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La storia di Lou X e Costa Nostra | La


realtà, la lealtà e lo scontro
34-45 minutes

"Forse è uno sbaglio, forse è un abbaglio, ma questo è il mio


racconto e finché i soldi c'hanno in mano il mondo, finché dicono
che è un male antico, finché la gente non sa qual è il vero nemico"
(da "Il Vero Nemico", Lou X)

Questo articolo non è per me né per voi. Racconti, pensieri, stralci


di memorie qui presenti, non sono stati raccolti puntando all'utilità
"pubblica" della cosa, all'intrattenimento, all'idea di tributo fine a se
stesso. Ho subito sentito il bisogno di fermarmi molto prima, o
molto dopo, a seconda dei punti di vista. L'unico destinatario di
questa indagine su Luigi Martelli, Lou X, è Luigi Martelli stesso. Il
motivo lo capirete più avanti, per la precisione alla fine.

Ciò che ho fatto è stato raccogliere le testimonianze di coloro che


assieme a Luigi, hanno vissuto quegli anni e quella scena in prima
persona, da vicino, o meglio: dal basso. Chi prima chi dopo, tutte
le persone che ho coinvolto hanno fatto parte del collettivo Costa
Nostra, "una banda di cafoni… ma veramente", come ha definito
Andrea Martelli aka Cuba Cabbal, cugino di Luigi. Costa Nostra
era la dimensione in cui i componenti ancora prima che rapper e
devoti dell'hip hop erano amici, o meglio, fratelli. Luigi stesso ne ha
impersonato lo spirito, trasmettendolo nei suoi testi tra il 1994 e il

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1998, in quelli che sono stati gli anni d'oro della scena rap
pescarese. Ma con calma, ci arriviamo.

Appartengo a una generazione che ha vissuto tale scena


indirettamente, a posteriori, e che quindi si è imbevuta solo
dell'aspetto leggendario della figura di Lou X e della sua musica;
ciò ha reso indispensabile il coinvolgimento di più persone
competenti in materia, e possibilmente co-protagoniste. Per
l'esattezza sono state cinque: Carlo Martelli, discografico della
BMG e autore del meraviglioso articolo per Blow Up sull'album A
Volte Ritorno; Marco "Disastro" Fioritoni, storico dj autore delle
basi di Dal Basso e A Volte Ritorno; Andrea "Cuba Cabbal"
Martelli, cugino e mc tutt'ora attivo; Molecola, tecnico del suono a
cui si deve il mixaggio e registrazione di La realtà, la lealtà e lo
scontro e Francesco "Eko" Silvestri, altro storico amico di Luigi.

Le loro voci mi hanno aiutato a fare chiarezza su diversi aspetti


legati alla sua personalità e vita, alle scelte fatte durante gli anni di
attività, ma soprattutto a quelle che lo hanno portato al ritiro. "Luigi
è diventato Lou X proprio perché è scomparso" ha detto Cuba, e
considerati i tracolli, il rifiuto verso il passato e la difficile
condizione di salute in cui si trova adesso, sperare in un suo
"ritorno" è più egoismo che ingenuità. Quando gli ho chiesto se
suo cugino avrebbe mai avuto interesse nel leggere un articolo su
di lui, ha risposto: "Guarda, penso che Luigi non si preoccupi più di
queste cose. Se esce o non esce per lui è uguale, non è che gli
importi molto più di ste storie. Ma in generale di niente".

Sono sicura che di tutto questo rimarrà la soddisfazione materiale,


e per alcuni emotiva, di essersi in qualche modo avvicinati a Lou X
e allo spirito di Costa Nostra. A Luigi Martelli, invece, rimarrebbe la
consapevolezza che alcuni dei suoi vecchi amici—e nel caso di

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Cuba, parenti—sono ancora lì, ben coscienti di ciò che è stato e di


ciò che non sarà più, ma sempre coi ricordi freschi e vividi, pronti a
raccontarli per lui. Ricordi che rimangono e che non si spostano.

Luigi Martelli, Lou X

"Dividevamo la strada e la famiglia. Era un rapporto intensissimo,


da fratelli. Negli anni Novanta, quando abbiamo iniziato, eravamo
io e lui dentro la cameretta a fare rap quasi per gioco. Poi è
diventato una passione, un lavoro. Tra chiuderci, fare i beat,
registrare, andare in giro, fare concerti. Siamo cresciuti insieme,
fin da bambini, siamo cugini di primo grado e abbiamo più o meno
la stessa età. Stavamo insieme giorno e notte. Però giustamente i
caratteri erano diversi. Mio cugino era molto più introverso, molto
più pensieroso di me. Io ero sfacciato, casinaro, caciarone,
m'arrampicavo, facevo i macelli. Luigi era molto più intellettivo,
quindi pensava molto, rimuginava… pensava, pensava, ripensava.
Anche nei testi. Io a volte scrivevo una pagina e "Ho finito!
Tranquillo!" e lui scriveva, riscriveva, riesaminava… caratteri
diversi. Poi giustamente se sei così e ti succede qualcosa, se ti
fissi è la fine. La fissazione porta il blocco. Quello una volta che ha
finito di fare rap, non è che ha trovato un altro lavoro, no. Ha finito
tutto." (Cuba Cabbal)

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Luigi è diventato Lou X non solo per la sua uscita di scena, ma


anche per l'integrità e la fermezza intellettuale che nel corso degli
anni è stato sempre più raro individuare altrove. Ciò si
rispecchiava nei testi, e, come prevedibile, nella quotidianità con
cui lui e i suoi compari vivevano quei fervidi anni in cui l'hip hop
italiano stava iniziando a germogliare. Lo stesso Carlo Martelli ha
confermato la sua iniziale difficoltà a relazionarsi non solo con
l'artista, ma in generale con Costa Nostra e quell'etica di
fratellanza così autentica e rara anche per l'epoca. Carlo è stato il
discografico di BMG che si è occupato di promuovere A Volte
Ritorno e di gestire il relativo tour, tra il 1995 e il 1996. Come poi
mi ha spiegato Marco Dsastro, "era un fratello, un tranquillo, un
ragazzaccio come noi", inizialmente tenuto a distanza in quanto
esponente di una major, in seguito si è ritrovato ad essere parte
della crew senza nemmeno accorgersene. "Ero diventato uno di
loro" mi spiega, "Faccio questo mestiere da venticinque anni, ho
lavorato con tanti, tanti artisti. Ma quello che mi è capitato di
vedere con Luigi è stato davvero qualcosa di raro. Quando

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eseguiva "Cinque Minuti Di Paura", al momento del break con gli


archi, dopo i due spari di rivoltella, partiva l'applauso a scena
aperta e vedevi gente che piangeva. Ed è una cosa che io, che ho
visto veramente centinaia di concerti rap, hip hop, non ho mai più
visto accadere." Distinguere Luigi Martelli da Lou X oggi è più
immediato, se si conosce a grandi linee il suo percorso, ma allora
no. Artista e uomo si sovrapponevano perfettamente e distinguerli
era pressoché inutile. Oggi l'uomo ha schiacciato l'artista,
riducendolo a uno spettro inerme e segregato nel suo stesso oblio,
ed è più che mai indispensabile rispettare tale silenzio altrettanto
silenziosamente. Non sempre però è possibile separare lo spirito
di Luigi da quello della crew Costa Nostra, che in realtà era tutto
tranne che una "crew" come la si intende oggi. Come ha detto
Cuba, "Il rap oggi è superficiale, si riduce a spettacolo. È come la
schiuma del mare, a smuoverla servono le correnti. E noi eravamo
una di quelle correnti."

Costa nostra, cazzi loro

"Una volta RZA ci voleva fare un remix, mi ricordo. Poi la cosa


sfumò, ma vabe'. Noi eravamo capaci di concordare un remix con
RZA e alla fine non andarci, capito? [Ride] Perché magari
dovevamo andare a mangiare gli arrosticini da qualche parte…
[Ride] C'era gente che avrebbe dato un braccio per fare un remix
col Wu-Tang e noi va a finire che manco ci andavamo perché
preferivamo andare a mangiare gli arrosticini." (Cuba Cabbal)

"Eravamo un po' marginali rispetto al tutto movimento hip hop


italiano. Adesso non so i motivi, magari anche per causa nostra
che eravamo un po' orsi… un po' in un mondo a parte. Costa
Nostra e Lou X non erano molto integrati nell'hip hop dell'epoca,

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non ci sono state collaborazioni particolari." Così dj Dsastro,


ovvero Marco Fioritoni, storico dj di Lou X a cui si devono le basi di
Dal Basso e A Volte Ritorno, mi ha introdotto alla mentalità che
animava il collettivo pescarese durante quella prima metà degli
anni Novanta. Erano anni in cui la neonata scena rap e hip hop
italiana si divideva in B-boy fieri presi bene dalle varie Rapadope;
gente che si ascoltava hip hop da radio aka Articolo 31, Jovanotti,
Frankie Hi Nrg—che, ironia della sorte, sbancava con Verba
Manent nel '92 proprio sotto BMG—e le posse. Le posse erano
complessi di artisti "impegnati" il cui stile era di provenienza
giamaicana-hip-hop, e che con i loro testi ed esibizioni di protesta
e denuncia, si aggiudicavano la credibilità di tutti coloro che non si
rispecchiavano nelle due categorie precedenti. È in questo
ambiente che Lou X ha cominciato a muoversi. Il legame con
Assalti Frontali e il Forte Prenestino di Roma è stato il suo
ossigeno per quei primi anni di sperimentazione musicale, di cui
unico prodotto è la cassetta Rappresaglia, registrata
amatorialmente dallo stesso Luigi nel 1991—in seguito, assieme a
Cuba, si sarebbe avvicinato anche ai milanesi Piombo a Tempo,
ex Lion Horse Posse, con cui realizzeranno la splendida traccia
"La Lista".

Sempre in quell'anno Lou X e dj Dsastro parteciparono al Festival


del Parco Lambro, assieme ai Casino Royale e Sud Sound
System e da lì cominciò ufficialmente la loro collaborazione. "In
quegli anni abbiamo cominciato a lavorare seriamente a Dal
Basso" mi spiega Dsastro "perché Assalti e Forte Prenestino ci
avevano proposto di produrci il disco." E così fu. È stato proprio
Dal Basso, uscito nel 1994 per l'etichetta indipendente Cordata
gestita dal Forte Prenestino, a destare l'interesse di Carlo Martelli

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e a portare poi alla prolifica collaborazione per A Volte Ritorno. Nel


frattempo si era inserito Cuba, sia nei live sia nella partecipazione
su disco, e assieme a lui pure Francesco "Eko" Silvestri, allora
poco più che maggiorenne. I tre si presero un appartamento a
Pescara e convisserò lì per alcuni anni. "Casa nostra era una sorta
di base, dove vivevamo e avevamo uno studio. Da quando ci
alzavamo la mattina a quando andavamo a dormire, la nostra vita
era l'hip hop. Quindi tutto ciò che era inerente, le basi, i graffiti, noi
lo facevamo. Io ho cominciato proprio con i graffiti, lo skate e poi
mi sono avvicinato al rap e all'hip hop" mi racconta Eko, e a
questo proposito è interessante anche l'aneddoto di Cuba: "Mi
ricordo questa scena, era tipo l'87-88. Io e Luigi stavamo a casa e
avevamo appena visto il film Beat Street; dopo due ore siamo
scesi sotto, siamo andati in una ferramenta che vendeva le
bombolette e abbiamo fatto il nostro primo graffito, sotto casa mia
a Pescara. "Hip hop don't stop". Quel muro è diventata l'hall of
fame di Pescara. Oggi il nostro graffito non esiste più, ma per me
è stato memorabile perché a quei tempi non c'era tutta la mentalità
hip hop di oggi."

La provincia è da sempre garante di ottima qualità, perlomeno in


materia di rap, e se sono in grado di dirlo nel 2014, figuriamoci nel
1994, quando tutto doveva ancora venire alla luce. "Nelle
metropoli trovavi un pubblico rap abbastanza grande," continua
Cuba, "mentre in provincia si univano tutti nella caciara. La sagra
era di tutti. Da questo punto di vista eravamo molto uniti, ed
eravamo in tanti. Quando facevamo i concerti con Costa Nostra
avevamo un pullmino, partivamo in sette o otto… anche gente che
non c'entrava niente con la musica, la caricamo al volo e la
portavamo via."

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"Eravamo tutti coi giacconi, tutti uguali, tutti in branco. Tu pensa,


scendevamo dal furgone, dieci-dodici persone tutte con i giubbotti
uguali. Carlo diceva che eravamo il Wu-Tang italiano. Erano tipo
una decina, solo per noi. Non erano in vendita. Una volta uno mi
voleva dare cinquecentomila lire per un giaccone [ride]" (Cuba
Cabbal) -

L'interesse per l'hip hop non era quindi una prerogativa per CN,
anche se indubbiamente ne costituiva gran parte dell'anima.
"Certe volte andavamo a Roma a prendere i beat e le strumentali
di Simon Harris, che ai tempi uscivano solo su vinile. E la maggior
parte dei concerti li facevamo così, prima di fare le nostre
produzioni stampate. Usavamo le basi americane che arrivavano
in Italia, dato che era difficile reperire roba rap nuova. In quel
periodo eravamo proprio affamati." Se non altro qui è più che mai
lecito parlare di messaggio, ricerca, genuinità e voce di un popolo
povero, disilluso e rancoroso nei confronti delle autorità.
Nonostante la dilagante superficialità di cui il rap italiano a lui
contemporaneo già prosperava, questo era ciò che Lou X
esprimeva nei suoi testi, e come lui l'intera Costa Nostra: "A volte
ti accorgi che fare troppo è inutile," riprende Cuba, "alla gente non
frega di capire. Noi purtroppo facevamo pensare e ti dirò, a
distanza di vent'anni, oggi che giro in ogni parte d'Italia, c'è gente
dell'età mia che è stata cambiata dai nostri testi. Spaccavamo ma
non lo dicevamo. Eravamo apprezzati perché esprimevamo la vita
dei guaglioni di provincia, rappresentanti della Costa in quanto
prodotti tipici." Questa attitudine cazzara, in realtà, non era poi
così autocompiacente, come poteva in apparenza essere quella,
che so, di Sangue Misto o Colle der Fomento. C'era disincanto sì,
ma anche un costante senso di lotta e conflitto esteriore e interiore

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che col tempo si è pure—drasticamente—evoluto. Anche di questo


parleremo più avanti.

Per tutti questi motivi, il rapporto tra B-boy fieri e la Costa era
strano, distaccato, quasi ostile. Emblematico è l'aneddoto
raccontatomi da Carlo Martelli sul concerto di GZA al Maffia (RE)
del 1996. "Quella sera c'è stata tensione tra dei B-boy locali e i
ragazzi, dato che i primi avevano cominciato a percularli senza
apparente motivo. La sera successiva, dopo il concerto di Lou X,
gli stessi si sono avvicinati e hanno chiesto scusa. In tutta risposta
i ragazzi hanno solo detto "Ah vabbe', vabbe', combà…"

A Volte Ritorno

"A Volte Ritorno è molto meno politicizzato di Dal Basso, o forse lo


è molto più, ma in altri termini. È un disco in cui si respira una
profonda disillusione non nei confronti dell'ideologia, ma della vita
che si vive." (Carlo Martelli)

Nel 1995 è uscito A Volte Ritorno, sotto contratto con BMG, dodici
tracce di un'intensità e struttura decisamente migliori di tutto ciò
che era stato fatto fino ad allora, e non solo per questione di
nitidezza del suono. Lou X e compari, una volta firmato con BMG,
si chiusero nella loro Costa e cominciarono insieme a lavorare su
quello che si sarebbe rivelato l'album che avrebbe dato loro più
fama in assoluto. Fama di cui, chiaramente, nessuno sentiva il
bisogno, men che meno Luigi. Aldilà della spaventosa tensione
emotiva con cui di solito si ascoltano canzoni come "La Raje" o
"La Ragione e l'Odio", questo è anche un disco che ha portato
letteralmente alla ribalta l'inconsapevole immaginario hardcore
associato a Costa Nostra. "La Raje" venne scelta come primo

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singolo estratto e, grazie ai prodigi della major, riuscì ad arrivare


ovunque: radio, tv italiane e internazionali—vedi Videomusic e
MTV Europe—persino su Raitre come sigla finale di Blob.
"Musicalmente abbiamo sempre avuto una linea "underground",
non di compromessi con etichette, né avremmo mai tollerato
pressioni o revisioni di qualsiasi tipo. Non abbiamo mai avuto
censure" sostiene Cuba, e credo che nessuno tra noi si sarebbe
aspettato il contrario.

"Avevo un po' di timore perché pensavo che a Luigi non sarebbe


piaciuto ricevere ordini dal regista. Invece si è preso benissimo,
anche perché gli era proprio piaciuta l'idea dell'essere chiuso
come un leone in gabbia, in questo spazio cilindrico con i laminati
etc. Hai visto quando cammina… è proprio perfetta l'immagine."
(Carlo Martelli)

Le tracce di questo album sono un'esplosione barocca di


campionamenti, soluzioni ritmiche e strumenti, completata
dall'impeto dei testi, carichi di un furore travolgente, reso ancora
più profondo dall'uso del dialetto abruzzese. Roba così pesa che
persino Jovanotti ne ha riconosciuto il valore, come ricorda Eko:
"In quegli anni aveva aperto Radio Capital e avevano chiamato
Jovanotti a condurre un programma. Una volta mi ricordo che ha
trasmesso "Come L'Occasione", la prima traccia di A Volte Ritorno
e l'ha annunciata dicendo "Questo è Lou X, loro si chiamano
Costa Nostra e sono gli equivalenti del Wu-Tang Clan in America."
Ha messo la canzone, e una volta finita, Saturnino, il suo bassista,
ha iniziato a intonare lo stesso basso, e Jovanotti stesso ci ha fatto
un freestyle sopra." Nonostante Lorenzo Cherubini non fosse
assolutamente un punto di riferimento per Costa Nostra, né
tantomeno per Luigi, il riconoscimento altrui era

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comprensibilmente gradito. Non sempre arrivava, però. Radio


Deejay all'epoca aveva un programma chiamato One Two One
Two e Lou X lì non l'hanno mai passato. Sempre Eko conclude:
"Eravamo delle figure scomode. Ti dirò, non esserci mescolati è
stato più positivo che negativo."

Tour 1996/1997

"Noi eravamo un po' cafoni, un po' gangster, ma gangster sul


serio. Nel senso che arrivavamo là e facevamo i macelli, i vari tour
manager duravano un mese o due… dopodiché scappavano con
le mani tra i capelli. Eravamo proprio ingestibili. Partivano due
casse di birre Moretti solo al soundcheck. Poi avevamo tutti tra i
diciotto e i diciannove anni, erano altri tempi. C'era meno roba
sintetica e molto più agricola" (Cuba Cabbal)

All'uscita del disco è seguito un tour, l'unico a cui Luigi e soci


avrebbero mai partecipato tutti assieme. Si è svolto tra il 1996 e il
1997, e ha visto l'ingresso in scena di Molecola, tecnico del suono
che non solo li ha accompagnati in tutte le tappe del tour, ma in
seguito ha anche registrato per intero l'ultimo album di Lou X, La
realtà, la lealtà e lo scontro. Molecola non era la sola novità. Poco
prima dell'inizio del tour, ci furono attriti tra Luigi e Dsastro, che di
conseguenza decisero di separarsi. "Non potendo assolutamente
bloccare la macchina promozionale è stato preso un altro dj, una
persona molto brava che si faceva chiamare Luke Skywalker"
spiega Molecola, "un vecchio amico di Andrea (Cuba), un dj
tecnicamente sensazionale. Non era un musicista, mentre Marco
era l'autore dei primi due album ed è considerato tutt'ora uno dei
più autorevoli confezionatori di basi hip hop in Italia, questo era
proprio un dj." Sia Molecola che Luke Skywalker parteciparono

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all'esibizione a Segnali di Fumo del 1996, trasmissione condotta


da Paola Maugeri che andava in onda su Videomusic È l'unico
live di quegli anni ad essere disponibile su Youtube, l'audio è un
po' scrauso, ma si capisce bene il tipo di botta che hanno dato.

Quel tour è stato un successo sotto ogni punto di vista; le date


furono numerosissime e tre di queste, tutte del '96, meritano di
essere raccontate. La prima è l'apertura ai Cypress Hill al Live
Link Festival di Roma, nel giugno del 1996. "Arrivammo al Foro
Italico e c'erano due tendoni, a mo' di camerino." racconta Carlo,
"nel nostro c'erano una bottiglia d'acqua e due lattine di Coca
Cola, ma due di numero. La tenda a fianco, quella dei Cypress
Hill, era vuota ma dentro c'era ogni ben di dio: insalata, pasta
fresca, bibite, alcol. I ragazzi fecero esproprio proletario. Entrarono
e cominciarono a trasportare questi generi alimentari nel loro
camerino, fino a quando non arrivò un manager tutto incazzato
che chiese loro cosa stessero facendo. Ci fu tensione. All'arrivo
dei Cypress Hill, io spiegai che stavamo venendo da un viaggio di
quattrocento chilometri, eravamo stanchi e nel nostro camerino
c'erano giusto due lattine di Coca Cola. Loro ci dettero ragione,
chiamarono il local promoter e pretesero che venissimo riforniti in
maniera paritaria." I Cypress Hill in quell'occasione si fecero pochi
problemi a manifestare entusiasmo e ammirazione per quei
"freghini" pescaresi. Oltre ad ascoltarsi il loro soundcheck per
intero, dedicarono a Lou X diverse rime durante il loro set, e a fine
concerto si congratularono animatamente con tutta la crew. "A fine
concerto" ricorda Carlo, "vennero tutti di persona a chiederci
l'album. Ci fu una bellissima conversazione, gli uni che parlavano
in abruzzese e gli altri in inglese, messicano… Una gran
confusione. Una confusione bella, meravigliosa."

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Il 28 giugno dello stesso anno, poco dopo il Live Link Festival, Lou
X e Costa Nostra suonarono anche all'ormai estinto festival
Sonoria, a Milano. Stessa atmosfera, stesso calore da parte del
pubblico, ma non senza imprevisti. Durante il soundcheck infatti ci
furono casini tecnici per i quali il live stesso rischiò di saltare—"E
tutto se ne va affanculo, come a Sonoria" di "E la sagra continua"
si rifersice a quell'episodio. Fortunatamente la cosa si risolse e i
ragazzi poterono suonare senza problemi. "Andammo lunghi con
l'orario," riprende Carlo, "e ci dissero che per il set avremmo avuto
venti minuti rispetto ai quaranta perché purtroppo alle ore x
sarebbe partita Neneh Cherry, che era dall'altro lato speculare
della grossa arena del parco Acquatica. Comincia il concerto di
Lou X e tutta la gente va sotto al suo palco. Dopo venti minuti
Neneh Cherry esce sul suo di palco, ma di fronte a lei non c'era
nessuno. Tutte le cinquemila persone dell'arena erano sotto al
palco di Lou X col pugno per aria. Neneh Cherry ha dovuto
aspettare venticinque minuti prima di poter partire."

Antecedente alle prime due esibizioni è quella al concerto del


Primo Maggio '96, in piazza San Giovanni a Roma, assieme ad
altri artisti come Elio, Carmen Consoli e Modena City Ramblers.
Tutto meraviglioso, se non fosse che il loro set è stato l'unico a
non andare in onda sulla Rai, come ricorda Eko: "Durante la
nostra esibizione è andato in onda un tg flash, una sorta di
censura dovuta alla nostra immagine forte, credo. In effetti appena
saliti sul palco abbiamo esordito con "Vaffanculo agli Articolo 31" e
cose così, completamente ubriachi…"

C'è qualcuno che ha paura…paura di guardarsi dentro, prima.


E guardare fuori, dopo… paura di scoprire un universo lontano dal
ruolo assegnatogli.

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Che cozza violentemente con le illusioni dello spettacolo e del


dominio.
Paura di capire che il proprio destino è solo non arrivare mai alla
carota che pare luccicare davanti…
Certo il risveglio è doloroso perché dietro c'è il bastone, ma il
mattino ha l'oro in bocca:
PERCIÒ È LA REALTÀ.

La poesia qua sopra era stampata nel retro de La realtà, la lealtà e


lo scontro, terzo e ultimo album di Lou X, uscito nel 1998 sempre
per BMG. I tre paragrafi vogliono spiegare al lettore/ascoltatore il
significato dietro alla scelta del titolo dell'album e di fatto ne
incarnano perfettamente l'atmosfera, frutto di una degenerazione
spirituale ben più cupa e straziante del precedente A Volte Ritorno,
e che è per questo da molti considerato il più grande capolavoro di
Lou X in assoluto—eccomi. Successivo di due anni al fortunato A
Volte Ritorno e relativo tour, La realtà, la lealtà e lo scontro è
l'opposto della spensieratezza guagliona e "tranquilla" che tanto
aveva caratterizzato Luigi e la sua crew.

"Finito questo tour, il distacco con Marco Disastro non diminuì." mi


racconta Molecola, "Nessuno dei due aveva voglia di rimettere in
piedi la baracca e Luigi decise di arrangiarsi da solo. Con una
parte dei ricavi del disco e del tour si è comprato un'attrezzatura
veramente minimale: un computerino, un campionatore, una
tastiera, delle casse, dei monitor da studio, un mixer, un
microfono, ma niente di che devo dire. Il minimo indispensabile. Si
è preso una stanza in un appartamento qui a Pescara e si è
chiuso lì a fare le basi del suo futuro album, senza manco sapere
da che parte cominciare." In realtà, Luigi da qualche parte sapeva
pur cominciare, dato che per tutti quegli anni era stato a contatto

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con dj esperti e tecnicamente infallibili come Luke Skywalker e lo


stesso Dsastro. Mancava tuttavia una vera e propria tecnica, una
dimestichezza che avrebbe potuto apprendere solo con la pratica,
perciò si chiuse in casa a sperimentare, convinto di poter fare tutto
da solo. "C'è stata la sua grande forza di volontà nell'imparare la
tecnica," continua Molecola, "e poi una volta impadronitosi del
mezzo, il fatto che fosse una cosa totalmente nuova lo ha portato
a ragionare in maniera assolutamente minimale per quanto
riguarda l'aspetto creativo." Le strumentali che ne vennero fuori
erano infatti scarnificate, ripetitive e quasi ossessive, alcuni pezzi
avevano addirittura un campionamento solo, ripetuto all'infinito
—"Danneggiatori" o "A Spasso Per l'Impero".

"Era molto evasivo, poche telefonate etc." riprende Molecola,


"Quando poi ha ritenuto di avere più o meno la situazione in mano,
mi ha chiamato. Quel disco lo abbiamo fatto praticamente io e lui
da soli, a parte qualche ospite di passaggio, come Andrea,
Francesco Eko o una tipa che ha cantato in un paio di pezzi
(Bibiana Carusi). Per il resto eravamo solo noi due. Ci siamo
chiusi a Spoltore, un paese qui vicino, nella sala prove del vecchio
gruppo crossover di Cuba (Sistema Informativo Massificato).
Abbiamo caricato tutte le sue cose dall'appartamento di Pescara e
le abbiamo trasferite lì. Era l'inverno tra il '97 e il '98. La
lavorazione è stata piuttosto travagliata, nel senso che è andata
molto per le lunghe. In questa casa in campagna, con pioggia,
neve, buio e freddo, l'atmosfera era proprio quella che si sente
nell'album. L'ho sempre definito un disco dark." A conferma di ciò,
"Stati d'ansia" contiene un sample dei Bauhaus, eseguito ai tempi
da Francesco Eko. Poco importa se musicalmente La realtà, la
lealtà e lo scontro non suona esattamente come Pornography o

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Closer, la pulsante inquietudine trasmessa da certe tracce è


difficilmente ignorabile, durante l'ascolto. Oltretutto, proprio come
Closer, La realtà… avrebbe fatto da "testamento" a Luigi.
"L'artwork venne affidato a un mio carissimo amico, Enrico
Cannoni" va avanti Molecola, "andavamo a casa sua e ci faceva
vedere le prove delle copertine. C'era sta roba tutta bianca
accecante, pesantissima, con il disco invece dal sound cupissimo,
agli antipodi. Gli occhi e le orecchie si trovavano in due stati
completamente diversi. Bianco e nero."

La controversia più grande de La realtà, la lealtà e lo scontro è


sicuramente quella legata alle due tracce mai pubblicate su disco,
in cui apparivano i campionamenti di Patty Pravo. Le due canzoni
sono "Finché dicono" e "Fors'è"—"Finché dicono", a detta di
Molecola, si sarebbe dovuta chiamare "Il vero nemico" e io mi fido.

"Non so perché l'abbiano chiamata così, probabilmente chi l'ha


messa in rete non aveva il titolo. Era un working title, un titolo di
lavorazione. Non essendo poi uscito nell'album è rimasto il titolo di
lavorazione, ma mentre la facevamo si chiamava "Il Vero Nemico"
(Molecola)

"Una parola. Manco una battuta musicale, una parola ripetuta


all'infinito sulla quale lui rappava sopra. Ossessionante."
(Molecola)

"Era impensabile poter far uscire in Italia una cosa del genere
senza autorizzazione. Mentre nel disco precedente era quasi tutta
roba straniera, ed erano talmente tanti i campionamenti nelle basi
di Marco, che Carlo se ne fregò e lo fece uscire lo stesso, qui
avevamo un disco con alcuni brani che avevano uno o due
campionamenti al massimo… proprio l'opposto. Era tutto super

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riconoscibile. Ma poi voglio dire, Patty Pravo in Italia. Dovevamo


assolutamente avere la liberatoria, almeno per quella roba lì. Lei
venne messa al corrente della cosa tramite la casa discografica, si
incuriosì e Luigi andò a casa sua da solo. Immaginati la scena.
Lou X e Patty Pravo nel salotto di casa di Patty Pravo a sentire sti
pezzi… [ride]. Lei inizialmente era presa abbastanza male, le
avevano comunicato la cosa, aveva acconsentito all'incontro ma
non era entusiasta, Patty Pravo è abbastanza lunatica. Poi quando
si sono visti di persona è stata molto carina, i pezzi le sono piaciuti
e si sono lasciati con un "Le faremo sapere…". Luigi allora era
molto fiducioso. In realtà le autorizzazioni non arrivarono mai e
quei pezzi su disco vennero tagliati. Dopodiché la storia finì lì. Il
disco uscì e Luigi si arroccò in una posizione integralista in cui non
voleva in nessun modo promuoverlo com'era avvenuto per A Volte
Ritorno, in parte anche ferito dall'esclusione dei suoi due pezzi e
dalle modifiche apportate dalla major sull'artwork originario. Non ci
furono mai concerti o videoclip per La realtà, la lealtà e lo scontro,
anzi, Luigi poco a poco cominciò a sparire, sia fisicamente che
psicologicamente. Costa Nostra era morta, ma nessuno aveva
avuto il coraggio di dirselo in faccia. "Era come se A Volte Ritorno
fosse stato un disco con una band, che ne so, dei Rolling Stones,
e La realtà, la lealtà e lo scontro invece uno di Mick Jagger. Con
alcuni ospiti, ma non c'era per niente senso di comunità, di
collettività, di fratellanza. Anche Andrea non stava con noi
fisicamente, veniva a registrare qualcosa, ma poi se ne andava.
Non ho ricordi di un gruppo di lavoro, ma sempre di me e lui. La
gente veniva veramente solo a prendere il caffè. In dirittura
d'arrivo, anche per la piega che aveva preso la cosa, il suo umore,
l'esito mi è sembrato abbastanza chiaro. Non sono critiche eh, a
me è piaciuto tantissimo fare quel disco e farlo in quel modo.

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Credo che sia venuto fuori così perché è stato portato avanti
senza grossi coinvolgimenti esterni. Al tempo stesso mi sembrava
improbabile che si rimettesse insieme una specie di posse, che poi
affittasse un furgone, andasse in giro per l'Italia etc. Per cantare
quella roba lì… cioè, sai andare a un concerto e fare
"Danneggiatori"? Boh."

Per la sua natura, La realtà, la lealtà e lo scontro è un disco


estremamente introspettivo, che ha messo a nudo il conflitto che
Luigi aveva da sempre, in modalità differenti, alimentato dentro di
sé, e che col passare degli anni ha finito per divorarlo. Come ha
detto Eko, "L'album è uscito, ma sarebbe stato meglio di no. Ha
messo troppo a nudo Luigi, che poi non si è neanche reso conto di
quanto stava succedendo. Forse sarebbe bastato lasciar passare
del tempo. Sarebbe dovuto uscire dopo almeno due anni, con
un'altra maturità. Quella di quel momento ha portato solamente
negatività. Era un periodo in cui ne respirava molta, Luigi." E la
tragicità di questa consapevolezza imprime ogni traccia con una
forza spaventosa, dilaniante.

"Quel disco non si sarebbe mai potuto aprire diversamente. Come


premevi play doveva partire subito quell'orchestraccia de "Il
mattino ha l'oro in bocca". Erano tipo i titoli di testa di un film del
terrore. La rivisitazione urban della tragedia greca." (Molecola)

"Quando abitavamo insieme, io, lui, Eko, stavamo i giorni sempre


a divertirci. Questo conflitto lo manifestava per iscritto, con gli altri
poteva anche essere simpatico e tranquillo, ma dentro era
evidentemente triste. Poi ognuno scriveva per quello che era
dentro. Le parti scritte da Luigi, sono effettivamente scritte da
Luigi. E così tutti. In quei periodo con noi stava sempre a ridere e
a scherzare, poi non ha riso più. Da dopo La Realtà, la Lealtà e lo

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Scontro non ha riso più. Questa è una cosa che mi colpì molto. Lui
da un giorno all'altro non rideva più. "Oh Luì" e lui niente, non
rideva più. Non parlava più. Facevamo viaggi lunghi, siamo andati
pure a Basilea, 7-8 ore di treno e quello era capace di starsi zitto
per otto ore. Gli chiedevi "Luì che hai fatto?" e lui "No tranquillo."
Capito? C'erano ste pause… all'inizio sembrava depressione, ma
ti ripeto, sono state più cose. Tante cose unite dalle quali uno
volendo può uscire. Però se entri nel fiume, poi il fiume ti trascina,
ti si porta. Se uno non si mette in salvo è così. Non so se non ha
avuto le forze o la volontà di uscire da questa condizione di stasi.
Certe volte mi chiamava, "Andrè voglio fare un pezzo", veniva a
casa mia, andavamo a fare la base, registravamo etc. Dopo
scompariva per tre o quattro mesi, non si sentiva più, non parlava
più… poi ritornava. Capito?" (Cuba Cabbal)

Furono tanti i motivi che spinsero Luigi a ritirarsi e per quanto


importante possa sembrare fare chiarezza su di essi, al fine di
comprendere fino in fondo la sua scelta, sarebbe comunque
irrispettoso nei confronti del suo silenzio. E in ogni caso, nessuno
aldilà di Luigi stesso sa bene cosa è accaduto dopo La realtà, la
lealtà e lo scontro. "Solitamente gli assenti hanno sempre torto, in
questo caso no." sostiene Carlo Martelli "La realtà, la lealtà e lo
scontro era una roba davvero trasversale e in qualche modo
unica. Lui mi porse il disco e mi disse "Guarda Carlo, io sono qui
dentro. Io sono questo. Chi vuole parlare con me deve solo
ascoltare il disco, perché quello che ho da dire lo dico nel disco."
Già dopo "La Raje", toccare la possibilità di avere successo in
qualche modo lo destabilizzò, non so che cosa accadde
francamente." Nonostante tutto, il disco vendette quasi trentamila
copie, qualcosa di più di A Volte Ritorno, che arrivò a ventimila.

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"Lui voleva cominciare il suo tour di A Volte Ritorno dal Forte


Prenestino," riprende Carlo "che, assieme al Leoncavallo, era il
posto in cui era stato battezzato. Questi però gli risposero di no,
per un discorso legato all'integralismo. Invece il Leoncavallo lo
ospitò, e fecero il pienone, fu una serata indimenticabile… Questo
per dirti quindi quanto la situazione fosse controversa anche negli
ambienti e nell'humus in cui lui aveva messo le radici. Se alcuni
luoghi e centri sociali riconoscevano che, a prescindere dalle
etichette, la sua integrità non solo non era mutata, ma si era
addirittura elevata da un punto di vista artistico, altri rifiutavano
subito perché "No sai, la BMG, per carità…" Siamo tutti
abbastanza certi che sia stata anche ignoranza di questo tipo a
destabilizzare Luigi, oltre che a spaventare e schifare quella sua
personalità così pura e compatta, che mai era scesa a
compromessi prima di allora.

Foto di Andrea Martelli

I lavori successivi a La realtà, la lealtà e lo scontro sono pochi e


qualitativamente inferiori a tutto il resto, come mi ha spiegato Cuba
"a lui interessava trasmettere un messaggio, non importava come
lo stesse dicendo, importava dirlo". Poco a poco, però, anche
queste sporadiche collaborazioni col cugino—e con i vecchi amici
di Milano e Roma—iniziarono a diminuire, fino a sparire del tutto.
Su Internet la gente si è sbizzarrita, e ha dato via libera a ogni tipo
di fantasia che potesse spiegare la sua assenza, tutte più o meno
avventate e apocalittiche. Prima fra tutte spicca quella legata alla
tossicodipendenza, la quale, ovviamente, è stata subito smentita
da tutti i miei interlocutori. "Ogni tanto lo rivedo." mi spiega Eko, "
Sai, lui ha un carattere forte e non tende a chiedere aiuto alle
persone, quindi se ne sta più per conto suo. Non gli interessa

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proprio dei commenti della gente, capito? Magari ci facciamo più


caso noi, che lui. Da una parte meglio così. Per esempio, per un
periodo ha avuto dei problemi di circolazione ai piedi, camminava
male e zoppicava. Tu immaginati una persona che cammina per
strada un po' claudicante, chi lo vede dice subito "Ah guarda,
questo qua è drogato…"

Sono svariati quindi gli eventi che hanno portato le persone a farsi
un'idea sbagliata, ed è anche per questo che ho voluto indagare
un po' più a fondo sulla sua vita. "Penso che quando oggi sente
parlare di Lou X," mi spiega Dsastro, "giri le spalle e se ne vada.
Più volte le persone lo hanno fermato, lui è come se disprezzasse
qualcosa di sé. Non so bene cosa sia scattato, ma molte volte ha
reagito così: ha preso e se n'è andato, senza neanche salutare.
Come se si vergognasse di qualcosa." Questa totale perdita
d'interesse, se non negazione di ciò che è stato è forse l'aspetto
che più annienta della sua storia; l'amarezza per aver lasciato che
un artista come lui arrivi a rinnegare il proprio passato a questi
livelli è qualcosa di enorme, e se lo è per me che sono la persona
più estranea e distante dal suo mondo, figuriamoci per chi lo ha
conosciuto davvero. Se il presente di Luigi Martelli non è affar
nostro, il suo passato, prima ancora di appartenere a tutti,
appartiene a lui. Ciò che ha fatto con la sua musica doveva essere
raccontato, ed è quello che ho cercato di fare con questo articolo,
non da sola, chiaramente, ma con l'aiuto di gente che quell'aria
l'ha respirata sul serio. "E se suona la raja suona per questo,
combà."

"C'è quel verso, quando dice "Se là fuori piove mo', forse ripulisce
un po' " che ogni volta che lo sento… C'è questo elemento tenue,
di speranza, "Forse ripulisce un po'", che è qualcosa di

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meraviglioso, di poetico, a livello davvero sublimi. Tutte le volte


che la sento mi chiedo come possa essergli venuta in mente,
come abbia fatto. Rimango sempre a bocca aperta." (Carlo
Martelli)

Segui Sonia su Twitter: @acideyes

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