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Sistemi Giuridici Comparati 12 Ott 2018

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Allora, qualche domanda su quello che abbiamo visto lunedì, nulla?

Ci siamo lasciati trattando il tema dell'uguaglianza formale sostanziale davanti alla legge. L'uguaglianza


formale è un dato ormai acquisito con la rottura francese. Il problema è che è acquisito anche il dato della
disuguaglianza tra tutti noi.

Quindi, una disuguaglianza sostanziale vi è e la domanda che ci poniamo oggi è: "Ma a fronte di una
disuguaglianza sostanziale, è giusto pensare che vi sia una uguaglianza formale davanti alla legge? Cioé, se
ci sono situazioni diverse, perché ci sono soggetti che versano in condizioni diverse, è proprio così giusto
avere una legge uguale per tutti questi soggetti? O è preferibile immaginare che per taluni soggetti una
legge speciale venga applicata?"; ovviamente parliamo di soggetti che hanno una posizione socio-
economica di debolezza. È evidentemente del tutto diverso ciò che avveniva nell'ancien régime, nell'ancien
régime non c'erano statuti personali a prescindere dalla condizione di debolezza del singolo, statuti
personali che riguardavano classi nella loro interezza.

Noi invece ci domandiamo qualcosa di diverso, se è preferibile avere sempre e comunque una medesima
legge applicabile a chiunque, cioé l'esempio l'abbiamo già fatto... È ragionevole che datore di lavoro e
lavoratore abbiano gli stessi strumenti negoziali? Noi viviamo in un contesto dove la libertà contrattuale è
massima, gli inglesi parlano di "freedom of contract", io posso concludere qualsiasi accordo con qualsiasi
contenuto.  Ora, se io tocco l'eccesso a questo tipo di libertà, mi posso domandare se un datore di lavoro,
in un contesto dove il lavoro è scarso, quello che può essere offerto, mentre c'è una domanda di lavoro
elevatissima, quindi lavoratori disponibili a lavorare tanti, e datori di lavoro pronti ad assumerne pochi. 

Possiamo ritenere che ci sia la stessa condizione tra i due contraenti? E dunque lasciare, come l'idea che
nasce nel Codice Napoleonico, l'idea che le due parti che negoziano devono essere lasciate nel negoziare,
nel concludere l'accordo completamente libere proprio perché c'è una stessa posizione formale di questi
due soggetti davanti alla legge, questi due soggetti hanno gli stessi elementi e stessi strumenti. Ma noi
veramente possiamo con convizione asserire che il datore di lavoro che ha facoltà di fornire lavoro a un
numero limitato di persone non sia in una posizione che possa metterlo nella condizione di sfruttare la
libertà di contratto? Quella libertà di usare qualsiasi strumento e quindi di fissare qualsiasi contenuto del
contratto?

Perché se io posso continuare a scendere anche solo nella determinazione del compenso che do al
lavoratore, il meccanismo di domanda e offerta fa sì che questo tipo di compenso si riduca a seconda
dell'incremento della domanda di lavoro. Più sono lavoratori a chiedermi di poter lavorare avendo io una
offerta limitata, più io potrò pretendere di ridurre ovviamente il compenso. Ma visto che in determinati
momenti storici la domanda di lavoro è elevatissima e l'offerta è minima, ecco che io posso immaginare una
curva di determinazione del prezzo della prestazione lavorativa che continua a scendere fino a rasentare lo
zero. Proprio perché il lavoro è l'iniziativa minima per poter avere disponibilità per sopravvivere.

Pensiamo a situazioni particolari nelle locazioni di immobili, pensiamo a una guerra che ha distrutto (come
è avvenuto, no? La prima guerra mondiale), in alcune aree europee intere città. Quindi, c'è una domanda di
alloggi elevata perché comunque bisogna avere un tetto dove poter dormire, e un'offerta limitata. Ora,
colui che ha disponibilità di immobili da dare in affitto e colui che invece vuole avere in affitto
quell'immobile, si trovano nella stessa condizione per cui io posso dire: "Negoziate liberamente il canone,
perché tanto il principio è che il contratto è il prodotto dell'accordo libero di due persone che sono i
destinatari comunque della disciplina sul contratto (quindi, stessi strumenti, stesse capacità in termini di
negoziazione)"?
È evidente che se io dessi libertà assoluta, se meno è il numero degli immobili disponibili, più il canone
continuerà a salire senza limiti. Anzi, io potrò aggiornare quel canone di giorni e giorni, posso pensare, visto
che c'è libertà assoluta, di fare dei contratti della durata di un giorno, per vedere se il mercato mi assicura
un canone maggiore il giorno dopo. E se è così, liberarmi di un conduttore ed essere ingranato a un prezzo
maggiore.

La libertà del contratto è anche questo, cioé portato alle estreme conseguenze è anche questo.

Venendo ai giorni nostri, possiamo consentire che non ci sia una disciplina ad hoc, specifica e in favore di
tutti noi quando ci relazioniamo con una multinazionale? Quando noi acquistiamo il cellulare e la linea
telefonica? Se io lascio libertà alle parti e quindi alla multinazionale che negozia con il sottoscritto e poi
quello che viene inserito nel contratto che io non posso far altro che accettare o non parlare al telefono,
perché o io sottoscrivo quel contratto... Non è che possa mettermi a negoziare clausola per clausola di quel
contratto, io accetto quel contratto nella sua interezza o niente. Se quel contratto poi non è sindacabile, nel
senso che il giudice dice: "Questo è prodotto della vostra volontà, è firmato", è prodotto della tua volontà,
ecco, se quel contratto dice ad esempio che se non mi viene fornita la linea telefonica, quale che sia il
danno che io subisco per non aver potuto telefonare, non c'è responsabilità, non è una forzatura forse?
Risponderete: "Ma questo è quello che tu hai concluso come contratto, c'era libertà potevi non
concluderlo". C'è libertà da parte nostra, non concludere il contratto per acquistare una linea telefonica, un
telefonino, una macchina piuttosto che andare in banca e avere un conto corrente, abbiamo libertà di
metterci a negoziare con la banca? Seriamente nessuna. O prendo conto corrente con quelle clausole, con
quelle condizioni o non lo prendo questo conto, non ho la carta di credito, non ho bancomat.

Quindi, di fronte a situazioni di questo genere dove c'è una marcata disomogeneità tra condizione socio-
economica di un soggetto e dell'altro soggetto che si approcciano nella relazione contrattuale, possiamo
dire come dice il Codice Napoleonico: "Perfetto, si trovano nella stessa condizione, sono uguali davanti alla
legge e quindi usano gli stumenti tutti identici come dice la Legge, la Legge dice incontratevi e concludete
un contratto, senza limiti nella fissazione del prezzo, senza limiti nella limitazione della responsabilità per
entrambi le parti, perché è il prodotto della volontà delle parti". 

Ecco, se andiamo a dire semplicemente, puramente questo, forse ci dobbiamo interrogare su situazioni di
disomogeneità sostanziale che vengono ulteriormente incrementate dal contratto.

Cioé, il contratto diventa paradossalmente lo strumento per andare ulteriormente a creare disomogeneità
sostanziale tra le parti, perché io col contratto riesco ad assicurarmi del lavoro, io datore di lavoro, a prezzi
irrisori, io col contratto riesco a sfruttare la mia condizione di proprietario quasi unico di più immobili di una
città dove buona parte degli edifici sono stati distrutti, a canoni stratosferici, e io lo sto facendo in maniera
assolutamente legittima col contratto, libertà di contratto.

Ecco, nel 1804 quando questa idea viene propugnata dal Codice Civile Napoleonico, siamo in sede
rivoluzionaria in termini di affossamento di ciò che prima era cioé l'ancien régime, cioé statuti personali per
garantire privilegi, perché le leggi a favore della nobiltà, del clero, erano leggi che garantivano leggi a
queste classi. Quindi, era giusto demolire l'idea che ci potessero essere leggi differenziate a seconda della
condizione in cui uno si trovava.

Ma oggi, ma già alla fine dell'800, il problema di avere l'identica posizione di tutti i soggetti davanti alla
legge è diventato il problema.

Cioé, si è sostituito ciò che nessuno voleva, diverse leggi per assicurare dei privilegi a dei previlegi che si
sono conquistati utilizzando l'identità di posizione davanti alla legge, cioé sfruttando la propria poszione
socio-economica con lo strumento più classico, il contratto o accordo, quello che noi facciamo tutti i giorni.
Andando in metrò, piuttosto che acquistando il cappuccino o la brioche, son tutti accordi quelli. Certo che
se al posto che avere a che fare con il barista, ho a che fare con il datore di lavoro, questo vi potrà dire, se
volete mantenere il lavoro, che non devo più fare vacanza, e c'è libertà se partiamo dall'idea che il contratto
deve disciplinare pensando a soggetti che si trovano nella stessa condizione dei cittadini che non sono
diversi, sono tutti uguali davanti alla legge ed allora possiamo anche contrattualmente sottrarre le vacanze
al lavoratore. Potrà il lavoratore seriamente contraddire la pretessa dell'altro contraente, cioé del datore di
lavoro? Se vuole continuare a lavorare, no.

Quindi lo strumento contrattuale diventa lo strumento di oppressione da un certo punto di vista, è


paradossale tutto questo. 

Quindi, nell'800 si è visto quanto questa idea di grande individualismo, cioé cittadino singolo come soggetto
destinatario di tutti i diritti e obblighi, soggetto che è identico a tutti gli altri, diritti ed obblighi identici per
tutti. Sì, però talora questo essere proprio formalmente identici davanti alla legge può portare a degli abusi,
il contratto può costituire lo strumento per perseguire questi abusi.

Vedremo alla fine dell'800 quanto bisognerà intervenire sul punto, cioé dalla eliminazione di statuti
personali, regole specifiche per settori di popolazione che è ciò che si è voluto eliminare nell'ancien régime,
ecco quel tipo di soluzione (ovviamente rimodulato non più su classi più privilegiate, ma su classi che hanno
delle difficoltà), quel tipo di idea di statuto personale riemerge. Riemerge come soluzione alla debolezza
che il singolo talora assume di fronte a una controparte particolarmente forte.

Allora noi troveremo statuti personali nella materia del lavoro, statuti personali nella materia della
locazione, statuti personali in tutti gli altri di consumo che sono nostri e di oggi, arriveremo anche a questo.

Quindi, per concludere sul punto, grande innovazione quella del Codice civile napoleonico, riscoperta del
singolo, quale soggetto identico di fronte a tutti gli altri davanti alla legge, eliminazione di leggi speciali per
classi al fine di assicurare privilegi ai componenti della classe, questa è la rivoluzione napoleonica (della
rivoluzione francese poi napoleonica), però germe che nasce lì e che poi porterà la malattia dopo
un'incubazione lunga di quasi un secolo a esplodere alla fine dell'800, germe del contratto cioé dello
strumento classico che può essere utilizzato da tutti noi identici davanti alla legge come strumento per
sfruttare la diversità sostanziale che noi abbiamo, tra di noi, socio-economica, e quindi per sfruttare la forza
di colui che è più potente, socioeconomicamente parlando, a discapito di chi è più debole.

Allora, riemersione di ciò che era stato buttato via, cioé statuto personale.

Allora, al lavoratore dobbiamo garantire qualche cosa, ma glielo possiamo garantire solo attraverso delle
regole che assicurano dei diritti che non possono essere compromessi, compressi con l'uso del contratto. Io
non posso ridurre oltre una certa soglia il compenso per il lavoratore, io non posso incrementare oltre una
certa soglia il canone per la singola unità  immobiliare, io non posso eliminare oltre una certa soglia la
responsabilità dell'Internet mobile per dire.

Quindi, ci muoviamo poi verso una rinascita dello statuto personale (questo ovviamente più avanti).

Torniamo invece a noi al Codice Napoleonico. Abbiamo detto che il Codice Napoleonico fa proprie alcune
soluzioni che sono classiche del diritto romano, anche solo la divisione in libri del nostro Codice è simile a
quello delle Istituzioni di Gaio, persone, cose, modi di trasferimento della proprietà. 

Cosa noi riscontriamo essere un momento di sofisticatezza del diritto? La novità che si ha in sede di
trasferimento di bene, questo ve lo segnalo è un po' tecnico ma è bene che voi lo sappiate.

Nel mondo romano vi è un po' un retaggio di quella che era la modalità di trasferire beni che si ha in società
più tradizionali, cioé si è detto: "Massimo della raffinatezza è lo scambio del consenso (spondeo, spondes)".
Però io lo devo urlare, non è sufficiente che io stringa la mano a qualcheduno, io lo devo urlare questo tipo
di dichiarazione sacrale: “ti impegni? Mi impegno!”, lo urlo davanti ai miei concittadini ed è un simbolo che
poi riemerge dopo la caduta dell'impero romano, in realtà medioevali, molto piccole dove non c'è grande
circolazione di ricchezza il simbolo è l'elemento che deve esistere per trasferire quel poco di ricchezza che si
ha. Quindi, il simbolo è ad esempio dare l'aratro e gli altri mezzi per coltivare a chi acquista un pezzo di
terra, è quello il momento del trasferimento della proprietà della terra e io lo faccio vedere davanti a tutti,
perché siamo in una realtà ancora arretrata da un punto di vista normativo. Il massimo della raffinatezza
qual è? Uno scambio che avviene attraverso un acquisto, celerità massima.

Non c'è bisogno di stringerci la mano, non dobbiamo fare atti sacrali particolari, non dobbiamo urlare
niente, il massimo della, abbiamo detto, raffinatezza giuridica, è uno scambio senza formalità.

La formalità in qualche maniera mi fa venire in mente un passato remoto che richiedeva dei comportamenti
specifici, perché tutti quanti i componenti della società sapessero che quel pezzo di terra non è più di Tizio
ma è passato a Caio. Ecco, allora, l'idea che ci possa essere uno iato temporale, una soluzione temporale tra
due momenti, quello in cui io mi metto d'accordo con ciascuno di voi per il trasferimento di una penna,
questa penna, io posso immaginare che il trasferimento possa avvenire in due modalità (trasferimento,
passaggio di proprietà), in due modalità diverse per un legislatore astratto:

- La prima, quella che richiede un comportamento, qualcosa che ci riporta indietro al simbolo; 

- E un qualche cosa di estremamente raffinato, dove non è richiesto nulla.

Quest'ultima potrebbe essere il semplice scambio dei consensi: "Vuoi la penna? Va bene, 100€, fatto".
Tutto finisce lì, la penna continuo a tenerla io, però il passaggio di proprietà c'è stato. C'è stato nel
momento in cui è scambiato il consenso fra le parti, poi io la penna dovrò consegnarla ma quella è
un'obbligazione ulteriore.

Voi direte:"Ma sono quisquiglie tra giuristi queste?", no. Perché il passaggio della proprietà del bene è
l'unico momento essenziale dell'incremento-decremento del patrimonio di un soggetto. Quando diventa
proprietario di quel bene, di quella penna, di quel terreno, di quelle azioni, quindi sapere quando si diventa
proprietari significa sapere quando c'è un incremento nel proprio patrimonio, non solo sapere quando si
diventa proprietari risolve una serie di eventi catastrofici, se questa penna la metto qua, qualcuno di voi
sbatte contro la scrivania, cade e si rompe, io ormai non sono più il proprietario, il vostro collega è
proprietario, io ho diritto ad avere i miei 100€ perché lo scambio del consenso c'è stato, io l'ho messa qua,
doveva passare a prenderla, qualcuno l'ha fatta cadere, l'ha rotta.

Non sono più io il responsabile.

Quindi, sapere quando c'è stato il trasferimento della proprietà, fa capire quando qualcheduno dovrà
essere il responsabile, e fino a quando il venditore sarà il responsabile di quello che succede al bene
compravenduto, quando invece l'aquirente diventa il responsabile, fondamentale.

Casi scolastici: io vendo un immobile, arriva adesso il tifone che c'è in Florida che me lo distrugge, sapere
quando l'ho venduto è fondamentale, perché se l'ho venduto quando ancora ero proprietario, l'acquirente
non mi pagherà nulla. Se invece l'ho venduto ed è diventato proprietario lui, prima che passasse il tifone, io
l'ho venduto e lui mi dovrà dare i soldi. Quindi, sapere quando si diventa proprietari è fondamentale.

Allora, ciò che prima sembrava una quinquiglia per giuristi, inizia a diventare una cosa di rilevante. Quando
io ho trasferito avevo bisogno di un atto simbolico per trasferire o no?

Perché se avevo bisogno di un atto simbolico, fino a che quell'atto simbolico non è compiuto, il bene resta
nella disponibilità del venditore, nella sua proprietà. Ora, tutto il mondo fino all'introduzione del Codice
Napoleonico in Francia, tutto il mondo conosciuto dove tutti i sistemi europei richiedevano dei simboli,
richiedevano due attività:
- Lo scambio del consenso: “Vuoi la mia penna? Sì, la voglio. Dammi 100. Sì ti do 100”; quindi l'accordo tra
le parti.

- Un simbolo: il simbolo era la consegna, fino a quando io non ho consegnato la penna, resto proprietario,
quindi tutti gli eventi catastrofici che possono colpire la penna saranno imputabili a me, sarò io che ne
sopporterà le conseguenze e il mio acquirente potrà non pagarmi alcunché.

Ecco, con il Codice Napoleonico noi abbiamo, diciamo, una possibile raffinatezza del diritto perché viene
meno questa idea. Pensiamo: trasferisco un campo, un terreno, non devo propriamente consegnare
l'aratro adesso, però qual è l'attività che devo compiere? Quello di immettere l'acquirente nel terreno,
quindi l'acquirente deve prendere, non so, le chiavi del cancello, le chiavi di casa se vendo un'abitazione
residenziale... Quindi c'è un'attività, una consegna. Il simbolo resta. Ecco con il Codice Napoleonico viene
meno.

Viene meno quell'esigenza di quel simbolo come retaggio di un passato in cui era necessario che ci fosse
qualcosa di così evidente che tutti potessero comprendere che c'era stato il passaggio di proprietà. La
consegna del bene mobile, delle chiavi, di quant'altro che consenta l'accesso a un pezzo di terra o a un
immobile, non è più determinante per il trasferimento della proprietà. e' un evento successivo che può
essere contestuale, ma può essere anche successivo, anche di giorni, di mesi, questo non toglie che la
proprietà sia trasferita al momento dello scambio del consenso.

Ed è una rivoluzione anche questa.

Il Codice Napoelonico prevede questo tipo di soluzione normativa. Dal 1804 o quanto meno in quei contesti
dove si applica il Codice Napoleonico abbiamo quello che viene detto "il principio consesualistico", cioé il
principio in forza del quale il mero consenso, cioé il mero accordo verbalmente raggiunto permette lo
scambio della proprietà da venditore ad acquirente. Tutte le attività corollario, consegna del bene prima fra
tutte, possono avvenire anche dopo. Sarà poi degli obblighi del venditore quello di consegnare
materialmente la famosa traditio, però non comportano nessun tipo di conseguenza sul trasferimento della
proprietà, quella è già avvenuta.

Restano alcune formalità, cioé si dice: “Lo scambio del consenso per alcuni beni deve avere una piccola
forma”, lo scambio del consenso per beni immobili che erano la ricchezza di allora, richiede la forma scritta,
ma anche lì è una questione di scambio di consenso. Una volta che ho sottoscritto l'accordo, un pezzo di
carta, un tovagliolo al ristorante, automaticamente il bene si è trasferito, la proprietà è passata. Poi ci sarà
necessità di consegnare le chiavi della casa, fargli vedere dov'è la casa, però il bene si è già trasferito, la
proprietà del bene è già passata al momento dello scambio del consenso con questa forma particolare, lo
scritto. Perché lo scritto? Lo scritto ha una ragione d'essere perché induce riflessione in colui che lo utilizza,
perché usare lo scritto per far circolare beni che si ritengono di estremo valore, come la proprietà fondiaria
agli inizi dell'800 (la ricchezza era quella, la terra era la ricchezza)? Perché usare lo scritto? Per sollecitare
attenzione. Perché un conto che io verbalmente scambi un consenso: "Vuoi acquistarla per 10? Sì,
l'acquisto per 10", accordo concluso e scambio della proprietà avvenuto. Se io voglio sollecitare l'attenzione
del singolo, io gli dico: "Non solo accordati verbalmente, ma sottoscrivi anche il contratto". Quindi, è
un'attività materiale che induce riflessione. Tutti noi, no? Un conto è che mi dicano:"Va bene, concludiamo
questo accordo", un conto che mi dicano: "Firma", e se firmo mi fa pensare che mi impegno, mi fa pensare
che forse devo leggere o farmi leggere da qualcheduno se non sono capace di leggere.

Quindi, la forma scritta induce l'attenzione.

Però questo non incide sul fatto che quella forma scritta comporta il passaggio di proprietà, esattamente lo
stesso meccanismo, semplicemente non è orale, è scritto: passaggio di proprietà con la sottoscrizione.
Poi, possiamo sottoscrivere al ristorante, e dopo due mesi consegnare le chiavi. Quell'appartamento è
passato di proprietà al ristorante, quando è stato sottoscritto l'accordo.

Principio consensualistico. Questo vi invito a rammentarlo, perché è un momento importante id passaggio,


perché scopriremo che tutt'ora in alcune realtà, noi in Italia vedremo abbiamo avuto l'influenza del diritto
francese, quindi abbiamo importato secondo i meccanismi che già sappiamo tra l'altro, il Codice civile
francese, l'abbiamo fatto nostro, l'abbiamo copiato, e quindi da noi c'è il principio consensualistico.

Da noi, lo scambio di proprietà di beni avviene attraverso lo scambio del consenso, senza necessità di altre
attività, consegna o quant'altro.

In un'altra realtà, tutt'altro che arretrata come la Germania dove questo tipo di regola introdotta in un testo
che loro non hanno amato per mille motivi e lo vedremo, ha fatto sì che restasse la vecchia regola. in
Germania sono necessarie per il trasferimento della proprietà due attività: scambio del consenso e traditio,
consegna, iscrizione del contratto scritto presso un conservatore, un'attività simbolica in più. Quindi, resta
in Germania che porta con sè tutto il diritto che è stato elaborato vedremo durante il periodo medioevale,
successivamente non è influenzata dalle soluzioni del Codice Napoleonico, una vecchia regola: passaggio di
proprietà solo se si perfezionano questi due atti, lo scambio dei consensi e quest'ulteriore atto, che a
seconda del bene può essere la consegna, l'apposizione, l'iscrizione del nostro contratto presso un qualsiasi
registro. Quello è il momento del passaggio del consenso, passaggio della proprietà.

Va bene, vediamo cosa succede al Codice Napoleonico che è il prodotto di una realtà (quella francese), che
storicamente era divisa in due dal punto di vista giuridico:

- Il Sud che era più orientato, più influenzato dalle vecchie regole romane;

- E il Nord invece da quelle consuetudinarie di origine germanica.

Ecco, ovviamente il Codice civile alla fine prende un po' da un'esperienza e un po' dall'altra e noi ci
rendiamo conto, vedendo quali sono quei settori che sono stati più influenzati dalle regole romane e quelli
che sono stati più influenzati dalle regole consuetudinarie, quali sono quei settori per i quali le consuetudini
avevano maggiore importanza e quali quei settori ove invece la regola romana è stata fondamentale.

Ad esempio, i contratti, come potete immaginare, sono tutti di derivazione romana; quindi, regole che
vengono dal Sud della Francia, ma perché? Perché il contratto è lo strumento del commercio, la
consuetudine germanica, quella iniziale, quella dei Franchi, era una consuetudine che non... Ovvio, perché il
popolo non era raffinato come lo era il popolo romano, questo impero immenso dove c'erano commerci da
un parte all'altra dell'emisfero.

Era un popolo nomade che aveva dei commerci limitati, poi quanto raffinate potevano essere le regole in
materie di contratto? Ben poco.

Quante invece erano raffinate quelle usate dai romani nel corso di mille anni di storia? Estremamente
sofisticate, perché è un impero che commerciava con tutto il mondo, oltre ad avere commerci interni. E
allora è evidente che in materia contrattuale si ha seguito l'esperienza, la tradizione romana che veniva dal
Sud della Francia. In un'altra materia, quella della famiglia, quella è un po' più tradizionale, un po' più legata
a regole antiche, con la famiglia regole che provengono dall'esperienza consuetudinaria del Nord.

Quindi, questo è ciò che riscontriamo, che è qualcosa che riscontreremo ovunque.

L'esperienza più raffinata interviene a modificare l'ambito dei contratti delle obbligazioni che sono degli
strumenti che vengono utilizzati anche o soprattutto dai mercanti.
Gli altri settori, come può essere quello delle successioni, quello del diritto di famiglia, che sono più legate
alla tradizione profonda e arcaica di un popolo, solitamente sono legate al mondo consuetudinario e quindi
alla regola consuetudinaria.

Ora, Napoleone, voi sapete, non è un gran democratico, quindi quello che Napoleone voleva (ma un po'
quello che volevano anche i rivoluzionari abbiamo visto, la nascita del Tribunale di Cassazione aveva
quell'obiettivo), è che i giudici applicassero il suo Codice (perché era perfetto, l'ha fatto Napoleone, quindi
lui non poteva fare che un Codice perfetto e completo); non c'era possibilità di immaginare che ci fosse una
regola o che non vi fosse una regola per risolvere qualsiasi caso sottoposta all'attenzione del giudice, quel
Codice è un Codice perfetto. Veniva propalata questa idea, siccome aveva contribuito Napoleone a
redigerlo era evidente che era perfetto.

Quindi, da un certo punto di vista si mantiene la convinzione che l'interpretazione letterale di quel testo è
ciò che deve avvenire e che consente al giudice di risolvere tutte le questioni, nessuna esclusa. Nel mondo
accademico nasce una scuola, l'école de l'Exégèse si chiama la scuola dell'esegesi, che insegna in Università
che il Codice Napoleonico è un Codice perfetto e completo, la cui applicazione alla lettera consente al
giudice di risolvere qualsiasi problematica gli venga sottoposta.

Quindi, interpretazione letterale, cosa significa interpretazione letterale?

Interpretazione letterale non è altro che (interpretazione) abbellita secondo gli argomenti classici del
mondo accademico, però alla scelta di ogni dittatore. Se io voglio che i miei giudici non si permettano di
allontanarsi dallo spirito che io ho ed è sotteso alle regole che ho elaborato, devo escludere che loro
possano procedere di interpretazioni fantasiose. Perché se possono interpretare con fantasia la regola che
io ho elaborato, si possono distaccare da ciò che io voglio che loro facciano.

Allora, interpretazione letterale è l'interpretazione che tutti coloro che con pugno di ferro organizzano uno
Stato, pretendono dal giudice. 

Il giudice dev'essere uno strumento per mettere in atto ciò che io ho elaborato, non ciò che lui pensa io
abbia elaborato, ciò che io ho elaborato e dunque deve interpretare testualmente e alla lettera, senza
pensare di fare interpretazioni sulla base della ratio, della norma e quindi sugli obiettivi della norma, deve
interpretare alla lettera.

D'altronde si dice: "È giusto interpretare alla lettera, perché è un Codice talmente perfetto che troveremo
senz'altro la regola da utilizzare per caso concreto, è perfetto, è completo". Evidentemente, non è perfetto
né completo. Questo Codice è un Codice con numerose lacune, proprio perché è il primo Codice, è un
Codice che alcuni ambiti, alcuni settori li dettaglia, altri fissa solo dei principi generali, quindi prima di tutto
ha lacune.

- Interi settori non sono trattati, se non fissando una regola che individua in via generale un principio.

- È un Codice che contiene una serie di regole ed eccezioni, quindi la regola è questa e poi ci sono tutta una
serie di eccezioni a questa regola. Quindi, non c'è linearità nell'elaborazione della norma.

- È un Codice dove un termine che dovrebbe essere tecnico viene utilizzato secondo accezioni diverse a
seconda del luogo dove lo si trova, quindi se io trovo il termine "possesso", trovato all'art. 10, ha
un'accezione diversa per il termine "possesso" trovato all'art.150, quindi anche da questo punto di vista è
anche contradditorio in qualche maniera.

Quindi, non è quel Codice così perfetto e così adeguato per qualsiasi questione venga sottoposta
all'attenzione di un giudice, ma come fare? Come fare con un'aspettativa da parte del potere centrale,
Napoleone e poi chi lo seguirà, di un'interpretazione letterale perché il Codice è perfetto, sapendo che quel
Codice perfetto non è?
Io sono il giudice e io so che mi dà difficoltà il Codice, perchè ad esempio devo risolvere una questione che
non è normata, se non con un principio generale oppure senza neanche quel principio generale, non posso
dire che c'è una lacuna (quindi questo aspetto non è oggetto di trattazione del Codice), c'è un aspetto simile
che però è trattato e io uso la ratio, quella regola, il fondamento di quella regola in quel contesto che è
simile e la applico al mio. L'analogia, no? Regola per un caso diverso che però è simile, la estrapolo e la
applico, quindi interpretazione analogica, l'interpretazione più ragionevole.

Però io non posso dire questo, io come giudice non posso nella mia sentenza dire: "Applico la stessa
regola”, poniamo... Un contratto d'appalto (per chi di voi non sa cos'è il contratto di appalto, è il contratto
con cui un soggetto committente dice all'appaltatore: "Costruisci questa cosa e ti pago una somma"), la
regola che tratta la necessità... ad esempio che il nostro appaltatore nel costruire l'accordo si rende conto
che il progetto che gli è stato dato è difettoso, ha dei problemi, perché riproducendo esattamente ciò che è
contenuto nel progetto, si realizza qualcosa che non va bene, non funziona, che crolla. Allora, il nostro
appaltatore, in completa autonomia, provvede a modificare il progetto e a costruire secondo un'idea
corretta quella casa, quella macchina, quel macchinario. Ovviamente, vuole essere pagato per il maggior
lavoro per assicurare l'obiettivo, anche se il progetto che gli era stato dato è un progetto che aveva questa
carenza, lui dice: "Se avessi prodotto esattamente da progetto avrei prodotto qualcosa che non funzionava
o che si poteva rovinare, mentre invece io ho prodotto secondo la mia competenza e quindi ho modificato
parzialmente il tuo progetto e ti do il macchinario che funziona. Però questa mia attività ha comportato dei
costi, quindi io voglio essere remunerato; se il prezzo dell'appalto era 100, guarda che io ho avuto costi
maggiori di 5, voglio 105". Però l'appalto è previsto esclusivamente qualora l'appaltatore sia un'impresa,
quindi l'appalto è un contratto dove l'appaltatore dev'essere un'impresa, quindi una struttura organizzata
di mezzi e uomini per la realizzazione.

Il nostro ciabattino che ci mette a posto le scarpe, io gli porto le scarpe, gli dico: "C'è un tacco, devi mettere
un tacco nuovo che contenga però del piombo", e lui il piombo non me lo mette anzi mi mette un altro
materiale, perché il piombo è inadeguato all'interno di quel tacco; però c'è una disciplina per chi svolge un
lavoro verso un prezzo, ma per chi non è un'impresa? Perchè il ciabattino non è un'impresa, è una persona
fisica che fa questo lavoro. Potrò io usare quella regola prevista per il contratto d'appalto, in un contratto
che d'appalto non è ma è molto simile? Questa è l'interpretazione analogica. Dico di sì perchè le finalità di
quella regola presente, quella nel contratto d'appalto sono assolutamente le medesime all'interno di un
contratto che d'appalto non è ma è molto simile. Cioè, cercare di rimborsare per il lavoro meglio fatto da
colui che doveva realizzare un qualche cosa in favore del committente. Ecco, questa è l'interpretazione
analogica classica ove c'è  una lacuna. Mancava la disciplina del contratto tra committente e soggetto che
impresa non è.

Ora, l’interpretazione letterale non consentirebbe quel tipo di soluzione.

Ora, prendiamo un'informazione che vi ho già dato: tutt'oggi in Francia noi abbiamo il Codice Napoleonico,
quello del 1804 come legge civile, Codice civile è ancora il Codice Napoleonico, allora io mi domando: "Ma
come ha fatto a resistere questo Codice che già era lacunoso allora? Per il quale teoricamente Napoleone e
tutti i successori hanno preteso per tutto l'800 un'interpretazione analogica (ndr per logica sarebbe
"interpetazione letterale" -immagino sia un lapsus-), per il quale anche l'Università propugnava l'idea che il
Codice era perfetto e quindi tutti gli studenti, tutti gli avvocati, tutti i giudici che dopo studenti sono
diventati tali continuano a pensare, perché gli hanno inculcato in Università che quel Codice è perfetto e
che bisogna procedere solo a interpretazione letterale, come ha fatto quel Codice a resistere?

Perché abbiamo detto: è un Codice lacunoso, contradditorio, regole a eccezioni, se fosse stato interpretato
in maniera letterale per 200 anni, probabilmente dopo 2 anni sarebbe stato cestinato e avrebbero detto:
"Ne dobbiamo fare un altro, migliore, perché non possiamo interpretarlo alla lettera, non è nelle condizioni
di poter essere interpretato letteralmente e basta. Ha bisogno, anzi, di un lavoro interpretativo forte,
perché ci sono lacune, perché alcune cose dicono qualcosa ma poi c'è subito l'eccezione e io non so come
muovermi, quindi ho bisogno di un giudice che si muova con agio in mezzo a queste regole, non un giudice
irrigimentato dentro l'interpretazione letterale, perché quel giudice non può applicarlo quel Codice, se non
una volta ogni 10".

E invece questo è avvenuto, cos'è che in realtà è avvenuto? È avvenuto che i giudici francesi a cui avevano
inculcato questa idea di interpretazione letterale di un testo perfetto come era il Codice civile, nella
sentenza affermano che stanno interpretando in maniera letterale, però poi non lo fanno. Tutto il percorso
dell'interpretazione non letterale resta nella testa del giudice, le sentenze che noi leggiamo dei giudici
francesi dell'800 sono sentenze in cui effettivamente c'è scritto che si applica l'art.1325, noi applichiamo
l'art.1325 al caso e ci rendiamo conto che non è applicabile.

E ci rendiamo conto poi che il giudice ha trovato una soluzione, ci rendiamo anche conto che quella
soluzione significa prendere l'art.1325, strattonarlo un attimo e poi arrivare a quella soluzione. Però questo
strattonamento di interpretazione analogica, teleologica, restrittiva, estensiva non viene inserita all'interno
della sentenza. E per forza non viene inserita all'interno della sentenza! Perché se io devo giustificare
perché devo strattonare il 1325 come articolo per risolvere il mio caso, implicitamente cosa dico? Che non è
tanto perfetto qeusto Codice, non posso applicare il 1325 alla lettera, perché il mio 1325 non serve a niente
nel mio caso, devo lavorarci sopra per applicarlo al mio caso. 

E allora non potendo, perché nè l'autorità, nè l'accademia consentiva di svelare l'intero percorso
argomentativo del giudice, il nostro giudice si limitava a dire: "In applicazione all'art.1325 visto questo, visto
quest'altro, così risolvo il caso, do ragione a uno o do ragione a un altro".

Due conseguenze:

- Una immediata, nel leggere queste sentenze, noi leggiamo delle sentenze brevissime. Si dice "sentenza
frase unica", perché alla fin fine se il giudice non può dare conto di quanto lui deve spendere in termini
interpretativi e argomentativi per poter risolvere quel caso, grazie a un articolo che qualche cosa dice, ma
forse non proprio in relazione al suo caso, se tutto questo lui non lo può dire, si deve ridurre a due parole, a
due righe, a sentenza a frase unica. Perché alla fine era un'unica frase quella che il nostro giudice elaborava,
e quindi questo è un dato che acquisiamo, noi leggiamo sentenze dell'800 francese e sono tutte così; ma
capiamo perché, adesso.

- Seconda cosa invece, più rilevante da un punto di vista diacronico, cioé nel vedere il secolo che passa: al
termine di questo secolo, dell'800, noi abbiamo un prestigio del giudice che è eccezionale. Perché? Perché il
giudice o meglio tutti i giudici ovviamente, quel formante, quello giurisprudenziale, ha dato manifestazione
chiara di quanto è attento agli insegnamenti che giungono dall'autorità, quindi è un soldato quel giudice. Gli
è stato detto di interpretare in maniera letterale, lui l'ha fatto. Non solo l'ha fatto, ma ha risolto anche le
problematiche, cioé non si è arreso dicendo: "Non posso interpretare in maniera letterale, perché questo
testo non è adeguato per un'interpretazione letterale", poteva dire questo, non lo ha fatto. Ha risolto, cioé
ha applicato il diritto, ciò che gli spetta come compito, lo ha fatto, ha risolto controversie ma formalmente
si è attenuto alla regola dell'interpretazione letterale.

Ecco, chi è così attento a ciò che gli viene richiesto dall'autorità non può che assurgere a soggetto che è
beneviso dall'autorità, soggetto che sempre di più acquista prestigio per questo suo compito di funzionario
dello Stato, che assolve in maniera puntuale quello che gli viene richiesto. Risolvi il caso perché devi
assolutamente dirimere la controversia, non puoi metterti a dire: "Ah, io non decido", come avveniva prima
nell'ancien régime, il giudice poteva arrivare a non decidere, invece no. Obbligo di decisione, sei funzionario
dello Stato che deve applicare la regola al caso concreto, provvedi; in secondo luogo, ti adegui a quella che
è una difficile regola che io ti ho imposto, l'interpretazione letterale.
Quindi, tu fai entrambe le cose, fai il tuo mestiere ma in più ti attieni a quello che io ti ho detto di fare, ben
sapendo che non puoi farlo, che non riesci a farlo con agio.

Quindi, noi abbiamo un funzionario dello Stato estremamente attento a ciò che gli viene detto, questo cosa
fa sì? Fa sì che questo, tra i funzionari di Stato, diventi il più prestigioso di tutti. Il prestigio del giudice
francese alla fine dell'800 è incredibilmente aumentato, proprio perché ha seguito alla lettera
l'insegnamento che gli proveniva dall'autorità.

È stato aiutato, senz'altro, il mondo accademico ha formato giuristi per tutto l'800 che l'hanno aiutato,
perché tutti sapevano che bisognava interpretare alla lettera perché così voleva l'autorità consapevoli tutti
che in realtà non si poteva interpretare alla lettera, bisognava dare atto dell'interpretazione alla lettera che
alle spalle non detta vi era invece un'interpretazione tutto diversa, analogica, teleologica, o come vogliamo.

Quindi, noi abbiamo alla fine dell'800 con un giudice estremamente prestigioso. Perché diciamo questo?
Diciamo questo perché in realtà, a parte come vedremo la Francia, in tutta l'Europa continentale chi è che
possiamo per il momento (per quello che abbiamo studiato) dire essere colui che rappresenta l'autorità nel
diritto? Dimentichiamoci per un attimo quello che è successo in Francia dalla rivoluzoine in poi, chi era
l'autorità del diritto nel mondo europeo continentale, dalla scoperta del Corpus Iuris alla rivoluzione? Chi è
che era il soggetto più prestigioso quando parlava di diritto? Il re? Il problema è che il re lo era solo a
parole... Chi? L'Università. Il diritto romano come il diritto colto, come il Diritto con la D maiuscola circolato
in Università, quindi gli Accademici erano quelli  che hanno prima spiegato il diritto romano, poi abbiamo
visto dall'Accademia si sono trasferiti nel mondo, ovviamente più promettente da un punto di vista
economico, della Corte, erano loro che venivano interpellati per chiarire come interpretare il Corpus Iuris.

Il giurista accademico è il giurista per il mondo dell'Europa continentale fino alla rivoluzione, in Francia l'800
fa sì che quel giurista venga affiancato e superato in prestigio dal giudice. Proprio per questa necessità che
il giudice ha avuto durante tutto quel periodo. Vedremo che la Francia è l'unico luogo, l'unico sistema dove
abbiamo un giudice così prestigioso. Questo prestigio ancora adesso lo si sente, per il giudice francese, da
nessun'altra parte abbiamo un giudice così prestigioso, non l'abbiamo in Germania, non l'abbiamo in Italia,
non l'abbiamo in Spagna, in nessun altro paese dell'Europa continentale.

Lì è stato un caso, è stato proprio il caso della presenza, prima di Napoleone e poi di tutti i suoi successori
che hanno voluto che quel Codice venisse considerato da tutti un Codice perfetto. Come farlo considerare
perfetto? Far sì che il giudice lo ritenesse tale in sede di applicazione al caso concreto, come ritenerlo tale lo
abbiamo visto.

E allora tu giudice che ti sei comportato in maniera molto attenta di fronte alle esigenze dell'autorità non
puoi che essere premiato in termini di prestigio e autorevolezza.

Ora, la Francia come il resto dell'Europa conosce fine dell'800-primi del '900 una serie di problematiche,
alcune le abbiamo già espresse: c'è stata la rivoluzione industriale, la prima guerra mondiale, che cosa si
percepisce? Si percepisce che alcune regole contenute nel Codice Napoleonico non possono più essere
supportate, prima fra questa la regola che si è tutti uguali davanti alla legge o meglio quella regola può dar
luogo a degli abusi.

Allora ci sono interventi normativi e riprendo il discorso di prima. Nel mondo del lavoro c'è tutta una
normativa che cresce, nel mondo delle locazioni urbane c'è tutta una normativa che cresce e che deroga
ovviamente al Codice Napoleonico, perché quei contratti non saranno più sottoposti alla regola del Codice
Napoleonico ma saranno sottoposte a regole specifiche con gli statuti personali. Tutte le norme in materia
di affitto, di fondi rustici.

Anche questa. Quindi, abbiamo che cosa con il passare del tempo? Abbiamo l'esigenza sempre più forte che
il legislatore intervenga in alcuni settori, il '900 è un secolo in cui il legislatore (in Francia ma poi vedremo in
altre realtà), interviene perché l'idea del sociale, quindi della necessità dello Stato di affrontare
problematiche sociali è percepita in maniera forte. Quindi, bisogna venire incontro a tutte quelle necessità
che alcuni strati della popolazione hanno e che fino a quel momento erano state frustrate.

Frustrate perché il Codice Napoleonico, inevitabilmente come tutti i codici ottocenteschi che andremo a
studiare, partiva dal presupposto che tutti erano uguali davanti alla legge e che quindi tutti devono usare gli
stessi strumenti; ma questi stessi strumenti, abbiamo detto, possono portare anche a degli abusi.

Cosa succede in Francia? 1858 esce una Costituzione. Cos'è la Costituzione? La Costituzione si dice essere la
Carta fondamentale di ogni singolo ordinamento, quindi è quella legge che contiene i principi generali a cui
si devono attenere tutti, cittadini e organi dello Stato. Quindi, si regolamenta le relazioni e rapporti tra i
poteri dello Stato oltre ad assicurare ai cittadini alcune libertà, le famose libertà fondamentali (poi vedremo
più avanti).

Ora, fissiamo solo un punto poi vi lascio.

Se abbiamo una Carta fondamentale, quindi una Legge fondamentale che fissa dei principi non scendo nel
dettaglio, perché il dettaglio lo demanda all'attività del legislatore, del Parlamento. Cioè, il Parlamento
elaborerà regole di dettaglio, la nostra Carta fondamentale come tutte le Carte fondamentali non fanno
altro che fissare dei principi; per prendere i soliti principi che riguardano tutti noi, la libertà di espressione,
la libertà di stampa, di aggergazione e via dicendo.

Ora, è ben possibile che nel corso della storia di un ordinamento un Parlamento elabori una regola che
possa collidere o che qualcuno ritenga possa collidere con un principio contenuto nella Costituzione, è
qualcosa che può avvenire perché la Costituzione fissa dei principi, è lì cristallizzata, invece il Parlamento
quotidianamente lavora regole.

Una di queste regole potrebbe non essere conforme a uno di questi articoli della Costituzione. Allora,
adesso vediamo e lo vedremo per tutti gli ordinamenti, che cosa può avvenire nell'ipotesi in cui ci sia una
regola elaborata dal nostro legislatore, il Parlamento, che qualcheduno pensa che sia incostituzionale.

Ecco, noi possiamo pensare a due meccanismi che poi sono quelli che vedremo sempre:

- Possiamo pensare a un meccanismo di controllo, di verifica preventiva, perché voi sapete che una legge
viene votata dal Parlamento e poi viene promulgata. Quindi, votiamo, approvata, poi attraverso (a seconda
dei vari ordinamenti), sottoscrizione di una serie di organi, che può essere il Presidente del Consiglio, può
essere il Presidente della Repubblica, non importa, deve avere questo tipo di formalità per poi essere
promulgata, cioé diventare una legge vincolante per tutti noi. Quindi, non è che al momento in cui la legge
ottiene il voto favorevole della magigoranza dei componenti del Parlamento, quella diventa vincolante;
sono necessari altri passaggi. Approvazione, promulgazione, iato temporale. Quandio io dico "controllo
preventivo", intendo dire che ci sia un controllo prima che questa legge venga promulgata, cioé prima che
questa legge diventi poi vincolante per tutti noi.

- Il controllo è invece successivo, questa è una convenzione che noi dobbiamo avere tutte le volte in cui
quel tipo di controllo sia dopo la promulgazione, cioè dopo che è diventata vincolante.

Prima che diventi vincolante, dopo che è diventata vincolante. E ci sono effetti diversi, no?

Quando diciamo prima che venga promulgata, ovviamente dobbiamo pensare a meccanismi di controllo
interno al potere legislativo in qualche maniera o comunque interno ai tre poteri.

Quando invece noi diciamo dopo che è stata promulgata, noi dobbiamo pensare che un bel giorno un
giudice si trova di fronte a una legge e perché sollecitato dagli avvocati o perché lui ci pensa, dice: "Questa
legge mi sembra incompatibile con l'art.3 della Costituzione", quindi scatta un meccanismo  di controllo. Il
meccanismo di controllo, vedremo qual è in quei luoghi, in quei paesi dove è successivo, questo
meccanismo si controllo ha una molla iniziale che è data dalla verifica di qualcheduno e chi? Il giudice che
c'è un soggetto in causa che pretende l'applicazione di una regola e lui così, di primo acchito ritiene che sia
incostituzionale.

-Controllo preventivo è il controllo che viene prima della promulgazione all'interno dei poteri dello Stato ci
sarà un meccanismo per verificare se c'è incompatibilità tra la legge votata e la Costituzione.

-Controllo successivo: il giudice verifica in sede concreta, proprio mentre la sta applicando, che forse una
legge è incostituzionale.

Vi è chiara la differenza?

Studente: No... Ma si applicano tutti e due? Sia la prima che dopo?


- No, i meccanismi sono o preventivi o successivi. ogni ordinamento ne ha o uno preventivo o uno
successivo, ci si sposa con una tesi o con l'altra.

Quello preventivo è prima della promulgazione, una volta che è stata votata, quindi questa legge deve
essere promulgata, ci sono dei meccanismi specifici che assicurano un controllo, qualcheduno che controlla
(vediamo come, in che modalità), che ci sia o non ci sia una incompatibilità con la Costituzione.

Quindi, prima della promulgazione sono meccanismi diciamo che vanno in scena prima che questa diventi
una legge vincolante per tutti noi. Se viene considerata non compatibile con la nostra Costituzione, non
entrerà mai in vigore, quindi non sarà mai vincolante.

Il meccanismo invece di controllo successivo è nelle mani del giudice, perchè ormai la legge è vincolante per
tutti noi, se una legge diventa vincolante in maniera operativa, quando il giudice me la applica. Cioè, il
giudice mi dice: "Tu non potevi aprire il tuo giornaletto sotto casa, perché dovevi chiedere autorizzazioni
specifiche alla prefettura", e io dico: "Ma sarà compatibile con la libertà di stampa il fatto che io non possa
ubicare un giornaletto, se non dopo aver chiesto autorizzazione specifica alla prefettura? Ma la prefettura
mi dice di no, io non ubico, ma allora dov'è la libertà di stampa?". È quel momento applicativo nel caso di
verifica successiva che è importante, il giudice dice: "Ma forse hai ragione nel sostenere che questa regola è
una regola non compatibile col principio di libertà di stampa della Costituzione", e allora lì si verifica tutto
un meccanismo per accertare se è compatibile o meno.

Detto questo e per concludere, secondo voi, se pensiamo a un criterio fondamentale per giudicare la bontà
di un ordinamento, la stabilità delle sue regole, un ordinamento che ha regole che cambiano
costantemente è un ordinamento che non dà serenità a nessuno di noi, la stabilità della regola è
fondamentale. Immaginiamo per i mercanti quanto è fondamentale la stabilità della regola. Quindi, la
cosiddetta certezza del diritto, essere certi che quello è il diritto, lo è oggi, lo è anche domani, dopodomani
è un elemento che caratterizza tutti gli ordinamenti più moderni.

Secondo voi, la certezza del diritto è assicurata maggiormente in un controllo preventivo o in un controllo
successivo? Controllo preventivo ovviamente.

Quindi, le volte in cui abbiamo controllo preventivo noi almeno assicuriamo quello, poi ci sono dei problemi
nel controllo preventivo e li vediamo, ma quello assicuriamo. La Francia ha un controllo preventivo, ne
parliamo la settimana prossima.

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