportamento; gli
andamenti che ne scaturiscono posseggono una soddisfacente approssimazione con i dati
sperimentali.

(3.44)

valida per εp < ε0

(3.45)

valida per εp > ε0

dove:

B1, B2, B3 = costanti


(q/q') = rapporto fra il deviatore di tensione ciclico e quello che conduce statisticamente a
rottura in una prova consolidata non drenata;

(3.46)

Dalle espressioni (3.44) e (3.45) si vede che le deformazioni permanenti subiscono


incrementi via via decrescenti fin quando non si raggiunge un livello definito critico oltre il quale
gli incrementi divengono costanti.
I parametri εo B1, B2 e B3 dovrebbero essere stimati a partire dai risultati di prove triassiali,
tuttavia per i primi due sono state proposte le seguenti relazioni:

(3.47)

dove E il modulo elastico in MPa

(3.48)

Passando ad esaminare il comportamento dei materiali granulari sottoposti a prove triassiali


cicliche drenate si nota che se essi posseggono un buon assortimento granulometrico, tale da
conferire loro un buon grado di addensamento, danno luogo, se lo sforzo deviatorico non é
eccessivo rispetto alla pressione di confinamento, ad uno sviluppo di deformazione permanente che
si esaurisce dopo circa 104 cicli [9] (vedi fig. 3.33). Se il materiale possiede invece un assortimento
granulometrico non ben graduato, o peggio ancora e mono granulare, allora le deformazioni
continueranno ad accumularsi comunque anche dopo moltissimi cicli.
Fig. 3.33 Sviluppo della deformazione permanente in materia granulare in condizioni
drenate e non.

La deformazione permanente di equilibrio per il primo tipo di materiale descritto può


calcolarsi con la relazione:
(3.49)
dove:
εp = deformazione permanente d'equilibrio;
q = deviatore di tensione ciclico;
σ3 = pressione di confinamento.

Questa segue abbastanza bene l'andamento delineato dai punti sperimentali per pressione di
confinamento sia costante che ciclica (fig. 3.34).

DEVIATORE DI TENSIONE CICLICO


PRESSIONE DI CONFINAMENTO
Fig. 3.34 Deformazione permanente in un materiale granulare in funzione dello stato
tensionale applicato.
Nella figura 3.33 si vede che la deformazione permanente ottenuta in una prova ciclica non
drenata e non consolidata é di gran lunga maggiore di quella che si ha per una prova drenata.
L'influenza dei vari fattori relativi al terreno, indicati all'inizio del paragrafo, é stata studiata da
Barksdale [59]. Egli ha notato che la deformazione subisce mediamente i seguenti aumenti:

- del 68 % quando il test, in condizioni drenate, é svolto su campioni saturati;


- del 185 % quando il campione é compattato al 95% invece che al 100% della massima densità
ottenibile con la compattazione.
Lo stesso autore ha evidenziato che nei materiali granulari la quantità di fino deve essere al
più quella necessaria per provvedere alla massima densità.
Le sabbie medie uniformi simili a quelle presenti nel nord del Michigan se sottoposte a
prove triassiali cicliche propongono uno sviluppo di deformazioni permanenti [64] che é ben
approssimabile con la relazione:

(3.50)

dove:
n = (0.809399 + 0.546505 * σ3) *10-4;
m = 0.856355 + 0.049650 * ln(145 * σ3);
σ3 = pressione di confinamento in MPa;
q = sforzo deviatorico cic1ico;
q' = sforzo deviatorico che porta a rottura in prova statica;
ε1 = deformazione plastica che si ha in una prova triassiale statica per deviatore di tensione pari al 95% di q'.

L'espressione sopra indicata, secondo gli autori, é valida per qualsiasi valore del grado di
addensamento, contenuto d'acqua e pressione di confinamento in quanto si tiene indirettamente
conto di essi attraverso q' ed ε1.
Lo stato tensionale indotto dai carichi veicolari su un generico elemento di terreno del
sottofondo, come già detto, non é costante nel tempo ma varia sia per effetto della diversità dei
veicoli sia per il mutare del rapporto tra la rigidezza della pavimentazione e quella del sottofondo.
E' possibile tener conto di ciò nel ca1colo della deformazione permanente finale utilizzando uno dei
due procedimenti (non sono i soli) [62] appresso descritti. Il primo procedimento, detto di "time
hardening" -figura 3.35 - nel caso di due soli sforzi deviatorici: ql applicato N1 volte e q2 applicato
N2 volte ca1cola la deformazione permanente finale mediante la somma di due termini:

1 - La deformazione permanente ε1p corrispondente a N1 cicli valutata con la relazione εp = εp(N)


relativa a ql.
2 - La differenza di due deformazioni permanenti entrambe valutate con la re1azione εp = εp(N)
relativa a q2 : la prima corrispondente a N2 + N2' cicli, la seconda a N2' cicli; dove N2' é que1
numero di cicli che da la deformazione uguale a ε1p quando il deviatore di tensione e q2.

Il procedimento per più di due sforzi deviatorici si ottiene sommando più termini ottenuti
analogamente ai precedenti.
Fig. 3.35 -Procedimento "time Hardening"

Il secondo procedimento, detto di "strain hardening" (fig. 3.36), nel caso di due soli sforzi
deviatorici, alla stregua del primo calcola la deformazione permanente complessiva sommando due
termini:

1 - La deformazione permanente ε1p corrispondente ad N1 cicli valutata con la relazione εp =


εp(N) relativa a q1 .
2 -La differenza di due deformazioni permanenti entrambe valutate con la re1azione εp = εp(N)
re1ativa a q2: la prima corrispondente a N1 + N2 cicli, 1a seconda a N1 cicli.

L'estensione a più di due sforzi deviatorici é immediata.

Le esperienze svolte sull'argomento di Monismith e altri [62] mostrano che, per lo meno ne1
caso dei limi argillosi, entrambi i procedimenti concordano con quanto accade realmente, tuttavia si
osserva una migliore approssimazione del primo quando i deviatori di tensione vanno man mano
aumentando in intensità e che lo stesso accade per il secondo quando gli sforzi deviatorici
diminuiscono di intensità.

Fig. 3.36 – Procedimento “Strain Hardening”

Fin qui si sono illustrate alcune delle formulazioni disponibili sul legame tra le deformazioni
permanenti, stato tensionale e numero di ripetizioni del carico. Esse sono indispensabili per la stima
dei cedimenti del piano di posa delle pavimentazioni, risultato che viene raggiunto attraverso le fasi
appresso descritte:

• suddivisione del terreno di sottofondo in un numero conveniente di strati;

• calcolo dello stato tensionale che si ha al passaggio di un carico veicolare a meta di ciascuno
strato su1la verticale passante per il centro dell'area d'impronta. Ciò va fatto per i carichi
veicolari ed i rapporti di rigidezza fra pavimentazione e sottofondo che si ritiene opportuno
considerare;

• stima del numero di passaggi che da luogo ad ogni stato tensionale prima detto;

• stima della deformazione permanente relativa ad ogni stato tensionale mediante la relazione
analitica prescelta;

• stima della deformazione permanente finale relativa al complesso degli stati tensionali avuti
in ogni strato;

• ca1colo del cedimento permanente attraverso la relazione:

(3.51)
dove:

εpi = deformazione permanente al centro della strato i-mo in cui si e suddiviso il sottofondo;
Di = spessore della strato i-mo.

Fra le critiche che possono muoversi al procedimento appena visto vi é quella di considerare
che durante il transito del carico veicolare lo stato tensionale sul generico volume di terreno é
sempre cilindrico con asse verticale, mentre ciò non accade (fig. 3.37). Questa assunzione induce ad
una sovrastima della deformazione permanente [58].

Fig. 3.37 -Tensione indotte in sito dal passaggio di una ruota


4. CORRELAZIONI FRA I VARI PARAMETRI DI PORTANZA.

Si é visto precedentemente che, per caratterizzare la portanza di un terreno di sottofondo,


vengono definiti vari parametri; a loro volta i metodi di calcolo delle sovrastrutture richiedono la
conoscenza di uno di questi. La conoscenza di correlazioni tra i vari parametri utilizzati per
caratterizzare la portanza risulta particolarmente utile in quanta non in tutti i casi si ha a
disposizione il valore dell'indice di portanza relativo al metodo che si intende utilizzare ed inoltre é
consigliabile operare la verifica del dimensionamento con metodi diversi.

E' opportuno comunque premettere che: non sempre le ricerche compiute ci hanno fornito i
legami tra i parametri correntemente utilizzati; le relazioni note vanno comunque utilizzate
preferibilmente nel loro campo di validità che é quello della sperimentazione dalla quale sono state
induttivamente ricavate (tipi e condizioni dei materiali analizzati , metodi di misura ecc.).

4.1. Correlazione tra Edin e CBR

Un' indagine condotta da R. Jones [11, 39], con valutazione del modulo elastico dinamico
attraverso misure sulla velocità di propagazione delle onde di Rayleigh, mostrò l'esistenza di un
legame di tipo lineare tra Edin e CBR per i terreni coesivi, mentre per i terreni ghiaio - sabbiosi il
legame si rivelò essere di tipo diverso (vedi figura 4.1). Bisogna comunque dire che altri autori
hanno posto in dubbio la validità delle misure dell'Edin così effettuate su terreni incoerenti.

Heukelom e Foster nel 1960 superando tale distinzione affermano l'esistenza di un legame di
proporzionalità tra il modulo elastico dinamico ed il CBR [45,48]. Tale asserzione scaturì
dall'esame di esperienze compiute da vari autori (tra i quali anche R. Jones già citato). In tali
indagini sperimentali per la quantificazione dell'Edin venivano utilizzate misure della velocità di
propagazione delle onde generate da piastre vibranti (con varie frequenze) oppure misure di
rigidezza (deformazione) (vedi figura 4.2). La correlazione proposta risultò essere:

(4.1)

II coefficiente di proporzionalità A assume valori medi pari a 9.81 con scostamenti minimi
pari a - 4.905 e massimi pari a + 9.81.
Fig. 4.1 -Relazione tra il CBR e il modulo dinamico determinato mediante misure di velocità
di propagazione (onde Rayleigh) [11].

Un nomogramma presentato da Ferrari e Giannini in base a studi di Van Till (Evaluation of


AASRTO IG for Design Pavements Structures. NCR PR 128, HRB -1972) fornisce un altro legame
tra il CBR e l'Edin (fig 4.3). Esso é basato su di un'analisi teorica.

Fig. 4.2 – relazione tra il modulo elastico dinamico ed il CBR di vari terreni [48]
Fig. 4.3 -Relazione tra il fattore di supporto S ed altre caratteristiche di portanza [14].

4.2. Correlazione tra Est e CBR

Il Rafiroiu in base ad un'analisi statistica condotta su dati sperimentali tratti da vari testi ha
proposto le seguenti relazioni approssimate [55]:

(4.2a)

(4.2b)

Tali relazioni sono state ricavate prendendo in considerazione i valori medi delle
distribuzioni di dati sperimentali. L'esistenza di tali correlazioni é stata confermata, nell'ambito del
medesimo studio, dai risultati di un'indagine sperimentale condotta dallo stesso autore, e nella quale
le misure del modulo elastico statico sono state eseguite al secondo ciclo di carico con piastre di 30
cm di diametro.

Un'altra correlazione, indipendente dal tipo di terreno, tra l'Est ed il CBR viene proposta dal
Jeuffroy [2]:

(4.3)

Lo stesso autore consiglia comunque di utilizzare la (4.3) con molta cautela poiché essa non
ha un profondo fondamento scientifico-sperimentale.
Operando su basi teoriche é possibile istituire un legame tra Est ed il CBR sulla base della
formula di Boussinesq per piastre circolari rigide [66]:

(formula di Boussinesq)

dove:
d = abbassamento del punzone;
p = pressione corrispondente:
R = raggio del punzone;
µ. = coefficiente di Poisson.

Se si considera l'abbassamento di 0.0025 m (2.5 mm) poiché p*100/6.87=CBR ed R =


0.025m (2.5 cm) si può scrivere utilizzando la formula di Boussinesq:

Utilizzando tale relazioni si ottengono i valori riportati in tabella IV.1.

TABELLA IV. 1
µ 0.30 0.40 0.50
Est [MPa] 1 * CBR 0.92 * CBR 0.82 * CBR

Tale relazione fornisce un modulo elastico in condizioni statiche minore di quello che si
ottiene utilizzando le (4.2) e la (4.3).
Un idea dell'andamento dei valori dei moduli elastici statici al variare del CBR, fornito dalle
(4.1), (4.2) e (4.3) viene mostrato nella figura 4.4.

Fig. 4.4 -Correlazioni tra il modulo Est e l'indice CBR.


4.3. Correlazione tra Modulo Resiliente Mr e CBR

L' "AASHTO Guide" suggerisce di usare una relazione che risulta essere molto simile alla
(4.1) e cioè [32]:

(4.4)

Questa relazione si è dimostrata attendibile per terreni a granulometria fina aventi un CBR
saturo uguale o minore di 10 [2].

Bisogna comunque osservare che delle sperimentazioni condotte da alcuni studiosi hanno
mostrato la non sempre rispondenza della (4.4) alla realtà [53].

4.4. Correlazione tra il Modulo di reazione K e CBR.

M. Sargious ha proposto una curva di correlazione tra il CBR e il K che viene


riportata in figura 4.5.

Fig. 4.5 - Relazione tra il CBR ed il modulo K di reazione del sottofondo.

Tale curva può considerarsi costituita da una bilatera il cui primo lato, per valori del CBR
compresi tra 2 e 30, ha la seguente espressione analitica:

(4.5a)

mentre il secondo, per valori del CBR compresi tra 30 e 100, con l'espressione:

(4.5b)

II nomogramma di figura 4.11 lega l'indice CBR al modulo di reazione K, tale legame di
tipo approssimato fornisce valori diversi da quelli ricavabili con le (4.5).
4.5. Correlazione tra Md e CBR di progetto.

La relazione generalmente utilizzata é [14]:

(4.6)

dove Md é espresso in daN/cm2 .

4.6, Correlazione tra Est e Edin

Si e già osservato che i terreni di sottofondo hanno un comportamento elastoviscoso, per cui
i cedimenti che subiscono sotto l'azione dei carichi mobili sono inferiori a quelli che si avrebbero se
gli stessi carichi agissero staticamente; pertanto nel progetto delle sovrastrutture si utilizza in genere
il modulo che si ricava in condizioni dinamiche. Nel prosieguo di questa paragrafo si riporteranno
alcune correlazioni tra il modulo elastico statico “Est" e quello dinamico “Edin.

II Rafiroiu [55] sulla base di un'analisi statistica condotta su numerosi dati raccolti é giunto
alle seguenti conclusioni:

• i materiali incoerenti presentano un valore del rapporto Edin/Est variabile tra 1 e 1.14;
• i materiali coesivi, cioè quelli contenenti una forte percentuale di elementi inferiori a
0.063 mm, presentano un valore del rapporto Edin/Est maggiore rispetto a quello dei
materiali incoerenti e variabile in funzione della parte fina.

Si deve precisare che i moduli elastici dinamici sono stati valutati, nell'ambito della
sperimentazione sopra citata, attraverso misure di velocità di propagazione delle onde prodotte da
piastre vibranti alla frequenza di 10Hz, mentre quelli statici sono stati valutati eseguendo prove di
carico con piastra di 30 cm di diametro e misurando il cedimento al secondo ciclo di carico.

Le relazioni proposte sono:

per i materiali incoerenti (4.7a)


per i materiali coesivi (4.7b)
dove:
a = passante allo 0.063 mm espresso in percentuale.

Un'altra relazione utilizzata è [14]:

(4.8)

la quale fornisce valori discosti da quelli ricavabili con le (4.7).


4.7. Correlazione tra Est e modulo di reazione K

Il modulo di reazione K, definito come rapporto tra pressione e cedimento, é determinato


con la prova di carico su piastra con diametro di 76 cm.
Nell'ipotesi che il terreno sia un mezzo perfettamente elastico, omogeneo ed isotropo, dalla
teoria di Bussinesq, per le condizioni di carico sopra definite, la freccia al centro della piastra é data
dalla seguente espressione:

dove:
d = cedimento al centro della piastra;
a = raggio della piastra;
µ = rapporto di Poisson;
p = carico uniformemente distribuito.

Essendo p/d = K si ha:


(4.9)

Per diversi valori di µ e per a = 0.38 m si ottengono le seguenti re1azioni, dove Est é
espresso in MPa e K in MPa/m:

TABELLA IV.3

µ 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50


Est 0.5431*K 0.5238*K 0.5014*K 0.4760* K 0.4475*K

4.8. Correlazione tra Edin e Modulo di reazione K

L'unica correlazione disponibile tra Edin [MPa] e il modulo di reazione K [ MPa/m] è [14]:

(4.10)

Tale re1azione é alquanto diversa da quella che verrà data al paragrafo 4.10 per Md.

4. 9. Correlazione tra modulo resiliente Mr e modulo di reazione K

L'AASHTO propone 1a seguente relazione, ricavata teoricamente, tra il modulo resiliente


M, ed il modulo di reazione K:

(4.11)
Fig. 4.6 -Relazione tra il modulo resiliente ed il modulo di reazione del terreno proposta
dall'AASHTO.

4.10. Correlazione tra Edin e modulo di deformazione Md

La relazione comunemente adottata è [14]:

(4.12)
dove A varia tra 1.9 ed 2.1

4.11. Correlazione tra la deflessione elastica del sottofondo "d" misurata con la trave
Benkelmann ed Md del sottofondo.

E' stata proposta la seguente correlazione tra la deflessione elastica del sottofondo d (m)
misurata con la trave Benkelman ed il re1ativo modulo di deformazione Md [14]:

(4.13)

A tale corre1azione si giunge applicando la formula di Boussinesq-Love [13], che fornisce il


cedimento in un punto qualsiasi di un semispazio e1astico, omogeneo ed isotropo indotto da un
carico uniformemente distribuito su di un area circolare:

(4.14)
dove:
d = cedimento nel punta considerate;
p = carico uniformemente distribuito su di un'area circolare;
a = raggio dell'area di carico;
F = fattore di cedimento funzione della profondità z del punta e della sua distanza dal centro
dell'area di carico r, determinato attraverso il diagramma in figura 4.7 relativo ad un terreno
con un rapporto di Poisson di 0.5.
Fig. 4.7 -Abaco per la determinazione del fattore di cedimento [13].

Applicando tale formula allo schema di carico mostrato re1ativo ad una coppia di ruote
gemellate appartenenti ad un asse da 98100 N, usato per le prove deflettometriche con la trave
Benkelrnann, si ha (vedi figura 4.8):

Fig. 4.8 -Schema di carico

dove si é assunto:

p = pressione di gonfiaggio delle ruote pari a 0.7 MPa;


a = raggio dell'area di carico per ogni singola ruota pari a (0.0981/(4*p*π))1/2 = 0.106 m
F = 0.56 valutato considerando r = 16 e z = 0 dal diagramma di figura 4.7;
r = distanza radiale del punto in cui si vuole conoscere il cedimento dal centro di una delle
due aree di carico (mote gemellate).
Ora dalle correlazioni (4.2b) e (4.6):

ed

si ha che:
Md = Est (4.15)

per cui

Poiché il coefficiente della relazione (4.2) varia al variare del tipo di terreno si potrebbe
pensare di far variare anche il coefficiente della relazione (4.13).

E' comunque opportuno osservare che il deflettometro Benkelmann, viene raramente


utilizzato per valutare la portanza di un sottofondo per due ordini di motivi. Il primo motivo é
dovuto al fatto che sui sottofondi delle pavimentazioni arrivano delle tensioni molto basse,
dell'ordine delle centinaia di grammi a centimetro quadrato, e quindi una prova che usa dei carichi
di circa 0.7 MPa risulta poco significativa. Il secondo motivo é che risulta difficile effettuare la
prova su una superficie irregolare quale quella di un terreno, seppure costipato.

4.12. Correlazione tra la deflessione elastica del sottofondo "d" misurata con la trave
Benkelmann e Il CBR del sottofondo.

Una relazione fra il CBR e la deformazione elastica "d" misurata con il deflettometro
Benkelmann è [14]:

(4.16)

Questa relazione deriva dalla (4.13) precedentemente esaminata tenendo presente che CBR
= 0.20*Md da cui:

Md = 0.08310/d

CBR = 0.20*0.08400 / d ≈ 0.018 / d


4.13. Correlazione tra DCP (Dynamic Cone Penetrometer) e CBR.

Una correlazione tra il DCP (Dynamic Cone Penetrometer) ed il CBR é stata trovata
utilizzando i dati di una vasta sperimentazione condotta dal Roads Departement of Transvaal
Provincial Administration (1973). Tale legame, basato su prove DCP seguite dalla determinazione
del CBR nelle medesime condizioni di densità ed umidità, é mostrata in figura 4.9.

Fig. 4.9 – Relazione tra CBR e DCP per due differenti angoli del cono.

4.14. Correlazioni tra R-value ed altri parametri.

L'AASHTO presenta la seguente relazione tra R-value ed il modulo resiliente Mr


[56]:

Mr = A + B* (R-value) (4.17)

dove:
A é compreso tra 53.8 e 80,5 (772 e 1155 se Mr é espresso in psi);
B è compreso tra 25.7 e 38.7 (369 e 555 se Mr é espresso in psi);

La guida suggerisce inoltre di utilizzare i seguenti valori A = 69.7 e B = 38.7 (A=1000 e B =


555 se Mr è espresso in psi) per i terreni a grana fine con valori di R-value ≤ 20.
Nel nomogramma di figura 4.10 viene illustrata la correlazione tra il modulo di reazione K e
R-value ricavata da C.E. Warnes nel 1971. Le correlazioni tra quest'ultimo ed altri parametri di
portanza che si possono trarre dal nomogramma sono di tipo indiretto.

Fig. 4.10 -Relazione fra varie classifiche delle terre ed alcuni parametri di portanza.

4.15. Correlazioni tra varie caratteristiche del terreno ed il CDR.

In Australia sono usate tre corre1azioni tra il CBR, ad una densità secca pari al 95% di
quella ottima AASHO Mod. in condizioni di saturazione, ed alcuni parametri caratteristici del
terreno [47]:
- Relazione I tra CBR, granulometria ed indice di plasticità

log CBR = 1.886-0. 143*D -0.0045*A + 0.00515*B-0.0000456*B2-0.0037 *:E (4.18)

dove:
A = percentuale di passante al setaccio 0.4 UNI (No 35 BS);
B = percentuale di passante al setaccio 0.075 UNI (No 200 BS);
D = indice di plasticità;
E = percentuale di passante al setaccio 2 UNI (No 7 BS).

- Re1azione II tra il CBR, granulometria e limite liquido

CBR = 4.5+ (20-IG) 2 /1 8 (4.19)


dove:

IG = indice di gruppo = 0.2*a+.005*a*c+.01*b*d


a é la percentuale di passante al setaccio 0.075 UNI 2332 (n° 200 B.S.) diminuita di 35. Se
tale percentuale e superiore a 75 o minore di 35 si pone a uguale rispettivamente a 40 e a 0.
b è la percentuale di passante a1 setaccio 0.075 UNI 2332 diminuita di 15. Se tale
percentuale e superiore a 55 0 inferiore a 15 si pone b uguale rispettivamente 40 e a 0.
c é il valore de1limite liquido LL diminuito di 40. Se risulta LL>60 0 LL<40 si pone c = 20
e c = 0 rispettivamente.
d é il valore dell'indice di plasticità IP diminuito di 10. Se risulta IP>30 0 IP<10, si pone d =
20 e d = 0 rispettivamente.

L'uso di tale corre1azione é facilitato dall'impiego del diagramma di figura 4.11.


Fig. 4.11 -Re1azione tra il CBR e l'indice di gruppo.

-Re1azione III tra CBR, granulometria e limite di ritiro

log CBR = 1.668-0.00506*A+0.00186*B-0.0168*C-0.000385*B*C (4.20)

dove:
A = percentuale di passante al setaccio 0.4 UNI (N°35 BS);
B = percentuale di passante al setaccio 0.075 UNI (N°200 BS);
C = il limite di ritiro Wr espresso in percentuale.

Il Rafiroiu sulla base dei dati di un'indagine sperimentale ha proposto la seguente relazione
tra la densità apparente allo stato umido di un terreno e il CBR [55]:

(4.21)

dove:
gw = densità apparente allo stato umido.

Il Peltier [42] nel 1955 forni delle relazioni per il calcolo del CBR valutato su provini aventi
una densità pari a quella ottima Proctor modificata e saturati per 4 gg in acqua, noti i limiti di
Atterberg, attraverso la relazione [42]:

(4.22)
dove:

LL = limite liquido;
IP = indice di plasticità

Tale relazione, ricavata da un'analisi statistica condotta sui risultati di migliaia di prove
CBR, risulta valida solo per i terreni definiti fini (passante al setaccio 0.42 UNI maggiore del 75%)
e per valori del CBR < 20; essa inoltre perde di significato per i terreni non plastici, dove IP = 0.
Bisogna infine citare il nomogramma proposto dall'ICAO [29, 23] che lega la classifica delle
terre della FAA e del CNR (HRB o AASHTO) e della ASTM con il CBR (figura 4.10).

5. PARAMETRI DI PORTANZA DEL SOTTOFONDO UTILIZZATI NEI METODI DI


CALCOLO DI MAGGIORE IMPIEGO.

I parametri richiesti dai metodi di proporzionamento di una sovrastruttura stradale, sia essa
rigida o flessibile, variano a seconda del tipo di schematizzazione del suolo e del metodo di calcolo
utilizzato; infatti vediamo che nei metodi empirici il parametro richiesto é in genere un parametro
convenzionale, mentre nei metodi razionali si utilizzano parametri caratteristici del sottofondo che
possono entrare nell'algoritmo di calcolo adottato.
L'analisi dei metodi di dimensionamento empirici delle pavimentazioni flessibili mostra che
la tendenza generale alla caratterizzazione della portanza dei sottofondi é quella di utilizzare l'indice
CBR. Certamente questa scelta é stata motivata dalla facilità di esecuzione della prova e dalla
pluriennale esperienza che permette di disporre sia di una vasta casistica di risultati che abbraccia
quasi tutti i tipi di terreno, sia di correlazioni tra il CBR e numerosi altri parametri di portanza.

Il discorso assume connotati leggermente diversi quando l'analisi si sposta sulle


pavimentazioni rigide; qui il parametro fondamentale caratterizzante il sottofondo diventa la
costante di reazione del terreno K.
La precisione con cui il valore di K viene ricavato non sembra essere un fattore di basilare
importanza nel dimensionamento delle pavimentazioni rigide come viene ribadito nel metodo
P.C.A. che fornisce anche correlazioni tra il modulo il CBR. e l'R-value.

In linea generale si può dire che tutti i metodi analizzati prendono sempre in considerazione
determinazioni delle caratteristiche di portanza del sottofondo di facile esecuzione ed a basso costo
nella convinzione che determinazioni più accurate non introducono evidentemente sensibili
miglioramenti alla veridicità del dimensionamento di una pavimentazione stradale date le
approssimazioni insite nei metodi.
In tempi recenti però si va sempre più riconoscendo che il parametro più appropriato, perché
in grado di meglio interpretare il comportamento dei sottofondi, é il modulo resiliente Mr.

Ne é una prova la nuova guida AASHTO per il calcolo delle pavimentazioni flessibili e
rigide, che ha scelto come parametro fondamentale per esprimere la portanza dei sottofondi appunto
il modulo resiliente Mr. Va notato che si tratta di un modulo ben conosciuto in campo
internazionale e che presenta il vantaggio di poter essere determinato oltre che in laboratorio anche
in sito con prove di carico con piastra.
In via transitoria, non essendo ancora largamente diffuso in Italia il test per la valutazione
del modulo Mr, si può adoperare la correlazione tra Mr e CBR fornita dall' "AASHTO".
Se si vogliono infine utilizzare i metodi di calcolo razionali bisogna tener conto della
schematizzazione teorica posta a base dell'algoritmo di calcolo utilizzato, e quindi fornire i
parametri necessari per scrivere le equazioni di equilibrio o di congruenza derivate dal modello di
funzionamento della pavimentazione.
Alcuni tra i cataloghi e manuali in uso all'estero, nei paesi con un clima invernale rigido
tengono presente il problema dell'azione del gelo nei sottofondi stradali. In effetti la detta azione si
traduce in una perdita di portanza, per cui quando ci si trova di fronte a questa possibilità la
sovrastruttura viene proporzionata in modo tale da proteggere il sottofondo dal pericolo del gelo.

5.1. Metodi presentati sotto forma di nomogrammi, abachi, formule di dimensionamento.


Si riportano in Tab V.I i parametri utilizzati in vari metodi di calcolo italiani e stranieri.

♦ Parametro utilizzato nel metodo di dimensionamento per esprimere la portanza del


sottofondo.
• il metodo fornisce anche una corre1azione con a1tri parametri di portanza.

a) Per il metodo giapponese 1ava1utazione dell'indice CBR viene fatta con una e1aborazione
statistica dei valori misurati.
f Pavimentazioni flessibi1i.
r Pavimentazioni rigide.
S Pavimentazioni semirigide.

Come può notarsi il parametro di portanza più adoperato per il ca1colo delle pavimentazioni
flessibili e l'indice CBR, mentre per le rigide é il modulo di reazione K.

5.2. Metodi presentati sotto forma di cataloghi.

Nella Tab. V.2 sono riportati i parametri caratterizzanti la portanza del sottofondo adottati
quali dati di input di vari cataloghi.
f Pavimentazione flessibile r pavimentazioni rigide s Pavimentazioni semirigide
Nei cataloghi francesi il parametro di portanza non da direttamente accesso alle strutture in
catalogo, ma il parametro scelto, assieme a considerazioni sullo stato del terreno in sito (livello
della falda, portanza a breve termine, granulometria), permette di determinare la classe del
sottofondo con la quale si entra nel catalogo.

Come si può notare dalla tabella V.2 il parametro più adoperato é l'indice CBR ed Ev2.

5. 3. Metodologie di dimensionamento da sviluppare con il calcolo automatico

I metodi di dimensionamento che utilizzano il calcolo automatico non sono altro che lo
sviluppo di metodi razionali, quindi i parametri di portanza sono, o il modulo di elasticità, o quello
di reazione K, a seconda che si tratti di pavimentazioni flessibili o rigide.

6. SUGGERIMENTO SUL PARAMETRO DI PORTANZA PIU'APPROPRIATO PER IL


CATALOGO ITALIANO

6.1. Scelta del parametro di portanza per il catalogo

Nella scelta del parametro che caratterizza la portanza del sottofondo occorre tener presente
che:
a) per la costruzione del Catalogo occorre quel parametro che é richiesto dal metodo di calcolo
che si intende adoperare;
b) per l'utilizzazione del Catalogo é opportuno che il parametro di ingresso sia di largo impiego
e di facile determinazione.

Qualora si dovessero utilizzare metodi di calcolo empirici, il parametro più idoneo potrebbe
essere il CBR che presenta senza dubbio le caratteristiche indicate nel punto b.
Esso é posto a base di diversi metodi, tra cui quello recente inglese.
Qualora, invece, com'é per il Catalogo in questione, si utilizzano i metodi di calcolo teorico,
la capacità portante deve essere rappresentata da parametri che nascono dall'intento di
schematizzare il sottofondo con III modello teorico. Per le pavimentazioni flessibili il parametro più
appropriato tra quelli esposti nei capitoli precedenti appare il modulo resiliente Mr.
Infatti questo rappresenta un modulo elastico dinamico, quindi adeguato alle reali condizioni
di sollecitazione che si verificano in esercizio. Per quanta riguarda l'aspetto di cui al punta b, va
detto che il modulo resiliente, é determinabile senza molte difficoltà in laboratorio, e praticamente
anche in sito.

Va, invero, osservato che il modulo resiliente non é ancora praticamente adoperato in Italia,
tuttavia va notato che il CNR ha allo studio la normalizzazione della relativa prova, peraltro già
inc1usa nella normativa straniera. Inoltre esso é correlato a diversi altri parametri di largo impiego.
Infine non va trascurato che esso e stato adottato anche nella più recente versione del metodo
AASHTO.
Nel caso delle pavimentazioni rigide il parametro più usato sembra essere il modulo di
reazione K, il quale per le esigenze di uniformità del Catalogo é posta in relazione al modulo
resiliente.

6.2. Correlazioni tra vari parametri utili per I'impiego del Catalogo

Le correlazioni che interessano l'utilizzatore del Catalogo sono quelle che legano il
parametro Mr, scelto quale dato di ingresso al Catalogo, e i parametri di più largo impiego in Italia,
e cioè l'indice CBR e il K:

valida per CBR saturi < 10

validità per CBR compresi tra 2 e 30

valida per CBR compresi tra 30 e 100

Per quanto riguarda il modulo di deformazione Md, molto adoperato in Italia, va considerato
che purtroppo manca una correlazione con il modulo resiliente e quindi dovrà farsi ricorso a
relazioni indirette quali quelle che legano Md al CBR:

dove Md é espresso in MPa.

Nell'uso di questo tipo di procedura caratterizzata da una doppia correlazione occorre molta
cautela in quanto i valori che ne risultano non sempre garantiscono una sufficiente affidabilità.
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